La testimonianza di una donna morta in Cristo e tornata in vita

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Lura Johnson Grubb, all’età di diciassette anni, mentre si trovava inferma sul letto, ebbe in estasi una visione del Paradiso celeste. Ecco cosa ella disse: ‘Vidi un grande fascio di luce, più brillante del sole di mezzogiorno, che scendeva verso di me direttamente dal cielo. Un alone luminoso, molto largo in diametro circoscriveva quel raggio di gloria che aveva come meta il mio capezzale. Il letto sembrava infuocato dal suo chiarore. (…) Mi sentii sollevare dal raggio luminoso e trasportare in una città a me sconosciuta. Mi ritrovai alle porte di perla. Esse abbagliavano di splendore nella luce trasparente del cielo. Un altro passo ancora ed entrai nella città di Dio e mi trovai sulle strade d’oro simili a vetro trasparente. Tutto splendore intorno a me, ma quello splendore non era il riverbero di nessun sole. Non c’era bisogno del sole per illuminare durante il giorno, né della luna di notte: l’eternità celeste è costantemente illuminata dalla presenza continua della luce di Gloria. Mentre attonita contemplavo la magnificenza che mi circondava, pensai: ma certamente questo è il cielo’. Il cielo era il luogo più meraviglioso di cui avessi mai udito parlare o letto sulla terra. ‘Sicuramente questo dev’essere il cielo’; e se lo è, allora Gesù deve essere qui’, conclusi in me stessa. Gesù era là. La luce sfolgorante che irradiava dal Trono di Dio mi accecò. Vidi il Padre come un fuoco consumante, può darsi come Mosè lo descrisse, e alla Sua Mano destra vidi Gesù. Il mio Signore. In un primo tempo lo vidi molto impercettibile: la vista mi si era velata ed offuscata a causa del chiarore eccezionale. Desideravo ardentemente vedere Gesù; lo volevo vedere chiaramente ed essere certa, senza tema di sbagliare, che era il mio Signore. Così, alzai le mani sul volto e stropicciai gli occhi. (…) Dopo di ciò potei vedere senza impedimento. Era Gesù! Era il mio Salvatore, ed Egli mi guardava. I suoi occhi erano fissi nei miei stanchi ed affaticati dalle pene. Il suo sguardo amorevole era così pieno di compassione, di comprensione, di simpatia che il mio cuore si commosse dentro di me. Quello sguardo mi affascinò, e con tutta l’anima esaltai la Sua maestà. (…) Mentre ero così assorta nell’adorazione del mio Signore, udii concerti di musica fluttuanti sulle onde luminose del cielo. Era una musica perfetta: non si udivano note discordanti, ma era così armoniosa che volli conoscerne la provenienza. Sebbene a malincuore, distolsi gli occhi e mi volsi a guardare da quella parte. A distanza vidi la schiera dei santi che in vestimenti bianchi marciavano ordinatamente e pieni di adorazione verso il Trono di Dio. Erano numerosi e simili alla moltitudine di cui Giovanni il rivelatore scrisse: ‘di migliaia di migliaia, di decine di migliaia di decine di migliaia’. Essi mi passarono così vicino che avrei potuto stendere la mano e toccarli facilmente. Con mia gioiosa sorpresa, vidi alcuni dei miei cari: Iddio li aveva posti nella prima fila. Una mia cugina che si era affiliata alla Chiesa Battista, la stessa mattina in cui io mi ero affiliata, veniva col volto radioso verso di me. Soltanto un anno prima ella era caduta molto ammalata ed era rapidamente passata da questa valle di lacrime, che è la terra, alla vetta della felicità di Dio. Ella mi passò vicino e mi sorrise, come per dire; ‘sono lieta che tu sia qui’. (…) I santi marciavano in schiera saltellando come piume sugli scalini attorno al Trono e fluttuando con delicatezza divina, in armonia con l’inno marziale, discendevano dal lato opposto, per scomparire nella distanza luccicante, mentre altri continuavano ad apparire, ad appressarsi al Trono. Essi marciavano fila dopo fila, numerosi, quanti i miei occhi potevano abbracciarne abbastanza. Oh! come risplendevano di gloria i loro abiti! Erano più bianchi della neve, ed abbagliavano letteralmente la vista. (…) Volevo stare nel cielo, volevo unirmi a quell’esercito Celeste e lodare il Signore per sempre. Volevo ascoltare quella musica meravigliosa, vedere la gloria e godere la beatitudine. Ma improvvisamente la scena cambiò e i miei occhi fisici si riapersero al mondo naturale’.[1] Poco dopo la stessa sorella racconta la sua morte e la sua dipartenza. Ecco le sue parole: ‘I cari che si erano radunati nella mia casa, pieni di compassione, stavano facendo tutto ciò che era nelle loro possibilità di fare per mantenermi in vita. L’ultimo tentativo lo fece mio zio. Pensando che forse la circolazione del sangue era divenuta troppo povera per riscaldare il mio corpo, chiese alle donne di applicarmi sui piedi e sulle gambe degli asciugamani riscaldati col vapore. Nel momento stesso in cui essi toccarono la mia carne fredda di morte, il corpo si irrigidì ed i piedi si sollevarono di diversi centimetri dal letto. Non si trattava di una insufficiente circolazione, ma della morte che stava prendendo possesso del mio corpo. Sapevo che stavo morendo. Improvvisamente, mi sembrò come se il tetto della nostra casa si sollevasse. Mentre il sole irradiava con i primi rosei raggi dell’alba il cielo della campagna del Mississippi, vidi i cieli ripieni di miriadi di oggetti simili ad uccelli. La volta celeste era oscurata da quella moltitudine. Essi stavano scendendo giù sempre più in basso fino a raggiungere un’altezza abbastanza vicina perché io potessi riconoscerli: era l’esercito del cielo che avevo appena conosciuto poche ore prima. Mentre mi ero trovata alla presenza del Signore, all’improvviso uno di loro si separò e discese fino all’angolo della mia stanza, qui si arrestò un istante e esitante, vedendo che i miei famigliari si stavano accomiatando da me. Mia madre era stata tutto il tempo a fianco al mio letto, continuando a pregare il Signore di lasciarmi in vita. Nel vedere il coro celeste scendente, gridai con debole voce: ‘Stanno venendo a prendermi; non li vedete, vengono! vengono per me!’ Oh! pensavo che tutti coloro che si trovavano nella stanza li vedessero! Io li vedevo chiaramente, ed ero certa che essi venivano per me. I parenti e gli amici silenziosamente si alternavano vicino al mio capezzale per deporre l’ultimo bacio sulle mie labbra violacee e mentre si chinavano su di me qualche calda lagrima di dolore, veniva a cadere sulle mie gote ghiacce. Le mie sorelle ruppero in singhiozzi nel salutarmi per l’ultima volta; il mio fratellino mi baciò con tenerezza, ma era troppo piccolo per rendersi conto di ciò che stava avvenendo e del dolore degli adulti i quali ben conoscevano il significato della morte e le torture di una separazione per sempre. In ultimo mia madre si chinò su di me, mi attirò sul suo seno e pianse. Le dissi: ‘Mamma non piangere per favore! non piangere! sto Lassù, ci incontreremo nuovamente’. Molto riluttante e con un sentimento di sconfitta, di fronte alla sgradita ombra nera che era venuta a guastare la felicità nel suo piccolo nido, la mamma si raddrizzò e rimase vicino al mio letto. Esalai un ultimo e profondo respiro, e dolcemente, senza resistenza mi dipartii dal corpo per unirmi alla scorta celeste che avevano atteso nell’angolo della stanza e che per ultimo mia madre si fosse accomiatata da me. Mi unii alla guida Angelica che mi attendeva in un angolo della stanza ed insieme iniziammo il viaggio verso l’alto. Prima però, nel sollevarmi dal letto mi volsi a guardare per l’ultima volta il luogo da cui stavo per partire, come la farfalla agile e variopinta si diparte dal bozzolo per entrare nella fragile atmosfera della primavera Celeste. Vidi la mamma accasciarsi al suolo, e la udii singhiozzare in maniera che temetti che il suo cuore dovesse scoppiare. Quello fu l’unico evento che guastò la perfetta felicità della mia dipartenza. Soffrii nel vedere la mamma così addolorata. (….) Una volta raggiunto il suo compagno l’angelo che aveva disteso il drappo mortuario nella mia casa, la scena della stanza scomparve completamente nell’oblio. Ero grandemente entusiasta al pensiero di tornare nel luogo meraviglioso dell’eternità senza lagrima, di camminare sulle strade pavimentate d’oro e marciare insieme alla schiera dei santi, vestiti di bianco, di ascoltare la dolce melodia del ‘canto dei redenti’. Ero tanto impaziente, guardavo fisso in alto, aspettando di vedere ad ogni istante apparire sull’orizzonte degli spazi, il primo raggio di gloria che si annunciasse la città di Dio. (…) Continuammo a fluttuare verso l’alto, sempre più in alto, attraverso gli spazi, per un certo tempo. Improvvisamente il silenzio fu rotto; il mio compagno parlò e disse: ‘Tu non puoi andare ancora lassù!’ Ripetei fra me: ‘non posso ancora andare lassù, e perché mai? Credevo invece che fossimo quasi arrivati’! Ma prima ancora che potessi dire qualche cosa egli proseguì: ‘Il Signore ha del lavoro per te’. Lavoro per me?’ continuai a chiedermi. L’Angelo spiegò: ‘Il Signore vuole mandarti sulla terra nuovamente, per avvisare la gente che Gesù torna presto! (…) Guardandomi attorno, mi ritrovai tutta sola: la mia guida angelica era scomparsa ed il Signore non era visibile in nessuna parte. Lentamente cominciai a discendere giù, sempre più in basso, fino a che non avvistai in lontananza il profilo della piccola casa in cui giaceva il mio corpo fisico privo di vita. Durante i quarantacinque minuti in cui ero stata assente ed il mio corpo era rimasto privo di respirazione e circolazione il Signore aveva operato nel cuore di mia madre. Quando avevo esalato l’ultimo respiro e lo zio aveva detto: ‘è morta’ la mamma, dopo aver qualche istante dato sfogo al dolore, era corsa nell’attigua stanza da letto, si era prostrata in ginocchio e, sepolto il volto fra le coltri del letto, aveva gridato al Signore: ‘Signore, per tre anni ti ho chiesto di guarire la mia figliuola, a Te l’ho chiesto come meglio ho potuto; in questi sei ultimi giorni, ho digiunato e pregato, Signore, ho fatto tutto ciò che ho saputo fare! ed ora, malgrado la sua vita sia spenta; Tu sei potente di ridarmi la mia figliuola. Ridammi la mia figliuola Signore, caro, ridammela! Il Signore ascoltò il suo grido, e le parlò in maniera udibile: ‘tu hai chiesto la guarigione della tua figliuola; ma sei disposta a consacrarla a me? La mamma non aveva mai pensato a ciò; aveva pregato per la mia guarigione perché mi voleva per sé. In quel momento ella comprese e disse: ‘Sì Signore, Te la consacrerò!’ Se tu le ridai la vita, ella poi potrà andare dove Tu vorrai, ed io non alzerò un dito per impedirglielo. (…) Figurativamente parlando, proprio come il padre Abrahamo depose Isacco sull’altare, così mia madre mi depose sull’altare del servizio di Dio. Ella acconsentì alla richiesta del Signore. Il Signore le disse: ‘asciugati gli occhi, ho ascoltato la tua preghiera, vai e vedi ciò che Io, il Signore, ho fatto’. In fede ed ubbidienza alla voce divina ella si alzò dal suo Monte Moria e fiduciosa entrò nella mia stanza. Si diresse subito verso il mio letto, sul quale giaceva un corpo senza vita, non vi era respiro, non vi era battito. Aveva il Signore veramente parlato? Avrebbe Egli risposto alla preghiera? Si era forse sbagliata? Ella era certa che Iddio aveva parlato! Egli avrebbe risposto! Non si era sbagliata! avrebbe perciò atteso fiduciosamente! Gli amici, i vicini, pensavano che quella assenza di quarantacinque minuti dalla stanza, le fosse servita per farla ritornare in sé. Vedendola così serena, non si opposero a che ella si avvicinasse di nuovo al letto della sua figliuola e che vi rimanesse tutto il tempo che avesse desiderato. Non sarebbe passato molto tempo che quelle amate spoglie sarebbero state poste per sempre nel profondo seno della terra. La osservavano tutti attentamente, pronti ad intervenire in suo aiuto, in caso ce ne fosse bisogno. Nel frattempo mia madre ed io eravamo assenti dalla stanza, i famigliari avevano incominciato a disporre ogni cosa per il funerale che si sarebbe dovuto tenere nelle primissime ore di quel pomeriggio, in maniera che si sarebbe potuto trasportare la salma a Water Vallej, a circa sessanta Km di distanza dalla nostra abitazione, per darle sepoltura nella nostra tomba di famiglia, dove anche il babbo era stato sepolto. (….) I nostri amici vicini si presentarono a dare una mano di aiuto per organizzare il funerale, mentre la mamma si intratteneva nella stanza attigua per far a Dio una consacrazione completa e permanente in cambio della mia resurrezione. Ora però la mamma si trovava in piedi, a fianco al mio capezzale, aspettando la risposta promessa dal Signore; Egli non era mai venuto meno verso di lei, e non lo sarebbe venuto neppure ora. Era immobile come una statua, con gli occhi sul mio volto cereo e sulle mie labbra livide che, come gli altri pensavano, sarebbero dovute rimanere serrate fino al giorno in cui, al suono della tromba di Dio, i morti in Cristo risusciteranno. Ma inaspettatamente, la salma si mise a sedere sul letto! Il miracolo era avvenuto! Iddio era stato fedele verso mia madre’. [2]

 


[1] Lura Johnson Grubb, Vivere per parlare di morte, s.l., s.d, pag. 34-35,38-39

[2] Lura Johnson Grubb, op. cit., pag. 41-49