Il cristiano è certo che quando morirà andrà in paradiso con Gesù

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Noi credenti siccome che per la grazia di Dio abbiamo la vita eterna dimorante in noi, siamo certi che quando moriremo, a condizione naturalmente che conserviamo la fede sino a quel giorno, andremo in cielo ad abitare con Gesù perché Gesù ha detto: “Io son la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muoia, vivrà; e chiunque vive e crede in me, non morrà mai”,[1] ed anche: “Se uno mi serve, mi segua; e là dove son io, quivi sarà anche il mio servitore”.[2] E “siccome abbiam lo stesso spirito di fede, ch’è in quella parola della Scrittura: Ho creduto, perciò ho parlato, anche noi crediamo, e perciò anche parliamo”,[3] dicendo come gli apostoli: “Siamo pieni di fiducia e abbiamo molto più caro di partire dal corpo e d’abitare col Signore”.[4] Sì, abbiamo a tale riguardo in noi lo stesso sentimento che era in Paolo il quale aveva il desiderio di partire e d’essere con Cristo, e questo perché essere con Cristo in cielo è cosa di gran lunga migliore del rimanere sulla terra.

Tutto ciò per i teologi papisti è sfacciata presunzione; perché secondo loro, prima di andare in paradiso tutti coloro che muoio­no nella grazia devono andare in purgatorio ad espiare la pena dei loro peccati! E guai a chi non accetta questa loro dottrina perché il concilio di Trento ha detto: ‘Se qualcuno afferma che, dopo avere ricevuto la grazia della giustificazione, a qualsiasi peccatore pentito viene rimessa la colpa e cancellato il debito della pena eterna in modo tale che non gli rimanga alcun debito di pena temporale da scontare sia in questo mondo sia nel futuro in purgatorio, prima che possa essergli aperto l’ingresso al regno dei cieli; sia anatema’.[5] Ma non è affatto così come dicono loro, perché la Scrittura insegna che quando Dio rimette i peccati ad un uomo gli rimette di conseguenza anche la pena eterna. L’esempio del ladrone penti­tosi sulla croce in punto di morte ne è un esempio, perché Gesù gli rimise tutti i suoi peccati con i relativi debiti di pena eterna infatti gli disse: “Io ti dico in verità che oggi tu sarai meco in paradiso”.[6] Gesù non gli disse che prima doveva andare a sostare nel purgatorio qualche tempo per purgarsi di una parte della pena eterna dei suoi peccati e poi sarebbe potuto andare in paradiso, ma gli disse che in quello stesso giorno lui sarebbe andato in paradiso! Riflettete; ma non è assurdo credere che Dio rimetta tutti i debiti all’uomo che si pente e poi, quando muore, lo manda in un luogo di tormenti come il purgatorio ad espiare parte di essi prima di farlo entrare nel regno dei cieli? Eppure questo è quello che credono i Cattolici romani! Con tutto ciò non vogliamo dire che noi credenti siamo giunti alla perfezione o che siamo senza peccato; lungi da noi questo, perché noi riconosciamo di essere delle persone con dei difetti che abbiamo bisogno di essere perfezionati e di perfezionarci, e che talvolta facciamo quello che odiamo e abbiamo bisogno perciò di confessare i nostri falli al Signore per ottenerne la remis­sione. Ma vogliamo dire solamente che in virtù della misericordia di Dio per la quale Egli ci ha fatti rinascere e diventare figli di Dio e ci ha dato la vita eterna, siamo sicuri di essere stati perdonati appieno dal Signore, di avere ricevuto il purgamento di tutti i nostri peccati e perciò se moriamo con Gesù con lui andremo a vivere in cielo subito dopo essere morti. La chiamino pure presunzione questa nostra fiducia i teologi papisti; conti­nuino a lanciare i loro anatemi i concili contro chi, secondo loro, ostenterà questa certezza di remissione di peccati e di vita eterna; noi continueremo a gloriarci nel Signore per avere ottenuto il purgamento dei nostri peccati con il sangue di Gesù, continueremo a glorificare il suo nome per questo, e continueremo a predicare agli uomini che in Cristo c’è la certezza di remis­sione dei peccati, che in lui c’è la certezza di avere la vita eterna; ma nella teologia papista c’è ambiguità, falsità, incer­tezza; cose che generano nelle persone che l’accettano nient’altro che dubbi, angosce e incertezze. O uomini e donne che giacete nella paura della morte e non sapete dove state andando (o meglio sapete che andrete in un purgatorio che però non esi­ste) perché avete dato retta ai falsi insegnamenti dei preti, vi supplichiamo nel nome di Cristo a pentirvi e a credere in Cristo per ottenere la remissione dei peccati e la vita eterna!

Concludendo; sia la salvezza dal peccato, sia la giustificazione, sia la remissione dei peccati e sia la vita eterna si ottengono soltanto mediante la fede, quindi senza il concorso di nessuna opera buona; la santificazione invece, che noi abbiamo per frutto (ossia quella progressiva), si ottiene osservando i comandamenti di Dio ossia mediante le opere buone. In altre parole, le opere buone sono i frutti che scaturiscono dalla nostra salvezza e dalla nostra giustificazione ottenute per fede, ma non sono la fonte della salvezza e della nostra giustificazio­ne e non possono concorrere in nessuna maniera a salvare e a giustificare l’uomo, perché “il giusto vivrà per la sua fede”[7] e non a cagione di opere meritorie.

 


[1] Giov. 11:25,26

[2] Giov. 12:26

[3] 2 Cor. 4:13

[4] 2 Cor. 5:8

[5] Concilio di Trento, Sess. VI, can. 30

[6] Luca 23:43

[7] Hab. 2:4