L’affrancamento dalla schiavitù del peccato

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L’affrancamento dalla schiavitù del peccato

La dottrina dei teologi papisti

La redenzione dal peccato si ottiene mediante il battesimo e la penitenza. I meriti di Cristo non bastano per riceverla, bisogna perciò fare delle opere buone per ottenerla.

I teologi papisti – come ho già accennato – sostengono che il battesimo libera dal peccato chi lo riceve (quindi non solo gli infanti ma anche gli adulti che per esempio si convertono dal buddismo al cattolicesimo); ed affermano pure che una volta battezzati se si compiono dei peccati ‘mortali’ si perde la grazia e quindi è necessario andare a confessarsi dal prete per ottenere la liberazione da essi e ricuperare la grazia perduta. Va detto però che quantunque il prete abbia ricevuto da Cristo l’autorità di rimettere i peccati, al penitente dopo la confessione rimane da espiare una parte della colpa meritata. Perché questo? Perché i meriti di Cristo (che il prete pretende di applicare al penitente con la formula assolutoria) sono insufficienti a salvarlo per cui non è sufficiente la fede a salvarlo, cioè per lui non è sufficiente pentirsi e credere che Gesù Cristo è morto anche per i suoi peccati sulla croce ed è risuscitato per la sua giustificazione, ma occorrono pure delle opere buone (chiamate opere di soddisfazione). E come sostengono ciò con le sacre Scritture? Prendono le seguenti parole di Paolo ai Colossesi: “E quel che manca alle afflizioni di Cristo lo compio nella mia carne a pro del corpo di lui che è la Chiesa”,[1] e gli danno questo significa­to: ‘Noi dobbiamo cooperare con Cristo per la nostra salvezza mediante le nostre opere meritorie, quindi con i nostri patimen­ti; e questo perché noi dobbiamo compiere quello che manca alle afflizioni di Cristo’. Quindi quando si sente parlare di redenzione ai Cattolici bisogna tenere presente le seguenti cose; che il battesimo e la penitenza sono reputati indispensabili per essere salvati (questo lo vedremo meglio più avanti), e che nel caso dell’adulto che si va a confessare dopo avere peccato ‘mortalmente’ contro Dio, la fede in Cristo soltanto non lo può in alcun modo redimere perché egli è chiamato a compiere opere di soddisfazione. Ecco perché i teologi papisti ripetono continuamente che la fede soltanto non salva, che non basta soltanto credere per essere salvati: perché secondo loro per essere salvati occorre la fede e le buone opere.[2]

Ma le cose non stanno affatto così, perché se per essere salvati da Cristo oltre la fede sono necessarie delle opere giuste allora la salvezza cessa automaticamente di essere per grazia ossia gratuita.

 


[1] Col. 1:24

[2] Si dovrebbe quindi arrivare alla conclusione che con il battesimo, la confessione, credendo e compiendo atti di pietà come dicono loro, uno può essere certo della sua salvezza: ma il fatto è che dopo avere seguito scrupolosamente tutte le loro prescrizioni il penitente continua inevitabilmente a dichiarare di non avere la certezza della salvezza. Anzi è costretto a dichiarare di non avere questa certezza per non essere colpito dall’anatema lanciato contro coloro che oseranno dire una tale cosa. Ci dev’essere quindi per forza di cose qualcosa che non va in questo sistema. Può essere mai che Gesù sia venuto per lasciare le persone che credono in lui nell’incertezza della loro salvezza?