Spiegazione dei passi presi per sostenere il sacramento della penitenza

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Innanzi tutto vogliamo spiegare le parole di Gesù: “A chi rimet­terete i peccati, saranno rimessi; a chi li riterrete, saranno ritenuti”.[1] Noi abbiamo il potere di rimettere i peccati a tutti coloro che peccano contro di noi infatti nella preghiera che Gesù insegnò ai suoi discepoli vi sono queste parole: “Rimettici i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debito­ri”.[2] Come potete vedere noi possiamo rimettere i debiti ai nostri debitori, cioè a quelli che sono in debito verso noi. Ma noi non abbiamo il potere di rimettere i debiti che un uomo ha nei confronti di Dio, perché quello ce lo ha solo Dio.[3] Pure gli scribi lo sapevano questo infatti quando sentirono che Gesù disse a quel paralitico: “Figliuolo, sta’ di buon animo, i tuoi peccati ti sono rimessi”,[4] dissero: “Perché parla costui in questa manie­ra? Egli bestemmia! Chi può rimettere i peccati, se non un solo, cioè Dio?”.[5] Essi però non riconoscendo in Gesù Cristo l’Iddio d’Israele, sbagliarono nell’affermare che egli bestemmiava. Ma Gesù dimostrò loro di avere il potere di rimettere i peccati, e perciò di essere Dio, dicendo al paralitico di alzarsi, di pren­dere il suo lettuccio e di andarsene a casa sua.[6] I suoi discepoli però, quantunque lo videro e lo sentirono rimettere i peccati agli uomini, dopo che lui fu assunto in cielo non se ne andarono in giro a farsi confessare i peccati dai peccatori ed a rimetter­glieli, e neppure a farsi confessare i peccati dai credenti per rimetterglieli, e questo perché non avevano inteso le parole che Gesù aveva loro rivolto nella maniera errata in cui hanno inteso alcuni in seguito. Abbiamo infatti dimostrato poco fa come non ci sono esempi o passi nel Nuovo Testamento che attestino una simile procedura.

La confessione auricolare fatta al prete è chiamata anche il sacramento della riconciliazione perché secondo il catechismo cattolico il prete mediante la sua assoluzione riconcilia l’uomo con Dio. Ma questa affermazione è falsa perché l’uomo può ricon­ciliarsi con Dio direttamente mediante Cristo Gesù senza il bisogno di nessun mediatore terreno. I teologi papisti per soste­nere che i preti hanno in loro la parola della riconciliazione per riconciliare gli uomini con Dio come l’avevano prima di loro gli apostoli prendono le seguenti parole di Paolo ai Corinzi: “Iddio… ha posta in noi la parola della riconciliazione”;[7] ma noi facciamo notare che questa parola della riconciliazione che avevano gli apostoli non si riferisce affatto alla formula asso­lutoria dei preti: ‘Io ti assolvo dai tuoi peccati nel nome del Padre e del Figliuolo e dello Spirito Santo’, che essi rivolgono ai confessanti dopo avere udito la loro confessione, perché gli apostoli non confessavano e non assolvevano né i peccatori e neppure i credenti quando essi si rendevano colpevoli ma li esortavano a ravvedersi e a fare pace con Dio. L’apostolo Paolo spiega in che consisteva questa parola della riconciliazione quando dice: “Noi dunque facciamo da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro; vi supplichiamo nel nome di Cristo: Siate riconciliati con Dio”.[8] Gli apostoli quindi non obbligavano gli uomini a confessarsi a loro, come fanno i preti, ma li esortavano a riconciliarsi con Dio, il che è tutt’altra cosa! Loro facevano la loro ambasciata; mentre Colui che li aveva mandati assolveva coloro che accettavano le loro parole. Ma non è forse questa una ulteriore prova che la confessione auricolare al prete non ha fondamento scritturale e che per sostenerla i teolo­gi cattolici romani fanno ricorso ad arbitrarie interpretazioni scritturali?

Veniamo ora agli altri passi del Nuovo Patto che a dire dei teologi catto­lici romani confermano la confessione al prete; quello di Marco che dice: “Ed erano da lui battezzati nel fiume Giorda­no, confessando i loro peccati”;[9] quello scritto negli Atti degli apostoli che dice: “E molti di coloro che aveano creduto, venivano a confessare e a dichiarare le cose che aveano fatte”;[10] quello di Giacomo che dice: “Confessate dunque i falli gli uni agli altri”;[11] e quello che dice che dopo che Lazzaro uscì dal sepolcro Gesù disse: “Scioglietelo, e lasciatelo andare”.[12] Ora, ma noi domandiamo ai teologi papisti: ‘Ma dov’è qui la con­fessione fatta all’uomo per ricevere l’assoluzione? Noi non la vediamo. Ma non la vediamo non perché abbiamo gli occhi chiusi, ma perché essa non c’è. Vediamo quindi ora di dimostrare come i suddetti passi non hanno nulla a che fare con la confessione al prete.

Nel caso del battesimo di Giovanni gli uomini si pentivano dei loro peccati e li confessavano a Dio e non a Giovanni. E poi, per rispondere come si conviene ai teologi papisti, diciamo anche che Giovanni non era un apostolo, e quella confessione quei Giudei la fecero prima di essere battezzati (mentre la confessione cattoli­ca si deve fare dopo il battesimo), ed ancora prima che Gesù dicesse ai suoi discepoli; “A chi rimetterete i peccati, saranno rimessi”,[13] e la fecero pubblicamente e non privatamente come invece viene fatta la confessione al prete; tutte cose queste che annullano nella maniera più evidente la loro stessa interpreta­zione data a questo passo.

Nel caso di quei credenti che ad Efeso confessarono le cose che avevano fatte essi non le vennero a confessare agli apostoli per ottenere la remissione dei loro peccati, perché dato che avevano già creduto avevano già ottenuto la remissione di tutti i loro pecca­ti mediante il nome di Gesù Cristo secondo che è scritto: “Di lui attestano tutti i profeti che chiunque crede in lui riceve la remission de’ peccati mediante il suo nome”.[14] Essi vennero per raccontare le cose malvagie che avevano fatte prima di credere nel Signo­re, per fare comprendere quanta misericordia Dio aveva usata verso di loro perdonandogli tutti quei loro peccati. Questo è quello che ancora oggi viene fatto in mezzo a noi da coloro che hanno creduto. Come potete vedere in questi suddetti passi non v’è la minima prova in favore della confessione privata fatta al prete e della sua obbligatorietà.

Per ciò che concerne le parole di Giacomo: “Confessate dunque i falli gli uni agli altri”,[15] esse sono in perfetta armonia con gli insegnamenti del nostro Signore, e non sono per nulla a favore della confessione al prete come invece sostengono molti teologi cattolici romani (non tutti perché c’è qualcuno che ha capito che le parole di Giacomo non si riferiscono alla confes­sione al prete), e questo perché Giacomo non ha detto ai fedeli di andarsi a confessare ad una casta sacerdotale per ottenere l’assoluzione divina; ma ha detto loro di confessare a vicenda i loro propri peccati infatti dice “gli uni agli altri”. Le parole di Giacomo sono in armonia con le seguenti parole di Gesù: “Badate a voi stessi! Se il tuo fratello pecca, riprendilo; e se si pente, perdonagli. E se ha peccato contro te sette volte al giorno, e sette volte torna a te e ti dice: Mi pento, perdona­gli”;[16] quindi é giusto che un fratello che pecca contro un altro fratello vada a confessare il proprio fallo al fratello a cui ha fatto torto chiedendogli il perdono perché questo ha fondamento scritturale. E’ giusto pure, secondo le parole di Giacomo, nel cospetto di altri fedeli riconoscere i propri falli per umiliarsi nel cospet­to di Dio e davanti agli stessi fedeli. Infine occorre dire che talvolta un credente che vuole ricevere una parola di consolazione o di incoraggiamento dal proprio pastore può andargli a confessare un suo peccato; ma questo, lo ribadiamo, egli non lo fa perché pensa che il pastore ha il potere di assolverlo da parte di Dio, ma solo per aprire il suo cuore nel cospetto di un fratello maturo dal punto di vista spirituale che può dargli dei retti consigli e pregare assieme a lui.

Ed infine veniamo alle parole che Gesù rivolse ai Giudei dopo che Lazzaro uscì dal sepolcro avendo i piedi e le mani legati da fasce e il viso coperto d’uno asciugatoio. Secondo i teologi papisti dopo che gli uomini risorgono dalla morte spirituale mediante il battesimo hanno bisogno di essere sciolti e slegati dai peccati che commettono. E questa potestà di sciogliere i loro peccati la possiede il prete in virtù delle parole che Gesù rivolse ai suoi discepoli: “Tutte le cose che avrete sciolte sulla terra, saranno sciolte nel cielo..”![17] Ci limitiamo a dire che in quelle parole di Gesù noi non vediamo affatto il potere che hanno i sacerdoti cattolici di assolvere i peccatori dai loro peccati. Vederci la loro confessione sarebbe come vedere il papato nelle parole di Gesù a Pietro: “Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa..”.[18] L’inter­pretazione che i teologi papisti danno a quel passo per sostenere il potere di rimettere i peccati che hanno i sacerdoti è falsa perché Colui che ha il potere di rimettere i peccati a coloro che sono risuscitati con Cristo è solo Dio.

 


[1] Giov. 20:23

[2] Matt. 6:12

[3] D’altronde, se l’uomo ha contratto dei debiti con il Creatore, perché ha infranto la sua legge, è naturale e logico che egli debba andare direttamente da Lui a chiederne la remissione perché solo Lui glieli può rimettere. Come potrebbe una sua creatura, quantunque sia diventata in Cristo un suo figliuolo e magari anche un ministro del Vangelo, avere la potestà di rimettere ad un altra creatura quei suoi debiti che egli ha nei confronti del suo Creatore?

[4] Matt. 9:2

[5] Mar. 2:7

[6] Cfr. Mar. 2:9-12

[7] 2 Cor. 5:19

[8] 2 Cor. 5:20

[9] Mar. 1:5

[10] Atti 19:18

[11] Giac. 5:16

[12] Giov. 11:44

[13] Giov. 20:23

[14] Atti 10:43

[15] Giac. 5:16

[16] Luca 17:3,4

[17] Matt. 18:18

[18] Matt. 16:18