La Scrittura non ci autorizza a parlare di due fasi ministeriali di Gesù nel santuario celeste

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Proseguiamo nella nostra confutazione di questa dottrina della purificazione delle cose celesti che Cristo avrebbe cominciata nel 1844 perché c’è altro da dire contro di essa. Il nostro discorso avrà come presupposto che nel santuario celeste che Dio mostrò sul monte a Mosè ci fossero il luogo santo e il luogo santissimo; presupposto che dobbiamo mettere perché, come già detto innanzi, Dio disse a Mosè quando questi stava per costruire il tabernacolo: “Guarda, Egli disse, di fare ogni cosa secondo il modello che ti è stato mostrato sul monte”.[1] E noi sappiamo che il tabernacolo terreno fu suddiviso in due tabernacoli tra i quali si trovava un velo secondo che è scritto: “Farai un velo di filo violaceo, porporino, scarlatto, e di lino fino ritorto con de’ cherubini artisticamente lavorati, e lo sospenderai a quattro colonne di acacia, rivestite d’oro, che avranno i chiodi d’oro e poseranno su basi d’argento. Metterai il velo sotto i fermagli; e quivi, al di là del velo, introdurrai l’arca della testimonianza; quel velo sarà per voi la separazione del luogo santo dal santissimo. E metterai il propiziatorio sull’arca della testimonianza nel luogo santissimo. E metterai la tavola fuori del velo, e il candelabro dirimpetto alla tavola dal lato meridionale del tabernacolo; e metterai la tavola dal lato di settentrione”.[2] Quando si parla però del santuario celeste occorre sempre tenere presente che la Scrittura lo definisce “più grande e più perfetto, non fatto con mano, vale a dire, non di questa creazione”.[3] Qualcuno forse dirà che nel santuario celeste che Dio mostrò a Mosè non c’era la suddivisione tra luogo santo e santissimo, appunto perché celeste; noi non ci sentiamo di negare questa suddivisione in base alle parole di Dio a Mosè di fare ogni cosa secondo il modello che gli era stato mostrato sul monte. Parole che fanno capire che in cielo il tabernacolo e i suoi arredi si assomigliano al tabernacolo e i suoi arredi che furono costruiti sulla terra. Cosa questa confermata dal libro dell’Apocalisse dove si legge che Giovanni vide aprirsi “il tempio del tabernacolo della testimonianza”,[4] tempio che “fu ripieno di fumo a cagione della gloria di Dio e della sua potenza”.[5] In questo libro si legge anche che Giovanni vide l’altare d’oro dei profumi davanti al trono di Dio,[6] l’arca del patto di Dio nel tempio.[7] Per cui dato che Giovanni in cielo vide il tempio della sua testimonianza, l’arca del suo patto, l’altare d’oro dei profumi; noi ammettiamo che ci fossero anche il luogo santo e il luogo santissimo. Quantunque però la Scrittura ammetta implicitamente che nel santuario celeste ci fossero un luogo santo e un luogo santissimo, la Scrittura non parla affatto di due fasi della mediazione di Gesù in cielo in favore nostro. Ossia, la Scrittura non dice che Gesù, una volta asceso in cielo, doveva starsene nel luogo santo del cielo per passare poi dopo tanto tempo (circa diciotto secoli) nel Luogo Santissimo (tenete presente che il canone delle Scritture fu completato nel primo secolo dopo Cristo per cui se Cristo allora era ancora nel luogo santo gli apostoli ci avrebbero lasciato detto che sarebbe passato nel Luogo Santissimo in futuro). Anzi la Scrittura svariate volte dice che quando Gesù fu assunto in cielo andò a sedersi alla destra di Dio, quindi presso Dio. Marco dice per esempio: “Il Signor Gesù dunque, dopo aver loro parlato, fu assunto nel cielo, e sedette alla destra di Dio”;[8] e lo scrittore agli Ebrei dice che Cristo “dopo aver offerto un unico sacrificio per i peccati, e per sempre, si è posto a sedere alla destra di Dio”,[9] e: “Poiché Cristo non è entrato in un santuario fatto con mano, figura del vero; ma nel cielo stesso, per comparire ora, al cospetto di Dio, per noi”;[10] ed anche: “Così, volendo Iddio mostrare vie meglio agli eredi della promessa la immutabilità del suo consiglio, intervenne con un giuramento, affinché, mediante due cose immutabili, nelle quali è impossibile che Dio abbia mentito, troviamo una potente consolazione noi, che abbiam cercato il nostro rifugio nell’afferrar saldamente la speranza che ci era posta dinanzi; la quale noi teniamo qual’àncora dell’anima, sicura e ferma e penetrante di là dalla cortina, dove Gesù è entrato per noi qual precursore, essendo divenuto Sommo Sacerdote in eterno secondo l’ordine di Melchisedec”,[11] ed ancora: “E mentre ogni sacerdote è in piè ogni giorno ministrando e offrendo spesse volte gli stessi sacrificî che non possono mai togliere i peccati, questi, dopo aver offerto un unico sacrificio per i peccati, e per sempre, si è posto a sedere alla destra di Dio”.[12] Gesù stesso poi disse a Giovanni di scrivere all’angelo della chiesa di Laodicea: “A chi vince io darò di seder meco sul mio trono, come anch’io ho vinto e mi son posto a sedere col Padre mio sul suo trono”[13] (e si tenga presente che l’altare d’oro celeste che vide Giovanni – la cui figura, nel tabernacolo terreno, era posta nel luogo santo davanti al velo che separava il luogo santo da quello santissimo – era posto davanti al trono di Dio in cielo). E poi se fosse come dicono gli Avventisti allora ai giorni degli apostoli Gesù in cielo si trovava nel luogo santo invece che nel luogo santissimo; ma allora la sua opera di mediazione difettava perché fu resa com­pleta solo nel 1844, anno del suo passaggio al luogo santissimo! Ma ciò non può essere vero, perché lo scrittore agli Ebrei che visse più di millesettecento anni prima, quando ancora Ellen G. White ed altri non esistevano neppure, affermava: “Ma questi, perché dimora in eterno, ha un sacerdozio che non si trasmette; ond’è che può anche salvar appieno quelli che per mezzo di lui si accostano a Dio, vivendo egli sempre per intercedere per loro”.[14] E dove viveva Gesù già a quel tempo per intercedere per coloro che credevano in lui e salvarli appieno? Nel santuario di Dio in cielo, nel vero tabernacolo che il Signore e non un uomo ha eretto. Per farci capire dagli Avventisti ‘nel luogo santissimo’, “di là dalla cortina, dove Gesù è entrato (noi diciamo tra parentesi: quando ascese in cielo) per noi qual precur­sore, essendo divenuto Sommo Sacerdote in eterno secondo l’ordine di Melchisedec”.[15] E non è forse questo ciò che la legge di Mosè conferma? Sì, infatti secondo la legge mosaica, la stessa legge che gli Avven­tisti prendono per sostenere la purificazione del santuario celeste cominciata nel 1844 (anno in cui secondo loro cominciò il Giorno dell’Espiazione), il Sommo Sacerdote nel giorno dell’espiazione dopo avere scannato la vittima per il sacrificio per il peccato doveva con il sangue di quell’animale entrare subito nel luogo santissimo al di là del velo per fare l’aspersione del sangue col dito davanti al propiziatorio. Egli non doveva starse­ne per qualche ora prima nel luogo santo e poi passare a quello santissimo, ma doveva per ordine divino entrare subito nel luogo santissimo.[16] Non è Gesù il Sommo Sacerdote, mediatore del Nuovo Patto, che dopo avere fatto l’espiazione dei nostri peccati è entrato nel tabernacolo che non è di questa creazione? Perché dunque il vero Sommo Sacerdote dopo avere offerto se stesso doveva con il suo sangue sostare nel luogo santo per ben diciotto secoli e non entrare subito, in quello stesso giorno quando ascese in cielo, nel luogo santissimo? Non è forse questa un ulteriore prova che gli Avventisti errano quando dicono che Gesù asceso in cielo svolse la sua opera d’espiazione nel luogo santo per ben diciotto secoli e poi passò nel luogo santissimo? Come potete vedere, la stessa legge di Mosè che usano gli Avventisti annulla questa loro dottrina.

Ma noi diciamo ancora: se Gesù, come dicono gli Avventisti, fosse entrato alla sua ascensione nel luogo santo e vi sarebbe rimasto fino al 1844 come poteva dire lo scrittore agli Ebrei: “Avendo dunque, fratelli, libertà d’entrare nel santuario in virtù del sangue di Gesù, per quella via recente e vivente che egli ha inaugurata per noi attraverso la cortina, vale a dire la sua carne, e avendo noi un gran Sacerdote sopra la casa di Dio, accostiamoci di vero cuore, con piena certezza di fede…”?[17] Ma dico io: ‘Ma come potevano i credenti già allora avere libero accesso a Dio se Gesù era ancora nel luogo santo? Certo, non avrebbero potuto.[18] Ecco perché noi rigettiamo questa dottrina avventista del passaggio di Gesù dal luogo santo al luogo santissimo del santuario celeste nel 1844, perché contrasta la verità.

Ma diciamo ancora qualcosa: quando Gesù morì la Scrittura dice che “la cortina del tempio si squarciò in due, da cima a fondo”;[19] cioè la cortina del tempio di Gerusalemme che raffigurava quello che è in cielo. Il che significa che Cristo mediante la sua carne (lo scrittore agli Ebrei dice infatti: “attraverso la cortina, vale a dire la sua carne”[20]) ha manifesta­to la via al Santuario celeste rendendo libero l’accesso al trono di Dio (davanti al quale vi ricordo sta l’altare d’oro dei profumi) a tutti coloro che credono in lui, o detto in altre parole ha manifestato la via al Luogo Santissimo. Ma se come dicono gli Avventisti, quando Gesù salì in cielo andò nel luogo santo del santuario celeste e non ancora nel luogo santissimo ciò significa che quel segno dato da Dio alla morte di Cristo non aveva nessun significato perché il nostro Sommo Sacerdote sarebbe stato impossibilitato una volta in cielo a ministrare subito nel luogo santissimo perché avrebbe dovuto aspettare ben diciotto secoli prima di accedervi. Non è tutto questo diabolico? Certo che lo è, perché se fosse così alla fin fine il Nuovo Patto dedicato da Gesù non sarebbe stato migliore dell’Antico, il Sommo Sacerdote del Nuovo Patto infatti avrebbe avuto delle limitazioni in cielo al pari del sommo sacerdote dell’Antico Patto sulla terra che non poteva entrare nel luogo santissimo quando voleva ma solo una volta all’anno, nel corso del giorno dell’espiazione secondo che Dio disse a Mosè: “Parla ad Aaronne, tuo fratello, e digli di non entrare in ogni tempo nel santuario, di là dal velo, davanti al propiziatorio che è sull’arca, onde non abbia a morire”.[21] Ma come avrebbe potuto il Figlio di Dio, Apostolo e Sommo sacerdote della nostra professione di fede, avere (appena asceso in cielo) preclusa l’entrata nel Luogo Santissimo del santuario celeste quando lui dopo essere risorto disse: “Ogni potestà m’è stata data in cielo e sulla terra”?[22] Aveva sì o no ogni potestà anche in cielo dopo essere risorto? Sì, dunque aveva anche la potestà di entrare subito nel Luogo Santissimo del cielo. E non solo il Sommo Sacerdote Gesù avrebbe avuto delle limitazioni, ma anche tutti coloro che avrebbero riposto in lui la fiducia prima del 1844 avrebbero avuto delle limitazioni. Perché? Perché egli si trovava nel luogo santo ed ancora non aveva dedicato la via al Luogo Santissimo. I suoi discepoli insomma sarebbero stati (fino al 1844) in una posizione simile a quella dei figli del sommo sacerdote Aaronne, i quali potevano entrare solo nel luogo santo e non in quello santissimo. Essi non avrebbero avuto la libertà di entrare nel luogo santissimo (fino al 1844), quantunque il Sommo Sacerdote della loro fede avesse sparso il suo sangue proprio per dedicare la via al Luogo Santissimo. D’altronde lo scrittore agli Ebrei dice che “la via al santuario non era ancora manifestata finché sussisteva ancora il primo tabernacolo”,[23] cioè il luogo santo perché poco prima nel descrivere il santuario terreno dice: “Infatti fu preparato un primo tabernacolo, nel quale si trovavano il candeliere, la tavola, e la presentazione de’ pani; e questo si chiamava il Luogo santo”.[24] Luogo santo che, come dice sempre lo scrittore agli Ebrei, “è una figura per il tempo attuale, conformemente alla quale s’offron doni e sacrificî che non possono, quanto alla coscienza, render perfetto colui che offre il culto, poiché si tratta solo di cibi, di bevande e di varie abluzioni, insomma, di regole carnali imposte fino al tempo della riforma”.[25] Si ponga molta attenzione a queste parole perché esse furono scritte quando ancora il tempio di Gerusalemme esisteva ancora (e quindi i sacerdoti ogni giorno ministravano nel luogo santo e il sommo sacerdote una volta all’anno nel luogo santissimo), ed affermano che il luogo santo o primo tabernacolo è una figura del tempo attuale secondo la quale si offrono doni e sacrifici che non possono cancellare i peccati dalla coscienza di coloro che li offrono (si tenga presente che quel tempo attuale per lo scrittore agli Ebrei era quello in cui scriveva). La Scrittura è come se dicesse: il primo tabernacolo rappresenta il periodo durante il quale si offrono doni e sacrifici che non possono cancellare i peccati. Però anche se questo primo tabernacolo esiste ancora materialmente, e ciò di cui è figura continua a permanere perché ancora oggi vengono offerti sacrifici che non possono togliere i peccati, noi adesso abbiamo la realtà delle cose perché è venuto Cristo Sommo Sacerdote il quale è entrato nel santuario celeste con il suo sangue che ci purifica da ogni peccato. Tutti quei sacrifici espiatori erano delle regole carnali imposte solo per un tempo, e precisamente fino al tempo della riforma. Tempo che si è compiuto con l’entrata di Cristo nel santuario celeste. Dunque si è prodotta la riforma, il cambiamento, perché Cristo è entrato con il suo sangue nel Luogo Santissimo in cielo, una volta per sempre, egli non ha bisogno di ministrare nel luogo santissimo una volta all’anno, perché se fosse così avrebbe dovuto soffrire più volte dalla fondazione del mondo, perché egli col suo sacrificio compiuto una volta per sempre ha annullato il peccato rendendo libero l’accesso al luogo santissimo a tutti coloro che si appoggiano alla sua mediazione. Stando dunque così le cose, se anche dopo che Gesù morì i suoi discepoli non avessero avuto accesso al Luogo Santissimo ciò avrebbe voluto dire che la via al santuario non era ancora stata manifestata. Che la figura non era ancora stata rimpiazzata dalla realtà. Tutte cose che avrebbero in una certa misura annullato l’opera perfetta compiuta da Cristo per la remissione dei nostri peccati. E che questo è quello che hanno fatto gli Avventisti è manifesto dal fatto che essi affermano che Cristo, prima del 1844, perdonava i peccati ma non li cancellava! Come dire insomma che Cristo morì sulla croce sia per perdonare che per cancellare i peccati, ma solo a partire dal 1844. Per (solo) perdonarli fino al 1844, per (anche) cancellarli dopo quella data (e precisamente poco prima che scenderà dal cielo). Ma su quest’altra eresia ci torneremo in seguito.

Alla luce dunque di tutti questi ragionamenti tratti dalla Scrittura l’affermazione di Ellen G. White secondo la quale fino al 1844 il nostro Sommo Sacerdote ha svolto un opera di espiazione simile a quella che ogni sacerdote compiva nel luogo santo quoti­dianamente (senza poter entrare nel luogo santissimo), per poi passare nel luogo santissimo nel 1844 anno in cui è cominciato il giorno dell’espiazione (quello vero) è falsa perché non trova nessun riscontro nella Parola di Dio, perché la Scrittura insegna che Gesù dopo avere offerto se stesso entrò nel luogo santissimo con il suo sangue per acquistarci con esso la redenzione eterna e darci la libertà di entrare nel luogo santissimo. A Lui sia la gloria in eterno. Amen.

 


[1] Ebr. 8:5

[2] Es. 26:31-35

[3] Ebr. 9:11

[4] Ap. 15:5

[5] Ap. 15:8

[6] Cfr. Ap. 8:3-4

[7] Ap. 11:19

[8] Mar. 16:19

[9] Ebr. 10:12

[10] Ebr. 9:24

[11] Ebr. 6:17-20

[12] Ebr. 10:11-12

[13] Ap. 3:21

[14] Ebr. 7:24-25

[15] Ebr. 6:20

[16] Cfr. Lev. 16:3-15

[17] Ebr. 10:19-22

[18] L’Avventista Giovanni Leonardi dice invece (per cercare di annullare questa palese contraddizione) che ‘la descrizione di Cristo alla destra del Padre nel santuario celeste non contraddice la teologia avventista sull’inizio del giudizio premilleniale nel 1844. Da un punto di vista spirituale, salvifico, Gesù ha aperto la via – con la sua morte, risurrezione e ascensione – a una comunione diretta con il Padre, assicurando ai credenti una salvezza che non dipende più dai riti del santuario terreno, ma dalla fede in Cristo stesso. Grazie a Gesù, in rapporto alla loro esperienza pratica e alla loro certezza di salvezza, i credenti hanno avuto un accesso immediato al Padre celeste nel Santissimo. Questo è il messaggio fondamentale della Lettera agli Ebrei e dei vari testi del Nuovo Testamento che riportano il quadro suddetto’ (Giovanni Leonardi, ‘Il Santuario – 2’, in Il Messaggero Avventista, Marzo 1993, pag. 13). Come potete vedere il suo parlare è contraddittorio perché egli dice che dal punto di vista spirituale e salvifico i credenti con la morte, risurrezione e ascensione di Gesù hanno avuto accesso immediato al Padre nel Santissimo, ma continua a sostenere che Gesù è entrato nel luogo Santissimo solo nel 1844. Ma noi vorremmo domandare a Giovanni Leonardi: come potevano i credenti avere accesso nel Santissimo per mezzo di Cristo quando quest’ultimo si trovava ancora ‘materialmente’ nel luogo santo? Se Cristo non era ancora entrato nel Luogo Santissimo, ma ci erano entrati i suoi discepoli, come poteva lo scrittore agli Ebrei dire più di millenovecento anni fa che Egli è entrato per noi qual precursore al di là della cortina (cfr. Ebr. 6:19-20)? Perché chiamò Gesù precursore?

[19] Matt. 27:51

[20] Ebr. 10:20

[21] Lev. 16:2

[22] Matt. 28:18

[23] Ebr. 9:8

[24] Ebr. 9:2

[25] Ebr. 9:9-10