Mentire è peccato in ogni caso

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L’apostolo Paolo dice agli Efesini: “Perciò, bandita la menzogna, ognuno dica la verità al suo prossimo perché siamo membra gli uni degli altri”.[1] L’apostolo è chiaro e non lascia dubbi a riguardo della menzogna; essa è cosa da bandire. Qualcuno domanderà: ‘Ma è da bandire sempre o ci sono circostanze in cui essa è ammessa?’ Rispondo dicendo che la Scrittura non parla di eccezioni in cui è lecito mentire. In qualsiasi circostanza e per qualsiasi ragione la menzogna è da aborrire. Il credente dunque non deve mentire neppure quando con la menzogna recherebbe un favore a qualcuno. Forse qualcuno adesso farà notare che la meretrice Rahab mentì quando gli fu chiesto di far uscire da casa sua le due spie mandate a Gerico da Giosuè, eppure ella è noverata tra coloro che per la loro fede piacquero a Dio, e Giacomo dice che ella fu giustificata anche per le sue opere. Sì, Rahab ebbe fede in Dio e non perì per la sua fede, ma rimane il fatto che quando rispose agli uomini mandati dal re di Gerico ella disse una menzogna perché disse loro che i suoi ospiti erano andati via e lei non sapeva dove fossero andati, quando invece ella li aveva nascosti.[2]

Ora voglio raccontare un fatto accadutomi durante il servizio militare in cui mi fu raccomandato di mentire per coprire un errore sia mio che di un altro e scampare così alla punizione del capitano. Le cose andarono così; io ed un altro commilitone stavamo compiendo un servizio di caserma che durava circa 24 ore. Ambedue compimmo però un infrazione nel servizio, infrazione che poteva costare l’annullamento delle licenze che erano ormai pronte sia per me che per lui per quel fine settimana. Il mio commilitone cercò di riparare il tutto dicendo al capitano della compagnia una menzogna, per lui dunque noi ci trovavamo virtualmente fuori dai guai. Gli amici del mio commilitone mi pregarono dunque di confermare al capitano che le cose erano andate come aveva detto lui, il che non era affatto vero. Il loro tono era minaccioso, anche perché c’era di mezzo il permesso di andare a casa del mio commilitone. Quando però il capitano la mattina durante l’adunata davanti a tutti gli altri miei colleghi caporali volle domandarmi se le cose erano andate così come gli era stato riferito, io gli risposi con ogni franchezza di no, preferendo dire la verità e subire la giusta punizione che meritavo per la mia negligenza. Al che lui prese la mia licenza e il permesso del mio commilitone e li stracciò. Questo scatenò l’ira del mio commilitone che era un non credente e dei suoi amici, il cui sguardo verso di me diventò cagnesco. Già non gli piacevo a motivo della mia fede, ma ciò accrebbe notevolmente la loro avversità nei miei confronti.

Un ultima cosa. Nel caso che dire la verità significasse tradire il nostro prossimo bisognerà fare di tutto per non rispondere (anche se venissimo minacciati di carcere e di morte nel caso ci rifiutassimo di rispondere). L’esempio classico è quello in cui le autorità ricercassero un nostro fratello per carcerarlo o per metterlo a morte a motivo della sua fede, e ci chiederebbero dove si trova per poterlo arrestare. E’ meglio farsi carcerare o morire e salvare l’innocente che tradirlo dicendo dove si trova nascosto.

 


[1] Ef. 4:25

[2] Cfr. Gios. 2:1-23. Anche Isacco e Giacobbe mentirono in due particolari circostanze.
Di Isacco è scritto: “E Isacco dimorò in Gherar. E quando la gente del luogo gli faceva delle domande intorno alla sua moglie, egli rispondeva: ‘E’ mia sorella’; perché avea paura di dire: ‘E’ mia moglie’. ‘Non vorrei’, egli pensava, ‘che la gente del luogo avesse ad uccidermi, a motivo di Rebecca’. Poiché ella era di bell’aspetto. Ora, prolungandosi quivi il suo soggiorno, avvenne che Abimelec, re de’ Filistei, mentre guardava dalla finestra, vide Isacco che scherzava con Rebecca sua moglie. E Abimelec chiamò Isacco, e gli disse: ‘Certo, costei è tua moglie; come mai dunque hai detto: E’ mia sorella?’ E Isacco rispose: ‘Perché dicevo: Non vorrei esser messo a morte a motivo di lei’. E Abimelec: ‘Che cos’è questo che ci hai fatto? Poco è mancato che qualcuno del popolo si giacesse con tua moglie, e tu ci avresti tirato addosso una gran colpa’. E Abimelec diede quest’ordine a tutto il popolo: ‘Chiunque toccherà quest’uomo o sua moglie sia messo a morte” (Gen. 26:6-11).
Di Giacobbe, che è annoverato anch’egli tra coloro che piacquero a Dio per la loro fede, viene detto che mentì a suo padre Isacco dicendogli di essere Esaù per appropriarsi della benedizione del primogenito (cfr. Gen. 27:1-40).
Possiamo giustificare le loro menzogne? Assolutamente no. La menzogna è menzogna, non importa da chi viene usata e quale sia la circostanza in cui viene detta.