I concili: le loro eresie e le loro contraddizioni

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Secondo i teologi papisti i concili sono parte della loro tradi­zione, e difatti per essi costituiscono del continuo dei punti di riferimento per ciò che riguarda la dottrina della chiesa romana. Essi attribuiscono ai decreti dei concili uguale importanza che alla Parola di Dio, e questo perché ritengono che i loro concili si siano riuniti nello Spirito Santo. Per loro sono infallibili perché il concilio Vaticano II ha decretato quanto segue: ‘L’infallibi­lità promessa alla chiesa risiede pure nel corpo episcopale, quando questi esercita il supremo magistero col successore di Pietro’.[1] Ora, dimostreremo con alcuni esempi come i concili hanno decreta­to cose contrarie alla Parola di Dio oppure hanno decretato delle cose che prima o dopo furono condannate da altri concili o da cosiddetti padri o da papi stessi. Facciamo questo affinché chi legge comprenda come i concili non possono essere messi sullo stesso piano né dell’assemblea di Gerusalemme né della Scrittura come invece vogliono i Cattolici perché hanno insegnato anch’essi (come fecero i loro padri) delle eresie (così non fece l’assemblea di Gerusalemme e così non fa la Scrittura) e si sono contraddetti l’uno con l’altro nella maniera più sfacciata (mentre la Parola di Dio non si contraddice su nessun punto).

–  Eresie insegnate dai concili.

I concili di Tiro (335), Antiochia (340), di Milano (355) e di Rimini (359) approvarono l’eresia di Ario che negava la divinità di Cristo.

Il concilio di Efeso (431) dichiarò Maria ‘madre di Dio’.

Il terzo concilio di Costantinopoli ordinò che i matrimoni contratti cogli eretici si dovevano sciogliere.

Il quarto concilio Laterano (1215) decretò la transustanziazione e la confessione al prete di tutti i peccati da farsi almeno una volta all’anno e che gli eretici dovevano essere sterminati.

Il concilio di Costanza (1415) decretò la soppressione del cali­ce e che fosse lecito non mantenere il giuramento fatto agli eretici.

Il concilio di Firenze (1439-1443) proclamò ufficialmente l’esistenza del purgatorio.

Il concilio di Trento (1545-1563) aggiunse ai libri canonici i libri apocrifi, dichiarò che la tradizione deve essere riverita al pari della sacra Scrittura, e definì l’istituzione di tutti i sacramenti da parte di Cristo e il loro numero settenario.

Il concilio Vaticano del 1870 decretò l’infallibilità del papa.

–  Contraddizioni tra concili stessi e con i cosiddetti padri e papi.

Il concilio di Elvira (306) impose il celibato ai preti (o almeno la completa astensione dai rapporti coniugali), mentre quello di Costantinopoli del 692 (che va sotto il nome di Quinisextus in Trullo o semplicemente Trullano) decretò che i preti possono continuare a vivere nel matrimonio celebrato prima della loro ordinazione, astenendosi dai rapporti coniugali solo nel giorno del loro servizio sacro, mentre negli altri giorni possono convivere come marito e moglie con la propria sposa.

Il concilio di Nicea del 325 condannò l’eresia di Ario, ma dieci anni dopo il concilio di Tiro, che si trasferì a Gerusalemme, decretò contro la decisione di Nicea e ristabilì Ario e proclamò dottrina della Chiesa l’eresia condannata dal concilio niceno. Il concilio di Antiochia (340) riconfermò la decisione di Tiro, mentre quello di Sardica del 343 condannò di nuovo la dottrina di Ario. In seguito il concilio di Milano (355) e quello di Rimini (359) decretarono di nuovo a favore dell’eresia di Ario.

Il concilio di Efeso del 431 condannò la dottrina di Eutiche ma quello del 449 l’approvò, e poi quello di Calcedonia (451) la condannò di nuovo.

Il terzo concilio Costantinopolitano ordinò, nel secondo canone, che si ribattezzassero coloro che erano stati battezzati dagli eretici; mentre il loro padre Agostino e il loro papa Stefano avevano dichiarato che non si doveva ribattezzarli.

Il concilio di Costantinopoli (754) condannò espressamente il culto delle immagini raffiguranti Cristo, Maria e i santi. Nel documento finale di questo concilio sono scritte queste parole: ‘Noi possiamo inoltre dimostrare il nostro sentimento per mezzo delle sante Scritture e dei padri. Infatti si legge nella Scrit­tura: “Iddio è spirito; e quelli che l’adorano, bisogna che l’adorino in ispirito e verità”; e: “Non ti fare scultura alcuna né immagine alcuna delle cose che sono lassù nei cieli o quaggiù sulla terra”; anche Dio ha parlato agli Israeliti dal mezzo del fuoco e dalla cima della montagna e non gli ha mostrato nessuna immagine; in un altro passaggio: “Hanno mutato la gloria dell’in­corruttibile Iddio in immagini simili a quelle dell’uomo corrut­tibile..e hanno adorato e servito la creatura invece del Creato­re” (…) Noi dunque appoggiandoci sulla santa Scrittura e sui Padri, dichiariamo unanimemente, in nome della santa Trinità, che noi condanniamo, rigettiamo ed allontaniamo con tutte le nostre forze dalla Chiesa cristiana qualsiasi immagine di qualsiasi maniera che sia fatta con l’arte della pittura’. Ma il concilio di Nicea del 787 negò l’ecumenicità del concilio del 754 e approvò una definizione di fede sulla legittimità delle immagini e la natura del culto relativo che si concludeva con quattro condanne degli iconoclasti. Nel documento finale si leggono le seguenti parole: ‘Noi definiamo con ogni accuratezza e diligenza che, a somiglian­za della preziosa e vivificante Croce, le venerande e sante immagini sia dipinte che in mosaico, di qualsiasi altra materia adatta, debbono essere esposte nelle sante chiese di Dio, nelle sacre suppellettili e nelle vesti, sulle pareti e sulle tavole, nelle case e nelle vie; siano esse l’immagine del Signore e Dio e Salvatore nostro Gesù Cristo, o quella della immacolata Signora nostra, la santa madre di Dio, degli angeli degni di onore, di tutti i santi e pii uomini. Infatti, quanto più continuamente essi vengono visti nelle immagini, tanto più quelli che le vedono sono portati al ricordo e al desiderio di quelli che esse rappre­sentano e a tributare ad essi rispetto e venerazione’. Non è finita qui, perché nel concilio di Francoforte del 794 venne condannato di nuovo il culto delle immagini che era stato appro­vato al concilio di Nicea del 787. Infine questo culto delle immagini venne approvato dal concilio di Trento.[2]

Il concilio di Costantinopoli (754) negò la presenza reale e la transustanziazione perché chiamò il pane e il vino della santa cena ‘l’immagine del corpo vivificante di Cristo’, mentre il concilio Laterano IV e quello di Trento dichiararono la presenza reale e la transustanziazione.

Il concilio di Costanza nel 1415 dichiarò il concilio superiore al papa infatti disse: ‘Chiunque, di qualunque condizione e dignità, compresa quella papale, è tenuto ad obbedirgli…’,[3] mentre il concilio Lateranense V (1512-1517) affermò il contrario dicen­do: ‘Il romano pontefice, in quanto ha un’autorità superiore a tutti i concili, ha pieno diritto e potestà di indire, trasferi­re, sciogliere i concili’.[4] Sempre il concilio di Costanza decretò la soppressione del calice ma quello di Basilea ne decretò la restituzione ai Boemi (restituzione abolita in seguito da Pio V).

Il concilio di Trento nel 1546 dichiarò canonici i libri apocrifi includendoli nel canone; con questa decisione il concilio di Trento annullò la decisione che il concilio di Laodicea, tenutosi nella seconda metà del IV secolo, aveva preso a riguardo del libro di Giuditta, di quello di Tobia, della Sapienza, dell’Ecclesiastico, e dei libri I e II Maccabei, che era stata quella di non dichiararli canonici. In altre parole il concilio di Trento dichiarò nulla la decisione di non includere questi libri nel canone presa dal concilio di Laodicea. La prova che questi libri apocrifi da quel concilio di Laodicea non furono riconosciuti ispirati da Dio la si trova nel canone n° 60 dove è enumerato il catalogo dei libri dell’Antico Patto che è privo del libro di Giuditta, di quello di Tobia, della Sapienza, dell’Ecclesiastico e dei Maccabei.

Riteniamo che questi esempi siano sufficienti per fare comprende­re quali eresie i concili hanno introdotto nella chiesa cattolica romana e in quali contraddizioni sono caduti pure i concili nel corso del tempo.[5] Come si può quindi reputare anche la tradizione derivata dai concili Parola di Dio quando essa contraddice in molti punti la Sacra Scrittura e si contraddice essa stessa? Dagli esempi dei concili sopra citati apparirebbe che Dio abbia rinnegato la sua parola spesso, e prima diceva una cosa poi ne diceva un’altra totalmente diversa sullo stesso soggetto e poi ci ripensava tornando a dire la cosa da lui dichiarata interdetta. E’ evidente dunque che le decisioni dei concili non possono essere accettate come Parola di Dio perché molte di esse contrastano apertamente la Parola di Dio e perché gli stessi concili si annullano a vicenda. E’ molto meglio affidarsi totalmente alla Scrittura che è la Parola di Dio che non si contraddice su nessun punto, benché sia formata da libri scritti nell’arco di più di mille anni da autori diversi, e che in tutti questi secoli si è rivelata infallibile e immutabile. La Scrittura è l’infallibile e autorevole Parola di Dio capace di guidare gli uomini sulla via santa senza farli inciampare! La Scrittura è la Parola di Dio che può salvare gli uomini dalle tenebre dove si trovano e menarli alla luce. Ma per quanto riguarda molti decreti dei concili che si sono tenuti nel corso dei secoli essi sono precetti umani che contribuiscono a mantenere nel buio della superstizione e dell’incredulità le persone che li accettano e che mantengono le persone in uno stato di aperta ribellione a Dio.

 


[1] Concilio Vaticano II, Sess. V. cap. III

[2] Cfr. Concilio di Trento, Sess. XXV

[3] Concilio di Costanza, Sess. IV. Ricordiamo che questo concilio depose tre papi, ossia Giovanni XXIII, Gregorio XII e Benedetto XIII

[4] Concilio Lateranense V, Sess. XI

[5] Faccio inoltre notare che alcuni scrittori cattolici hanno riconosciuto che non ci si può fidare degli atti dei concili. Bellarmino per esempio afferma che per essere stati custoditi con negligenza, gli atti dei concili abbondano di errori (cfr. Bellarmino, De Concil. lib. 3, cap. 2). Ed il teologo Richer nella sua Storia dei concilii è costretto a confessare, con suo grande dolore, egli dice, che non vi sono libri nei quali si trovino tante falsità, tanti scritti supposti quanti se ne trovano negli atti dei concili (cfr. Richer, Hist. Concilior. lib. 1, cap. 2). Persino degli atti di un concilio come quello di Nicea che è definito ecumenico non si può stare sicuri. Baronio (An. 325) basandosi su diversi scrittori antichi dice che molti canoni di questo concilio sono andati perduti: e Gregorio di Valenza è della stessa opinione (cfr. De fide quaest, I, p. 7, § 37). E poi gli Orientali ammettono 80 canoni di questo concilio, mentre gli Occidentali ne ammettono solo 20. Mettendo tutte le cose assieme dunque viene fuori un quadro dei concili che è assolutamente incerto e inaffidabile.