Casi in cui le dottrine false dei cosiddetti padri sono accetta­te dalla chiesa cattolica romana oggi

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Facciamo ora alcuni esempi di dottrine false insegnate dai cosid­detti padri che la chiesa romana accetta.

–  Ireneo.

La superiorità della chiesa di Roma. Egli disse: ‘Ma poiché sarebbe troppo a lungo in quest’opera enumerare le successioni di tutte le Chiese, prenderemo la Chiesa grandissima e antichissima e a tutti nota, la Chiesa fondata e stabilita a Roma dai due gloriosissimi apostoli Pietro e Paolo. Mostrando la tradizione ricevuta dagli Apostoli e la fede annunciata agli uomini che giunge fino a noi attraverso le successioni dei vescovi confondiamo tutti coloro che in qualunque modo, o per infatuazione o per vanagloria o per cecità e per errore di pensiero, si riuniscono oltre quello che è giusto. Infatti con questa Chiesa, in ragione della sua origine più eccellente, deve necessariamente essere d’accordo ogni Chiesa, cioè i fedeli che vengono da ogni parte – essa nella quale per tutti gli uomini sempre è stata conservata la tradizione che viene dagli Apostoli’.[1]

–  Tertulliano.

La tradizione. Dopo avere detto che ai suoi giorni per consuetu­dine si battezzava per triplice immersione, che dopo il battesimo i credenti mangiavano un miscuglio di latte e miele e che a partire da quel giorno non si facevano il bagno per tutta la settimana successiva, che le oblazioni per i defunti venivano fatte nell’anniversario della loro morte e che digiunare o adora­re Dio in ginocchio di domenica veniva reputato un’empietà e che ‘tutte le volte che iniziamo o terminiamo qualcosa, tutte le volte che entriamo o usciamo di casa, quando ci vestiamo, ci mettiamo i calzari, andiamo al bagno, ci mettiamo a tavola, accendiamo le lucerne, andiamo a letto, ci sediamo, qualsiasi sia l’occupazione alla quale ci accingiamo, facciamo sovente sulla nostra fronte un piccolo segno di croce’, egli dice: ‘Per queste e altre simili prassi della disciplina cristiana, se tu pretendi delle norme bibliche, non ne troverai nessuna. Alla loro fonte ti saranno invece mostrate la tradizione che ne ha causato l’origine, la consuetudine che ne ha motivato la continuità e la fedeltà che spinge ad osservarle’.[2] Queste parole di Tertulliano (che come potete vedere contraddicono le sue stesse parole citate prima) vengono prese dalla curia romana a sostegno della tradizione non scritta.

Per loro naturalmente sono una conferma che una cosa per essere accettata dai credenti non ha bisogno di essere per forza di cose scritta nella Bibbia. Per noi invece esse confermano che già ai tempi di Tertulliano molti credenti si erano messi a fare certe cose per tradizione senza preoccuparsi del fatto che esse erano pratiche non scrittu­rali, e ad esse naturalmente se ne aggiunsero molte e molte altre con i secoli che finirono coll’annullare il Vangelo. Bisogna fare notare però a proposito di queste cosiddette tradizioni apostoliche riferite da Tertulliano nei suoi scritti che la chiesa cattolica romana molte oggi non le accetta, il che significa smentire uno dei suoi padri e cadere nell’ennesima contraddizione. Infatti essa dice che la tradizione apostolica è Parola di Dio da rispet­tarsi come la Scrittura ed essa ne rigetta alcune parti!

–  Agostino.

Perpetua verginità di Maria. Egli disse: ‘Vergine concepì, vergine partorì, vergine rimase’[3] e: ‘Quando pertanto sentite parlare di fratelli del Signore, pensate a consanguinei di Maria, non v’immaginate una prole venuta da ulteriore parto di lei. Come infatti nel sepolcro ove fu posto il corpo del Signore, non giacque né prima né dopo alcun morto, così il grembo di Maria né prima né poi concepì alcun essere mortale’.[4]

La messa come ripetizione del sacrificio di Cristo. Egli disse: ‘Cristo non s’è forse immolato da se stesso una sola volta? Eppure nel miste­ro liturgico s’immola per i fedeli non solo ogni ricorrenza pasquale, ma ogni giorno. E non mentisce di certo chi, interroga­to se Cristo veramente s’immola, risponde di sì’.[5]

Il digiuno eucaristico. ‘Da ciò si può comprendere che fu lui (Paolo) a stabilire il digiuno eucaristico che non è modificato da alcuna diversità di usanze’.[6]

La tradizione. ‘Quanto invece alle prescrizioni non scritte ma che noi conserviamo trasmesse per via della tradizione e sono osser­vate in tutto il mondo, ci è facile capire che sono mantenute in quanto stabilite e raccomandate dagli stessi Apostoli o dai Concili plenari, la cui autorità è utilissima alla salvezza della Chiesa; di tale genere sono le feste celebrate nella ricorrenza anniversaria della Passione, Risurrezione e Ascensione del Signo­re, la discesa dello Spirito Santo, e simili altre ricorrenze che si osservano dalla Chiesa Cattolica ovunque essa è diffusa’.[7]

Negazione che la prima risurrezione nell’Apocalisse è la risur­rezione corporale dei giusti e negazione del regno millenario di Cristo sulla terra alla sua venuta. ‘Vi sono due risurrezioni: la prima, che avviene ora ed è la risurrezione delle anime, che non permette di cadere nella seconda, che non avviene ora ma avverrà alla fine del mondo, e che non riguarda le anime, ma i corpi (…) L’evangelista Giovanni ha parlato di queste due risurrezioni nel libro dell’Apocalisse in modo che la prima delle due, non compresa da taluni dei nostri, fu scambiata per una ridicola favoletta (…) Coloro che sulla base delle parole di questo libro hanno ipotizzato che la prima risurrezione sarà la risurrezione del corpo, fra l’altro sono stati soprattut­to colpiti dal numero di mille anni (…) egli ha parlato di mille anni per indicare precisamente tutti gli anni di questo mondo, volendo evidenziare con un numero perfetto la stessa pienezza del tempo (…) perciò il numero mille indica la totalità, poiché è il quadrato di dieci che diventa un solido’.[8] In altre parole, la prima risurrezione di cui parla Giovanni nell’Apocalisse è la risurrezione spirituale che secondo Agostino si sperimenta col battesimo; i mille anni sono il periodo di tempo che intercorre tra la prima venuta di Cristo e il suo ritorno, e la seconda risurrezione è la risurrezione corporale.

Negazione del fatto che non tutti morranno. ‘..riteniamo che anche quanti il Signore troverà vivi in quel breve spazio di tempo subiranno la morte e acquisteranno l’immortalità…’.[9]

Negazione della distruzione di questo cielo e di questa terra. ‘Una volta compiuto questo giudizio, allora questo cielo e questa terra cesseranno d’esistere e cominceranno ad esistere un cielo nuovo e una terra nuova; infatti questo mondo passerà per una trasformazione delle cose, non per un totale annientamento’;[10] ‘Quanto poi alle parole: Il mare non c’era più (….) Allora infatti non ci sarà questo mondo agitato e burrascoso, che è la vita dei mortali, indicato con il nome di mare’.[11]

Il battesimo degli infanti. ‘Il bambino quindi è reso fedele non da un atto volontario della fede simile a quello dei fedeli adulti, ma dal sacramento della stessa fede. Poiché, allo stesso modo che il padrino risponde ch’egli crede, così pure si chiama fedele non col dare l’assenso personale della sua intelligenza, ma col ricevere il sacramento della stessa fede. Quando poi egli comincerà a capire, non avrà bisogno di un nuovo battesimo, ma comprenderà il sacramento ricevuto e si conformerà, col consenso della volontà, alla realtà spirituale da esso rappresentata’.[12]

Il battesimo cancella i peccati. ‘Il sacramento del Battesimo, istituito contro il peccato originale, affine di cancellare, mediante la rigenerazione spirituale, la macchia della generazione carnale, cancella anche i peccati attuali che trova in noi e che avremo potuto commettere con pensieri, con parole e con opere’.[13]

Il potere di rimettere i peccati del battesimo di sangue in assenza di quello con acqua. ‘Anche se non si è ricevuto il lavacro di rigenerazione, la morte dovuta alla professione di fede in Cristo ha lo stesso potere di rimettere i peccati che l’acqua del santo battesimo’.[14]

Il purgatorio. ‘Se il fanciullo ha ricevuto i sacramenti del Mediatore, se cioè verrà trasferito dalla potestà delle tenebre nel regno di Cristo, anche se morirà in quell’età, non solo eviterà le pene eterne, ma non soffrirà neppure le pene del purgatorio’;[15] ‘Secondo questa opinione, nell’intervallo di tempo che corre dalla morte di questo corpo fino a quando si giungerà al giorno in cui avver­rà la resurrezione dei corpi – giorno dell’estremo giudizio nel quale si pronunzierà la sentenza del premio o del castigo – le anime dei defunti che, durante la loro vita terrena, non hanno avuto costumi e affetti tali da meritare di essere consumati come legna, fieno e paglia, non subiranno il fuoco che brucerà quelle anime che non vissero in tale modo. Queste saranno afflitte dal fuoco di una tribolazione passeggera che brucerà a fondo le costruzioni di legno, fieno e paglia, non meritevoli di eterna condanna; e le brucerà o su questa terra, o quaggiù e nell’aldi­là, o solo nell’altra vita. A questa opinione non mi oppongo perché forse è un opinione vera’.[16]

Le preghiere per i morti. ‘La stessa preghiera della Chiesa o di qualche uomo pio a favore di alcuni defunti è esaudita, ma sol­tanto per quelli che, rigenerati in Cristo, non hanno condotto nel loro corpo una vita tanto cattiva da essere giudicati indegni di questa misericordia, ma neppure una vita così buona da non avere bisogno di quella misericordia’.[17]

Il suffragio in favore dei morti. ‘Dobbiamo ammettere che le anime dei trapassati possono ricevere qualche sollievo dalla pietà dei parenti, quando per esse offrono il santo Sacrificio del Mediatore, ovvero distribuiscono elemosine ai poveri. Ma questi suffragi profitteranno soltanto a coloro i quali, durante la loro vita, avranno meritato che queste opere buone possano essere loro applicate. Vi sono degli uomini la cui vita non è stata né abbastanza buona da non avere bisogno di suffragi, né abbastanza cattiva da non potere ricevere alcun sollievo. Ve ne sono degli altri così santi da non averne bisogno, o così cattivi da non potere trarne nessun profitto’ (…) A coloro cui possono essere di giovamento, essi ne ricavano questo vantaggio: o ricevono piena ed intera remissione delle loro colpe, o certamente qualche sollievo nel rigore delle loro pene’.[18]

I santi martiri che sono in cielo fanno miracoli. ‘Quei martiri, dunque, che ora possono impetrare tali grazie dal Signore per il cui nome furono uccisi, morirono per la fede nella risurrezione; per essa soffrirono con ammirabile pazienza, e ora possono manifestare una simile potenza nell’ottenere miracoli (…) Crediamo dunque ad essi che dicono la verità e che compiono tanti miracoli, poiché i martiri morirono proclamando la verità ed è per questo che possono fare i miracoli che noi vediamo’.[19]

Il riconoscimento della canonicità dei libri apocrifi. Nel suo libro L’Istruzione cristiana Agostino enumerando i libri canonici dell’Antico Patto vi include anche Tobia, Giuditta, i due libri dei Maccabei e l’Ecclesiastico e la Sapienza.[20] Quindi quando si sente dire che Agostino diceva di sottomettersi ai libri canonici si deve tenere presente che tra di essi per lui – a differenza di Girolamo – c’erano pure i libri apocrifi.

L’autorità della chiesa. ‘Non crederei al Vangelo se a ciò non mi movesse l’autorità della Chiesa Cattolica’.[21]

–  Giovanni Damasceno.

L’adorazione delle immagini. ‘Succ­ede certamente sovente che alcune volte quando non abbiamo la Passione del Signore nella mente noi possiamo vedere l’immagine della sua crocifissione e, ricordandoci così la sua Passione redentrice, ci prostriamo e adoriamo. Ma non è il materiale che noi adoriamo, ma quello che è rappresentato (…) Questa è la tradizione scritta, come lo è l’adorare rivolti a oriente, adorare la croce, e così molte altre cose simili’;[22] ‘Questo legno davvero prezioso e degno di venerazione, perciò, sul quale Cristo si sacrificò per noi, deve giustamente divenire oggetto della nostra adorazione, giacché fu come santifi­cato dal contatto con il santissimo corpo e sangue del Signore’.[23]

L’assunzione in cielo di Maria. ‘Gli angeli assieme agli arcangeli ti hanno trasportato (…) Le potenze celesti ti si fanno incontro con sacri cantici ed un festoso rituale, dicendo press’a poco: Chi è costei che s’avanza come l’aurora, bella come la luna, eletta come il sole? (…) Il re ti ha fatto entrare nella sua stanza, dove le potestà vegliano su di te, i principati ti benedicono, i troni ti fan festa, i cherubini rimangono interdetti per la gioia e lo stupore, i serafini canta­no le lodi per te, che fosti realmente la madre del Signore (…) Il tuo corpo, immacolato ed esente da qualsiasi contaminazione, non è stato lasciato sulla terra, ma tu, o regina, signora e padrona, vera madre di Dio, sei stata assunta nella regale dimora celeste. Il cielo ha attirato a sé colei la cui grandezza era superiore a quella dei cieli’.[24]

–  Girolamo.

Perpetua verginità di Maria. Nella sua lettera contro Elvidio egli sostiene che Maria dopo avere partorito Gesù è rimasta vergine e che quelli che la Scrittura chiama fratelli e sorelle di Gesù non erano figli partoriti da Maria.

Celibato sacerdotale. In una lettera a Gioviniano il quale criticava la vita monastica e il celibato sacerdotale, Girolamo parlò del matrimonio con disprezzo. Egli citò, per difendere il celibato sacerdotale, un passo di Teofrasto che diceva tra le altre cose: ‘L’uomo saggio non prenderà mai moglie…E’ da stolti prendere moglie per procreare figliuoli onde il nostro nome sopravviva nel mondo, abbia soste­gni la nostra vecchiaia…’. Bisogna dire che nei suoi scritti sovente si avverte questa sua avversione al matrimonio; non che lo vieta (nel suo scritto Verginità e matrimonio ha affermato che lui non condanna le nozze), ma certamente ne parla con di­sprezzo più di una volta al fine di invogliare gli uomini e le donne a non sposarsi e a darsi alla vita monastica alla quale si era dato lui stesso. Per questa ragione Girolamo va annoverato tra coloro che hanno contribuito con i loro scritti, esaltanti all’inverosimile il celibato, a vietare il matrimonio ai sacer­doti cattolici. E difatti la chiesa cattolica romana lo prende per sostenere il suo celibato sacerdotale e la vita monastica.

Venerazione delle reliquie. In una sua lettera a Ripario gli dice a proposito di un certo Vigilanzio che era contro la venerazione delle reliquie: ‘Mi dici che Vigilanzio (…) ha riaperto la sua bocca schifosa, che sta vomitando un letamaio di putridume contro le reliquie dei santi martiri, e che noi – che ne ammettiamo il culto – ci chiama cinerari e idolatri, perché – dice – veneriamo le ossa di uomini che sono morti. Che uomo disgraziato! Bisognerebbe dar sfogo a tutte le sorgenti di lacrime per piangerlo! Ma è possibile che non capisca che, dicendo queste cose, è tale e quale un samaritano o un giudeo? Sono persone, queste, che ritengono immondi i cadaveri umani, e sospettano persino di contaminazione gli oggetti che si trovano nella loro casa. Ma sì! vanno dietro alla lettera che uccide, e non allo spirito che vivifica! (…) Le reliquie dei martiri le onoriamo per adorare il Dio per il quale essi si sono fatti martiri! (…) Se le reliquie dei martiri non bisogna onorarle, come mai leggiamo; E’ preziosa agli occhi del Signore, la morte dei suoi santi?’[25]

Il vescovo di Roma è il successore di Pietro. In una lettera a Damaso, vescovo di Roma, gli dice: ‘Per questo ho deciso di consultare la Cattedra di Pie­tro, dove si trova quella fede che la bocca di un Apostolo ha esaltato; vengo ora a chiedere un nutrimento per la mia anima lì, dove un tempo ricevetti il vestito di Cristo (…) La tua grandezza, a dire il vero, mi mette in soggezione, ma la tua bontà m’atti­ra (…) Metti da parte ciò che è invidiabile, sottraiti un momento al fasto dell’altissima dignità romana; è col successore del pescatore e con un discepolo della croce che desidero parlare. Io non seguo altro primato che quello di Cristo; per questo mi metto in comunione con la tua Beatitudine, cioè con la cattedra di Pietro. So che su questa pietra è edificata la Chiesa’.[26]

–  Cipriano.

Il battesimo rigenera. ‘L’acqua deve essere prima purificata e santificata dal sacerdote, perché possa cancellare con il battesimo i peccati di chi viene battezzato’.[27]

–  Crisostomo.

Le preghiere per i morti. ‘Piangiamo i nostri defunti, che si sono dipartiti nei peccati, veniamo loro in aiuto con tutte le forze. Come ed in che modo? Pregando noi stessi per loro e pregando altri di pregare per essi, e donando incessantemente per essi ai poveri’.[28]

 


[1] Ireneo, Contro le eresie, Libro III, pag. 218

[2] Tertulliano, La Corona, Roma 1980, 3-4; pag. 153,155. Il battesimo per triplice immersione, il mangiare latte e miele dopo il battesimo, il non farsi il bagno per i successivi sette giorni, il fare oblazioni per i morti nell’anniversario della loro morte, e il farsi il segno della croce sulla fronte ogni qualvol­ta si fa qualcosa durante il giorno, o il reputare il digiuno o l’adorazione in ginocchio di domenica una empietà, sono tutte cose che dato che non si possono confermare con le sacre Scritture vanno rigettate. Considerate invece se noi le ammettessimo solo perché le dice Tertulliano; saremmo costretti a doverle difendere, cioè a dire il perché è giusto fare quelle cose anche se non sono scritte. E in che maniera verremmo trascinati a farlo? Con vani ragionamenti, dai quali sgorgherebbero via via dottrine perverse. Questo è quello che avviene infatti ogni qual volta si cerca di giustificare mediante le Scritture delle tradizioni umane che si oppongono alla verità.

[3] Agostino, Serm. 51, 18; citato in La vergine Maria, a cura di Michele Pellegrino, Alba 1954, pag. 21

[4] Agostino, Tract. in Io. 28, 3; citato in op. cit., pag. 71

[5] Agostino, Le Lettere, 98,9: pag. 927

[6] Ibid., 54, 6,8: pag. 447

[7] Ibid., 54,1,1: pag. 437. Agostino qui cade in una contraddizione perché in un suo libro afferma che lui si sottomette solo all’autorità dei libri cano­nici e che tutto ciò che è necessario alla fede alla condotta della vita si trova nelle dichiarazioni chiare della Scrittura, mentre qui dice che bisogna ritenere tutte quelle cose non scritte ricevute per tradizione e che vengono osservate per il mondo.

[8] Agostino, La città di Dio, Lib. XX, cap. 6,2; 7,1,2

[9] Agostino, op. cit., Lib. XX, cap. 20,2

[10] Ibid., Lib. XX, cap. 14

[11] Ibid., Lib. XX, cap. 16

[12] Agostino, Le Lettere, 98, 10: pag. 927, 929

[13] Agostino, Enchiridion, Firenze 1951, cap. LXIII, pag. 86

[14] Agostino, La città di Dio, Lib. XIII, cap. 7

[15] Agostino, op. cit., Lib. XXI, cap. 16. Si tenga presente però che adesso per la chiesa cattolica romana il neonato per andare in paradiso ha bisogno solo del battesimo: e che nel caso morisse senza averlo ricevuto non andrebbe all’inferno e neppure in purgatorio ma in un luogo detto limbo.

[16] Ibid., Lib. XXI, cap. 26. Certamente Agostino ha contribuito con i suoi scritti alla formazione della dottrina del purgatorio anche se bisogna dire che in alcune occasioni si mostra incerto e dubbioso come in questa citazione in cui dice che forse quell’opinione è vera. In un altra occasione pare proprio che smentisca la dottrina del purgatorio che insegna la chiesa papista infatti dice: ‘Le anime dei giusti, separate dal loro corpo, sono nel riposo, mentre quelle degli empi scontano le loro pene, finché i corpi dei giusti risorgeranno alla vita eterna, quelli degli empi alla morte eterna, che si chiama seconda morte’ (La città di Dio, Lib. XIII, cap. 8).

[17] Ibid.,, Lib. XXI, cap. 24,2

[18] Agostino, Enchiridion, cap. CIX. Si noti che da queste ultime parole traspare il purgatorio.

[19] Agostino di Ippona, La Città di Dio, Libro XXII, cap. IX, X

[20] Cfr. Agostino, L’Istruzione cristiana, Verona 1994, Libro II, VIII 13; pag. 89, 91. Questo spiega anche perché lui sosteneva che si potesse pregare per i defunti e che i santi martiri potessero intercedere per i vivi; perché nei libri apocrifi, come abbiamo visto, ci sono dei passi che sostengono tali pratiche.

[21] Agostino, Contra Epist. Man.

[22] John of Damascus, op. cit., Lib. IV, cap. 16; pag. 372

[23] Giovanni Damasceno, Esposizione della fede ortodossa, 4, 11: citato in La teologia dei padri, Roma 1974, vol. II; pag. 144

[24] Giovanni Damasceno, Omelia sul transito di Maria: citata in La teologia dei padri, vol. II, pag. 171-172

[25] Girolamo, Le lettere, vol. 3, pag. 328, 329, 330

[26] Girolamo, Le lettere, vol. 1, pag. 97, 98

[27] Opere di San Cipriano, Torino 1980, Lettera 70; pag. 687

[28] Crisostomo, In ep. ad Philip 3,4