I sacramenti

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La dottrina dei teologi papisti

I sacramenti sono segni efficaci della grazia istituiti da Cristo, sono sette e conferiscono la grazia che rappresentano.

Secondo i teologi papisti ‘i Sacramenti sono segni efficaci della grazia, istituiti da Gesù Cristo per santificar­ci’.[1] Ma qual’è il significato di queste parole? Questo: ‘I Sacramenti sono segni della grazia, perché con la parte sensibile che hanno, significano o indicano quella grazia invisibile che conferiscono; e ne sono segni efficaci, perché significando la grazia realmente la conferiscono’.[2]

Ma quali sono per la chiesa romana questi sacramenti istituiti da Gesù Cristo? Questi: Il battesimo, la confermazione, l’euca­restia, la penitenza, l’estrema unzione, l’ordine e il matrimo­nio, quindi sono sette.[3]

E per chi non li accetta tutti e ne nega l’efficacia ci sono i seguenti anatemi: ‘Se qualcuno afferma che i sacramenti della nuova legge non sono stati istituiti tutti da Gesù Cristo, nostro signore, o che sono più o meno di sette, e cioè: il battesimo, la confermazione, l’eucarestia, la penitenza, l’estrema unzione, l’ordine e il matrimonio, o anche che qualcuno di questi sette non è veramente e propriamente un sacramento; sia anatema’;[4] ‘Se qualcuno afferma che i sacramenti della nuova legge non contengono la grazia che significano, o che non conferiscono la stessa grazia a quelli che non frappongono ostacolo, quasi che essi siano solo segni esteriori della grazia o della giustizia già ricevuta mediante la fede, o note distintive della fede cristiana, per cui si distinguono nel mondo i fedeli dagli infedeli; sia anatema’.[5]

 


[1] Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 430

[2] Ibid., pag. 430

[3] La dottrina dei sette sacramenti risale al dodicesimo secolo quando Pietro Lombardo nelle sue sentenze enumerò i sette sacramenti. Per questo i teologi papisti non possono provare né con le Scritture e neppure con gli scritti dei loro padri (Agostino, Girolamo, ecc.) questa dottrina. Hanno però come al solito giustificato la mancanza di tali conferme con l’ennesimo sofisma. Il Bartmann per esempio afferma che ‘la ragione più profonda della deficienza nelle fonti cristiane primitive e patristiche circa il numero settenario dei sacramenti, ed anche circa una qualsiasi enumerazione di essi, consiste evidentemente nella mancanza di una elaborazione sistematica della dottrina sacramentale..’ (Bernardo Bartmann, Teologia dogmatica, vol. III, pag. 62). In altre parole gli apostoli (ed anche i cosiddetti padri della Chiesa) non avrebbero esposto la dottrina dei sette sacramenti perché non la elaborarono in maniera sistematica come fecero poi i sommi dottori papisti dal dodicesimo secolo in poi!

[4] Concilio di Trento, Sess. VII, can. 1. Facciamo notare che questo anatema colpisce persino alcuni cosiddetti padri della Chiesa come Ambrogio, Agostino e Crisostomo per i quali i sacramenti non erano sette ma meno.

[5] Concilio di Trento, Sess. VII, can. 6. A proposito del conferimento della grazia da parte dei sacramenti i teologi papisti usano l’espressione ex opere operato che viene spiegata dal Bartmann in questi termini: ‘I sacramenti operano non in virtù della santità di chi li amministra o dello sforzo morale e religioso di chi li riceve, ma ‘per intrinseca virtù, in quanto sono azioni di Cristo stesso, che comunica e diffonde la grazia del Capo divino nelle membra del Corpo mistico (Enc. Mediator Dei)’ (Bernardo Bartmann, op. cit., pag. 36). Ecco perché nella chiesa cattolica il battesimo viene ministrato ai neonati che non possono ancora capire o credere, e perché l’assoluzione e l’estrema unzione vengono date anche a coloro che sono ormai già privi di sensi; perché viene insegnato che quelle azioni conferiscono di per sé la grazia senza il bisogno dell’assenso di chi li riceve. E contro chi non accetterà questa dottrina c’è il seguente anatema tridentino: ‘Se qualcuno afferma che con i sacramenti della nuova legge la grazia non viene conferita ex opere operato, ma che è sufficiente la sola fede nella divina promessa per conseguire la grazia; sia anatema’ (Concilio di Trento, Sess. VII, can. 8).