Spiegazione della purificazione del santuario predetta in Daniele 8:14

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La purificazione di cui parla Daniele era una purificazione di un santuario terreno, e precisa­mente del tempio di Gerusalemme che dopo essere stato profanato sarebbe stato purificato o meglio che dopo essere stato calpesta­to sarebbe stato ristorato alla posizione o alle funzioni di prima. Questo lo si deduce in maniera chiara leggendo tutto il contesto nel quale si parla delle duemila trecento sere e mattine come periodo durante il quale il santuario sarebbe stato calpestato: “Il capro diventò sommamente grande; ma, quando fu potente, il suo gran corno si spezzò; e, in luogo di quello, sorsero quattro corna cospicue, verso i quattro venti del cielo. E dall’una d’esse uscì un piccolo corno, che diventò molto grande verso mezzogiorno, verso levante, e verso il paese splendido. S’ingrandì, fino a giungere all’esercito del cielo; fece cadere in terra parte di quell’esercito e delle stelle, e le calpestò. S’elevò anzi fino al capo di quell’esercito, gli tolse il sacrifizio perpetuo, e il luogo del suo santuario fu abbattuto. L’esercito gli fu dato in mano col sacrifizio perpetuo, a motivo della ribellione; e il corno gettò a terra la verità, e prosperò nelle sue imprese. Poi udii un santo che parlava; e un altro santo disse a quello che parla­va: ‘Fino a quando durerà la visione del sacrifizio continuo e la ribellione che produce la desolazione, abbandonando il luogo santo e l’esercito ad esser calpestati?’ Egli mi disse: ‘Fino a duemila trecento sere e mattine; poi il santuario sarà purifica­to”.[1] Ora, spiegheremo queste parole. Il capro che viene detto diventò sommamente grande è il regno Greco che sotto Alessandro Magno (il gran corno) sconfisse il regno Persiano, il montone con due corna che Daniele aveva poco prima visto nella stessa visione,[2] nel 331 a. C. Che sia così è dimostrato da queste parole che l’angelo Gabriele rivolse a Daniele subito dopo per spiegargli il significato della visione: “Il montone con due corna che hai veduto, rappresenta i re di Media e di Persia. Il becco peloso è il re di Grecia; e il gran corno fra i suoi due occhi è il primo re”.[3] Quando morì Alessandro Magno, ossia quando si spezzò il gran corno del capro, il regno si divise in quattro regni (Grecia, Asia minore, Siria e Egitto) che sono le quattro corna. Citiamo sempre le parole di Gabriele per dimostrare che questo fu l’adempimento di specifiche sue parole dette a Daniele: “Quanto al corno spezzato, al cui posto ne son sorti quattro, questi sono quattro regni che sorgeranno da questa nazione, ma non con la stessa sua potenza”.[4] Da una di queste corna, e precisamente dal regno di Siria, sorse Antioco Epifane (re di Siria dal 175 al 164 a.C.),[5] il “piccolo corno che diventò molto grande” che invase la Palestina, uccise migliaia di Giudei e profanò il tempio di Gerusalemme offrendovi in sacrificio una scrofa e mettendogli una statua di Giove e togliendo il sacrificio continuo che secondo la legge vi si doveva offrire la mattina e la sera.[6] Il sorgere di questo uomo spregevole e la sua opera devastante furono predetti-spiegati sempre da Gabriele in questi termini: “E alla fine del loro regno, quando i ribelli avranno colmato la misura delle loro ribellioni, sorgerà un re dall’aspetto feroce, ed esperto in stratagemmi. La sua potenza sarà grande, ma non sarà potenza sua; egli farà prodigiose ruine, prospererà nelle sue imprese, e distruggerà i potenti e il popolo dei santi. A motivo della sua astuzia farà prosperare la frode nelle sue mani; s’inorgoglirà in cuor suo, e in piena pace distruggerà molta gente; insorgerà contro il principe de’ principi, ma sarà infranto, senz’opera di mano”.[7] Per quanto riguarda il calpestamento del santuario di Gerusalemme esso durò 2300 giorni (sei anni, tre mesi, e diciotto giorni), dall’anno 171 a. C. (anno in cui Antioco Epifane cominciò a ‘calpestare’ il santuario di Gerusalemme sostituendo il sommo sacerdote con Menelao) fino al 165 a. C., anno in cui Giuda Maccabeo a capo di un certo numero di Giudei riconquistò Gerusalemme e purificò il tempio e ristabilì le funzioni che in esso vi si dovevano compiere, tra cui anche l’offerta del sacrificio continuo.[8] La purificazione e la dedicazione del tempio diedero origine alla festa della Dedicazione a cui Giovanni accenna nel Vangelo,[9] e che viene tuttora celebrata dagli Ebrei (è la festa chiamata in ebraico Chanukkà, o la festa delle luci, che inizia il 25 dicembre e dura otto giorni). La purificazione e la dedicazione del tempio sono raccontate nel primo libro dei Maccabei, uno dei libri apocrifi inclusi nel canone dalla chiesa cattolica romana (per cui un libro non ispirato; ma non per questo un libro non contenente dei fatti storici realmente avvenuti). Ecco le parole che descrivono quegli eventi: ‘Intanto Giuda e i suoi fratelli, dissero: Ecco, i nostri nemici sono stati sconfitti. Andiamo perciò a purificare il tempio e a restaurarlo. Si riunì, allora, tutto l’esercito e salirono sul Monte Sion. Videro così il santuario deserto, l’altare profanato, le porte bruciate, le piante cresciute nei cortili come in un bosco o come su una montagna, le celle in rovina. Si stracciarono le vesti, fecero un grande lamento, si cosparsero di cenere, caddero con la faccia a terra e, suonate le trombe per segnale, elevarono grida al cielo. Giuda allora ordinò agli uomini di combattere quelli che erano nell’Acra fino a quando egli non avesse purificato il santuario. Scelse pure sacerdoti senza macchia, osservanti della legge, i quali purificarono il santuario e trasportarono le pietre della contaminazione in un luogo impuro. Si consultarono poi circa l’altare degli olocausti che era stato profanato: Che dobbiamo fare? Venne loro la felice idea di demolirlo, affinché non fosse per loro causa di disonore, giacché i Gentili lo avevano contaminato. Demolirono, dunque, l’altare e ne deposero le pietre sul monte del tempio, in un luogo conveniente, in attesa che venga un profeta e che si pronunzi a loro riguardo. Poi presero pietre intatte conformi alla legge e costruirono un nuovo altare sul modello del precedente. Ripararono il santuario e l’interno del tempio e consacrarono i cortili. Fecero fare nuovi arredi sacri e portarono dentro il tempio il candelabro, l’altare dei profumi e la tavola. Bruciarono incenso sull’altare e accesero le lampade del candelabro, che risplendettero nel tempio. Posero sulla tavola i pani, distesero le cortine e terminarono tutti i lavori che avevano intrapreso. Il giorno 25 del nono mese, cioè il mese di Casleu dell’anno 148,[10] si levarono di buon mattino e offrirono un sacrificio, in conformità alla legge, sul nuovo altare degli olocausti che avevano costruito. Esattamente nel tempo e nel giorno in cui i Gentili lo avevano profanato, esso fu inaugurato con inni e a suon di cetre, di arpe e di cembali. Tutto il popolo cadde con la faccia a terra, adorando e benedicendo il Cielo che li aveva condotti al successo. Celebrarono la dedicazione dell’altare per otto giorni, offrirono sacrifici con allegrezza e offrirono pure un sacrifizio di ringraziamento e di lode. Ornarono la facciata del tempio con corone d’oro e scudi, inaugurarono le porte e le celle e vi rimisero i battenti. Vi fu una stragrande allegrezza in mezzo al popolo e così fu cancellato l’obbrobrio dei gentili. Poi Giuda, i suoi fratelli e tutta l’assemblea d’Israele, stabilirono che i giorni della dedicazione dell’altare si celebrassero a loro tempo, ogni anno per otto giorni, a partire dal 25 del mese di Casleu, con allegrezza e gioia’.[11] Come si può ben vedere dalla descrizione della purificazione avvenuta ai giorni di Giuda Maccabeo, quella purificazione che ebbe luogo alla fine delle duemila trecento sere e mattine non fu la stessa che avveniva annualmente il giorno dell’espiazione secondo la legge di Mosè, perché fu piuttosto un ritorno alle normali funzioni che i sacerdoti dovevano compiere in esso (questo ritorno fu preceduto naturalmente da una purificazione del tempio perché esso era stato contaminato dai Gentili). Cosa questa che – come abbiamo già visto – Dio aveva preannunciato a Daniele in visione secoli prima infatti nella visione di Daniele si legge che il piccolo corno tolse al capo dell’esercito del cielo “il sacrifizio perpetuo” ossia quel sacrificio che doveva essere offerto nel tempio sia la mattina che la sera di ogni giorno, e che un santo domandò all’altro fino a quando sarebbe durata la visione del sacrificio continuo. Al che gli fu risposto: “Fino a duemila trecento sere e mattine; poi il santuario sarà purificato”,[12] ossia dopo quel tempo il santuario sarebbe stato ristabilito. Che si può parlare sia di purificazione (non intesa però come fanno gli Avventisti) che di ritorno alle normali funzioni (o ristabilimento del tempio) è confermato anche dal fatto che il verbo tsadaq usato in Daniele 8:14 (tradotto nella Luzzi con ‘purificato’) significa anche ‘essere giustificato’ o ‘essere messo a posto o fatto giusto’. E difatti nella Diodati questo versetto si legge così: “Ed egli mi disse: Fino a duemila trecento giorni di sera, e mattina; poi il santuario sarà giustificato”, e nella Revised Standard Version: “And he said to him, For two thousand and three hundred evenings and mornings; then the sanctuary shall be restored to its rightful state (allora il santuario sarà ristabilito al suo giusto stato)”.

Alla luce dunque di tutte queste cose gli Avventisti errano nel dire che il corno che spuntò fuori da una delle quattro corna è la Roma papale (il papato), che il santuario che doveva essere calpestato è quello celeste, e che esso doveva essere calpestato dal 457 a. C. al 1844, cioè per 2300 anni (le 2300 sere e mattine di Daniele 8:14). Essi errano grandemente nel sostenere che le parole che Dio disse a Ezechiele “T’impongo un giorno per ogni anno”,[13] vanno applicate alle 2300 sere e mattine di Daniele 8:14, perché le parole dette ad Ezechiele si riferivano ad un particolare ordine che Dio aveva dato al profeta che si evince chiaramente dal contesto nel quale si trovano.

 


[1] Dan. 8:8-14

[2] Cfr. Dan. 8:3-4

[3] Dan. 8:20-21. Si tenga presente che quando l’angelo Gabriele proferì queste parole, ancora il regno di Babilonia non era stato sconfitto dai Medi e Persiani, difatti Daniele ebbe la visione il terzo anno del re Belsatsar. Quando Belsatsar fu ucciso, allora finì la dominazione Babilonese e cominciò quella dell’Impero Medo-Persiano con Dario, il Medo (cfr. Dan. 5:30-31).

[4] Dan. 8:22

[5] Fu soprannominato Epiphanès che significa ‘il manifesto’ (dio), ma talvolta i suoi sudditi lo chiamavano Epimanès, cioè ‘il pazzo’, a causa di alcune sue manie.

[6] Cfr. Num. 28:3-8; Es. 29:38-42

[7] Dan. 8:23-25

[8] Alcuni insegnanti della Parola di Dio ritengono che le 2300 sere e mattine siano 1150 giorni per cui un po’ più di tre anni. Ma sono d’accordo nel dire che la purificazione o il ristabilimento del santuario si riferisce alla purificazione o il ristabilimento di esso avvenuto dopo la profanazione del santuario per opera di Antioco Epifane. La divergenza dunque consisterebbe nel tempo durante il quale il santuario rimase profanato perché per loro rimase in quello stato dal 25 Dicembre del 168 a.C. al 25 Dicembre del 165 a.C. (cioè dal 25 del mese di Casleu dell’anno 145 dell’era seleucida al 25 del mese di Casleu dell’anno 148; in base a 1 Maccabei 1:54,59; 4:52). Per quanto riguarda il fatto che i 1150 giorni sono più di tre anni (cioè più del periodo di tre anni che intercorse tra il 25 dicembre del 168 e il 25 dicembre del 165 a.C.) essi lo spiegano dicendo che la differenza di giorni è dovuta al fatto che l’ordine di sopprimere il sacrificio continuo fu dato tempo prima del 25 Dic. del 168 a. C.

[9] Cfr. Giov. 10:22

[10] Anno dell’era seleucida che corrisponde al 165 a. C.

[11] 1 Maccabei 4:36-59.

[12] Dan. 8:14

[13] Ez. 4:6