Se è per grazia non è più per opere, e se è per opere non è più per grazia

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A questo punto voglio dire qualcosa d’altro che ritengo importante: i teologi papisti quando parlano della giustificazione fanno dei discorsi nei quali da un lato affermano che la giustificazione è gratuita (e per fare questo si usano dei passi della Scrittura che attestano chiaramente che l’uomo viene giustificato da Dio per grazia), e dall’altro affermano che la giustificazione dipen­de pure dalle opere che compie l’uomo. Sembrerà strano a molti ma è proprio così; e di questo ci si accorge leggendo i loro libri. E’ chiaro che le loro affermazioni sono contrad­dittorie, (notate per esempio come sono contraddittorie le parole del concilio tridentino secondo cui la grazia della giustificazione non si può ottenere soltanto per fede perché sono richieste altre cose oltre la fede per ottenerla; ma se è una grazia perché mai non basta la fede per conseguirla? Ma che tipo di grazia è allora? Una grazia che si merita? Ma allora non è più grazia perché la grazia si ottiene senza fare nulla ma solo credendo in Dio!) ma nonostante ciò essi cercano di conciliarle in ogni manie­ra, non riuscendoci perché è impossibile conciliare la dottrina che dice che l’uomo viene giustificato da Dio soltanto mediante la fede senza le opere buone, e quella che dice che l’uomo deve cooperare con Dio compiendo opere buone per essere giustificato. Se si accetta la giustificazione per sola fede si deve scartare la giustificazione per opere, e se si accetta la giustificazione per meriti si deve scartare la giustificazione per sola fede. La ragione per cui essi fanno questi discorsi ambigui e contraddittori fra loro è per difendere e sostenere a tutti i costi tutto quel bagaglio di dottrine che hanno accumulato nel corso dei secoli; mi riferisco alla dottrina che dice che la grazia si ottiene mediante i sacramenti, quindi operando e non credendo; e alla dottrina del purgatorio, a quella sulle opere di soddisfa­zione, a quella sulle indulgenze, e tante e tante altre dottrine fondate sul dogma della giustificazione per opere. Loro si rendo­no conto che riconoscere la dottrina della giustificazione per sola fede significherebbe dover rigettare tutte queste dottrine qui sopra citate, perché non ci sarebbe più bisogno di crederle e di professarle; perciò cercano in tutte le maniere di fare crede­re che l’uomo viene giustificato mediante le opere. Ho voluto fare questo discorso per farvi comprendere che se i teologi papisti attaccano con tanto vigore la dottrina della giustificazione per sola fede e cercano di annullarla con ogni sorta di vano ragionamento, è perché devono a tutti costi mante­nere credibili la false dottrine papiste fondate sui meriti, in altre parole perché devono mantenere credibile la chiesa cattolica romana. Questa è la ragione per cui parlando con i Cattolici romani bisogna insistere sulla dottrina della giustificazione per sola fede così come è scritta nella Parola di Dio, per fare loro capire che siccome si viene giustificati per grazia mediante la fede tutte le dottrine sui meriti umani della chiesa romana sono false e non possono essere accettate. Certo, nel fare questo si viene perseguitati dalla curia romana e dai suoi seguaci; perché? Perché predicando che Cristo “ci è stato fatto da Dio sapienza, e giustizia, e santificazione, e redenzione”,[1] e che quindi per essere giustificati e santificati occorre soltanto credere nel Signore Gesù, noi reputiamo un nulla tutti i precetti della chiesa cattolica romana che affermano che per essere giustificati e santificati occorre compiere i suoi riti. Riti cerimoniali, che bisogna dire, per certi versi assomigliano esteriormente a quelli della legge di Mosè, e che come quelli della legge di Mosè (che erano però stati ordinati da Dio) non possono in niuno modo giustificare e santificare le persone che li compiono. Ma perché i riti cerimoniali e non cerimoniali che fanno parte della legge di Mosè, quali la circoncisione della carne, l’osservanza di giorni, mesi, anni, noviluni, l’astensione da certi cibi, le varie abluzioni, le varie aspersioni di sangue e di acqua e tante altre cose non potevano e non possono giusti­ficare l’uomo peccatore e non possono santificarlo quanto alla coscienza? La ragione è perché, la legge avendo un ombra dei futuri beni e non la realtà stesse delle cose, non poteva e non può cancellare i peccati dalla coscienza dell’uomo e santificar­lo.[2] Ma ora che è venuto Cristo Gesù il Sommo Sacerdote dei futuri beni promessi nella legge e nei profeti, e che egli ha sparso il suo sangue per la propiziazione dei nostri peccati, tutti quei riti sono stati portati a compimento perché ora c’è la realtà di quelle cose. Le ombre sono sparite e al loro posto c’è la realtà.

Ma che ha fatto invece la curia romana? Ha tolto la realtà delle cose dinanzi al popolo e l’ha sostituita con delle specie di ombre, se così si possono chiamare, che essa si è abilmente costruite appoggiandosi sulle ombre dell’Antico Patto e facendole credere vere. E così le persone pensano che per essere giustificati bisogna ricevere sul proprio capo l’acqua benedetta del battesimo e compiere tante mortificazioni corporali ed offrire a Dio il sacrificio della messa e così via, ossia osservare i sacramenti della chiesa romana; non è questo sovvertire l’Evangelo di Cri­sto? Sì, certo, costoro hanno sovvertito l’Evangelo di Cristo; guai a loro; ne porteranno la pena.

Noi diciamo quindi ai Cattolici romani che cercano di essere giustifica­ti mediante i loro sacramenti e mediante opere meritorie; ‘Sap­piate che questa dottrina che vi insegnano secondo la quale non potete essere giustificati se non compiete i riti prescritti dalle leggi papali non viene da Colui che vi chiama al ravvedi­mento ma dal diavolo che ha sedotto i papi e tutta la curia romana’.

 


[1] 1 Cor. 1:30

[2] Cfr. Ebr. 9:9,10; 10:1-4; Col. 2:16,17