Quello che hanno detto alcuni cosiddetti padri della chiesa su ciò che non è espressamente scritto

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Come abbiamo visto gli scritti di quelli che la chiesa cattolica romana chiama padri della chiesa sono parte della sua tradizione. Essi sono così altamente considerati che il concilio di Trento nella sua quarta sessione ha dichiarato che nessuno deve osare di interpretare la Scrittura ‘contro l’unanime consenso dei padri’. Ora, siccome che la chiesa romana afferma che la verità non è contenuta solo nella Bibbia ma anche nella tradizione, e siccome che noi sappiamo che la tradizione cattolica romana non è soste­nuta dalla Scrittura, vogliamo vedere quello che alcuni di questi antichi scrittori che essa chiama padri della Chiesa e che tiene in grandissima stima hanno detto doversi fare a proposito di ciò che non può essere confermato dalla Scrittura o che non fa parte della Scrittura e contraddice la Scrittura.

–  Basilio (330-379) disse: ‘Rigettare alcuna cosa che si trova nelle Scritture, o ricevere alcune cose che non sono scritte, è un segno evidente d’infedeltà, è un atto di orgoglio… il fedele deve credere con pienezza di spirito tutte le cose che sono nelle Scritture senza togliere o aggiungere nulla’;[1]

–  Ambrogio (340 ca. -397) disse: ‘Chi ardirà parlare quando la Scrittura tace?… Noi nulla dobbiamo aggiungere al comando di Dio; se voi aggiungete o togliete alcuna cosa siete rei di prevaricazione’.[2]

–  Girolamo (347 ca. – 419-20 ca.) disse: ‘Se voi volete chiarire le cose in dubbio, andate alla legge e alla testimonianza della Scrittura; fuori di lì siete nella notte dell’errore. Noi ammettiamo tutto ciò che è scritto, rigettiamo tutto ciò che non lo è. Le cose che si inventano sotto il nome di tradizione apostolica senza l’autorità della Scrittura sono colpite dalla spada di Dio’.[3]

–  Cipriano (200 ca. – 258) disse: ‘Che orgoglio e che presunzione è l’uguagliare delle tradizioni umane alle ordinanze divine…!’;[4]

–  Giustino Martire (morto nel 165 ca.) disse: ‘Non abbiamo alcun comandamento di Cristo che ci faccia obbligo di credere alle tradizioni e alle dottrine umane, ma soltanto a quelle che i beati profeti hanno promulgate e che Cristo stesso ha insegnate, ed io ho cura di rife­rire ogni cosa alle Scritture e chiedere ad esse i miei argomenti e le mie dimostrazioni’.[5]

–  Tertulliano (160 ca. – 220 ca.) disse: ‘Ci mostri la scuola di Ermogene che ciò ch’essa insegna sta scritto: se non è scritto, tremi in vista dell’anatema fulminato contro coloro che aggiungono alla Scrittura, o ne tolgono alcuna cosa’.[6]

Ora, leggendo tutte queste dichiarazioni si deduce che gli stessi scrittori che la chiesa romana prende per sostenere alcune delle sue false dottrine (perché in effetti i sopra citati scrittori hanno insegnato anche delle dottrine false, contraddicendosi) erano contro quelle dottrine e pratiche che non potevano essere dimostrate con le Scritture e che venivano fatte passare per tradizione apostolica (ribadiamo però con forza che sempre costo­ro si sono contraddetti accettando e insegnando dottrine che non sono provabili con la Scrittura e vanno apertamente contro di essa, e questo lo dimostreremo più tardi).

Quindi, la chiesa cattolica romana non si attiene neppure essa in tutto e per tutto a quello che hanno detto i suoi padri perché non rigetta tutto ciò che non è scritto nelle sacre Scritture come suggeriscono (contraddicendosi però nella pratica) di fare questi suoi padri.

Essa, per l’ennesima volta si contraddice (come hanno fatto i suoi padri) perché da un lato dice che bisogna interpretare le Scrit­ture per mezzo dei padri e poi che bisogna accettare le tradizio­ni nella stessa maniera in cui si accetta la Scrittura (il concilio Vaticano II ha dichiarato infatti che la Scrittura e la tradizione ‘devono essere accettate e venerate con pari sentimento di pietà e rispetto’)[7] il che va apertamente contro il consenso di questi suoi padri. Come mai dunque la chiesa romana parla ed agisce in questa maniera con­traddittoria? La ragione è perché essa non vuole assolutamente rigettare e rinnegare la sua tradizione. Rigettarla infatti significherebbe dovere rinunziare al potere temporale e ad una inesauribile sorgente di denaro.

 


[1] Basilio, Lib. de Fid. — regul. moral. reg. 80; citato da Luigi Desanctis in La tradizione, terza ed. Firenze 1868, pag. 19

[2] Ambrogio, Lib. II de vocat. Gent. cap. 3 et lib. de parad. cap. 2; citato da Luigi Desanctis in op. cit., pag. 19

[3] Girolamo, In Isaiam, VII; In Agg., I; citato da Roberto Nisbet in op. cit., pag. 28

[4] Cipriano, Epist. 71; citato da Teofilo Gay in Arsenale antipapale, Firenze 1882, pag. 204-205

[5] Giustino Martire, Dialogo con Trifone

[6] Tertulliano, Contro Ermogene, cap. 22

[7] Concilio Vaticano II, Sess. VIII, cap. II