Il servizio militare e la guerra; e l’uso della forza in difesa di se stessi e dei deboli e degli indifesi

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La dottrina avventista

Il servizio di leva armato e l’arruolamento nell’esercito in caso di guerra sono scoraggiati ma non vietati; il ricorso all’uso della forza contro i nemici in certi casi è consentito.

Rolando Rizzo nel suo libro Serrate le fila, serrate le fila…, libro che lui ha scritto in risposta ai duri giudizi che quelli del Movimento della Riforma (gruppo avventista di origine tedesca che si separò dalla Chiesa Avventista nel 1918) lanciano contro la Chiesa Avventista del 7° giorno, arrivando a definirla Babilonia,[1] spiega qual è la posizione avventista sul servizio militare, sulla guerra, sull’uso diretto della forza da parte del cristiano, e su quello indiretto (sollecitato dal cristiano) da parte dello Stato.

Per quanto riguarda la posizione avventista sul servizio militare, nel libro viene citato Calvin B. Rock, vice presidente della Conferenza Generale, che dice tra le altre cose: ‘La Chiesa Avventista del 7° Giorno desidera che i suoi membri partecipino ad attività che salvano la vita, non che la sopprimono. Di conseguenza, noi speriamo che coloro che entrano nell’esercito assumeranno dei compiti da ‘non combattenti’. La nostra posizione, tuttavia, non richiede alcuna forma di censura verso coloro che scelgono di portare le armi. La chiesa non applica il comandamento ‘Non uccidere’ (letteralmente tradotto ‘Non commettere omicidio’) alla pena di morte, all’autodifesa e alla difesa del proprio paese, almeno non nella stessa maniera in cui lo applica ad atti commessi per ira, concupiscenza, gelosia, vendetta, ecc. … Abbiamo diversi membri che lavorano nella polizia; alcuni sono guardie giurate, altri lavorano nell’FBI o in altre agenzie federali di questo tipo. La maggioranza porta armi, ma non è soggetta alla disciplina ecclesiastica secondo il nostro Manuale di Chiesa, né lo sono i soldati che scelgono di portare le armi. Nondimeno, poiché crediamo che ci siano abbastanza persone nell’esercito addestrate a togliere la vita, e poiché crediamo che imparare a uccidere sia nocivo al rispetto per la vita e alla crescita spirituale, noi decisamente incoraggiamo i nostri giovani a scegliere dei ruoli di non combattenti’.[2] Il Rizzo, parlando dell’attitudine del cristiano verso l’esercito, dopo avere dimostrato la necessità che uno Stato ha dell’esercito e che dall’esistenza dell’esercito, come anche della polizia, dipende il vivere tranquillo e quieto anche dei credenti, perché sia l’esercito che la polizia hanno tra gli scopi quello di difendere la popolazione, passa a esaminare la questione se sia lecito per un cristiano entrare nell’esercito per compiervi un servizio armato. Egli allora espone i principali problemi a cui andrebbe incontro un cristiano entrando nell’esercito a fare un servizio armato e dopo di ciò dice: ‘Per questa serie di problemi reali, credo che storicamente la chiesa abbia scelto la posizione di ‘Non combattente’, lasciando alla coscienza individuale la decisione ultima’,[3] precisando che la White ‘critica molto severamente gli sbandieratori a priori dell’obiezione di coscienza radicale al servizio militare..’.[4] Il risultato di questa posizione è che la stragrande maggioranza dei giovani avventisti compiono scelte di ‘Non combattente’ o di Servizio Civile dove questo è possibile. In Italia, tra il 90 e il 95% dei giovani avventisti opta per il Servizio Civile. Bisogna dunque dire che gli Avventisti non incoraggiano i giovani a fare il servizio militare in un ruolo combattente ma bensì a farlo in un ruolo non combattente. Questa posizione si chiama obiezione di coscienza non radicale perché non si oppone del tutto all’entrata nell’esercito da parte di un credente né in tempo di pace e né in tempo di guerra.

Per quanto riguarda l’uso personale della forza da parte del cristiano Rolando Rizzo nel commentare le parole di Gesù: “Voi avete udito che fu detto: Ama il tuo prossimo e odia il tuo nemico. Ma io vi dico:….”,[5] per dimostrare che Gesù ‘non contrappone una presunta nuova legge dell’amore a una vecchia legge che da esso prescindesse’,[6] afferma che Gesù ‘cita solo nella prima parte l’Antico Testamento. Sull’odio per i nemici, fa forse riferimento a qualche rabbino illustre, o a convinzioni popolari assai diffuse, ma non alla legge che non prevedeva l’odio per i nemici, ma l’amore operante..’.[7] Poco prima infatti il Rizzo cita il seguente passaggio della legge: “Se incontri il bue del tuo nemico o il suo asino smarrito, non mancare di ricondurglielo. Se vedi l’asino di colui che t’odia steso a terra sotto il carico, guardati bene dall’abbandonarlo, ma aiuta il suo padrone a scaricarlo”,[8] per dire che già nella legge era previsto l’amore verso i propri nemici (si tenga presente che queste medesime cose le dicono attualmente anche tanti Giudei disubbidienti per dimostrare che Gesù non ha portato nulla di nuovo al Giudaismo anche per quanto riguarda l’amore verso i propri nemici). Questo amore verso i propri nemici predicato da Cristo non significa però che è da escludersi ogni ricorso alla forza per difendere gli innocenti. A sostegno di ciò viene citato l’esempio di Abramo il quale quando sentì che Lot era stato preso come prigioniero da alcuni re, armò trecentodiciotto dei suoi più fidati servitori e inseguì i re, li sconfisse e portò via dalle loro mani Lot.[9] E poi il Rizzo dice: ‘Io credo che, nelle stesse condizioni di Abramo, un uomo che facesse oggi quello che lui ha fatto, non potrebbe essere giudicato da nessun comitato di chiesa come responsabile di tradimento del sermone sulla montagna. Credo inoltre che ogni madre o padre riformista, sensibile ai diritti dei deboli, che ami i propri figli, agirebbe come Abramo il giorno che fosse costretto a scegliere tra l’uso della forza per proteggere e l’inerzia. (…) Credo proprio che se si ama veramente, esistono dei momenti in cui, per amore, debba essere necessario l’uso della forza’.[10] Dopo di ciò il Rizzo cita una sua esperienza personale in cui ha ritenuto necessario usare la forza; la trascrivo: ‘Uscivo dal portone dell’Unione in Lungotevere Michelangelo, a Roma: avevo con me una borsa piena di libri. A pochi metri di distanza una signora terrorizzata piangeva e urlava, strattonata e minacciata da due giovani tossicodipendenti, una ragazza e un ragazzo, che le chiedevano del denaro tra la paura e l’inazione dei passanti. Il mio dovere di cristiano era quello di amare i due giovani, ma anche quello di amare la signora. Come amarli tutti? Pregai silenziosamente e rapidamente, quindi invitai i giovani a mollare la presa; ne ricevetti minacce. In quel momento credetti utile urlare, strattonare per un braccio la ragazza che mollò la presa, poi alzare la pesante borsa minacciosa contro l’altro che lasciò immediatamente la mano della signora… la quale ne approfittò per scappare; i due mi minacciarono un po’, poi fuggirono via. Certamente col mio gesto, ho privilegiato nell’amore la vittima. Ho agito come Abramo. Potevo fare di meglio? Potevo risolvere quel problema senza minacciare violenza? Forse’.[11] Si noti come a conclusione del suo racconto, il Rizzo non ritiene che quella fosse l’unica via da scegliere; in altre parole come egli stesso non sia convinto di avere agito nella maniera migliore. Allora le parole di Gesù di non contrastare il malvagio? Rizzo è chiaro: ‘Noi non crediamo che Gesù chieda al cristiano di ‘non contrastare il malvagio’ sino al punto di lasciare alla sua discrezione il diritto alla vita o quella dei propri simili. (…) E l’uso della forza da parte del cristiano? Non può che essere un fatto estremo; ma gli estremi esistono sino a quando saremo quaggiù’.[12]

Veniamo ora all’uso della forza (sollecitato dal cristiano) da parte dello Stato in difesa dei diritti del cristiano. Sempre Rizzo afferma: ‘.. il messaggio di Cristo inteso a fare dei cristiani degli operatori di pace, se visto alla luce dell’intera Rivelazione e di un minimo di buon senso, non nega a questi il diritto, ma talvolta il dovere estremo, di usare la forza per difendere i propri diritti o quelli di quanti è chiamato a proteggere’.[13] In altre parole ad un cristiano è lecito ricorrere alla forza dello Stato per far valere i propri diritti contro i propri nemici. Ed a sostegno di questa tesi viene preso l’apostolo Paolo che dopo essere definito ‘il più illustre interprete di Cristo’, viene detto che ‘ricorse anche lui in extremis a richiedere l’uso della forza armata per salvare la propria vita e il proprio ministero. Infatti, quando seppe che gli ebrei erano determinati a ucciderlo, utilizzando la propria cittadinanza romana, disse a Festo che lo voleva inviare a Gerusalemme: Io mi appello a Cesare’. [14] Questo, Rizzo lo dice perché ritiene che ‘sollecitando gli altri a usare la forza per noi, usiamo anche noi quella forza’.[15] Paolo dunque usò anche lui la forza dello Stato contro i suoi nemici. Il Rizzo poi racconta un fatto a sua conoscenza per dimostrare come alcuni pur non usando la forza direttamente la usano indirettamente. Lui dice: ‘… una studentessa di teologia lavorò durante l’estate in una famiglia di religione ebraica ortodossa. In quella casa, dal tramonto del venerdì al tramonto del sabato, nessuno accendeva la luce; chiedevano però a lei di farlo. Avere la luce prevedeva un gesto che a loro ripugnava compiere, perché per loro avrebbe significato trasgredire la legge di Mosè. La logica vorrebbe che se quel gesto fosse stato ripugnante sarebbe stato meglio rinunciare alla luce; ma quella famiglia aveva trovato la soluzione: avere le mani pulite facendo compiere quel gesto ad altri. Spesso in perfetta buona fede ragioniamo allo stesso modo quando proclamiamo ai quattro venti che è antievangelico ‘Contrastare il malvagio’ addirittura con le armi, ma che poi, quando ci si imbatte veramente in un malvagio che abbia sfasciato la nostra macchina e non ne voglia rispondere; che ci abbia venduto una casa che non vuole più darci; che ci abbia pagato con un assegno a vuoto; che abbia tentato di violentare i nostri figli; che non ci voglia pagar più lo stipendio pattuito…, allora chiediamo alla magistratura che usi la forza per far rispettare la legge, pensando così di essere perfettamente non violenti. In realtà, quando sollecitiamo che si usi la forza per noi, noi usiamo quella forza. Il mandante ha, penalmente, maggiore responsabilità del killer’.[16]

 


[1] I motivi addotti sono essenzialmente tre. 1) L’atteggiamento deviante assunto dalla chiesa sul problema del servizio militare all’epoca della prima guerra mondiale e confermato da prese di posizioni successive. Era accaduto che quando scoppiò la prima guerra mondiale, i dirigenti della chiesa avventista della Germania scrissero ai leaders del loro paese presentando la disponibilità delle chiese nel consigliare ai giovani in servizio di leva l’uso delle armi in difesa della patria, anche di sabato (oggi però gli Avventisti del 7° giorno riconoscono che quei dirigenti tedeschi sbagliarono nell’agire in quella maniera). 2) Il possibilismo della chiesa sull’alimentazione carnea. 3) L’incoerenza in rapporto agli standards (trucco, abbigliamento, ecc.)

[2] Citato da Rolando Rizzo, Serrate le fila, serrate le fila… Ai fratelli del Movimento di Riforma, pag. 28

[3] Ibid., pag. 53

[4] Ibid., pag. 54. Per quanto riguarda la posizione della White a riguardo della guerra gli Avventisti del 7° giorno sostengono che lei non insegnò l’obiezione di coscienza radicale per cui un cristiano in caso di guerra dovrebbe, se chiamato, arruolarsi nell’esercito per non disubbidire alle autorità statali. Rolando Rizzo cita a sostegno di questa posizione della White una lettera scritta dal figlio W.C. White che fu, per sua designazione, il suo segretario particolare. W.C. White riporta nella lettera un colloquio avuto con sua madre in relazione alla guerra del 1915-1918, mentre lei si trovava sul letto di malattia. La White chiese a suo figlio: Il nostro popolo è in qualche maniera coinvolto dalla guerra? Sì – rispose W.C. White – centinaia sono stati costretti a entrare nell’esercito e alcuni sono stati uccisi mentre altri vivono situazioni di pericolo… Alcuni nostri fratelli in America e in Europa ritengono che quanti tra i nostri fratelli sono stati costretti a entrare nell’esercito avrebbero fatto male a sottomettersi al servizio militare. Loro pensano che sarebbe stato meglio per loro rifiutare di portare le armi, anche se sapevano che come risultato di questo rifiuto sarebbero stati fucilati’. Io non penso che dovrebbero farlo – rispose Ellen White – penso che devono compiere il loro dovere finché dura questo mondo’ (Arthur White, Ellen G. White, Review and Herald, 1992, vol. VI, pag. 427; citato da Rolando Rizzo, op. cit., pag. 92)

[5] Matt. 5:43

[6] Rolando Rizzo, op. cit., pag. 35

[7] Ibid., pag. 35. Questo discorso parte dal presupposto che per gli Avventisti ‘Gesù perfeziona la legge e i profeti ma non li abolisce, poiché non esiste abisso tra l’Antico e il Nuovo Testamento ma solo completamento’ (Rolando Rizzo, op. cit., pag. 34).

[8] Es. 23:4-5

[9] Cfr. Gen. 14:10-16

[10] Rolando Rizzo, op. cit., pag. 36

[11] Ibid., pag. 36-37

[12] Ibid., pag. 38

[13] Ibid., pag. 40

[14] Ibid., pag. 44. Cfr. Atti 25:11

[15] Ibid., pag. 44

[16] Ibid., pag. 44-45