Il decreto del concilio Vaticano II sull’ecumenismo

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Propongo ora alla vostra attenzione alcuni passaggi del decreto su l’ecumeni­smo del concilio Vaticano II datato 21 Novembre 1964, decreto che per molti costituisce una svolta storica della chiesa romana perché essa per mezzo di esso si è dichiarata aperta al dialogo con ‘le altre chiese cristiane’ per ristabilire l’unità dei Cristiani abbandonando così la sua posizione passata. Anche da parte nostra riconosciamo che una svolta si è realmente verificata nell’ambito della chiesa cattolica perché essa si è messa a dialogare con quelli che ella ora chiama ‘i fratelli separati’; ma tutto qui, perché nella sostanza la chiesa romana non ha affatto rotto con il passato ma è rimasta la stessa dei secoli passati. Per questo siamo d’accordo con le seguenti parole del cardinale Gabriel-Marie Garrone (che partecipò al concilio Vaticano II) da lui dette nel 1985, secondo le quali quanto emerge dal Vaticano II talora ‘non sottolinea in modo adeguato l’elemento di continuità con il passato. Qualcuno vi potrebbe leggere addirittura un rifiuto delle concezioni precedenti. Mentre non vi è nulla di più falso che leggere il Concilio in chiave di rottura con il passato’.[1] Ma veniamo alle parole del decreto su l’ecumenismo.[2]

‘Il ristabilimento dell’unità da promuoversi fra tutti i cristia­ni è uno dei principali intenti del sacro concilio ecumenico Vaticano secondo. Da Cristo Signore la chiesa è stata fondata una e unica, eppure molte comunioni cristiane propongono se stesse agli uomini come la vera eredità di Gesù Cristo; tutti asserisco­no di essere discepoli del Signore, ma la pensano diversamente e camminano per vie diverse, come se Cristo stesso fosse diviso. Tale divisione contraddice apertamente alla volontà di Cristo, ed é di scandalo al mondo e danneggia la santissima causa della predicazione del vangelo a ogni creatura. Il Signore dei secoli, che con sapienza e pazienza persegue il disegno della sua grazia verso di noi peccatori, in questi ultimi tempi ha incominciato a effondere con maggiore abbondanza nei cristiani tra loro separati l’interiore ravvedimento e il deside­rio dell’unione. Moltissimi uomini in ogni parte del mondo sono stati toccati da questa grazia, e anche tra i nostri fratelli separati è sorto, per impulso della grazia dello Spirito santo, un movimento ogni giorno più ampio per il ristabilimento dell’unità di tutti i cristiani. A questo movimento per l’unità, chiamato ecumenico, partecipano quelli che invocano la Trinità e professano la fede in Gesù signore e salvatore, e non solo singo­le persone separatamente ma anche riunite in gruppi, nei quali hanno ascoltato il vangelo e che i singoli dicono essere la chiesa loro e di Dio. Quasi tutti però, anche se in modo diverso, aspirano alla chiesa di Dio una e visibile, che sia veramente universale e mandata a tutto il mondo, perché il mondo si conver­ta al vangelo e così si salvi per la gloria di Dio[3] (…) E il Fi­glio, prima di offrirsi vittima immacolata sull’altare della croce, pregò il Padre per i credenti, dicendo: “Perché tutti siano uno, come tu, o Padre, sei in me e io in te, anch’essi siano uno in noi, cosicché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv. 17:21), e istituì nella sua chiesa il mirabile sacramento dell’eucarestia, dal quale l’unità della chiesa é simboleggiata e prodotta (…) Per stabilire dovunque fino alla fine dei secoli questa sua chiesa santa, Cristo affidò al collegio dei dodici la funzione di insegnare, di reggere e di santificare. Tra di loro scelse Pietro, sopra il quale, dopo la sua confessione di fede, decise di edificare la sua chiesa; a lui promise le chiavi del regno dei cieli e, dopo la sua professione di amore, affidò tutte le sue pecore perché le confermasse nella fede e le pascesse nella perfetta unità, restando lo stesso Cristo Gesù la somma pietra angolare e il pastore delle anime nostre in eterno. Gesù Cristo per mezzo della fedele predicazione del Vangelo, dell’am­ministrazione dei sacramenti e del governo esercitato nell’amore da parte degli apostoli e dei loro successori, cioè i vescovi con a capo il successore di Pietro, sotto l’azione dello Spirito santo, vuole che il suo popolo cresca e sia perfezionata la sua comunione nell’unità: nella confessione di una sola fede, nella comune celebrazione del culto divino e nella fraterna concordia della famiglia di Dio (…..) In questa chiesa di Dio una e unica sono sorte fino dai primissimi tempi alcune scissioni, che l’apo­stolo riprova con gravi parole come degne di condanna; ma nei secoli posteriori sono nati dissensi più ampi e comunità non piccole si sono staccate dalla piena comunione della chiesa cattolica, talora non senza colpa di uomini d’entrambi le parti. Quelli poi che ora nascono e sono istruiti nella fede in Cristo in tali comunità non possono essere accusati del peccato di separazione, e la chiesa cattolica li abbraccia con fraterno rispetto e amore. Quelli infatti che credono in Cristo e hanno ricevuto debitamente il battesimo sono costituiti in una certa comunione, sebbene imperfetta, con la chiesa cattolica. Non v’è dubbio che, per le divergenze che in vari modi esistono tra loro e la chiesa cattolica, sia nel campo della dottrina e talora anche della disciplina, sia circa la struttura della chiesa, impedimenti non pochi, e talvolta proprio gravi, si oppongono alla piena comunione ecclesiastica, al superamento dei quali tende appunto il movimento ecumenico. Nondimeno, giustificati nel battesimo della fede, sono incorporati a Cristo e perciò sono a ragione insigniti del nome di cristiani e dai figli della chiesa cattolica sono giustamente riconosciuti come fratelli nel Signo­re (….) Perciò le stesse chiese e comunità separate, quantunque crediamo che abbiano delle carenze, nel mistero della salvezza non sono affatto spoglie di significato e di peso. Poiché lo Spirito di Cristo non ricusa di servirsi di esse come di strumen­ti di salvezza, il cui valore deriva dalla stessa pienezza della grazia e della verità che è stata affidata alla chiesa cattolica. Tuttavia i fratelli da noi separati, sia presi singolarmente sia le loro comunità e chiese, non godono di quella unità, che Gesù Cristo ha voluto elargire a tutti quelli che ha rigenerato e vivificato insieme per un solo corpo e per una vita nuova; unità che le sacre scritture e la veneranda tradizione della chiesa apertamente dichiarano. Infatti, solo per mezzo della cattolica chiesa di Cristo, che è lo strumento generale della salvezza, si può ottenere tutta la pienezza dei mezzi di salvezza. In realtà al solo collegio apostolico con a capo Pietro crediamo che il Signore ha affidato tutti i beni della nuova alleanza, per costi­tuire l’unico corpo di Cristo sulla terra, al quale bisogna che siano pienamente incorporati tutti quelli che già in qualche modo appartengono al popolo di Dio (…) Per ‘movimento ecumenico’ si intendono le attività e le iniziative che, a seconda delle varie necessità della chiesa e l’opportunità dei tempi, sono suscitate e ordinate a promuovere l’unità dei cristiani, come sono: in primo luogo, tutti gli sforzi per eliminare parole, giudizi e opere che non rispecchiano con equità e verità la condizione dei fratelli separati e perciò rendono più difficili le mutue rela­zioni con essi; poi, nei congressi che si tengono con intento e spirito religioso tra i cristiani di diverse chiese o comunità, il ‘dialogo’ avviato tra esponenti debitamente preparati, nel quale ognuno espone più a fondo la dottrina della propria comuni­tà e ne presenta con chiarezza le caratteristiche. Infatti con questo dialogo tutti acquistano una conoscenza più vera e una più giusta stima della dottrina e della vita di entrambe le comunio­ni, e inoltre quelle comunioni conseguono una più ampia collabo­razione in qualsiasi servizio richiesto da ogni coscienza cri­stiana per il bene comune e, nel modo come è permesso, si raduna­no per pregare insieme (…) I fedeli cattolici nell’azione ecumenica devono senza dubbio essere solleciti dei fratelli separati, pregando per loro, comunicando a loro le cose della chiesa, facendo i primi passi verso di loro. Ma innanzi tutto devono essi stessi con sincerità e diligenza considerare ciò che deve essere rinnovato e fatto nella stessa famiglia cattolica, affinché la sua vita renda una testimonianza più fedele e più chiara della dottrina e delle istituzioni tramandate da Cristo per mezzo degli apostoli. Benché infatti la chiesa cattolica sia stata arricchita da Dio di tutta la verità rivelata e di tutti i mezzi della grazia, tuttavia i suoi membri non se ne servono per vivere con tutto il dovuto fervore, per cui il volto della chiesa meno rifulge davan­ti ai fratelli da noi separati e al mondo intero e la crescita del regno di Dio ne è ritardata. Perciò tutti i cattolici devono tendere alla perfezione cristiana e sforzarsi, ognuno secondo la sua condizione, perché la chiesa, portando nel suo corpo l’umiltà e la mortificazione di Cristo, vada di giorno in giorno purifi­candosi e rinnovandosi, fino a che Cristo se la faccia comparire innanzi risplendente di gloria, senza macchia né ruga.[4] (…) Ecumeni­smo vero non c’è senza interiore conversione; poiché il desiderio dell’unità nasce e matura dal rinnovamento della mente, dall’ab­negazione di se stessi e dalla liberissima effusione della cari­tà (…) In alcune speciali circostanze, come sono le preghiere che vengono indette ‘per l’unità’, e nei congressi ecumenici è leci­to, anzi desiderabile che i cattolici si associno nella preghiera con i fratelli separati. Queste preghiere in comune sono senza dubbio un mezzo molto efficace per impetrare la grazia dell’uni­tà, sono una genuina manifestazione dei vincoli, con i quali i cattolici sono ancora uniti con i fratelli separati (….) I cattoli­ci debitamente preparati devono acquistare una migliore conoscen­za della dottrina e della storia, della vita spirituale e litur­gica, della psicologia religiosa e della cultura, propria dei fratelli. A questo scopo molto giovano i congressi, con la parte­cipazione di entrambe le parti, per discutere specialmente su questioni teologiche, dove ognuno tratti da pari a pari, purché quelli che vi partecipano sotto la vigilanza dei vescovi siano veramente competenti (…..) Inoltre nel dialogo ecumenico i teologi cattolici, restando fedeli alla dottrina della chiesa, nell’inve­stigare con i fratelli separati i divini misteri devono procedere con amore della verità, con carità e umiltà. Nel mettere a con­fronto le dottrine si ricordino che esiste un ordine o ‘gerarchia’ nelle verità della dottrina cattolica, essendo diverso il loro nesso col fondamento della fede cristiana. Così si preparerà la via, nella quale, per mezzo di questa fraterna emulazione, tutti saranno spinti verso una più profonda conoscenza e una più chiara manifestazione delle insondabili ricchezze di Cristo.[5] (…) Le comuni­tà ecclesiali da noi separate, quantunque manchi la loro piena unità con noi derivante dal battesimo e quantunque crediamo che esse, specialmente per la mancanza del sacramento dell’ordine, non hanno conservata la genuina e integra sostanza del mistero eucaristico, tuttavia, mentre nella santa cena fanno memoria della morte e della risurrezione del signore, professano che nella comunione di Cristo è significata la vita e aspettano la sua venuta gloriosa. Bisogna quindi che la dottrina circa la cena del Signore, gli altri sacramenti, il culto e i ministeri della chiesa costituiscano l’oggetto del dialogo’.[6]

Come potete vedere noi ci troviamo davanti ad un documento dove l’errore è mescolato abilmente alla verità; e dove le menzogne, la falsità e le ipocrisie sono presentate con dolcezza e lusinghe dalla curia romana. Notate come nelle suddette parole venga ribadito che la chiesa cattolica romana è la Chiesa costituita da Cristo perché possiede il successore di Pietro e i successori degli apostoli, cioè i vescovi; e poi anche perché possiede tutti i mezzi della grazia, cioè i sacramenti tramite cui viene conferita la grazia agli uomini, e che l’unità dei Cristiani passa obbligatoriamente per essa. Questo basta per capire che in effetti la chiesa cattolica romana è la stessa di secoli fa, perché – anche se talvolta in maniera un pò diversa di quanto faceva un tempo – continua a ritenere di essere il punto di riferimento per tutti i Cristiani, e che quindi in realtà essa non è per nulla a favore dell’ecumenismo vero, ma è solo intenta a procacciare il suo dominio temporale e ad imporre la sua volontà agli altri. Lei è la madre delle chie­se, tutte le altre sono sue figlie e perciò quest’ultime si devono riconciliare con essa e tornare a farsi allattare da lei perché questa, secondo loro, è la volontà di Dio! E questa ricon­ciliazione – naturalmente – può avvenire solo riconoscendo l’au­torità papale, il magistero cattolico, i suoi sacramenti, e tutta la sua tradizione; questo è in sostanza il messaggio di fondo che porta avanti la chiesa cattolica romana in questo sforzo ecumeni­co, dal 1964 in poi. Alcuni Evangelici però ritengono che la chiesa cattolica romana si sia aperta con questo decreto sull’ecumenismo; ma noi diciamo; ‘Ma che cosa ha aperto? Di certo i Cattolici non hanno aperto il cuore all’amore della verità per essere salvati; ma hanno aperto una fossa ben profonda e ben camuffata nella quale fare cadere i semplici; ecco che cosa hanno aperto i Cattolici davanti a noi.

Ora, ho già confutato in precedenza le affermazioni fatte da parte cattolica secondo le quali il papa è successore di Pietro, e la chiesa romana lo strumento di salvezza per il genere umano; perciò qui mi limiterò a fare delle considerazioni alla luce delle Scritture sull’unità di cui parla la Scrittura; ritengo doveroso farle, sapendo che il Vaticano sta intensificando i suoi sforzi per instaurare un dialogo sempre più ‘fruttuoso’ con molti credenti, che ha come fine quello di farli scadere dalla grazia, farli sviare dalla verità, e corromperli. In verità bisogna dire che il diavolo sta tentando più che mai in questi ultimi termini dei tempi di fare apostatare i credenti dalla fede, e noi ricono­sciamo che uno dei mezzi di cui si sta usando per compiere ciò è appunto questo ecumenismo così come lo intende la chiesa romana e purtroppo anche alcune Chiese evangeliche che si sono lasciate sedurre dalle sue lusinghe. Quello a cui noi assistiamo é questo, e cioè che mentre quando ci fu la Riforma protestante la chiesa romana infuriata oltremodo nel constatare che tanti suoi membri uscivano da essa perché persuasi che le cose che essa insegnava e praticava erano contrarie all’insegnamento di Cristo e degli apostoli, cercò con la sua brutale forza (l’Inquisizione) di fare rientrare nel suo mezzo quelli che essa aveva perduto, oggi essa ha cambiato tattica. Essa ha smesso di usare la spada materiale – ossia l’Inquisizione – contro i figliuoli di Dio ed ha imbracciato la spada dello Spirito, cioè la Parola di Dio ma sempre col fine di farci cadere nel peccato. Non c’é da meravigliarci del fatto che essa cerca di farci entrare a fare parte di essa (ripeto che questo è il suo pensiero e scopo finale, anche se il suo parlare talvolta può non essere così esplicito su questo punto) servendosi proprio della Parola di Dio (che essa detesta perché nei fatti l’ha annullata svuotandola della sua efficacia). Perché? Perché anche Satana, il tentatore, quando tentò Gesù per farlo peccare si usò della Parola di Dio. E chi può dire che il Diavolo ami la Parola di Dio? Sta di fatto però che ne fece uso, ma al solo fine di indurre Gesù Cristo a disubbidire al Padre suo! Ma noi non ignoriamo le macchinazioni di Satana ordite contro la Chiesa dell’Iddio vivente, colonna e base della verità, per questo rispondiamo ai Cattolici, che ci sbandierano i passi della Scrit­tura concernenti l’unità della Chiesa, nella stessa maniera in cui fece Gesù nei confronti del diavolo; noi diciamo loro: “Egli è altresì scritto…”.[7] Ora, essi dicono che è scritto che Gesù Cristo, il Signore pregò per l’unità della Chiesa, e questo è vero; ma è altresì scritto che Gesù ha detto: “Perché mi chiamate Signore, Signore, e non fate quel che dico?”.[8] Quindi, perché essi chiamano Gesù, Signore, capo della Chiesa, ma rifiutano di piegare il collo sotto di lui ma lo tengono ben rigido? Con la bocca riconoscono la Signoria di Cristo ma con le loro opere rinnegano le loro parole perché mostrano di non avere nessuna intenzione di rinunciare a tutte le loro eresie di cui si vantano pure di essere custodi. Come dice il profeta Ezechiele essi ascoltano le parole di Dio ma non le mettono in pratica perché con la bocca fanno mostra di molto amore, ma il loro cuore va dietro alla cupidigia,[9] il loro cuore va dietro agli idoli.

Essi devono innanzi tutto riconoscersi dei peccatori e non più i membri della Chiesa di Dio; devono poi implorare la misericordia di Dio affinché Egli abbia pietà di loro; e poi devono fare dei frutti degni del ravvedimento i quali sono ancora del tutto assenti in loro. Ora, noi sappiamo che quando un Cattolico romano si ravvede e crede nel Vangelo smette subito di adorare e pregare Maria, smette di pregare Paolo, Pietro, Giovanni, Luigi, Giuseppe ecc., e gli angeli; egli smette di partecipare alla messa, smette di tenersi appesi addosso ed in casa crocifissi, immagini ed idoli di qualsiasi tipo e grandezza, smette di andare in pellegrinaggio a qualsiasi santuario, smette di chiamare il papa ‘padre santo’, e di considerarlo il capo della Chiesa sulla terra, smette di partecipare alle funzioni religiose di ogni tipo e genere tenute nei luoghi di culto della chiesa cattolica romana, smette in sostanza di osserva­re la tradizione cattolica romana e di credere in tutte le sue eresie. E tutto ciò avviene in lui perché Cristo viene a dimorare in lui e gli rinnova la mente. Egli comincia a stimare la Parola di Dio come la sola guida della sua vita mettendo al bando ogni tradizione di uomini che si oppone ad essa; per lui la Parola di Dio non è più un libro qualsiasi o un libro che deve essere messo allo stesso livello dei decreti conciliari del Vaticano o della secolare tradizione della chiesa romana; e per questo comincia ad amarla ed a rispettarla come mai aveva fatto prima. Questo è quello che è successo in tutti i nostri fratelli che hanno trova­to il Signore e sono usciti dal seno di questa organizzazione religiosa; quindi noi siamo persuasi che questi Cattolici romani che ancora non hanno smesso e non hanno nessuna intenzione di smettere di professare la religione cattolica romana – perché di fatto ci vogliono rimanere attaccati a tutti i costi -, benché parlino della signoria di Cristo e della sua preghiera per l’uni­tà dei credenti, ancora non si sono ravveduti e non hanno creduto nel nome di Cristo Gesù, e di conseguenza ancora non fanno parte del corpo di Cristo e con essi non possiamo avere comunione di spirito. Sia ben chiaro quindi: fino a quando il papa dei Cattolici romani e i suoi vescovi e tutti i loro seguaci si mostreran­no sordi alla voce del Signore nostro Gesù Cristo rifiutando di convertirsi dai loro idoli al Signore e rifiutando di riconoscere nella sola Scrittura la sola ed unica regola di fede mettendo al bando la loro perversa tradizione secolare non ci potrà essere nessuna comunione tra di noi e loro, come non ci può essere comunione tra uno che adora Dio e uno che adora Satana. ‘Ma pro­prio nessuna?’ qualcuno dirà. Sì, proprio nessuna. Siete certi? Sì, siamo certi. Voi ci direte allora: ‘Ma perché non smettete di essere così rigidi e diventate più flessibili e più ragionevoli? Non lo vedete che questa vostra presa di posizione impedisce la comunione con i Cattolici? Ma non lo vedete che questo vostro modo di parlare impedisce una qualsiasi forma di dialogo con loro? Perché non riconoscete anche voi nella chiesa cattolica romana una chiesa consorella che è pure essa nella verità quantunque permangono in essa delle tradizioni umane? Perché dunque non riconoscete anche voi i suoi sacramenti e l’autorità del papa nella Chiesa?’ No; noi non scenderemo a nessun compromesso, non acconsentiremo a mettere da parte nessuna parte del consiglio di Dio perché amiamo la verità che ci ha reso liberi, ma con fermezza e con forza ribadi­remo loro sino alla fine tutto il consiglio di Dio affinché i Cattolici romani tornino a noi. Essi torneranno a noi, ma noi non torneremo a loro, perché sappiamo che essi tutti giacciono nelle tenebre e in un pantano fangoso fatto di precetti d’uomini che voltano le spalle alla verità. A loro che ci accusano di non osservare la loro tradizione diremo ancora quello che Gesù disse ai Farisei: “E voi, perché trasgredite il comandamento di Dio a motivo della vostra tradizione?”[10] Ma allora – ci diranno alcuni – non vi importa nulla dell’ecumenismo che vuole la chiesa cattoli­ca romana? No, della loro amicizia non ci importa nulla, della loro cosiddetta comunione neppure, di dialogare con i sordi neppure, perché sappiamo bene che per ottenere queste cose biso­gna accondiscendere in qualche cosa ad essa, bisogna attenersi alle sue direttive! E quali direttive? Evitare la polemica, evitare i giudizi contro le loro false dottrine che possono compromettere il dialogo, stimarli fratelli e non nemici della verità, e così via. Con questo vogliamo dire che noi facciamo benissimo a meno dell’amicizia e dell’apparente e falsa comunione che ci offrono i Cattolici romani, ma non possiamo fare a meno né di fare dimorare in noi la verità che è in Cristo Gesù perché da essa dipende il bene della nostra anima in questo nostro pelle­grinaggio terreno e la sua salvezza eterna, e né dal combattere in sua difesa come hanno fatto gli apostoli prima di noi perché questo nostro combattimento è utile alla salvezza delle anime e all’edificazione della Chiesa. Dichiarateci pure fanatici, di­chiarateci pure settari; ricordatevi però che quelli che in questa nazione ci hanno preceduto per farci pervenire il messag­gio della salvezza per grazia mediante la fede hanno dovuto soffrire molte cose proprio dai Cattolici romani; sì proprio da loro che dicono di essere Cristiani. E che se loro fossero scesi a qualche compromesso con la curia romana ci avrebbero annunziato non il vero Vangelo che si fonda sulla grazia di Dio, ma quello sovvertito dalla curia romana fondato sulle opere meritorie che non può recare nessuna salvezza a chi lo accetta. Svegliatevi dunque!

 


[1] Intervista a ‘30 giorni’, Marzo 1985, pag. 23. E per capire che le cose in realtà non siano per nulla cambiate, quantunque sembrerebbe il contrario, basta considerare che la chiesa cattolica romana dopo il concilio Vaticano II si è rifiutata di entrare a fare parte del Consiglio Ecumenico che ha la sua sede a Ginevra. Paolo VI nella sua storica visita al Consiglio ecumenico a Ginevra (1969) dichiarò subito: ‘Il mio nome è Pietro’.

[2] Concilio Vaticano II, (1962-1965), Sess. V – 21 Novembre 1964

[3] Ibid., Dal proemio

[4] Ibid., cap. 1

[5] Ibid., cap. 2

[6] Ibid., cap. 3

[7] Matt. 4:7

[8] Luca 6:46

[9] Cfr. Ez. 33:31-33

[10] Matt. 15:3