L’ordine

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La dottrina dei teologi papisti

L’ordine è il sacramento con cui il prete riceve la potestà di ministrare l’eucarestia e di rimettere i peccati. Il prete che lo riceve non può sposarsi. Ci sono otto ordini nella Chiesa; quattro minori e quattro maggiori. Poi ci sono i cardinali, ed infine il papa; questa è la gerarchia ecclesiastica istituita da Cristo nella sua Chiesa.

L’Ordine è il Sacramento che dà la potestà di compiere le azioni sacre riguardanti l’Eucarestia e la salute delle anime, e imprime il carattere di ministri di Dio’.[1] Il significato di queste parole è che questo sacramento conferisce, a chi lo riceve, la potestà di ‘celebrare la S. Messa, di rimettere i pecca­ti, ecc.’.[2] ‘Ministro dell’Ordine è il Vescovo, che dà lo Spirito Santo e la potestà sacra coll’imporre le mani e consegnare gli oggetti sacri propri dell’Ordine, dicendo le parole della forma prescritta’;[3] ‘Amministrando l’Ordine, il Vescovo impone le mani all’ordinando per esprimere che diviene cosa di Dio, e gli consegna gli oggetti sacri propri dell’Ordine, che pel prete sono il calice col vino e la patena coll’ostia, dicendo le parole della forma prescritta che pel prete sono: ‘Ricevi la potestà di offrire a Dio il Sacrificio pei vivi e pei morti.. Ricevi lo Spirito Santo; saranno perdonati i peccati a chi tu li perdonerai; e saranno ritenuti a chi tu li riterrai’.[4] Per sostenere il sacramento dell’ordine Bartmann afferma questo: ‘Cristo ha trasmesso agli Apostoli il potere di offrire il sacri­ficio e di perdonare i peccati e gli Apostoli l’hanno esercitato subito fin dall’inizio. Tuttavia non si può dimostrare che Cristo si sia servito di un rito esteriore per trasmettere tali poteri. Ciò d’altra parte non era necessario, perché Cristo non è legato ai suoi sacramenti; egli poteva produrne l’effetto con un sempli­ce atto di volontà. Ha però prescritto un rito per questa tra­smissione ai discepoli; lo prova il fatto che essi hanno subito adoperato tale rito – la preghiera e l’imposizione delle mani – il cui effetto era la comunicazione della grazia’,[5] e poi cita gli esempi dei sette diaconi i quali furono presentati agli apostoli i quali dopo avere pregato imposero loro le mani, l’esempio di Barnaba e Saulo ad Antiochia che ricevettero l’imposizione delle mani, degli anziani fatti eleggere da Paolo e Barnaba, dopo avere pregato e digiunato, al ritorno del loro viaggio missionario, e quello di Timoteo che aveva ricevuto il dono di Dio per l’imposi­zione delle mani di Paolo, e un dono quando gli furono imposte le mani dal collegio degli anziani.

Anche qui il concilio tridentino ha lanciato i suoi anatemi contro chi non accetta questo rito; tre di questi dicono: ‘Se qualcuno dirà che nel nuovo Testamento non vi è un sacerdozio visibile ed esteriore, o che non vi è alcun potere di consacrare e di offrire il vero corpo e sangue del Signore, di rimettere o di ritenere i peccati (….) sia anatema’,[6] ‘Se qualcuno dirà che l’ordine, cioè la sacra ordinazione, non è un sacramento in senso vero e proprio, istituito da Cristo signore (…) sia anatema’,[7] ‘Se qualcuno dirà che con la sacra ordinazione non viene dato lo Spirito santo, e che quindi, inutilmente il vescovo dice: Ricevi lo Spirito santo, o che con essa non si imprime il carattere o che chi sia stato una volta sacerdote possa di nuovo diventare laico, sia anatema’.[8] Quindi, per riassumere, i vescovi cattolici in virtù della suc­cessione apostolica, sono i successori degli apostoli, ed hanno quindi l’autorità di ordinare dei preti e dei diaconi e così via, e la loro ordinazione conferisce il carattere indelebile di ministro di Dio.

Ai preti e ai diaconi è imposto il celibato. Vediamo innanzi tutto come il celibato forzoso è stato introdotto nella Chiesa e poi qual’è la dottrina vigente sul celibato nella chiesa romana. Nella Chiesa primitiva non era affatto imposto il celibato né ai vescovi e neppure ai diaconi; anzi bisogna dire che uno dei requisiti che dovevano avere coloro che volevano essere assunti in questi uffici sacri era appunto quello di essere mariti di una sola moglie e di governare bene la propria famiglia. Ma pian piano in mezzo alla Chiesa facendosi strada la dottrina che la cena del Signore era pure il rinnovamento del sacrificio di Cristo, e che i presbiteri quando celebravano l’eucaristia offrivano a Dio la vittima immolata (il corpo di Cristo) per i loro stessi pecca­ti e per quelli del popolo, si fece strada anche l’idea che i presbiteri sposati prima di celebrare l’eucarestia dovevano astenersi dai rapporti coniugali con le loro mogli per presentar­si puri all’eucaristia. Questa idea era sostenuta mediante l’esempio dei sacerdoti leviti sotto l’Antico Testamento, i quali, secondo la legge di Mosè, non potevano accostarsi alle cose sante in stato d’impurità, pena la morte, secondo che è scritto: “Qualunque uomo della vostra stirpe che nelle vostre future generazioni, trovandosi in stato d’impurità, s’accosterà alle cose sante che i figliuoli d’Israele consacrano all’Eterno, sarà sterminato dal mio cospetto”,[9] perché così facendo avrebbero profanato le cose sante. Essi dopo avere avuto rapporti coniugali con le loro mogli (e quindi dopo essersi resi impuri) potevano mangiare delle cose sante solo dopo essersi lavati nell’acqua, e dopo il tramonto del sole secondo che è scritto: “La persona che avrà avuto di tali contatti sarà impura fino alla sera, e non mange­rà delle cose sante prima d’essersi lavato il corpo nell’acqua; dopo il tramonto del sole sarà pura, e potrà poi mangiare delle cose sante, perché sono il suo pane”.[10] E’ chiaro che quando l’eucaristia cominciò ad essere celebrata dai preti ogni giorno si finì coll’imporre l’astensione totale dai rapporti carnali con le mogli a coloro che erano già sposati. Questo risulta dai seguenti canoni del concilio di Elvira (= Granada) del 306: ‘Ai vescovi, ai preti e ai diaconi che vengono trovati colpevoli di incontinenza durante il periodo del loro ministerio non si deve nemmeno permettere di ricevere la comunio­ne prima della morte, dato lo scandalo di una colpa così palese’;[11] ‘I vescovi, i preti e in generale tutti i chierici che devono compiere un servizio all’altare devono astenersi dai rapporti coniugali con le loro mogli e non è loro permesso generare dei figli. Se contravvengono a quanto detto essi perdono il diritto alla loro posizione gerarchica’.[12] Tutto ciò portò di conseguenza a questo; che coloro che erano sposati venivano ammessi all’ordinazione con il consenso della moglie che si distaccava dal marito, e che si cominciarono a cercare giovani disposti a farsi sacerdoti rimanendo celibi. Gregorio VII impose il celibato nel sinodo Romano del 1073. La legge del celibato fu ripetuta dal concilio Lateranense I del 1123 in questi termini: ‘Noi interdiciamo assolutamente ai preti, ai diaconi, ai suddiaconi e ai monaci di avere delle concubine o di contrarre matrimonio…’,[13] e confermata poi dal Lateranense II nell’anno 1139. Questi concili dichiararono nulli i matrimoni contratti dai chierici in sacris, creando così il cosiddetto impedimento dirimente dell’ordine sacro. Anche il concilio di Trento (1545-1563) ha confermato ulterior­mente il celibato forzoso; e lo ha fatto lanciando il seguente anatema: ‘Se qualcuno dirà che i chierici costituiti negli ordini sacri o i religiosi che hanno emesso solennemente il voto di castità, possono contrarre matrimonio, e che questo, una volta contratto, sia valido, non ostante la legge ecclesiastica o il voto, e che sostenere l’opposto non sia altro che condannare il matrimonio; e che tutti quelli che sentono di non avere il dono della castità (anche se ne hanno fatto il voto) possono contrarre matrimonio, sia anatema. Dio, infatti, non nega questo dono a chi lo prega con retta intenzione e non permette che noi siamo tenta­ti al di sopra di quello che possiamo’.[14] L’imposizione del celibato ai chierici è stata confermata da Paolo VI nell’enciclica Sacerdotalis coelibatus del Giugno 1967, e dopo di lui anche da Giovanni Paolo II nelle sue cateche­si alle udienze generali. La dottrina cattolica sul celibato dei preti e dei diaconi è esposta dal Codice di diritto canonico in questi termini: ‘Il promuovendo al diaconato permanente, che non sia sposato, e così pure il promuovendo al presbiterato, non siano ammessi all’ordine del diaconato se non hanno assunto, mediante il rito prescritto pubblicamente davanti a Dio e alla Chiesa, l’obbligo del celibato oppure non hanno emesso i voti perpetui in un isti­tuto religioso’;[15] ‘I chierici sono tenuti all’obbligo di osservare la continenza perfetta e perpetua per il regno dei cieli, perciò, sono vincolati al celibato, ché è un dono particolare di Dio…’.[16] Quindi riassumendo, il matrimonio, nella chiesa cattolica di rito latino, dopo l’ordinazione è vietato contrarlo sia ai preti che ai diaconi. Nelle chiese di rito orientale, invece, c’è una differenza infatti, pur rimanendo l’obbligo per i preti e i diaconi celibi di non sposarsi dopo la loro ordinazione; in esse ha valore il matrimo­nio contratto sia dai preti che dai diaconi prima della loro ordinazione. Quando però un prete sposato diventa vescovo allora il matrimonio deve terminare e la moglie entrare in convento.

Secondo il catechismo cattolico nella Chiesa c’é una gerarchia ecclesiastica costituita da tutti i gradi dei sacri ministri tra loro debitamente subordinati sino al supremo che è il papa.[17] Essi dicono che come in uno Stato vi sono diversi gradi di autorità così anche nella Chiesa vi sono vari gradi che sono uno subordi­nato all’altro. Vediamo ora quali sono questi gradi gerarchici secondo la teolo­gia romana:

1) Gli ordini minori:

a) ostiariato,

b) lettorato,

c) esorcistato

d) accolitato.

Si dicono minori perché inferiori e perché dispongono più remota­mente al sacerdozio; i loro uffici sono ora in gran parte eserci­tati da sacrestani e dai chierichetti.

2) Gli ordini maggiori: Il suddiaconato e il diaconato che prepa­rano prossimamente al sacerdozio, il presbiterato e l’episcopato.

a) Il suddiacono si vincola alla chiesa coll’obbligo che assume di recitare il divino ufficio e..canta l’epistola nella messa solen­ne.

b) Il diacono riceve il potere di assistere immediatamente il sacerdote che offre il santo sacrificio, di predicare, comunica­re, e nella messa solenne canta il vangelo, ecc. Secondo il Codice di diritto canonico può aspirare al diaconato permanente anche un uomo sposato, ma solo dopo avere compiuto i 35 anni di età e con il consenso della moglie.[18]

c) Il presbiterato o sacerdozio, che dà le due facoltà essenziali; consacrare l’eucarestia e rimettere i peccati. I sacerdoti vengo­no consacrati dal vescovo.

d) L’episcopato o vescovato, che è la pienezza del sacerdozio, che dà la potestà di conferire gli ordini sacri, di consacrare il crisma e l’olio dell’estrema unzione, di ammaestrare e governare. ‘Per l’ordinazione legittima di un vescovo, oggi è richiesto un intervento speciale del Vescovo di Roma, per il fatto che egli è il supremo vincolo visibile della comunione delle Chiese partico­lari nell’unica Chiesa e il garante della loro libertà’.[19] Ogni 5 anni il vescovo diocesano deve presentare al papa una relazione sullo stato della diocesi.

Questi qua sopra sono gli otto ordini; occorre dire però che i primi quattro ordini assieme al suddiaconato non sono riconosciu­ti dalla maggiore parte dei teologi cattolici romani come ordini sacramentali. Difat­ti, ‘nella loro amministrazione manca l’imposizione delle mani e l’invocazione dello Spirito Santo in una preghiera sacramentale’,[20] e ‘sono stati e sono ancora conferiti, in forza di una delegazio­ne papale, da ministri non vescovi’.[21]

Questi sono i gradi gerarchici fino al vescovo. E per chi non li riconosce il concilio tridentino ha detto: ‘Se qualcuno dice che nella chiesa cattolica non vi è una gerarchia istituita per disposizione divina, e formata di vescovi, sacerdoti e ministri, sia anatema’.[22]

Dato che siamo in tema di gerarchia ricordiamo anche che oltre a costoro vi sono pure i cardinali che sono creati dal papa, i quali sono i suoi più alti collaboratori e suoi consi­glieri. Il loro numero era stato fissato da Sisto V a settanta, ma Paolo VI lo ha ampliato portandolo a oltre cento. Il papa viene scelto appunto tra il numero dei cardinali[23] e dai cardinali stessi (riuniti in conclave; termine che deriva dal latino cum clave che significa ‘chiuso a chiave’ e designa l’ambiente chiuso in cui si riuniscono i cardinali per l’elezione del nuovo papa)[24] perché il Codice di diritto canonico dice: ‘I Cardinali di Santa Romana Chiesa costituiscono un Collegio peculiare cui spetta provvedere all’elezione del Romano Pontefice, a norma del diritto peculiare..’.[25] Ed infine vi è il papa, che è il grado più alto della gerarchia.

Ecco quali sono i gradi gerarchici esistenti in seno alla chiesa romana!

 


[1] Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 556

[2] Ibid., pag. 556

[3] Ibid., pag. 557

[4] Ibid., pag. 558

[5] Bernardo Bartmann, op. cit., pag. 347

[6] Concilio di Trento, Sess. XXIII, can. 1

[7] Concilio di Trento, Sess. XXIII, can. 3

[8] Concilio di Trento, Sess. XXIII, can. 4

[9] Lev. 22:3

[10] Lev. 22:6,7

[11] Concilio di Elvira, can. 18; citato da Fausto Salvoni in Dal cristianesimo al cattolicesimo I, Genova 1974, pag. 107-108

[12] Concilio di Elvira, can. 33; citato da Fausto Salvoni in op. cit., pag. 108

[13] Concilio Lateranense I, can. 21

[14] Concilio di Trento, Sess. XXIV, can. 9

[15] Codice di diritto canonico, Roma 1984, can. 1037

[16] Ibid., can. 277 – § 1

[17] Gerarchia è una parola greca che significa ‘sacro principato’. Coloro che ne fanno parte vengono detti chierici (da una parola greca che significa ‘sorte’), tutti gli altri invece vengono chiamati laici (da una parola greca che significa ‘popolo’).

[18] Ibid., can. 1031

[19] Catechi­smo della chiesa cattolica, 1992, pag. 400. Il candidato all’episcopato deve, tra le altre cose, avere almeno 35 anni di età ed essere da almeno 5 anni prete. Il vescovo è a capo di una diocesi che è composta di tante parrocchie affidate ai preti.

[20] Bernardo Bartmann, op. cit., pag. 349

[21] Ibid., pag. 360

[22] Concilio di Trento, Sess. XXIII, can. 6

[23] I cardinali sono degli elementi di primario valore nella curia papale. Ogni cardinale è ‘un principe ereditario’ perché è un potenziale futuro papa e dovunque si reca è oggetto di grandi onori. La curia papale è composta dalla Segreteria di Stato, dal Consiglio per gli affari pubblici della chiesa, dalle Congregazioni, dai Tribunali e da altri organismi. I primi due dicasteri sono quelli che collaborano di più con il papa sia per gli affari ecclesiastici sia per quelli diplomatici. Le Congregazioni (che sono delle commissioni stabili che assistono il papa, che fanno sostanzialmente capo alla Segreteria di Stato e in ognuna delle quali c’è un cardinale in veste di prefetto, assistito da un segretario e da un sottosegretario) sono: la Congregazione per la Dottrina della Fede (una volta chiamata, prima Santa Inquisizione e poi Sant’Ufficio) che si occupa della difesa della fede cattolica contro ogni dottrina o interpretazione che possa contaminarla; la Congregazione per le chiese orientali (sovrintende tutto quanto riguarda le diocesi di rito orientale); la Congregazione per i vescovi (nomina vescovi e prelati); la Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti (si occupa della disciplina dei sacramenti e della liturgia della chiesa di rito latino); la Congregazione per il clero (sovrintende al patrimonio artistico delle cosiddette chiese e provvede all’assistenza di preti vecchi e malati); la Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica (sovrintende alla disciplina, agli studi e in pratica alla vita quotidiana dei preti, dei frati e delle suore, promuovendo rinnovamenti anche nell’abito); la Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli o ‘De Propaganda Fide’ (si occupa della diffusione del cattolicesimo nel mondo, presiede al governo delle missioni, reclutando missionari, raccogliendo e gestendo i fondi relativi); la Congregazione per le cause dei santi (esamina le cause di beatificazione e canonizzazione, controllando prove, testimonianze, miracoli inviando poi la documentazione al papa per la decisione finale); la Congregazione per l’educazione cattolica (presiede a tutte le scuole per la formazione della gioventù laica soggetta all’autorità ecclesiastica).
A queste congregazioni vanno aggiunti il Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei Cristiani (che si occupa del dialogo ecumenico con i cosiddetti fratelli separati) che prima si chiamava Segretariato per l’Unione dei Cristiani; il Pontificio consiglio per il dialogo inter-religioso (che si occupa di favorire le relazioni amichevoli della chiesa cattolica verso i seguaci delle religioni non cristiane); ed altri Consigli Pontifici.
I Tribunali sono tre: il Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica (il tribunale supremo della chiesa; è una sorta di Corte di Cassazione della chiesa); il Tribunale della Rota Romana (il tribunale che tratta tutte le questioni riguardanti la nullità dei matrimoni); la Penitenzieria apostolica (che sovrintende a tutto ciò che spetta alle concessioni e all’uso delle indulgenze).
Ci sono poi anche le Commissioni, i Comitati, e poi gli Uffici amministrativi e le Istituzioni culturali (che tralascio di menzionare singolarmente).

[24] Anticamente il vescovo di Roma era eletto dai preti in unione con i fedeli. Poi col passare del tempo, dato che la Chiesa finì con l’allearsi con il potere civile per avere privilegi e protezione, avvenne che le autorità civili si intromisero nell’elezione del papa. In alcuni casi fu l’imperatore ad eleggere il papa direttamente o indirettamente, facendo più o meno gli interessi dei nobili di Roma; altre volte il controllo sull’elezione lo prese il Senato della città, o un sovrano; venne meno così la partecipazione del popolo. Nel 1059 Nicolò II con la bolla In nomine Domini decretò che sarebbero stati i cardinali vescovi a scegliere il papa; gli altri porporati (i cardinali non vescovi) avrebbero dato la loro adesione. Il basso clero e il popolo avrebbero poi dato il loro consenso. Alessandro III dal 1179 estese il privilegio di eleggere il papa a tutti i cardinali cioè anche a quelli che non erano vescovi. Oltre a ciò questo papa stabilì che per essere eletti papa occorreva ricevere due terzi dei voti del collegio cardinalizio; regola che tuttora è vigente. Ma non è che i sovrani smisero di interferire nelle elezioni dei papi. Basti considerare per esempio che durante il conclave del 1903 per eleggere il successore di Leone XIII avvenne che un giorno ‘appena aperta la riunione, il cardinale Puzyna si alzò dal suo tronetto e leggendo uno scritto precedentemente stilato, dichiarò che l’imperatore d’Austria e Ungheria, Francesco Giuseppe, usando un suo antico privilegio metteva il veto all’elezione del cardinale Rampolla’ (che era il cardinale che negli scrutini aveva ricevuti più voti degli altri e pareva avviato alla vittoria). Queste cose le scrisse in un diario il cardinale Domenico Svampa, arcivescovo di Bologna, che fu presente a quel conclave. Sempre questo cardinale scrisse che durante quel conclave ricevette da Mosca un telegramma in un italiano incerto, firmato da Arturo Tchrep Spiridovitch, presidente della Società slava, che diceva: ‘Avendo fedeli agenti in tutte le città slave, ho l’onore di avvertire, come ferventissimo cattolico, che l’elezione a Santo Pontefice fra i cardinali protettori di Germania produrrà la rivolta di trenta milioni slavi cattolici. Tanto è grande l’ira contro tedeschi nemici mortali degli slavi’. Dopo l’intervento dell’imperatore austriaco avvenne che i cardinali temendo di perdere l’appoggio della più forte monarchia cattolica elessero papa il cardinale Sarto che prese il nome di Pio X. Quando poi stava per scoppiare la prima guerra mondiale in cui l’Austria avrebbe combattuto contro la Serbia, Pio X non nascose il suo appoggio e le sue simpatie verso l’impero austriaco. Ci sono diverse testimonianze che lo attestano chiaramente. Cito solo una di queste: il rappresentante della Baviera in Vaticano, barone von Pitter, il 26 luglio del 1914 informò Monaco dicendo: ‘Il papa consente una decisa azione dell’Austria contro la Serbia… il cardinale segretario di Stato esprime la speranza che questa volta l’Austria non farà concessioni’.
Ancora oggi come nel passato, quando si tratta di eleggere un nuovo papa da parte dei cardinali avvengono in conclave manovre di ogni genere da parte delle differenti fazioni cardinalizie perché ogni fazione ha i suoi particolari interessi politici o finanziari nel volere l’elezione di un determinato papa e cerca di ottenerla in ogni maniera. Quando fu eletto Paolo VI per esempio, il cardinale Testa, appena uscito dal conclave affermò: ‘Sono accadute cose orripilanti’. Al popolo però viene fatto credere che l’elezione di ogni nuovo papa sia avvenuta per ispirazione dello Spirito Santo.
Per quanto riguarda le ‘fumate’ che escono dal fumaiolo sovrastante il tetto della cappella Sistina e che fanno capire alla folla riunita nella piazza S. Pietro l’esito delle votazioni, va detto che il fumo viene dalle schede usate nella votazione che vengono bruciate. Quando si ha una votazione nulla (cioè che nessun candidato ha raggiunto il quorum dei due terzi dei voti) il cardinale incaricato di bruciare le schede vi aggiunge della paglia umida ed in questo caso si ha la ‘fumata nera’; quando invece è stato eletto il nuovo papa allora brucia solo le schede ed in questo caso si ha la ‘fumata bianca’.

[25] Codice di diritto canonico, can. 349.