L’uno stima un giorno più di un altro….

Gli Avventisti del Settimo Giorno – Indice  >  L’imposizione del sabato e della decima, e il divieto di mangiare alcuni cibi e di bere alcune bevande  >  L’imposizione del sabato  >  L’uno stima un giorno più di un altro….

Nell’epistola di Paolo ai Romani troviamo scritto: “L’uno stima un giorno più d’un altro; l’altro stima tutti i giorni uguali; sia ciascuno pienamente convinto nella propria mente. Chi ha riguardo al giorno, lo fa per il Signore….”.[1]

Ma perché Paolo scrisse queste parole? Come dobbiamo intenderle? L’apostolo Paolo scrisse queste parole a dei fratelli Gentili di nascita, quindi non Giudei di nascita, i quali avevano conoscenza della legge infatti dice loro in un posto: “O ignorate voi, fra­telli (poiché io parlo a persone che hanno conoscenza della legge), che la legge signoreggia l’uomo per tutto il tempo ch’egli vive?”.[2] E in mezzo a quei fratelli c’erano coloro che si erano convinti che in un particolare giorno si dovevano astenere da certe azioni in riguardo a quel giorno particolare, o che in un particolare giorno dovevano fare delle cose che negli altri giorni non facevano, sempre in riguardo a quel giorno. Ma c’erano anche coloro che consideravano tutti i giorni uguali e che in quel giorno particolare in cui altri si astenevano da certe azioni o ne facevano delle particolari, non sentivano questa stessa necessità. Perciò Paolo esortò i fratelli che avevano queste diverse convinzioni a non disprezzarsi e a non giudicarsi; perché coloro che avevano riguardo ad un giorno particolare facevano questo per il Signore e non per loro stessi, perché convinti nella loro mente in quella maniera.

Ma quali sono le implicazioni oggi? Oggi possono esserci dei fratelli che hanno riguardo al sabato, e sono convinti nella loro mente che in quel giorno si devono astenere da ogni lavoro; questa è una loro convinzione e noi la dobbiamo rispettare perché essi quello che fanno non lo fanno per loro stessi ma per il Signore. Altri ancora possono invece avere riguardo alla domenica ed essere convinti che in quel giorno si devono astenere da ogni lavoro a riguardo di quel giorno, e fanno così per il Signore. Anche in questo caso noi dobbiamo rispettare la convinzione di questi fratelli perché essi quello che fanno lo fanno per il Signore. Ma ci sono anche fratelli per i quali tutti i giorni sono uguali e non ritengono di non doversi per forza di cose astenere da ogni lavoro né di sabato e né di domenica, e di questo sono convinti. Anche questi fratelli non sono né da giudi­care e neppure da sprezzare. Ma potrebbero esserci anche fratelli che hanno riguardo alla Pasqua, perché durante quella festa il Signore fu crocifisso per i nostri peccati. Che fanno in quel giorno? Si astengono da ogni lavoro e tengono una riunione per rendere grazie a Dio e per celebrare la cena del Signore per ricordare la morte del Signore. Anche in questo caso siccome che questa è la loro convinzione essi non devono essere giudicati.

Badate che in tutti questi casi non si parla di fra­telli che vogliono imporre la loro convinzione ad altri fratelli, ma solo di fratelli che hanno in loro stessi questa convinzione e basta.

Qualcuno, dopo avere udito ciò, dirà: ‘Ma allora se il giorno di sabato non è obbligatorio sotto la grazia osservarlo come lo osservavano gli Israeliti, vi è forse un altro giorno al suo posto da osservare? Diciamo che secondo quello che insegnano le Scritture del Nuovo Patto non c’è un giorno in particolare che noi Cristiani dobbiamo osservare per esplicito comando di Dio. Neppure la domenica allora? Neppure la domenica, ossia il primo giorno della settimana. Badate che quando noi parliamo di osservanza del giorno di domenica come ordine di Dio ci riferiamo all’ordine divino di non fare alcun lavoro in esso, all’ordine di avere in esso una santa convocazione, insomma all’ordine di santificare quel giorno perché santificato da Dio come lo era stato il setti­mo giorno anticamente.

Qualcuno a questo punto dirà: ‘Ma la Scrittura dice che i primi cristiani si riunivano il primo giorno della settimana perché in esso è risor­to il Signore!’

A tale riguardo ricordiamo che per quanto riguar­da il seguente passo: “Or la sera di quello stesso giorno, ch’era il primo della settimana, ed essendo, per timor de’ Giudei, serrate le porte del luogo dove si trovavano i discepoli, Gesù venne e si presentò quivi in mezzo…”;[3] bisogna dire che i discepoli erano radunati non per onorare quel giorno, dato che ancora essi non avevano avuto ancora la prova certa della risurre­zione di Cristo. Ricordiamo che essi, essendo Giudei, si erano riposati il sabato secondo il comandamento mosaico; quindi quel primo giorno della settimana che era in corso non era un giorno di ripo­so.

Per quanto riguarda il passo degli Atti: “E nel primo giorno della settimana, mentre eravamo radunati per rompere il pane…”;[4] esso non indica che il primo giorno della settimana era stato consa­crato dai cristiani d’allora alla cena del Signore e neppure che in esso i credenti non facevano lavoro alcuno; ma solo che i credenti erano radunati in quel giorno per celebrare la cena del Signore. Non si può dedurre da questo che la cena del Signore si deve fare solo il primo giorno della settimana, cioè la domenica. Se noi doves­simo concludere che la cena del Signore si deve celebrare solo il primo giorno della settimana, in virtù di questo episodio, allora che cosa dovremmo dedurre da quest’altro passo negli Atti: “E tutti i giorni, essendo di pari consentimento assidui al tempio, e rompendo il pane nelle case, prendevano il loro cibo assieme con letizia e semplicità di cuore…”,[5] se non che i primi cri­stiani celebravano la cena del Signore ogni giorno? Quindi qual­cuno potrebbe anche dire che la cena del Signore si deve fare tutti i giorni e non solo di domenica, appoggiandosi sulle Scrit­ture. E qualcun altro potrebbe dire che la cena del Signore la si deve celebrare solo il giovedì, perché fu di giovedì che Gesù la istituì. E allora nascono le contese, perché taluni dicono una cosa e gli altri un’altra. Per questo Paolo ha detto: “L’uno stima un giorno più d’un altro; l’altro stima tutti i giorni uguali; sia ciascu­no pienamente convinto nella propria mente”; per evitare che in seno alla fratellanza sorgano liti a cagione di opinioni diverse anche sul giorno di domenica. E’ chiaro quindi da questo che noi non imponiamo l’osservanza della domenica in sostituzione dell’osservanza del sabato, proprio perché non c’è uno specifico comando a tale riguardo. Noi riteniamo che se è sbagliato imporre ai credenti l’osservanza del sabato è sbagliato pure imporgli l’osservanza della domenica. Qualcuno in fin dei conti potrebbe rinfacciarci questo: ‘Come! Il giorno del sabato almeno fu Dio a comandare di santificarlo astenendosi da ogni lavoro in esso, ma il giorno di domenica la Scrittura non dice che fu santificato da Dio e da lui comandato di santificarlo! o magari dirci giustamente: ‘Ma che avete fatto? Avete sostituito un ombra con un altra ombra?! Per evitare quindi che qualcuno ci biasimi a motivo di ciò; noi preferiamo lasciare liberi i credenti dicendo loro di riunirsi nel giorno che prefe­riscono. Si riuniscono di venerdì perché di venerdì fu crocifisso il Signore? Nessuno li critichi. Si riuniscono di sabato, come si riunivano i Giudei nelle loro sinagoghe, per glorificare Iddio? Nessuno li critichi. Si riuniscono la domenica perché in esso risuscitò il Signore? Anche in questo caso nessuno li critichi. Si riuniscono tutti i giorni come gli antichi discepoli che erano del continuo nel tempio a benedire Iddio, senza avere riguardo né al venerdì né al sabato e neppure alla domenica? Anche in questo caso non devono essere criticati. Sia ciascuno pienamente convinto nella propria mente e non sprez­zi o giudichi chi la pensa in maniera diversa.

Un’ultima cosa; il fatto che Paolo, che era un Giudeo di nascita, ha dato la suddetta esortazione a riguardo del giorno a cui uno ha riguardo, senza ordinare di avere riguardo al sabato (cosa che certamente lui ordinava quando era sotto la legge) dovrebbe fare seriamente riflettere gli Avventisti. Perché un Giudeo secondo la carne, non convertito a Cristo, a riguardo del giorno settimanale da onorare non parlerebbe giammai così. Cioè non direbbe mai: se uno ha riguardo al sabato per il Signore, bene, se invece ha riguardo ad un altro giorno per il Signore, non va giudicato perché fa ciò per il Signore. Basta considerare solo come i Giudei ortodossi (cioè coloro che più di altri sono attaccati alla legge) ancora oggi tengono in alta considerazione lo Shabbath per rendersi conto di ciò. Se Paolo dunque non impose ai santi di fra i Gentili di avere riguardo al sabato questo sta a dimostrare che lui era davvero morto alla legge per vivere a Dio. Lui viveva in novità di spirito e non in vecchiezza di lettera. E non solo, come abbiamo visto, Paolo non ordinò neppure di avere riguardo al primo giorno della settimana, quantunque lui ed altri si riunirono pure di domenica per rompere il pane (vedi per esempio l’esempio di Troas). Ed anche questo dovrebbe fare riflettere, ma soprattutto noi. Perché? Perché talvolta c’è il rischio di dimenticare che non è il riunirsi la domenica anziché un altro giorno che ha importanza davanti a Dio. Taluni quando arriva la domenica pare che vengano presi dalla smania di essere presenti al locale di culto a tutti i costi, come se la riunione di quel giorno abbia un importanza nettamente superiore a quella di un giorno infrasettimanale. Durante la settimana non si preoccupano di recarsi al locale di culto per riunirsi con i fratelli, cantare, pregare assieme a loro ed ascoltare la predicazione della Parola di Dio. No, se ne stanno a casa adducendo pretesti di ogni genere; chi è stanco, chi ha i bambini, chi questo e chi quell’altro. Naturalmente però i motivi sono altri; essi non provano nessun piacere a riunirsi con i santi durante la settimana perché i santi non sono la gente onorata in cui ripongono tutta la loro affezione; il loro diletto non è nel Signore e nella sua parola. Ecco perché i locali di culto sono semideserti durante la settimana. Ma arrivata la domenica ecco che appaiono i disertori dei giorni infrasettimanali per far vedere che santificano la domenica per amore del Signore. E il pastore li coccola perché portano le offerte nel paniere. Magari però c’è qualche fratello che ama il Signore e la fratellanza che indipendentemente dalla sua volontà qualche volta deve lavorare di domenica, che appena manca viene sprezzato o giudicato persino dal pastore. Oramai è la presenza nel locale di culto in un particolare giorno che rende il cristiano accetto a Dio; non più l’osservanza dei comandamenti di Dio! Bisogna dunque stare attenti a non fare dell’avere riguardo al giorno di domenica un segno di fedeltà a Dio e il non avere riguardo ad esso (mi riferisco ad un fratello che è impossibilitato a riunirsi con i fratelli in quel giorno o che si riunisce lo stesso con i fratelli in quel giorno ma non ha riguardo a quel giorno) un segno di infedeltà a Dio perché così non è. Lo ripeto, così non è.

 


[1] Rom. 14:5-6

[2] Rom. 7:1

[3] Giov. 20:19

[4] Atti 20:7

[5] Atti 2:46