In cielo non è in atto nessun giudizio investigativo

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La Scrittura non ci dice che in cielo è in atto un giudizio investigativo nei confronti dei santi vissuti nel passato o di noi che siamo ancora in vita.

Per quel che concerne i santi vissuti nel passato che sono morti in Cristo, essi sono alla presenza del Signore in cielo e là aspet­tano la risurrezione. Alla risurrezione otterranno un corpo immortale e compariranno davanti al tribunale di Cristo per essere retribuiti.

Per quel che concerne noi viventi che saremo rimasti fino alla venuta del Signore noi saremo trasformati in quello stesso giorno e compariremo assieme a loro davanti al tribunale di Cristo.

Tutti assieme in quel giorno riceveremo la retribuzione delle cose fatte quand’eravamo nel corpo, sia che avremo operato bene o male. Quando Paolo disse ai Corinzi: “Poiché dobbiamo tutti comparire davanti al tribunale di Cristo, affinché ciascuno riceva la retribuzione delle cose fatte quand’era nel corpo, secondo quel che avrà operato, o bene, o male”,[1] si riferiva appunto a questo evento che deve avere ancora luogo nei luoghi celesti al tempo fissato da Dio. In quell’occasione tutti i santi risorti e tutti coloro che saranno rimasti viventi fino alla venuta del Signore e che saranno mutati riceveranno il loro premio in base alla loro fatica, in base a quanto si sono santificati sulla terra ed in base a quanto si sono affaticati nell’opera di Dio.[2]

Quindi, coloro che sono morti in Cristo essendo di già nella gloria con la loro anima, hanno il loro nome nel libro della vita e non potranno giammai essere cancellati da esso; essi aspettano solo di ricevere la retribuzione che meritano e che si sono guadagnati con le loro buone opere compiute sulla terra dopo la loro nuova nascita. Qualcuno dirà: ‘E per quel che concerne dei loro peccati occulti o non confessati a Dio durante la loro vita? Rispondiamo; Dio certamente eseguirà un giudizio giusto a tale proposito, lui sa tutto e non commette ingiustizie di nessun genere.

Per quel che concerne noi che siamo ancora vivi sulla terra, occorre dire che il nostro nome rimarrà scritto nel libro della vita fino alla fine a condizione che perseveriamo sino alla fine nella fede e nel buon operare; “Chi vince sarà così vestito di vesti bianche, ed io non cancellerò il suo nome dal libro della vita, e confesserò il suo nome nel cospetto del Padre mio e nel cospetto dei suoi angeli”,[3] dice Gesù a ciascuno di noi. Nel caso contrario, cioè se smettiamo di credere nel nome del Figliuol di Dio – il che equivale a perdere – il nostro nome sarà cancellato dal libro della vita e quando moriremo ce ne andremo all’inferno. Quindi se noi moriremo con Cristo raggiungeremo i nostri fratelli che ci hanno preceduti in paradiso e con loro aspetteremo la risurrezione in cielo, nel caso contrario ce ne andremo in perdizione in attesa della condanna eterna.

In altre parole ancora (insisto affinché il concetto sia il più chiaro possibile), tutti coloro che sono morti in Cristo saranno di certo reputati degni di avere parte alla risurrezione dei giusti perché il loro nome è rimasto scritto nel libro della vita; e quando giungerà quel giorno glorioso otterranno il premio in base al loro operato che Dio conosce perfettamente. Per noi viventi che invece saremo rimasti fino alla venuta del Signore, anche per noi dico non c’è da pensare proprio a nessun giudizio investigativo da parte di Dio come lo intendono gli Avventisti, perché innanzi tutto Cristo ci conosce a fondo e poi perché noi sappiamo che i nostri nomi sono scritti nel libro della vita e là rimarranno incisi per sempre (a condizione che perseveriamo fino alla fine nella fede); e quindi per la grazia di Dio ci sentiamo degni – perché lo siamo diventati – di parte­cipare alla traslazione futura, e possiamo dire che quando Cristo tornerà di certo saremo mutati ed andremo a incontrare il Signore nell’aria. Questa fiducia l’avevano anche i santi antichi che aspettavano il ritorno di Cristo infatti Paolo disse ai Tessalo­nicesi: “Poi noi viventi, che saremo rimasti, verremo insiem con loro rapiti sulle nuvole…”,[4] ed ancora ai Corinzi: “Non tutti morremo, ma tutti saremo mutati”.[5]

Quindi il nome di un credente può essere cancellato dal libro della vita perché, – come abbiamo visto prima – la Scrittura ammette la possibilità, ma questo può avvenire solamente mentre è ancora in vita sulla terra nel caso lui commette il peccato che mena a morte che consiste nell’abbandono e nel rinnegamento del Signore. Questo lo attestò Dio quando disse a Mosè: “Colui che ha peccato contro di me, quello cancellerò dal mio libro”.[6] Anche lo scrittore agli Ebrei attesta ciò in questi termini: ‘Perché quelli che sono stati una volta illuminati e hanno gustato il dono celeste e sono stati fatti partecipi dello Spirito Santo e hanno gustato la buona parola di Dio e le potenze del mondo a venire, se cadono, è impossibile rinnovarli da capo a ravvedimento, poiché crocifiggono di nuovo per conto loro il Figliuol di Dio, e lo espongono ad infamia. Infatti, la terra che beve la pioggia che viene spesse volte su lei, e produce erbe utili a quelli per i quali è coltivata, riceve benedizione da Dio; ma se porta spine e triboli, è riprovata e vicina ad esser maledetta; e la sua fine è d’esser arsa’;[7] ed anche: ‘Perché, se pecchiamo volontariamente dopo aver ricevuto la conoscenza della verità, non resta più alcun sacrificio per i peccati; rimangono una terribile attesa del giudizio e l’ardor d’un fuoco che divorerà gli avversarî. Uno che abbia violato la legge di Mosè, muore senza misericordia sulla parola di due o tre testimoni. Di qual peggior castigo stimate voi che sarà giudicato degno colui che avrà calpestato il Figliuol di Dio e avrà tenuto per profano il sangue del patto col quale è stato santificato, e avrà oltraggiato lo Spirito della grazia?’.[8] Ma certa­mente questa cancellazione non potrà in nessuna maniera avvenire dopo che il credente muore in e con Cristo perché egli è alla presenza del Signore in cielo. Bisogna dunque fare notare a questo punto che se gli Avventisti possono dire che in cielo adesso è in atto questo giudizio investiga­tivo di tutti i credenti morti è perché essi negano che essi siano già in cielo alla presenza del Signore: per essi infatti non esistono perché non hanno anima. Essi esistono solo nella memoria di Dio e basta. Questo è qualcosa da non sottovalutare; difatti se per gli Avventisti i credenti quando muoiono andassero in cielo con il Signore non ci sarebbe bisogno di questo giudizio investigativo per stabilire se essi sono degni della vita eterna. Ecco perché la White disse: ‘Ma se i morti godono già della felicità del cielo (…) che bisogno c’è di un giudizio futuro?’.[9] Dunque, questa falsa dottrina del giudizio investigativo è in un certo senso strettamente collegata all’altra falsa dottrina che nega l’esistenza dell’anima all’interno dell’uomo. Quindi, quando si parla con gli Avventisti occorre insistere sull’esistenza dell’anima all’interno dell’uomo e sulla sua immortalità, e sul fatto che quando muore un credente egli va subito in cielo. Perché nel momento in cui essi rimarranno persuasi che le cose stanno veramente così, di conseguenza la dottrina del giudizio investigativo cadrà da se stessa perché risulterà una falsità.

Certo Dio ci mette alla prova sulla terra, e ci giudica pure, ma questo giudizio di cui parla Pietro nella sua epistola non è da intendersi come lo intendono gli Avventisti perché Gesù ha detto: “Chi ascolta la mia parola e crede a Colui che mi ha mandato, ha vita eterna; e non viene in giudizio…”;[10] (quindi noi sappiamo che non passeremo il giudizio) ma piuttosto come la correzione che Dio infligge a noi suoi figliuoli per farci partecipi della sua santità. Paolo lo conferma ciò quando dice ai Corinzi: “Ora, se esaminassimo noi stessi, non saremmo giudicati; ma quando siamo giudicati, siam corretti dal Signore, affinché non siam condannati col mondo”.[11]

Quindi, la dottrina del giudizio investigativo va rigettata in blocco perché fa pensare innanzi tutto che i morti in Cristo stiano passando al vaglio per mezzo di questo giudizio e che i nomi di alcuni sono conservati scritti nel libro della vita mentre quello di altri viene radiato da esso il che non può accadere perché essi sono già in cielo e aspettano la risurrezio­ne per ottenere la retribuzione per le loro opere e il loro nome non può essere cancellato dal libro della vita; e poi anche che dal libro della vita vengono cancellati con molta facilità i nomi dei credenti difatti, come abbiamo visto, Ellen G. White ha detto: ‘Se qualcuno ha tuttora segnati nei libri dei peccati di cui non si è pentito e che perciò non sono stati rimessi, il suo nome viene radiato dal libro della vita, e la registrazione delle sue buone azioni è cancellata dal libro delle memorie di Dio’.[12] Come dire, basta che hai fallito in una cosa sola e ti sei dimenticato di chiedere perdono a Dio per essa e sarai radiato dal libro della vita!! Veramente disgustose queste parole che fanno apparire il nostro Dio come un essere spietato e non misericordioso e il nostro Avvocato, cioè Gesù, incapace di intercedere per noi. E poi quelle parole della White fanno dimenticare a chi le accetta che Dio non solo rimette i debiti ma li fa anche pagare a coloro che li contraggono in taluni casi. Ascoltate quello che insegnò Gesù: “Se dunque tu stai per offrire la tua offerta sull’altare, e quivi ti ricordi che il tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia quivi la tua offerta dinanzi all’altare, e va’ prima a riconciliarti col tuo fratello; e poi vieni ad offrir la tua offerta. Fa’ presto amichevole accordo col tuo avversario mentre sei ancora per via con lui; che talora il tuo avversario non ti dia in man del giudice, e il giudice in man delle guardie, e tu sii cacciato in prigione. Io ti dico in verità che di là non uscirai, finché tu non abbia pagato l’ultimo quattrino”.[13] Notate che chi non fa presto amichevole accordo col suo avversario cioè il fratello che ha offeso, viene detto essere dato in mano del giudice e cacciato in prigione fino all’estinzione del debito. Uscirà dalla prigione, ma non prima di avere pagato a Dio quello che deve pagare (il debito contratto nei confronti del fratello).

Altre ragioni per cui la dottrina del giudizio inve­stigativo va rigettata sono queste. Essa quando afferma che ‘il giudizio investigativo rivela alle intelligenze celesti chi fra i morti si sono addormentati in Cristo e perciò, in lui sono ritenuti degni di avere parte alla prima risurrezione. Esso, inoltre, rende manifesto chi sono, fra i viventi, coloro che dimorano in Cristo, osservano i comandamenti di Dio e la fede di Gesù e in Gesù, e per conseguenza sono pronti per la traslazione nel suo regno eterno’,[14] annulla di fatto la Scrittura che dice che “Il Signore conosce quelli che son suoi”[15] e le parole che disse Gesù: “Conosco le mie”[16] (le mie pecore). Con questo vogliamo dire che, per quel che concerne i morti in Cristo, Cristo sa chi sono coloro che egli deve risuscitare nell’ultimo giorno e non ha bisogno di mettersi a fare nessuna investigazione per determinare se sono degni di partecipare alla prima risurrezione o meno. Non ha forse egli detto quando era sulla terra: “Poiché questa è la volontà del Padre mio: che chiunque contempla il Figliuolo e crede in lui, abbia vita eter­na; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno”?[17] Che bisogno c’è dunque di una sua investigazione sui morti in Cristo per stabili­re chi deve prendere parte alla prima risurrezione quando è detto chiaramente che egli li risusciterà in risurrezione di vita. Per quel che concerne poi i credenti ancora viventi per loro c’è la sicurezza che essi saranno mutati infatti la Scrittura dice: “Non tutti morremo, ma tutti saremo mutati”.[18] Anche in questo caso quindi, che bisogno c’è di un giudizio investigativo da parte di Cristo in cielo per sapere quali credenti dovranno essere mutati al ritorno di Cristo? Qualcuno dirà: ‘E allora per quel che concerne quelli che dopo avere creduto si traggono indietro a loro perdizione, e alla venuta di Cristo non saranno mutati e non andranno con il Signore? Anche in questo caso non c’è assoluta­mente bisogno di un giudizio investigativo come lo intendono gli Avventisti perché il Signore conosce quelli che sono suoi e sa perfettamente chi sono coloro che si traggono indietro senza bisogno di questo giudizio investigativo come lo intendono gli Avventisti.

 


[1] 2 Cor. 5:10

[2] Samuele Bacchiocchi a sostegno del giudizio investigativo prende anche il passo di 2 Cor. 5:10, ma nello stesso tempo dice che molti cristiani vedono erroneamente la resurrezione come il primo passo verso il giudizio finale, e prosegue dicendo: ‘Quindi, il giudizio è considerato come un evento distinto dalla resurrezione e che si verifica susseguentemente. Questo non è l’insegnamento di Gesù, di Paolo o degli altri scrittori biblici che vedono la resurrezione a vita o a morte come la rivelazione e l’esecuzione del giusto giudizio di Dio’ (Samuele Bacchiocchi, La speranza dell’avvento, pag. 221). Ma egli erra grandemente per mancanza di conoscenza difatti le parole di Paolo ai Corinzi si riferiscono per forza di cose alla retribuzione che ogni credente riceverà quando risusciterà o sarà mutato alla venuta di Cristo perché Gesù un giorno dopo avere detto a chi lo aveva invitato in casa sua: “Quando fai un desinare o una cena, non chiamare i tuoi amici, né i tuoi fratelli, né i tuoi parenti, né i vicini ricchi; che talora anch’essi non t’invitino, e ti sia reso il contraccambio; ma quando fai un convito, chiama i poveri, gli storpi, gli zoppi, i ciechi; e sarai beato, perché non hanno modo di rendertene il contraccambio” (Luca 14:12-14), gli disse: “ma il contraccambio ti sarà reso alla risurrezione de’ giusti” (Luca 14:14). Si noti bene l’armonia che esiste tra le parole di Paolo ai Corinzi e quelle appena citate di Gesù. Paolo dice che noi tutti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo per essere retribuiti per il bene che abbiamo fatto quando eravamo nel corpo (come anche per il male) e dunque ricevere il contraccambio per le nostre opere buone, e Gesù dice che chi fa un convito per i poveri riceverà il contraccambio alla risurrezione dei giusti. Dunque davanti al tribunale di Cristo i santi compariranno alla risurrezione. Vorrei fare notare poi una palese contraddizione in cui cadono gli Avventisti nel citare le parole di 2 Cor. 5:10 a sostegno del giudizio investigativo dei credenti. Se infatti loro dicono che quando il credente muore non va in cielo perché rimane in uno stato di incoscienza e mentre lui ‘dorme’ avviene questo giudizio investigativo nei suoi confronti come può comparire davanti al tribunale di Cristo? Non può. Dunque le parole di Paolo – anche dal punto di vista avventista che nega l’immortalità dell’anima – devono per forza di cose riferirsi ad un giudizio che avverrà dopo la risurrezione e non prima di essa.

[3] Ap. 3:5

[4] 1 Tess. 4:17

[5] 1 Cor. 15:52

[6] Es. 32:33

[7] Ebr. 6:4-8

[8] Ebr. 10:26-29

[9] Ellen G. White, Il gran conflitto, pag. 400

[10] Giov. 5:24

[11] 1 Cor. 11:31-32

[12] Ellen G. White, op. cit., pag. 352

[13] Matt. 5:23-26

[14] Articolo di fede, n. 23: citato da G. De Meo, op. cit., pag. 236

[15] 2 Tim. 2:19

[16] Giov. 10:14

[17] Giov. 6:40

[18] 1 Cor. 15:52