Butindaro Giacinto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LA CHIESA CATTOLICA ROMANA


 

 

 

PREFAZIONE

 

Cari fratelli nel Signore, ben sapendo che anche voi vi trovate spesso a parlare dell’Evangelo della grazia ai Cattolici romani, e ben sapendo che molti di voi conoscono molto superficialmente le dottrine cattoliche romane (e quasi niente della storia del papato), e ben sapendo che per opporsi efficacemente ai Cattolici romani e dimostrare loro gli errori ai quali sono dati (colla speranza che riconoscano di essere stati ingannati e invochino il Signore affinché abbia pietà di loro) è necessario conoscere le loro errate dottrine per poter mettergli di fronte le Scritture con cui quelle dottrine vengono confutate (e naturalmente per fare ciò occorre conoscere le sacre Scritture per usarle con dirittura nei loro confronti), ho deciso di scrivere questo libro contro le eresie della chiesa cattolica romana: un altro libro confutatorio quindi che segue quello contro il New Age.

La confutazione che segue ha dunque questi scopi: far conoscere più approfonditamente il cattolicesimo romano a coloro fra voi che lo conoscono solo superficialmente, dimostrare con le Scritture che esso non ha nulla a che vedere con il cristianesimo essendo una forma di paganesimo camuffato abilmente da cristianesimo, ed aiutarvi mediante di essa a esporre meglio la sana dottrina ai Cattolici che la contraddicono nella loro ignoranza. Il mio desiderio infatti è quello di confermarvi nella guerra che anche voi sostenete contro i principati, le potestà, i dominatori di questo mondo di tenebre, e le forze spirituali della malvagità che sono nei luoghi celesti, che tengono schiave del peccato e della menzogna, milioni e milioni di Cattolici romani che non sanno nulla e non capiscono nulla, avendo le loro menti accecate dalle tenebre. In altre parole che voi non restiate punto confusi dinanzi a questi avversari del Vangelo fatti di carne ed ossa che sono manovrati a loro insaputa dai nemici spirituali del Vangelo, cioè il diavolo e i suoi ministri, ma che con la Parola di Dio esposta con ogni franchezza distruggiate ogni vano ragionamento e buttiate giù ogni altezza da essi elevata contro il Vangelo. Sia esaltata e difesa la dottrina di Dio e camminino a testa alta coloro che l’amano, ma sia distrutta ogni sorta di menzogna e superstizione e restino confusi arrossendo e non avendo nulla di che replicare coloro che le insegnano e praticano. Sempre con la speranza e il vivo desiderio che rientrati in loro stessi riconoscano la verità e siano liberati dalle mani di Satana; e questo alla gloria del nostro Dio che è benedetto in eterno. Amen.

Come in ogni mio scritto confutatorio, anche in questo contro la chiesa cattolica romana, prima ci sarà l’esposizione della dottrina errata a riguardo di questo o quell’altro argomento, e poi seguirà la dimostrazione della falsità di quella dottrina che rappresenta un occasione per esporre il sano insegnamento della Scrittura a riguardo di questa o quell’altra cosa. Nel presente scritto dimostrerò pure alcune delle falsificazioni ed imposture perpetrate dalla chiesa cattolica romana fino ad oggi, confuterò alcune dottrine del movimento carismatico cattolico con cui purtroppo alcuni fratelli si sono messi a collaborare, e l’ecumenismo di cui oggi si sente molto parlare alla chiesa cattolica romana e che purtroppo ha attecchito in molte Chiese.

Per quanto riguarda la parte storica della chiesa cattolica romana, ho voluto esporre maggiormente la storia del papato che si sa è la trave portante del cattolicesimo romano. Questa parte però si trova nel quarto capitolo, dedicato alla confutazione del papato, e non all’inizio del libro. Qui e là nel libro però ci sono diversi altri riferimenti storici che concernono in una maniera o nell’altra la chiesa cattolica romana (storia del purgatorio, della confessione, delle indulgenze, del celibato forzoso, dell’Inquisizione, ecc.), per cui è necessario collegarli alla storia del papato, esposta in quel capitolo, collocandoli nel periodo storico a cui si riferiscono.

Spero vivamente nel Signore e prego Dio che questo scritto contribuisca a vie più fortificare le vostre mani nella lotta che anche voi sostenete in difesa del Vangelo del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo, e possa aiutare delle anime tenute schiave da questa organizzazione religiosa - se mai capitasse nelle loro mani - a pervenire alla conoscenza della verità che è in Cristo Gesù, e uscire così dalle tenebre del cattolicesimo.

 

 

 

La grazia sia con voi

 

Butindaro Giacinto


INTRODUZIONE

 

Nello studiare le dottrine della chiesa cattolica romana,[1] ho potuto riscontrare personalmente che questa organizzazione religiosa insegna pure delle dottrine vere. Voglio quindi iniziare col dire che cosa di giusto la chiesa cattolica romana afferma.

-  Dio: ‘Dio è l’essere perfettissimo, Creatore e Signore del cielo e della terra’;[2] ‘Creatore significa che Dio ha fatto dal nulla tutte le cose’;[3] ‘Signore significa che Dio è padrone assoluto di tutte le cose’;[4] ‘Dio non ha corpo, ma è purissimo spirito’;[5] ‘Dio è in cielo, in terra e in ogni luogo; Egli è l’Immenso;[6] ‘Dio è sempre stato e sempre sarà; Egli è l’Eterno;[7] ‘Dio sa tutto, anche i nostri pensieri; Egli è l’Onnisciente;[8]Dio può fare tutto ciò che vuole: Egli è l’Onnipotente’;[9] ‘Dio ha cura e provvidenza delle cose create, e le conserva e dirige tutte al proprio fine, con sapienza, bontà e giustizia infinita’;[10] ‘Dio è uno solo, ma in tre Persone eguali e distinte, che sono la santissima Trinità (...) Le tre Persone della santissima Trinità si chiamano Padre, Figliuolo e Spirito Santo’.[11]

-  Gesù Cristo: ‘Gesù Cristo è la seconda Persona della santissima Trinità, cioè il Figliuolo di Dio fatto uomo’;[12] ‘Sì, Gesù Cristo è vero Dio e vero uomo’;[13] ‘Il Figliuolo di Dio si è fatto uomo prendendo un corpo ed un’anima come abbiamo noi, nel seno di Maria Vergine per opera dello Spirito Santo’;[14] ‘Gesù Cristo nacque a Betlemme..’;[15] ‘Gesù Cristo, nella sua vita terrena, c’insegnò con l’esempio e con la parola a vivere secondo Dio, e confermò coi miracoli la sua dottrina; finalmente, per cancellare il peccato, riconciliarci con Dio e riaprirci il Paradiso, si sacrificò sulla Croce, ‘unico Mediatore tra Dio e gli uomini’;[16] ‘Il suo Corpo fu seppellito (...) Poi Gesù Cristo risuscitò; risuscitò ripigliando il suo medesimo corpo e riunendo al corpo anche l’anima’;[17] ‘Gesù Cristo, dopo la sua risurrezione, rimase in terra quaranta giorni; poi salì al cielo, dove siede alla destra di Dio Padre onnipotente’;[18] ‘Gesù Cristo tornerà visibilmente su questa terra...’.[19]

-  L’uomo: ‘Il peccato di Adamo spogliò lui e tutti gli uomini della grazia e d’ogni altro dono soprannaturale, rendendoli soggetti al peccato, al demonio, alla morte, all’ignoranza, alle cattive inclinazioni e ad ogni altra miseria, ed escludendoli dal Paradiso’;[20] ‘L’anima dell’uomo non muore col corpo, ma vive in eterno, essendo spirituale’.[21]

-  Paradiso e inferno: ‘E’ certo che esistono il Paradiso e l’In­ferno (...) Il Paradiso e l’Inferno dureranno eternamente’.[22]

-  Risurrezione: ‘Alla fine del mondo ci attende la risurrezione della carne (...) Risurrezione della carne significa che il nostro corpo, per virtù di Dio, si ricomporrà e si riunirà all’anima...’.[23]

Ma assieme a queste dottrine la chiesa cattolica romana insegna tante altre dottrine prive di fondamento scritturale che contra­stano la Parola di Dio e sotto le quali ha sepolto il Vangelo della grazia di Dio; sì, lo ha letteralmente sepolto. Uso que­st’espressione perché ho riscontrato personalmente, non solo leggendo i loro libri di teologia ma anche parlando con tanti Cattolici romani, che benché questa chiesa dica di credere nella divina ispirazione della Scrittura[24] e di predicare l’Evangelo in effetti ha messo il Vangelo sotto un cumulo di immondizie, vale a dire sotto le sue eresie,[25] impedendo così alle persone di essere salvate e di pervenire alla conoscenza della verità. In altre parole, la chiesa cattolica romana ha preso la sua millenaria tradizione e l’ha posta al di sopra dell’Evangelo, cosicché le persone non vedono più il Vangelo della grazia, che è la sola parola che le può salvare, ma solo la sua tradizione che rinnega apertamente e sfacciatamente il messaggio del Vangelo che Cristo prima e poi gli apostoli ci hanno annunziato. E’ appunto contro le sue eresie che mi accingo a scrivere, al fine di dimostrare come in effetti la chiesa cattolica romana con la sua tradizione ha annullato l’Evangelo perché dice che per essere salvati occor­re operare invece di credere, e annunzia un altro Gesù; sì proprio un altro Gesù, diverso da quello che abbiamo conosciuto noi, perché il Gesù di cui essa parla è impotente da solo a salvare gli uomini avendo bisogno dell’assistenza di Maria. Anzi, possiamo dire, facendo un confronto tra come essi presentano Gesù e come presentano Maria, che il Gesù della chiesa cattolica romana è meno potente di Maria. Questo si può ben vedere persino nelle abominevoli immagini e opere scultoree di questa chiesa idolatra; Gesù viene spesso rappresentato bambino nelle braccia di sua madre, quasi che volessero infondere nelle persone la convinzione che Gesù sia rimasto un lattante che ha bisogno di essere tenuto nelle braccia da sua madre, e quindi meno forte di sua madre adulta. E quando Gesù non è presentato bambino, è presentato morto appeso alla croce, o cadavere nelle braccia di sua madre. Quindi la chiesa romana si serve anche delle immagini e delle statue per sminuire Gesù; ma Gesù Cristo è uomo fatto che dopo essere morto risuscitò dai morti e fu assunto in cielo e fatto sedere alla destra di Dio al di sopra di ogni principato e signoria e trono, e davanti a lui si prostrano tutti (anche Maria) e senza di lui nessun uomo può andare a Dio. E’ lui il Gesù di cui parlano le Scritture; ma quello che presenta la chiesa cattolica romana è un Gesù fatto a sua misura, un Gesù rintuzzato, per potere sostenere tutto quel suo profano deposito costituito da tutte le sue eresie e che viene fatto passare per tradizione apostolica.

Nella mia confutazione comincerò a distruggere il baluardo su cui si erge tutta quanta la chiesa cattolica romana, e cioè la dot­trina che afferma che la salvezza si ottiene per opere[26] e non per fede (i teologi papisti si esprimono dicendo ‘anche per opere e non solo per fede’); proseguirò poi col distruggere tutte le altre sue dottrine demoniache che sono in una maniera o nell’altra collega­te ad essa (ed anche quelle che non sono collegate ad essa). Ho ritenuto opportuno partire da questa loro dottrina perché è quella che serve da fondamento al muro che ci separa da loro, e perché è di primaria importanza conoscerla nei suoi particolari per comprendere bene la maggiore parte di tutte le altre sue eresie edificate su di essa e la maniera in cui sono collegate ad essa.


Capitolo 1

 

LA SALVEZZA

 

LA DOTTRINA DEI TEOLOGI PAPISTI IN TERMINI GENERALI

 

La chiesa cattolica romana afferma che ‘il Figliuol di Dio si fece uomo per salvarci, cioè per redimerci dal peccato...’.[27] Quindi, essa insegna il giusto in questo; ma passando a spiegare il come Cristo ci salva essa afferma una eresia perché dice che Cristo ‘ci redense dal peccato originale che cancella in noi col Battesimo, e ci redime dai peccati nostri colla Penitenza che perdonandoceli, ci condona anche l’Inferno per essi meritato, e ci riacquista il diritto al Para­diso’.[28] Che cosa vogliono dire queste parole? Questo, che quando il bambino viene battezzato (cioè - per loro - quando gli viene versata l’acqua benedetta sul capo) viene liberato dalla schiavitù del peccato, viene giustificato dinanzi a Dio, gli viene cancellato il peccato originale, ed ottiene di entrare in paradiso (senza fede quindi); poi quando è cresciuto e compie dei peccati mortali, che sono i soli che secondo la teologia papista lo privano della grazia divina e lo rendono degno di pena o morte eterna all’inferno, allora si deve andare a confessare dal prete, che lo redime da essi, lo giustifica, e glieli rimette, assolvendolo e dandogli delle opere di penitenza da compiere per espiarli appieno perché i meriti di Cristo non bastano: l’uomo deve anche lui dare la sua parte di soddisfazione per i suoi peccati a Dio! Così, tramite la confessione fatta al prete e l’osservanza delle opere prescritte­gli, egli può ricuperare la grazia perduta, e meritarsi il paradiso.[29] In sostanza la salvezza di cui parlano i teologi papisti non si ottiene per fede soltanto (e quindi non per grazia di Dio) il che equivale a dire che Cristo in realtà non è venuto a salvarci ma ad aiutarci affinché ci salvassimo da noi stessi.

Ho voluto fare questa premessa per fare capire, senza entrare per ora nei dettagli di questi due sacramenti essenziali alla salvez­za (questo lo faremo quando parleremo specificatamente di essi), che la teologia papista insegna non la salvezza per (sola) fede, come la insegna la sacra Scrittura, ma una salvezza per mezzo del battesimo quando si è fanciulli (o quando si è adulti) e per mezzo della penitenza (il che implica sempre - si tenga presente questo - il dovere fare qualcosa per espiare i propri peccati) quando si è cresciuti. E’ vero che parlano anche loro di fede, ma (oltre a fare delle strane distinzioni di fede come quella tra la fede teologale e quella di fiducia) fanno capire chiaramente, e ripeto chiaramente, che per la sola fede non si viene salva­ti, per la sola fede non si ottiene la remissione dei peccati, per la sola fede non si viene giustificati, per la sola fede non si ottiene la vita eterna. Il loro messaggio in sostanza è questo: ‘Non basta credere per essere salvati, giustificati, perdonati, ed entrare in paradiso’.

Ora, come ho accennato prima, per la teologia papista c’è una redenzione, una remissione dei peccati, una giustificazione con il relativo diritto di andare in paradiso, che si ottiene senza fede e senza opere con il battesimo per infusione dopo pochi giorni in cui si è nati; e poi c’è un’altra redenzione, un’altra remissione dei peccati, un’altra giustificazione con il diritto di andare in paradiso che si ottiene mediante il sacramento della penitenza quando si è più grandi - dopo avere commesso i cosid­detti peccati mortali - compiendo opere di misericordia e morti­ficazioni. Io in questa prima parte del libro confuterò maggiormente la dottrina che dice che l’affrancamento dal peccato, la giustificazione, la remissione dei peccati, e la vita eterna si ottengono per opere meri­torie, in altre parole la salvezza per opere prescritta agli adulti dalla chiesa papista che possiamo benissimo chiamare autoredenzione. Sì, perché nei fatti la redenzione offerta dal cattolicesimo agli uomini è un autore­denzione perché essa si fonda essenzialmente sui meriti umani che consistono nel cattolicesimo in digiuni, morti­ficazioni, atti di misericordia, elemosine, preghiere e cerimonie cosiddette sacre. Questo è un dato di fatto; ma i teologi papisti san ben mascherare questa autoredenzione parlando di grazia. Ma di una grazia suddivisa in due specie; grazia santificante e grazia sacramentale che vengono conferite all’uomo dai loro sacramenti. Senza entrare nei dettagli mi limito a dire che questa loro grazia conferita dai sacramenti mette in grado l’uomo di meritarsi, e ripeto meritarsi, la salvezza eterna.

Ora, con la grazia di Dio, dimostrerò che non è affatto in virtù di opere che si viene liberati dai peccati, che non è in virtù di opere che si viene giustificati, che non è in virtù di opere che si ottiene la remissione dei peccati, e che non è in virtù di opere che si ottiene la vita eterna,[30] ma solo ed esclusivamente mediante la fede, quindi per la grazia di Dio (gratuitamente). E che perciò ogni merito umano è escluso nella maniera più assoluta; ogni sforzo umano compiuto per guadagnarsi la salvezza è vano ed offensivo nei confronti di Cristo Gesù.

La salvezza è per grazia, totalmente per grazia; l’uomo non deve guadagnarsela, ma deve solo riceverla dalla mano di Dio. Questo è il messaggio che sta alla base del Vangelo; se esso manca, manca l’Evangelo. E nella chiesa cattolica romana manca proprio questo, il Vangelo della grazia di Dio. Adesso lo dimostrerò.

L’AFFRANCAMENTO DALLA SCHIAVITÙ DEL PECCATO

La dottrina dei teologi papisti

 

La redenzione dal peccato si ottiene mediante il battesimo e la penitenza. I meriti di Cristo non bastano per riceverla, bisogna perciò fare delle opere buone per ottenerla.

I teologi papisti - come ho già accennato - sostengono che il battesimo libera dal peccato chi lo riceve (quindi non solo gli infanti ma anche gli adulti che per esempio si convertono dal buddismo al cattolicesimo); ed affermano pure che una volta battezzati se si compiono dei peccati ‘mortali’ si perde la grazia e quindi è necessario andare a confessarsi dal prete per ottenere la liberazione da essi e ricuperare la grazia perduta. Va detto però che quantunque il prete abbia ricevuto da Cristo l’autorità di rimettere i peccati, al penitente dopo la confessione rimane da espiare una parte della colpa meritata. Perché questo? Perché i meriti di Cristo (che il prete pretende di applicare al penitente con la formula assolutoria) sono insufficienti a salvarlo per cui non è sufficiente la fede a salvarlo, cioè per lui non è sufficiente pentirsi e credere che Gesù Cristo è morto anche per i suoi peccati sulla croce ed è risuscitato per la sua giustificazione, ma occorrono pure delle opere buone (chiamate opere di soddisfazione). E come sostengono ciò con le sacre Scritture? Prendono le seguenti parole di Paolo ai Colossesi: “E quel che manca alle afflizioni di Cristo lo compio nella mia carne a pro del corpo di lui che è la Chiesa”,[31] e gli danno questo significa­to: ‘Noi dobbiamo cooperare con Cristo per la nostra salvezza mediante le nostre opere meritorie, quindi con i nostri patimen­ti; e questo perché noi dobbiamo compiere quello che manca alle afflizioni di Cristo’. Quindi quando si sente parlare di redenzione ai Cattolici bisogna tenere presente le seguenti cose; che il battesimo e la penitenza sono reputati indispensabili per essere salvati (questo lo vedremo meglio più avanti), e che nel caso dell’adulto che si va a confessare dopo avere peccato ‘mortalmente’ contro Dio, la fede in Cristo soltanto non lo può in alcun modo redimere perché egli è chiamato a compiere opere di soddisfazione. Ecco perché i teologi papisti ripetono continuamente che la fede soltanto non salva, che non basta soltanto credere per essere salvati: perché secondo loro per essere salvati occorre la fede e le buone opere.[32]

Ma le cose non stanno affatto così, perché se per essere salvati da Cristo oltre la fede sono necessarie delle opere giuste allora la salvezza cessa automaticamente di essere per grazia ossia gratuita.

Confutazione

Si viene liberati dalla legge del peccato e della morte credendo in Gesù e quindi per grazia

 

La sacra Scrittura afferma che tutti hanno peccato, perciò tutti sono schiavi del peccato che commettono secondo che é scritto: “Chi commette il peccato è schiavo del peccato”;[33] ed essa afferma che per essere affrancati dalla schiavitù del peccato bisogna soltanto ravvedersi dai propri peccati e credere nel Signore nostro Gesù Cristo.[34] Quindi, è da escludersi sia che il battesimo (sia per infusione che per immersione) salva dal peccato, perché la fede (che è quella che salva) deve precedere e precede il battesimo; e sia che la confessione al prete redima dal peccato perché, secondo la Scrittura, c’è bisogno solo di pentirsi e di credere col cuore in Cristo Gesù per ottenere la redenzione dal peccato, senza bisogno alcuno di un mediatore terreno.

Le seguenti Scritture attestano in maniera inequivocabile che si viene salvati soltanto mediante la fede, e quindi non mediante il battesimo che segue la fede e neppure tramite delle opere buone.

-  Paolo e Sila, quando il carceriere di Filippi chiese loro: “Signori, che debbo io fare per esser salvato?”,[35] gli risposero: “Credi nel Signor Gesù, e sarai salvato tu e la casa tua”.[36]

Essi non gli dissero: ‘Fatti battezzare e sarai salvato’ e neppure: ‘Fai delle opere buone e sarai salvato’, perché sapevano che l’uomo viene salvato mediante la fede nel Signore Gesù e non mediante il battesimo o delle opere buone. Ma poniamo il caso che questa domanda sia fatta ad un prete, che risponderà egli? Egli risponderà così: devi farti innanzi tutto battezzare, devi credere tutte le cose che Dio ha rivelate alla sua Chiesa e che sono nella Bibbia e nella tradizione e poi devi fare delle opere giuste. Dopo avere fatto tutto ciò però non puoi essere certo di essere salvato perché potresti cadere in qualche peccato mortale e perdere così la grazia ricevuta; in questo caso comunque c’è la confessione che ti salva. Ma per fare una buona confessione occorrono diverse cose e poi che tu faccia le opere prescritte dal confessore. Studiati di ricevere i sacramenti della chiesa e di fare del tuo meglio e spera di essere salvato ma non dire mai che sei salvato: questa è sfacciata presunzione. Ma ditemi: Non è tutto ciò una via molto complicata e del tutto insicura?

-  Cornelio era un uomo pio e temente Dio con tutta la sua casa, e faceva molte elemosine al popolo e pregava Dio del continuo, ma nonostante ciò non era ancora stato salvato dai suoi peccati quando l’angelo di Dio gli apparve in visione dicendogli di mandare a chiamare Simon Pietro. Questo é confermato dal fatto che l’angelo gli disse: “Manda a Ioppe, e fa’ chiamare Simone, soprannominato Pietro; il quale ti parlerà di cose, per le quali sarai salvato tu e tutta la casa tua”.[37] Cornelio fu salvato quando accettò per fede le parole che Pietro disse in casa sua.

Quindi, quest’uomo non fu salvato né dal battesimo (che gli fu ministrato dopo che credette) e neppure dalle sue elemosine ma fu salvato dalla sua fede nel Vangelo che Pietro gli predicò. Certamente se le preghiere e le elemosine che faceva Cornelio fossero state sufficienti per la sua salvezza non ci sarebbe stato bisogno ch’egli udisse l’Evangelo e credesse in esso. Il fatto è però che Cornelio benché temesse Dio, lo pregasse e facesse molte elemosine era ancora perduto e schiavo del peccato. Fu indispensabile anche per lui sentire l’Evangelo e credere in esso per essere salvato perché la salvezza non la conferisce il battesimo e non è il frutto di opere buone ma il dono di Dio che si riceve credendo e non ope­rando.

-  Paolo disse ai Romani: “Sia ringraziato Iddio che eravate bensì servi del peccato, ma avete di cuore ubbidito a quel tenore d’insegnamento che v’è stato trasmesso; ed essendo stati affran­cati dal peccato, siete divenuti servi della giustizia”.[38]

I credenti di Roma furono salvati dai loro peccati ubbidendo al Vangelo, cioè credendo nel Vangelo, e non mediante il battesimo o per avere fatto delle opere buone.

-  Paolo disse ai Romani: “Io non mi vergogno dell’Evangelo; perché esso é potenza di Dio per la salvezza d’ogni credente”;[39] questo significa che è il messaggio della Buona Novella che libera dai peccati tutti coloro che credono in esso. E noi siamo testimoni della salvezza operata dal Vangelo in coloro che erano schiavi di ogni sorta di iniquità: uomini che nel passato erano fornicatori, sodomiti, ladri, ubriachi, avari, stregoni, bugiardi, sono stati liberati dal peccato a cui essi ubbidivano soltanto mediante la loro fede nel Vangelo. Essi non avrebbero mai potuto essere liberati dalla schiavitù delle loro passioni peccaminose mediante il battesimo, o mortificando il loro corpo, o facendo elemosine, visitando gli ammalati, le vedove e gli orfani, o dando da man­giare agli affamati e da bere agli assetati, e questo sempre perché si viene liberati dalla schiavitù del peccato credendo, soltanto credendo, il che precede sempre il battesimo e il buon operare ordinato da Dio ai credenti.

-  Paolo dice agli Efesini: “Poiché gli è per grazia che voi siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non vien da voi; è il dono di Dio. Non è in virtù d’opere, affinché niuno si glorî..”.[40]

Noi che abbiamo creduto nel Vangelo della nostra salvezza siamo stati liberati dai nostri peccati mediante la sola fede nel Vangelo; nessuno di noi può dire di essere stato salvato dai suoi peccati mediante il battesimo o per avere fatto delle elemosine, delle visite agli ammalati, alle vedove e agli orfani, o per avere dato da mangiare, da bere e da vestire a coloro che ne avevano bisogno, appunto perché non é in virtù del battesimo in acqua o di opere buone che abbiamo ottenuto questa grande salvez­za, ma soltanto, e lo ripeto soltanto, per avere creduto nel Vangelo della grazia di Dio. Se si potesse essere salvati mediante delle opere buone, Cristo sarebbe morto inutilmente, e sarebbe quindi inutile predicare l’Evangelo a tutti quegli uomini che pensano di pervenire alla salvezza facendo il bene a se stessi ed agli altri. Ma oltre a ciò, bisogna dire che se si potesse essere salvati mediante delle opere buone, gli uomini avrebbero di che gloriarsi nei confronti di Dio, perché potrebbero dire di essersi meritati la salvezza, in altre parole potrebbero dire che essa è stata il frutto delle loro fatiche, e non direbbero mai e poi mai che essa é il frutto del tormento dell’anima di Cristo Gesù. Essi potreb­bero dire che sono stati loro a soffrire per salvarsi, e non più che Cristo, il Giusto, ha sofferto per noi ingiusti per affrancarci dalla schiavitù del peccato. Ma, come diceva Paolo ai Romani, “dov’è dunque il vanto? Esso è escluso. Per qual legge? Delle opere? No, ma per la legge della fede”,[41] poiché noi riteniamo che l’uomo venga salvato mediante la sua fede in Gesù Cristo. Ecco, perché noi non abbiamo nulla di che vantarci, perché siamo stati salvati mediante la legge della fede, e quindi per grazia. Sì, per la grazia di Dio; perché noi abbiamo dovuto solo credere nel Signore Gesù per essere salvati.

-  Paolo dice ai Tessalonicesi: “Ma noi siamo in obbligo di rende­r del continuo grazie di voi a Dio, fratelli amati dal Signore, perché Iddio fin dal principio vi ha eletti a salvezza mediante la santificazione nello Spirito e la fede nella verità”.[42]

L’apostolo rendeva grazie a Dio perché a Dio era piaciuto, in base al suo proponimento eterno, di salvare i credenti di Tessa­lonica. Ma come li aveva salvati Dio i Tessalonicesi? Mediante il battesimo o le opere buone forse? No, ma mediante la santificazione dello Spirito e la fede nella verità. Ancora una volta la Scrittura conferma che la salvezza si ottiene non mediante il battesimo e neppure tramite le opere buone, ma mediante la fede nella verità. Dove sono quindi i meriti dell’uomo? Sono esclusi per la legge della fede.

-  Paolo dice ai Corinzi: “Fratelli, io vi rammento l’Evangelo che v’ho annunziato, che voi ancora avete ricevuto, nel quale ancora state saldi, e mediante il quale siete salvati...”,[43] poi dice loro l’Evangelo che gli aveva annunziato, ed infine dice: “Così noi predichiamo, e così voi avete creduto”.[44]

Da questo discorso di Paolo si deduce che i Corinzi erano stati salvati mediante la loro fede nel Vangelo e non mediante il battesimo (che pure essi avevano subito ricevuto dopo avere creduto) o per avere fatto opere buone. Alcuni di loro erano stati adulteri, fornicatori, idola­tri, effeminati, sodomiti, ladri, avari, rapaci, ubriachi e oltraggiatori; ma erano stati salvati dai loro peccati mediante la sola fede nel Vangelo, che avevano riposto in esso prima di farsi battezzare, senza le opere della legge. Per questo il messaggio di Cristo è chiamato la Buona Novella della pace; perché per ottenere pace con Dio, cioè per essere riconciliati con Dio, i peccatori non devono compiere opere meritorie, ma devono solo ravvedersi e credere nel nome di Gesù Cristo. D’altronde che buona novella sarebbe il messaggio di Cristo se esso dicesse che per essere salvati dal peccato bisogna compiere delle opere buone? Non sarebbe tutto ciò in contraddizione netta con l’es­senza del Vangelo? Certo che lo sarebbe; sarebbe come dire che Gesù è venuto a salvarci gratuitamente, senza richiederci nient’altro che il ravvedimento e la fede in lui, ma noi dobbiamo cooperare con lui (compiere opere giuste) per essere salvati dai peccati!

-  Paolo dice nell’epistola a Tito: “Anche noi eravamo una volta insensati, ribelli, traviati, servi di varie concupiscenze e voluttà, menanti la vita in malizia ed invidia, odiosi e odian­tici gli uni gli altri. Ma quando la benignità di Dio, nostro Salvatore, e il suo amore verso gli uomini sono stati manifesta­ti, Egli ci ha salvati non per opere giuste che noi avessimo fatte, ma secondo la sua misericordia, mediante il lavacro della rigenerazione e il rinnovamento dello Spirito Santo...”.[45]

Da queste parole di Paolo si apprendono chiaramente due cose: la prima è che noi siamo stati salvati e perciò possiamo affermare di essere salvati, senza il pericolo di peccare di presunzione; la seconda é che questa salvezza l’abbiamo ottenuta non mediante il battesimo e neppure per avere compiuto opere meritorie ma esclusivamente per la misericordia di Dio il quale ci ha fatto rinascere a nuova vita mediante la Parola di Dio piantata in noi (il lavacro della rigenerazione) e mediante il rinnovamento operato in noi dallo Spirito Santo.

-  Paolo dice a Timoteo che Dio “ci ha salvati e ci ha rivolto una santa chiamata, non secondo le nostre opere, ma secondo il pro­prio proponimento e la grazia che ci è stata fatta in Cristo Gesù avanti i secoli, ma che è stata ora manifestata coll’apparizione del Salvator nostro Cristo Gesù...”.[46]

L’apostolo dice per l’ennesima volta che Dio ci ha salvati per grazia senza che noi abbiamo fatto alcun che di buono; ma egli dice anche che Dio ci ha fatto grazia avanti i secoli, cioè avanti la fondazione del mondo. E se ciò non bastasse a fare capire che la nostra salvezza non è dipesa affatto da delle opere buone da noi compiute, ma esclusiva­mente da Dio al quale è piaciuto salvarci senza che meritassimo alcun che, citiamo anche le seguenti parole di Paolo ai Romani su Esaù e Giacobbe: “Prima che fossero nati e che avessero fatto alcun che di bene o di male, affinché rimanesse fermo il proponi­mento dell’elezione di Dio, che dipende non dalle opere ma dalla volontà di colui che chiama, le fu detto: Il maggiore servirà al minore”,[47] e queste altre: “Non dipende dunque né da chi vuole né da chi corre, ma da Dio che fa misericordia”.[48] Dinanzi a tali parole cadono per l’ennesima volta tutti quei ragionamenti dei teologi papisti che attribuiscono la salvezza a delle opere meritorie.

-  Pietro disse a Gerusalemme, dinanzi agli altri apostoli e agli anziani: “Anzi, noi crediamo d’esser salvati per la grazia del Signor Gesù, nello stesso modo che loro”.[49]

Ora, qui Pietro disse che loro che erano Giudei di nascita erano salvati per grazia nella stessa maniera in cui lo erano i Genti­li; e questo quantunque essi fossero circoncisi nella carne e avessero la legge di Mosè con i comandamenti di Dio. Ma perché Pietro non poté dire che loro che erano Giudei erano stati salva­ti per le opere della legge, mentre i Gentili, che non avevano la legge, erano stati salvati per grazia? Perché anche loro Giudei per essere salvati avevano dovuto soltanto credere (e quindi non si erano meritati la salvezza mediante la legge), nella stessa maniera che i Gentili. Le parole di Pietro fanno chiaramente capire che per essere salvati si deve solo credere e non operare, perché la salvezza di Dio è offerta gratuitamente sia ai Giudei che ai Gentili.

-  Gesù nei giorni della sua carne disse queste parole a due donne: “La tua fede t’ha salvata”:[50] le disse alla donna che fu guarita dal suo flusso di sangue, e a quella donna peccatrice che gli rigò di lacrime i suoi piedi e glieli asciugò coi suoi capel­li e glieli unse d’olio. Ad uno di quei dieci lebbrosi che egli guarì, ed a Bartimeo disse le medesime parole, vale a dire: “La tua fede t’ha salvato”.[51]

Anche queste Scritture confermano che é soltanto mediante la fede che si viene salvati e non mediante il battesimo o per opere buone. Perché se Gesù avesse creduto che era il battesimo a salvare non avrebbe potuto dire “la tua fede ti ha salvato” ma avrebbe dovuto dire: ‘Vieni a farti battezzare e sarai salvato’; e se credeva che era la fede più le opere buone avrebbe dovuto dire: ‘Va prima a fare opere degne di ravvedimento e allora conseguirai la salvezza dai tuoi peccati perché solo la fede non basta a salvarti’.

-  Paolo dice ai Romani: “Questa è la parola della fede che noi predichiamo; perché, se con la bocca avrai confessato Gesù come Signore, e avrai creduto col cuore che Dio l’ha risuscitato dai morti, sarai salvato; infatti col cuore si crede per ottener la giustizia e con la bocca si fa confessione per esser salvati. Difatti la Scrittura dice: Chiunque crede in lui, non sarà sver­gognato. Poiché non v’è distinzione fra Giudeo e Greco; perché lo stesso Signore è Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che lo invocano; poiché chiunque avrà invocato il nome del Signore, sarà salvato”.[52]

Come potete vedere per essere salvati non ci vuole il battesimo e non é necessario fare opere buone, ma é necessario confessare con la propria bocca Gesù come Signore, e credere col cuore che Dio l’ha risuscitato dai morti. Non è semplice e chiara la via della salvezza che propone la Scrittura? Certo che lo è. Ma provate a prendere nelle vostre mani un qualsiasi libro di teologia dogmatica e cercatevi il come si ottiene la salvezza per la chiesa papista e vi accorgerete subito dalle prime parole di quanto essa sia estremamente complicata ed incerta pure, tanto da farvi perdere subito la voglia di continuare a leggere.

Per farvi comprendere come noi dalle grandi acque non siamo stati tirati fuori perché ci siamo sottoposti al rito del battesimo o per meriti nostri, ma soltanto perché abbiamo invocato il nome del Signore, vi ricordo un episodio che avvenne sul mare di Tiberiade ai giorni di Gesù.

Gesù, una notte, mentre i suoi discepoli erano nella barca in mezzo al mare, andò alla loro volta camminando sul mare. I suoi discepoli quando lo videro si misero a gridare dalla paura pen­sando di vedere un fantasma, ma Gesù li rassicurò dicendo loro di non temere perché era lui. Quando Pietro sentì dirgli questo, gli disse di comandargli di camminare sulle acque se era lui. Gesù gli disse: “Vieni! E Pietro, smontato dalla barca, camminò sulle acque e andò verso Gesù. Ma vedendo il vento, ebbe paura; e cominciando a sommergersi, gridò: Signore, salvami! E Gesù, stesa subito la mano, lo afferrò e gli disse: O uomo di poca fede, perché hai dubitato?”.[53] Ricordando la nostra vita passata, vissuta al servizio dell’ini­quità e dell’impurità, dobbiamo dire che noi ci trovavamo in una fossa di perdizione, in un pantano fangoso, dove i nostri piedi non trovavano dove appoggiarsi, ma nell’angoscia del nostro cuore abbiamo invocato il nome del Signore dicendogli: ‘Signore, salvaci’, e lui, nella sua fedeltà, avendo udito il nostro grido, ci ha tirati fuori dalla melma nella quale ci dibattevamo. Ma che abbiamo fatto per uscire fuori da essa? Ci siamo dovuti fatti immergere nell’acqua o abbiamo fatto qualche opera buona forse? No, ma abbiamo soltanto gridato al Signore, come fece Pietro in quella notte sul mare Tiberiade. Tutto ciò a conferma che “chiun­que avrà invocato il nome del Signore, sarà salvato”.[54]

Infine vogliamo dire alcune parole sull’interpretazione papista data alle parole di Paolo ai Colossesi a sostegno della salvezza per opere. Questa loro interpretazione datagli è del tutto arbitraria, perché se fosse così come dicono loro allora dovremmo affermare che Cristo non ha sofferto a sufficienza per liberarci dai nostri peccati, e che ci sono delle sofferenze che l’uomo deve patire per meritarsi la salvezza.

Ma che vanno cianciando i teologi papisti? Le sofferenze di Cristo sono state complete; non rimangono mortificazioni corporali da compiere per l’uomo pecca­tore perché quelle di Cristo sono sufficienti per la sua salvez­za.

Quel “quel che manca alle afflizioni di Cristo”[55] di cui parla Paolo non sono le afflizioni di Cristo mancanti che bisogna compiere per meritarsi la salvezza; perché di queste afflizioni non ce ne sono. Ma esse sono quelle afflizioni che i credenti, che sono già salvati, sono chiamati a patire per Cristo secondo che è scritto: “Poiché a voi è stato dato, rispetto a Cristo, non soltanto di credere in lui, ma anche di soffrire per lui”;[56] e mediante le quali i credenti vengono reputati degni del regno di Dio secondo che è scritto: “E se siamo figliuoli, siamo anche eredi; eredi di Dio e coeredi di Cristo, se pur soffriamo con lui, affinché siamo anche glorificati con lui”.[57]

I riscattati devono compiere opere buone per rendere sicura e ferma la loro vocazione ed elezione

 

La Scrittura dice chiaramente che noi non siamo stati salvati mediante delle opere giuste, ma mediante la fede in Cristo e quindi per la grazia di Dio. Ma la stessa Scrittura dice altresì chiaramente che noi ora che siamo salvati dobbiamo compiere opere buone. Paolo disse infatti agli Efesini che noi siamo “stati creati in Cristo Gesù per le buone opere, le quali Iddio ha innanzi preparate affinché le pratichiamo”;[58] ed a Tito che Gesù Cristo “ha dato se stesso per noi affin di riscattarci da ogni iniquità e di purificarsi un popolo suo proprio, zelante nelle opere buone”.[59] Ma ancora prima di Paolo questo concetto lo aveva spiegato il Signore Gesù Cristo il quale aveva detto ai suoi discepoli di averli scelti affinché praticas­sero le opere buone. Ecco le sue parole: “Non siete voi che avete scelto me, ma son io che ho scelto voi, e v’ho costituiti perché andiate, e portiate frutto, e il vostro frutto sia permanente”.[60] Ma perché dobbiamo essere zelanti nelle opere buone? Perché Gesù ha detto: “In questo è glori­ficato il Padre mio: che portiate molto frutto, e così sarete miei discepoli”,[61] ed anche: “Così risplenda la vostra luce nel co­spetto degli uomini, affinché veggano le vostre buone opere e glorifichino il Padre vostro che è ne’ cieli”[62] volendo significare che noi compiendo opere buone faremo glorificare il nome di Dio. Oltre a ciò va tenuto presente che noi facendo opere buone ci facciamo un tesoro nel cielo che costituisce il premio che il Signore ci darà in quel giorno (il che per noi è uno stimolo). Gesù infatti quando disse al giovane ricco di vendere tutto quello che aveva e darlo ai poveri gli disse: “ed avrai un tesoro nei cieli”,[63] e Paolo disse a Timoteo di ordinare ai ricchi di essere “ricchi in buone opere, pronti a dare, a far parte dei loro averi, in modo da farsi un tesoro ben fondato per l’avvenire”.[64]

Vi ricordo infine fratelli che le opere buone possono essere presenti nella nostra vita solo se osserviamo i comandamenti di Dio secondo che é scritto: “Colui che dimora in me e nel quale io dimoro, porta molto frutto..”;[65] ma saranno assenti se noi non osserviamo i comandamenti di Dio perché é scritto: “Come il tralcio non può da sé dar frutto se non rimane nella vite, così neppur voi, se non dimorate in me”.[66] Per concludere diciamo questo: noi credenti sappiamo che per la nostra fede siamo stati salvati dal peccato e dal presente secolo malvagio, e che per le fatiche del nostro amore (le nostre opere buone) saremo premiati, cioè riceveremo da Dio il frutto delle opere che abbiamo compiute sulla terra per amore del Signore e degli eletti.

LA GIUSTIFICAZIONE

La dottrina dei teologi papisti

 

La giustificazione si ottiene per fede più le opere.

La teologia papista dice che per ottenere la giustificazione non è sufficiente credere, ossia che per essere dichiarati giusti da Dio non basta solo credere in Gesù Cristo. Ecco infatti come si esprime Bartmann: ‘Per ottenere la giusti­ficazione sono richiesti dall’adulto, oltre la fede, anche altri atti di virtù; la fede sola non giustifica - E’ di fede’.[67]

Questo equivale a dire che la giustificazione non si ottiene per la grazia di Dio ma per meriti propri, infatti se oltre la fede ci vuole qualche atto di virtù da parte dell’uomo ciò vuole dire che la giustificazione non è del tutto gratuita, perché Dio vuole che l’uomo faccia qualcosa di buono per conseguirla.

Ma che cosa deve fare l’uomo per conseguire la giustifica­zione secondo la teologia papista? Innanzi tutto deve farsi bat­tezzare perché il concilio di Trento ha affermato che la giusti­ficazione viene concessa da Dio mediante il battesimo: ‘Causa strumentale è il sacramento del battesimo, che è il sacramento della fede, senza la quale a nessuno, mai, viene concessa la giustificazione’,[68] e poi deve confessarsi al prete per ottenere la remissione dei cosiddetti peccati mortali compiuti dopo il batte­simo e compiere opere buone perché quest’ultime sono giustifican­ti ed espiatorie.

A sostegno di questa giustificazione per opere prendono le seguenti parole di Giacomo: “Abramo, nostro padre, non fu egli giustificato per le opere quando offrì il suo figliuolo Isacco sull’altare? Tu vedi che la fede operava insieme con le opere di lui, e che per le opere la sua fede fu resa compiuta; e così fu adempiuta la Scrittura che dice: E Abramo credette a Dio, e ciò gli fu messo in conto di giustizia; e fu chiamato amico di Dio. Voi vedete che l’uomo è giustificato per opere, e non per fede soltanto”,[69] e dicono che esse confermano pienamente la loro dottrina secondo la quale per ottenere la giustificazione non basta solo la fede perché Dio richiede altri atti di virtù, e che quindi esse abbattono uno dei princìpi fondamentali del ‘protestantesimo’! In difesa di questa dottrina sulla giustificazione il concilio di Trento ha emesso i seguenti anatemi: ‘Se qualcuno afferma che i sacramenti della nuova legge non sono necessari alla salvezza, ma superflui, e che senza di essi, o senza il desiderio di essi, gli uomini con la sola fede ottengono da Dio la grazia della giustificazione, anche se non sono tutti necessari a ciascuno; sia anatema’:[70] ‘Se qualcuno afferma che l’empio è giustificato dalla sola fede, così da intendere che non si richieda nient’altro con cui cooperare al conseguimento della grazia della giustificazione e che in nessun modo è necessario che egli si prepari e si disponga con un atto della sua volontà; sia anatema’.[71]

Confutazione

Si viene giustificati dai propri peccati mediante la fede in Gesù

 

Ma le cose non stanno affatto così come dicono i teologi papisti perché la Scrittura insegna che si viene giustificati da Dio soltanto mediante la fede. Ora, in questo caso noi non parleremo del perché il battesimo non giustifica (anche se avete già compreso che dato che si viene giustificati soltanto per la fede che precede il battesimo, quest’ultimo non può in niuno modo giustificare), e neppure del perché la confessione al prete non può giustificare (di questi loro sacramenti parleremo più diffusamente in appresso), ma dimostreremo con le Scrit­ture che l’uomo è giustificato solo per fede perché le opere giuste non possono in niuno modo giustificarlo.[72]

Noi tutti eravamo nemici di Dio nelle nostre opere malvagie e nella nostra mente e questo perché noi tutti camminavamo secondo le concupiscenze della carne; ma quando Dio ha manifestato il suo amore verso noi, Egli ci ha giustificati, cioè ci ha resi giusti nel suo cospetto, cancellandoci tutti i nostri peccati. E median­te la giustificazione noi siamo stati riconciliati con Dio e siamo diventati suoi amici secondo che é scritto: “L’amici­zia sua è per gli uomini retti”.[73] E questa giustificazione che noi abbiamo ottenuto l’abbiamo ricevuta per fede, e quindi per grazia e non per opere. Le seguenti Scritture lo attestano in maniera chiara.

-  Paolo dice ai Romani: “Giustificati dunque per fede, abbiam pace con Dio per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore...”;[74] e: “Tutti hanno peccato e son privi della gloria di Dio, e son giustificati gratuitamente per la sua grazia, mediante la reden­zione che è in Cristo Gesù”,[75] ed ancora: “Ma Iddio mostra la gran­dezza del proprio amore per noi, in quanto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. Tanto più dunque, essendo ora giustificati per il suo sangue, sarem per mezzo di lui salvati dall’ira”;[76] le parole “giustificati per il suo sangue” significano che noi siamo giustificati mediante la fede nel sangue di Cristo. E sempre ai Romani Paolo dice: “Se per il fallo di quell’uno la morte ha regnato mediante quell’uno, tanto più quelli che ricevono l’abbondanza della grazia e del dono della giustizia, regneranno nella vita per mezzo di quell’uno che è Gesù Cristo”.[77] Notate le parole “il dono della giustizia”; esse mostrano che la giustizia di Dio (la giustificazione) si ottiene gratuitamente da Dio essendo un dono di Dio. Essa si può ottenere appunto credendo nel Figliuolo di Dio: ogni merito personale quindi è escluso. Un altro versetto della lettera ai Romani che attesta che per essere giustificati bisogna solo credere in Cristo è quello che dice che “il termine della legge è Cristo, per esser giustizia ad ognuno che crede”.[78]

-  Paolo dice ai Galati: “Avendo pur nondimeno riconosciuto che l’uomo non è giustificato per le opere della legge ma lo è sol­tanto per mezzo della fede in Cristo Gesù, abbiamo anche noi creduto in Cristo Gesù affin d’esser giustificati per la fede in Cristo e non per le opere della legge..”;[79] e: “La legge è stata il nostro pedagogo per condurci a Cristo, affinché fossimo giustifi­cati per fede”;[80] ed ancora: “La Scrittura, prevedendo che Dio giustificherebbe i Gentili per la fede, preannunziò ad Abramo questa buona novella: In te saranno benedette tutte le genti”[81] (questo é avvenuto perché noi siamo stati benedetti da Dio me­diante la fede in Cristo che é la progenie d’Abramo). E sempre ai Galati vi sono queste parole: “Se fosse stata data una legge capace di produrre la vita, allora sì, la giustizia sarebbe venuta dalla legge; ma la Scrittura ha rinchiuso ogni cosa sotto peccato, affinché i beni promessi alla fede in Gesù Cristo fossero dati ai credenti”.[82] E tra questi “beni promessi” vi è pure la giustizia di Dio (quindi la giustificazione); a chi viene data? A chi crede o a chi opera? A chi crede perché essa è stata promessa alla fede in Gesù.

-  “Il giusto vivrà per la sua fede”:[83] queste parole Dio le rivolse al profeta Habacuc, preannunziando in questa maniera che Egli avrebbe giustificato gli uomini per fede (“il circonciso per fede, e l’incirconciso parimente mediante la fede”).[84]

Queste altre Scritture invece attestano che coloro che si basano sulle opere della legge non vengono giustificati e non verranno giustificati nel cospetto di Dio:

-  “Per le opere della legge nessuna carne sarà giustificata”;[85]

-  “L’uomo non è giustificato per le opere della legge”;[86]

-  “Poiché tutti coloro che si basano sulle opere della legge sono sotto maledizione; perché è scritto: Maledetto chiunque non persevera in tutte le cose scritte nel libro della legge per metterle in pratica! Or che nessuno sia giustificato per la legge dinanzi a Dio, è manifesto perché il giusto vivrà per fede”;[87]

-  “Per le opere della legge nessuno sarà giustificato al suo cospetto; giacché mediante la legge è data la conoscenza del peccato”.[88]

Per dimostrarvi come non si venga giustificati per opere ma solo per fede vi ricordo l’esempio di Abramo nostro padre. Ora, Abramo, secondo ciò che dice la Scrittura, fu giustificato da Dio mediante la sua fede nella promessa fattagli da Dio,[89] e questa giustificazione la ottenne dopo che egli uscì da Ur dei Caldei[90] e dopo che egli diede la decima del meglio della preda a Melchisedec, sacerdote dell’Iddio altissimo.[91]

Quindi, ribadiamo con forza le seguenti cose:

>Abramo non fu giustificato da Dio perché o quando ubbidì all’or­dine di Dio: “Vattene dal tuo paese e dal tuo parentado e dalla casa di tuo padre, nel paese che io ti mostrerò...”.[92] Certo, nell’epistola agli Ebrei è scritto che “per fede Abramo, essendo chiamato, ubbidì, per andarsene in un luogo ch’egli avea da ricevere in eredità..”,[93] ma rimane il fatto che non fu questo atto di ubbidienza di Abramo ad essergli messo in conto di giustizia;

>Abramo non fu giustificato da Dio perché o quando diede la decima a Melchisedec; certo, egli fece qualcosa di buono che Dio gradì (quella sua decima la ricevette in cielo uno di cui si attesta che vive), ma ciò nonostante non fu in virtù di quella opera buona che Abramo fu giustificato da Dio;

>Abramo fu giustificato da Dio perché credette alla promessa di Dio secondo che é scritto: “Or Abramo credette a Dio, e ciò gli fu messo in conto di giustizia”;[94] per questo anche Abramo non aveva nulla di che gloriarsi nel cospetto di Dio.

Ma vi è un altro esempio di un uomo giustificato da Dio per grazia mediante la sua fede, senza le opere della legge; è quello di quel pubblicano che Gesù disse che era salito nel tempio per pregare assieme ad un Fariseo. Egli “non ardiva neppure alzare gli occhi al cielo; ma si batteva il petto, dicendo: O Dio, sii placato verso me peccatore”,[95] e per essersi umiliato davanti a Dio, mediante la sua fede fu giustificato secondo che è scritto: “Io vi dico che questi scese a casa sua giustificato...”.[96] Al con­trario, il Fariseo che ringraziava Iddio di non essere rapace, ingiusto e adultero come gli altri uomini, e faceva notare a Dio che lui pagava la decima sulle sue entrate, che digiunava due volte alla settimana e che non era come quel pubblicano, non fu giustificato. Non è questo una ulteriore conferma che la giusti­ficazione si ottiene soltanto mediante la fede per la grazia di Dio senza le opere? Certo che lo è. Errano grandemente quindi i teologi papisti quando affermano che per essere giustificati da Dio non è sufficiente la fede in Dio.

Ma perché la giustificazione non si può ottenere mediante le opere giuste della legge? Il motivo per cui la giustizia non si può ottenere per mezzo delle opere della legge é perché la legge é stata data per dare agli uomini la conoscenza del peccato[97] e per fare abbon­dare il peccato,[98] e non per rendere giusti gli uomini. Dio, per rendere giusti gli uomini, ha dato il suo Unigenito Figliuolo, infatti é tramite il Figliuolo che é venuta la grazia e che noi siamo stati giustificati.

Ora, abbiamo visto che la Scrittura dice che per le opere della legge l’uomo non può essere giustificato dai suoi peccati, perché la legge non ha il potere di giustificare il peccatore; vediamo quindi da vicino alcune di queste opere della legge che non giustificano chi le compie. Nella legge è detto: “Porterai alla casa dell’Eterno, ch’è il tuo Dio, le primizie de’ primi frutti della terra”;[99] “Se vedi smarriti il bue o la pecora del tuo fra­tello, tu non farai vista di non averli scorti, ma avrai cura di ricondurli al tuo fratello”;[100] “Ogni creditore sospenderà il suo diritto relativamente al prestito fatto al suo prossimo; non esigerà il pagamento dal suo prossimo, dal suo fratello, quando si sarà proclamato l’anno di remissione in onore dell’Eterno”;[101] “Allorché, facendo la mietitura nel tuo campo, vi avrai dimenti­cato qualche manipolo, non tornerai indietro a prenderlo; sarà per lo straniero, per l’orfano e per la vedova, affinché l’Eter­no, il tuo Dio, ti benedica in tutta l’opera delle tue mani. Quando scoterai i tuoi ulivi, non starai a cercar le ulive rimaste sui rami; saranno per lo straniero, per l’orfano e per la vedova. Quando vendemmierai la tua vigna, non starai a coglierne i raspolli; saranno per lo straniero, per l’orfano e per la vedova”.[102] Queste non sono che alcune delle opere buone che Dio prescrisse nella legge di Mosè perché ve ne sono molte altre. Esse sono tutte delle opere giuste; eppure per esse non si può essere giustificati dai propri peccati! Non è abbastanza chiara la Scrittura a tale riguardo? Certo che lo è; ma non per la curia romana che non intende rettamente la Parola di Dio; e si illude e fa illudere le persone dicendo che si viene giustifi­cati da Dio mediante i sacramenti e compiendo opere buone: perché i sacramenti (battesimo e penitenza) rendono giusti gli uomini e le opere buone sono giustificanti! Parlando in questa maniera i teologi papisti annullano la grazia e riducono la morte espiatoria compiuta da Cristo meramente ad un gesto d’amore con il quale Dio ha voluto aiutare gli uomini ad autogiustificarsi! La stessa cosa si deve dire della risurrezio­ne di Cristo; essa aiuta a conseguire la giustificazione ma non è sufficiente a giustificare l’uomo, secondo loro! O guide cieche, ma quando rientrerete in voi stessi, e riconoscerete che per essere giustificati è sufficiente la sola fede nel Signore Gesù Cristo?

Abbiamo visto prima che i vertici della chiesa romana oltre ad affermare che è mediante i loro sacramenti che si ottiene la giustifi­cazione, ci dichiarano maledetti perché noi affermiamo che l’uomo viene giustificato soltanto mediante la fede senza i loro sacramenti e senza le opere giuste! Ma costoro periscono per mancanza di conoscenza delle Scritture perché se le conoscessero e le tagliassero rettamente non direbbero tali cose. E’ scritto chiaramente in Isaia che tutta la giustizia dell’uomo è “come un abito lordato”,[103] quindi non importa quante opere giuste fanno gli uomini per essere giustificati davanti a Dio, se essi non si ravvedono e non credo­no nel Vangelo continuano ad essere considerati dei peccatori davanti a Dio e questo perché non con le mani si fa qualcosa per ottenere la giustizia ma “col cuore si crede per ottener la giustizia”,[104] come dice Paolo ai Romani. ‘E’ troppo semplice per essere vero!’, esclamano i Cattolici romani a riguardo della maniera in cui si viene giustificati. Certo che agli occhi loro è troppo semplice e non credono che sia vero; gli viene continuamente detto che si viene giustificati compiendo sacrifici e gli viene tenuta nascosta la parola che dice: “Mentre a chi non opera ma crede in colui che giustifica l’empio, la sua fede gli è messa in conto di giustizia”.[105] (notate quel “a chi non opera” che significa ‘a chi non si appoggia sulle opere giuste per la sua salvezza’) Che cosa ci si può aspettare quindi che dicano?

A voi uomini che ritenete di poter essere giustificati per le opere e rifiutate di essere giustificati gratuitamente da Cristo Gesù dico questo: ‘Sappiate che tenendo una simile condotta voi non fate altro che conservare addosso i vostri abiti sudici (i peccati) e rinunciare alla veste bianca (la giustizia di Dio) di cui vengono rivestiti tutti coloro che cessano di appoggiarsi sulle proprie opere e credono nel Signore Gesù per essere giustificati. Di conseguenza voi continuate ad avere sopra di voi l’ira di Dio perché siete ancora sotto maledizione. Riflettete o uomini e donne; non comprendete che, come dice Paolo, “se la giustizia si ottiene per mezzo della legge, Cristo è dunque morto inutilmente”,[106] e che cercando di essere giustificati per le opere della legge non fate altro che annullare la grazia di Dio e rendere vana la fede per voi stessi? Fate dunque questo; non appoggiatevi più sulle vostre opere per essere giustificati ma soltanto credete che Gesù è il Cristo che è morto per i vostri peccati e risuscitato dai morti il terzo giorno’.

Se è per grazia non è più per opere, e se è per opere non è più per grazia

 

A questo punto voglio dire qualcosa d’altro che ritengo importante: i teologi papisti quando parlano della giustificazione fanno dei discorsi nei quali da un lato affermano che la giustificazione è gratuita (e per fare questo si usano dei passi della Scrittura che attestano chiaramente che l’uomo viene giustificato da Dio per grazia), e dall’altro affermano che la giustificazione dipen­de pure dalle opere che compie l’uomo. Sembrerà strano a molti ma è proprio così; e di questo ci si accorge leggendo i loro libri. E’ chiaro che le loro affermazioni sono contrad­dittorie, (notate per esempio come sono contraddittorie le parole del concilio tridentino secondo cui la grazia della giustificazione non si può ottenere soltanto per fede perché sono richieste altre cose oltre la fede per ottenerla; ma se è una grazia perché mai non basta la fede per conseguirla? Ma che tipo di grazia è allora? Una grazia che si merita? Ma allora non è più grazia perché la grazia si ottiene senza fare nulla ma solo credendo in Dio!) ma nonostante ciò essi cercano di conciliarle in ogni manie­ra, non riuscendoci perché è impossibile conciliare la dottrina che dice che l’uomo viene giustificato da Dio soltanto mediante la fede senza le opere buone, e quella che dice che l’uomo deve cooperare con Dio compiendo opere buone per essere giustificato. Se si accetta la giustificazione per sola fede si deve scartare la giustificazione per opere, e se si accetta la giustificazione per meriti si deve scartare la giustificazione per sola fede. La ragione per cui essi fanno questi discorsi ambigui e contraddittori fra loro è per difendere e sostenere a tutti i costi tutto quel bagaglio di dottrine che hanno accumulato nel corso dei secoli; mi riferisco alla dottrina che dice che la grazia si ottiene mediante i sacramenti, quindi operando e non credendo; e alla dottrina del purgatorio, a quella sulle opere di soddisfa­zione, a quella sulle indulgenze, e tante e tante altre dottrine fondate sul dogma della giustificazione per opere. Loro si rendo­no conto che riconoscere la dottrina della giustificazione per sola fede significherebbe dover rigettare tutte queste dottrine qui sopra citate, perché non ci sarebbe più bisogno di crederle e di professarle; perciò cercano in tutte le maniere di fare crede­re che l’uomo viene giustificato mediante le opere. Ho voluto fare questo discorso per farvi comprendere che se i teologi papisti attaccano con tanto vigore la dottrina della giustificazione per sola fede e cercano di annullarla con ogni sorta di vano ragionamento, è perché devono a tutti costi mante­nere credibili la false dottrine papiste fondate sui meriti, in altre parole perché devono mantenere credibile la chiesa cattolica romana. Questa è la ragione per cui parlando con i Cattolici romani bisogna insistere sulla dottrina della giustificazione per sola fede così come è scritta nella Parola di Dio, per fare loro capire che siccome si viene giustificati per grazia mediante la fede tutte le dottrine sui meriti umani della chiesa romana sono false e non possono essere accettate. Certo, nel fare questo si viene perseguitati dalla curia romana e dai suoi seguaci; perché? Perché predicando che Cristo “ci è stato fatto da Dio sapienza, e giustizia, e santificazione, e redenzione”,[107] e che quindi per essere giustificati e santificati occorre soltanto credere nel Signore Gesù, noi reputiamo un nulla tutti i precetti della chiesa cattolica romana che affermano che per essere giustificati e santificati occorre compiere i suoi riti. Riti cerimoniali, che bisogna dire, per certi versi assomigliano esteriormente a quelli della legge di Mosè, e che come quelli della legge di Mosè (che erano però stati ordinati da Dio) non possono in niuno modo giustificare e santificare le persone che li compiono. Ma perché i riti cerimoniali e non cerimoniali che fanno parte della legge di Mosè, quali la circoncisione della carne, l’osservanza di giorni, mesi, anni, noviluni, l’astensione da certi cibi, le varie abluzioni, le varie aspersioni di sangue e di acqua e tante altre cose non potevano e non possono giusti­ficare l’uomo peccatore e non possono santificarlo quanto alla coscienza? La ragione è perché, la legge avendo un ombra dei futuri beni e non la realtà stesse delle cose, non poteva e non può cancellare i peccati dalla coscienza dell’uomo e santificar­lo.[108] Ma ora che è venuto Cristo Gesù il Sommo Sacerdote dei futuri beni promessi nella legge e nei profeti, e che egli ha sparso il suo sangue per la propiziazione dei nostri peccati, tutti quei riti sono stati portati a compimento perché ora c’è la realtà di quelle cose. Le ombre sono sparite e al loro posto c’è la realtà.

Ma che ha fatto invece la curia romana? Ha tolto la realtà delle cose dinanzi al popolo e l’ha sostituita con delle specie di ombre, se così si possono chiamare, che essa si è abilmente costruite appoggiandosi sulle ombre dell’Antico Patto e facendole credere vere. E così le persone pensano che per essere giustificati bisogna ricevere sul proprio capo l’acqua benedetta del battesimo e compiere tante mortificazioni corporali ed offrire a Dio il sacrificio della messa e così via, ossia osservare i sacramenti della chiesa romana; non è questo sovvertire l’Evangelo di Cri­sto? Sì, certo, costoro hanno sovvertito l’Evangelo di Cristo; guai a loro; ne porteranno la pena.

Noi diciamo quindi ai Cattolici romani che cercano di essere giustifica­ti mediante i loro sacramenti e mediante opere meritorie; ‘Sap­piate che questa dottrina che vi insegnano secondo la quale non potete essere giustificati se non compiete i riti prescritti dalle leggi papali non viene da Colui che vi chiama al ravvedi­mento ma dal diavolo che ha sedotto i papi e tutta la curia romana’.

Spiegazione delle parole di Giacomo sul valore delle opere buone

 

Giacomo, il fratello del Signore, ha detto: “Abramo, nostro padre, non fu egli giustificato per le opere quando offrì il suo figliuolo Isacco sull’altare? Tu vedi che la fede operava insieme con le opere di lui, e che per le opere la sua fede fu resa compiuta; e così fu adempiuta la Scrit­tura che dice: E Abramo credette a Dio, e ciò gli fu messo in conto di giustizia; e fu chiamato amico di Dio. Voi vedete che l’uomo è giustificato per opere, e non per fede soltanto”.[109] Vediamo adesso di spiegare queste sue parole. Innanzi tutto diciamo che Giacomo scrisse queste parole a dei credenti e non a degli increduli infatti poco prima dice: “Fratelli miei, la vostra fede nel nostro Signor Gesù Cristo, il Signor della gloria, sia scevra da riguardi persona­li....”;[110] dico questo per farvi comprendere che coloro a cui queste parole furono dirette avevano la fede e perciò erano stati di già giustificati secondo che è scritto: “Avendo pur nondimeno riconosciuto che l’uomo non è giustificato per le opere della legge ma lo è soltanto per mezzo della fede in Cristo Gesù”.[111] Ma perché Giacomo parlò loro in questa maniera? Perché alcuni credenti pur avendo la fede rifiutavano di compiere le opere buone pensando che anche senza le opere la loro fede sarebbe stata sufficiente a salvarli dall’ira di Dio, illudendo così loro stessi.[112] E allora lui prima li rimproverò dicendo: “Che giova, fratelli miei, se uno dice d’aver fede ma non ha opere? Può la fede salvarlo?”,[113] ed ancora: “Ma vuoi tu, o uomo vano, conoscere che la fede senza le opere non ha valore?”[114] facendogli capire che la sola fede nulla gli avrebbe valso, e poi facendogli l’esempio di Abramo e di Raab a conferma che le opere devono accompagnare la fede affinché questa abbia valore. Il discorso di Giacomo è imperniato sul fatto che se uno dice di avere fede, cioè di avere creduto in Cristo Gesù, ma non ha le opere la sua fede è senza valore, o, come dice in un altro luogo é morta. Sono parole dure quelle di Giaco­mo, ma esse ci fanno comprendere quanto siano importanti le opere buone per noi credenti; badate che Giacomo non ha detto affatto che la giustizia si ottiene mediante le opere della legge o che l’uomo pecca­tore viene perdonato o riceve la vita eterna in virtù delle sue opere buone; attribuire questo significato alle sue parole signi­ficherebbe dire che Giacomo aveva sovvertito l’Evangelo perché costringeva i Gentili a giudaizzare dicendo loro che si viene giustificati per le opere della legge. Il suo discorso invece ha come fine quello di scoraggiare qualsiasi credente dal pensare che dopo avere creduto anche se rifiuta di compiere opere buone sarà gradito lo stesso agli occhi di Dio e sarà salvato lo stesso. Quindi, se la fede in Dio senza le opere non ha valore come non ha valore il fatto che anche i demoni credono che v’é un Dio solo, bisogna concludere che la fede che ha valore è quella che ha le opere buone, e difatti questo è confermato dall’apostolo Paolo che dice ai Galati: “Quel che vale è la fede operante per mezzo dell’amore”,[115] ed ai Corinzi: “L’osservanza de’ comandamenti di Dio è tutto”.[116] Il paragone fatto da Giacomo è veramente appropriato; perché se uno ci riflette bene anche i demoni credono che c’é un Dio solo come lo crediamo noi; e se è per questo essi, quando Gesù era sulla terra, dimostrarono pure di sapere che Gesù era il Figliuolo di Dio, il Santo di Dio ed il Cristo infatti dissero a Gesù: “Tu sei il Figliuol di Dio!”,[117] ed ancora: “Io so chi tu sei: il Santo di Dio”,[118] e Luca dice che essi “sapevano ch’egli era il Cristo”.[119] Ma non perché i demoni credono che v’é un Dio solo, o perché sanno che Gesù é il Cristo ed il Figlio di Dio, questo significa che essi saranno salvati dal fuoco eterno; affatto, perché noi sappiamo pure che essi sanno che un giorno saranno gettati nel fuoco eterno per esservi tormentati per l’eternità perché dissero a Gesù: “Sei tu venuto qua prima del tempo per tormentarci?”;[120] questa è la sorte che gli è riservata. Così non perché uno ha creduto in Cristo si può permettere di rifiutare di compiere opere buone, perché in tale caso nulla gli gioverebbe avere un giorno creduto.

Torniamo alle opere buone; esse servono a rendere e a mantenere viva la nostra fede nel Signore difatti se un credente cessa o rifiuta di compiere opere buone per certo la sua fede morirà e sarà come una lampada spenta che non può dare luce. Giacomo lo ha detto chiaramente: “Come il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le opere è morta”;[121] a che serve un corpo senza lo spirito in esso? A nulla, perché non può parlare, non può muoversi, non può aiutare nessuno. A che serve la fede senza le opere? A nulla, perché non opera nulla a pro di coloro che sono nel bisogno; essa è morta. Anche Paolo ha parlato in una maniera simile a Giacomo quando disse ai Romani: “Se vivete secondo la carne, voi morrete”;[122] quindi le suddette parole di Giacomo trovano una conferma anche negli scritti di Paolo. Se un credente difatti comincia a cammi­nare secondo la carne (rifiutando così di compiere opere buone) muore spiritualmente, benché dica di avere fede, di credere in Dio, di credere che Gesù è il Figlio di Dio, ecc.

Giacomo ha fatto l’esempio di Abramo per spiegare come il pa­triarca fu giustificato per le sue opere e non per la sua fede soltanto. Ora, per evitare malintesi cominciamo col dire che Abramo, secondo ciò che dice la Scrittura, quando credette alla promessa fattagli da Dio la sua fede gli fu messa in conto di giustizia secondo che è scritto: “Ed egli credette all’Eterno, che gli contò questo come giustizia”,[123] quindi lui ricevette il perdono dei suoi peccati mediante la sua fede, per grazia. Non fece nessuna opera meritoria od opera buona per ottenere la giustizia, perché pure lui fu giustificato da Dio mediante la fede. Difatti Paolo dice che “se Abramo è stato giustificato per le opere, egli avrebbe di che gloriarsi; ma dinanzi a Dio egli non ha di che gloriarsi”[124] perché la Scrittura dice che egli credette a Dio e questa sua fede gli fu messa in conto di giustizia. Quindi, Abramo ebbe fede in Dio, ma il patriarca dimostrò di avere fede in Dio sia quando credette con il suo cuore nella promessa che Dio gli aveva fatto e sia quando offrì il suo fi­gliuolo Isacco sull’altare come gli aveva ordinato di fare Dio. Voi sapete infatti che dopo diversi anni da che Abramo aveva creduto, Dio mise alla prova Abramo ordinandogli di andare su un monte e offrire in olocausto il suo figliuolo Isacco. E Abramo ubbidì a Dio, ritenendo che Dio lo avrebbe risuscitato dai morti per adempiere a suo riguardo la promessa che aveva fatto.[125] Quindi egli credette che avrebbe ricuperato il suo figliuolo mediante una risurrezione, e che non lo avrebbe perduto perché Dio doveva mantenere le promesse fattegli. E per questa sua fede egli piacque a Dio infatti quando egli stava per scannare Isacco l’angelo di Dio gli disse: “Non metter la mano addosso al ragaz­zo, e non gli fare alcun male; poiché ora so che tu temi Iddio”[126] e gli giurò pure per se stesso che lo avrebbe benedetto e gli avrebbe moltiplicato la progenie come le stelle del cielo. Giacomo dice che Abramo fu giustificato per opere quando offrì il suo figliuolo e questo è vero perché Abramo mediante quell’opera che compì dimostrò di temere Dio e di credere fermamente nella sua promessa. Quindi possiamo dire che Abramo dimostrò con i fatti la fede che egli aveva in Dio; e per questo fu chiamato amico di Dio. Come Abramo pure noi che abbiamo creduto saremo chiamati amici di Cristo se facciamo ciò che egli ci comanda di fare secondo che é scritto: “Voi siete miei amici, se fate le cose che io vi comando”;[127] ma se noi diciamo di credere in Cristo Gesù e poi rifiutiamo di osservare le sue parole come potremo dimo­strare di credere in lui e pretendere di essere chiamati amici di Cristo e di Dio? Ci metteremmo allo stesso livello di tante persone del mondo che si dicono Cristiani, dicono di crede­re in Gesù, ma essendo incapaci di compiere qualsiasi opera buona dimostrano di non credere in lui. Come la fede di Abramo fu resa compiuta mediante le sue opere, così anche la nostra fede sarà resa compiuta dalle nostre opere buone. L’apostolo Pietro spiega questo concetto nella sua seconda epistola in questa maniera: “Facendo queste cose, non inciamperete giammai, poiché così vi sarà largamente provveduta l’entrata nel regno eterno del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo”.[128] Quali cose? Quelle di cui lui ha parlato poco prima: cioè aggiungendo alla fede la virtù, la conoscenza, la continenza, la pazienza, la pietà, l’amore fraterno e la carità.[129] Quindi anche Pietro credeva che aggiungendo alla nostra fede le opere buone (difatti la pietà, l’amore fraterno e la carità come si manifestano nella pratica se non facendo opere buone nei confronti di quelli di dentro prima e poi di quelli di fuori?) ci sarà provveduta l’entrata nel regno di Dio, o detto in un altra maniera renderemo sicura la nostra vocazione ed elezio­ne. Riflettiamo: perché dopo avere creduto si sente la necessità di compiere opere buone? Sì, si è sicuri di essere stati perdonati dal Signore, sì, si é sicuri di essere dei figliuoli di Dio, di avere la vita eterna; ma nonostante ciò in noi è sorto il grande desiderio di darci da fare per rendere sicura la nostra elezione, perché sentiamo che dicendo solo di credere senza fare nulla a pro dei santi alla gloria di Dio, non renderemmo ferma la nostra elezione. E poi va sempre tenuto presente che le opere buone spingono il prossimo, che ce le vede compiere, a glorificare Iddio infatti Gesù disse: “Così risplenda la vostra luce nel cospetto degli uomini, affinché veggano le vostre buone opere e glorifichino il Padre vostro che è ne’ cieli”;[130] e quindi costituiscono una maniera per onorare Dio e la sua dottrina. Al contrario il rifiutare di compiere opere buone porta il nostro prossimo a biasimare il nome di Dio e la sua dottrina secondo che è scritto: “Per cagione vostra il nome di Dio è bestemmiato fra i Gentili”.[131]

Per concludere diciamo questo: la fede ha bisogno delle opere buone per essere compiuta, ma questo non significa che la fede non è sufficiente per essere giustificati perché la Scrittura afferma che “l’uomo non è giustificato per le opere della legge ma lo è soltanto per mezzo della fede in Cristo Gesù”.[132] Lungi da noi perciò il metterci a fare come fecero i credenti della Galazia che dopo avere cominciato con lo Spirito volevano raggiungere la perfezione con la carne, dopo avere accettato Cristo vi avevano rinunciato perché volevano essere giustificati per la legge,[133] il che fece indignare e preoccupare Paolo che li ammonì severamente e disse loro che era di nuovo in doglie per loro finché Cristo fosse formato in loro.[134] Fratelli, badate a voi stessi, e tenete sempre presente che cercare di volere essere giustificati per le opere è un offesa nei confronti di Cristo perché si annulla la sua opera espiatoria. Siate zelanti nelle opere buone ma non pensate che esse possano aggiungere alcunché ai meriti di Cristo come purtroppo fanno i Cattolici romani.

Le parole di Giacomo non confermano la dottrina papista sulla giustificazione

 

Se Abramo fosse stato giustificato, ossia se al patriarca Dio avesse imputato la giustizia, mediante la fede e le opere che seguirono, egli avrebbe avuto di che gloriarsi davanti a Dio perché avrebbe potuto dire che la giustizia gli era stata imputata da Dio non solo per fede ma anche per le sue opere (e quindi non interamente per grazia ma anche per i suoi meriti personali), ma Abramo non poteva dire nulla di ciò perché Paolo dice che egli “credette a Dio, e ciò gli fu messo in conto di giustizia”;[135] quel “ciò” si riferisce esclusivamente al suo atto di fede e non all’atto di fede più delle opere. Abramo credette alla promessa che Dio gli aveva fatto, e cioè che Egli avrebbe reso la sua progenie simile alle stelle del cielo che non si possono contare, e in virtù di ciò fu giustificato in quell’istante in cui credette con il suo cuore in quelle parole di Dio. Non è forse scritto che “col cuore si crede per ottener la giustizia”?[136] che c’è dunque di strano se Abramo per avere soltanto creduto col suo cuore in quella promessa di Dio fu da lui giustificato?

Ma c’è qualcos’altro da dire: Paolo ai Romani afferma che “la promessa d’esser erede del mondo non fu fatta ad Abramo o alla sua progenie in base alla legge, ma in base alla giustizia che vien dalla fede”;[137] questo significa che l’eredità fu da Dio data ad Abramo in base alla giustizia che viene dalla fede e non in base alla giustizia che viene dalle opere. In altre parole Abramo divenne erede del mondo per mezzo della fede e non per mezzo di opere giuste compiute. E questo perché egli credette alla promessa che Dio gli avrebbe dato così tanti figliuoli (l’eredità che viene da Dio) come le stelle del cielo. Se infatti egli non avesse creduto come avrebbe potuto vedere l’adempimento di quella promessa divina di diventare padre di una moltitudine? Non sta forse scritto che per fede i profeti “ottennero adempimento di promesse”?[138] Che dire allora a proposito della promessa che Dio fece ad Abrahamo dopo che vide che il patriarca non gli aveva rifiutato il suo unico figliuolo? Diremo che quando Abramo ubbidì a Dio e andò sul monte Moriah ad offrire il suo figliuolo Isacco, dopo che Dio lo fermò gli confermò quella promessa che anni prima gli aveva fatto, infatti gli giurò: “Siccome tu hai fatto questo e non m’hai rifiutato il tuo figliuolo, l’unico tuo, io certo ti benedirò e moltiplicherò la tua progenie come le stelle del cielo”.[139] Gliela confermò significa che Abramo già aveva la promessa di Dio, infatti essa gli fu fatta quando ancora Isacco non era neppure nato, e quindi non fu per meriti che egli divenne padre di molte nazioni, ma solo per la sua fede avuta da lui in Dio prima di essere circonciso e prima di offrire Isacco sul monte Moriah. Per questo Paolo dice ai Galati che “se l’eredità viene dalla legge, essa non viene più dalla promessa; ora ad Abramo Dio l’ha donata per via di promessa”,[140] ed ai Romani che “se quelli che son della legge sono eredi, la fede è resa vana, e la promessa è annullata”,[141] per attestare che come Abramo fu costituito erede del mondo per la sua fede, così anche noi siamo stati costituiti eredi del Regno di Dio per fede senza le opere; perché se l’eredità fosse per fede più le opere allora la promessa sarebbe annullata.

Adesso veniamo a delle conseguenze pratiche a cui porterebbero le parole di Giacomo se volessero dire quello che gli fanno dire i teologi papisti. Se è la fede più le opere che giustifica, e non solo la fede, occorrerebbe stabilire quante opere e di che genere ci vogliono dopo avere creduto per essere giustificati (Abramo offrì in sacrificio il suo figliuolo, Rahab praticò l’ospitalità verso degli stranieri, ma che dovrebbe fare l’uomo per ottenere questa giustificazione dopo avere creduto?), ed allora sorgerebbero le seguenti domande: Come si farebbe a stabilire la quantità di opere da compiere per conseguire questa giustificazione, quale criterio bisognerebbe adottare? Come potrebbe chi ha creduto essere sicuro di essere giustificato in qualsiasi momento della sua vita vivendo con il dubbio di non avere fatto forse abbastanza? Non è forse vero che un uomo non potrebbe mai essere sicuro di essere stato giustificato interamente da Dio se seguisse la teologia papista? Certo che sarebbe così; ma questo è proprio quello che vogliono i papi; tenere le persone continuamente nel dubbio della loro giustificazione per indurli a fare opere dopo opere. E così le anime rimangono schiave del papato.

Inoltre, se la giustificazione si ottenesse per fede più le opere, come potrebbe uno che si trova in fin di vita ottenerla? Essa gli sarebbe preclusa perché impossibilitato a compiere opere buone.[142] In sostanza, se un morente chiedesse che cosa deve fare per essere salvato perché vuole essere salvato, gli si dovrebbe dire che la fede solo non basta, ci vogliono anche le opere: non significherebbe questo farlo piombare nella più profonda disperazione invece che essergli di consolazione? E che notizia gli annunceremmo? Certamente non la Buona Notizia della pace.

Ed ancora, se oltre la fede ci vogliono le opere per essere dichiarati giusti da Dio ciò significa che nel momento in cui uno crede in Cristo non gli viene imputata tutta la giustizia di Dio che viene dalla fede come dice la Scrittura ma solo una parte perché rimarrebbe al credente il dovere di fare qualche cosa per assicurarsi la parte mancante di giustizia. Ma tutto questo non si concilia in nessuna maniera con questi passi della Scrittura: “Il termine della legge è Cristo, per esser giustizia ad ognuno che crede”;[143] “E a lui voi dovete d’essere in Cristo Gesù, il quale ci è stato fatto da Dio sapienza, e giustizia, e santificazione, e redenzione...”.[144] Quindi l’interpretazione che gli danno i Cattolici a quelle parole di Giacomo non può che essere falsa perché essa non attribuisce più interamente alla fede il potere di fare giustificare l’uomo, ma lo divide tra la fede e le opere.

Ma veniamo ora ai fatti per vedere se Giacomo ha voluto dire quello che dicono i Cattolici romani. I Cattolici dicono che la fede più le opere giustifica e che la fede solo non giustifica; di conseguenza essi dovrebbero essere sicuri di essere giustificati perché hanno la fede e le opere. Ma i fatti dimostrano che essi non sono per nulla sicuri di essere giustificati. Com’è possibile ciò? E’ possibile perché loro in realtà non hanno creduto col cuore per ottenere il dono della giustizia; se infatti avessero veramente creduto avrebbero ottenuto questo dono e non sarebbero più nel dubbio. Il fatto quindi che loro non ardiscono affermare di essere stati giustificati una volta per sempre, quantunque dicono di credere, perché stanno ancora compiendo le opere necessarie a conseguire la giustificazione, significa che essi non hanno creduto affatto. E che sia così, cioè che non hanno veramente creduto in Cristo Gesù, è confermato dal fatto che non sono sicuri di essere perdonati, di avere la vita eterna e così via. Non ha forse detto Pietro che chiunque crede in Gesù riceve la remissione dei peccati mediante il suo nome?[145] Come mai dunque essi che dicono di credere non hanno la certezza di avere tutti i loro peccati rimessi, ma devono del continuo andare dal prete e compiere opere di soddisfazione? Non disse forse Gesù che “chi crede ha vita eterna”?[146] Come mai dunque essi dicono di credere ma non hanno la vita eterna?

Allora questo fatto di dire che oltre la fede ci vogliono le opere per essere giustificati non è altro che un abile sofisma per mascherare la propria incertezza ma anche il proprio orgoglio perché chi parla così ritiene che Cristo non ha fatto abbastanza per giustificarlo. Egli dimostra la propria insolenza perché in questa maniera fa passare Dio per uno che non può giustificare del tutto un uomo in virtù della sola sua fede, facendo così passare Dio per bugiardo. Ecco quello che avviene nella chiesa cattolica romana, si fa passare Dio per bugiardo. O uomini e donne abbiate piena fiducia nelle parole veraci di Dio anziché in quelle false dei vostri teologi ed otterrete all’istante la giustificazione. Credete che Cristo sulla croce morendo ha espiato tutti i vostri debiti e vi ha acquistato il dono della giustizia e che basta la fede per ottenere l’espiazione dei vostri debiti e ricevere il dono della sua giustizia; e vedrete come all’istante vi sentirete lavati con il sangue di Cristo e giustificati nel suo cospetto per la vostra fede, e quindi per grazia di Dio. Fatelo, prima che sia troppo tardi, non date retta ai sofismi papisti, il Signore è pronto a giustificarvi.

LA REMISSIONE DEI PECCATI

La dottrina dei teologi papisti

 

La remissione dei peccati si ottiene con la fede e le opere e nessuno può essere sicuro di possederla.

Il concilio di Trento, il 13 Gennaio del 1547, decretò quanto segue: ‘Quantunque sia necessario credere che i peccati non vengano rimessi, né siano stati mai rimessi, se non gratuitamente dalla divina misericordia a cagione del Cristo: deve dirsi, tuttavia, che a nessuno che ostenti fiducia e certezza della remissione dei propri peccati e che si abbandoni in essa soltanto, vengono rimessi o sono stati rimessi i peccati, mentre fra gli eretici[147] e gli scismatici potrebbe esservi, anzi vi è, in questo nostro tempo, e viene predicata con grande accanimento contro la chiesa cattolica questa fiducia vana e lontana da ogni vera pietà’;[148] ed anche: ‘Chi afferma che per conseguire la remissione dei peccati è necessario che ogni uomo creda con certezza e senza alcuna esitazione della propria infermità e indisposizione, che i peccati gli sono rimessi: sia anatema’.[149] In altre parole per la chiesa cattolica romana la remissione dei peccati non è qualcosa che si può ottenere soltanto mediante la fede e di cui si può essere sicuri di possedere. Anche qui oltre la fede ci vogliono le opere buone che secondo loro hanno il potere di rimettere i peccati. E per confermare questo potere di rimettere (o espiare) i peccati che avrebbero le opere buone i teologi papisti citano due passi dai libri apocrifi; il primo è quello di Tobia che dice: ‘L’elemosina libera dalla morte e purifica da ogni peccato’,[150] il secondo è quello dell’Ecclesiastico che dice: ‘L’acqua spegne il fuoco che divampa, così l’elemosina espia i peccati’,[151] e questo passo dal Vangelo scritto da Luca: “Le sono rimessi i suoi molti peccati, perché ha molto amato...”.[152] Secondo loro Gesù rimise a quella donna i suoi peccati perché ella gli aveva rigato i piedi di lagrime, glieli aveva asciugati con i suoi capelli, glieli aveva baciati e unti di profumo; quindi egli le rimise i suoi peccati in base alle sue opere.

Confutazione

La remissione dei peccati si ottiene credendo in Gesù

 

La Scrittura dice in maniera inequivo­cabile: “In lui noi abbiamo la redenzione mediante il suo sangue, la remissione de’ peccati, secondo le ricchezze della sua grazia”;[153] ed anche: “Figliuoletti, io vi scrivo perché i vostri peccati vi sono rimessi per il suo nome”[154] ed ancora che “la sua potenza divina ci ha donate tutte le cose che appartengono alla vita e alla pietà mediante la conoscenza di Colui che ci ha chiamati mercé la propria gloria e virtù..”.[155] Noi dunque, per la misericordia di Dio, abbiamo il perdono dei nostri peccati, ne siamo certi senza ombra di dubbio; e perciò noi abbiamo la certezza che quando moriremo andremo ad abitare con il Signore Gesù nel cielo perché le nostre vesti sono state lavate ed imbiancate con il suo prezioso sangue. Ma in che maniera abbiamo ottenuto la remissione dei nostri peccati? A noi credenti sono stati rimessi tutti i nostri vecchi peccati mediante la sola fede in Cristo Gesù; sì, per avere soltanto creduto nel nome del Figliuolo di Dio. Non siamo affatto dei presuntuosi nel fare questa affermazione perché il Signore Gesù stesso ha attestato che la remissione dei peccati si ottiene credendo in lui quando disse a Saulo: “Ai quali (ai Gentili) io ti mando per aprir loro gli occhi, onde si converta­no dalle tenebre alla luce e dalla potestà di Satana a Dio, e ricevano, per la fede in me, la remissione dei peccati e la loro parte d’eredità fra i santificati”.[156] Ed oltre a Gesù lo ha attestato in maniera inequivocabile anche l’apostolo Pietro quando disse a casa di Cornelio: “Di lui attestano tutti i profeti che chiunque crede in lui riceve la remission de’ peccati mediante il suo nome”.[157]

Può l’uomo ricevere la remissione dei peccati mediante il batte­simo per infusione della chiesa romana o andandosi a confessare dal prete o compiendo delle opere meritorie come invece dice la chiesa cattolica romana? Assolutamente no. L’uomo peccatore che é pieno di debiti nei confronti di Dio può ricevere la remissione di tutti i suoi debiti solamente credendo nel nome del Figliuol di Dio, e in nessun altra maniera; egli non potrà ricevere la remissione dei suoi peccati facendosi versare sul capo dell’acqua chiamata benedetta o andandosi a confessare dal prete o facendo qualche opera buona. Perché? Perché il battesimo per infusione della chiesa romana non rimette i peccati (come d’altronde neppure quello per immersione perché è mediante la fede che lo deve precedere che si ottiene la remissione dei peccati), il prete non ha il potere di rimettere i peccati perché non è Dio, e nelle opere buone non c’é il potere di purificare la coscienza dell’uo­mo dalle opere morte. Quindi tutti coloro che pensano di avere ricevuto la remissione dei loro peccati mediante il loro battesi­mo ricevuto da bambini (o da adulti) o perché si vanno a confes­sare dal prete o che cercano di guadagnarsi il perdono di Dio con le opere buone continuano ad essere dei peccatori davanti a Dio. Lo sappiano bene i Cattolici romani! Ma il perché il battesimo non rimette i peccati e perché la confessione non rimette i peccati lo vedremo molto meglio più avanti quando parleremo del battesimo e della confessione.

Passiamo ora alla confutazione del discorso che i teologi papisti, appoggiandosi ai suddetti passi presi dai libri apocrifi e dal Vangelo scritto da Luca, fanno a sostegno del potere espiatorio delle opere.

In risposta ai passi apocrifi diciamo che la Scrittura insegna che non è affatto mediante delle opere di penitenza che la coscienza del credente viene purificata dai peccati ma per grazia, mediante la fede nel sangue di Cristo secondo che é scritto: “Se il sangue di becchi e di tori e la cenere d’una giovenca sparsa su quelli che son contaminati santificano in modo da dar la purità della carne, quanto più il sangue di Cristo che mediante lo Spirito eterno ha offerto se stesso puro d’ogni colpa a Dio, purificherà la vostra coscienza dalle opere morte per servire all’Iddio vivente?”,[158] ed ancora: “Il sangue di Gesù, suo Figliuolo, ci purifica da ogni peccato”.[159] Queste parole dato che sono state scritte a dei credenti fanno capire che la remissione dei peccati commessi dopo avere creduto si ottiene mediante il sangue di Gesù Cristo (confessando i nostri falli a Dio) e non compiendo opere buone. La stessa cosa comunque si deve dire per la remissione dei peccati commessi prima di credere, e cioè che è soltanto per mezzo della fede nel sangue di Cristo che la si è ottenuta senza fare alcunché di buono. Pietro questo lo ha confermato quando parlando all’assemblea di Gerusalemme disse che Dio non fece alcuna differenza fra loro Giudei e i Gentili “purificando i cuori loro (dei Gentili) mediante la fede”.[160] E ricordatevi che qui egli fece riferimento alla purifica­zione dei peccati ottenuta per fede anche da Cornelio che faceva molte elemosine al popolo; dal che si deduce che non furono le elemosine di Cornelio a purificare Cornelio dai suoi peccati ma la grazia di Dio mediante la sua fede nel sacrificio di Gesù. (Questo conferma che i due libri apocrifi da cui sono citati quei passi non sono ispira­ti da Dio perché vanno contro la dottrina del Signore).

In risposta all’interpretazione data alle parole che Gesù, in casa di Simone, rivolse a quella donna che le aveva rigato i piedi con le sue lacrime e glieli aveva asciugati con i suoi capelli e baciati e unti di profumo diciamo questo: non neghiamo che le cose che quella donna fece nei confronti di Gesù furono una manifestazione d’amore verso Gesù, ma è bene tenere presente che le lagrime di quella donna erano lacrime di penti­mento quindi ella si pentì dei suoi peccati; e poi che Gesù alla fine le disse: “La tua fede t’ha salvata; vattene in pace”.[161] Perciò anche nel caso di quella donna si deve dire ch’ella ottenne la remissione dei peccati per avere creduto in Gesù; ossia mediante la sua sola fede senza le sue opere buone. Come avrebbero potuto quelle sue opere buone verso Gesù espiare tutti i suoi peccati? In nessuna maniera; perciò Gesù le disse che la sua fede l’aveva salvata, e non che le sue opere buone le avevano espiato i suoi peccati. Certamente se fossero state le sue opere buone a salvarla Gesù glielo avrebbe detto; ed anche se erano state la sua fede assieme alle sue opere a salvarla Gesù glielo avrebbe detto. Ma come potete vedere Gesù le disse che la sua fede l’aveva salvata.

Abbiamo quindi dimostrato che la chiesa cattolica romana insegna il falso a riguardo della remissione dei peccati. Perciò o Cattolici romani che vi basate sulle opere per ottenere la remissione dei vostri peccati vi dico: ‘Rigettate questa dottrina di demoni che vi insegnano i vostri teologi e accettate quella vera annunciata dall’apostolo Pietro in questi termini: “Di lui attestano tutti i profeti che chiun­que crede in lui riceve la remission de’ peccati mediante il suo nome”.[162] Fatelo, per il bene dell’anima vostra affinché essa scampi alle fiamme dell’inferno quando morirete.

LA VITA ETERNA

La dottrina dei teologi papisti

 

La vita eterna ce la si deve guadagnare.

Quando si parla della salvezza anche con i Cattolici romani si parla molto della salvezza dall’inferno, ma su di essa - come ben sapete - non ci si trova per nulla d’accordo con loro. Noi infatti diciamo loro che per la grazia di Dio abbiamo (o possediamo) la vita eterna e che perciò quando moriremo andremo subito in paradiso con Gesù, mentre loro ci rispondono dicendo che non sono sicuri di andare in paradiso ma che stanno facendo del loro meglio per guadagnarse­lo.[163] E difatti essi si esprimono quasi sempre in questi termini: ‘La vita eterna ce la si deve guadagnare!’. Ma perché parlano in questa maniera? Semplice, perché i loro preti gli insegnano che il paradiso se lo devono guadagnare. Vediamo da vicino alcuni di questi insegnamenti che vengono loro rivolti: ‘Dio dà il Paradiso ai buoni (...) Coll’essere buoni noi, colle sole nostre forze naturali, non potremmo meritare il Paradiso; lo meritiamo colla grazia che Dio ci ha conferito nel Battesimo, per la quale le nostre buone opere acquistano merito pel Paradiso (....) Ognuno attende con tanti sacrifici e lavori a farsi un buon stato quaggiù, a guadagnare beni incerti, che poi si possono perdere da un giorno all’altro, che non possono mai rendere felice nessuno poiché non appagano il cuore, e che, in ogni modo, bisogna abbandonare presto per la morte. Pensate invece, prima di tutto, a guadagnarvi il Paradiso’;[164] ‘Perciò in grazia della speranza noi aspettiamo dal Signore la vita eterna e tutte le grazie necessarie per meritarla quaggiù; ma per meritarla in qual modo? Con le buone opere’;[165] ‘Speriamo di salvarci perché Dio ci vuole salvi, e noi vogliamo, da parte nostra, fare ciò che é necessario per salvarci, e cioè, come diciamo nell’atto di speranza, speriamo da Dio ‘la vita eterna e le grazie necessarie per meritarla con le buone opere che io debbo e voglio fare’;[166] ‘Le opere buone sono assolutamente necessarie per conseguire la salute eterna; in altre parole, non basta la fede, non basta credere per salvarsi’;[167] ‘Ma non bastano a salvarci i meriti infiniti di Gesù Cristo? Non bastano, non perché essi non abbiano valore sufficiente, ma perché Gesù Cristo stesso ha voluto il concorso e la cooperazione delle nostre opere buone, perché per applicarcene il merito, vuole che noi sentiamo e vogliamo in unione a Lui, perché ha voluto che noi praticassimo il Vangelo e vivessimo la vita cristiana’.[168] Questi insegnamenti sono in pieno accordo con il seguente decreto del concilio di Trento: ‘Perciò a quelli che operano bene fino alla fine e sperano in Dio deve proporsi la vita eterna, sia come grazia promessa misericordiosamente ai figli di Dio, per i meriti del Cristo Gesù, sia come ricompensa da darsi fedelmente, per la promessa di Dio stesso, alle loro opere buone e ai loro meriti’.[169]

A proposito del valore del merito delle opere buone i teologi papisti fanno una distinzione tra azione meritoria di premio per convenienza, cioè de congruo; e azione meritoria per giustizia, cioè de condigno. Facciamo un esempio per spiegare questa loro particolare distinzione; un uomo salva da morte certa un suo consimile, in questo caso egli è meritorio di una medaglia, cioè di un premio, de congruo; un operaio lavora presso qualcuno per un mese e alla fine del mese va a riscuotere il salario, in questo caso egli riceve la mercede per giustizia, cioè de condi­gno. Con questo discorso essi vogliono fare capire come la vita eterna è dovuta da Dio per giustizia, cioè de condigno a colui che fa opere buone. Perciò, per loro, le preghiere, le elemosine, i digiuni, sono meritevoli, mediante la grazia, della vita eter­na. Il cardinale Bellarmino affermò per esempio: ‘Con le divine Scritture si prova, che le opere dei giusti son meritorie della vita eterna... Il primo argomento adunque si ricava da quei luoghi, ove la vita eterna è detta mercede; poiché, se è mercede, le opere buone, a cui essa si dà, certo sono meriti. Le opere buone dei giusti son meritorie ex condigno, non solo in ragione del patto, ma anche in ragione delle opere... Poiché Iddio rimunera le opere buone per mera liberalità ex condigno, ciò affermano tutti i teologi, come si rileva da S. Tommaso, S. Bonaventura, Scoto, Durando ed altri, in 4 sent. dist. 46’.[170]

Confutazione

La vita eterna é il dono di Dio che si ottiene credendo in Gesù

 

Questa dottrina cattolica romana che attribuisce alle opere il potere di fare meritare la vita eterna agli uomini e di salvare gli uomini dall’inferno è una dottrina di demoni che fino adesso ha menato all’inferno centinaia di milioni di persone; sì, ci sono centinaia di milioni di persone a soffrire nelle fiamme dell’inferno proprio perché in vita si erano appoggiati su questa dottrina sulla salvezza inse­gnatagli dai loro preti. Ora la confuteremo.

Secondo quello che dice la Scrittura, la vita eterna non é la mercede che Dio dona all’uomo che si sforza di guadagnarsela, ma essa é il dono che Dio dona all’uomo che si ravvede dei suoi peccati e crede nel nome del Figliuol di Dio. Paolo dice infatti: “Il dono di Dio é la vita eterna in Cristo Gesù, nostro Signore”,[171] quindi la vita eterna, essendo il dono di Dio, l’uomo non la può né meritare e neppure guadagnare operando il bene, altrimenti il dono non é più dono. Di conseguenza va rigettato in blocco il loro discorso sul merito de condigno! E poi, se Dio desse la vita eterna come mercede a coloro che operano, ciò significherebbe che Egli è debitore verso di essi perché Paolo dice che “a chi opera, la mercede non è messa in conto di grazia, ma di debito”;[172] e questo non può essere perché lo stesso apostolo dice anche: “Chi gli ha dato per il primo, e gli sarà contraccambiato?”.[173]

E poi ancora, se le opere buone sono meritorie di vita eterna, allora perché mai il Figlio di Dio sarebbe venuto a soffrire in questo mondo? Poteva rimanere presso Dio Padre senza venire in questo mondo! Ma egli venne proprio per questo, per acquistarci con il suo sangue la vita eterna e fare sì che tutti gli uomini, Giudei e Gentili, potessero riceverla per grazia mediante la fede in Lui. Egli sapeva che gli uomini non possono meritarsi la vita eterna perché tutti sono sotto la condanna e meritano la punizio­ne eterna, e perciò venne a morire per noi affinché per i suoi meriti, e ripeto per i suoi meriti, noi potessimo ottenere gra­tuitamente la vita eterna da Dio.

E ancora, ma come si può affermare che le opere buone sono meri­torie di vita eterna quando messe tutte assieme non possono in niuno modo raggiungere il valore che ha la vita eterna? Come si può fare tale affermazione quando Gesù ha detto ai suoi discepoli: “Quand’avrete fatto tutto ciò che v’è comandato, dite: Noi siamo servi inutili; abbiam fatto quel ch’eravamo in obbligo di fare”?[174] Bisogna essere veramente arroganti per affermare che Dio debba dare la vita eterna per giustizia a coloro che fanno opere meritorie! Per queste ragioni va rigettata la dottrina che afferma che la vita eterna viene data da Dio come mercede.

Ho detto innanzi che la vita eterna si ottiene mediante la sola fede, e questo é confermato dalle seguenti Scritture.

-  Gesù disse: “Chi crede ha vita eterna”,[175] e: “Poiché questa è la volontà del Padre mio: che chiunque contem­pla il Figliuolo e crede in lui, abbia vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno”,[176] ed ancora: “E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che il Figliuol dell’uomo sia innalzato, affinché chiunque crede in lui abbia vita eterna. Poiché Iddio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figliuolo, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna”.[177] Vediamo quale fu la ragione per cui Mosè innalzò il serpente di rame nel deserto. Quando gli Israeliti nel deserto mormorarono contro Dio e contro Mosè “l’Eterno mandò fra il popolo de’ ser­penti ardenti i quali mordevano la gente, e gran numero d’Israe­liti morirono. Allora il popolo venne a Mosè e disse: ‘Abbiamo peccato, perché abbiam parlato contro l’Eterno e contro te; prega l’Eterno che allontani da noi questi serpenti’. E Mosè pregò per il popolo. E l’Eterno disse a Mosè: ‘Fatti un serpente arden­te, e mettilo sopra un’antenna; e avverrà che chiunque sarà morso e lo guarderà, scamperà’. Mosè allora fece un serpente di rame e lo mise sopra un’antenna; e avveniva che, quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di rame, scampava”.[178]

Ora, Gesù ha paragonato il suo innalzamento a quello del serpente di rame fatto nel deserto, ed il paragone è veramente appropriato perché come gl’Israeliti morsi dai serpenti per scampare alla morte dovevano solo guardare al serpente di rame innalzato da Mosè (notate infatti che quelli che venivano morsicati, per non morire, dovevano solo guardare il serpente di rame e non compiere qualche rito o qualche opera buona scritta nella legge), così gli uomini morti nei loro falli per essere vivificati ed ottenere la vita eterna da Dio devono solamente contemplare il Figliuolo di Dio e credere in lui. In lui che prima fu appeso al legno della croce e poi dopo essere risuscitato dai morti fu assunto alla destra di Dio. Sì, è proprio così che si ottiene la vita eterna da Dio, (soltanto) credendo in Cristo Gesù; e non compiendo opere buone o sforzandosi di essere buoni come invece proclamano i teologi papisti morti nei loro falli che parlano in questa maniera perché loro stessi ancora non hanno contemplato il Figliuolo e non hanno creduto in lui. Sono come i Farisei al tempo di Gesù i quali investigavano le Scritture che rendevano testimonianza di Gesù perché pensavano di avere la vita eterna per mezzo di esse ma non volevano andare a Lui per ottenere la vita.

-  Giovanni il Battista disse: “Chi crede nel Figliuolo ha vita eterna”.[179]

-  Paolo disse a Timoteo: “Ma per questo mi è stata fatta miseri­cordia, affinché Gesù Cristo dimostrasse in me per il primo tutta la sua longanimità, e io servissi d’esempio a quelli che per l’avvenire crederebbero in lui per aver la vita eterna”.[180]

Ora, noi che abbiamo creduto nel Signore abbiamo, per la grazia di Dio, la vita eterna perché Giovanni disse: “Io v’ho scritto queste cose affinché sappiate che avete la vita eterna, voi che credete nel nome del Figliuol di Dio”.[181] Egli non disse: ‘Affinché speriate di ottenere la vita eterna voi che credete nel nome del Figliuol di Dio’, come se noi credenti non possedessimo di già la vita eterna in noi stessi, ma disse di averci scritto quelle cose per farci sapere che noi abbiamo di già la vita eterna. Lo stesso apostolo dice anche: “Chi crede nel Figliuol di Dio ha quella testimonianza in sé... E la testimonianza è questa: Iddio ci ha data la vita eterna, e questa vita è nel suo Figliuolo. Chi ha il Figliuolo ha la vita; chi non ha il Figliuolo di Dio, non ha la vita”.[182] Queste parole confermano pienamente che noi che crediamo abbiamo la vita eterna; come facciamo a dirlo con certezza di fede? A cagione della testimonianza che lo Spirito Santo ci rende all’in­terno. Lo Spirito è verità e perciò non può mentire; noi crediamo in ciò che lo Spirito ci attesta in noi, che conferma pienamente quello che dice la Scrittura. E poi, riflettendo ulteriormente sulle parole di Giovanni, come possono i Cattolici romani affermare che un credente che ha ricevuto Cristo nel suo cuore non può dire con certezza di fede di avere la vita eterna, quando Gesù Cristo è “la vita eterna che era presso il Padre e che ci fu manifestata”[183] e “chi ha il Figliuolo ha la vita”?[184] Quando parlano così è come se dicessero che un cittadino italiano non può dire di avere la cittadinanza italiana perché questo è orgo­glio! Per loro: ‘Presumere di salvarsi senza merito è superbia che offende la giustizia di Dio e, quasi, se ne burla, come se Egli ci debba il Paradiso, o ci debba premiare del bene che non abbiamo voluto fare’[185] Così dicendo essi ci accusano di essere dei presuntuosi perché noi diciamo di essere stati salvati per la grazia di Dio, ma sappiate che i presuntuo­si non siamo noi che diciamo loro che siamo certi di avere la vita eterna per la grazia di Dio perché abbiamo creduto e crediamo, ma sono loro che dicono che si viene salvati nel regno celeste compiendo opere buone. Quindi, per concludere: l’accusa di essere dei presuntuosi e degli orgogliosi che ci viene mossa dai Cattolici romani perché diciamo che abbiamo la vita eterna, non é altro che una calunnia. Ma d’altronde é inevitabile che coloro che cercano di guadagnarsi la vita eterna con le loro opere vedano di malocchio quelli che dicono che l’hanno ottenuta credendo, gratuitamente, senza fare alcuna opera buona.

Il cristiano è certo che quando morirà andrà in paradiso con Gesù

 

Noi credenti siccome che per la grazia di Dio abbiamo la vita eterna dimorante in noi, siamo certi che quando moriremo, a condizione naturalmente che conserviamo la fede sino a quel giorno, andremo in cielo ad abitare con Gesù perché Gesù ha detto: “Io son la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muoia, vivrà; e chiunque vive e crede in me, non morrà mai”,[186] ed anche: “Se uno mi serve, mi segua; e là dove son io, quivi sarà anche il mio servitore”.[187] E “siccome abbiam lo stesso spirito di fede, ch’è in quella parola della Scrittura: Ho creduto, perciò ho parlato, anche noi crediamo, e perciò anche parliamo”,[188] dicendo come gli apostoli: “Siamo pieni di fiducia e abbiamo molto più caro di partire dal corpo e d’abitare col Signore”.[189] Sì, abbiamo a tale riguardo in noi lo stesso sentimento che era in Paolo il quale aveva il desiderio di partire e d’essere con Cristo, e questo perché essere con Cristo in cielo è cosa di gran lunga migliore del rimanere sulla terra.

Tutto ciò per i teologi papisti è sfacciata presunzione; perché secondo loro, prima di andare in paradiso tutti coloro che muoio­no nella grazia devono andare in purgatorio ad espiare la pena dei loro peccati! E guai a chi non accetta questa loro dottrina perché il concilio di Trento ha detto: ‘Se qualcuno afferma che, dopo avere ricevuto la grazia della giustificazione, a qualsiasi peccatore pentito viene rimessa la colpa e cancellato il debito della pena eterna in modo tale che non gli rimanga alcun debito di pena temporale da scontare sia in questo mondo sia nel futuro in purgatorio, prima che possa essergli aperto l’ingresso al regno dei cieli; sia anatema’.[190] Ma non è affatto così come dicono loro, perché la Scrittura insegna che quando Dio rimette i peccati ad un uomo gli rimette di conseguenza anche la pena eterna. L’esempio del ladrone penti­tosi sulla croce in punto di morte ne è un esempio, perché Gesù gli rimise tutti i suoi peccati con i relativi debiti di pena eterna infatti gli disse: “Io ti dico in verità che oggi tu sarai meco in paradiso”.[191] Gesù non gli disse che prima doveva andare a sostare nel purgatorio qualche tempo per purgarsi di una parte della pena eterna dei suoi peccati e poi sarebbe potuto andare in paradiso, ma gli disse che in quello stesso giorno lui sarebbe andato in paradiso! Riflettete; ma non è assurdo credere che Dio rimetta tutti i debiti all’uomo che si pente e poi, quando muore, lo manda in un luogo di tormenti come il purgatorio ad espiare parte di essi prima di farlo entrare nel regno dei cieli? Eppure questo è quello che credono i Cattolici romani! Con tutto ciò non vogliamo dire che noi credenti siamo giunti alla perfezione o che siamo senza peccato; lungi da noi questo, perché noi riconosciamo di essere delle persone con dei difetti che abbiamo bisogno di essere perfezionati e di perfezionarci, e che talvolta facciamo quello che odiamo e abbiamo bisogno perciò di confessare i nostri falli al Signore per ottenerne la remis­sione. Ma vogliamo dire solamente che in virtù della misericordia di Dio per la quale Egli ci ha fatti rinascere e diventare figli di Dio e ci ha dato la vita eterna, siamo sicuri di essere stati perdonati appieno dal Signore, di avere ricevuto il purgamento di tutti i nostri peccati e perciò se moriamo con Gesù con lui andremo a vivere in cielo subito dopo essere morti. La chiamino pure presunzione questa nostra fiducia i teologi papisti; conti­nuino a lanciare i loro anatemi i concili contro chi, secondo loro, ostenterà questa certezza di remissione di peccati e di vita eterna; noi continueremo a gloriarci nel Signore per avere ottenuto il purgamento dei nostri peccati con il sangue di Gesù, continueremo a glorificare il suo nome per questo, e continueremo a predicare agli uomini che in Cristo c’è la certezza di remis­sione dei peccati, che in lui c’è la certezza di avere la vita eterna; ma nella teologia papista c’è ambiguità, falsità, incer­tezza; cose che generano nelle persone che l’accettano nient’altro che dubbi, angosce e incertezze. O uomini e donne che giacete nella paura della morte e non sapete dove state andando (o meglio sapete che andrete in un purgatorio che però non esi­ste) perché avete dato retta ai falsi insegnamenti dei preti, vi supplichiamo nel nome di Cristo a pentirvi e a credere in Cristo per ottenere la remissione dei peccati e la vita eterna!

Concludendo; sia la salvezza dal peccato, sia la giustificazione, sia la remissione dei peccati e sia la vita eterna si ottengono soltanto mediante la fede, quindi senza il concorso di nessuna opera buona; la santificazione invece, che noi abbiamo per frutto (ossia quella progressiva), si ottiene osservando i comandamenti di Dio ossia mediante le opere buone. In altre parole, le opere buone sono i frutti che scaturiscono dalla nostra salvezza e dalla nostra giustificazione ottenute per fede, ma non sono la fonte della salvezza e della nostra giustificazio­ne e non possono concorrere in nessuna maniera a salvare e a giustificare l’uomo, perché “il giusto vivrà per la sua fede”[192] e non a cagione di opere meritorie.

Il cristiano è certo che sarà salvato dall’ira a venire

 

I Cattolici affermano: ‘Speriamo di salvarci’, volendo dire con queste parole: ‘Non siamo sicuri che saremo salvati perché nessu­no può esserlo, ma non fa niente, perché forse Dio che è così misericordioso avrà pietà di noi e ci salverà’. Queste loro parole stanno a dimostrare che essi non sono certi che saranno salvati dall’ira a venire, come noi non siamo certi del tempo che farà domani perché diciamo: ‘Speriamo che il cielo sia sereno’, o: ‘Speriamo che piova’, e così via. Ma questo modo di parlare riguardo alla salvezza è caratteristico di tutti coloro che ancora non sono passati dalla morte alla vita, dalle tenebre alla luce; per questo non ce ne meravigliamo.

La sacra Scrittura ci insegna che il credente è stato strap­pato dalla potestà delle tenebre e trasportato nel regno di Dio ed è certo che sarà salvato dall’ira a venire; ecco alcune Scritture che attestano ciò.

-  “Ma Iddio mostra la grandezza del proprio amore per noi, in quanto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. Tanto più dunque, essendo ora giustificati per il suo san­gue, sarem per mezzo di lui salvati dall’ira. Perché, se mentre eravamo nemici siamo stati riconciliati con Dio mediante la morte del suo Figliuolo, tanto più ora, essendo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita”;[193]

-  “Poiché Iddio non ci ha destinati ad ira, ma ad ottener sal­vezza per mezzo del Signor nostro Gesù Cristo”;[194]

-  “Vi siete convertiti dagl’idoli a Dio per servire all’Iddio vivente e vero, e per aspettare dai cieli il suo Figliuolo, il quale Egli ha risuscitato dai morti; cioè, Gesù che ci libera dall’ira a venire”.[195]

Quindi, non è presunzione affermare che noi saremo salvati dall’ira a venire. Ma come può essere definita presuntuosa una persona che ha fede in Dio quando è scritto che “la fede è cer­tezza di cose che si sperano”?[196]

Ma vi sono anche degli esempi nella Scrittura che ci insegnano come il credente è certo di scampare all’ira di Dio; essi sono quelli di Noè, di Lot e del popolo d’Israele.

Noè per esempio quando entrò dentro l’arca e il Signore lo chiuse dentro era certo di scampare al giudizio che Dio avrebbe mandato di lì a poco sul mondo degli empi e questo perché Dio gli aveva detto: “Tutto quello ch’è sopra la terra, morrà. Ma io stabilirò il mio patto con te; e tu entrerai nell’arca: tu e i tuoi fi­gliuoli, la tua moglie e le mogli de’ tuoi figliuoli con te. E di tutto ciò che vive, d’ogni carne, fanne entrare nell’arca due d’ogni specie, per conservarli in vita con te”.[197]

Anche Lot, dopo che Dio lo trasse fuori da Sodoma, era certo che rifugiandosi nella città di Tsoar non sarebbe perito nel castigo di Sodoma e questo perché quando lui disse ad uno degli angeli di Dio: “Ecco, questa città è vicina da potermici rifugiare, ed è piccola. Deh, lascia ch’io scampi quivi - non è essa piccola? - e vivrà l’anima mia!”,[198] quegli gli rispose: “Ecco, anche questa grazia io ti concedo: di non distruggere la città, della quale hai parlato. Affrèttati, scampa colà, poiché io non posso far nulla finché tu vi sia giunto”.[199]

E veniamo agl’Israeliti in Egitto: non è forse vero che essi erano certi che in quella notte il distruttore non sarebbe entra­to nelle loro case? Ma perché ne erano certi? Perché Dio aveva detto loro: “L’Eterno passerà per colpire gli Egiziani; e quando vedrà il sangue sull’architrave e sugli stipiti, l’Eterno passerà oltre la porta, e non permetterà al distruttore d’entrare nelle vostre case per colpirvi”.[200] Loro credettero nelle parole di Dio, fecero lo spruzzamento del sangue come Dio aveva ordinato loro, e perciò erano sicuri che quando l’angelo dell’Eterno in quella notte avrebbe visto quel sangue sarebbe passato oltre le loro case. Pure noi che siamo stati cosparsi con il sangue di Gesù Cristo siamo sicuri che il Signore ci salverà dall’ira a venire; lui ce l’ha promesso e noi crediamo fermamente nelle sue parole. Pos­siamo dire sin da ora che per fede noi non periremo coi figliuoli di disubbidienza.

A Dio, nostro Salvatore e Benefattore, sia la gloria ora e in eterno in Cristo Gesù. Amen.

CONCLUSIONE

 

Ecco dunque dimostrato con le Scritture che l’affrancamento dal peccato, la giustificazione, la remissione dei peccati e la vita eterna si ricevono da Dio per mezzo della sola fede nel Cristo di Dio, morto e risorto il terzo giorno. E’ quindi falso che il battesimo, sia che esso venga ministrato a dei neonati o a degli adulti, conferisce l’affrancamento dal peccato, la giustificazione, la remissione dei peccati e la vita eterna; e questo perché per quanto riguarda il neonato egli non ha ancora la fede, mentre l’adulto che veramente ha creduto nel Signore ancora prima di ricevere il battesimo è stato liberato dal peccato, giustificato, perdonato ed ha ricevuto la vita eterna, e questo appunto perché egli ha già la fede, egli ha creduto che Gesù Cristo è morto per i nostri peccati e risorto per la nostra giustificazione.

Per quanto riguarda poi il dopo battesimo, siccome si possiede la fede, si è certi di essere salvati dal peccato, giustificati e perdonati e di avere la vita eterna. Nessun dubbio a riguardo; lo Spirito Santo nel cuore del credente gli attesta in maniera chiara ed inequivocabile ch’egli è un figlio di Dio lavato nel sangue dell’Agnello e perciò erede del Regno di Dio con tutti gli altri riscattati. Che dire allora dei peccati commessi dopo il battesimo? Essi devono essere confessati a Dio che nella sua fedeltà e giustizia ce li rimetterà; egli ci purificherà da essi con il sangue del suo Figliuolo. Nessun mediatore terreno è necessario per ottenerne la remissione, perché ne abbiamo uno in cielo che ci difende nel cospetto di Dio; il suo nome è Gesù Cristo, egli è il nostro avvocato, ed in virtù della sua intercessione noi sappiamo di avere i nostri peccati perdonati appieno. In virtù di questa sua opera intercessoria noi credenti continuiamo ad avere mediante la fede la certezza della salvezza. Ma oltre a non esserci affatto il bisogno di un uomo come il prete che pretende in nome di Dio di rimettere i peccati commessi dopo il battesimo, non c’è neppure il bisogno delle opere di soddisfazione per ottenere l’espiazione dei peccati commessi dopo il battesimo perché il prezzo per la loro remissione è stato già pagato appieno da Cristo sulla croce. Le opere buone non aggiungono nulla all’opera di Cristo; le opere buone non possono meritarci il perdono dei peccati; esse vanno sì praticate in ogni tempo, ma per esse non si può pensare di pagare a Dio parte del prezzo dovuto per i nostri falli perché questo costituirebbe un offesa nei confronti di Cristo. Anche il perdono dei peccati dopo il battesimo è totalmente gratuito. Occorre chiederlo con pentimento e per certo esso non ci verrà rifiutato da Colui che non ha risparmiato il suo proprio Figliuolo ma l’ha dato per tutti noi mentre eravamo ancora dei peccatori, senza forza, lontani da Dio e suoi nemici. E’ sempre quindi mediante la fede che si continua ad essere perdonati appieno dal Signore. Stando così le cose, il credente è sicuro che quando morirà il Signore lo riceverà in gloria; non dovrà passare per nessun purgatorio. Se Cristo alla sua destra intercede per noi per quale motivo dovremmo andare in un purgatorio? Se Lui ci purifica da ogni peccato in virtù della fede che noi continuiamo a rimettere nel suo sangue prezioso, perché mai ci dovrebbe mandare dopo morti a penare in un luogo di tormento? No, Lui è fedele e i suoi angeli ci scorteranno nella casa del Padre suo quando moriremo perché il suo sangue è su di noi. La dottrina di Dio riguardo alla salvezza è chiara, ed è di grande consolazione per coloro che hanno creduto nel Signore; ma avete notato quanto oscura sia quella papista e come non è di nessun conforto per coloro che l’accettano perché li continua a mantenere nel dubbio, nell’incertezza più grande? E perché questo? Perché la salvezza ‘papista’ si fonda su dell’acqua cosiddetta benedetta che viene detto ha il potere di cancellare ogni peccato, anziché sul sangue prezioso di Cristo; e sulle opere di soddisfazione che l’uomo deve compiere anziché sull’opera di soddisfazione perfetta e fatta una volta per sempre da Gesù Cristo per la remissione dei nostri peccati, in altre parole sui meriti dell’uomo anziché su quelli di Cristo Gesù, il Figlio di Dio. Papi, cardinali, vescovi, preti e semplici Cattolici, parlano sempre di opere da compiere come se la salvezza fosse da meritare; ma mai gli si sente dire che l’opera di Cristo compiuta sulla croce è perfetta di nulla mancante e che chi crede in lui viene appieno salvato. Si basano sui loro meriti anziché su quelli di Cristo; per questo il Vangelo è loro velato, per questo non hanno la certezza della salvezza. Che fare dunque nei loro confronti? Scongiurarli nel nome del Signore a pentirsi e a credere in Gesù Cristo, a rinunciare alla loro giustizia che è un panno lordato davanti a Dio, per ricevere quella di Dio basata sulla fede che è una veste bianca, più bianca che neve davanti a Dio. Loro ci diranno: ‘Ma perché non andate a predicare ai pagani che si trovano nella giungla o in altre parti remote della terra? Noi siamo già dei Cristiani, non abbiamo bisogno della vostra evangelizzazione’. No, non è così, perché il loro non è cristianesimo ma paganesimo camuffato da cristianesimo; e loro non sono dei Cristiani, ma dei pagani che non conoscono Dio. Avanti quindi coll’evangelizzare i Cattolici romani; strappiamoli dal fuoco.


Capitolo 2

I SACRAMENTI

 

La dottrina dei teologi papisti

 

I sacramenti sono segni efficaci della grazia istituiti da Cristo, sono sette e conferiscono la grazia che rappresentano.

Secondo i teologi papisti ‘i Sacramenti sono segni efficaci della grazia, istituiti da Gesù Cristo per santificar­ci’.[201] Ma qual’è il significato di queste parole? Questo: ‘I Sacramenti sono segni della grazia, perché con la parte sensibile che hanno, significano o indicano quella grazia invisibile che conferiscono; e ne sono segni efficaci, perché significando la grazia realmente la conferiscono’.[202]

Ma quali sono per la chiesa romana questi sacramenti istituiti da Gesù Cristo? Questi: Il battesimo, la confermazione, l’euca­restia, la penitenza, l’estrema unzione, l’ordine e il matrimo­nio, quindi sono sette.[203]

E per chi non li accetta tutti e ne nega l’efficacia ci sono i seguenti anatemi: ‘Se qualcuno afferma che i sacramenti della nuova legge non sono stati istituiti tutti da Gesù Cristo, nostro signore, o che sono più o meno di sette, e cioè: il battesimo, la confermazione, l’eucarestia, la penitenza, l’estrema unzione, l’ordine e il matrimonio, o anche che qualcuno di questi sette non è veramente e propriamente un sacramento; sia anatema’;[204] ‘Se qualcuno afferma che i sacramenti della nuova legge non contengono la grazia che significano, o che non conferiscono la stessa grazia a quelli che non frappongono ostacolo, quasi che essi siano solo segni esteriori della grazia o della giustizia già ricevuta mediante la fede, o note distintive della fede cristiana, per cui si distinguono nel mondo i fedeli dagli infedeli; sia anatema’.[205]

Confutazione

Cristo ha istituito due ordinamenti che non conferiscono la grazia

 

Cristo non ha istituito sette sacramenti ma solo due ordinamenti che sono il battesimo e la cena del Signore. E questi ordinamenti non sono la sorgente della grazia[206] perché la grazia procede da Dio e da Cristo Gesù infatti l’apostolo Paolo quando salutava le chiese all’inizio delle sue epistole diceva: “Grazia a voi e pace da Dio nostro Padre e dal Signor Gesù Cristo”,[207] il che mostra che lui credeva che la grazia scaturiva da Dio Padre e dal Signore Gesù Cristo e non dagli ordinamenti dati da Cristo. Notate che assieme alla grazia è menzionata pure la pace, quindi come non si può dire che la pace scaturisce dagli ordinamenti così non si può dire che la grazia scaturisca dagli ordinamenti. Anche Giovanni ha confermato che la grazia si riceve da Dio per mezzo di Cristo e non per mezzo degli ordinamenti quando dice: “E’ della sua pienezza che noi tutti abbiamo ricevuto, e grazia sopra grazia. Poiché la legge è stata data per mezzo di Mosè; la grazia e la verità son venute per mezzo di Gesù Cristo”.[208]

Come potete vedere, da ciò che insegna la Scrittura si deduce che è errato pensare che la grazia di Dio sia conferita dai sacramenti della chiesa romana. E i fatti confermano ciò, perché tanti nostri fratelli che prima erano Cattolici romani quantunque avevano ricevuto il battesimo cattolico, la cresima, la comunione, e si erano confessati al prete per anni, hanno ricevuto la grazia che procede da Dio quando si sono ravveduti ed hanno creduto nel Vangelo. Per essa sono stati salvati dai loro peccati, per essa sono stati perdonati appieno e purgati da ogni loro peccato. L’hanno dunque ricevuta senza compiere riti di nessun genere ma solo credendo in Cristo; direttamente da Dio per mezzo di Cristo. Si tenga però ben presente a proposito di quanto appena detto che sia il ravvedimento che si è prodotto in essi e la fede mediante cui essi sono stati perdonati e salvati da Dio, sono tutte cose che vengono concesse da Dio secondo il beneplacito della sua volontà a coloro che lui vuole, per cui il fatto che essi hanno potuto pentirsi e credere nel Signore Gesù Cristo sono una manifestazione della grazia di Dio verso di loro. In altre parole si deve dire che essi si sono ravveduti e hanno creduto per la grazia che Dio aveva innanzi i secoli deciso di manifestare verso di loro e che nella pienezza dei tempi ha manifestato dandogli il ravvedimento e la fede indispensabili per essere salvati. Cosicché si deve riconoscere che se è vero che per la sola fede in Cristo abbiamo ricevuto grazia sopra grazia da Dio, è altresì vero che la fede che abbiamo, essendo un dono di Dio e non qualcosa che viene da noi, è essa stessa una grazia, un favore di Dio da lui datoci nella sua grande misericordia perché così Egli aveva deciso a nostra insaputa senza che noi meritassimo alcunché da lui, altrimenti grazia non sarebbe più grazia. Ecco perché dobbiamo dire che non abbiamo nulla, quindi neppure la fede, che non abbiamo ricevuto da Dio nella sua grande misericordia; e perché non abbiamo nulla di che gloriarci davanti a Dio, perché la salvezza ricevuta è stata un opera interamente compiuta da lui in noi senza che noi sapessimo nulla di questo suo glorioso piano verso di noi e indipendentemente dalla nostra volontà. Come ben dice Paolo: “Non dipende dunque né da chi vuole né da chi corre, ma da Dio che fa misericordia”.[209]

Ho voluto fare questo discorso per dimostrare che se è vero che per mezzo di Cristo “abbiamo anche avuto, per la fede, l’accesso a questa grazia”,[210] come dice Paolo, è altresì vero che abbiamo avuto accesso a questa grazia per la grazia di Dio perché la fede ce l’ha donata Dio. A Dio sia la lode e la gloria. Amen.

Quanto detto qui sopra quindi annulla tutta la dottrina cattolica sull’efficacia dei sacramenti; potremmo perciò fermarci qui, senza proseguire a confutare uno per uno i loro sacramenti. Ma vogliamo lo stesso farlo per dimostrare a tutti con le Scritture come, quantunque i teologi papisti prendono le sacre Scritture per sostenere che i loro sette sacramenti conferiscono la grazia, questi loro sacramenti non conferiscono nessuna grazia. Vogliamo così rendere giustizia alla Parola di Dio da loro male interpretata a danno di tante anime nel mondo.

IL BATTESIMO

La dottrina dei teologi papisti

 

Il battesimo rimette i peccati, fa nascere di nuovo chi lo riceve che diventa così un cristiano. Esso è assolutamente necessario alla salvezza. I neonati quindi lo devono ricevere al più presto perché senza il battesimo, in caso di morte, non possono andare in paradiso, ma vanno nel limbo. Il battesimo lo amministra il sacerdote versando l’acqua benedetta sul capo del battezzando.

‘Il Battesimo è il sacramento della remissione dei peccati e della rigenerazio­ne. E’ di fede (...) Per disposizione divina, il Battesimo è assolu­tamente necessario a tutti gli uomini per la salvezza. E’ di fede’.[211]

In altre parole, il battesimo per i teologi papisti rimette i peccati all’uomo e a sostegno di ciò essi prendono le parole che Pietro disse ai Giudei il giorno della Pentecoste; “Ravvedetevi, e ciascun di voi sia battezzato nel nome di Gesù Cristo, per la remission de’ vostri peccati”,[212] e lo fa rinascere e diventare un figlio di Dio e per sostenere questo prendono le seguenti parole di Gesù: “In verità, in verità io ti dico che se uno non è nato d’acqua e di Spirito, non può entrare nel regno di Dio”,[213] e le seguenti parole di Paolo: “Egli ci ha salvati non per opere giuste che noi avessimo fatte, ma secondo la sua misericordia, mediante il lavacro della rigenerazione...”.[214] Questo potere di rigenerare, il battesimo lo possiede perché l’acqua usata nel ministrarlo è un’acqua del tutto speciale infatti viene ‘consacrata mediante una preghiera di Epiclesi (sia al momento stesso, sia nella notte di Pasqua). La Chiesa chiede a Dio che, per mezzo del suo Figlio, la potenza dello Spirito Santo discenda su quest’acqua, in modo che quanti vi saranno battezzati ‘nascano dall’acqua e dallo Spirito’...’.[215]

Essendo il battesimo indispensabile alla salvezza, i genitori devono portare il proprio bambino al battesimo non più tardi di otto o dieci giorni; per ‘assicurargli subito la grazia e la felicità eterna, potendo egli molto facilmente morire’.[216]

Esso è amministrato dal sacerdote cattolico ‘versando l’acqua sul capo del battezzando e dicendo nello stesso tempo le parole della forma[217] che sono: Io ti battezzo nel nome del Padre e del Figliuo­lo e dello Spirito Santo.[218] Nella cerimonia del battesimo, il bambino, siccome non può parlare e rispondere alle domande che fa’ il prete, viene rappresentato dai padrini. Il catechismo dice di costoro: ‘I padrini nel Battesimo sono quelli che presentano alla Chiesa il battezzando, rispondono in suo nome se è bambino, assumendosi, quali padri spirituali, la cura della sua educazione cristiana, se vi mancassero i genitori, e perciò debbono essere buoni cri­stiani’.[219] Perciò, quando il bambino diviene adulto ha il dovere di ‘mantenere le promesse fatte a suo nome dai padrini.[220] Per sostenere il battesimo dei neonati i teologi papisti prendono le parole di Gesù di lasciare che i piccoli fanciulli vadano a lui,[221] poi le parole di Luca che dice che Lidia e il carceriere di Filippi furono battezzati con le rispettive famiglie,[222] e la circoncisione dei neonati da farsi all’età di otto giorni secondo il comando di Dio.[223]

Che succede nel caso il bambino muore senz’avere ricevuto il battesimo? Se egli muore non battezzato andrà nel limbo. Il catechismo infatti dice: ‘I bambini morti senza Battesimo vanno al Limbo, dove non é premio soprannaturale né pena; perché, avendo il peccato originale, e quello solo, non meritano il Paradiso, ma neppure l’Inferno e il Purgatorio’.[224]

Quantunque i teologi papisti dicano che il battesimo con acqua è assolutamente necessario per conseguire la salvezza, pure vi sono alcuni casi in cui per necessità, cioè per la ragione che la persona è impossibilitata a farsi battezzare, esso può essere sostituito da due altri battesimi: quello di sangue e quello di desiderio.

Per quanto riguarda il battesimo di sangue essi dicono: ‘Il battesi­mo di sangue (baptisma sanguinis) dona la giustificazione come quello di acqua, ma non il carattere indelebile e quindi l’incor­porazione nella chiesa e la capacità di ricevere gli altri sacra­menti. Sono compresi come battesimo di sangue; la morte violenta o la tortura, che dovrebbe portare alla morte; il martirio per causa di Cristo (per la fede cristiana o per una virtù cristiana); la sopportazione fino in fondo di questi tormenti per amore di Cristo; almeno un dolore imperfetto per i propri peccati e la volontà di ricevere, alla prima occasione, il battesimo di acqua’.[225] Per confermare il battesimo di sangue i teologi papisti prendono le parole che Gesù rivolse a Giacomo e Giovanni: “Voi certo berrete il calice ch’io bevo e sarete battezzati del battesimo del quale io sono battezzato...”.[226]

Per quanto riguarda il battesimo di desiderio essi affermano: ‘Se è moralmente o fisicamente impossibi­le la ricezione del battesimo di acqua, il battesimo di desiderio può conferire gli effetti della grazia del primo. Gli elementi costitutivi del battesimo di desiderio sono: il desiderio sincero del battesimo, il dolore perfetto dei propri peccati e la ferma volontà di ricevere alla prima occasione il sacramento del batte­simo di acqua. Esso è efficace quando a motivo di un fatto ester­no (morte) non si è più in grado di ricevere il battesimo di acqua. Esso produce la giustificazione, ma non l’incorporazione nella chiesa visibile’.[227]

Contro chi non accetta il battesimo della chiesa cattolica romana ci sono i seguenti anatemi lanciati dal concilio di Trento: ‘Se qualcuno afferma che nella chiesa romana (che è madre e maestra di tutte le chiese) non vi è la vera dottrina del battesimo: sia anatema’;[228] ‘Chi nega che per la grazia del signore nostro Gesù Cristo, conferita nel battesimo, sia rimesso il peccato originale (...) sia anate­ma’;[229] ‘Chi nega che i fanciulli, appena nati debbano essere bat­tezzati (....) sia anatema’;[230] ‘Se qualcuno afferma che i bambini, poiché non hanno la capacità di credere, ricevuto il battesimo non devono essere considerati cristiani e quindi divenuti adulti, devono essere ribattezzati; o che è meglio omettere il loro battesimo, piuttosto che battezzarli nella fede della chiesa, senza un loro atto di fede; sia anatema’.[231]

Confutazione

Il battesimo dev’essere ministrato a persone che hanno creduto e per immersione

 

Questa dottrina della chiesa romana sul battesimo é falsa perché innanzi tutto secondo la Scrittura il battesimo dev’essere ministrato a persone che si sono ravvedute dai loro peccati ed hanno creduto nel Signore Gesù Cristo, e perciò non può essere ministrato a degli infanti che ancora non discernono il bene dal male e che ancora non possono credere col cuore nel Signore. Le seguenti Scritture confermano che coloro che devono essere battezzati devono prima ravvedersi e credere nel Vangelo che viene loro annunziato, e perciò non possono essere battezzati dei neonati.

-  “Or essi, udite queste cose, furon compunti nel cuore, e dissero a Pietro e agli altri apostoli: Fratelli, che dobbiam fare? E Pietro a loro: Ravvedetevi, e ciascun di voi sia battez­zato nel nome di Gesù Cristo, per la remission de’ vostri pecca­ti.... Quelli dunque i quali accettarono la sua parola, furon battezzati....”;[232]

-  “Ma quand’ebbero creduto a Filippo che annunziava loro la buona novella relativa al regno di Dio e al nome di Gesù Cristo, furon battezzati, uomini e donne”;[233]

-  “E molti dei Corinzî, udendo Paolo, credevano, ed eran battez­zati”.[234]

Come potete ben vedere in questi tre passi le espressioni: “accettarono la sua parola”, “quando ebbero creduto”, e “credeva­no” precedono l’atto del battesimo, e attestano in maniera chiara che anticamente per ricevere il battesimo la persona doveva prima credere nel Vangelo.

Tutto questo è in perfetta armonia con le parole di Gesù: “Chi avrà creduto e sarà stato battezzato sarà salvato”.[235] Il battesimo dunque è lecito che lo riceva solo chi ha creduto. Ma per potere credere la persona deve prima ascoltare la parola di Cristo perché Paolo dice che la fede viene dall’udire e l’udi­re si ha per mezzo della parola di Cristo, ed anche: “Come crede­ranno in colui del quale non hanno udito parlare?”,[236] e perciò ci deve essere chi predica il Cristo perché sempre Paolo dice: “Come udiranno, se non v’è chi predichi?”.[237] E questo è in perfetta armonia con le seguenti parole di Gesù: “Andate per tutto il mondo e predicate l’evangelo ad ogni creatura. Chi avrà creduto e sarà stato battezzato sarà salvato”;[238] e: “Andate dunque, ammaestrate tutti i popoli, battezzando­li...”.[239] Notate infatti che la predicazione e l’ammaestramento precedono l’atto del battesimo perché gli apostoli prima dovevano predicare la Parola, e dopo dovevano battezzare coloro che avevano creduto in essa. Questo è l’ordine che gli apostoli seguirono, difatti il giorno della Pentecoste prima Pietro predicò, poi gli uditori accettarono la sua parola e gli apostoli li battezzarono secondo che è scritto: “Quelli dunque i quali accettarono la sua parola, furon battezzati”.[240] E questo è quello che avvenne anche a Filippi nel caso della famiglia di Lidia secondo che è scritto prima: “E postici a sedere, parlavamo alle donne ch’eran quivi radunate”,[241] poi dopo che il Signore le aprì il cuore per renderla attenta alle cose dette da Paolo “fu battezzata con quei di casa”;[242] ed anche nel caso della famiglia del carceriere secondo che è scrit­to, prima: “Poi annunziarono la parola del Signore a lui e a tutti coloro che erano in casa sua”,[243] e poi, che “fu battezzato lui con tutti i suoi”;[244] ed a Corinto dove molti sentendo parlare Paolo credevano ed erano battezzati.[245] E siccome che la predicazione del Vangelo non poteva essere rivolta a dei neonati (e da quest’ultimi accettata) perché essi quantunque potevano sentire non potevano però discernere quello che veniva detto e in loro non poteva dunque venire la fede, deduciamo che essi non venivano battezzati. Abbiamo dunque visto che anticamente il battesimo veniva, in obbedienza al comando di Cristo, ministrato solo a coloro che credevano, il che esclude che venissero battezzati anche dei neonati che non potevano ancora credere.

Oltre a ciò bisogna dire che il battesimo citato in queste Scrit­ture consisteva nell’immergere nell’acqua chi aveva creduto, e non in un versamento di acqua sulla sua testa. D’altronde la stessa parola greca baptizo significa ‘immergere’, ‘tuffare’, e non versare o aspergere. Le seguenti Scritture attestano che il battesimo con acqua è per immersione e non per infusione.

-  Giovanni il Battista battezzava per immersione (quantunque il suo battesimo fosse solo un battesimo di ravvedimento) secondo che é scritto: “Allora Gerusalemme e tutta la Giudea e tutto il paese d’intorno al Giordano presero ad accorrere a lui; ed erano battezzati da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati”,[246] ed anche: “Or anche Giovanni stava battezzando a Enon, presso Salim, perché c’era là molt’acqua; e la gente veniva a farsi battezzare”;[247]

-  Gesù fu battezzato all’età di circa trenta anni; quando fu battezzato da Giovanni nel Giordano, fu immerso nell’acqua, secondo che é scritto in Mat­teo: “E Gesù, tosto che fu battezzato, salì fuor dell’acqua...”;[248] ed anche in Marco: “Fu battezzato da Giovanni nel Giordano. E ad un tratto, com’egli saliva fuori dell’acqua, vide fendersi i cieli, e lo Spirito scendere su di lui...”;[249]

-  l’eunuco fu battezzato da Filippo per immersione secondo che é scritto: “E discesero ambedue nell’acqua, Filippo e l’eunuco; e Filippo lo battezzò. E quando furon saliti fuori dell’acqua, lo Spirito del Signore rapì Filippo..”.[250]

Che dire allora di quei ragionamenti papisti quali: ‘Il giorno della Pentecoste furono battezzate circa tremila persone e noi sappiamo che a Gerusalemme non c’è nessun fiume che permettesse un battesimo di immersione’, e: ‘Il carceriere fu battezzato con tutta la sua famiglia nel carcere e qui non c’era un fiume o una piscina per fare un battesimo per immersione; quindi in questi casi il battesimo fu ministrato per infusione’? Diremo che essi sono solo delle ciance che servono solo a gettare polvere negli occhi dei Cattolici che non conoscono le Scritture. Dio non era obbligato a fare trascrivere ogni volta dove e come venivano battezzati tutti coloro che accettavano il Vangelo. Una cosa è certa, in quei casi in cui Egli non ha voluto che fosse trascritto dove e come venne ministrato il battesimo ai credenti non è perché quel battesimo fu loro ministrato per infusione!

E poi, seguendo questo modo di ragionare si dovrebbe anche dire che in quei casi dove non c’è scritto che dei credenti ricevettero il battesimo essi non furono per nulla battezzati come nel caso di quelle migliaia di persone che dopo che Pietro guarì lo zoppo a Gerusalemme credettero, dei Tessalonicesi, o di coloro che credettero ad Atene; per cui il battesimo non era necessario! Ma questo evidentemente significherebbe fare dire alla Parola ciò che essa non dice e costituirebbe una contraddizione.

Abbiamo quindi provato che il battesimo istituito da Cristo dev’essere ministrato a persone che si sono ravvedute ed hanno credu­to ed anche che esso è per immersione e non per infusione. Quando dunque un Cattolico romano si ravvede e crede con il suo cuore nel Vangelo della grazia deve essere battezzato; non ribattezzato perché in realtà quello che lui ha ricevuto da fanciullo (o magari da adulto) nella chiesa cattolica romana non è affatto un battesimo ma un qualche cosa che ha solo il nome di battesimo.

Per quanto riguarda poi le parole da usare nel battesimo bisogna dire al battezzando: ‘Io ti battezzo nel nome del Padre e del Figliuolo e dello Spirito Santo’ perché Gesù così ha comandato: “...battezzandoli nel nome del Padre e del Figliuolo e dello Spirito Santo”.[251] Nel nome del Padre perché è Lui che lo ha attirato al suo Figliuolo,[252] nel nome del Figliuolo perché Lui lo ha accolto e gli ha rivelato il Padre,[253] e nel nome dello Spirito Santo perché è Lui che lo ha convinto quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio.[254]

Il battesimo non rigenera l’uomo

 

Le parole di Gesù[255] e di Paolo[256] che i teologi papisti prendono per sostenere il potere di rigenerare del battesimo hanno un altro significato.

Gesù quando disse che bisogna nascere d’acqua intese dire che bisogna essere rigenerati dalla Parola di Dio perché l’acqua rappresenta la Parola di Dio.[257] Di certo Egli non intese dire che l’ac­qua del battesimo rigenera o ha il potere di rigenerare il pecca­tore perché questo non corrisponde a verità, perché il potere di rigenerare il peccatore ce l’ha la Parola di Dio.[258] E poi, se fosse così come dicono i Cattolici il ladrone convertitosi sulla croce in punto di morte non avrebbe potuto andare nel regno di Dio perché non nato d’acqua, cioè perché non battezzato. Ma allora come mai Gesù gli disse che in quel giorno sarebbe stato con lui in paradiso? Non è forse perché quell’uomo prima di morire speri­mentò la nuova nascita, ovvero nacque d’acqua e di Spirito? Certo che è così, e non può essere altrimenti.

Per quanto riguarda le parole di Paolo a Tito, per lavacro della rigenerazione l’apostolo non intese dire la rigenerazione compiu­ta dal battesimo. E questo perché lui per lavacro non intendeva l’immersione nell’acqua di chi aveva creduto, ma la purificazione compiuta in lui dalla Parola di Dio difatti agli Efesi­ni dice che “Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, affin di santificarla, dopo averla purificata col lavacro dell’acqua mediante la Parola..”.[259] A conferma che Cristo ci ha lavati e nettati mediante la sua parola, e non mediante il batte­simo in acqua che abbiamo ricevuto nel suo nome, citiamo le parole che Gesù disse ai suoi discepoli la notte in cui fu tradi­to: “Voi siete già mondi a motivo della parola che v’ho annunzia­ta”.[260] Egli non disse loro che erano mondi a motivo del battesimo, ma a motivo della sua parola, che era la Parola di Dio secondo che egli disse: “La parola che voi udite non è mia, ma è del Padre che mi ha mandato”.[261] E se ciò non bastasse a dimostrare che Paolo dicendo che siamo stati salvati mediante il lavacro della rigenerazione non intese affatto dire che il battesimo in acqua ci ha rigenerati aggiungiamo anche la prova dei fatti. I Cattolici romani dicono di avere ricevuto il lavacro della rigenerazione ma non possono dire di essere stati salvati. Ora, noi diciamo: ‘Se i Cattolici avessero ricevuto il lavacro della rigenerazione di cui parla Paolo quando sono stati battezzati allora potrebbero dire di conseguenza anche loro: “Siamo stati salvati”, ma questo non lo possono dire e non lo dicono. Come mai?’ Non è forse perché quel “lavacro della rigenerazione” non si riferisce affatto al battesimo (sia che esso sia stato erratamente ministrato per infusione o giustamente per immersione) ma al lavaggio operato dalla Parola di Dio nel cuore di colui che l’ha accettata per fede e loro questo lavaggio non l’hanno ancora sperimentato? Certo che è così.

Ecco perché tutti coloro che dicono di essere dei Cristiani solo per il fatto che da piccoli sono stati battez­zati nella chiesa cattolica romana non sono certi di essere salvati, e sono ancora morti nei loro falli; perché il loro battesimo non li ha rigenerati affatto quando essi lo hanno ricevuto da piccoli. Possiamo dire che essi sono stati ingannati mediante quel ‘batte­simo’, ma non rigenerati ed incorporati mediante di esso nel corpo di Cristo.

I passi presi per sostenere il battesimo dei bambini non hanno il significato che gli danno i teologi papisti

 

Nella sacra Scrittura non ci sono a riguardo del battesimo in acqua dei passi che attestano che ai tempi di Gesù e ai tempi degli apostoli venivano battezzati anche i bambini. Nonostante ciò, come avete potuto vedere, i teologi papisti sostengono il battesimo degli infanti mediante dei passi delle Scritture. Vediamo dunque di dimostrare che i passi della Scrittura da loro citati non confermano affatto il battesimo degli infanti.

-  In Matteo è scritto: “Allora gli furono presentati dei bambini perché imponesse loro le mani e pregasse; ma i discepoli sgrida­rono coloro che glieli presentavano. Gesù però disse: Lasciate i piccoli fanciulli e non vietate loro di venire a me, perché di tali è il regno de’ cieli. E imposte loro le mani, si partì di là”.[262] I sostenitori del battesimo degli infanti (pedobattesimo) dicono che quel “non vietate loro di venire a me” significa che non si può negare il battesimo ai fanciulli, quantunque essi non siano consapevoli dell’atto a cui vengono sottoposti, perché Gesù ha detto di non impedirglielo.

Questa interpretazione data alle suddette parole di Gesù è arbi­traria per queste ragioni: coloro che presentavano i bambini a Gesù non glieli presentavano affinché lui li battezzasse per infusione o per immersione, ma, come dice Marco “perché li toc­casse”,[263] quindi vedere il battesimo degli infanti in quelle parole di Gesù vuole dire sforzarsi di vederci quello che non c’è. Gesù quando i bambini andarono a lui li prese in braccio “ed imposte loro le mani, li benediceva”,[264] il che esclude che lui li abbia battezzati.

-  “E una certa donna, di nome Lidia, negoziante di porpora, della città di Tiatiri, che temeva Dio, ci stava ad ascoltare; e il Signore le aprì il cuore, per renderla attenta alle cose dette da Paolo. E dopo che fu battezzata con quei di casa, ci pregò dicen­do: Se mi avete giudicata fedele al Signore, entrate in casa mia, e dimoratevi. E ci fece forza”;[265] “Poi annunziarono la parola del Signore a lui e a tutti coloro che erano in casa sua. Ed egli, presili in quell’istessa ora della notte, lavò loro le piaghe; e subito fu battezzato lui con tutti i suoi. E menatili su in casa sua, apparecchiò loro la tavola, e giubilava con tutta la sua casa, perché avea creduto in Dio”.[266] Ora, siccome che sia nel caso di Lidia, e sia nel caso del carce­riere di Filippi è detto che essi furono battezzati con tutti quelli di casa loro, i teologi papisti deducono che anche i loro bambini furono battezzati dagli apostoli.

Per confutare questo loro discorso diciamo solamente che le Scritture qui sopra esposte non dicono che c’erano dei neonati o dei piccoli bambini in quelle famiglie.

-  “All’età d’otto giorni, ogni maschio sarà circonciso fra voi, di generazione in generazione”.[267] Per i teologi papisti, come il neonato entrava a fare parte inconsapevolmente del popolo d’Israele mediante quell’atto che gli veniva compiuto nella carne, così sotto il Nuovo Patto il bambino entra inconsapevolmente a fare parte del popolo di Dio quando gli viene ministrato il battesimo.

Questo paragone non regge per i seguenti motivi: 1) sotto l’Antico Patto fu Dio a comandare di circoncidere l’ottavo giorno i bambini mentre sotto il Nuovo Patto non ha comandato affatto di battezzare i bambini, cosa che non avrebbe mancato di fare se egli avesse voluto che così si facesse; 2) la circoncisione sotto l’Antico Patto era ombra della vera circoncisione che doveva compiere Cristo nel cuore di molti uomini e di molte donne: e questa egli la compie in coloro che si ravvedono e credono in lui togliendogli il vecchio cuore di pietra e mettendogliene uno nuovo di carne, togliendogli i peccati.

I peccati vengono cancellati e si diventa figliuoli di Dio quando si crede in Gesù Cristo e non quando si viene battezzati

 

Ora, prescindendo dal fatto che il battesimo dei bambini ammini­strato in seno alla chiesa romana è nullo per le ragioni appena esposte, spieghiamo con la Scrittura perché il battesimo in acqua non cancella i peccati all’uomo e non lo fa diventare un figlio di Dio.

Pietro dice nella sua prima epistola che il battesimo non é “il nettamento delle sozzure della carne...”;[268] dove per sozzure della carne si intendono le opere morte della carne (i peccati) di cui l’uomo senza Dio è contaminato.[269] Quindi non è mediante di esso che vengono cancellati i peccati e si diventa figliuoli di Dio. Ma allora come vengono cancellati i peccati e come si diventa figliuoli di Dio?

-  I peccati vengono cancellati mediante la fede, e non mediante il battesimo in acqua, secondo che é scritto: “Chiunque crede è giustificato di tutte le cose”,[270] ed anche: “Chiunque crede in lui riceve la remission de’ peccati mediante il suo nome”.[271] Ed a conferma di quello che stiamo dicendo citiamo le parole di Pietro all’assemblea di Gerusa­lemme a proposito della purificazione di quei Gentili che udirono il Vangelo dalla sua bocca: “E non fece alcuna differenza fra noi e loro, purificando i cuori loro mediante la fede”.[272] Come potete vedere Pietro non disse che quei Gentili erano stati purificati dai loro peccati mediante il battesimo, che essi ricevettero per ordine suo dopo che lo Spirito Santo scese su loro, ma mediante la loro fede che aveva preceduto il battesimo in acqua. Che dire allora delle parole di Pietro il giorno della Pentecoste che i teologi papisti prendono per dire che il battesimo rimette i peccati? Non confermano forse esse che il battesimo rimette i peccati? No, non lo confermano affatto perché Pietro non disse loro: ‘Siate battezzati per la remissione dei vostri peccati’, il che avrebbe sì significato che per ottenere la remissione dei peccati era indispensabile per loro farsi battezzare; ma egli disse loro prima di ravvedersi e poi di farsi battezzare, e siccome che quando ci si ravvede si cambia modo di pensare e si crede nell’Evangelo nel quale non si è mai creduto prima, bisogna dire ancora una volta che il battesimo non lava il peccatore dai suoi peccati perché ciò che gli rimette i peccati è il nome di Cristo nel quale egli crede quando si ravvede. E che i peccati non vengono cancellati dal battesimo ma mediante la fede in Cristo è confermato anche dalle seguen­ti parole che sempre lo stesso Pietro rivolse ai Giudei dopo la guarigione dello zoppo alla porta del tempio detta ‘Bella’: “Ravvedetevi dunque e convertitevi, onde i vostri peccati siano cancellati...”.[273] Notate infatti che qui Pietro dice ai Giudei che per ottenere la cancellazione dei loro peccati si devono solo ravvedere e conver­tire. Non gli dice: ‘Ravvedetevi e siate battezzati’, ma solo: “Ravvedetevi dunque e convertitevi”; del battesimo non gliene parla, ma annunzia loro lo stesso la cancellazione dei peccati.

-  Si diventa figliuoli di Dio sempre mediante la fede e non mediante il battesimo secondo che é scritto: “A tutti quelli che l’hanno ricevuto egli ha dato il diritto di diventar figliuoli di Dio; a quelli, cioè, che credono nel suo nome”,[274] ed anche: “Siete tutti figliuoli di Dio, per la fede in Cristo Gesù”.[275]

Prendiamo per esempio ancora Cornelio ed i suoi; essi ricevettero lo Spirito Santo ancora prima di essere battezzati in acqua. Ora, noi sappiamo che lo Spirito Santo lo possono ricevere solo coloro che hanno creduto perché è scritto: “Or disse questo dello Spiri­to, che doveano ricevere quelli che crederebbero in lui”,[276] perciò essi avevano creduto e di conseguenza erano dei figliuoli di Dio. Inoltre la Scrittura dice: “Avete ricevuto lo spirito d’adozione, per il quale gridiamo: Abba! Padre! Lo Spirito stesso attesta insieme col nostro spirito, che siamo figliuoli di Dio”,[277] quindi Cornelio ed i suoi potevano dire di essere dei figliuoli di Dio ancora prima di essere battezzati perché lo Spirito Santo glielo attestava con il loro spirito.[278] Come potete vedere tutto questo annulla la dottrina che il battesimo fa diventare figli di Dio.

Ma prendiamo un altro esempio per confermare che non è mediante il battesimo che si diventa figliuoli di Dio; quello dei circa dodici discepoli di Efeso. Luca dice che Paolo quando giunse ad Efeso “trovati quivi alcuni discepoli, disse loro: Avete voi ricevuto lo Spirito Santo, dopo che avete creduto”.[279] E siccome che essi gli risposero che non avevano neppure sentito parlare dell’esistenza dello Spirito Santo, Paolo si informò da loro di quale battesimo erano stati battezzati. Essi gli risposero che erano stati battezzati del battesimo di Giovanni; al che Paolo li battezzò nel nome del Signore Gesù. Ora, la domanda che faccio è questa: ‘La Scrittura dice che questi circa dodici uomini erano dei discepoli ancora prima che fossero battezzati in acqua nel nome del Signore Gesù, quindi costoro avevano creduto nel Signore perché ogni qual volta nel libro degli Atti degli apostoli è menzionata la parola discepoli essa si riferisce a dei credenti, a dei figliuoli di Dio; ma allora come si spiega che essi, benché ancora non fossero stati battezzati nel nome del Signore Gesù, sono chiamati discepoli?’ Non è forse perché non è il battesimo nel nome del Signore Gesù che ci rende discepoli del Signore, ma la nostra fede in Cristo Gesù? Non bisogna forse arrivare ancora alla conclusione che il battesimo non fa gli uomini figli di Dio, perché figli di Dio si diventa credendo nel nome del Figliuol di Dio?

Con questi nostri discorsi non vogliamo dire affatto che il battesimo sia inutile o non necessario, e questo perché esso è stato ordinato dal Signore con queste parole: “Andate dunque, ammaestrate tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figliuolo e dello Spirito Santo”[280] ed anche: “Chi avrà creduto e sarà stato battezzato sarà salvato”,[281] ma solo che Gesù ha detto che “chi non avrà creduto sarà condannato” e non che colui che non sarà battezzato andrà all’inferno, come per esempio un uomo che crede in fin di vita senza avere punto il tempo di essere battezzato in acqua. Quindi il fine di questi discorsi è solo quello di dimostrare che non è l’acqua del battesimo che cancella i peccati ma il sangue di Cristo, e che non è il battesimo che fa diventare gli uomini figli di Dio ma la loro fede. Fermo restando che il battesimo ha valore, e che coloro che credono devono essere subito battezzati in ubbidienza all’ordine del Signore.

Che cosa è, e cosa fa il battesimo secondo la Scrittura

 

Dopo avere detto cosa il battesimo non è, e cosa il battesimo non fa vediamo che cosa è il battesimo e cosa esso fa.

L’apostolo Pietro dice che il battesimo è “la richiesta di una buona coscienza fatta a Dio”[282] (questa è un ulteriore conferma che il battesimo non può essere amministrato a bambini perché i bambini appena nati non possono fare a Dio questa richiesta di buona coscienza che é il battesimo); quindi siccome che per mezzo del battesimo chi crede in Dio richiede di avere una buona co­scienza nel suo cospetto, esso è necessario (d’altronde come avrebbe potuto Gesù istituire una cosa non necessaria per coloro che avrebbero creduto in lui?). E ciascuno di noi ha sperimentato le parole di Pietro perché dopo che abbiamo creduto nel Signore abbiamo sentito la necessità del battesimo perché sentivamo in noi per lo Spirito, che pur essendo dei figliuoli di Dio purificati con il sangue di Gesù Cristo, per avere una buona coscienza davanti a Dio dovevamo ubbidire all’or­dine del battesimo. Certo, eravamo certi di essere salvati, di essere stati perdonati, ma nonostante ciò sentivamo che in ubbi­dienza a Cristo, il nostro Salvatore, dovevamo farci battezzare in acqua. Quindi, secondo la Scrittura, mediante il battesimo noi abbiamo ottenuto una buona coscienza davanti a Dio.

Oltre a questo noi, mediante il battesimo, siamo stati sepolti con Cristo secondo che è scritto: “O ignorate voi che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte? Noi siam dunque stati con lui seppelliti me­diante il battesimo nella sua morte, affinché, come Cristo è risuscitato dai morti mediante la gloria del Padre, così anche noi camminassimo in novità di vita”.[283] E dato che vengono seppelliti i morti e non coloro che ancora sono vivi, noi possiamo dire che quando siamo stati seppelliti mediante il battesimo nella morte di Cristo eravamo già morti al peccato essendo che ci eravamo ravveduti ed avevamo creduto nel Vangelo. In altre parole che noi prima di essere battez­zati in acqua eravamo nati di nuovo, perciò morti al peccato; e mediante il battesimo il nostro vecchio uomo è stato seppellito con Cristo. Come Cristo quando fu seppellito era già morto al peccato (“il suo morire fu un morire al peccato, una volta per sempre”,[284] dice Paolo), così anche noi quando siamo stati seppelli­ti con lui eravamo già morti al peccato mediante il corpo di Cristo. Possiamo anche esprimere questo concetto così: noi siamo stati salvati dai nostri peccati mediante la fede, e quindi ancora prima di essere battezzati in acqua eravamo salvati (perché l’atto del credere precede l’atto dell’essere immersi nell’acqua). Il nostro battesimo quindi si può definire un atto di ubbidienza a Dio che ha suggellato la giustificazione da noi ottenuta per fede prima del battesimo. Un po’ come il segno della circoncisione che Abramo ricevette “qual suggello della giustizia ottenuta per la fede che avea quand’era incirconciso”.[285] Perché anche Abramo era stato giustificato da Dio per fede prima di essere circonciso, e non fu quindi la circoncisione ad essergli messa in conto di giustizia ma la sua fede secondo che è scritto: “Noi diciamo che la fede fu ad Abramo messa in conto di giustizia”.[286] Nello stesso modo anche a noi non è stato il battesimo ad esserci messo in conto di giustizia (il che avrebbe significato che mediante il battesimo si ottiene la giustificazione) ma la nostra fede che abbiamo riposto in Cristo prima di essere battezzati in acqua.

Mediante il battesimo noi abbiamo anche testimoniato al diavolo e ai suoi ministri (come anche alle persone del mondo che erano presenti o che hanno udito del nostro battesimo) di essere diventati dei discepoli di Cristo Gesù, di non volere vivere più per noi stessi ma per Colui che è morto e risuscitato per noi, e perciò di avere rinunciato a noi stessi ed ai piaceri del peccato che ci offre il diavolo tramite questo mondo malvagio. Non si deve mai dimenticare infatti che quando noi siamo nati di nuovo siamo stati strappati da questo presente secolo malvagio che giace nel maligno e trasportati nel regno del Figliuolo di Dio; che prima della nuova nascita servivamo il peccato ma dopo abbiamo cominciato a servire la giustizia. E’ un atto dunque il battesimo con il quale noi abbiamo dichiarato di essere morti al peccato e al mondo. Come con la cena del Signore noi annunziamo periodicamente la morte del Signore al peccato una volta per sempre, così con il battesimo, che si riceve una volta sola nella vita, noi abbiamo annunziato la nostra morte al peccato, al mondo. E si tenga presente che come la cena del Signore non è la ripetizione della morte del Signore al peccato, il battesimo non è nemmeno esso l’atto con il quale noi moriamo al peccato perché la nostra morte al peccato è avvenuta prima del battesimo che ne è stato invece l’annuncio. Si tenga presente che il battesimo nel nome di Cristo in alcuni posti della terra rappresenta un pronunciare su se stessi la condanna a morte dei propri connazionali, e difatti molti di questi nostri fratelli battezzati in queste nazioni sono stati poi uccisi per avere manifestato pubblicamente con il battesimo la loro decisione di seguire Cristo. Questo a dimostrazione che per coloro che si sono sentiti traditi questo atto dell’immersione che subisce un credente (che per loro è un traditore) significa che quello che prima era della loro stessa religione ha deciso di rinunciare alla sua vecchia religione per abbracciarne un altra totalmente diversa per cui egli merita la morte come traditore.

Il battesimo è un atto con il quale noi abbiamo dichiarato di non vergognarci di Cristo ma di essere disposti a portare il suo vituperio in questo mondo di tenebre. Il fatto dunque che molti credenti hanno subito una forte opposizione dai loro familiari increduli prima di essere battezzati è dovuto al fatto che il diavolo cercò tramite alcuni che erano sotto la sua potestà di indurre in questa maniera il neoconvertito a vergognarsi del suo Salvatore. L’avversario infatti sa che Gesù ha affermato: “Se uno si sarà vergognato di me e delle mie parole in questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figliuol dell’uomo si vergognerà di lui...”.[287]

Dopo avere detto ciò qualcuno dirà: “Ma allora, se non è tramite il battesimo che si viene salvati (perché è mediante la fede che si viene salvati), perché Pietro dice del battesimo: “Il quale ora salva anche voi, mediante la risurrezio­ne di Gesù Cristo”?[288] Perché è così, ma Pietro non ha voluto dire con queste parole che il battesimo ci ha salvati. Perché non è il battesimo in acqua che salva l’uomo dalla schiavitù del peccato ma la sua fede in Cristo Gesù. Non è il battesimo in acqua che salva l’uomo dall’inferno ma la sua fede, e di ciò ne abbiamo una conferma nell’episodio della conversione di uno dei ladroni che furono crocifissi con Cristo al quale Gesù disse: “Io ti dico in verità che oggi tu sarai meco in paradiso”.[289] Come potete vedere quell’uo­mo non poté ricevere il battesimo eppure andò in paradiso. A conferma di quanto detto sopra vi faccio notare che Pietro non ha detto che ‘il battesimo ci ha salvati pure a noi mediante la risurrezione di Gesù Cristo’ perché se avesse detto così questo avrebbe significato che Pietro credeva che si nasce di nuovo quando si viene battezzati e non quando ci si ravvede e si crede nel Figliuolo di Dio. Ma egli ha detto che il battesimo “salva ancora noi, per la risurrezione di Gesù Cristo”,[290] cioè che il battesimo nella sua morte ci salva dall’ira a venire; ma in che maniera? Con la fede nella risurrezione di Gesù Cristo perché Gesù ha detto: “Chi avrà creduto e sarà stato battezzato sarà salvato”,[291] e non senza. Ma questo non significa affatto che è stato mediante il battesimo che siamo stati rigene­rati; tanto è vero che lo stesso apostolo Pietro all’inizio della sua prima epistola dice: “Benedetto sia l’Iddio e Padre del Signor nostro Gesù Cristo, il quale nella sua gran misericordia ci ha fatti rinascere, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti...”;[292] lo vedete? Pietro non dice che Dio ci ha fatti rinascere mediante il battesimo (come dice la chiesa cattolica romana) ma mediante la risurrezione di Gesù Cristo ossia mediante la fede nella risurrezione di Gesù Cristo, il che è differente. Anche l’apostolo Paolo conferma che è mediante la fede nella risurrezione di Cristo che noi siamo stati rigenerati e non mediante il battesimo quando dice ai Colossesi: “Essendo stati con lui sepolti nel battesimo, nel quale siete anche stati risu­scitati con lui mediante la fede nella potenza di Dio che ha risuscitato lui dai morti”.[293] Notate l’espressione “mediante la fede nella potenza di Dio che ha risuscitato lui dai morti” che messa in quel contesto in cui si parla del battesimo dimostra chiaramente che è la fede nella risurrezione di Cristo che ci ha rigenerati e non il battesimo. E difatti Paolo predicava alle persone del mondo la fede in Cristo come mezzo per rinascere e non il battesimo; perché egli sapeva che era soltanto mediante la fede che esse potevano essere rigenerate. Ecco perché ai Corinzi l’apostolo disse: “Cristo non mi ha mandato a battezzare ma ad evangelizzare...”,[294] perché agli occhi del Signore l’evangelizzare era ed è più importante del battezzare, cosa che Gesù stesso nei giorni della sua carne lo dimostrò evangelizzando ma non battezzando alcuno.

Quindi, riassumendo, mediante la fede nella risurrezione di Gesù Cristo siamo stati salvati, rigenerati, e purificati dai nostri peccati; mediante il battesimo siamo stati seppelliti; ed esso ci salva mediante la risurrezione di Gesù Cristo, ossia se conser­viamo la fede nella risurrezione di Cristo. In altre parole, noi saremo salvati dall’ira a venire a condi­zione che riteniamo ferma fino alla fine la fede che abbiamo riposto in Dio al principio; nel caso contrario il battesimo in acqua ricevuto dopo avere creduto non ci servirà proprio a nulla. Vi spiego questo facendovi degli esempi. Se Noè, o qualcuno dei suoi che erano nell’arca, avesse deciso mentre pioveva a dirotto sulla terra di gettarsi dalla finestra che Dio aveva ordinato a Noè di costruire nell’arca, di certo non sarebbe scampato al diluvio ma sarebbe perito pure lui assieme ai ribelli. Se un Israelita che aveva appena finito di passare il mare a piedi asciutti avesse deciso di tornare sui suoi passi (prima che Dio dicesse a Mosè di stendere la sua mano sul mare affinché le acque ritornassero sugli Egiziani), certamente egli sarebbe perito con gli Egiziani. Così anche noi che siamo in Cristo mediante la fede, dobbiamo studiarci di rimanere in Cristo se vogliamo essere salvati dall’ira a venire. Quindi dobbiamo continuare a credere in lui e guardarci dal gettare via la nostra franchezza, perché questo costituirebbe una specie di suicidio spirituale.

Infine ci tengo a sottolineare che l’apostolo Pietro e l’apostolo Paolo (cito loro perché ho citato le loro parole a riguardo del battesimo) battezzavano subito coloro che credevano; questo ve lo ricordo per farvi capire come per loro il battesimo doveva seguire immediatamente la fede e non doveva avvenire settimane o mesi o anni dopo. A dimostrazione che per loro, quantunque non fosse il battesimo che rigenerasse, esso era un atto importante perché comandato da Cristo da fare subito. Purtroppo però il loro esempio oggi non è seguito in mezzo alla maggior parte delle chiese per tanti motivi che non trovano nessun appoggio nella Scrittura (il numero consistente, la stagione calda, ecc.). E questo non può non rattristare. Io dico che se i preti comandano ai genitori di fare ‘battezzare’ i loro neonati pochi giorni dopo la loro nascita naturale perché pensano che con quell’acqua versata sul loro capo essi rinasceranno e diventeranno figli di Dio, i ministri del Vangelo devono comandare che i neonati spirituali siano battezzati subito sapendo che il battesimo è una richiesta di buona coscienza fatta a Dio e non il mezzo tramite cui si rinasce e si diventa figli di Dio. Perché un morto con Cristo deve aspettare giorni, settimane o mesi prima di essere seppellito? Che impedisce che venga seppellito subito? Non è forse vero che Cristo quando morì fu seppellito subito? Perché dunque quando uno muore con Cristo non deve essere seppellito subito? Se nel campo naturale appena uno muore si pensa subito a seppellirlo, perché mai nel campo spirituale appena uno muore al peccato perché ha accettato Cristo non deve essere seppellito subito? Perciò o ministri del Vangelo non indugiate a battezzare coloro che hanno veramente creduto nel Vangelo.

Voglio pure cogliere l’occasione per esortare coloro che hanno sì creduto ma ancora indugiano a farsi battezzare. A costoro dico: ‘Che aspettate? perché indugiate? Levatevi e siate battezzati’. Badate a non vergognarvi del battesimo perché è un atto prescritto da Cristo Gesù, un comandamento a cui dovete ubbidire. Non fatevi ingannare dal diavolo che con la sua astuzia cerca di tenervi lontani dal battesimo. Resistetegli mediante lo scudo della fede e sottomettevi a Cristo.

Il limbo non esiste

 

Di questo luogo chiamato ‘limbo’ nel quale andrebbero i bambini morti senza battesimo la Scrittura non ne parla. Essa parla del seno d’Abramo, ma esso era un luogo dove andavano i giusti che morivano prima della risurrezione di Cristo e adesso non esiste più perché i giusti che vi erano sono stati menati in cielo da Cristo.[295] E’ quindi inutile credere sia nell’esistenza del limbo e sia che i bambini morti senza battesimo vadano a dimorar­vi.

Il battesimo di sangue e quello di desiderio non esistono

 

Il battesimo di sangue e quello di desiderio sono scaturiti dalla errata dottrina che il battesimo con acqua conferisce la giustificazione ed è quindi indispensabile per la salvezza; infatti tutte e due donano la giustificazione a chi o a motivo del martirio e di altra causa non ha potuto farsi battezzare con l’acqua.

Quindi per confutare questi due battesimi basta ribadire che è per la sola fede in Cristo che si viene giustificati e non per il battesimo con acqua; il battesimo con acqua quantunque sia importante non giustifica chi si fa battezzare perché egli, dato che ha già creduto, è già giustificato dai suoi peccati secondo che è scrit­to: “Giustificati dunque per fede, abbiam pace con Dio...”,[296] ed anche: “Il giusto vivrà per fede”.[297] Di conseguenza, dato che il battesimo non giustifica, chi ha creduto e muore senza ricevere il battesimo in acqua o per morte naturale improvvisa o a motivo del martirio, muore giustificato da Dio e se ne va in paradiso. Come il ladrone pentitosi sulla croce prima di morire per esem­pio; egli non fu giustificato e salvato perché desiderò essere battezzato, ma solo perché si pentì e credette in Cristo.

Non c’è proprio bisogno di nominare il battesimo di sangue o quello di desiderio perché essi sono dei battesimi inesistenti che i teologi papisti hanno fatto spuntare fuori per rimpiazzare in una certa misura il loro indispensabile battesimo con acqua nei casi in cui esso non può essere ricevuto. Insomma per la chiesa romana senza uno dei suoi battesimi non si può essere salvati; non è più senza la fede che non si può essere salvati ma senza uno di questi battesimi, ossia battesimo con acqua per infusione, battesimo di sangue e battesimo di desiderio.

Ancora una volta emerge in maniera chiara come la salvezza mediante la sola fede in Cristo è stata annullata dai sofismi dei teologi papisti. E come la negazione della dottrina della giustificazione per sola fede produce ogni sorta di strane dottrine.

Che dire allora delle parole di Gesù da loro citate per confermare il battesimo di sangue? Diciamo solamente questo: Gesù parlò di questo battesimo nella morte a dei suoi apostoli già perdonati e già battezzati in acqua, quindi ad esso non gli si può dare per nulla il significato datogli dalla curia romana.

LA CRESIMA (O CONFERMAZIONE)

La dottrina dei teologi papisti

 

La cresima fa ricevere lo Spirito Santo in una misura abbondante. Viene ministrata dal vescovo con l’imposizione delle mani sui cresimandi, e con l’unzione fatta con il sacro crisma sulla fronte dei cresimandi. I bambini la devono ricevere quando giungono all’età della discrezione.

‘La Cresima o Confermazione è il Sacramento che ci fa perfetti cristiani e soldati di Gesù Cristo, e ce ne imprime il carattere’.[298] Detto in altre parole la cresima per i Cattolici romani è il sacramento che completa e rende perfetta l’inserzione del cri­stiano nel corpo mistico di Cristo operata dal battesimo perché il cresimato riceve l’abbondanza dello Spirito Santo che lo fortifica interiormente e gli dà la grazia di testimoniare nel mondo il Vangelo di Cristo. Secondo loro infatti mediante la cresima avviene l’effusione dello Spirito Santo sui cresimandi come il giorno della Pentecoste avvenne sui discepoli del Signore. Rino Fisichella ha affermato: ‘Risulta dalla celebrazione che l’effetto del sacramento della Confermazione è la piena effusione dello Spirito Santo, come già fu concessa agli Apostoli il giorno di Pentecoste’.[299]

Questo loro sacramento viene ministrato dal vescovo (per gravi motivi il vescovo può concedere la facoltà di amministrare la cresima a dei sacerdoti), il quale, stese le mani sopra i cresimandi, invoca lo Spirito Santo, poi col sacro Crisma[300] (olio d’oliva mischiato con balsamo, consacrato dal vescovo il giovedì santo) unge in forma di croce la fronte di ciascuno, pronunziando le parole della forma (che sono per l’occasione: ‘Ricevi il sigillo del dono dello Spirito Santo’) e alla fine benedice solennemente tutti i cresimati. Per sostenere biblicamente l’imposizione delle mani del vescovo i teologi papisti prendono i passi della Scrittura che si riferiscono all’imposizione delle mani che gli apostoli facevano sui credenti affinché ricevessero lo Spirito Santo. In particolare essi prendono questi versetti degli Atti degli apostoli: “Allora imposero loro le mani, ed essi ricevette­ro lo Spirito Santo”;[301] “E dopo che Paolo ebbe loro imposto le mani, lo Spirito Santo scese su loro...”.[302] L’età più conveniente per ricevere la cresima, secondo il cate­chismo cattolico, è quella di sette anni circa.

Il concilio di Trento, ritenuto infallibile dalla teologia roma­na, ha decretato quanto segue in difesa della cresima: ‘Se qual­cuno afferma che la confermazione dei battezzati è una vana cerimonia, e non, invece, un vero e proprio sacramento (....) sia anatema’.[303]

Confutazione

La cresima non fa ricevere al cresimando lo Spirito Santo perché non ha nulla a che fare con il battesimo con lo Spirito Santo promesso da Gesù Cristo, e con l’imposizione delle mani compiuta dagli apostoli sui credenti affinché ricevessero lo Spirito Santo

 

Come abbiamo visto i teologi papisti sostengono che la cresima è il battesimo con lo Spirito Santo perché paragonano gli effetti della cresima a quelli verificatesi sui discepoli il giorno della Pentecoste quando essi furono battezzati con lo Spirito Santo. Ma questo è falso e lo dimostreremo subito parlando della dottrina del battesimo con lo Spirito Santo dato che l’effusione dello Spirito Santo il giorno della Pentecoste è il battesimo con lo Spirito Santo che Gesù aveva promesso ai suoi prima di andare in cielo dicendo: “Voi sarete battezzati con lo Spirito Santo fra non molti giorni”.[304]

Secondo questa specifica dottrina di Dio quando il credente viene battezzato con lo Spirito Santo (o riceve lo Spirito Santo), come lo furono gli apostoli e i discepoli il giorno di Pentecoste e molti altri in seguito, viene rivestito di potenza per testimoniare di Cristo, riceve una misura maggiore di Spirito Santo perché viene riempito di esso (possiamo dire anche che egli viene confermato dal Signore mediante il battesimo con lo Spirito Santo); e nel momento in cui viene riempito di Spirito Santo comincia a parlare in altra lingua secondo che lo Spirito Santo gli dà di esprimer­si. Le seguenti Scritture confermano questi aspetti che caratterizza­no il battesimo con lo Spirito Santo.

-  Rivestimento di potenza.

Gesù disse ai suoi discepoli: “Ed ecco, io mando su voi quello che il Padre mio ha promesso; quant’è a voi, rimanete in questa città, finché dall’alto siate rivestiti di potenza”,[305] ed ancora: “Voi riceverete potenza quando lo Spirito Santo verrà su voi, e mi sarete testimoni e in Gerusa­lemme, e in tutta la Giudea e Samaria, e fino all’estremità della terra”.[306]

-  Riempimento dello Spirito Santo.

“E tutti furon ripieni dello Spirito Santo...”[307] (è da tenere presente in questo caso che i discepoli prima di essere riempiti di Spirito Santo in quel giorno avevano una misura di Spirito Santo perché Gesù quando era apparso loro aveva detto loro: “Ricevete lo Spirito Santo”[308]); “Fratello Saulo, il Signore, cioè Gesù, che ti è apparso sulla via per la quale tu venivi, mi ha mandato perché tu ricuperi la vista e sii ripieno dello Spirito Santo”.[309]

-  Il mettersi a parlare in altre lingue quando si viene riempiti di Spirito Santo.

“E tutti furon ripieni dello Spirito Santo, e cominciarono a parlare in altre lingue, secondo che lo Spirito dava loro d’esprimersi”;[310] “Mentre Pietro parlava così, lo Spirito Santo cadde su tutti coloro che udivano la Parola. E tutti i credenti circoncisi che erano venuti con Pietro, rimasero stupiti che il dono dello Spirito Santo fosse sparso anche sui Gentili; poiché li udivano parlare in altre lingue, e magnificare Iddio”;[311] “E dopo che Paolo ebbe loro imposto le mani, lo Spirito Santo scese su loro, e parlavano in altre lingue, e profetizzavano”.[312]

Per ciò che riguarda la maniera in cui i credenti ricevevano lo Spirito Santo ai giorni degli apostoli, la Scrittura ci insegna che il giorno della Pentecoste i discepoli raunati ricevettero lo Spirito Santo senza l’imposizione delle mani di nessuno, e così lo ricevettero anche Cornelio e quelli di casa sua mentre Pietro annunziava loro l’Evangelo; ma essa ci insegna anche che lo Spirito Santo veniva comunicato ai credenti mediante l’imposizio­ne delle mani degli apostoli che avevano questo dono di imporre le mani ai credenti affinché ricevessero lo Spirito Santo, e di ciò abbiamo un esempio in quello che avvenne a Samaria dove Pietro e Giovanni imposero le mani ai Samaritani che avevano creduto “ed essi ricevettero lo Spirito Santo”,[313] e in quello che avvenne ad Efeso, dove, dopo che Paolo ebbe imposto le mani a quei circa dodici discepoli “lo Spirito Santo scese su loro”.[314] Ancora oggi in mezzo al popolo di Dio lo Spirito Santo taluni lo ricevono senza l’imposizione delle mani di altri fratelli; mentre altri lo ricevono mediante l’imposizione delle mani di fratelli che hanno lo specifico dono di imporre le mani ai credenti affinché riceva­no lo Spirito Santo.

Come abbiamo anche visto, l’imposizione delle mani che il vescovo cattolico compie sui cresimandi viene sostenuta con l’imposizione delle mani degli apostoli sui credenti per fargli ricevere lo Spirito Santo, in altre parole essa corrisponderebbe all’imposizione delle mani fatta dagli apostoli sui credenti. Ma anche in questo caso si deve dire che ciò che essi affermano è falso: i motivi sono i seguenti. Gli apostoli non ungevano i credenti con nessun olio santo (‘il crisma’) quando gl’imponevano le mani affinché ricevessero lo Spirito Santo, come fa invece il vescovo cattolico sui cresimandi; gli apostoli avevano questo dono da Dio di imporre le mani ai credenti affinché ricevessero lo Spirito Santo, infatti i credenti lo ricevevano quando essi gli imponevano le mani, ma i vescovi cattolici romani non ce l’hanno questo dono, difatti coloro a cui loro impongono le mani invocando lo Spirito Santo su di loro non ricevono il dono dello Spirito Santo come invece lo ricevevano quei credenti. E poi bisogna sempre tenere presente che gli apostoli imponevano le mani a persone che avevano creduto ed erano state battezzate, e non a bambini quando questi raggiungevano l’età di sette anni circa come invece fa il vescovo cattolico. In altri termini gli apostoli non seguivano la regola di imporre le mani a dei bambini di circa sette anni perché loro imponevano le mani su coloro che avevano creduto ed avevano ricevuto il battesimo. Ed anche qui occorre dire che essi questo atto lo facevano poco tempo dopo che le persone erano state battezzate.

In conclusione; noi non accettiamo la cresima della chiesa cattolica romana per queste ragioni.

-  Perché non è stata istituita da Gesù Cristo come non è stato istituito da Cristo il battesimo degli infanti. E dato che con il battesimo per infusione il neonato non diventa un figlio di Dio e non riceve una certa misura di Spirito Santo, come avviene invece quando una persona cosciente si pente dei suoi peccati e crede in Gesù Cristo, l’imposizione delle mani fattagli all’età di circa sette anni non viene fatta su un figlio di Dio al fine di fargli ricevere la pienezza dello Spirito Santo, come invece avviene quando l’imposizione delle mani in vista della ricezione del dono dello Spirito Santo viene fatta da un ministro del Vangelo su una persona che ha creduto ed è stata battezzata.

-  Perché il vescovo cattolico non essendo neppure un credente ma solo un idolatra che corre dietro agli idoli muti, non può avere il dono di imporre le mani sulle persone affinché ricevano lo Spirito Santo.

-  Perché siccome che lo Spirito Santo si riceve mediante la fede, non è possibile che delle persone senza fede (mi riferisco sia ai bambini che agli adulti ‘battezzati’ dal prete) che si sottopongono a questo rito ricevano lo Spirito Santo perché Gesù ha detto che il mondo non può riceverlo.

-  Perché i fatti confermano che i cresimati non ricevono lo Spirito Santo.

Se tutti coloro che vengono cresimati ricevessero veramente lo Spirito Santo dovrebbero essere sicuri di essere dei figliuoli di Dio secondo che é scritto: “Avete ricevuto lo spirito d’adozione, per il quale gridiamo: Abba! Padre! Lo Spirito stesso attesta insieme col nostro spirito, che siamo figliuoli di Dio; e se siamo figliuoli, siamo anche eredi; eredi di Dio e coeredi di Cristo”;[315] e perciò sarebbero pure sicuri di avere la vita eterna. Ma parlando con i cresimati ci si accorge che essi non sono dei figliuoli di Dio perché non sono ancora nati da Dio e non sono perciò sicuri di essere salvati e di avere la vita eterna.

Se i cresimati ricevessero lo Spirito Santo si metterebbero a parlare in altre lingue perché quando si riceve lo Spirito Santo si comincia a parlare in altre lingue, e coloro a cui il vescovo cattolico impone le mani affinché ricevano lo Spirito Santo non cominciano a parlare in altre lingue. Le lingue sono il segno esteriore che attesta che il credente ha ricevuto lo Spirito Santo perciò in sua assenza non si può affermare che egli ha ricevuto la pienezza dello Spirito Santo. E di conseguenza, egli, non avendo ricevuto ancora la pienezza dello Spirito, non ha ancora ricevuto potenza dall’alto.

Se i cresimati ricevessero lo Spirito Santo con la cresima per certo si vedrebbe il frutto dello Spirito Santo nella loro vita,[316] ma esso rimane assente del tutto in loro appunto perché in loro rimane assente lo Spirito di Dio.

Essi dicono che con la cresima si diventa soldati di Gesù Cristo in grado di testimoniare al mondo del Vangelo: ma dobbiamo dire che tutto questo non è manifesto nei cresimati. Un soldato di Gesù Cristo rivestito della potenza dello Spirito Santo è una lampada ardente e splendente in questo mondo di tenebre; é un uomo che combatte il buon combattimento della fede, é un uomo che si leva in difesa del Vangelo e che testimonia di ciò che Cristo ha compiuto per lui secondo che disse Gesù ai suoi: “Ma voi rice­verete potenza quando lo Spirito Santo verrà su voi, e mi sarete testimoni..”.[317] Dov’é tutto questo nei Cattolici romani cresimati? Non ardono per Cristo Gesù ma per Maria; difatti li si sente parlare molto più di Maria, delle sue cosiddette apparizioni, dei suoi cosiddetti miracoli e delle sue cosiddette grazie che del Signore Gesù Cristo, della sua espiazione, della sua vita e delle sue parole, e di tutto ciò che lo concerne! Anzi a taluni cresi­mati non li si sente mai parlare di Gesù Cristo, ma solo di sua madre!

Ma quali soldati di Cristo sono che combattono loro stessi contro il Vangelo e non per il Vangelo, contro la fede e non per la fede? Ma quali soldati di Cristo sono che molti di loro quando ci sentono parlare di Cristo Gesù si stancano, si arrabbiano, non ci prendono nessun piacere quasi che stessimo parlando di un Gesù diverso da quello del Vangelo, o di un impostore, e ci calunniano pure definendoci dei fanatici perché parliamo sempre di Gesù esaltandolo e celebrandolo? E di chi altro dovremmo parlare? Noi siamo dei Cristiani lavati con il sangue di Cristo Gesù; lui ci ha amati e ha dato se stesso per noi, che eravamo dei peccatori, affrancandoci dai nostri peccati e dandoci la vita eterna.

Noi lo abbiamo conosciuto e l’amore di Cristo ci costringe a parlare di lui e di ciò che ha fatto per ciascuno di noi. La ragione per cui essi ci definiscono dei fanatici per Gesù? Gesù per loro non è ancora quello che è per noi perché non lo hanno conosciuto.

O Cattolici, se conosceste Gesù Cristo non parlereste di Maria come ancora fate, non la preghereste e non l’adorereste perché vorre­ste parlare solo di lui; allora sì che combattereste per Cristo! I fatti dunque parlano chiaro e dimostrano quanto sia inutile questo loro sacramento della cresima amministrato da peccatori ad altri peccatori.

L’EUCARESTIA (LA MESSA)

La dottrina dei teologi papisti

 

La cena del Signore è chiamata eucarestia; quando il prete consacra il pane e il vino avviene un mutamento di sostanza degli elementi per cui il pane e il vino diventano il vero corpo e sangue di Cristo. Il pane quindi va adorato con il culto di latria. L’eucarestia va servita al popolo solo sotto la specie del pane. I comunicanti devono prendere l’eucarestia a digiuno. L’eucarestia è anche la messa ossia la ripetizione del sacrificio di Cristo; sacrificio che viene offerto per i vivi e per i morti per la propiziazione dei loro peccati. La messa va offerta anche in onore dei santi. L’eucarestia rimette i peccati veniali e preserva da quelli mortali.

I Cattolici romani chiamano la cena del Signore eucarestia, che viene dal greco eucharistia che significa ‘ringraziamento’, a ricordo del rin­graziamento fatto da Gesù Cristo prima di rompere il pane e di distribuire il calice nella notte in cui fu tradito.[318] I teologi papisti a proposito di questo sacramento affermano: ‘L’Eucarestia è il Sacramento che, sotto le apparenze del pane e del vino, contiene realmente Corpo, Sangue, Anima e Divinità del Nostro Signore Gesù Cristo per nutrimento delle anime’,[319] e questo perché secondo la teologia romana l’ostia che viene usata nella comunione, nelle mani del prete, diventa il corpo, sangue, anima e divinità di Gesù Cristo (questa dottrina è chiamata transustanziazione). Voglio a tale proposito citare le parole del Perardi, per farvi comprendere che cosa viene insegnato ai Cattolici romani riguardo all’eucarestia: ‘Ministro dell’Euca­restia è il sacerdote; egli pronunciando, nella Messa le parole di Gesù Cristo, cioè della consacrazione, sul pane e sul vino, applicando cioè la forma alla materia, cambia il pane nel Corpo e il vino nel Sangue di Gesù Cristo’;[320] ‘Dopo la consacrazione, l’ostia non è più pane; il pane è mutato nel vero Corpo di nostro Signore Gesù Cristo. (...) L’ostia sembra pane, o meglio sembra ostia; ma dell’ostia-pane non vi è più la sostanza ma solo le specie, le apparenze esterne; in realtà essa è il corpo di Gesù Cristo, vivo e vero. Nel calice prima della consacrazione si contiene vino con alcune gocce d’acqua (...) Dopo la consacrazione, nel calice non vi è più vino; invece, sotto le specie del vino, vi è il vero e reale Sangue di nostro Signore Gesù Cristo. Il vino si è convertito nel Sangue di Gesù Cristo (...) Perciò come al pronunziarsi della divina parola, nella creazione, le cose che prima non erano, furono; così al pronunziarsi delle parole della consacrazione, quello che era pane, diviene Corpo di Nostro Signore, e quello che era vino, suo Sangue’.[321] Il dogma della transustanziazione (termine che significa ‘cambiamento di sostanza’) fu proclamato dal concilio Laterano IV nel 1215 sotto il papato di Innocenzo III, e il concilio di Trento ha lanciato il seguente anatema contro chi non l’accetta: ‘Se qualcuno negherà che nel santissimo sacramento dell’eucarestia è contenuto veramente, realmente, sostanzialmente il corpo e il sangue di nostro signore Gesù Cristo, con l’anima e la divinità, e, quindi, tutto il Cristo, ma dirà che esso vi è solo come in un simbolo o una figura, o solo con la sua potenza, sia anatema’.[322] A sostegno di questo dogma i teologi papisti prendono le parole di Gesù: “Questo è il mio corpo”[323]e: “Questo è il mio sangue”[324] da lui pronunciate dopo avere reso grazie per il pane e il calice nella notte in cui fu tradito.

Va tenuto presente però che, quantunque nell’eucarestia vengano consacrati sia il pane che il vino, l’eucarestia viene servita al popolo solo sotto la specie del pane perché la curia romana vieta il calice a quelli chiamati laici (i preti possono invece comunicarsi sia con il calice che con l’ostia) rifacendosi alla decisione di vietarlo presa dal concilio di Costanza nel 1415, confermata dal seguente decreto del concilio di Trento: ‘Poiché, anche se Cristo signore, nell’ultima cena istituì e diede agli apostoli questo sacramento sotto le specie del pane e del vino, non è detto, però, che quella istituzione e quella consegna voglia significare che tutti i fedeli per istituzione del Signore siano obbligati a ricevere l’una e l’altra specie’.[325] E per difendere questa soppressione essa ha lanciato l’ennesimo anatema contro chi dirà che tutti i fedeli devono prendere il calice con le seguenti parole: ‘Se qualcuno dirà che tutti e singoli i fedeli cristiani devono ricevere l’una e l’altra specie del santissimo sacramento dell’eucarestia per divino precetto (....) sia anatema’.[326] Ma quali sono le giustificazioni addotte dalla curia romana a questa mutilazione? Le seguenti: 1) Gesù diede il calice solo agli apostoli; 2) quando negli Atti degli apostoli è detto che i discepoli rompevano il pane non è detto che si beveva il vino; 3) il calice è inutile perché il sangue di Cristo si prende già nel pane eucaristico.

Va poi fatto notare che l’eucarestia deve essere presa a digiuno perché nel 1415 il concilio di Costanza decretò quanto segue: ‘...sebbene Cristo abbia istituito questo venerando sacramento dopo la cena e lo abbia distribuito ai suoi apostoli sotto entrambe le specie del pane e del vino, ciò non ostante, la lodevole autorità dei sacri canoni e la consuetudine autorevole della chiesa ha ritenu­to e ritiene che questo sacramento non debba celebrarsi dopo la cena né essere ricevuto da fedeli non digiuni, eccetto il caso di infermità o di altra necessità, concesso o approvato dal diritto o dalla chiesa’.[327] Questo digiuno imposto ai comunicanti è chiamato eucaristico e secondo il Codice di diritto canonico consiste nell’astensione da qualsiasi cibo o bevanda eccetto l’acqua naturale per almeno un’ora prima di prendere l’eucarestia.

Secondo il catechismo cattolico ‘l’Eucarestia non è solo un Sacramento, ma è anche il sacrificio permanente del Nuovo Testa­mento, e come tale si chiama la santa Messa.[328] In altre parole, l’eucarestia, chiamata dai Cattolici anche santa messa, é la ripetizione del sacrificio che Cristo ha compiuto sulla croce, infatti il catechismo cattolico dice a proposito della messa: ‘La santa Messa è il sacrificio del Corpo e del Sangue di Gesù Cristo che, sotto le specie del pane e del vino, si offre dal sacerdote a Dio sull’altare, in memoria e rinnova­zione del sacrificio della Croce’.[329] Secondo la teologia romana quindi il sacerdote che ha ricevuto l’ordine, sotto le specie del pane e del vino, offre a Dio sull’altare il sacrificio del corpo di Cristo. Questa è la ragione per cui essi affermano che ‘durante la Messa l’altare è come il Calvario’![330] E sempre questa è la ragione per cui è stato dato il nome di ostia a quella cosa che il prete consacra perché hostia è una parola latina che significa ‘vittima’. Qualcuno dirà: ‘Ma questo sacrifi­cio è anche propiziatorio per la teologia romana?’ Certo; infatti il concilio di Trento ha decretato quanto segue: ‘Il santo sinodo insegna che questo sacrificio è veramente propiziatorio, e che per mezzo di esso - se di vero cuore e con retta fede, con timore e riverenza ci avviciniamo a Dio contriti e pentiti - noi possia­mo ottenere misericordia e trovare grazia in un aiuto propizio. Placato, infatti, da questa offerta, il Signore, concedendo la grazia e il dono della penitenza, perdona i peccati e le colpe anche gravi’.[331] I passi che i teologi papisti prendono per sostenere questa dot­trina sul sacrificio espiatorio della messa offerto dai sacerdoti cattolici a Dio sono i seguenti: “Poiché ogni sommo sacerdote, preso di fra gli uomini, é costituito a pro degli uomini, nelle cose concernenti Dio, affinché offra doni e sacrificî per i peccati”;[332] e: “Poiché dal sol levante fino al ponente grande é il mio nome fra le nazioni, e in ogni luogo s’offrono al mio nome profumo e oblazioni pure..”.[333] Secondo la loro interpretazione data a questi passi i loro sacerdoti sono stati presi fra gli uomini per offrire il sacrificio della messa a Dio per i peccati del popolo e così facendo essi offrono a Dio un oblazione pura che è quella che, secondo loro, il profeta Malachia dice che si offre a Dio in ogni luogo. Contro coloro che non riconosceranno nella messa la ripetizione del sacrificio di Cristo il concilio di Trento ha lanciato i suoi anatemi infat­ti ha detto: ‘Se qualcuno dirà che nella messa non si offre a Dio un vero e proprio sacrificio, o che essere offerto non significa altro se non che Cristo ci viene dato a mangiare, sia anatema’;[334] ed anche: ‘Se qualcuno dirà che col sacrificio della messa si bestemmia contro il sacrificio di Cristo consumato sulla croce; o che con esso si deroga all’onore di esso, sia anatema’.[335]

La messa, secondo la teologia romana, fa parte del cosiddetto suffragio che i viventi devono compiere a pro delle anime che sono nel purgatorio infatti nel catechismo romano troviamo scrit­to: ‘I mezzi principali con cui possiamo sollevare le anime del Purgatorio sono quelli che il Catechismo ci ha ricordati: cioè; Le preghiere, le Indulgenze, le elemosine, le opere buone e soprattutto la santa Messa. Il frutto di queste opere, applicato alle anime del Purgatorio, prende il nome di suffragio, perché suffraga, cioè allevia le pene delle anime del Purgatorio e ne affretta la liberazione’.[336] Mediante questo loro suffragio, essi ottengono come contraccambio le preghiere e le intercessioni delle anime che secondo loro sono nel purgatorio! E per sostenere tutto ciò, i teologi papisti si rifanno al fatto descritto nel libro dei Maccabei, secondo il quale Giuda il Maccabeo fece raccogliere del denaro e lo mandò a Gerusalemme affinché venisse offerto un sacrificio per i peccati di alcuni caduti in guerra.[337]

La messa viene offerta pure in onore ai santi. A tale riguardo così si espresse il concilio di Trento: ‘E quantunque la chiesa usi talvolta offrire messe in onore e in memoria dei santi, essa, tuttavia, insegna che non ad essi viene offerto il sacrificio, ma solo a Dio, che li ha coronati. Per cui, il sacerdote non è solito dire: Offro a te il sacrificio, Pietro e Paolo; ma, ringrazio Dio per le loro vittorie, chiede il loro aiuto; perché vogliano intercedere per noi in cielo, coloro di cui celebriamo la memoria qui, sulla terra’,[338] e: ‘Chi dirà che celebrare messe in onore dei santi e per ottenere la loro intercessione presso Dio, come la chiesa intende, è un impostura, sia anatema’.[339]

La dottrina della transustanziazione ha dato luogo all’introdu­zione della dottrina che dice che l’ostia é degna di essere adorata. L’adorazione dell’ostia fu introdotta da Onorio III nel 1220, e fu confermata dal concilio di Trento nel 1551 con queste parole: ‘Non vi è, dunque, alcun dubbio che tutti i fedeli cristiani secondo l’uso sempre ritenuto nella chiesa cattolica, debbano rendere a questo santissimo sacramento nella loro venerazione il culto di latria, dovuto al vero Dio’,[340] e così i teologi cattolici insegnano al popolo che l’Eucarestia si conserva nei luoghi di culto[341] della chiesa cattolica perché i fedeli l’adorino. Le conseguenze? Ci sono milioni di persone nel mondo che si inginocchiano davanti all’ostia e l’adorano credendo che essa sia Gesù Cristo stesso e perciò Dio. Anche per difendere il dogma dell’adorazione dell’ostia il concilio di Trento ha lanciato il suo ennesimo anatema contro coloro che non l’ac­cettano. Eccolo: ‘Se qualcuno dirà che nel santo sacramento dell’eucarestia Cristo, unigenito figlio di Dio, non debba essere adorato con culto di latria, anche esterno; e, quindi, che non debba neppure essere venerato con qualche particolare festività; ed essere portato solennemente nelle processioni, secondo il lodevole ed universale rito e consuetudine della santa chiesa; o che non debba essere esposto alla pubblica venerazione del popo­lo, perché sia adorato; e che i suoi adoratori sono degli idola­tri, sia anatema’.[342]

Per ciò che riguarda gli effetti della eucarestia su coloro che la prendono degnamente leggiamo quanto segue: ‘L’Euca­restia, in chi la riceve degnamente, conserva e accresce la grazia, che è la vita dell’anima, come fa il cibo per la vita del corpo; rimette i peccati veniali e preserva dai mortali; dà spirituale consolazione e conforto, accrescendo la carità e la speranza della vita eterna di cui è pegno’.[343]

Ora, nella chiesa romana il sacramento dell’eucarestia non viene reputato assolutamente necessario alla salvezza infatti il Bar­tmann afferma: ‘Quantunque gli adulti siano strettamente obbliga­ti per legge divina e precetto ecclesiastico a ricevere l’Eucare­stia, tuttavia essa non è indispensabile per la salvezza. - E’ di fede’.[344] E questo perché secondo la teologia romana i sacramenti necessari alla salvezza sono il battesimo e la penitenza per chi è caduto in peccati ‘mortali’ dopo il battesimo.

Occorre dire però che nella chiesa romana il sacramento dell’eu­carestia un tempo era reputato indispensabile alla salvezza infatti sia Innocenzo I (401-417) che Gelasio I (492-496) insegna­vano che i bambini non potevano salvarsi senza questo sacramento. Anche Agostino affermava l’assoluta necessità del sacramento dell’eucarestia per la salvezza infatti disse: ‘Se tante e così importanti testimonianze concordano, nessuno senza il Battesimo ed il sangue del Signore può sperare la salvezza e la vita eter­na, invano, senza questi sacramenti, la vita eterna è promessa ai bambini’.[345] Questa assoluta necessità del sacramento dell’eucare­stia per la salvezza dei bambini è stata poi condannata dal concilio di Trento in questi termini: ‘Se qualcuno dirà che la comunione eucaristica è necessaria ai bambini anche prima che abbiano raggiunto l’età di ragione, sia anatema’.[346] Ora, benché, secondo quello che il concilio di Trento ha decretato, questo sacramento non è indispensabile alla salvezza, Giuseppe Perardi nel Nuovo Manuale del Catechista ne parla in maniera da attribuirgli il potere di salvare infatti afferma: ‘Dovendo l’infermo in pericolo di morte, fare la comunione, anche i paren­ti, i congiunti, hanno dovere e ben grave di avvertirlo del suo stato e di aiutarlo a provvedere per tempo al suo dovere e al suo bisogno; hanno anzi responsabilità dell’anima sua. Da loro può dipendere che si salvi o si perda, secondo che riceve o no i Sacramenti’[347] (comunione ed estrema unzione); e parlando di quelli che per vani pretesti non fanno la comunione dice: ‘Verrà l’ora della pena, della tentazione, della morte; avrebbero bisogno della comunione per conforto, per aiuto, per salvezza; ma o non la faranno, o, generalmente, non la faranno bene. Infelici in vita coloro che non frequentano la comunione; più infelici nell’eternità!’.[348] E sempre questo teologo per sostenere che prendere la comunione significa ricevere la vita eterna in se stessi perché si riceve la carne ed il sangue di Cristo cita le seguenti parole di Gesù: “In verità, in verità io vi dico che se non mangiate la carne del Figliuol dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete la vita in voi. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne é vero cibo e il mio sangue é vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me, ed io in lui. Come il vivente Padre mi ha mandato e io vivo a cagion del Padre, così chi mi mangia vivrà anch’egli a cagion di me... chi mangia di questo pane vivrà in eterno”;[349] e le commenta dicendo: ‘Gesù promette la risurrezione finale e la vita eterna a chi mangia la sua carne e minaccia la privazione della vita eterna a chi non mangia la sua carne..’,[350] ed anche: ‘Gli Ebrei mangiarono la manna e morirono; chi mangia l’eucarestia vivrà eternamente’.[351] Badate che queste parole del Vangelo scritto da Giovanni erano prese anche da Innocenzo I, Gelasio I e Agostino per sostenere l’assoluta necessità del sacramento dell’eucarestia per la sal­vezza.

Confutazione

La cena del Signore va ministrata a tutti i credenti sia con il pane che con il calice

 

La decisione che ha soppresso la distribuzione del calice ai Cattolici va apertamente contro la Parola di Dio che dice: “Il Signor Gesù, nella notte che fu tradito, prese del pane; e dopo aver rese grazie, lo ruppe e disse: Questo é il mio corpo che é dato per voi; fate questo in memoria di me. Parimente, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: Questo calice é il nuovo patto nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne berre­te, in memoria di me”.[352] Come si può ben vedere Gesù istituì la santa cena con del pane e del vino e non solamente con del pane, quindi assieme al pane dev’essere distribuito a tutti i fedeli anche il calice del Signore contenente il frutto della vigna secondo che è scritto in un altro luogo: “Poi, preso un calice e rese grazie, lo diede loro, dicendo: Bevetene tutti...”.[353]

Ora dimostriamo la falsità delle ragioni addotte dai papisti alla soppressione del calice. In risposta alla prima ragione diciamo: è vero che Gesù diede il calice solo ai suoi apostoli, ma questo perché egli volle mangiare la Pasqua solo assieme a loro e non assieme a tutti i suoi discepoli. E non perché aveva classificato i suoi discepoli in due classi. E poi è altresì vero che anche il pane Gesù lo diede solo ai suoi apostoli; come mai dunque i preti lo danno anche ai ‘laici’? In risposta alla seconda diciamo: il fatto che negli Atti degli apostoli è scritto che i discepoli rompevano il pane ma non bevevano il calice non significa che essi non bevevano il calice del Signore, anzi siamo sicuri che assieme al pane essi bevevano il vino, in ubbidienza all’ordine di Cristo dato ai suoi aposto­li. Gli apostoli insegnavano tutte le cose che Gesù aveva loro ordinato di insegnare, tra cui anche il bere il calice assieme al mangiare il pane. E poi, ai Corinzi, Paolo parlando ai santi dice: “Or provi l’uomo se stesso, e così mangi del pane e beva del calice”;[354] il che conferma che tutti i credenti, dopo essersi esaminati, possono bere del calice, e non solo una parte di essi. Infine, in risposta alla terza asserzione che dice che il sangue è contenuto già nel pane, diciamo: Ma allora se è così perché i preti bevono anche il calice oltre che mangiare il pane? Che fanno dunque? Si comunicano con il sangue di Cristo due volte e non una sola? Ed ancora: ‘Non può essere come dicono i teologi papisti perché altrimenti Gesù avrebbe dato solo il pane ai suoi discepoli e non anche il vino’.

Ecco dimostrata la falsità delle giustificazioni papiste fatte per giustificare la soppressione del calice. Poi, oltre a tutto ciò, bisogna dire che non é vero che nel momento in cui i fedeli mangiano il pane e bevono del calice del Signore mangiano il vero corpo del Signore e il vero sangue del Signore, e questo perché, sia dalle parole di Gesù che da quelle di Paolo sulla cena emerge che essi sono dei simboli che rappre­sentano il pane ed il sangue del Signore.

Quindi, per concludere questa parte, la cena del Signore deve essere ministrata ai credenti sotto le due specie del pane e del vino, come fece Gesù.

Quando si benedicono il pane e il calice del Signore non avviene nessun cambiamento di sostanza degli elementi

 

Noi credenti rigettiamo la transustanziazione; le ragioni di questo nostro rifiuto sono le seguenti che proviamo con le Scritture.

-  Gesù ha detto circa la santa cena da lui istituita: “Fate questo in memoria di me”;[355] quindi Egli non può essere presente realmente e sostanzialmente nel pane e nel vino con il suo corpo, il suo sangue assieme alla sua anima e alla Divinità perché altrimenti si sarebbe contraddetto.

-  Noi mangiando il pane e bevendo il vino alla santa cena annun­ziamo la morte del Signore “finch’egli venga”;[356] quindi egli ha da venire e non viene a dimorare nel pane e nel vino dopo che viene fatta la benedizione.

-  Quando Gesù prese il calice rese grazie e poi lo diede ai suoi discepoli, affinché ne bevessero, disse loro: “Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue....”,[357] e subito dopo disse loro: “Io vi dico che d’ora in poi non berrò più di questo frutto della vigna, fino al giorno che lo berrò nuovo con voi nel regno del Padre mio”.[358] Quindi la sostanza del vino rimase intatta ed esso non fu transunstanziato in sangue come dicono i teologi cattolici, perché Gesù dopo avere benedetto il calice lo chiamò “frutto della vigna”.

-  Quando si benedice il calice della benedizione contenente il frutto della vigna la sostanza del vino non cambia per nulla; non avviene un miracolo mediante il quale il vino viene cangiato in sangue. Un miracolo di mutamento di sostanza avvenne in Egitto quando le acque d’Egitto furono cangiate in sangue;[359] allora sì che l’acqua per diversi giorni fu vero sangue. Un altro miracolo di sostanza avvenne in Cana di Galilea quando Gesù mutò l’acqua in vino.[360] Ma di certo non possiamo dire che una cosa del genere avvenga al vino contenuto nel calice del Signore.

-  Luca, a proposito dell’istituzione della santa Cena operata da Gesù Cristo, dice che Gesù “dette loro il calice dicendo: Questo calice è il nuovo patto nel mio sangue, il quale è sparso per voi”;[361] quindi egli chiamò quel calice il Nuovo Patto. Ora, noi sappiamo che il Nuovo Patto è un alleanza che Dio ha fatto con noi mediante il sangue del Cristo e non un calice, perciò con quelle parole Gesù volle dire che quel calice raffigu­rava il Nuovo Patto nel suo sangue. La stessa cosa quindi va detta delle parole di Gesù: “Questo è il mio sangue”,[362] in riferimento al vino del calice. Gesù non intese dire che quel vino era il suo vero sangue, che peraltro non aveva ancora sparso, ma un simbolo del suo sangue. In conclusione, il vino nel calice rappresenta sia il Nuovo Patto che il sangue di Cri­sto.

-  Paolo dice ai Corinzi: “Il calice della benedizione che noi benediciamo, non è egli la comunione col sangue di Cristo? Il pane che noi rompiamo, non è egli la comunione col corpo di Cri­sto?”;[363] quindi noi, quando beviamo il calice del Signore abbiamo comunione col sangue di Cristo, e quando mangiamo il pane abbiamo comunione col corpo di Cristo. Questo esclude che il vino ed il pane possano essere il vero sangue di Cristo ed il vero corpo di Cristo, come dicono i teologi cattolici romani. Questo lo si può dedurre anche dal paragone che più avanti fa l’apostolo. Paolo dice: “Guardate l’Israele secondo la carne; quelli che mangiano i sacrificî non hanno essi comunione con l’altare?;[364] il che significa che gli Israeliti mangiando i sacri­fici offerti sull’altare avevano comunione con l’altare che era santissimo. Ma non per questo affermiamo che i sacrifici che essi mangiavano erano l’altare, perché questo sarebbe assurdo. Quindi anche nel caso del pane e del vino che sono gli elementi che vengono benedetti alla cena del Signore, non si può affermare che a motivo del fatto che coloro che li ingeriscono hanno comunione con il corpo ed il sangue di Cristo essi siano veramente e sostanzialmente la carne ed il sangue di Cristo. Essi quando vengono benedetti non mutano sostanza, ma rimangono tali e quali erano prima che fosse­ro benedetti, e coloro che li assimilano si mettono in comunione col corpo di Cristo. Ma ditemi: Se quegli elementi cambiassero sostanza e diventassero il vero corpo e sangue di Cristo come potrebbero continuare ad essere ancora soggetti alla decomposizione? Come potrebbe il pane ancora ammuffirsi e fare i vermi, e il vino diventare aceto?

-  Pietro disse che il cielo deve tenere accolto Gesù “fino ai tempi della restaurazione di tutte le cose”;[365] quindi Cristo è in cielo. Ma il prete pretende con la messa di farlo scendere dal cielo nell’ostia; questa è follia!

-  Gesù disse ai suoi: “I poveri li avete sempre con voi; ma me non mi avete sempre”;[366] quindi è irragionevole che Cristo sia presente corporalmente nell’ostia consacrata perché questo signi­ficherebbe che Cristo sarebbe sempre corporalmente con noi. A conferma del fatto che Cristo non può essere sostanzialmente, realmente e corporalmente nel pane che si spezza alla cena del Signore citiamo le parole di Paolo che disse ai Corinzi: “Sappia­mo che mentre abitiamo nel corpo, siamo assenti dal Signore”,[367] e quelle che disse ai Filippesi: “Ho il desiderio di partire e d’esser con Cristo”.[368] Quindi pure Paolo quando mangiava il pane e beveva del calice del Signore sapeva di essere assente dal Signo­re, e che il Signore era assente corporalmente; infatti lui desiderava di dipartirsi dal corpo per andare con Cristo in cielo. I teologi cattolici invece insegnano che quel medesimo Gesù che è ora glorioso in cielo che nacque da Maria e che morì sulla croce è nell’eucarestia, e difatti asseriscono che in essa ‘vi è Gesù in persona’. E così fanno credere alle persone che Gesù si trova corporalmente nell’ostia conservata nel tabernacolo del loro luogo di culto, e le invitano ad andarlo a visitare infatti così si esprime il Perardi: ‘Visitate spesso Gesù nell’Eucarestia’.[369] Ecco quali menzogne ha partorito la dottrina della transustanzia­zione! e la gente ci crede.

-  Gesù ha detto: “Dovunque due o tre son raunati nel nome mio, quivi son io in mezzo a loro”,[370] ed ancora: “Io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine dell’età presente”.[371] Quindi Gesù Cristo è in mezzo ai credenti e coi credenti dovunque essi si riuniscono nel suo nome ed anche quando non sono riuniti per rompere il pane per annunziare la sua morte. Queste parole di Gesù annullano la presuntuosa dottrina dei teologi papisti perché ci fanno compren­dere quanto falsa essa sia e quanto inutile sia credere alla dottrina della transustanziazione e alle dottrine ad essa colle­gate, infatti vi domando: ‘Se Gesù è sempre e dovunque con noi che bisogno c’é di credere nella transustanziazione?’ Che bisogno c’é di credere che Gesù si trovi in persona nel pane della comu­nione? Può forse il pane consolarci come fa il Consolatore manda­to da Cristo? Può forse il pane essere sempre vicino a noi? Che assistenza può darci il pane che noi rompiamo? Eppure, sembrerà incredibile questo, ai Cattolici l’ostia del prete viene fatta passare per Gesù stesso!

-  Il fatto che Gesù quando istituì la santa cena disse del pane: “Questo è il mio corpo”, e del vino: “Questo è il mio sangue” non deve trarre in inganno nessuno. Il verbo essere in questo caso vuole dire ‘significa’ o ‘rappresenta’ il mio corpo e il mio sangue. Abbiamo alcuni esempi nella Scrittura che confermano ciò: Quando Daniele interpretò al re il sogno che lui aveva fatto gli disse: “La testa d’oro sei tu..”,[372] intendendo con questo che la testa d’oro di quella statua rappresentava il regno di Babilonia che era nelle mani di Nebucadnetsar. Quando Giuseppe interpretò i sogni al coppiere e al panettiere di Faraone disse loro: “I tre tralci sono tre giorni... I tre canestri sono tre giorni”;[373] anche in questo caso quel “sono” sta per ‘significano’. Il pane e il vino quindi quantunque siano chiamati il corpo ed il sangue di Cristo simboleggiano il corpo ed il sangue di Cristo, e perciò sono solo dei simboli. Questo comunque non deve portare nessuno a sprezzare questi simboli, perché chi li sprezza viene giudicato da Dio secondo che é scritto nella epistola di Paolo ai Corinzi: “Chiun­que mangerà il pane o berrà del calice del Signore indegnamente, sarà colpevole verso il corpo ed il sangue del Signore”.[374] Mangiare del pane e bere del calice indegnamente significa non discernere in quegli elementi il corpo ed il sangue del Signore secondo che é scritto: “Chi mangia e beve, mangia e beve un giudicio su se stesso, se non discerne il corpo del Signore”.[375]

Per concludere diciamo quindi che la transustanziazione è una delle tante menzogne presenti nella chiesa cattolica romana che i teologi cattolici romani cercano di fare apparire vera interpre­tando a loro capriccio le Scritture.

Spiegazione delle parole di Gesù: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha vita eterna”

 

Ora, queste parole del Signore devono essere intese spiritualmen­te e non letteralmente perché Gesù poco dopo disse pure: “Le parole che vi ho dette, sono spirito e vita”,[376] quindi esse non significano che se uno prende la comunione ha la vita eterna mentre se non la prende andrà in perdizione. Le seguenti rifles­sioni e considerazioni, fatte servendoci di altre Scritture, con­fermano che le suddette parole che Gesù rivolse nella sinagoga di Capernaum hanno un significato puramente spirituale.

-  Confrontando queste parole di Gesù: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha vita eterna; e io lo risusciterò nell’ulti­mo giorno”,[377] con queste altre: “Poiché questa é la volontà del Padre mio: che chiunque contempla il Figliuolo e crede in lui, abbia vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno”,[378] si intende che mangiare la carne di Gesù e bere il suo sangue signi­fica contemplarlo e credere in lui, perciò per ricevere la vita eterna si deve credere.

-  Confrontando queste parole di Gesù: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me, ed io in lui”,[379] con queste parole di Giovanni: “E questo é il suo comandamento: che crediamo nel nome del suo Figliuolo Gesù Cristo, e ci amiamo gli uni gli altri, com’Egli ce ne ha dato il comandamento. E chi osserva i suoi comandamenti dimora in Lui, ed Egli in esso”[380] é evidente che chi mangia la carne di Gesù e beve il suo sangue é chi crede nel suo nome ed osserva i suoi comandamenti.

-  Se per ricevere la vita eterna bisognasse mangiare il pane e bere il calice del Signore, la vita eterna non sarebbe più il dono di Dio, ma bensì qualcosa che la si può ricevere in cambio di una opera buona quale il mangiare la cena del Signore. In questo caso sarebbe annullata la grazia e sarebbe resa vana la promessa della vita eterna basata sulla fede. Se fosse così non ci sarebbe bisogno di esortare i peccatori a ravvedersi e a credere nel nome del Signore Gesù, perché baste­rebbe dargli il pane ed il vino che secondo alcuni sono veramente la carne ed il sangue di Gesù. Ma non si può accettare una simile dottrina perché non é confermata dalla Scrittura e neppure dai fatti. Quali fatti? Questi. In seno alla chiesa romana i peccatori, gli adulteri, i ladri, gli avari, gli idolatri mangiano l’ostia ed alcuni bevono anche il calice e non hanno la vita eterna in loro stessi, infatti essi dicono che non ce l’hanno. Ma non solo, essi ci accusano di presunzione perché noi diciamo di avere la vita eterna per la grazia di Dio. Nel mezzo delle chiese di Dio alcuni conduttori che non hanno abbastanza discernimento fanno prendere la cena del Signore pure a persone che non sono ancora nate di nuovo, ma esse, siccome che non si sono ancora ravvedute e non hanno ancora creduto con il loro cuore nel Vangelo, senza vita sono prima di mangiare la cena e senza vita sono dopo avere mangiato il pane e bevuto del calice del Signore; a dimostrazione questo, che il mangiare e bere questi elementi non conferisce la vita eterna a coloro che la prendono.

-  Il Signore quando in quella notte disse ai suoi: “Bevetene tutti, perché questo é il mio sangue, il sangue del patto, il quale é sparso per molti per la remissione dei peccati”,[381] non era ancora stato crocifisso sulla croce, e perciò ancora non aveva sparso il suo sangue, eppure chiamò il frutto della vigna il suo sangue. Di conseguenza le parole di Gesù erano spirituali. Certo, noi riconosciamo che vi sono diverse cose attorno alla cena del Signore che sono imperscrutabili e perciò incomprensi­bili, tra cui appunto il fatto che Gesù chiamò il frutto della vigna il suo sangue ed il pane il suo corpo, e che quando noi mangiamo del pane e beviamo del calice del Signore abbiamo comu­nione con il corpo ed il sangue del Signore, ma è necessario vegliare per non cadere nell’errore nel quale sono caduti i teologi cattolici romani in seguito ad arbitrarie interpretazioni scritturali.

-  Gesù spesso parlò in similitudini infatti disse di lui: “Io son la porta delle pecore... Io son la porta; se uno entra per me, sarà salvato..”,[382] e: “Io son la via...”;[383] e dopo essere risorto, quando apparve a Giovanni gli disse: “Io son la radice e la progenie di Davide, la lucente stella mattutina”.[384] Quindi non c’é da meravigliarsi se nei giorni della sua carne il Figlio di Dio disse: “La mia carne é vero cibo e il mio sangue é vera bevanda”,[385] e: “Se non mangiate la carne del Figliuol dell’uo­mo e non bevete il suo sangue, non avete la vita in voi”.[386] Certo, questo parlare é duro ma noi l’accettiamo, e non vogliamo essere come quei suoi discepoli che dissero: “Questo parlare é duro; chi lo può ascoltare?”,[387] e rimasero scandalizzati dalle sue parole. “Beato colui che non si sarà scandalizzato di me”,[388] disse Gesù, quindi non scandalizziamoci delle suddette parole del Signore perché esse sono verità, ma ricordatevi che esse sono da intende­re spiritualmente secondo che disse Gesù: “Le parole che vi ho dette, sono spirito e vita”.[389]

Gli effetti del mangiare il pane e del bere del calice del Signore secondo la Scrittura

 

Come abbiamo visto il catechismo cattolico afferma che l’eucarestia in chi la riceve degnamente opera delle cose miracolose, infatti accre­sce e conserva la grazia, rimette i peccati veniali e preserva dai mortali, consola e conforta e accresce la carità e la speran­za della vita eterna. Era inevitabile, dobbiamo dire, che dando quell’errato significato alla cena del Signore, i teologi catto­lici tirassero fuori pure tutti questi effetti straordinari. Ma che dice la Scrittura? La Scrittura non dice che la cena del Signore conserva e accresce la grazia, che rimette certi peccati e preserva da altri, e non dice neppure che dà conforto e accre­sce la carità e la speranza della vita eterna. Tutto quello che essa dice è che ogniqualvolta mangiamo quel pane e beviamo quel vino noi annunziamo la morte del Signore finché egli venga secon­do che è scritto: “Ogni volta che voi mangiate questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore, finch’egli venga”;[390] e che noi abbiamo comunione con il corpo ed il sangue di Cristo secondo che è scritto: “Il calice della benedi­zione che noi benediciamo, non è egli la comunione col sangue di Cristo? Il pane che noi rompiamo, non è egli la comunione col corpo di Cristo?”.[391] Qualcuno dirà: Tutto qui? Sì, tutto qui. Naturalmente è superfluo dire che si prova gioia nel partecipare alla cena del Signore, appunto perché si ricorda la morte del Signore e quindi il suo grande amore verso di noi, e si ha comu­nione con il suo corpo ed il suo sangue.

L’adorazione dell’ostia è idolatria

 

La Scrittura non insegna affatto che noi dobbiamo adorare il pane che rompiamo alla cena del Signore; esso è pane e quindi non è degno di essere adorato. Gesù disse: “Iddio é spirito; e quelli che l’adorano, bisogna che l’adorino in ispirito e verità”.[392] Anche Gesù è degno di essere adorato perché Dio dice: “Tutti gli angeli di Dio l’adorino”[393] ma anche Lui va adorato in ispirito e verità come il Padre suo. Che cosa costituisce quindi l’adorazione dell’ostia? L’adorazione dell’ostia non è altro che una delle tante forme di idolatria che é presente in questa pseudochiesa e che la curia romana ordina di perpetrare a danno di milioni di anime nel mondo.

 

Il digiuno imposto ai comunicanti va contro la Parola di Dio

 

L’ordine di prendere l’eucarestia a digiuno è contrario alla Parola di Dio perché Gesù distribuì il pane e il calice ai suoi discepoli mentre essi mangiavano; difat­ti Marco dice: “E mentre mangiavano, Gesù prese del pane; e fatta la benedizione, lo ruppe e lo diede loro e disse: Prendete, questo è il mio corpo. Poi, preso un calice e rese grazie, lo diede loro, e tutti ne bevvero. E disse loro: Questo è il mio sangue, il sangue del patto, il quale è sparso per molti..”;[394] e Luca afferma che Gesù distribuì ancora il calice dopo la cena dicendo: “Parimente ancora, dopo aver cenato, dette loro il calice dicen­do: Questo calice è il nuovo patto nel mio sangue, il quale è sparso per voi”.[395]

Ancora una volta constatiamo chiaramente come alla curia romana della Parola di Dio non importa proprio nulla; quello che gli importa è la tradizione e nient’altro.

L’eucarestia non è affatto la ripetizione del sacrificio di Cristo e neppure un’offerta propiziatoria che il sacerdote cattolico offre a Dio per i peccati

 

Ora dimostreremo mediante le Scritture che Gesù Cristo non ha affatto istituito la messa, che i preti non sono affatto dei sacerdoti ordinati da Dio e che la messa che essi offrono non è il rinnovamento del sacrificio di Cristo.

-  Se come dicono loro la messa è la ripetizione del sacri­ficio di Cristo ed è stata istituita da Cristo, che ripetizione di quale sacrificio era l’eucarestia istituita da Cristo dato che Cristo ancora non aveva offerto se stesso sulla croce? Non è forse questa una chiara contraddizione che annulla la messa come ripetizione del sacrificio di Cristo? Certamente che lo è perché seguendo la logica dei teologi papisti Gesù affinché la cena fosse dichiarata una ripetizione del suo sacrificio, avrebbe dovuto istituirla dopo la sua morte e non prima. E’ da escludersi quindi che la cena del Signore sia stata istituita da Cristo quale ripetizione del suo sacrificio perché Gesù Cristo, in quella notte, istituì la santa cena e disse ai suoi di com­pierla in sua memoria, quindi per ricordare il suo sacrificio che di lì a poco avrebbe compiuto una volta per sempre. Cosa che per altro i teologi non negano infatti affermano che Gesù istituì l’eucarestia anche a perpetuo ricordo della sua passione e morte; quindi non solo quale sacrificio permanente del Nuovo Testamento. Ma anche qui non possiamo non dire che si contraddi­cono di nuovo, perché non è ammissibile che la cena del Signore sia contemporaneamente l’annunzio della morte di Cristo e la morte stessa di Cristo. Sarebbe come dire che facendo una deter­minata cosa per ricordare un fatto compiuto da una persona, nello stesso tempo si ripete quel fatto compiuto da quella persona molto tempo prima!

-  Gesù disse sia quando diede il pane e sia quando diede il calice ai suoi discepoli: “Fate questo in memoria di me”;[396] e Paolo dice: “Ogni volta che voi mangiate questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore, finch’egli venga”;[397] quindi la celebrazione della cena del Signore é la ricordanza del sacrificio espiatorio di Cristo perché con essa viene annunziata la sua morte, e non è la ripetizione del sacrificio di Cristo perché esso é stato fatto una volta per sempre e non può essere ripetuto in nessuna maniera. Per comprendere come la cena del Signore è un atto fatto per ricordare il sacrificio di Cristo e non è il rinnovamento di esso è necessario ricordarsi della Pasqua giudaica. Ora la Pasqua venne istituita da Mosè per ordine di Dio mentre il popolo d’Israele era in Egitto; in essa i Giudei dovevano immolare un agnello senza difetto, arrostirlo al fuoco e mangiarlo con pane senza lievito e con delle erbe amare; e tutto ciò ogni anno. Ma perché dovevano annualmente fare questo rito? Per ricordare il giorno in cui Dio li aveva tratti fuori dall’Egitto dopo una schiavitù secolare, infatti Dio disse: “Quel giorno sarà per voi un giorno di ricordanza... E in quel giorno tu spiegherai la cosa al tuo figliuolo, dicendo: Si fa così, a motivo di quello che l’Eterno fece per me quand’uscii dall’Egit­to”.[398] Ora, è chiaro che nessuno può dire che ogni qual volta i Giudei celebravano la Pasqua si rinnovava per loro la liberazione dall’Egitto perché essa era avvenuta tempo addietro in Egitto e non poteva essere in nessuna maniera rinnovata. Nella stessa maniera anche la cena del Signore fu istituita da Cristo per ordine di Dio per ricordare la sua morte, avvenuta una volta per sempre alla fine dei secoli, mediante la quale noi siamo stati liberati dalla schiavitù del peccato. Ed anche qui bisogna dire che siccome che la cena del Signore si fa in ricordanza del sacrificio di Cristo e quindi anche in ricordanza della libera­zione dal peccato da noi ricevuta mediante l’offerta del suo corpo e del suo sangue, essa non può essere la ripeti­zione del sacrificio di Cristo e di conseguenza non può essere neppure la ripetizione della nostra liberazione.

-  Cristo ha offerto se stesso una volta per sempre perché la Scrittura dice: “Noi siamo stati santificati, mediante l’offerta del corpo di Gesù Cristo fatta una volta per sempre”,[399] ed anche che egli è entrato “nel cielo stesso, per comparire ora, al cospetto di Dio, per noi; e non per offrir se stesso più volte, come il sommo sacerdote, che entra ogni anno nel santuario con sangue non suo; ché, in questo caso, avrebbe dovuto soffrir più volte dalla fondazione del mondo; ma ora, una volta sola, alla fine de’ secoli, é stato manifestato, per annullare il peccato col suo sacrificio”.[400] La messa che fa il prete quindi é un atto di presunzione in abominio a Dio e che inganna tutti coloro che ci credono, perché il prete pretende con la messa di rinnovare il sacrificio di Cristo, mentre la Scrittura insegna che Cristo Gesù nella pienez­za dei tempi ha offerto se stesso per i nostri peccati una volta per sempre. Certo, il clero romano ammette che il sacrificio della messa è un sacrificio incruento in cui Cristo non versa il suo sangue, ma questo non giustifica affatto la messa. Cristo non l’ha comandata quindi non va fatta e basta. E’ un sacrificio incruento senza spargimento di sangue? Per noi non è né un sacrificio e neppure incruento; ma solo un rito in abominio a Dio. Ma dato che i teologi papisti parlano in questa maniera a riguardo della messa e dicono nello stesso tempo che essa viene offerta per placare Dio e dargli soddisfazione dei nostri peccati, e dato che la Scrittura dice che “senza spargimento di sangue non c’è remissione”,[401] noi domandiamo loro: ‘Ma non vi rendete conto che vi contraddite da voi stessi? Dite: ‘Nel sacrificio della Messa Gesù placa per noi l’Eterno Padre, offrendogli se stesso, affinché dopo il peccato non ci punisca come avremmo meritato (...) e offre a soddisfazione per i nostri peccati’,[402] e nello stesso tempo dite che la messa è un sacrificio senza spargimento di sangue, quindi senza il potere di rimettervi i vostri peccati! E poi, ancora: ‘Ma come fate a dire che la vostra messa è il sacrificio di Cristo e poi nello stesso tempo dire che non avviene nessun spargimento di sangue quando la Scrittura insegna che quando Gesù offrì se stesso a Dio vi fu lo spargimento del suo sangue? Ma è o non è un sacrificio? Quante contraddizioni si notano nelle parole dei teologi papisti anche quando parlano della messa!

-  I sacerdoti che furono presi da Dio di fra gli uomini per offrire sacrifici per i peccati del popolo erano Leviti, e preci­samente dell’ordine di Aaronne. Oltre a ciò il loro sacerdozio era trasmissibile, infatti quando essi morivano passava ai loro figli. Cristo Gesù invece è stato sì anche lui preso di fra gli uomini, ma egli é stato costituito Sommo Sacerdote in eterno secondo l’ordine di Melchisedec, che è un ordine superiore a quello di Aaronne perché Melchisedec è superiore ad Aaronne. Egli, quale Sommo Sacerdote dei futuri beni, dopo avere offerto se stesso per i nostri peccati è risuscitato dai morti e non muore più. Per questa ragione, a differenza del sacerdozio levitico, il suo sacerdozio non é trasmissibile secondo che é scritto: “Quelli sono stati fatti sacerdoti in gran numero, perché per la morte erano impediti di durare; ma questi, perché dimora in eterno, ha un sacerdozio che non si trasmette”;[403] quindi possiamo dire che Egli sia stato l’ultimo Sacerdote legittimato da Dio ad offrire un sacrificio per il popolo. Con il sacerdozio di Cristo è stato annullato il sacerdozio levitico appunto perché ora non c’é più bisogno che essi offrano sacrifici d’espiazione per gli uomini. I sacerdoti cattolici quindi sono degli impostori che però rie­scono a farsi passare come sacerdoti istituiti da Dio a offrire il sacrifico della messa. Come se Dio avesse rinnegato la sua Parola per compiacere a questa razza di gente che si crede pura ma non é ancora lavata dalla sua sozzura! Questi seduttori hanno abilmente mischiato il sacerdozio levitico, i sacrifici espiatori della legge e l’altare dell’Antico Patto con il sacrificio di Cristo e la cena del Signore da fare con il pane e il vino e ne hanno fatto la messa. Che dire? Bisogna riconoscere che Satana é riuscito a sedurre moltitudini di perso­ne facendo leva sulla Parola di Dio!

-  I sacrifici espiatori che i sacerdoti secondo l’ordine di Aaronne dovevano offrire erano l’ombra del perfetto ed unico sacrificio espiatorio che Cristo avrebbe offerto nella pienezza dei tempi. Quindi essi erano imperfetti e difatti é scritto: “S’offron doni e sacrificî che non possono, quanto alla coscien­za, render perfetto colui che offre il culto, poiché si tratta solo di cibi, di bevande e di varie abluzioni, insomma, di regole carnali imposte fino al tempo della riforma”,[404] ed anche: “La legge, avendo un’ombra dei futuri beni, non la realtà stessa delle cose, non può mai con quegli stessi sacrificî, che sono offerti continuamente, anno dopo anno, rendere perfetti quelli che s’accostano a Dio”,[405] e: “Ogni sacerdote è in piè ogni giorno ministrando e offrendo spesse volte gli stessi sacrificî che non possono mai togliere i peccati”.[406]

Ma ora che Cristo ha offerto se stesso una volta per sempre per i nostri peccati, noi non abbiamo più bisogno di qualche sacerdote che sulla terra offra un sacrificio per i nostri peccati (la messa), perché Gesù ha adempiuto ogni cosa concernente l’espia­zione dei peccati morendo sulla croce. I Cattolici quindi con la loro messa dimostrano di non considerare il sacrificio di Cristo perfetto e fatto una volta per sempre per i nostri peccati. Ma anche qui bisogna dire che i teologi cattolici romani cadono in un ennesima contraddizione perché da un lato affermano che il sacrificio di Cristo è stato sufficiente per compiere l’espiazio­ne dei peccati e dall’altro affermano che la messa dato che è una ripetizione del sacrificio di Cristo soddisfa i peccati degli uomini! Insomma è come se qualcuno vi dicesse: ‘Qualcuno ha estinto i miei debiti che avevo con Tizio, perché ha pagato a Tizio tutta la somma che io gli dovevo; ma io voglio finire di pagargli tutti i miei debiti!’ Giudicate da voi stessi fratelli quello che dico.

-  La messa che essi dicono essere un’oblazione pura offerta a Dio è invece un profumo in abominio a Dio perché essi mediante questo loro sacrificio sull’altare pretendono di fare morire Cristo e di offrirlo a Dio per i peccati del popolo. Il teologo Perardi infatti dice: ‘Il sacrificio della Messa è lo stesso sacrificio della Croce’.[407] E qui c’è bisogno di dire questo: secondo il catechismo cattolico il prete quale sacerdote di Dio offre sull’altare la vittima che è Gesù, quindi il prete come sacrificatore risulta superiore alla vittima che egli offre cioè a Gesù. Inoltre il prete, secondo l’aberrante teologia papista, ha potestà sul corpo di Cristo, difatti lo prende e lo porta dove vuole, lo dà a mangiare a chi vuole, lo chiude dove vuole; ma tutto questo è inaccettabile perché rappresenta un dispregio verso Colui che è al di sopra di tutti; tutto questo è veramente esecrabile, ripugnante. O Cattolici, rientrate in voi stessi; fino a quando andrete dietro alla vanità ed alla menzogna? Investigate le Scritture!

-  Sotto la grazia tutti i credenti in Cristo Gesù, cioè tutti i membri della Chiesa di Dio, sono dei sacerdoti secondo che è scritto: “Ma voi siete una generazione eletta, un real sacerdo­zio..”,[408] ed ancora: “Tu sei degno di prendere il libro e d’aprirne i suggelli, perché sei stato immolato e hai comprato a Dio, col tuo sangue, gente d’ogni tribù e lingua e popolo e nazione, e ne hai fatto per il nostro Dio un regno e de’ sacerdoti; e regneran­no sulla terra”.[409] E siccome sono sacerdoti devono anche loro offrire a Dio dei sacrifici come li offrivano i sacerdoti leviti, ma essi non sono costituiti da vittime di animali da offrire su qualche altare in qualche santuario terreno, ma dalla lode, dalla preghiera e dalle offerte. Le seguenti Scritture attestano ciò:

>“Siete edificati qual casa spirituale, per essere un sacer­dozio santo per offrire sacrificî spirituali, accettevoli a Dio per mezzo di Gesù Cristo”;[410]

>“La mia preghiera stia nel tuo cospetto come l’incenso..”,[411] e: “I ventiquattro anziani si prostrarono davanti all’Agnello, avendo ciascuno una cetra e delle coppe d’oro piene di profumi, che sono le preghiere dei santi”;[412]

>“Per mezzo di lui, dunque, offriam del continuo a Dio un sacri­ficio di lode; cioè, il frutto di labbra confessanti il suo nome! E non dimenticate di esercitar la beneficenza e di far parte agli altri de’ vostri beni; perché è di tali sacrificî che Dio si compiace”.[413]

Il passo di Malachia si riferisce appunto ai sacrifici spirituali che un giorno noi Gentili in Cristo Gesù avremmo offerto al nome del Signore, e non al sacrificio della messa che i sacerdoti cattolici avrebbero offerto a Dio dai quattro canti della terra!

Le messe per i morti sono funzioni vane

 

Abbiamo visto che i teologi papisti per confermare che sia lecito offrire la messa per coloro che sono morti e sono nel purgatorio prendono il gesto compiuto da Giuda Maccabeo che fece offrire un sacrificio per il peccato di quei Giudei caduti in battaglia.

Ma noi riteniamo che questo fatto non conferma affatto la messa in favore dei defunti, ma conferma che Giuda il Maccabeo ha compiuto qualcosa di antiscritturale perché nella legge di Mosè non sta scritto da nessuna parte che Dio ordinò agli Israeliti di offrire sacrifici espiatori per i morti, ma solo per i vivi. Quindi a prescindere dal fatto che il purgatorio non esiste, e che la messa non è un sacrificio, dinanzi alla Parola di Dio crolla anche il sostegno su cui si poggia la messa per i morti.

Ma la messa, benché sia un rito inutile e sacrilego, rimane ancora in piedi nella chiesa romana con tutta la sua pompa; essa rappresenta il momento più solenne del culto cattolico romano, a cui il clero romano è molto attaccato. E i teologi papisti la difendono strenuamente facendo acrobazie esegetiche di ogni genere e discorsi vani di ogni genere che si vanno ad infrangere contro la Parola di Dio e cadono a terra. Ma perché la messa è difesa strenuamente dalla chiesa romana e rappresenta qualcosa di irrinunciabile per la chiesa romana? Perché se venisse a mancare verrebbe a mancare una delle princi­pali miniere di denaro da cui il clero romano attinge i suoi capitali. Le messe hanno un prezzo (attenzione però, perché i Cattolici si difendono dicendo che le messe non sono in vendita; a parole questo, ma non nei fatti). Messa è sinonimo di soldi per i preti e per il papato; e nello stesso tempo rappresenta una consolazione per i Cattolici: le cose messe assieme riescono ancora dopo secoli a reggersi in piedi.

Le messe in onore dei santi sono funzione vane

 

Come abbiamo visto coloro che si riunirono a Trento in quel concilio con un abile gioco di parole hanno cercato di fare passare le messe che essi offrono nella realtà ai santi (prendia­mo per esempio i santi apostoli Paolo e Pietro) come dei sacrifici rivolti a Dio e non ai santi, per evitare l’accusa di idolatria.

Perché dico gioco di parole? Perché non si capisce affatto cosa significa offrire a Dio un sacrificio in onore di terzi. In altre parole viene di domandarsi, ma allora l’onore a chi lo rivolgono? A Dio o ai santi? Ma come fanno a dire che offrono un sacrificio in onore a Dio e nello stesso tempo in onore di creature morte da tempo che sono nel cielo con lui? Ma allora vogliono dire che onorando il padrone onorano anche i suoi servi che sono in cielo? Ma non è qualcosa di illogico tutto ciò? Eppure questo è l’insegnamento che viene rivolto a milioni di anime sparse per il mondo! O uomini che siete stati ingannati da questi precetti d’uomini privati della verità, rientrate in voi stessi e uscite da questa falsa chiesa!

La Scrittura ci insegna che noi credenti dobbiamo offrire dei sacrifici spirituali (da cui è esclusa la messa) ma questi sacrifici li dobbiamo offrire a Dio, solo a lui e non ai santi apostoli che sono in cielo. Ecco le Scritture che lo confermano: “Io vi esorto dunque, fratelli, per le compassioni di Dio, a presentare i vostri corpi in sacrificio vivente, santo, accettevo­le a Dio; il che è il vostro culto spirituale”;[414] “Siete edificati qual casa spirituale, per essere un sacerdozio santo per offrire sacrificî spirituali, accettevoli a Dio per mezzo di Gesù Cristo”;[415] “Per mezzo di lui, dunque, offriam del continuo a Dio un sacrificio di lode”.[416]

LA PENITENZA (O CONFESSIONE)

La dottrina dei teologi papisti

 

Mediante la penitenza vengono rimessi dal prete, che ne è il ministro, i peccati mortali commessi dopo il battesimo perché il prete ha ricevuto da Cristo il potere di rimettere i peccati. Questo sacramento è assolutamente necessario alla salvezza. Chi commette i peccati mortali e non si confessa va all’inferno. La confessione va fatta almeno una volta all’anno; e tra le altre cose vanno specificati al prete le specie e le circostanze dei peccati mortali. Il penitente però dopo avere ricevuto l’assoluzione deve fare delle opere di penitenza per ottenere piena assoluzione dei suoi misfatti. Ed inoltre egli deve lucrare le indulgenze per ottenere la remissione della pena temporanea dovuta per i suoi misfatti.

La Penitenza o Confessione è il Sacramento istituito da Gesù Cristo per rimettere i peccati commessi dopo il Battesimo’.[417] Per ciò che concerne il tempo nel quale la penitenza fu istituita da Cristo, il Perardi, sempre nel suo catechismo, afferma: ‘Il Sacramento della Penitenza fu istituito da Gesù Cristo quando disse agli Apostoli, e in essi ai loro successori: Ricevete lo Spirito Santo: a chi rimetterete i peccati saranno loro rimessi e saranno ritenuti a chi li riterrete’.[418] Oltre a queste parole di Gesù i teologi papisti prendono altri passi della Scrittura per confermare la penitenza; quello che dice che Dio aveva posto la parola della riconciliazione in Paolo e negli altri apostoli che erano con lui,[419] quello che dice che le turbe andavano da Giovanni ed erano battezzate nel fiume Giordano confessando i loro peccati,[420] quello che dice che ad Efeso molti di coloro che avevano creduto venivano a confessare e a dichiarare le cose che avevano fatte,[421] quello che dice di confessare i falli gli uni agli altri,[422] e le parole che Gesù pronunciò dopo avere risuscitato Lazzaro: “Scioglietelo, e lasciatelo andare”.[423]

La ragione per cui questo sacramento è chiamato penitenza è ‘perché per ottenere il perdono dei peccati è necessario pentir­sene e fare la penitenza che ingiunge il confessore’;[424] è chiamato confessione invece ‘perché è necessario confessare al sacerdote tutti i propri peccati mortali’.[425] E’ bene tenere presente che, secondo la teologia romana, la peni­tenza concerne soprattutto la confessione dei cosiddetti peccati mortali, perché per quelli cosiddetti veniali i Cattolici possono essere assolti anche senza di essa; e che l’assoluzione, ossia ‘la sentenza con cui il sacerdote, in nome di Gesù Cristo, rimet­te i peccati al penitente (dicendo: Io ti assolvo dai tuoi peccati nel nome del Padre e del Figliuolo e dello Spirito Santo. Così sia) è considerato un vero atto giuridico pronunziato da un giudice con il quale il peccatore viene assolto. E per chi non lo reputa tale c’è questo anatema tridentino: ‘Se qualcuno dirà che l’assoluzione sacramentale del sacerdote non è un atto giudiziario (...) sia anatema’.[426]

Secondo quello che insegna il catechismo cattolico i Cattolici devono andare dal prete a fare la confessione dei loro peccati per averne l’assoluzione almeno una volta all’anno. Questo lo devono fare in base al seguente decreto del concilio Laterano IV del 1215: ‘Qualsiasi fedele dell’uno o dell’altro sesso, giunto all’età di ragione, confessi fedelmente, da solo, tutti i suoi peccati, al proprio parroco almeno una volta l’anno...’.[427] E dato che abbiamo menzionato questo concilio, ricordiamo che fu proprio questo concilio ad introdurre il dogma della penitenza obbligatoria da farsi al prete nella chiesa romana; prima di quell’anno infatti, essa non era reputata obbligatoria.[428]

Il catechismo romano afferma che: ‘Per fare una buona confessione si richiedono cinque cose: 1) l’esame di coscienza; 2) il dolore dei peccati; 3) il proponimen­to di non commetterne più: 4) la confessione; 5) la soddisfazione o penitenza’.[429] Voglio ora soffermarmi brevemente su questi ultimi due aspetti di questo sacramento. Secondo la teologia romana chi va a confessarsi dal prete deve manifestare al sacerdote la specie dei peccati, il loro numero e le circostanze su ogni peccato commesso, infatti il concilio di Trento a tale proposito decretò: ‘E’ chiaro infatti, che i sacer­doti non avrebbero potuto esercitare questo giudizio senza cono­scere la causa né imporre le penitenze con equità, se i penitenti avessero dichiarato i loro peccati solo genericamente, e non invece, nella loro specie ed uno per uno. Si conclude da ciò che è necessario che i penitenti manifestino nella confessione tutti i peccati mortali, di cui hanno consapevolezza dopo un diligente esame di coscienza, anche se essi sono del tutto nascosti e sono stati commessi soltanto contro i due ultimi comandamenti del Decalogo (...) Si deduce, inoltre, che nella confessione debbano manifestarsi anche quelle circostanze che mutano la specie del peccato; senza di esse, infatti, né il penitente espone completamente gli stessi peccati, né questi potrebbero venire conosciuti dai giudici e sarebbe impossibile ad essi percepire esattamente la gravità delle colpe ed imporre per essa ai penitenti la pena dovuta’.[430] Il Perardi nel suo manuale conferma ciò dicendo: ‘Dobbiamo accusare i peccati mortali pienamente, senza farci vincere da una falsa vergogna a tacerne alcuno, dichiarandone la specie, il numero e anche le circostanze che aggiunsero una nuova grave malizia’.[431]

Per quanto riguarda la specie, i Cattolici devono confessare di che genere è il peccato; se è un furto, una percossa, una menzo­gna ecc. Per quanto riguarda il numero essi sono obbligati a confessarli tutti, senza celarne alcuno; per esempio se saltano la messa per tre volte devono dire di non essere andati a messa per tre volte ecc. Se nascondessero un solo peccato essi commetterebbero un sacrilegio e non farebbero una buona confessione! Per quanto riguarda infine le circostanze, secondo quello che scrisse Tommaso d’Aquino (un dottore della chiesa romana) sono queste: Chi, Che cosa, Dove, Con quali aiuti, Perché, Come, Quando. Per spiegarle ci serviremo d’un esempio. Un uomo che si é reso colpevole di un furto e va a confessarlo al prete deve specificargli le seguenti cose affinché il prete sappia ben giudicare e dare la sentenza.

1) Chi ha commesso il furto: se ricco, o povero; se padre di fami­glia, o figlio; se secolare o prete.

2) Che cosa ha rubato: se denaro, e quanto; o oggetti da vestire, o viveri, o oggetti sacri, come calici ecc..

3) Dove ha commesso il furto: se in campagna, in città o in altro luogo.

4) Con quali aiuti: se ha avuto compagni, se ha scalato muri..

5) Perché ha rubato: se spinto dalla necessità, o per vendetta, o per altro qualsiasi motivo, come per esempio, per andare a diver­tirsi.

6) Come: se ha fatto violenza, o se si è introdotto di nascosto, e non sia stato veduto da nessuno.

7) Quando ha commesso il furto: se di giorno o di notte, ecc.

Quindi i teologi papisti insegnano ai Cattolici romani non solo che il prete ha il potere di assolverli, ma anche che per essere assolti devono confessargli la specie, il numero e le circostanze dei peccati.

Dopo che il Cattolico confessa al prete tutti questi particolari sui suoi peccati mortali il catechismo romano dice che il prete prima gli dà l’assolu­zione dei peccati e poi gli dà la soddi­sfazione o penitenza sacramentale che ‘è l’opera buona imposta dal confessore a castigo e a correzione del peccato, e a sconto della pena temporanea meritata peccando’.[432] Perché questo? Perché ‘il Sacramento della Penitenza, applicando all’anima i meriti di Gesù Cristo, rimette la pena eterna, ma ne lascia ordinariamente una temporanea da scontare o in questa vita o nell’altra. Dio vuole che diamo anche noi una soddisfazione; non è giusto che Gesù Cristo solo debba espiare tutta la pena dei peccati del cristiano’.[433] Ma anche dopo avere fatto la penitenza sacramentale, che Perardi dice che se il prete non ha fissato quando farla, è da preferirsi fare ‘prima di uscire di chiesa o almeno il più presto che pote­te’,[434] rimane ancora qualcosa da fare per espiare la pena difatti Perardi dice: ‘La penitenza sacramentale non basta, d’ordinario, a liberarci da tutta la pena temporanea meritata col peccato, e perciò conviene supplire con altre opere di penitenza e di pietà e con indulgenze’.[435] In sostanza, secondo questa dottrina sulla soddisfazio­ne, i peccati l’uomo li può espiare in parte affidandosi ai meriti di Cristo ed in parte compiendo appunto queste opere. Quindi ai Cattolici vengono insegnate diverse cose a riguar­do dei peccati che commettono; la prima é che andandosi a confes­sare dal prete questi glieli rimetta con l’autorità divina, la seconda è che siccome la penitenza rimette la pena eterna ma ne lascia una temporanea da dover scontare - perché per ottenere subito la remissione di tutta la pena meritata per il peccato occorrerebbe una contrizione perfettissima - si deve dare a Dio la soddisfazione della pena temporanea. Questa si compie prima con la penitenza sacramentale, e poi con le opere di penitenza e di pietà, che secondo il Nuovo Manuale del Catechista sono: ‘I digiuni, le mortificazioni, gli atti di misericordia spirituale e corpora­le, le preghiere, e l’uso pio di quelle cose benedette e di quelle cerimonie sacre che si chiamano sacramentali, come l’acqua santa e le varie benedizioni’.[436] E anche per chi rigetta le opere di penitenza il concilio Tridentino ha lanciato l’ennesimo anate­ma: ‘Se qualcuno dirà che le soddisfazioni, con cui i penitenti per mezzo di Gesù Cristo cercano di riparare i peccati, non sono culto di Dio, ma tradizioni umane, che oscurano la dottrina della grazia e il vero culto di Dio e lo stesso beneficio della morte del Signore, sia anatema’.[437]

Ma alle opere di penitenza e di pietà, come abbiamo visto prima, vi si devono aggiungere pure le indulgenze. Che cosa è l’indulgenza? ‘E’ una remissione di pena temporanea dovuta per i peccati; che la Chiesa concede sotto certe condizioni a chi è in grazia, (appli­candogli i meriti e le soddisfazioni sovrabbondanti di Gesù Cristo, della Madonna e dei Santi, le quali costituiscono il tesoro della Chiesa’).[438] Essa può essere plenaria quando per mezzo di essa è rimessa tutta la pena temporanea dovuta per i peccati; parziale quando è solo una remissione parziale della suddetta pena. Ma perché la curia romana ha introdotto la pratica delle indul­genze? La ragione è questa: spiegata in questi termini: ‘Il fine che l’Autorità ecclesiastica si propone nella elargizione delle indulgenze, è non solo di aiutare i fedeli a scontare le pene del peccato, ma anche di spingere gli stessi a compiere opere di pietà, di penitenza e di carità, specialmente quelle che giovano all’incremento della fede e al bene comune’.[439] Ed anche per coloro che non accettano le indulgenze c’è il relativo anatema tridentino che è il seguente: ‘La potestà di elargire indulgenze è stata concessa alla chiesa da Cristo ed essa ha usato di questo potere, ad essa divinamente concesso, fin dai tempi più antichi. Per questo il santo sinodo insegna e comanda di mantenere nella chiesa quest’uso, utilissimo al popolo cristiano e approvato dall’autorità dei sacri concili e colpisce di anatema quelli che asseriscono che esse sono inutili o che la chiesa non ha potere di concederle’.[440]

Ora, le indulgenze possono essere acquistate dai Cattolici facen­do delle opere; vediamo ora quali sono alcune di queste opere di fatica che fanno lucrare l’indulgenza plenaria della chie­sa, tenendo presente che secondo la norma sei della Costituzione Apostolica Indulgentiarum Doctrina l’indulgenza plenaria si può acquistare una sola volta al giorno.

- L’adorazione del SS.mo Sacramento per almeno mezz’ora;

-  la pia lettura della S. Scrittura per almeno mezzora;

-  il pio esercizio della Via Crucis;[441]

-  la recita del Rosario mariano in chiesa o pubblico oratorio, oppure in famiglia, in una Comunità religiosa, in una pia Asso­ciazione.[442]

Tra le indulgenze plenarie c’è anche quella chiamata Giubileo.

L’indulgenza parziale invece la può lucrare:

- chi recita la giaculatoria ‘Gesù, Giuseppe e Maria, vi dono ecc..’;

-  chi recita l’Angelus Domini, le Litanie, la Salve, Regina;[443]

-  il fedele che devotamente usa un oggetto di pietà (crocifisso, croce, corona, scapolare, medaglia), benedetto da un sacerdote qualsiasi.[444]

Ci sono altre opere o cerimonie sacramentali mediante le quali i Cattolici possono acquistare sia indulgenze plenarie che indul­genze parziali, ma mi fermo qui con le indulgenze.[445]

A questo punto ci si domanderà: ‘Ma il Cattolico allora dopo essersi confessato in maniera regolare, e fatto le opere di penitenza per espiare i suoi peccati, e dopo avere acquistato l’indulgenza plenaria, è sicuro di andare in paradiso?’ In teoria sì, dovrebbe esserne perfettamente sicuro, ma nella pratica non lo è, e non può esserlo affatto, perché dice Perardi: ‘Potremmo sperare di trovarci, in punto di morte, così puri, così santi da meritare subito il Paradiso?’[446]

D’altronde - dicono loro - nessuno è perfetto, qualche imperfezione ce l’hanno tutti, qualche peccato veniale lo si contrae anche dopo avere acquistato l’indulgenza plenaria, e perciò, chi può dire di andare subito in paradiso! Quindi, prima di andare in paradiso bisogna andare a sostare per qualche tempo in purgatorio per purgarsi del residuo di colpa che rimane, mediante delle pene molto severe; allora e solo allora si potrà andare in paradiso, perché si sarà santi e puri. Nessuno dunque si permetta di dire che quando morirà andrà subito in cielo perché questa è presunzione che offende la giustizia di Dio!

Per quanto riguarda la necessità di questo sacramento, secondo la teologia romana, esso è indispensabile per ottenere la salvezza, nella stessa maniera in cui è indispensabile il battesimo per essere rigenerati: ‘Il sacramento della Penitenza è assolutamente necessario alla salvezza per tutti coloro che hanno peccato gravemente dopo il Battesimo. - E’ di fede’.[447] Ciò significa che se per esempio un Cattolico muore senz’avere confessato i suoi cosiddetti peccati mortali al prete, viene dichiarato essere andato all’inferno.

Per la chiesa romana quindi la confessione è un sacramento molto importante e per coloro che non l’accettano c’è il seguente anatema del concilio di Trento: ‘Se qualcuno dirà che nella chiesa cattolica la penitenza non è un vero e proprio sacramento istituito dal signore nostro Gesù Cristo, per riconciliare i fedeli con Dio, ogni volta che cadono nei peccati dopo il batte­simo, sia anatema’.[448]

Confutazione

La Scrittura non conferma la confessione fatta al prete

 

Ora, i teologi papisti asseriscono che i preti hanno ricevuto il potere di rimettere i peccati da Cristo perché é scritto che Gesù ha detto agli apostoli: “A chi rimetterete i peccati, saranno rimessi; a chi li riterrete, saranno ritenuti”![449] Ma stanno le cose proprio così? Affatto. Innanzi tutto dobbiamo dire che se Cristo con quelle parole avesse istituito questo sacramento della con­fessione così come lo possiede la chiesa cattolica romana dovreb­bero esserci a tale proposito delle conferme ben precise sia negli Atti degli apostoli che nelle epistole degli apostoli tenendo presente anche il fatto che esso è reputato indispensabi­le per conseguire la salvezza perché tramite esso vengono rimessi i peccati ‘mortali’ commessi dopo il battesimo. Ma dobbiamo dire che in tutti questi scritti del Nuovo Testamento non c’è nessuna traccia di questo cosid­detto sacramento amministrato dagli apostoli ai credenti. Difatti non una volta, dico nemmeno una volta, si trova che gli apostoli richiesero che i credenti si andassero a confessare da loro per ottenere la remissione dei loro peccati. Una chiara conferma che gli apostoli non richiedevano ai credenti di andarsi a confessare da loro per ottenere la remissione dei loro peccati e quindi che essi non avevano quell’autorità di riconciliare i credenti con Dio (che invece pretendono avere i preti) l’abbiamo nel caso di Simone, negli Atti degli apostoli. Luca dice che “Simone credette anch’egli; ed essendo stato battezzato, stava sempre con Filippo...”,[450] quindi era diventato anche lui un credente. Ma quando gli apostoli Pietro e Giovanni vennero a Samaria a pregare per i credenti affinché ricevessero lo Spirito Santo avvenne che egli “vedendo che per l’imposizione delle mani degli apostoli era dato lo Spirito Santo, offerse loro del danaro, dicendo: Date anche a me questa potestà, che colui al quale io imponga le mani riceva lo Spirito Santo”.[451] Ecco dunque un credente che dopo il battesimo cade in un peccato (secondo la teologia romana un peccato ‘morta­le’ perché simonia[452]e quindi egli aveva l’obbligo di confessarsi agli apostoli per ottenerne la remissione), quindi, dato che Pietro e Giovanni erano là, quello che ci si aspetterebbe è che essi gli dicano di pentirsi e di venire a confessarsi da loro. Ma non avviene nulla di tutto ciò perché Pietro gli dice: “Ravvediti dunque di questa tua malvagità; e prega il Signore affinché, se é possibile, ti sia perdonato il pensiero del tuo cuore..”.[453] Notate che Pietro in questo caso disse a Simone (che aveva anch’egli creduto) di ravvedersi e di pregare il Signore affinché gli fosse perdonato il suo peccato. L’apostolo non gli disse: ‘Ravvediti e poi vieni a confessarti da noi, perché abbiamo il potere di rimettere i peccati da parte di Dio’, ma gli disse di ravvedersi e di pregare direttamente il Signore affinché lui gli perdonasse il suo peccato. Come potete vedere, da questo episodio citato da Luca si apprende in maniera inequivocabile che i credenti dopo il battesimo per ottenere la remissione dei loro falli dovevano con­fessarli direttamente a Dio senza la mediazione di nessun uomo sulla terra. Che la confessione dei peccati i credenti la dovevano fare diret­tamente a Dio ai giorni degli apostoli mentre loro erano in vita lo si deduce chiaramente anche dall’epistola di Giovanni, uno degli apostoli a cui Gesù disse: “A chi rimetterete i peccati, saranno rimessi”.[454] Nella sua prima epistola egli afferma: “Se confes­siamo i nostri peccati, Egli è fedele e giusto da rimetterci i peccati e purificarci da ogni iniquità”.[455] Ma a chi li dovevano confessare quei peccati? A Dio certamente, perché egli dice che se essi - quindi lui si includeva - li confessavano a Dio egli nella sua fedeltà e giustizia glieli avrebbe rimessi e li avrebbe purificati da ogni iniquità. Non può essere altrimenti perché Giovanni sapeva che Gesù aveva loro detto che quando pregavano dovevano dire: “Padre nostro che sei nei cieli... rimettici i nostri debi­ti”[456] e quindi si dovevano rivolgere direttamente a Dio. Più avanti Giovanni afferma: “Figliuoletti miei, io vi scrivo queste cose affinché non pecchiate; e se alcuno ha peccato, noi abbiamo un avvocato presso il Padre, cioè Gesù Cristo, il giusto; ed egli è la propiziazione per i nostri peccati...”:[457] notate che egli non disse: ‘Se qualcuno ha peccato avete gli apostoli del Signore, o gli anziani delegati da loro a rimettere i pecca­ti’; no, ma “noi abbiamo un avvocato presso il Padre, cioè Gesù Cristo”. Questo significa che Giovanni credeva che quand’anche un credente avesse peccato egli avrebbe trovato perdono presso Dio Padre andando direttamente a lui nel nome del suo Figliuolo.

Veniamo a Giacomo, il fratello del Signore: egli scrisse una lettera alle dodici tribù della dispersione nella quale disse le seguenti cose: “Donde vengon le guerre e le contese fra voi? Non è egli da questo: cioè dalle vostre voluttà che guerreg­giano nelle vostre membra? Voi bramate e non avete; voi uccidete ed invidiate e non potete ottenere; voi contendete e guerreggia­te... O gente adultera, non sapete voi che l’amicizia del mondo è inimicizia contro Dio? Chi dunque vuol essere amico del mondo si rende nemico di Dio....”.[458] Ora, secondo la teologia romana quei credenti dopo il battesimo s’erano resi colpevoli di peccati ‘mortali’, uccidevano, invidiavano, erano diventati amici del mondo e nemici di Dio. Ci si aspetterebbe dunque che Giacomo dicesse loro di andarsi a confessare dagli apostoli o dagli anziani della Chiesa. Ma ancora una volta di questa confessione non c’è il minimo accenno, infatti l’apostolo scrive subito dopo: “Appressa­tevi a Dio, ed Egli si appresserà a voi. Nettate le vostre mani, o peccatori; e purificate i vostri cuori, o doppi d’animo! Siate afflitti e fate cordoglio e piangete! Sia il vostro riso conver­tito in lutto, e la vostra allegrezza in mestizia! Umiliatevi nel cospetto del Signore, ed Egli vi innalzerà”.[459] Ecco ancora una volta una esortazione a rivolgersi direttamente a Dio, ad andare a confessare i propri peccati a Dio direttamente e non a un ministro di Dio.

Tutti questi esempi appena visti attestano in maniera chiara che Cristo non diede agli apostoli la potestà di rimettere i peccati agli uomi­ni, infatti essi non richiesero mai che i credenti caduti nel peccato si andassero a confessare da loro. Anche allora i creden­ti quando peccavano erano esortati a confessare i loro peccati a Dio per ottenerne la remissione. D’altronde c’erano anche le Scritture dell’Antico Patto che confermavano loro che questa confessione essi la dovevano fare a Dio e non a degli uomini, quantunque uomini santi che erano stati con Gesù. Citiamo per esempio queste eloquenti parole di Davide: “Io t’ho dichiarato il mio peccato, non ho coperta la mia iniquità. Io ho detto: Confesserò le mie trasgressioni all’Eterno; e tu hai perdonato l’iniquità del mio peccato”.[460] Non erano anche per loro una chiara prova che essi dovevano confessarsi a Dio solo? Ma domandiamoci: ‘Ma non sarebbero stati confusi gli stessi apostoli se avessero ordinato ai credenti di andare a dichiarare i loro peccati a loro e non direttamente a Dio, quando le Scritture dell’Antico Patto ordinavano di andare a confessarsi a Dio direttamente. Ma come avrebbero potuto gli apostoli affermare di avere il potere di rimettere i peccati che i credenti commettevano contro Dio senza essere ripresi per la loro arroganza?

Infine, per confermare ulteriormente che la confessione delle proprie iniquità, secondo la Scrittura, va fatta a Dio e non a dei presunti intermediari quali i preti cattolici, citiamo due confessioni trascritte nell’Antico Testamento, quella di Esdra e quella di Daniele.

Nel libro di Esdra è scritto: “E al momento dell’oblazione della sera, m’alzai dalla mia umiliazione, colle vesti e col mantello stracciati; caddi in ginocchio; stesi le mani verso l’Eterno, il mio Dio, e dissi: ‘O mio Dio, io son confuso; e mi vergogno, o mio Dio, d’alzare a te la mia faccia; poiché le nostre iniquità si son moltiplicate fino al di sopra del nostro capo, e la nostra colpa è sì grande che arriva al cielo. Dal tempo de’ nostri padri fino al dì d’oggi siamo stati grandemente colpevoli...”.[461]

Nel libro di Daniele è scritto: “E feci la mia preghiera e la mia confessione all’Eterno, al mio Dio, dicendo: ‘O Signore, Dio grande e tremendo, che mantieni il patto e continui la benignità a quelli che t’amano e osservano i tuoi comandamenti! Noi abbiamo peccato, ci siam condotti iniquamente, abbiamo operato malvagia­mente, ci siamo ribellati, e ci siamo allontanati dai tuoi coman­damenti e dalle tue prescrizioni, non abbiam dato ascolto ai profeti, tuoi servi, che hanno parlato in tuo nome ai nostri re, ai nostri capi, ai nostri padri, e a tutto il popolo del paese...”.[462]

Ecco dunque dei membri del popolo di Dio sotto l’Antico Patto che si confessarono direttamente a Dio per ottenere il suo perdono. Per riassumere: nella Scrittura non c’è la benché minima menzione di una confessione da farsi ad un sacerdote per ottenere il perdono dei peccati; non c’è nell’Antico Patto e non c’è neppure nel Nuovo Patto perché gli apostoli nelle loro epistole non ne parlano.

Forse qualcuno penserà che gli apostoli in virtù di quelle parole che Gesù disse loro cioè: “A chi rimetterete i peccati, saranno rimessi; a chi li riterrete, saranno ritenuti”,[463] richiedessero che i peccatori andassero da loro a dichiarare i loro peccati per ottenere la remissione di essi. Ma anche qui si deve dire che di una simile confessione non esiste la benché minima traccia nella Scrittura. Perché questo? Perché gli apostoli avevano ricevuto l’ordine di predicare la remissione dei peccati secondo che aveva loro detto Gesù: “Così è scritto, che il Cristo soffrirebbe, e risuscite­rebbe dai morti il terzo giorno, e che nel suo nome si prediche­rebbe ravvedimento e remission dei peccati a tutte le genti, cominciando da Gerusalemme”[464] e non la potestà di assolvere i peccatori penitenti perché questa la possiede solo Dio, il giusto Giudice. Questo é confermato dai seguenti episodi trascritti nel libro degli Atti degli apostoli.

-  A Gerusalemme il giorno della Pentecoste, quando i Giudei che udirono la predicazione di Pietro, dissero a Pietro e agli altri apostoli: “Fratelli, che dobbiam fare?”,[465] Pietro rispose loro dicendo: “Ravvedetevi, e ciascun di voi sia battezzato nel nome di Gesù Cristo, per la remission de’ vostri peccati...”.[466] Notate che cosa Pietro disse di fare a quei Giudei per ottenere la remissione dei loro peccati; egli disse loro di ravvedersi e di farsi battezzare. Pietro assieme agli altri apostoli non dissero loro: ‘Venite a confessarvi da noi e noi vi rimetteremo i vostri peccati perché abbiamo ricevuto da Cristo il potere di farlo’. Questa é una chiara dimostrazione di come gli apostoli non inte­sero malamente le parole del Signore Gesù come invece hanno fatto i teologi cattolici romani.

-  A casa di Cornelio, Pietro predicò la remissione dei peccati nel nome di Cristo infatti disse: “Di lui attestano tutti i profeti che chiunque crede in lui riceve la remission de’ peccati me­diante il suo nome”.[467] Anche in questo caso Pietro non pretese che Cornelio ed i suoi andassero da lui a confessargli i loro peccati appunto perché l’apostolo non aveva il potere di rimettere a nessuno i peccati da parte di Dio ma quello di predicare la remissione dei peccati il che è differente.

-  Sempre a casa di Cornelio, Pietro disse: “Ed egli ci ha comanda­to di predicare al popolo e di testimoniare ch’egli è quello che da Dio è stato costituito Giudice dei vivi e dei morti”;[468] quindi è Cristo, essendo il Giudice di tutti, ad avere il potere di assol­vere e non degli uomini costituiti da lui. I peccatori quindi per ottenere misericordia da Dio devono confessare le loro iniquità a Cristo che è il Giudice che può assolvere o condannare (e non a degli uomini). Gesù stesso ha confermato che il peccatore per essere assolto è sufficiente che si confessi direttamente a Dio quando disse in una parabola che un pubblicano, salito al tempio per pregare, “non ardiva neppure alzar gli occhi al cielo; ma si batteva il petto, dicendo: O Dio, sii placato verso me peccatore!”;[469] questo pubblicano non andò a confessarsi dai sacer­doti che erano nel tempio ma direttamente da Dio, ed ottenne la remissione dei suoi peccati secondo che Gesù disse: “Io vi dico che questi scese a casa sua giustificato”.[470]

-  Quando gli apostoli comparvero davanti al Sinedrio, Pietro e gli altri dissero: “L’Iddio de’ nostri padri ha risuscitato Gesù, che voi uccideste appendendolo al legno. Esso ha Iddio esaltato con la sua destra, costituendolo Principe e Salvatore, per dare ravvedimento a Israele, e remission dei peccati”.[471] Anche in questo caso gli apostoli non si attribuirono affatto il potere di rimettere i peccati agli uomini perché fecero capire chiaramente con le loro parole che è Dio colui che dà la remissione dei peccati come anche il ravvedimento. Ora, noi sappiamo che il ravvedimento è Dio a darlo agli uomini perché è scritto che quelli della circoncisione dopo che Pietro raccontò loro come Dio lo aveva mandato dai Gentili a predicare il Vangelo e come essi avevano ricevuto lo Spirito Santo, dissero: “Iddio dunque ha dato il ravvedimento anche ai Gentili affinché abbiano vita”;[472] quindi come gli apostoli non avevano il potere di dare il ravvedimento a nessuno, ma solo l’ordine di predicare il ravve­dimento a tutti, così essi non avevano neppure il potere di dare la remissione dei peccati a nessuno perché quella la dava direttamente Dio al peccatore penitente; essi anche in questo caso avevano l’ordine di predicare la remissione dei peccati.[473]

Come potete vedere gli apostoli non confessavano i peccatori ma li esortavano a ravvedersi e a credere in Gesù Cristo per ottene­re la remissione dei loro peccati; a lui dovevano confessare i loro peccati e non a loro. La penitenza cattolica romana che l’uomo deve fare al sacerdote quindi non ha nessun passo scrittu­rale che la sostenga. E questo lo ha riconosciuto pure Bartmann che ha detto che nella Scrittura ‘non si trova alcun passo in cui si esiga esplicitamente che il peccatore confessi i suoi peccati gravi a un sacerdote per ottenerne il perdono’.[474] Ma allora, qualcuno dirà, come mai dinanzi all’evidenza i teologi difendono il dogma della penitenza? La ragione è perché devono compiacere al papa in ogni cosa e non possono permettersi di dissentire da lui se non vogliono incorrere in qualche provvedimento disciplinare. Nella chiesa romana funziona così: il papa detta la legge e i teologi devono ubbidirgli anche se la sua legge contrasta la verità e non può quindi essere sostenuta con la Parola di Dio.

Per concludere, tutte le suddette Scritture da noi citate confer­mano che la confessione dei propri peccati l’uomo, sia il pecca­tore che vuole essere salvato, che il credente che è già salvato, la deve fare al Signore affinché i suoi peccati gli vengano rimessi perché solo Dio ha il potere di perdonare i peccati all’uomo secondo che é scritto nei Salmi: “Egli è quel che ti perdona tutte le tue iniquità”.[475]

Spiegazione dei passi presi per sostenere il sacramento della penitenza

 

Innanzi tutto vogliamo spiegare le parole di Gesù: “A chi rimet­terete i peccati, saranno rimessi; a chi li riterrete, saranno ritenuti”.[476] Noi abbiamo il potere di rimettere i peccati a tutti coloro che peccano contro di noi infatti nella preghiera che Gesù insegnò ai suoi discepoli vi sono queste parole: “Rimettici i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debito­ri”.[477] Come potete vedere noi possiamo rimettere i debiti ai nostri debitori, cioè a quelli che sono in debito verso noi. Ma noi non abbiamo il potere di rimettere i debiti che un uomo ha nei confronti di Dio, perché quello ce lo ha solo Dio.[478] Pure gli scribi lo sapevano questo infatti quando sentirono che Gesù disse a quel paralitico: “Figliuolo, sta’ di buon animo, i tuoi peccati ti sono rimessi”,[479] dissero: “Perché parla costui in questa manie­ra? Egli bestemmia! Chi può rimettere i peccati, se non un solo, cioè Dio?”.[480] Essi però non riconoscendo in Gesù Cristo l’Iddio d’Israele, sbagliarono nell’affermare che egli bestemmiava. Ma Gesù dimostrò loro di avere il potere di rimettere i peccati, e perciò di essere Dio, dicendo al paralitico di alzarsi, di pren­dere il suo lettuccio e di andarsene a casa sua.[481] I suoi discepoli però, quantunque lo videro e lo sentirono rimettere i peccati agli uomini, dopo che lui fu assunto in cielo non se ne andarono in giro a farsi confessare i peccati dai peccatori ed a rimetter­glieli, e neppure a farsi confessare i peccati dai credenti per rimetterglieli, e questo perché non avevano inteso le parole che Gesù aveva loro rivolto nella maniera errata in cui hanno inteso alcuni in seguito. Abbiamo infatti dimostrato poco fa come non ci sono esempi o passi nel Nuovo Testamento che attestino una simile procedura.

La confessione auricolare fatta al prete è chiamata anche il sacramento della riconciliazione perché secondo il catechismo cattolico il prete mediante la sua assoluzione riconcilia l’uomo con Dio. Ma questa affermazione è falsa perché l’uomo può ricon­ciliarsi con Dio direttamente mediante Cristo Gesù senza il bisogno di nessun mediatore terreno. I teologi papisti per soste­nere che i preti hanno in loro la parola della riconciliazione per riconciliare gli uomini con Dio come l’avevano prima di loro gli apostoli prendono le seguenti parole di Paolo ai Corinzi: “Iddio... ha posta in noi la parola della riconciliazione”;[482] ma noi facciamo notare che questa parola della riconciliazione che avevano gli apostoli non si riferisce affatto alla formula asso­lutoria dei preti: ‘Io ti assolvo dai tuoi peccati nel nome del Padre e del Figliuolo e dello Spirito Santo’, che essi rivolgono ai confessanti dopo avere udito la loro confessione, perché gli apostoli non confessavano e non assolvevano né i peccatori e neppure i credenti quando essi si rendevano colpevoli ma li esortavano a ravvedersi e a fare pace con Dio. L’apostolo Paolo spiega in che consisteva questa parola della riconciliazione quando dice: “Noi dunque facciamo da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro; vi supplichiamo nel nome di Cristo: Siate riconciliati con Dio”.[483] Gli apostoli quindi non obbligavano gli uomini a confessarsi a loro, come fanno i preti, ma li esortavano a riconciliarsi con Dio, il che è tutt’altra cosa! Loro facevano la loro ambasciata; mentre Colui che li aveva mandati assolveva coloro che accettavano le loro parole. Ma non è forse questa una ulteriore prova che la confessione auricolare al prete non ha fondamento scritturale e che per sostenerla i teolo­gi cattolici romani fanno ricorso ad arbitrarie interpretazioni scritturali?

Veniamo ora agli altri passi del Nuovo Patto che a dire dei teologi catto­lici romani confermano la confessione al prete; quello di Marco che dice: “Ed erano da lui battezzati nel fiume Giorda­no, confessando i loro peccati”;[484] quello scritto negli Atti degli apostoli che dice: “E molti di coloro che aveano creduto, venivano a confessare e a dichiarare le cose che aveano fatte”;[485] quello di Giacomo che dice: “Confessate dunque i falli gli uni agli altri”;[486] e quello che dice che dopo che Lazzaro uscì dal sepolcro Gesù disse: “Scioglietelo, e lasciatelo andare”.[487] Ora, ma noi domandiamo ai teologi papisti: ‘Ma dov’è qui la con­fessione fatta all’uomo per ricevere l’assoluzione? Noi non la vediamo. Ma non la vediamo non perché abbiamo gli occhi chiusi, ma perché essa non c’è. Vediamo quindi ora di dimostrare come i suddetti passi non hanno nulla a che fare con la confessione al prete.

Nel caso del battesimo di Giovanni gli uomini si pentivano dei loro peccati e li confessavano a Dio e non a Giovanni. E poi, per rispondere come si conviene ai teologi papisti, diciamo anche che Giovanni non era un apostolo, e quella confessione quei Giudei la fecero prima di essere battezzati (mentre la confessione cattoli­ca si deve fare dopo il battesimo), ed ancora prima che Gesù dicesse ai suoi discepoli; “A chi rimetterete i peccati, saranno rimessi”,[488] e la fecero pubblicamente e non privatamente come invece viene fatta la confessione al prete; tutte cose queste che annullano nella maniera più evidente la loro stessa interpreta­zione data a questo passo.

Nel caso di quei credenti che ad Efeso confessarono le cose che avevano fatte essi non le vennero a confessare agli apostoli per ottenere la remissione dei loro peccati, perché dato che avevano già creduto avevano già ottenuto la remissione di tutti i loro pecca­ti mediante il nome di Gesù Cristo secondo che è scritto: “Di lui attestano tutti i profeti che chiunque crede in lui riceve la remission de’ peccati mediante il suo nome”.[489] Essi vennero per raccontare le cose malvagie che avevano fatte prima di credere nel Signo­re, per fare comprendere quanta misericordia Dio aveva usata verso di loro perdonandogli tutti quei loro peccati. Questo è quello che ancora oggi viene fatto in mezzo a noi da coloro che hanno creduto. Come potete vedere in questi suddetti passi non v’è la minima prova in favore della confessione privata fatta al prete e della sua obbligatorietà.

Per ciò che concerne le parole di Giacomo: “Confessate dunque i falli gli uni agli altri”,[490] esse sono in perfetta armonia con gli insegnamenti del nostro Signore, e non sono per nulla a favore della confessione al prete come invece sostengono molti teologi cattolici romani (non tutti perché c’è qualcuno che ha capito che le parole di Giacomo non si riferiscono alla confes­sione al prete), e questo perché Giacomo non ha detto ai fedeli di andarsi a confessare ad una casta sacerdotale per ottenere l’assoluzione divina; ma ha detto loro di confessare a vicenda i loro propri peccati infatti dice “gli uni agli altri”. Le parole di Giacomo sono in armonia con le seguenti parole di Gesù: “Badate a voi stessi! Se il tuo fratello pecca, riprendilo; e se si pente, perdonagli. E se ha peccato contro te sette volte al giorno, e sette volte torna a te e ti dice: Mi pento, perdona­gli”;[491] quindi é giusto che un fratello che pecca contro un altro fratello vada a confessare il proprio fallo al fratello a cui ha fatto torto chiedendogli il perdono perché questo ha fondamento scritturale. E’ giusto pure, secondo le parole di Giacomo, nel cospetto di altri fedeli riconoscere i propri falli per umiliarsi nel cospet­to di Dio e davanti agli stessi fedeli. Infine occorre dire che talvolta un credente che vuole ricevere una parola di consolazione o di incoraggiamento dal proprio pastore può andargli a confessare un suo peccato; ma questo, lo ribadiamo, egli non lo fa perché pensa che il pastore ha il potere di assolverlo da parte di Dio, ma solo per aprire il suo cuore nel cospetto di un fratello maturo dal punto di vista spirituale che può dargli dei retti consigli e pregare assieme a lui.

Ed infine veniamo alle parole che Gesù rivolse ai Giudei dopo che Lazzaro uscì dal sepolcro avendo i piedi e le mani legati da fasce e il viso coperto d’uno asciugatoio. Secondo i teologi papisti dopo che gli uomini risorgono dalla morte spirituale mediante il battesimo hanno bisogno di essere sciolti e slegati dai peccati che commettono. E questa potestà di sciogliere i loro peccati la possiede il prete in virtù delle parole che Gesù rivolse ai suoi discepoli: “Tutte le cose che avrete sciolte sulla terra, saranno sciolte nel cielo..”![492] Ci limitiamo a dire che in quelle parole di Gesù noi non vediamo affatto il potere che hanno i sacerdoti cattolici di assolvere i peccatori dai loro peccati. Vederci la loro confessione sarebbe come vedere il papato nelle parole di Gesù a Pietro: “Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa..”.[493] L’inter­pretazione che i teologi papisti danno a quel passo per sostenere il potere di rimettere i peccati che hanno i sacerdoti è falsa perché Colui che ha il potere di rimettere i peccati a coloro che sono risuscitati con Cristo è solo Dio.

 

La confessione della specie, del numero e delle circostanze dei peccati è inutile

 

Secondo la Scrittura per otte­nere la remissione dei peccati da Dio non è affatto necessario specificare a Dio la specie, il numero e le circostanze dei peccati e di questo ne abbiamo una conferma nell’invocazione che il pubblicano fece nel tempio a Dio; egli disse solo: “O Dio, sii placato verso me peccatore”;[494] e Dio lo perdonò perché egli scese a casa sua giustificato.

Anche la parabola del figliuol prodigo conferma che la confessio­ne a Dio non ha bisogno della specificazione della specie, del numero esatto o approssimativo di essi, e delle circostanze dei peccati: il figliuol prodigo quando tornò dal padre gli disse: “Padre, ho peccato contro il cielo e contro te; non son più degno d’esser chiamato tuo figliuolo”,[495] e il padre lo perdonò perché disse ai suoi servitori di rivestirlo con la veste più bella, di mettergli un anello al dito, di calzarlo e di menare fuori il vitello ingrassato e di ammazzarlo per mangiarlo. Nessu­na confessione della specie e del numero e delle circostanze dei suoi peccati fu richiesta dal padre; eppure quel giovane aveva vissuto per molto tempo dissolutamente, aveva speso la sua so­stanza con le meretrici, e ne aveva di peccati e di particolari da raccontare. Non ci fu bisogno di manifestarli; così anche il peccatore che si accosta a Dio non ha bisogno di confessare a Dio tutte le circostanze di ogni suo peccato, perché Dio non glielo richiede. Che egli lasci i suoi iniqui pensieri, che egli creda con il suo cuore nel Vangelo; e allora egli otterrà misericordia da Dio il quale gli cancellerà tutti i suoi peccati e non si ricorderà più di essi!

Nel Vangelo troviamo anche che Gesù rimise i peccati a dei pecca­tori senza che loro gli avessero fatto la lista di tutti i pecca­ti che avevano commesso e le circostanze che li riguardavano, anzi, senza neppure che essi glieli avessero confessati. Alla donna colta in adulterio che i Farisei gli avevano menata Gesù disse: “Neppure io ti condanno; và e non peccar più”;[496] alla donna peccatrice che era in casa del Fariseo di nome Simone egli disse: “I tuoi peccati ti sono rimessi”,[497] perché questa si umiliò davanti al Signore anche piangendo; all’uomo paralitico che gli portarono gli disse: “O uomo, i tuoi peccati ti sono rimessi”[498] senza che questo gli enumerasse tutti i suoi peccati e tutte le circostanze che li accompagnavano.

Infine Gesù ci ha detto, a noi suoi discepoli, di dire al Padre: “Rimettici i nostri debiti”,[499] senza specificare uno per uno i peccati e tutte le cose che concernono i nostri peccati, perché quello che Dio richiede da noi è che noi ci pentiamo sinceramente davanti a lui e gli chiediamo perdono.

 

Noi ci siamo confessati a Dio ottenendo il perdono dei peccati

 

Davide, quando il profeta Nathan andò da lui per riprenderlo e annunziargli la punizione di Dio contro di lui, disse a Nathan: “Ho peccato contro l’Eterno”,[500] ma non gli confessò di avere pecca­to per essere da lui perdonato, ma perché riconobbe di avere fatto ciò che é male agli occhi di Dio. Davide fece la confessio­ne delle sue iniquità a Dio, infatti leggiamo nel cinquantunesimo salmo che egli invocò Dio dicendogli: “Abbi pietà di me, o Dio, secondo la tua benignità; secondo la moltitudine delle tue com­passioni, cancella i miei misfatti. Lavami del tutto della mia iniquità e nettami del mio peccato! Poiché io conosco i miei misfatti, e il mio peccato é del continuo davanti a me. Io ho peccato contro te, contro te solo, e ho fatto ciò ch’é male agli occhi tuoi; lo confesso, affinché tu sia riconosciuto giusto quando parli, e irreprensibile quando giudichi”.[501] Davide fu esau­dito da Dio infatti Nathan gli disse: “E l’Eterno ha perdonato il tuo peccato; tu non morrai”,[502] ma badate che non fu Nathan il profeta a rimettergli il suo peccato usando qualche formula ma fu Dio. Il profeta disse a Davide la parola che egli aveva rice­vuto da Dio. Anche noi un giorno, come Davide, abbiamo confessato le nostre iniquità a Dio, e lui, nella sua fedeltà, ci ha perdonati purifi­candoci la nostra coscienza da tutte quelle opere morte di cui essa era contaminata. Questo lo diciamo per esperienza diretta; non ci fu bisogno di qualche mediatore terreno per ottenere la remissione dei nostri peccati, perché la ottenemmo direttamente da Dio mediante il Signore nostro Gesù Cristo che siede alla sua destra.

Coloro che invece vanno a confessare i loro peccati al prete, reputato da loro colui che fa il tramite tra Dio e loro, ricevono sì l’assoluzione che, secondo il catechismo cattolico ‘è la sentenza con cui il sacerdote, in nome di Gesù Cristo, rimette i peccati al penitente (dicendo: Io ti assolvo dai tuoi peccati nel nome del Padre e del Figliuolo e dello Spirito Santo, Così sia)’,[503] ma sta di fatto che i loro peccati non spariscono mai dalla loro coscienza; perché? Perché essi non li confessano a Dio ma ad un uomo che non può fare nulla per toglierglieli. Se molti Cattolici romani che osservano queste pratiche religiose nella loro ignoranza ma anche con sincerità d’animo mostrassero in Dio la stessa fiducia che mostrano nei preti allora sì che otterreb­bero la remissione dei loro peccati e nuova vita dal Signore, e uscirebbero da questa organizzazione per unirsi ai riscattati, ma purtroppo essi, accecati da questa religione, vanno a confessarsi a chi non può fare nulla per loro.

O uomini e donne che giacete nelle tenebre e che venite guidati da gente che cammina nelle tenebre, rientrate in voi stessi, accostatevi al Signore confessandogli i vostri peccati e lui si avvicinerà a voi e vi purificherà la vostra coscienza dalle opere morte mediante il sangue dell’Agnello. Allora sì che sarete giustificati dalle vostre iniquità, e otterrete pace con Dio; allora sì che non vi sentirete più spinti ad andare a confessarvi dal prete!

La via per ottenere il perdono dei peccati da Dio sia per gli increduli che per i credenti

 

Come abbiamo potuto vedere quantunque venga detto che il sacramento della penitenza è di istituzione divina, pure l’uomo che lo riceve non potrà mai essere sicuro di essere perdonato, lavato appieno dai suoi peccati, e perciò non potrà giammai essere sicuro di andare in paradiso alla sua morte. Che religione vana è quella cattolica; dice ai suoi seguaci, credi queste verità rivelate da Dio e fai tutte queste cose che ti sono ordinate perché esse sono prescritte da Dio per il perdono dei tuoi peccati, e poi lancia l’anatema contro chi, dopo avergli ubbidito, ostenterà certezza di remissione dei suoi peccati, e ardirà dire di essere sicuro di essere salvato!! Non dovrebbe farvi seriamente riflettere o Cattolici romani tutto questo sull’opportunità di continuare ad andare a confessarvi dal prete e di appoggiarvi sulle opere di penitenza e sulle indulgenze? Ma quando è che rientrerete in voi stessi e capirete che questa via prescrittavi dai vostri preti per farvi riconciliare con Dio è vana perché non vi assicura la certezza assoluta del perdono di tutti i vostri peccati con la relativa certezza di andare in paradiso subito dopo morti, ma vi continua a lasciare nel buio più cupo?

La via per ottenere il perdono prescritta da Dio in Cristo Gesù è questa. Per i peccatori è sufficiente che si ravvedono e credano nel nome di Cristo. Gesù prima di morire disse: “E’ compiuto”;[504] quindi il prezzo del riscatto è stato da lui pagato appieno; al peccatore non rimane quindi nessuna opera di penitenza da fare per ottenere la remissione dei suoi peccati. Gli rimane solo di ravvedersi e di credere nel sacrificio di Cristo; questo è quello che gli rimane di fare. Egli non deve fare la Via Crucis, o visite a basiliche in giorni stabiliti, egli non deve recitare il rosario, egli non deve salire in ginocchio la cosiddetta scala santa di Roma, o fare qualche altra cosiddetta opera di penitenza perché codeste cose non giovano a nulla; servono solo a fargli perdere tempo e dena­ro! La pena per i nostri peccati l’ha scontata Cristo Gesù sulla croce del Calvario quando morì carico delle nostre iniquità perciò l’uomo se vuole ricevere il perdono dei suoi peccati deve soltanto chiederlo a Dio con un cuore rotto e lo otterrà. Come fece quel pubblicano nel tempio che si batteva il petto e diceva: “O Dio, sii placato verso me peccatore!”[505] e scese a casa sua giustificato. Quindi il perdono dei peccati è gratuito, totalmente gratuito in ragione della sovrabbondante grazia di Dio secondo che é scritto: “Tutti hanno peccato e son privi della gloria di Dio, e son giustifi­cati gratuitamente per la sua grazia, mediante la redenzione che è in Cristo Gesù; il quale Iddio ha prestabilito come propizia­zione mediante la fede nel sangue d’esso, per dimostrare la sua giustizia, avendo Egli usato tolleranza verso i peccati commessi in passato..”.[506] Non c’é niente da pagare perché non c’é niente da guadagnarsi; non c’é niente che si possa meritare perché altri­menti “grazia non é più grazia”.[507] Ma la chiesa romana con la que­stione sulle penitenze e sulle indulgenze riesce a fare credere alle persone che i propri peccati possano essere espiati facendo delle opere; questo è grave perché così le persone credono che il sacrificio espiatorio di Cristo non sia sufficiente per ottenere la remissione dei propri peccati. Ah! Hanno annullato la grazia di Dio, hanno calpestato i meriti di Cristo; e perciò il Vangelo non è più la buona novella della pace in cui basta credere per essere riconciliati con Dio, ma un messaggio privato del suo potere salvifico, perché per ottenere la remissione dei peccati non è più sufficiente credere in esso, ma bisogna fare tante e tante cose; bisogna seguire insomma la via delle opere e non quella della fede.

Anche per coloro che invece sono stati già perdonati, se cadono in qualche fallo, è sufficiente che li confessino direttamente a Dio. Questo perché Cristo mediante la sua morte ha espiato già tutti i nostri peccati. Il prezzo lo ha già pagato appieno lui.

Adesso vogliamo citare alcune Scritture che attestano che il sacrificio di Cristo è perfetto e che non rimane nulla da espia­re, nulla da soddisfare per coloro che hanno creduto in Lui.

-  Paolo dice ai Colossesi: “E voi, che eravate morti ne’ falli e nella incirconcisione della vostra carne, voi, dico, Egli ha vivificati con lui, avendoci perdonato tutti i falli..”;[508] ed ai Corinzi: “E tutto questo vien da Dio che ci ha riconciliati con sé per mezzo di Cristo”.[509]

-  Lo scrittore agli Ebrei dice: “Noi siamo stati santificati, mediante l’offerta del corpo di Gesù Cristo fatta una volta per sempre”,[510] ed anche: “Con un’unica offerta egli ha per sempre resi perfetti quelli che son santificati”.[511]

Qualcuno dirà: Ma queste parole si riferiscono ai peccati commes­si prima di credere in Cristo che ci sono stati rimessi mediante la sola fede in lui!’. E’ vero, ma rimane il fatto che è sempre in virtù del perdono acquistatoci da Cristo sulla croce che i peccati commessi dopo la nostra conversione ci vengono rimessi senza compiere nessuna soddisfazione sacramentale, ma solo con­fessandoli a Dio secondo che è scritto: “Se confessiamo i nostri peccati, Egli è fedele e giusto da rimetterci i peccati e purifi­carci da ogni iniquità”.[512] Al bando dunque la penitenza della chiesa cattolica romana; al bando dunque questa sua diavoleria, abilmente travestita da sacramento di Cristo, che non fa altro che fare passare il sacri­ficio di Cristo per inutile, per insufficiente. E poi parlano di fede, e poi parlano di grazia; ma noi diciamo: Ma dov’è la fede e la grazia in questa religione del fare, in questa religione che dice in sostanza fai da te tutto il possibile per salvarti e vedrai che Dio ti verrà incontro perché sarà costretto e obbligato a perdonarti? Avete compreso allora perché quando i teologi cattolici parlano di fede e di grazia, ne parlano sempre in maniera molto complicata, ambigua, e distorta, facendo capire che rimane sempre e ripeto sempre da fare qualcosa all’uomo? Perché essi alla fin fine devono sempre fare uscire da qualche parte le opere di penitenza, le indulgen­ze, ed il tesoro della Chiesa da cui appunto tira fuori queste infami indulgenze. A proposito di questo tesoro: avete notato che esso è formato oltre che dai meriti di Cristo anche dai meriti di Maria e dei santi? Ma ditemi: non è forse questa l’ulteriore prova che per loro i meriti acquistati da Cristo a caro prezzo sulla croce non sono sufficienti a salvarci? Non è abbastanza chiaro che per loro le sofferenze di Cristo non sono per nulla sufficienti da sole a rimettere i peccati agli uomini con tutta la loro pena eterna?

Diffidate dunque di tutti i discorsi sulla fede e sulla grazia e sui meriti di Cristo tenuti dai teologi papisti; perché dietro di essi si nasconde un altro Vangelo, non quello della grazia. Essi predicano un altro Vangelo impotente a salvare; essi predicano una remissione dei peccati vana e illusoria. Perciò l’anatema lanciato dal santo apostolo Paolo: “Se alcuno vi annunzia un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anatema”[513] è diretto pure contro loro.

Il Giubileo e la Via Crucis sono invenzioni umane

 

Quando ho parlato delle indulgenze ho accennato al Giubileo e alla Via Crucis. E dato che di esse si sente sovente parlare (soprattutto del Giubileo in questi tempi) voglio brevemente spiegare in che cosa consistono e confutarle.

Il Giubileo cattolico romano, chiamato anche Anno Santo, è una solenne indulgenza plenaria che viene concessa dal papa. Esso fu inventato da Bonifacio VIII (1294-1303) nel 1300. Con una sua bolla decretò che ogni cento anni chi avesse visitato ‘la basilica di San Pietro e quella di San Paolo in Roma’, e fosse in grazia, cioè assolto dai peccati, avrebbe guadagnato il condono di tutta la pena che avrebbe dovuto soffrire in purgatorio per i peccati commessi.[514] Clemente VI (1342-1352) ridusse il Giubileo ad ogni cinquanta anni, e così il secondo Giubileo fu celebrato nel 1350. Urbano VI (1378-1389) lo ridusse ulteriormente a trentatré anni in memoria degli anni che Gesù visse in terra. Infine Paolo II (1464-1471) ordinò che il Giubileo si celebrasse ogni venti­cinque anni e tale è rimasto da quel tempo l’intervallo di tempo tra un Giubileo e l’altro. Secondo quello che dice l’Enciclopedia Cattolica le condizioni solite ad apporsi per l’acquisto del Giubileo ordinario sono la confessione, la comunione, la visita a determinati luoghi di culto della chiesa cattolica e la recita di alcune preghiere. Dal 1950 non è più indispensabile venire a Roma per lucrare questa indulgenza. Nel Dizionario storico del papato si legge infatti che in quell’anno la costituzione apostolica Par annum sacrum proclamò il carattere universale dell’indulgenza giubilare per cui ‘non fu più indispensabile compiere il viaggio a Roma, essendo gli ordinari autorizzati a designare in ciascuna città episcopale, per le visite prescritte, la cattedrale e due altre chiese od oratori in cui il culto si celebrava regolarmente’.[515]

Per quanto riguarda il Giubileo occorre dire che benché nella legge di Mosè si parli di un giubileo ordinato da Dio, quello cattolico non ha nulla a che fare con esso. Ricordiamo in che cosa consisteva il giubileo giudaico. Dio disse a Mosè: “Santifi­cherete il cinquantesimo anno, e proclamerete l’affrancamento nel paese per tutti i suoi abitanti. Sarà per voi un giubileo; ognun di voi tornerà nella sua proprietà, e ognun di voi tornerà nella sua famiglia. Il cinquantesimo anno sarà per voi un giubileo; non seminerete e non raccoglierete quello che i campi produrranno da sé, e non vendemmierete le vigne non potate”.[516] In quell’anno quindi, secondo la legge, chi a motivo della sua povertà aveva negli anni precedenti venduto una sua proprietà, ritornava in possesso della sua proprietà; e parimente anche chi a motivo della povertà si era venduto come schiavo a uno dei suoi fratelli in quell’anno tornavo libero. Questo giubileo era l’ombra di ciò che doveva avvenire quando sarebbe venuto Cristo; perché come al giubileo lo schiavo tornava in libertà così con la venuta di Cristo coloro che erano venduti schiavi al peccato sarebbero stati affrancati dal peccato median­te l’Evangelo della pace. Ma i papi che sapevano come sfruttare le ombre della legge per arricchirsi, ecco che hanno preso il giubileo giudaico e ne hanno fatto un giubileo che da un lato libera il Cattolico da tutta la cosiddetta pena che deve scontare in purga­torio e dall’altro fa affluire nelle casse del papato ingentissi­me somme di denaro. Che inganno!

La devozione della Via Crucis fu inventata dai frati Francescani nel quindicesimo secolo, e divenne d’uso generale nel diciottesi­mo secolo quando i papi la permisero a tutte le chiese. La devo­zione consiste nel soffermarsi da soli o in processione davanti a quattordici quadri (chiamati stazioni e che sono appesi ai muri) uno dopo l’altro recitando certe preghiere stabilite. Le quattor­dici stazioni rievocano degli eventi accaduti a Gesù lungo la strada per il Calvario e la sua morte e sono così divise: 1) Processo e condanna a morte; 2) Gesù prende la croce; 3) Prima caduta; 4) Incontro con la Madre; 5) Simone di Cirene; 6) Incon­tro con la Veronica; 7) Seconda caduta; 8) Incontro con le pie donne; 9) Terza caduta; 10) Gesù è spogliato; 11) Crocifissione; 12) Morte di Gesù; 13) Deposizione dalla Croce; 14) Nel sepolcro. A riguardo di questo ‘pio’ esercizio si legge nel libro L’Aggiornamento delle Indulgenze: ‘Resta quindi valido e vivamente raccomandato il pio esercizio della Via Crucis. Fatto bene, produce frutti copiosi di fervore e di santità. Esso rinno­va la memoria delle sofferenze che Cristo Signore ha sopportato, portando la Croce, lungo la via che dal pretorio di Pilato porta al monte Calvario, dove egli ha offerto la sua vita per la nostra redenzione. (...) Due sole cose sono obbligatorie per il pio esercizio: 1) passare da una ‘stazione’ all’altra; 2) meditare o considerare la Passione del Signore. Tutto il resto è lasciato alla pietà e devozione di ciascuno (...) L’aggiunta di qualche preghiera vocale, benché non sia prescritta, viene quasi spontanea ed è molto utile per preparare e per accompagnare la meditazione, in modo simile a quanto si fa nel S. Rosario. Chi fa il pio esercizio della Via Crucis può acquistare l’indulgenza plenaria. S’intende che, come per ogni altra indulgenza plenaria, deve anche adempiere le tre condizio­ni: confessione sacramentale, comunione eucaristica e preghiera secondo le intenzioni del Sommo Pontefice’[517] E’ scritturale questa devozione? Affatto, perché nella Scrittura non troviamo in verun luogo che i discepoli erano dati ad una simile pratica. E poi occorre dire che alcuni degli episodi rievocati in queste ‘stazioni’ che concernono la passione di Gesù e che i Cattolici quindi hanno impressi nella loro mente non sono scritti nella Parola di Dio e ci riferiamo ai numeri 3, 4, 6, 7, 9.

La confessione fatta al prete è una scuola di perversione

 

Tutti coloro che dopo avere fatto i preti nella chiesa cattolica romana sono usciti da essa perché Dio ha dato loro il ravvedimento e la remissione dei peccati, attestano in svariate maniere che la confessione è un pantano fangoso nel quale i preti si trastullano senza poterne uscire fuori; ma anche che essa fomenta ogni sorta di malvagità e di impurità sia nella vita dei preti che nella vita di coloro che vanno a confessarsi da loro, in special modo nelle penitenti sia esse nubili che sposate.

Vediamo di esaminare le ragioni per cui la confessione al prete è dannosa sia al prete che a coloro che vanno a confessarsi da lui.

Il prete è celibe ed ha fatto il voto di castità prima di entrare nell’ordine sacerdotale; gli è stato detto che deve mantenersi puro e immacolato e che non può sposarsi perché la relazione carnale con una donna, quantunque sia la propria moglie, non s’addice ad una persona santa come è il sacerdote che fa da intermediario fra Dio e gli uomini che sono sulla terra!

Ma che succede al prete una volta che egli si mette nel confes­sionale? Succede che egli secondo quello che gli viene ordinato dalla teologia romana deve domandare alle donne delle cose di cui non si deve parlare secondo che è scritto: “Ma come si conviene a dei santi, né fornicazione, né alcuna impurità, né avarizia, sia neppur nominata fra voi....”,[518] e per lui diventa impossibile mantenersi puro perché comincia a sentire tante cose turpi che suscitano in lui le più violente passioni. Ma perché egli deve fare loro tutte quelle domande impertinenti? Perché gli è stato detto che per dare l’assoluzione egli deve conoscere la specie, il numero e le circostanze dei peccati commessi dalla penitente! E quali sono perciò le funeste conseguenze di tutto ciò? Che i preti si abbandonano alla fornicazione e all’adulterio; fomentan­do scandali nelle loro parrocchie. Il tempo verrebbe meno se dovessimo parlare di tutti gli scandali che i preti, sotto la spinta della confessione, fomentano! Ci limitiamo a dire che molte giovani e molte donne sposate che andavano a confes­sarsi dai preti hanno subito delle violenze carnali proprio in seguito alle domande perverse che faceva loro il prete e a cui essi dovevano rispondere per fare, come prescrive il catechismo romano, una buona e completa confessione. Ma qui è bene precisare che quello che succede ai preti succede­rebbe anche a qualsiasi ministro del Vangelo sposato se comin­ciasse a sentirsi dire da delle donne le stesse cose che sentono i preti dalle loro penitenti. Perché? Perché la carne è debole, e all’udire certe cose viene eccitata a peccare. Sì, è vero che ai preti viene ordinato di essere prudenti e di venire incontro alle penitenti quando devono domandargli certe cose; ma in questi casi la prudenza, non importa quanto grande sia, non serve a nulla. Possiamo dire che queste raccomandazioni ecclesiastiche date a questi schiavi della chiesa romana possono essere paragonate alle raccomandazioni a non sporcarsi che una persona fa all’altra dopo averla gettata in un pantano fangoso!

Inoltre che dire del grande imbarazzo nel quale si trovano le donne nel dover rispondere a certe domande del prete? E’ naturale che sia così perché l’uomo o la donna non gradisce affatto che gli vengano fatte certe domande. Ma esse si trovano ad un bivio: o rispondere e rivelare impurità ad un uomo celibe, o rifiutarsi di rispondere e venire così privati dell’assoluzione sacerdotale con la certezza di andare all’inferno in caso di morte! Solita­mente esse optano per la prima decisione e aprono il loro cuore a questi uomini corrotti che non aspettano altro di entrare nel confessionale per pascersi di queste turpitudini che le loro penitenti gli vanno a dire! E ne mietono i frutti amari pure loro dopo; perché la loro confessione si rivela un peso gravoso e una grande vergogna per loro. Una cosa veramente deprimente! Si contaminano loro stesse, e contaminano la mente ed il corpo del loro interlocutore, che non essendo sposato comincia ad ardere ancora maggiormente nel sentirle parlare e cade in tentazione.

Ma la confessione fatta al prete è anche una forma di spionaggio che la chiesa romana esercita sui suoi membri. In questa maniera il prete viene a conoscere i segreti delle famiglie, perché con le sue domande riesce a sapere quello che molti non verrebbero mai a sapere su Tizio o su Caio. E’ come se il prete fosse del continuo dietro alla porta di casa a guardare dal buco della serratura; come se sentisse tutto quello che i loro penitenti dicono in casa loro per mezzo di microfoni spia, o come se vedesse tutto quello che fanno in privato per mezzo di una tele­camera accesa giorno e notte!

Ma il prete nel confessionale oltre a dovere fare la spia per conto del Vaticano, deve pure dare dei suggerimenti alle persone che vanno da lui a confessarsi per fare sì che essi seguitino i precetti della chiesa romana senza sviarsene né a destra e né a sinistra. E così suggerirà alle giovani o ai giovani, in una maniera molto astuta e abile, di entrare negli ordini religiosi o in qualche istituto religioso della chiesa romana; ad altri suggerirà di sposarsi Tizio al posto di Caio; ad altri ancora dirà di votare quel politico anziché l’altro. Sì perché il con­fessionale è anche un luogo dove i preti fanno politica, cioè la politica del papa; la politica che conviene al papato per conti­nuare a governare incontrastato su centinaia di milioni di persone.

Ed infine il confessionale serve alla curia romana per tenere lontane le persone dalla verità; è risaputo infatti che i preti, nei confessionali, mettono in guardia i loro penitenti da coloro che hanno conosciuto la verità, cioè da noi. ‘Sono una setta’, dicono loro; ‘Guardatevi dal frequentarli per non ritrovarvi all’inferno per l’eternità con loro’, proseguono. E così i Cattolici romani vengono tenuti lontani dalla verità!

Ecco che cosa è la confessione al prete; non un sacramento ma un inganno camuffato da sacramento! O Cattolici romani uscite dalle segrete; uscite dal mezzo di questa meretrice che si prostituisce coi popoli della terra; andate ai piedi del Signore e chiedetegli con un cuore rotto di perdonarvi e lui lo farà perché egli è pronto a perdonare. Sappiate che non potrete mai trovare la pace andandovi a confes­sare al prete; il riposo dell’anima è lungi da coloro che vanno dal prete a confessarsi. Gesù ha detto: “Venite a me, voi tutti che siete travagliati ed aggravati, e io vi darò riposo”;[519] quindi è a lui che dovete venire se volete trovare il vero riposo alle anime vostre e a nessun altro. Chi ha orecchi da udire oda.

L’ESTREMA UNZIONE

La dottrina dei teologi papisti

 

L’estrema unzione è il sacramento per i malati gravi, con esso il malato riceve piena remissione di tutti i suoi peccati e viene guarito se questo rientra nel volere di Dio. Lo amministra il sacerdote con l’olio santo.

‘L’Estrema Unzione è un vero e proprio sacramento istituito da Cristo. - E’ di fede’.[520] Per quale motivo è stato istituito da Cristo? I teologi papisti affermano che ‘l’Estrema Unzione, detta pure Olio santo, è il Sacramento istituito a sollievo spirituale e anche corporale dei cristiani gravemente infermi’.[521] Secondo loro infatti mediante questo sacramento il malato che versa in gravi condizioni di salute riceve le grazie necessarie al suo stato, in modo partico­lare sollievo e conforto, la forza per vincere le insidie e gli assalti del diavolo, remissione completa di tutti i suoi peccati, la grazia di morire santamente e talora, se é nei disegni di Dio, anche la salute del corpo. Citiamo le parole del Perardi a propo­sito degli effetti di questo loro sacramento: ‘L’Estrema Unzione accresce la grazia santificante; cancella i peccati veniali e anche i mortali che l’infermo, attrito, non potesse confessare; dà forza per sopportare pazientemente il male, resistere alla tentazione e morire santamente e aiuta anche a recuperare la sanità, se è bene per l’anima[522] E per sostenere questo sacramento e i suoi effetti i teologi papisti s’appoggiano sulle seguenti parole di Marco: “E partiti, predicavano che la gente si ravvedesse; cacciavano molti demonî, ungevano d’olio molti infermi e li guarivano”[523] e su quelle di Giacomo: “C’é qualcuno fra voi infermo? Chiami gli anziani della chiesa, e preghino essi su lui, ungendolo d’olio nel nome del Signore; e la preghiera della fede salverà il malato, e il Signore lo ristabilirà; e s’egli ha commesso dei peccati, gli saranno rimessi”.[524]

Colui che amministra questo loro sacramento è il sacerdote il quale unge in forma di croce, con l’olio benedetto dal vescovo (e quindi l’olio ha un certo potere), gli organi dei sensi dell’infermo e dice: Per questa unzione santa e per la sua pietosissima misericordia, il Signore ti perdoni ogni colpa commessa con la vista, con l’udito, ecc. Così sia’. Questo sacramento può essere ministrato solo a persone gravemente malate ed in certi casi anche a persone prive di sensi.

E per difendere questo sacramento il concilio di Trento ha lan­ciato il seguente anatema contro chi non l’accetta: ‘Se qualcuno dirà che il rito e l’uso dell’estrema unzione, così come lo pratica la chiesa cattolica, è in contrasto con quanto afferma san Giacomo apostolo e che, quindi, deve essere cambiato e che può essere tranquillamente disprezzato dai cristiani, sia anate­ma’.[525]

Confutazione

L’estrema unzione non corrisponde all’unzione dell’olio di cui parla il Nuovo Testamento

 

Cominciamo col dire che noi non possiamo affermare che l’unzione dell’olio sia un ordinamento istituito da Cristo Gesù al pari del battesimo e della santa cena. Certo, gli apostoli quando Cristo li mandò a predicare il regno “ungevano d’olio molti infermi e li guarivano”,[526] ma questo non ci porta a considerare l’unzione dell’olio che facevano gli apostoli sugli infermi un ordinamento istituito da Cristo durante la sua vita perché non ne abbiamo le prove. Vogliamo dire con questo che non c’è scritto che Gesù comandò ai suoi apostoli di guarire gli infermi ungendoli d’olio. Lui stesso non unse mai d’olio nessun infermo per guarirlo, ma solo imponeva loro le mani secondo che è scritto: “Egli li guari­va, imponendo le mani a ciascuno”.[527] E talvolta non impose neppure le mani sugli infermi per guarirli, come nel caso dei dieci lebbrosi, e di altri malati. Ma quand’anche gli apostoli unsero gli ammalati per ordine di Gesù, il che non possiamo escludere, l’unzione dell’olio fatta dagli apostoli sugli infermi era fatta esclusivamente per la loro guarigione fisica e non per recargli qualche sollievo spirituale o per la remissione dei loro peccati, o per sopportare paziente­mente il male resistere alla tentazione e morire santamente, mentre per il catechismo cattolico l’unzione viene data princi­palmente per queste ultime ragioni, infatti la guarigione fisica è relegata all’ultimo posto negli effetti di questo loro sacra­mento; e non solo questo, gli apostoli non ungevano d’olio solo i malati molto gravi che erano in pericolo di morte ma tutti gli infermi non importa che malattia avessero, mentre ‘l’estrema unzione’ della chiesa cattolica romana viene data solo ai malati gravi, perché gli altri ne sono esclusi. Quindi non si può per nulla dire che questo loro sacramento sia stato istituito da Cristo Gesù in quell’occasione quando mandò i suoi apostoli a predicare e a guarire gli infermi. E Bartmann in questo si mostra d’accordo e spiega che in quelle parole di Marco sopra citate dove si dice che gli apostoli ungevano d’olio molti infermi e li guarivano ‘il Concilio di Trento (....) ravvisa una insinuazione, non l’istituzione del sacramento’; ma subito dopo dice ‘Senza dubbio Cristo l’ha istituito per lo meno durante i quaranta giorni precedenti l’Ascensione’.[528] Noi invece diciamo che non si può fare risalire l’istituzione di questo sacramento cattolico neppure a quei quaranta giorni, perché esso non è per nulla in armonia con la dottrina di Cristo e perciò non può essere proceduto da Cristo. Le parole di questo teologo mostrano l’imbarazzo dinanzi all’evidenza che Matteo, Marco, Luca e Giovanni, non parlano dell’istituzione dell’estrema unzio­ne da parte di Cristo; ma dimostrano anche che egli, per l’enne­sima volta, non si è arreso dinanzi all’evidenza ma è voluto ricorrere ad un espediente pure di fare risalire a tutti i costi questo sacramento a Cristo; si tratta dell’espediente dei quaran­ta giorni prima dell’ascensione di Cristo. Espediente a cui tanti nel corso del tempo hanno ricorso per fare risalire a Cristo pratiche e parole contrarie alle sue stesse parole.

Ma veniamo ora alle parole di Giacomo prima citate perché è su di esse che i teologi si appoggiano maggiormente. Per ciò che concerne le parole di Giacomo bisogna dire che all’ammalato viene comandato di chiamare gli anziani della Chiesa di cui lui é membro, e perciò dato che i sacerdoti cattolici non sono degli anziani costituiti dallo Spirito Santo sul gregge di Dio, ma degli uomini morti nei loro falli che conducono altri morti in perdizione, queste parole di Giacomo non si riferiscono affatto a loro. Il Bartmann nel suo libro Teologia Dogmatica cerca invece di dimostrare che gli anziani di cui parla Giacomo sono i sacerdoti della chiesa cattolica romana; ma non ci riesce perché il testo greco parla di presbiteri e non di sacerdoti.[529] In altre parole qui Giacomo non fa riferimento a persone di una casta sacerdotale ma solo agli anziani della Chiesa che sono, paragona­ti ai sacerdoti Cattolici, dei laici. Ma esaminando accuratamente queste parole di Giacomo e confron­tandole con altre Scritture emerge che é inconcepibile che un uomo peccatore che versa in fin di vita possa ottenere la remis­sione dei suoi peccati mediante l’unzione dell’olio e la preghie­ra di un prete, e questo perché la remissione dei peccati il peccatore, anche se sta per morire, la può ottenere solo credendo con il suo cuore nel Figliuolo di Dio secondo che é scritto: “Chiunque crede in lui riceve la remission de’ peccati mediante il suo nome”,[530] e in nessun’altra maniera. Bisogna riconoscere che i Cattolici romani prendendo questo passo per sostenere questa loro dottrina riescono a fare dire alla Scrittura quello che essi vogliono. Vi diciamo, o uomini, che se dal fondo del soggiorno dei morti potessero tornare sulla terra tutti quei Cattolici romani che prima di morire hanno ricevuta l’estrema unzione, essi testimo­nierebbero con grande franchezza che le parole di Giacomo non hanno per nulla il significato che gli dà la chiesa romana. E poi, lo ripeto questo, è bene che si sappia che secondo i teologi cattolici romani questo sacramento non può riceverlo qualsiasi malato, infatti il Perardi nel suo Manuale dice: ‘Il Sacramento è istituito solo per gli ammalati gravi; e che perciò un sano, anche se condannato a morte, o un ammalato che non è in istato grave, non può ricevere questo Sacramento’;[531] il che è in contrasto con le stesse parole di Giacomo (che essi prendono per sostenere questo sacramento) perché Giacomo non ha detto: ‘C’è fra voi qualcuno gravemente infermo? Chiami gli anziani...’, ma: “C’è qualcuno fra voi infermo? Chiami gli anziani della chiesa...”.[532] Perciò, può chiamare gli anziani della Chiesa, affinché essi preghino su lui ungendolo d’olio nel nome del Signore, anche chi ha la febbre, un male di gola, un male di denti, per citare solo alcune delle infermità non gravi. Come potete vedere i Cattolici per sostenere mediante la Scrittura il loro errato dogma dell’estrema unzione cadono in aperta contraddizione con la Scrittura stessa che non menziona nessuna estrema unzione ma solo l’unzione dell’olio per tutti gli ammalati.

Ora, per farvi comprendere come all’impenitente peccatore malato che versa in fine di vita l’estrema unzione non gli può conferire nessun sollievo e non può rimettergli i suoi peccati, vi ricordo queste parole di Elihu: “Se gli uomini son talora stretti da catene se son presi nei legami dell’afflizione, Dio fa lor conoscere la loro condotta, le loro trasgressioni, giacché si sono insuperbiti; egli apre così i loro orecchi ai suoi ammoni­menti, e li esorta ad abbandonare il male. Se l’ascoltano, se si sottomettono, finiscono i loro giorni nel benessere, e gli anni loro nella gioia; ma, se non l’ascoltano, periscono trafitti dai suoi dardi, muoiono per mancanza d’intendimento... così muoiono nel fior degli anni, e la lor vita finisce come quella dei dissoluti”.[533] Quindi, il peccatore che si trova malato gravemente ed é vicino alla fossa può essere guarito da Dio ed ottenere la remissione dei suoi peccati, o solamente la remissione dei pecca­ti, solo se lui si ravvede dei suoi peccati e si umilia davanti a Dio; nel caso contrario, cioè se lui non si sottomette a Dio, non può ottenere né guarigione e neppure remissione dei suoi peccati, ma perirà trafitto dai dardi di Dio. Sì, perché noi crediamo che Dio punisce i peccatori impenitenti facendoli morire anche nel fiore dei loro anni. Se essi non implorano Dio nella loro di­stretta, né l’estrema unzione e neppure qualche altro rito potrà scamparli dalla fossa, e più ancora dalle fiamme eterne: se fosse così come dicono i teologi cattolici romani che il peccatore ottiene la remissione dei suoi peccati prima di morire allora la Scrittura sarebbe annullata, perché al peccatore non sarebbe imposto né di ravvedersi e neppure di credere per essere perdona­to, ma solo di essere unto con dell’olio ‘santo’ nel nome di Gesù.

E poi, noi diciamo, come mai quantunque l’estrema unzione pretenda di rimettere sia i peccati veniali che quelli mortali, chi muore ricevendola deve pur sempre andarsene in purgatorio ad espiare le sue colpe? Non è forse questa la prova che essa non ha il potere che gli attribuiscono i papisti? Ah!.. quanti inganni la chiesa romana ha perpetrato e continua a perpetrare a danno della gente che ignora la verità. In verità, oggi, come allora, vi é una classe di guide cieche a capo di questa organizzazione mondiale (papa, cardinali, vescovi, preti, ecc.) che si può paragonare a quella che sedeva sulla cattedra di Mosè ai giorni di Gesù cioè agli scribi ed ai Farisei. Sì, il paragone è appropriato perché come gli scribi ed i Farisei serra­vano il regno dei cieli davanti alla gente, così anche costoro impediscono ai loro seguaci di entrare nel Regno di Dio.

E poi costoro dicono che Gesù diede le chiavi del regno dei cieli a Pietro, volendo fare capire, che si entra nel regno dei cieli passando da loro perché loro hanno il successore di Pietro con le chiavi del regno dei cieli! Ma noi vi diciamo che né costui e né coloro che sono sotto la sua scia hanno le chiavi del regno dei cieli nelle loro mani; essi hanno il nome di guide, ma nella realtà invece di guidare le persone le traviano perché distruggo­no il sentiero retto per il quale le persone devono passare per essere salvate dai loro peccati. Sono delle guide cieche come lo erano gli scribi e i Farisei al tempo di Gesù, guide cieche che conducono altri ciechi in perdizione. Oggi ancora, a noi che abbiamo conosciuto la verità viene detto dalla Scrittura: “Salvateli, strappandoli dal fuoco”.[534]

Sì, fratel­li, avvertiamo i Cattolici romani annunziandogli il ravvedimento e la remissione dei peccati nel nome del Signore Gesù, pregando Dio affinché dia loro il ravvedimento per ottenere la vita e scampare così alle fiamme del fuoco eterno.

Noi accettiamo l’unzione dell’olio così come ci è insegnata dalla Scrittura

 

Noi crediamo nell’unzione dell’olio ammi­nistrata ai malati che ne fanno richiesta, e crediamo che ungen­doli d’olio nel nome di Cristo Gesù e pregando su loro nel suo nome, essi vengono guariti dalla loro infermità. Innanzi tutto questa unzione va amministrata da parte degli anziani a tutti i malati che ne fanno richiesta; questo significa che non è solo il malato in grave condizioni o in fin di vita ad avere il dovere di chiamare gli anziani della Chiesa, ma qualsia­si malato, anche chi ha un semplice mal di testa, per fare un esempio. Per ciò che riguarda l’olio che si usa nell’amministrare l’unzio­ne agli infermi esso è semplice olio d’oliva, che noi non chia­miamo santo perché la Scrittura non ci autorizza a chiamarlo in questa maniera, e non è stato portato ad essere benedetto da nessun ministro di Dio perché di tale benedizione da dare all’olio dell’unzione dei malati la Scrittura non ne parla. L’olio rappresenta lo Spirito Santo e in esso non c’è nessun potere di guarire l’infermo, infatti non è l’olio che guarisce l’infermo ma il Signore (come non c’è nell’acqua nella quale viene immerso il credente al battesimo il potere di cancellare i peccati).

A conferma di ciò ricordiamo che è scritto che è la preghiera della fede che salverà il malato, ossia la preghiera fatta con fede dagli anziani a Dio; e che è il Signore che lo ristabilirà. Ricordiamo a tale proposito che affinché la guarigione possa verificarsi è necessaria anche la fede del malato; il malato non deve punto dubitare per ricevere la guarigione divina. Diciamo questo perché talvolta si dimentica che non devono credere solo gli anziani che pregano sull’infermo, ma anche l’infermo stesso. Per questo si deve aspettare che sia l’infermo a chiamare gli anziani, e non viceversa; perché è solo quando l’infermo di sua spontanea volontà chiede agli anziani che si preghi su lui che si vede una sicura manifestazione di fede da parte sua. Anche le parole: “E s’egli ha commesso dei peccati, gli saranno rimessi”,[535] sono vere perché oltre alla malattia il Signore fa scomparire dall’infermo anche quei peccati che possono essere la causa della malattia; ma esse, lo ripeto, sono indirizzate a dei credenti e non a degli increduli.

E poi occorre dire che non è l’unzione che rimette i peccati, ma il Signore; e che questa remissione dei peccati è sempre legata al pentimento e alla confessione dei peccati dell’ammalato perché è scritto: “Se confessiamo i nostri peccati, Egli è fedele e giusto da rimetter­ci i peccati e purificarci da ogni iniquità”.[536] Vogliamo dire con questo che il credente malato che chiede agli anziani di ungerlo d’olio, se ha commesso dei peccati, deve accostarsi a Dio con un cuore pentito per i suoi peccati per ottenere la remissione di essi, altrimenti quei peccati gli saranno ritenuti anziché rimes­si.

Abbiamo fatto questo discorso per fare capire che l’unzione degli infermi non è un atto che possiede in sé il potere di guarire e di rimettere i peccati, ed è legato, affinché porti i frutti spiegati da Giacomo, alla fede del malato, degli anzia­ni, e ad un sincero pentimento del malato se questi ha peccato. Nel caso poi un credente si trovi sul letto di infermità e Dio ha deciso di prenderlo con sé in gloria perché è giunta la sua ora, egli per certo sarà consolato dal Signore perché Egli è “l’Iddio d’ogni consolazione, il quale ci consola in ogni nostra afflizio­ne”;[537] sarà sempre il Signore che gli darà la forza per sopportare le sofferenze e lo guarderà dal maligno secondo che è scritto: “Ma il Signore è fedele, ed egli vi renderà saldi e vi guarderà dal maligno”.[538] Per certo un credente non si appoggia sull’unzione dell’olio per affrontare le ultime ore della sua vita e resistere al diavolo, ma egli si appoggerà sulla sua fede sapendo che è solo mediante lo scudo della fede che egli potrà spegnere tutti i dardi infuocati del diavolo.[539]

Per concludere; noi accettiamo l’unzione dell’olio ordinata dall’apostolo Giacomo, ma non come ordinamento istituito da Cristo perché la Scrittura non ci conferma che Cristo abbia detto di farla per ricordare o per significare qualche cosa già avvenuta (a differenza del battesimo e della santa cena); se dovessimo accettarla come ordinamento istituito da Cristo solo perché Giacomo ne parla, dovremmo pure accettare come sacramenti anche il pregare e il salmeggiare perché poco prima lo stesso Giacomo dice: “C’è fra voi qual­cuno che soffre? Preghi. C’è qualcuno d’animo lieto? Sal­meggi”.[540]

L’ORDINE

La dottrina dei teologi papisti

 

L’ordine è il sacramento con cui il prete riceve la potestà di ministrare l’eucarestia e di rimettere i peccati. Il prete che lo riceve non può sposarsi. Ci sono otto ordini nella Chiesa; quattro minori e quattro maggiori. Poi ci sono i cardinali, ed infine il papa; questa è la gerarchia ecclesiastica istituita da Cristo nella sua Chiesa.

L’Ordine è il Sacramento che dà la potestà di compiere le azioni sacre riguardanti l’Eucarestia e la salute delle anime, e imprime il carattere di ministri di Dio’.[541] Il significato di queste parole è che questo sacramento conferisce, a chi lo riceve, la potestà di ‘celebrare la S. Messa, di rimettere i pecca­ti, ecc.’.[542] ‘Ministro dell’Ordine è il Vescovo, che dà lo Spirito Santo e la potestà sacra coll’imporre le mani e consegnare gli oggetti sacri propri dell’Ordine, dicendo le parole della forma prescritta’;[543] ‘Amministrando l’Ordine, il Vescovo impone le mani all’ordinando per esprimere che diviene cosa di Dio, e gli consegna gli oggetti sacri propri dell’Ordine, che pel prete sono il calice col vino e la patena coll’ostia, dicendo le parole della forma prescritta che pel prete sono: ‘Ricevi la potestà di offrire a Dio il Sacrificio pei vivi e pei morti.. Ricevi lo Spirito Santo; saranno perdonati i peccati a chi tu li perdonerai; e saranno ritenuti a chi tu li riterrai’.[544]Per sostenere il sacramento dell’ordine Bartmann afferma questo: ‘Cristo ha trasmesso agli Apostoli il potere di offrire il sacri­ficio e di perdonare i peccati e gli Apostoli l’hanno esercitato subito fin dall’inizio. Tuttavia non si può dimostrare che Cristo si sia servito di un rito esteriore per trasmettere tali poteri. Ciò d’altra parte non era necessario, perché Cristo non è legato ai suoi sacramenti; egli poteva produrne l’effetto con un sempli­ce atto di volontà. Ha però prescritto un rito per questa tra­smissione ai discepoli; lo prova il fatto che essi hanno subito adoperato tale rito - la preghiera e l’imposizione delle mani - il cui effetto era la comunicazione della grazia’,[545] e poi cita gli esempi dei sette diaconi i quali furono presentati agli apostoli i quali dopo avere pregato imposero loro le mani, l’esempio di Barnaba e Saulo ad Antiochia che ricevettero l’imposizione delle mani, degli anziani fatti eleggere da Paolo e Barnaba, dopo avere pregato e digiunato, al ritorno del loro viaggio missionario, e quello di Timoteo che aveva ricevuto il dono di Dio per l’imposi­zione delle mani di Paolo, e un dono quando gli furono imposte le mani dal collegio degli anziani.

Anche qui il concilio tridentino ha lanciato i suoi anatemi contro chi non accetta questo rito; tre di questi dicono: ‘Se qualcuno dirà che nel nuovo Testamento non vi è un sacerdozio visibile ed esteriore, o che non vi è alcun potere di consacrare e di offrire il vero corpo e sangue del Signore, di rimettere o di ritenere i peccati (....) sia anatema’,[546] ‘Se qualcuno dirà che l’ordine, cioè la sacra ordinazione, non è un sacramento in senso vero e proprio, istituito da Cristo signore (...) sia anatema’,[547] ‘Se qualcuno dirà che con la sacra ordinazione non viene dato lo Spirito santo, e che quindi, inutilmente il vescovo dice: Ricevi lo Spirito santo, o che con essa non si imprime il carattere o che chi sia stato una volta sacerdote possa di nuovo diventare laico, sia anatema’.[548] Quindi, per riassumere, i vescovi cattolici in virtù della suc­cessione apostolica, sono i successori degli apostoli, ed hanno quindi l’autorità di ordinare dei preti e dei diaconi e così via, e la loro ordinazione conferisce il carattere indelebile di ministro di Dio.

Ai preti e ai diaconi è imposto il celibato. Vediamo innanzi tutto come il celibato forzoso è stato introdotto nella Chiesa e poi qual’è la dottrina vigente sul celibato nella chiesa romana. Nella Chiesa primitiva non era affatto imposto il celibato né ai vescovi e neppure ai diaconi; anzi bisogna dire che uno dei requisiti che dovevano avere coloro che volevano essere assunti in questi uffici sacri era appunto quello di essere mariti di una sola moglie e di governare bene la propria famiglia. Ma pian piano in mezzo alla Chiesa facendosi strada la dottrina che la cena del Signore era pure il rinnovamento del sacrificio di Cristo, e che i presbiteri quando celebravano l’eucaristia offrivano a Dio la vittima immolata (il corpo di Cristo) per i loro stessi pecca­ti e per quelli del popolo, si fece strada anche l’idea che i presbiteri sposati prima di celebrare l’eucarestia dovevano astenersi dai rapporti coniugali con le loro mogli per presentar­si puri all’eucaristia. Questa idea era sostenuta mediante l’esempio dei sacerdoti leviti sotto l’Antico Testamento, i quali, secondo la legge di Mosè, non potevano accostarsi alle cose sante in stato d’impurità, pena la morte, secondo che è scritto: “Qualunque uomo della vostra stirpe che nelle vostre future generazioni, trovandosi in stato d’impurità, s’accosterà alle cose sante che i figliuoli d’Israele consacrano all’Eterno, sarà sterminato dal mio cospetto”,[549] perché così facendo avrebbero profanato le cose sante. Essi dopo avere avuto rapporti coniugali con le loro mogli (e quindi dopo essersi resi impuri) potevano mangiare delle cose sante solo dopo essersi lavati nell’acqua, e dopo il tramonto del sole secondo che è scritto: “La persona che avrà avuto di tali contatti sarà impura fino alla sera, e non mange­rà delle cose sante prima d’essersi lavato il corpo nell’acqua; dopo il tramonto del sole sarà pura, e potrà poi mangiare delle cose sante, perché sono il suo pane”.[550] E’ chiaro che quando l’eucaristia cominciò ad essere celebrata dai preti ogni giorno si finì coll’imporre l’astensione totale dai rapporti carnali con le mogli a coloro che erano già sposati. Questo risulta dai seguenti canoni del concilio di Elvira (= Granada) del 306: ‘Ai vescovi, ai preti e ai diaconi che vengono trovati colpevoli di incontinenza durante il periodo del loro ministerio non si deve nemmeno permettere di ricevere la comunio­ne prima della morte, dato lo scandalo di una colpa così palese’;[551] ‘I vescovi, i preti e in generale tutti i chierici che devono compiere un servizio all’altare devono astenersi dai rapporti coniugali con le loro mogli e non è loro permesso generare dei figli. Se contravvengono a quanto detto essi perdono il diritto alla loro posizione gerarchica’.[552] Tutto ciò portò di conseguenza a questo; che coloro che erano sposati venivano ammessi all’ordinazione con il consenso della moglie che si distaccava dal marito, e che si cominciarono a cercare giovani disposti a farsi sacerdoti rimanendo celibi. Gregorio VII impose il celibato nel sinodo Romano del 1073. La legge del celibato fu ripetuta dal concilio Lateranense I del 1123 in questi termini: ‘Noi interdiciamo assolutamente ai preti, ai diaconi, ai suddiaconi e ai monaci di avere delle concubine o di contrarre matrimonio...’,[553] e confermata poi dal Lateranense II nell’anno 1139. Questi concili dichiararono nulli i matrimoni contratti dai chierici in sacris, creando così il cosiddetto impedimento dirimente dell’ordine sacro. Anche il concilio di Trento (1545-1563) ha confermato ulterior­mente il celibato forzoso; e lo ha fatto lanciando il seguente anatema: ‘Se qualcuno dirà che i chierici costituiti negli ordini sacri o i religiosi che hanno emesso solennemente il voto di castità, possono contrarre matrimonio, e che questo, una volta contratto, sia valido, non ostante la legge ecclesiastica o il voto, e che sostenere l’opposto non sia altro che condannare il matrimonio; e che tutti quelli che sentono di non avere il dono della castità (anche se ne hanno fatto il voto) possono contrarre matrimonio, sia anatema. Dio, infatti, non nega questo dono a chi lo prega con retta intenzione e non permette che noi siamo tenta­ti al di sopra di quello che possiamo’.[554] L’imposizione del celibato ai chierici è stata confermata da Paolo VI nell’enciclica Sacerdotalis coelibatus del Giugno 1967, e dopo di lui anche da Giovanni Paolo II nelle sue cateche­si alle udienze generali. La dottrina cattolica sul celibato dei preti e dei diaconi è esposta dal Codice di diritto canonico in questi termini: ‘Il promuovendo al diaconato permanente, che non sia sposato, e così pure il promuovendo al presbiterato, non siano ammessi all’ordine del diaconato se non hanno assunto, mediante il rito prescritto pubblicamente davanti a Dio e alla Chiesa, l’obbligo del celibato oppure non hanno emesso i voti perpetui in un isti­tuto religioso’;[555] ‘I chierici sono tenuti all’obbligo di osservare la continenza perfetta e perpetua per il regno dei cieli, perciò, sono vincolati al celibato, ché è un dono particolare di Dio...’.[556] Quindi riassumendo, il matrimonio, nella chiesa cattolica di rito latino, dopo l’ordinazione è vietato contrarlo sia ai preti che ai diaconi. Nelle chiese di rito orientale, invece, c’è una differenza infatti, pur rimanendo l’obbligo per i preti e i diaconi celibi di non sposarsi dopo la loro ordinazione; in esse ha valore il matrimo­nio contratto sia dai preti che dai diaconi prima della loro ordinazione. Quando però un prete sposato diventa vescovo allora il matrimonio deve terminare e la moglie entrare in convento.

Secondo il catechismo cattolico nella Chiesa c’é una gerarchia ecclesiastica costituita da tutti i gradi dei sacri ministri tra loro debitamente subordinati sino al supremo che è il papa.[557] Essi dicono che come in uno Stato vi sono diversi gradi di autorità così anche nella Chiesa vi sono vari gradi che sono uno subordi­nato all’altro. Vediamo ora quali sono questi gradi gerarchici secondo la teolo­gia romana:

1) Gli ordini minori:

a) ostiariato,

b) lettorato,

c) esorcistato

d) accolitato.

Si dicono minori perché inferiori e perché dispongono più remota­mente al sacerdozio; i loro uffici sono ora in gran parte eserci­tati da sacrestani e dai chierichetti.

2) Gli ordini maggiori: Il suddiaconato e il diaconato che prepa­rano prossimamente al sacerdozio, il presbiterato e l’episcopato.

a) Il suddiacono si vincola alla chiesa coll’obbligo che assume di recitare il divino ufficio e..canta l’epistola nella messa solen­ne.

b) Il diacono riceve il potere di assistere immediatamente il sacerdote che offre il santo sacrificio, di predicare, comunica­re, e nella messa solenne canta il vangelo, ecc. Secondo il Codice di diritto canonico può aspirare al diaconato permanente anche un uomo sposato, ma solo dopo avere compiuto i 35 anni di età e con il consenso della moglie.[558]

c) Il presbiterato o sacerdozio, che dà le due facoltà essenziali; consacrare l’eucarestia e rimettere i peccati. I sacerdoti vengo­no consacrati dal vescovo.

d) L’episcopato o vescovato, che è la pienezza del sacerdozio, che dà la potestà di conferire gli ordini sacri, di consacrare il crisma e l’olio dell’estrema unzione, di ammaestrare e governare. ‘Per l’ordinazione legittima di un vescovo, oggi è richiesto un intervento speciale del Vescovo di Roma, per il fatto che egli è il supremo vincolo visibile della comunione delle Chiese partico­lari nell’unica Chiesa e il garante della loro libertà’.[559] Ogni 5 anni il vescovo diocesano deve presentare al papa una relazione sullo stato della diocesi.

Questi qua sopra sono gli otto ordini; occorre dire però che i primi quattro ordini assieme al suddiaconato non sono riconosciu­ti dalla maggiore parte dei teologi cattolici romani come ordini sacramentali. Difat­ti, ‘nella loro amministrazione manca l’imposizione delle mani e l’invocazione dello Spirito Santo in una preghiera sacramentale’,[560] e ‘sono stati e sono ancora conferiti, in forza di una delegazio­ne papale, da ministri non vescovi’.[561]

Questi sono i gradi gerarchici fino al vescovo. E per chi non li riconosce il concilio tridentino ha detto: ‘Se qualcuno dice che nella chiesa cattolica non vi è una gerarchia istituita per disposizione divina, e formata di vescovi, sacerdoti e ministri, sia anatema’.[562]

Dato che siamo in tema di gerarchia ricordiamo anche che oltre a costoro vi sono pure i cardinali che sono creati dal papa, i quali sono i suoi più alti collaboratori e suoi consi­glieri. Il loro numero era stato fissato da Sisto V a settanta, ma Paolo VI lo ha ampliato portandolo a oltre cento. Il papa viene scelto appunto tra il numero dei cardinali[563] e dai cardinali stessi (riuniti in conclave; termine che deriva dal latino cum clave che significa ‘chiuso a chiave’ e designa l’ambiente chiuso in cui si riuniscono i cardinali per l’elezione del nuovo papa)[564] perché il Codice di diritto canonico dice: ‘I Cardinali di Santa Romana Chiesa costituiscono un Collegio peculiare cui spetta provvedere all’elezione del Romano Pontefice, a norma del diritto peculiare..’.[565] Ed infine vi è il papa, che è il grado più alto della gerarchia.

Ecco quali sono i gradi gerarchici esistenti in seno alla chiesa romana!

Confutazione

Spiegazione delle Scritture prese a sostegno del sacramento dell’ordine

 

La sacra Scrittura insegna che Gesù fra tutti i suoi discepoli elesse dodici apostoli; è scritto infatti: “E quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli, e ne elesse dodici, ai quali dette anche il nome di apostoli”.[566] Quando poi Giuda Iscariot abbandonò il suo ufficio per andarsene al suo luogo, dopo che Gesù fu assunto in cielo, al suo posto ne fu scelto un altro; la sorte cadde su Mattia che fu così associato agli undici. Ma non è che di apostoli esistessero solo quei dodici, perché Dio ne costituì degli altri nella sua Chiesa; come per esempio Paolo e Barnaba,[567] Sila e Timoteo,[568] Andronico e Giunio.[569]

E’ bene precisare però che gli apostoli, sia quelli che furono costituiti mentre Cristo era sulla terra che quelli costituiti da Dio dopo l’assun­zione di Gesù in cielo, non ricevettero mai da Cristo né la pote­stà di offrire il sacrificio della messa e neppure la potestà di rimettere i peccati agli uomini (così come la intende la teologia romana).[570] Gli apostoli che Cristo scelse furono mandati a predicare l’Evangelo, a cacciare i demoni, a guarire gli infermi; e non per offrire il sacrificio della messa o a rimettere i peccati. Anche gli apostoli, che non erano nel novero dei dodici, cioè Paolo, Barnaba ed altri non ricevettero la pote­stà di offrire la messa o di rimettere i peccati; per quanto riguarda Paolo e Barnaba, furono mandati a predicare con l’auto­rità di guarire gli infermi, ma non a rimettere i peccati o ad offrire il sacrificio della messa. E’ falso dunque quello che dice Bartmann a riguardo degli aposto­li quando dice che Cristo dette loro il potere di offrire il sacrificio e di rimettere i peccati.

Veniamo adesso all’ordinazione degli anziani che Bartmann dice essere l’ordinazione dei preti. La Scrittura ci dice che gli apostoli Paolo e Barnaba fecero eleggere degli anziani per le chiese secondo che é scritto: “E fatti eleggere per ciascuna chiesa degli anziani, dopo aver pregato e digiunato, raccomandarono i fratelli al Signore, nel quale aveano creduto”.[571] Questo è vero, ma si deve tenere presente che essi non erano dei sacerdoti, come invece dicono i Cattolici, con la potestà di celebrare la messa e di rimettere i peccati, ma semplici credenti che avevano i requisiti necessari per assumere quell’ufficio di anziano. A questo proposito, cioè a proposito dell’elezione fatta dalla Chiesa, si potrebbe citare pure l’esempio dei sette a Gerusalemme i quali non furono scelti dagli apostoli ma dalla moltitudine dei credenti infatti gli apostoli dissero: “Perciò, fratelli, cercate di trovar fra voi sette uomini, de’ quali si abbia buona testi­monianza, pieni di Spirito e di sapienza, e che noi incaricheremo di quest’opera... E questo ragionamento piacque a tutta la molti­tudine; ed elessero Stefano, uomo pieno di fede e di Spirito Santo, Filippo, Procoro, Nicanore, Timone, Parmena e Nicola, proselito di Antiochia; e li presentarono agli apostoli, i quali, dopo aver pregato, imposero loro le mani”.[572] Notate che fu la moltitudine che scelse i sette in base ai requisiti stabiliti dagli apostoli, mentre gli apostoli li approvarono in quella opera pregando e imponendogli le mani. Quindi, nella Chiesa primitiva gli anziani (o vescovi) e i diaco­ni venivano eletti dalla Chiesa, e poi gli apostoli pregavano su di loro imponendogli le mani per raccomandarli alla grazia del Signore. Viene fatto questo nella chiesa cattolica? No, perché i preti vengono scelti non dal popolo, ma dai vescovi e da loro ordinati. Quindi i teologi cattolici vengono smentiti dagli stessi passi della Scrittura che essi prendono per sostenere questo loro sacramento dell’ordine.

Parliamo adesso dell’imposizione delle mani fatta dai profeti e dai dottori di Antiochia su Barnaba e Saulo dopo che parlò loro lo Spirito Santo. E’ scritto: “Or nella chiesa d’Antiochia v’eran dei profeti e dei dottori: Barnaba, Simeone chiamato Niger, Lucio di Cirene, Manaen, fratello di latte di Erode il tetrarca, e Saulo. E mentre celebravano il culto del Signore e digiunavano, lo Spirito Santo disse: Mettetemi a parte Barnaba e Saulo per l’opera alla quale li ho chiamati. Allora, dopo aver digiunato e pregato, imposero loro le mani, e li accomiatarono”.[573] Innanzi tutto Barnaba e Saulo erano già dei ministri di Dio perché sono annoverati tra i profeti e i dottori che c’erano ad Antiochia. Quello che va dunque detto è che in quell’occasione per mezzo di quella rivelazione dello Spirito Santo essi furono appartati dagli altri per una particolare opera, cioè per quella opera di apostolato di cui Luca poi parla. Infatti da allora in poi sono chiamati apostoli. Lo Spirito Santo ordinò che si appar­tassero; e sempre lui li mandò perché subito dopo è scritto: “Essi dunque, mandati dallo Spirito Santo, scesero a Seleucia...”.[574] Gli altri ministri invece pregarono per loro e imposero loro le mani ma non perché vedevano in quel rito un sacramento che avesse in se stesso il potere di conferire un carattere indelebile di apostolo, ma solo per raccomandarli in questa maniera al Signore per l’opera alla quale erano stati consacrati da Dio stesso. Vogliamo dire con questo che non fu mediante quell’imposizione di mani e quella preghiera che Barnaba e Saulo ricevettero la capa­cità di adempiere il ministerio di apostolo, perché quello di apostolo fu un ministerio che essi ricevettero per rivelazione. Ed anche in questo caso non si può scorgere questo sacramento dell’ordine.

Occupiamoci adesso dell’imposizione delle mani ricevuta da Timo­teo. E’ scritto: “Non trascurare il dono che è in te, il quale ti fu dato per profezia quando ti furono imposte le mani dal colle­gio degli anziani”,[575] ed altrove: “Per questa ragione ti ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in te per la imposizione delle mie mani”.[576] Ora, per quanto riguarda il primo dono ricevuto da Timoteo occorre dire che esso gli fu dato per profezia, quindi in seguito ad un parlare dello Spirito Santo per bocca di qualcuno; l’occa­sione fu quando gli furono imposte le mani dal collegio degli anziani. Ma non è che quello che accadde a Timoteo escluda che si possano ricevere doni da Dio senza l’imposizione delle mani di un collegio di anziani; tanto è vero che nella Scrittura ci sono esempi di uomini che hanno ricevuto dei doni di ministerio e dello Spirito Santo senza l’imposizione delle mani di nessuno (come per esempio Samuele, Eliseo, Isaia, Ezechiele, i dodici apostoli e Paolo). Rimane il fatto però che in qualsiasi caso, cioè sia che ci sia un’imposizione delle mani o sia che non ci sia; il dono lo si riceve da Dio in maniera soprannaturale. I doni di ministerio - che ricordiamo sono quello di apostolo, profeta, evangelista, pastore e dottore - si hanno in virtù di una vocazione celeste; e non in virtù di una vocazione umana. Essi sono conferiti dal Signore a chi vuole lui e nella maniera in cui vuole lui. Per esempio nel conferire i doni di ministerio il Signore si usa alcune volte di visioni, altre volte di sogni, altre volte ancora del dono di profezia. In alcuni casi poi il Signore opera potentemente nel credente in maniera da fargli sentire interiormente mediante il suo Spirito di averlo chiamato ad adempiere un particolare ministerio confermandolo poi in quel ministerio nel corso del tempo sia facendogli vedere il suo favore e concedendo a lui o ad altri delle rivelazioni a tale riguardo. Sia chiaro, comunque, che in qualsiasi maniera avvenga il conferimento di un ministero, sarà manifesto a tutti che quel credente ha ricevuto quel particolare ministerio perché Dio è con lui in quello che fa. Per quanto riguarda i doni dello Spirito Santo - che sono dono di parola di sapienza, di parola di conoscenza, di fede, doni di guarigioni, potenza d’operare miracoli, profezia, il discernimento degli spiriti, diversità delle lingue, interpretazione delle lingue - sono distribuiti dallo Spirito Santo a ciascuno in particolare come Egli vuole. Può avvenire anche in questo caso sia con l’imposizione delle mani (come avvenne ad Efeso a quei circa dodici discepoli) sia senza in virtù di una rivelazione di Dio o di una visitazione improvvisa da parte di Dio. Spiego questa ultima manifestazione; può succedere per esempio che mentre uno prega, all’improvviso lo Spirito Santo lo investe e lo fa cominciare a parlare in diverse lingue (mentre prima poteva pregare solo in una altra lingua), o a profetizzare, o gli comincia a fare vedere delle cose in visione che avverranno o che sono avvenute, o degli spiriti maligni che tormentano taluni. O si mette a pregare sugli ammalati spinto dalla potenza di Dio ed essi guariscono. Questo quando non c’è l’imposizione delle mani di nessuno e la distribuzione del dono o dei doni non è da Dio preannunziata né tramite visione né tramite un sogno.

Per quanto riguarda il dono di Dio che Timoteo ricevette in seguito all’imposizione delle mani di Paolo, crediamo che esso si tratti dello Spirito Santo. Paolo aveva infatti il dono di impor­re le mani ai credenti affinché ricevessero lo Spirito Santo; abbiamo un esempio nel caso di quei circa dodici discepoli di Efeso su cui scese lo Spirito Santo dopo che lui gli impose le mani.[577] Anche in questo caso però non si vede nessun sacramento dell’ordine, come invece lo vedono i teologi cattolici. Non ci meravigliamo comunque che essi in questi passi qua sopra citati ci vedano il sacramento dell’ordine quando esso non c’è: di cose che non esistono ne vedono tante nella Bibbia!

I preti non possono essere i presbiteri di cui parla la Scrittura

 

Ma torniamo al cosiddetto presbiterato cattolico; i teologi papisti asseriscono che i preti sono dei presbiteri del Signore costituiti per pascere la Chiesa come lo erano anche coloro che furono fatti costituire dagli apostoli Paolo e Barnaba, ma questo non può corrispondere al vero innanzi tutto perché i preti sono delle persone morte nei loro falli mentre gli anziani fatti eleg­gere dagli apostoli erano dei credenti. Parlare con loro infatti o parlare con le prostitute o gli omicidi è la stessa cosa; perduti sono loro e perduti gli altri. Hanno dunque bisogno anche loro di nascere di nuovo. E che sia così lo confermano tutti quei nostri fratelli che prima di convertirsi erano dei preti; le loro testimonianze sono chiare a riguardo; ‘Ero perduto’, ‘Fossi morto da prete sarei andato diritto diritto all’inferno’, ‘Ero nel buio e nelle tenebre’ e così via. Potremmo fermarci qui nella nostra confutazione ma vogliamo proseguire al fine di dimostrare ulteriormente - se mai ce ne fosse il bisogno - quanto falsa sia l’affermazione che li defini­sce dei presbiteri. Gli anziani (presbiteri) che gli apostoli facevano eleggere per ciascuna Chiesa avevano delle caratteristiche che i preti non hanno. Gli anziani (o vescovi) secondo quello che dice Paolo, per essere costituiti sulla Chiesa dovevano essere irreprensibi­li, e tra le altre cose mariti di una sola moglie, dovevano governare bene le loro famiglie, ed oltre a ciò dovevano essere santi, giusti, ed attaccati alla fedel Parola. E queste erano le caratteristiche di quei vescovi fatti eleggere dagli apostoli nelle Chiese. Come possono quindi i teologi papisti affermare che i sacerdoti della chiesa romana sono i presbiteri che sono stati costituiti dal Signore nella sua Chiesa quando essi non sono né sposati, né santi né giusti e neppure attaccati alla Parola di Dio? Infatti sono forzatamente celibi (con le sue nefaste conse­guenze), schiavi dei vizi e attaccati alla tradizione anziché alla Parola di Dio, come lo erano i Farisei e gli scribi del tempo di Gesù alla tradizione giudaica. Qualcuno dirà: ‘Ma guarda che oggi i preti parlano di più della Bibbia’. Sarà vero forse che alcuni di loro leggono di più la Bibbia, ma rimane il fatto che essi insegnano ancora oggi che la salvezza si ottiene compiendo opere buone, perché incoraggiano a guadagnarsi il paradiso come ci si guadagna il pane quotidiano; insegnano che i peccati sono cancel­lati dal battesimo, incoraggiano a pregare ed adorare Maria e i santi ed a prostrarsi davanti alle loro statue; essi pretendono di assolvere il peccatore che va da loro a confessargli i suoi peccati cosiddetti mortali perché credono di essere i rappresen­tati di Dio sulla terra; pretendono, quando fanno la messa, di ripetere il sacrificio di Cristo sulla croce; per citare solo alcune delle cose storte principali che dicono e fanno. Non basta forse tutto questo per comprendere che tra i preti papisti e i presbiteri fatti eleggere dagli apostoli c’è la differenza che passa tra il nero e il bianco?

I preti, quantunque siano chiamati sacerdoti, non sono dei veri sacerdoti cioè i sacerdoti di cui parla il Nuovo Testamento perché non sono ancora nati di nuovo e anche ciò lo dimostriamo mediante la Scrittura. Pietro scrisse ai fedeli rinati mediante la fede nella risurrezione di Cristo: “Ma voi siete una genera­zione eletta, un real sacerdozio... come pietre viventi, siete edificati qual casa spirituale, per essere un sacerdozio santo per offrire sacrificî spirituali, accettevoli a Dio per mezzo di Gesù Cristo”;[578] e vi ricordo che tra coloro a cui Pietro scrisse queste parole vi erano pure le donne perché più avanti rivolge una esortazione alle mogli secondo che è scritto: “Mogli, siate soggette ai vostri mariti...”,[579] gli anziani, ossia i vescovi, che erano stati preposti dal Signore a pascere le sue pecore secondo che egli dice: “Io esorto dunque gli anziani che sono fra voi....”,[580] e i giovani secondo che è scritto: “Voi più giovani, siate soggetti agli anziani...”.[581] Dalle parole di Pietro quindi deduciamo in maniera chiara che, primo, sotto la grazia per diventare sacerdoti di Dio e di Cristo bisogna solo nascere di nuovo e non fare seminari teologici per dopo essere ordinati sacerdoti da qualcuno di grado superiore; secondo, che quindi tutti i credenti, dagli anziani, o vescovi, che devono pascere il gregge di Dio, alle donne e ai giovani, sono un real sacerdozio nel cospetto di Dio. Cambiano i compiti da adempiere perché ognuno è stato collocato nel corpo di Cristo nel posto voluto da Dio, ma non la posizione spirituale nel cospetto di Dio e degli altri credenti. E’ chiaro che i credenti per essere chiamati tutti quanti sacerdoti di Dio devono avere qualcosa da offrire, altrimenti questo nome non avrebbe ragione di essere loro dato dalla Scrittura; ebbene, i sacrifici che essi devono offrire sono la preghiera, la lode, le azioni di grazie, e le opere buone. Qualcuno dirà: Nessuno deve dunque offrire la messa, neppure i presbiteri? No, nessuno deve offrire la messa, neppure gli anziani; perché essa non è un sacrificio spirituale gradito a Dio, ma solo un’impostura che porta il nome di sacrificio.

Conclusione; tra il popolo di Dio non esiste una casta sacerdota­le particolare che debba offrire a Dio la messa, perché tutti sono dei veri sacerdoti essendo stati fatti rinascere a nuova vita ed appartati per adempiere un sacerdozio spirituale. Dio, sotto il Nuovo Patto, non ha istituito nessuna casta sacerdotale privilegiata in seno alla Chiesa; questo è quello che ci insegna la Scrittura. Cristo Gesù ha detto ai suoi discepoli: “Ma voi non vi fate chiamar ‘Maestro’; perché uno solo è il vostro maestro, e voi siete tutti fratelli. E non chiamate alcuno sulla terra vostro padre, perché uno solo è il Padre vostro, quello che é nei cieli. E non vi fate chiamar guide, perché una sola è la vostra guida, il Cristo”;[582] facendo chiaramente capire loro che tra di loro non c’erano credenti privilegiati ed appartati che potevano farsi chiamare ‘Maestro’ o ‘Guide’ o ‘Padre’, mentre da quello che insegna il catechismo cattolico emerge chiaramente che Dio avrebbe costituito una casta sacerdotale a fare le sue veci in mezzo al suo popolo. Il che è un’eresia, un’impostura, generata dal diavolo per tenere milioni di persone incatenate ai sacramen­ti della chiesa cattolica la cui amministrazione (parlo del battesimo, della penitenza, dell’estrema unzione, ma soprattutto dell’eucarestia) è affidata ai preti, dai quali nella pratica dipende la salvezza dei loro fedeli seguaci. Quindi il sacerdozio cattolico è strettamente legato ai sacramenti, e per questo costituisce uno dei fondamenti su cui si fonda la religione cattolica romana. Se voi considerate bene il potere spirituale che i preti hanno agli occhi dei loro parrocchiani vi renderete conto il perché di questo attaccamento a loro; ma anche vi rende­rete conto il perché il prete è temuto e rispettato da tanti quasi che fosse Dio sulla terra. Attenzione però ai sofismi teologici di cui fanno uso i difensori del papismo: essi non negano che tutti i membri della chiesa siano sacerdoti, ma di­stinguono le qualità sacerdotali. Ecco le loro parole: ‘Occorre distinguere accuratamente nella partecipazione dei membri della Chiesa al sacerdozio di Cristo una duplice qualità sacerdotale: quella conferita dal carattere sacramentale dell’ordine, da una parte; quella conferita dai caratteri sacramentali del battesimo o della cresima, dall’altra..’.[583] Ciance, solo ciance; non esiste questa duplice qualità sacerdotale sotto la grazia; tutti i credenti sono sacerdoti, non esiste un ministerio sacerdotale come quello conferito dall’ordine.

Ora, per farvi comprendere come per i Cattolici i loro sacerdoti sono una vera casta sacerdotale privilegiata e separata dal popolo sottopongo alla vostra attenzione queste parole del loro catechismo: ‘La dignità del Sacerdozio è grandissima per la sua potestà sul Corpo reale di Gesù Cristo che rende presente nell’Eucarestia, e sul Corpo mistico di Lui, la Chiesa che gover­na, con la sua missione sublime di condurre gli uomini alla santità e alla vita beata (...) Qual venerazione merita dunque il Sacerdozio! Non per i meriti che il sacerdote abbia come uomo, ma perché ministro di Gesù Cristo e dispensatore dei suoi misteri. Ricordate e pensate che i più grandi favori spirituali li avete ricevuti e li ricevete per mano del sacerdote. Egli vi ha battez­zati e fatti cristiani; egli vi indirizza per la via del cielo, vi perdona quando avete peccato, vi dà Gesù stesso nella santa Comunione. Egli dovrà assistervi e confortarvi in morte, e bene­dire alla vostra salma portata al cimitero’.[584] Ecco quali sono le menzogne che vengono insegnate ai Cattolici sul conto dei loro sacerdoti! Quindi, la curia romana contorcendo con la sua abituale astuzia il significato delle Scritture ha creato nel suo seno una casta sacerdotale appartata dal popolo. Essa, come sapete, per soste­nerla prende come esempio i sacerdoti Leviti i quali erano stati appartati da Dio di mezzo al popolo d’Israele per offrire sacrifici al suo nome a pro del popolo, per offrire il profumo sull’altare e per ammaestrare gli Israeliti. Ma nei fatti i sacerdoti cattolici romani, secondo il catechismo romano, sono superiori ai sacerdoti leviti perché essi sono stati investiti ‘di tutti i poteri divini’[585] e fanno le veci di Dio sulla terra! Questa è la ragione per cui questa casta sacerdotale possiede questa alta stima in mezzo ai membri di questa organizzazione fino al punto che le persone li chiamano ‘Padre’, perché viene fatta passare come la casta sacerdotale istituita da Dio per offrire i sacrifici (le messe) per i peccati del popolo. Perardi ardisce persino dire che ‘senza prete un paese è moral­mente morto’![586] Ma i fatti dimostrano che i paesi qui in Italia anche con i preti sono moralmente e spiritualmente morti; e questo perché essi stessi sono morti spiritualmente: i loro discorsi sono discorsi vuoti che non conferiscono grazia a chi li ascolta, le loro pompose funzioni sono opere morte, vi si può odorare l’odore dell’incenso ma non l’odore della vita; vi si può odorare il fetore che emanano le loro eresie ma non il profumo della conoscenza di Dio! Andiamo alla loro vita privata: essi hanno una condotta scandalosa essendo intemperanti ed insubordi­nati, molti di loro sono infatti sodomiti, fornicatori; ed hanno un parlare fuori dal loro luogo di culto che assomiglia a quello della gente più volgare che esiste; taluni bestemmiano Dio e insultano pure Maria con ogni sorta di male parole (e poi ci vengono a dire che noi disprezziamo Maria!), e raccontano facezie scurrili; è vero che non tutti tra loro raggiungono gli stessi eccessi di dissolutezza, ma bisogna dire che comunque tutti sono schiavi dell’iniquità perché ancora non hanno ubbidito al Vange­lo. Parlando con loro ci si rende conto di come essi siano lonta­ni da Dio, senza Cristo, morti nei loro falli e nelle loro tras­gressioni; parlando con loro ci si rende conto come essi siano stati sedotti dai loro superiori. Povere anime! Devono diventare dei Cristiani ma pretendono di fare diventare gli altri dei Cristiani; sono sulla via della perdizio­ne e quelli che si lasciano guidare da loro vanno in perdizione, ma pretendono di indirizzare le anime per la via del cielo; hanno bisogno di ravvedersi e di confessare le loro iniquità al Signore e pretendono di rimettere i peccati al popolo! Sono stati sedotti e seducono, ma d’altronde l’apostolo lo dice chiaramente: “I malvagi e gli impostori andranno di male in peggio, seducendo ed essendo sedotti”.[587] O preti cattolici, rientrate in voi stessi; pentitevi dei vostri peccati, e invocate Cristo Gesù affinché vi cancelli tutti i vostri peccati, e troverete riposo alle anime vostre. E uscitevene subito dalla chiesa cattolica romana per non essere partecipi dei suoi peccati.

La testimonianza di un ex-prete

 

Ecco come il fratello Fumagalli che ha fatto il prete cattolico per diversi anni, e quindi aveva ricevuto l’ordinazione da parte del vescovo in base al sacramento dell’ordine, parla del suo passato nella chiesa cattolica e cosa dice a proposito della maniera in cui ha conosciuto il Signore.[588]

Il Signore ‘ha operato una grande, una grande cosa nella mia vita, mi ha salvato, mi ha fatto un suo figlio, e mi ha riempito la vita, il mio cuore di gioia, di pace, quello che non avevo mai avuto nella mia vita. Io ho fatto il prete cattolico per quindici anni, quindi ho imparato, ho studiato tutte le dottrine cattoliche, non solo, ma poi da prete ero stato mandato in seminario per due anni, io ho fatto professore di seminario per cinque anni, ho fatto direttore spirituale di seminario per due anni, ho aperto un collegio teologico a Londra, ma la mia vita era nel buio e nelle tenebre e brancolavo nel buio. Ricordo che dopo essere stato ordinato prete avevo guardato quei libri sui quali avevo studiato per lunghi anni, tutti libri, grossi libri, scritti in latino di teologia, di dogmatica, di morale e sentivo come dentro di me una voce che mi diceva: ‘Ma non ti rendi conto che tante cose che sono scritte in quei libri non possono essere vere?’ Il Signore stava già parlando al mio cuore anche se ero cieco, anche se ero stato indottrinato in tante cose che non avevano niente a che fare con la verità della Parola di Dio. E ricordo che presi tutti quei libri e li andai a buttare nella carta straccia. Però c’era in me un vuoto, la verità non la conoscevo. Avevo la Bibbia ma ero cieco e non la potevo intendere; non la potevo intendere perché mi era stato insegnato che per intendere la Bibbia dovevo fondarmi sul magistero della chiesa cattolica. Ora, la Bibbia è l’unico libro al mondo che non si può avvicinare con la ragione, con l’intelletto e meno che meno con la filosofia e la teologia. La Bibbia è l’unico libro che ha come autore suo lo Spirito Santo, Dio stesso, gloria a Gesù. Ora, la Bibbia dice anche che l’unico modo per intenderlo si può solo fare questo quando lo Spirito di Dio apre la mente a intendere queste cose. Gloria al Signore. Ora, ricordo che dopo avere qui in Italia passato sette anni come professore di seminario, come direttore di seminario chiesi ai miei superiori di mandarmi in Africa nelle missioni. Credevo forse di trovarmi più realizzato in terra di missione, lavorando in un ambiente totalmente estraneo, diverso da quello qui in Italia. Ma i miei superiori mi proposero di andare negli Stati Uniti per altri studi. Io accettai la proposta, e così, dopo avere passato alcuni mesi in Inghilterra, Londra, dove ero stato mandato per aprire un collegio teologico, varcai l’oceano nel gennaio del 1969, e nel settembre dello stesso anno, sempre come prete, iniziai a studiare all’università statale di New York, a Buffalo. Iniziai a studiare antropologia, una disciplina complessa che studia l’uomo dalle sue origini fino ai problemi di maggiore attualità del giorno d’oggi. E così iniziai a studiare anche l’uomo come è presentato dalla cosiddetta scienza, che l’uomo deriva dalla scimmia, è evoluto dalla scimmia e da forme ancora inferiori a questa. Ora, come prete cattolico, io non avevo nessun problema di coscienza a studiare queste cose perché la dottrina cattolica dice questo, nella enciclica Humani Generis di Pio XII scritta nel 1950, che noi possiamo accettare, cioè la chiesa cattolica, che l’uomo è venuto da forme inferiori; per cui anche se avevo delle riserve nella mia mente mi trovai un giorno a credere l’evoluzione in modo completo. Non solo, ma arrivai anche ad insegnarla all’università. Io credevo, siccome mi ero reso conto di non avere trovato la risposta a tanti problemi nella mia mente nella dottrina cattolica, credevo di trovarla nella scienza, studiando, ricercando, investigando, ma mi rendevo conto che quanto più ricercavo, quanto più la verità si allontanava da me, quanto più mi vedevo come sprofondare in un pantano o nelle sabbie mobili, non avevo alcun posto in cui mettere i miei piedi al sicuro. E siccome non trovavo niente che mi appagasse, allora iniziai a ricercare e a studiare anche nell’occulto, nella parapsicologia, in altre religioni, nelle religioni orientali, studiare e investigare sugli ufo, praticavo yoga, leggevo e mi interessavo di astrologia, tutte queste cose, e non sapevo che tutti questi campi sono campi che appartengono a Satana. Ero cieco, non conoscevo la Parola di Dio; strano, ho fatto il prete quindici anni ma non conoscevo la Parola di Dio. Per cui non potevo ovviamente né insegnarla e meno che meno praticarla. Per cui continuai a ricercare; poi andai in Africa. In Africa sarei dovuto andare per compiere una ricerca. Però prima di andare in Africa, ricordo che passai da Roma e richiesi ai miei superiori di darmi un po’ di tempo libero per riflettere, per decidere sul futuro della mia vita, perché onestamente non mi sentivo più di fare il prete. Mi ero reso conto che troppe cose non potevano essere vere, erano storte, nella chiesa cattolica, ma i miei superiori mi invitarono a tramandare la mia decisione ultima, a riflettere di nuovo. In questo stato d’animo andai in Africa, in Kenya, e qui mi fermai per diciassette mesi. Compii questa ricerca in mezzo ad una popolazione di pastori nomadi nel Kenya settentrionale, e credo proprio che il Signore mi dava l’opportunità in questo ambiente, un ambiente al di fuori di tutte le pressioni nelle quali ero vissuto fino allora, perché di lavoro me ne facevano fare, e quanto più ne facevo, quanto più me ne davano da fare. Ma non avevo tempo neppure per riflettere alle cose più importanti, diciamo che riguardavano la mia vita. E qui ricordo, alla sera, anche se lavorai seriamente per questa ricerca, avevo tempo, tempo per riflettere, per pensare, soprattutto per dare ascolto a tutte quelle onde tumultuose della mia anima che affioravano e che mi facevano vedere che la mia vita era un vita da ipocrita, una vita da disonesto, perché oramai avevo visto, avevo realizzato, mi ero reso conto che troppe cose nella chiesa cattolica erano storte e io ero ancora dentro. Per cui riconobbi e mi resi conto che potevo fare un unica scelta onesta, ed era quella di lasciare la chiesa cattolica, di lasciare di fare il prete, sapevo che mi sarei messo contro i miei superiori, i miei colleghi, i miei parenti, i miei amici, un po’ tutti, ma onestamente a questo punto più non mi interessava e decisi; decisi che me ne sarei andato. E a questo punto accadde una cosa strana, ma meravigliosa nella mia vita. Fino ad allora, da quando ero entrato in seminario, m’avevano detto: ‘Se tu lasci la chiesa cattolica, se tu non diventi prete, mi dicevano allora, Dio non può che maledire la tua vita. Certo, questo è un modo molto... è ... io ero entrato in seminario a nove anni, sono cose tristi, ma la verità bisogna dirla perché oggi troppe ipocrisie sono predicate un po’ da tutti i pulpiti e anche dai mezzi, diciamo, i mass media. Ma la verità è l’unica che può liberare l’uomo, e la verità è una persona, è Gesù Cristo, gloria al suo santo nome, alleluia. Ora, decisi, anche se m’avevano detto che il Signore m’avrebbe maledetto, che non sarei più potuto vivere in pace, io quando decisi di uscirmene dalla chiesa cattolica provai una pace così profonda e così grande che non avevo mai conosciuto prima. Non solo, ma mi sentii liberato in quel momento, liberato da un oppressione, da catene che gravavano sopra di me e ora intendo il significato di tutto questo. Io credo che per la prima volta in vita avevo dato ascolto alla voce di Dio che mi diceva: ‘Esci, esci da dove sei’. E avevo per la prima volta ubbidito alla voce di Dio senza guardare né a destra né a sinistra, senza guardare a quello che avrebbero potuto dire colleghi, superiori, parenti o amici, gloria al Signore, ed ero stato liberato anche in quel momento da uno dei più grandi gioghi, il giogo della religione organizzata, nel caso mio della religione cattolica romana. Terminata la mia ricerca in Africa tornai negli Stati Uniti, in America, e qui mi trovai da solo, però tutto questo non mi scoraggiava perché mi sentivo perlomeno libero da questo giogo. Mi adattai a fare un po’ di tutto, poi ottenni un posto d’insegnamento part-time all’università. E così decisi che avrei perseguito nel mondo una carriera come professore di università. Terminai i miei studi, ottenni il grado accademico più alto che danno le università americane, e credevo in questo modo di farmi una carriera nel mondo, di farmi un nome, ma grazie al Signore che egli aveva un piano molto più grande per me. Divenni agnostico, non credevo quasi più a niente, buttai a mare quasi tutto quello in cui credevo prima. Però c’era un vuoto in me, e soprattutto certi momenti, anche quando avevo cercato di trovare nei piaceri o in altro, soddisfazione, io sentivo come un vuoto, un vuoto che mi schiacciava, un vuoto che mi opprimeva (...) finché un giorno comprai un libro, un libro che è stato tradotto anche in italiano, dal titolo Addio terra, ultimo pianeta, di Hal Lindsey. Iniziai a leggere questo libro con senso molto critico, questo era all’inizio del 1979, ma poi mi dovetti fermare. Mi trovavo di fronte per la prima volta in vita a un qualche cosa che la mia ragione non poteva spiegare e cioè delle profezie che scritte 2500, 2600 anni fa si avveravano ora sotto i mie occhi e con la mia ragione non potevo spiegare queste cose. Io conoscevo dalla scienza che neppure il più grande scienziato del mondo può prevedere con certezza quello che può accadere all’indomani. Sapevo quindi che nessun uomo al mondo poteva fare questo, per cui in quel momento il Signore mi mise come con le spalle al muro, io dovetti ammettere in quel momento che la Bibbia doveva per forza di cose essere vera e che poteva venire solo da Dio. I preti non credono alla Bibbia, io non credevo alla Bibbia, perché mi avevano indottrinato a mettere la tradizione cattolica, i dogmi cattolici, le dottrine cattoliche, teoricamente, si dice, alla pari della Bibbia, ma praticamente e di fatto sono al di sopra della Bibbia. E questo lo so perché ho fatto il prete quindici anni. E’ una cosa molto triste questa. Ecco perché Satana è riuscito a tenere incatenate tante anime nelle tenebre, nella menzogna, perché la verità è vietata loro. E anche quando si accostano alla Bibbia si accostano sempre indottrinati da filosofie e dottrine umane. Ora, in quello stesso momento il Signore ebbe misericordia di me, e aprì la mia mente e toccò il mio cuore e in quel momento io mi vidi quello che ero, ero un peccatore ed ero perduto, per me non ci sarebbe, non c’era speranza di salvezza, anche se volevo fare del mio meglio per contribuire nel mondo della ricerca, dell’insegnamento e pubblicazione, a migliorare situazioni di popoli, soprattutto di popolazioni del terzo mondo. Lo Spirito Santo mi convinse di peccato, di giustizia e di giudizio, ero perduto, e c’era un’unica possibilità di salvezza per me, Gesù Cristo che era andato a morire alla croce per i miei peccati. E in quel momento intesi che dovevo fare una scelta, o gridare a Gesù o andare in perdizione. E in quel momento uscì dal mio cuore una preghiera: ‘Gesù, perdona tutti i miei peccati ed entra nel mio cuore come mio Signore e Salvatore’. E in quel momento sperimentai veramente una cosa meravigliosa, in quel momento mi sentii pulito da ogni peccato, mi sentii lavato da tutte quelle colpe, peccati che gravavano su di me, che pesavano su di me. Li avevo confessati tante volte, ma erano sempre con me; avevo fatto confessioni generali tante volte, ma quei peccati nessuno me li aveva tolti perché solo uno può togliere i nostri peccati, è Gesù, l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo, gloria al suo santo nome, Alleluia Gesù, alleluia. E in quel momento io mi sentii nascere di nuovo. In me entrò una gioia così grande che dovetti inginocchiarmi e piangendo di gioia, veramente assaporare l’opera grande che Gesù aveva compiuto in me in quel momento, mi aveva salvato, per grazia, per quella fede che avevo posto in lui, egli mi aveva salvato e in me entrò la certezza che ero stato salvato in quel momento. Da prete io mi domandavo: ‘La salvezza che cosa è? Non lo sapevo. E io sono andato da tanti preti dopo che il Signore mi ha salvato a parlare di Gesù, della salvezza, della necessità della nuova nascita, e i preti non lo sanno, non sanno, non sanno cosa significa salvezza, non sanno cosa significa nuova nascita. Questo è triste (...) io vi confesso che detesto il sistema della religione cattolica romana perché porta in perdizione tante anime (...). Sì, in quel momento io ebbi la certezza che ero salvato e ricordo che la prima cosa che dissi a me quando tornai al mio tavolo di studio, io mi dissi: ‘La salvezza è così semplice, come mai nessuno mi ha mai parlato di queste cose prima?’ Gloria al Signore, alleluia (...) da quel giorno che accettai Gesù nel mio cuore lo Spirito di Dio è entrato in me ed egli mi ha aperto gli occhi e sapevo ora con certezza che la verità era la Bibbia, la Parola di Dio. Per cui iniziai a studiare la Parola di Dio, e ora intendevo, la capivo, quello che prima invece non intendevo (...) poi richiesi il battesimo in acqua; dopo due mesi circa che il Signore mi aveva salvato il Signore mi battezzò di Spirito Santo (...) Il Signore presto tornerà; ma sei tu pronto? Questo, sei tu pronto? Io non ero pronto. Ho fatto quindici anni il prete, avevo studiato tanto, fossi morto da prete sarei andato diritto in perdizione, diritto, perché non c’è il purgatorio. Il purgatorio è un’invenzione dei preti, sono stati ingannati loro, ingannano gli altri. La Scrittura dice chiaramente è stato stabilito che gli uomini muoiano una volta sola e poi viene il giudizio; ora, se uno ha accettato Gesù Cristo come suo personale Signore e Salvatore Gesù lo lava dai suoi peccati, se lo lava dai suoi peccati quale pena c’è da pagare? Ha già pagato tutto lui; alla croce, il Signore ha fatto l’opera completa, prima di morire ha detto: ‘E’ compiuto!’ E’ compiuto!’ E’ compiuto!’ Gloria al Signore, alleluia! (...) Il Signore è stato buono con me ...’.

La gerarchia ecclesiastica romana a confronto con la Scrittura

 

Che dice la Scrittura? Conferma o smentisce questa gerarchia ecclesiastica esistente in seno alla chiesa romana? Innanzi tutto essa dice che in seno alla Chiesa non c’é nessuna casta dominante suddivisa in gradi gerarchici come c’é tra i Cattolici e le religioni orientali, perché tutti i credenti, benché abbiano dei doni differenti secondo la grazia che Dio ha dato loro, hanno uguale importanza davanti a Dio. Nessuno infat­ti può dire di essere tenuto da Dio in maggiore considerazione di un altro. A conferma di ciò vi ricordo che Paolo ai Galati, parlando di coloro che godevano di particolare considerazione fra la Chiesa (cioè Giacomo, Cefa e Giovanni), dice: “Quali già siano stati a me non importa; Iddio non ha riguardi personali”.[589] Come ho detto prima i credenti hanno dei doni differenti, e questo perché “il corpo non si compone di un membro solo, ma di molte membra”[590] che hanno delle funzioni diverse a secondo della misura del dono largito da Cristo.

Vediamo quindi quali siano gli uffici stabiliti da Dio nella sua Chiesa: Paolo dice ai Corinzi: “Dio ha costituito nella Chiesa primieramente degli apostoli; in secondo luogo dei profeti; in terzo luogo de’ dottori; poi, i miracoli; poi i doni di guarigio­ne, le assistenze, i doni di governo, la diversità delle lingue”,[591] ed agli Efesini: “Ed é lui che ha dato gli uni, come apostoli; gli altri, come profeti; gli altri, come evangelisti; gli altri, come pastori e dottori, per il perfezionamento dei santi, per l’opera del ministerio, per la edificazione del corpo di Cristo”.[592]

Gli apostoli sono coloro che vengono mandati dallo Spirito Santo a predicare in altre nazioni,[593] essi fondano delle chiese e fanno eleggere per ciascuna Chiesa degli anziani.

I profeti sono coloro che hanno ricevuto il dono di profezia e dei doni di rivelazione (che sono: dono di parola di sapienza, dono di parola di conoscen­za, e dono del discernimento degli spiriti).

I dottori sono coloro che inse­gnano accuratamente le dottrine contenute nella Scrittura.

Gli evangelisti[594] sono coloro che vanno di città in città ad annunziare l’Evangelo con i doni di guarigioni, e cacciano i demoni nel nome di Gesù.

I pastori sono coloro che devono pascere il gregge di Dio, assie­me agli anziani (che vengono chiamati in greco presbyteros e corrispondono ai vescovi);[595] essi si prendono cura delle pecore e le ammaestrano.

I diaconi,[596] sono preposti a svolgere servizi assi­stenziali di vario genere a pro dei pastori e degli anziani e dei poveri e delle vedove. Essi non devono avere la capacità di insegnare per ricoprire questo ufficio, e perciò questo ufficio può essere ricoperto anche da delle donne.

Come potete vedere non sono menzionati né l’ostiariato, né il lettorato, né l’esorcistato, né l’accolitato, e neppure il sud­diaconato, e neppure il cardinalato, e meno che meno il papa.

Per quanto riguarda poi il presbiterato cattolico occorre dire che esso non è quello della Scrittura, perché oltre alle ragioni sopra esposte, la Scrittura non fa distinzione tra presbiteri e vescovi; infatti i vescovi sono i presbiteri, e i presbiteri sono i vescovi. Quindi anche questi termini, quando usati dai teologi cattolici, non si riferiscono all’ufficio di cui parla la Scrit­tura. Per quanto riguarda il diaconato bisogna dire una cosa simile; il nome dell’ufficio è scritturale, ma, oltre a dire che i loro diaconi sono increduli come i loro preti, i diaconi catto­lici non adempiono affatto le funzioni che deve esercitare un vero diacono. Basta ricordare che devono servire il sacerdote nella messa solenne per rendersi conto che divario esista tra il diaconato biblico e quello del cattolicesimo.

Le accuse rivolteci confutate

 

Vediamo ora di confutare le accuse che ci lanciano i Cattolici.

La prima accusa che i Cattolici romani ci lanciano è questa: ‘I Protestanti non hanno veri vescovi anche se ne portano il nome e quindi neppure veri sacerdoti’. Così dicendo essi mostrano di non conoscere le Scritture.

Ora, le Chiese di Dio hanno degli anziani a pascerle i quali vengono anche chiamati vescovi; questo è quello che si deduce dal fatto che Paolo quando vennero a lui gli anziani della Chiesa di Efeso che lui aveva mandato a chiamare da Mileto, li chiamò vescovi secondo che é scritto: “Badate a voi stessi e a tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha costituiti vescovi, per pascere la chiesa di Dio...”.[597] Quindi l’anziano ricopre l’ufficio di vescovo. Ma oltre a ciò biso­gna dire che colui che ambisce all’ufficio di vescovo nella Chiesa deve avere dei particolari requisiti senza i quali non può ricoprire quest’ufficio. Paolo spiega questo a Timoteo quando gli dice: “Bisogna dunque che il vescovo sia irreprensibile, marito di una sola moglie, sobrio, assennato, costumato, ospitale, atto ad insegnare, non dedito al vino né violento, ma sia mite, non litigioso, non amante del danaro, che governi bene la propria famiglia e tenga i figliuoli in sottomissione e in tutta riveren­za (che se uno non sa governare la propria famiglia, come potrà aver cura della chiesa di Dio?), che non sia novizio, affinché, divenuto gonfio d’orgoglio, non cada nella condanna del diavolo. Bisogna inoltre che abbia una buona testimonianza da quelli di fuori, affinché non cada in vituperio e nel laccio del diavolo”.[598] Quindi non ha nessun fondamento l’accusa rivoltaci, appunto perché quei credenti che sono stati eletti dalla Chiesa anziani perché possedenti tutte le caratteristiche enumerate da Paolo sono dei vescovi che sono stati costituiti tali dallo Spirito Santo. Essi portano il nome di vescovi perché lo sono secondo l’insegnamento della Scrittura.

Un’altra calunnia lanciataci dai Cattolici è che noi non abbiamo veri sacerdoti. Essa si fonda sul significato errato che essi danno alla parola sacerdote sotto il Nuovo Patto. Per loro un sacerdote è uno che offre sacrifici per i peccati del popolo come facevano i sacerdoti Giudei (perciò chi ministra la messa) e che possiede ‘il potere di rimettere i peccati’. Ma noi non abbiamo di questi sacerdoti e neppure ne vogliamo perché sappiamo che non ce n’è affatto bisogno nella Chiesa di Dio dato che il sacrificio di Cristo è stato offerto una volta per sempre per i nostri peccati e che nessuno ha il potere di rimetterci i peccati che commettiamo all’infuori di Dio stesso. Si tengano i loro sacerdo­ti; quanto a noi riconosciamo come sacerdoti tutti i figliuoli di Dio lavati con il sangue dell’Agnello perché essi lo sono perché offrono sacrifici spirituali accettevoli a Dio per mezzo di Gesù Cristo (badate che questi sacrifici non vengono offerti né per espiazione e neppure per meritarsi il perdono di Dio, ma come segno di riconoscenza in verso Dio essendo il frutto portato dalla Parola di Dio piantata in noi).

Per concludere: la chiesa romana possiede una gerarchia cosiddet­ta sacra che appare maestosa ed affascinante a tutti coloro che non conoscono la verità; bisogna riconoscere che essa riesce a colpire le persone con tutti quei riti di iniziazione che la concernono e con tutti i suoi abiti sacerdotali, ma nonostante tutto ciò bisogna dire che essa non trova riscontro nella Parola di Dio.

Lo so, sembra tutto vero nella chiesa romana, anche la gerarchia di cui essa è composta a prima vista sembra ordinata da Dio, ma questa è solo una vana apparenza perché essa non è stata istituita da Cristo Gesù. I teologi papisti cercano pure di spie­gare il tutto con le Scritture ma i loro ragionamenti non vengono affatto confermati dalle Scritture ma vengono smentiti da esse.

Quindi, noi non riconosciamo il papa quale successore di Pietro, non riconosciamo il cardinalato come istituzione divina, non riconosciamo i vescovi cattolici come veri vescovi, non ricono­sciamo i preti come veri presbiteri, non riconosciamo i loro diaconi come veri diaconi, e non riconosciamo neppure gli altri loro ordini come il suddiaconato, l’ostiariato, il lettorato, l’esorcistato, e l’accolitato. In altre parole non riconosciamo la gerarchia cattolica come una gerarchia voluta e ordinata da Dio per il suo popolo.

L’imposizione del celibato ai chierici è una dottrina di demoni

 

Vediamo ora di confutare mediante le Scritture la dottrina del celibato forzoso. Paolo disse a Timoteo: “Ma lo Spirito dice espressamente che nei tempi a venire alcuni apostateranno dalla fede, dando retta a spiriti seduttori e a dottrine di demonî per via della ipocrisia di uomini che proferiranno menzogna, segnati di un marchio nella loro propria coscienza; i quali vieteranno il matrimonio....”.[599] Quindi la dottrina che vieta il matrimonio ai preti e ai diaconi è diabolica! Ma perché il dogma che nega ai preti e ai diaconi di sposarsi é una dottrina di demoni che contrasta la verità? Perché quello di non sposarsi, ossia il celibato, é un dono che procede da Dio e non qualcosa che degli uomini hanno il diritto di imporre ad altri, infatti Gesù ha detto che “non tutti son capaci di prati­care questa parola” (quella di non prendere moglie) “ma quelli soltanto ai quali é dato”,[600] e Paolo ha detto: “Io vorrei che tutti gli uomini fossero come son io; ma ciascuno ha il suo proprio dono da Dio; l’uno in un modo, l’altro in un altro”.[601]

Qual’è il risultato che porta l’imposizione del celibato ai preti? Questo; che i preti si abbandonano all’impurità ed alla fornicazione scandalizzando così le persone; ma d’altronde Paolo lo ha detto chiaramente perché l’uomo deve sposarsi: “Per evitar le fornicazioni, ogni uomo abbia la propria moglie...”.[602] Non c’é dunque da meravigliarsi se poi coloro a cui viene imposto il celibato si abbandonano all’impurità ed alla fornicazione. Noi siamo giunti alla conclusione che siccome Paolo dice ai celibi: “Ma se non si contengono, sposino; perché è meglio sposarsi che ardere”,[603] la chiesa romana con il suo dogma sul celibato non fa altro che affermare che per i preti è meglio ardere che spo­sarsi.[604] Per l’ennesima volta la curia romana ha voltato le spalle alla verità! Ma quello che riscontriamo ancora una volta nel parlare della curia romana sul celibato è l’ennesimo parlare contraddittorio. Perché? Perché da un lato essa afferma che il celibato è un dono che viene da Dio (lo chiamano dono di castità) e dall’altro afferma che la chiesa lo esige da tutti coloro che ambiscono al sacerdozio e che sono entrati nel sacerdozio! Ma se il celibato è un dono perché imporlo e non lasciarlo facoltativo? Imporre a qualcuno un dono di Dio, come nella realtà fa la curia romana con i suoi sofismi, è una cosa assurda: è come dire a qualcuno che non ha il dono di potenza di operare miracoli che deve fare miracoli! E’ come dire a un credente che non ha il dono di profe­zia che deve per forza di cose profetizzare perché questo è un dono di Dio! Ma Paolo ha detto ai Romani: “Se abbiamo dono di profezia, profetizziamo...”,[605] quindi se non abbiamo il dono di profezia non possiamo metterci a profetizzare. Nella stessa maniera, se uno ha il dono di non sposarsi non si sposi, ma chi non ce l’ha si sposi per non cadere nella fornicazione. Ma noi vogliamo anche dire a tale proposito che la facoltà di non sposarsi non viene data da Dio ad alcuni perché questi la chiedono a Dio, ma indipendentemente dalla loro volontà ossia perché Dio ha decretato di non farli sposare. Ma poniamo anche il caso che uno domandi a Dio il dono di non sposarsi: chi ha detto che Dio per forza di cose glielo concederà? La Scrittura dice che “questa è la confidanza che abbiamo in lui: che se domandiamo qualcosa secondo la sua volontà, Egli ci esaudisce; e se sappiamo ch’Egli ci esaudisce in quel che gli chiediamo, noi sappiamo di aver le cose che gli abbiamo domandate”;[606] quindi, quand’anche un credente chiedesse a Dio il dono di non sposarsi, egli sarà esaudito solo se questa è la volontà di Dio in verso lui. Ma non così insegna la curia romana che afferma che Dio non glielo negherà. Ma la falsità di questa affermazione è evidente: i sacerdoti cattolici sono entrati nell’ordine pensando di avere il dono del celibato perché Dio glielo aveva concesso per svolgere le loro funzioni sacerdotali, e poi essi si sono resi conto di essere privi di questo dono. Ecco le prove che questa affermazione è l’ennesima menzogna nella quale la curia romana induce milioni di persone a credere!

Ma vediamo ora di esaminare mediante le Scritture la ragione addotta a favore dell’imposizione del celibato; e cioè che il celibato sia necessario ai sacerdoti, o meglio indispensabile per servire Dio in maniera fedele e santa. Prescindendo dal fatto che i sacerdoti cattolici non servono a Dio e che è diabolico imporgli il celibato, noi, da quello che insegna la Scrittura deduciamo in maniera evidente che si può servire Dio nella Chiesa degnamente anche da sposati e non solo da celibi (ossia con il dono del celibato ricevuto da Dio). Se così non fosse, Paolo non avrebbe mai detto a Timoteo che sia i vescovi che i diaconi devono essere mariti di una sola moglie e devono governare bene le loro famiglie, (facendo implicitamente intendere che essi devono essere sposati). Ma poi c’è un’altra cosa da dire; Paolo a Tito ha detto che l’anziano (ossia il vescovo) oltre che marito di una sola moglie, per essere assunto in questo ufficio, deve essere anche giusto, santo, e temperante; ciò significa che il vescovo anche da sposato può essere giusto, santo e temperato in ogni cosa, e che il matrimonio non è qualco­sa che lo terrebbe di conseguenza lontano dalla giustizia e dalla santità e dalla temperanza. Certamente, se il vescovo doveva essere celibe e non sposato, perché questo suo stato sarebbe stato indispensabile per essere giusto santo e temperato, Paolo non avrebbe detto tali cose a Tito. Sempre per confermare ciò ricordiamo che Paolo a Timoteo quando gli parla di come devono essere i vescovi e i diaconi per essere assunti gli dice: “Anche questi siano prima provati; poi assumano l’ufficio di diaconi se sono irreprensibili”;[607] il che significa che i candidati (sposati) al vescovato e al diaconato, dopo che sono stati provati per un certo tempo possono essere trovati irreprensibili, cioè senza colpa, e questo quantunque siano sposati e abbiano famiglia. Tutto ciò fa capire che il matrimonio non è una distrazione tale da fare di conseguenza vivere in maniera ingiusta e empia e intemperante chi lo ha contratto e perciò chi è sposato non può assumere l’ufficio di vescovo o diacono nella Chiesa di Dio. E poi anche gli apostoli erano sposati (tranne che Paolo e Barna­ba) secondo che dice Paolo ai Corinzi: “Non abbiamo noi il dirit­to di condurre attorno con noi una moglie, sorella in fede, siccome fanno anche gli altri apostoli e i fratelli del Signore e Cefa?”.[608] Che Pietro fosse sposato lo attesta anche Matteo quando parla della guarigione di sua suocera: “Poi Gesù, entrato nella casa di Pietro, vide la suocera di lui che giaceva in letto con la febbre; ed egli le toccò la mano e la febbre la lasciò”.[609] Eppure gli apostoli erano degli uomini santi perché si santifica­vano nel timore di Dio e non davano motivo di scandalo in cosa alcuna! Questa è un ulteriore conferma che essere sposati ed avere relazioni carnali con la propria moglie non significa camminare secondo la carne e non potere piacere a Dio.

Ma a queste Scritture del Nuovo Patto che sono nettamente in favore del matrimonio pure dei vescovi e dei diaconi, vogliamo pure aggiungere altre Scritture dell’Antico Patto che confermano la stessa cosa; e cioè che si può essere sposati ed essere dei fedeli e santi servitori di Dio nella sua casa.

Noè, che Pietro chiama, predicatore di giustizia, e che la Scrit­tura dice che “fu uomo giusto, integro, ai suoi tempi”,[610] era sposato con figli.

Mosè che era profeta e che lo scrittore agli Ebrei dice che “fu bensì fedele in tutta la casa di Dio come servitore per testimo­niar delle cose che dovevano esser dette”,[611] era sposato e aveva dei figli.

Aaronne, il sommo sacerdote era sposato secondo che è scritto: “Aaronne prese per moglie Elisceba, figliuola di Amminadab, sorella di Nahashon; ed ella gli partorì Nadab, Abihu, Eleazar e Ithamar”.[612] Secondo la legge il sommo sacerdote si poteva sposare. Ricordiamo che il sommo sacerdote era l’unico che poteva entrare nel luogo santissimo, cioè nel luogo al di là del velo dove si trovava l’arca; che vi entrava una volta all’anno e che vi entra­va con il sangue che doveva servire a fare l’espiazione dei peccati del popolo.

Isaia, anche lui profeta, era sposato perché è scritto: “M’acco­stai pure alla profetessa, ed ella concepì e partorì un figliuo­lo”.[613]

Osea, anche lui profeta, era sposato perché è scritto: “Quando l’Eterno cominciò a parlare a Osea, l’Eterno disse ad Osea: Và, prenditi per moglie una meretrice, e genera dei figliuoli di prosti­tuzione...”.[614]

Il profeta Ezechiele era pure lui sposato secondo che è scritto: “La mattina parlai al popolo, e la sera mi morì la moglie...”.[615]

Vogliamo concludere dicendo questo; la curia romana afferma che i sacerdoti cattolici romani sono come i sacerdoti leviti dell’Antico Patto in un certo senso, ma essi dimenticano volontariamente che anche i sacerdoti leviti, che offrivano i sacrifici a pro del popolo, erano sposati e si potevano sposare. Ricordiamo a proposito dei sacerdoti, che Zaccaria, il padre di Giovanni il Battista, era un sacerdote della muta di Abia e che era sposato con Elisabetta che era delle figlie d’Aaronne. Ed “erano ambedue giusti nel cospetto di Dio, camminando irreprensi­bili in tutti i comandamenti e precetti del Signore”.[616] Vedete? Egli era un sacerdote sotto l’Antico Patto, era sposato eppure camminava irreprensibile in tutti i precetti del Signore.

Adesso spieghiamo alcune Scritture prese dalla curia romana a sostegno del celibato forzoso.

Per quanto riguarda il fatto che Dio vietò a Geremia di sposarsi secondo che è scritto: “La parola dell’Eterno mi fu rivolta in questi termini: Non ti prender moglie e non aver figliuoli né figliuole in questo luogo”,[617] bisogna dire innanzi tutto che fu Dio a vietargli di sposarsi e non il sommo sacerdote del tempo o qualcun altro, e poi che questo ordine specifico di Dio in verso lui aveva la seguente motivazione: “Poiché così parla l’Eterno riguardo ai figliuoli e alle figliuole che nascono in questo paese, e alle madri che li partoriscono, e ai padri che li gene­rano in questo paese: Essi morranno consunti dalle malattie, non saranno rimpianti, e non avranno sepoltura; serviranno di letame sulla faccia del suolo; saranno consumati dalla spada e dalla fame, e i loro cadaveri saran pasto agli uccelli del cielo, e alle bestie della terra”.[618] Quindi Dio vietando a Geremia di spo­sarsi e di avere figli volle risparmiargli altre afflizioni.

Vogliamo dire anche qualcosa attorno alle parole di Gesù: “Fi­gliuole di Gerusalemme, non piangete per me, ma piangete per voi stesse e per i vostri figliuoli. Perché ecco, vengono i giorni nei quali si dirà: Beate le sterili, e i seni che non han parto­rito, e le mammelle che non hanno allattato...”.[619] Con queste parole Gesù non ordinò alle vergini di non maritarsi e neppure proclamò beate le donne che erano sterili perché altrimenti avrebbe contraddetto la verità dato che secondo la legge la donna era libera di sposarsi e colei che era sterile non era considera­ta una donna beata. Gesù volle dire solo che quando Gerusalemme sarebbe stata atterrata dalle legioni romane sarebbe avvenuto che per il fatto che le donne che avevano partorito figli e figlie sarebbero rimaste prive dei loro figli, allora in quei giorni le sterili che non avevano potuto partorire e allattare sarebbero state proclamate felici perché non avrebbero subito quella priva­zione dolorosa.

Per quanto riguarda le parole di Paolo: “Chi non è ammogliato ha cura delle cose del Signore, del come potrebbe piacere al Signo­re; ma colui che è ammogliato, ha cura delle cose del mondo, del come potrebbe piacere alla moglie”,[620] parole che vengono prese per esaltare il celibato e disprezzare il matrimonio, vogliamo dire che Paolo con esse ha voluto soltanto dire che chi non è ammogliato è privo di quelle sollecitudini che sono presenti invece in colui che è ammogliato; e perciò può dedicare maggiore tempo alle cose del Signore non avendo moglie e figli di cui prendersi cura. Certo, per esempio chi non è ammogliato nei viaggi che fa a motivo del Vangelo è più libero di uno che viaggia per lo stesso motivo con moglie e figli; e nelle persecuzioni non ha da pensare anche alla sorte della sua moglie e dei suoi figli; ma questo non fa del celibe una persona più santa di colui che è sposato o una persona più felice di colui che è ammogliato. Un’altra ragione per cui Paolo consigliava ai celibi di rimanere in quello stato era per risparmiargli la tribolazione nella carne che avrebbero patito se si fossero sposati infatti dice: “Tali persone avranno tribolazione nella carne, e io vorrei risparmiar­vela”;[621] ma anche qui bisogna dire che la tribolazione nella carne presente in coloro che si sposano non è qualcosa che degrada il matrimonio rispetto al celibato. Lungi da noi il pensare che il matrimonio sia da disprezzare perché procura tribolazione nella carne a chi lo contrae, o perché, “colui che è ammogliato, ha cura delle cose del mondo, del come potrebbe piacere alla moglie”[622] (motivo che viene vanamente addotto a sostegno del celibato forzoso); perché è altresì scritto: “Sia il matrimonio tenuto in onore da tutti”.[623] Quindi anche il matrimonio dei ministri di Dio, dei vescovi e dei diaconi, deve essere tenuto in onore. Per concludere, rimane il fatto che Paolo non ha imposto il celi­bato a nessuno, ma ha detto di non prendere moglie a chi ha ricevuto il dono di non sposarsi, e di sposarsi a chi arde e sente di non avere il dono di non sposarsi assicurandogli che, così facendo, egli non peccherà secondo che è scritto: “Se però prendi moglie, non pecchi”.[624]

Quanto a voi, o preti intemperanti che ardete, convertitevi dagli idoli al Signore, uscite da questo pseudosacerdozio cristiano e sposatevi; allora sarete dei veri sacerdoti nel cospetto di Dio e smetterete di ardere.

Infine, dobbiamo dire che il celibato è sempre stato argomento di viva discussione in seno alla chiesa romana perché non tutti sono stati d’accordo sull’opportunità di imporlo. Ci sono molti prela­ti oggi nella chiesa latina che vorrebbero che il celibato fosse reso facoltativo. Ma fino a quest’oggi ha prevalso l’imposizione che ha prodotto scandali di ogni genere in seno alla chiesa romana da che è stata assunta. Ma che fanno molti preti costretti a vivere celibi contro la loro volontà? Chiedono la dispensa per potersi sposare; preferendo sposarsi e lasciare il sacerdozio cattolico anziché continuare ad abbandonarsi alla fornicazione ed all’impurità. Tra il 1963 e il 1969, sotto Paolo VI, più di ottomila sacerdoti chiesero la dispensa dai voti, mentre altri tremila lasciarono il sacerdozio senza aspettare il permesso. Anche sotto Giovanni Paolo II molti preti hanno abbandonato il sacerdozio per potersi sposare. Ora, viene di domandarsi: Ma perché dinanzi a tutti gli scandali operati dai preti, molti dei quali vivono con la propria concubi­na, e dinanzi a tutte le richieste di dispensa che ogni anno vengono inoltrate da tanti preti, e dinanzi all’abbandono del sacerdozio da parte di molti preti senza aspettare il permesso, la curia romana continua a imporre il celibato? Che utile ne ricava? Non va a suo danno? Certo che va a suo danno per molti versi, ma non bisogna dimenticarsi che la chiesa papale mediante il celibato forzoso difende i suoi interessi economici e finan­ziari. Mi spiego meglio facendo questo esempio: perché la chiesa romana tollera che un prete vivi fornicando rimanendo nello stesso tempo al suo posto, mentre non tollera che un prete si possa sposare e rimanere a compiere il suo ufficio di sacerdote? La ragione è perché la concubina di un prete non può avanzare nessuna pretesa sui beni ecclesiastici alla morte del prelato, mentre una moglie sì. Quindi la chiesa romana si usa del celibato forzoso per mantenere la proprietà di tutti i suoi beni accumula­ti nel corso del tempo.[625] Ma un’altra ragione per cui la curia romana impone il celibato ai preti è perché essendo un sistema assolutistico necessita dei sudditi totalmente sottomessi ai loro superiori. E il celibato garantisce quella sottomissione incondizionata che vuole il papa. Insomma un prete celibe, per la curia romana, è molto più con­trollabile di uno sposato; un prete celibe è più leale di uno sposato. Quindi, nella realtà, il motivo che viene addotto al celibato, cioè quello di una vita più santa, è solo un pretesto; perché il celibato viene imposto per una questione di controllo.

IL MATRIMONIO

La dottrina dei teologi papisti

 

Il matrimonio fu elevato da Cristo al rango di sacramento; esso dà ai coniugi la grazia di vivere santamente e di allevare cristianamente i figli. Non si può contrarre un vero matrimonio fuori dal sacramento. Il controllo delle nascite è ammesso, ma senza fare uso di contraccettivi. Il matrimonio è indissolubile, ma in alcuni casi la chiesa, in virtù di un potere divino, lo può sciogliere e dare la facoltà di passare a seconde nozze. La chiesa ammette i matrimoni misti a certe condizioni.

Secondo la dottrina della chiesa romana ‘il Matrimonio è il Sacramento che unisce l’uomo e la donna indissolubilmente, (come sono uniti Gesù Cristo e la Chiesa sua sposa), e dà loro la grazia di santamente convivere e di educare cristianamente i figliuoli’.[626] Il matrimonio è un sacramento perché ‘Gesù Cristo lo elevò alla dignità di Sacramento che conferisce la grazia’.[627] Ma quando avvenne questa elevazione? Molti teologi non lo sanno dire; ma alcuni ritengono che questo avvenne alle nozze di Cana di Galilea dove Gesù mutò l’acqua in vino. A sostegno del matrimonio come sacramento i teologi papisti prendono le seguenti parole di Gesù: “Talché non son più due, ma una sola carne; quello dunque che Iddio ha congiunto, l’uomo nol separi”,[628] e quelle di Paolo: “Mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, affin di santificarla, dopo averla purificata col lavacro dell’acqua mediante la Parola... Perciò l’uomo lascerà suo padre e sua madre e s’unirà a sua moglie, e i due diverranno una stessa carne. Questo mistero è grande; dico questo, riguardo a Cristo ed alla Chiesa”.[629] E per chi non lo accetta come sacramento c’è il se­guente anatema tridentino: ‘Se qualcuno dirà che il matrimonio non è in senso vero e proprio uno dei sette sacramenti della legge evangelica, istituito da Cristo, ma che è stato inventato dagli uomini nella chiesa, e non conferisce la grazia, sia anate­ma’.[630]

Nel Nuovo Manuale del Catechista si legge: ‘Il Matrimonio, pei cristiani, è Sacramento di cui, se così possiamo esprimerci, è depositaria e amministratrice la Chiesa; per essi non c’è Matrimonio legittimo o vero fuori del Sacramento. Perciò i fedeli non possono contrarre vero Matrimonio fuori del Sacramento’.[631] Queste cose il Perardi le dice per affermare che dato che il matrimonio amministrato dalla chiesa cattolica è riconosciuto dallo Stato Italiano anche agli effetti civili, i Cattolici non devono né prima né dopo il matrimonio religioso andare a fare l’atto civile, perché il matrimonio religioso è completo, e un simile atto ‘sarebbe contrario alla Dottrina cristiana e grave irriverenza al Sacramento stesso e a Gesù Cristo che lo volle Sacramento e come tale lo affidò alla sua Chiesa’.[632] Ma proseguendo il Perardi afferma pure: ‘Più colpevoli ancora sarebbero quei cristiani che non si sposassero in chiesa, ma solo in municipio. In tale modo essi 1) Rinnegherebbero praticamente la Dottrina cristiana; - 2) Farebbero un Matrimonio nullo, per cui non sarebbero sposati e convivrebbero in istato di peccato e quindi non potrebbero neppure accostarsi ai Sacramenti, incapaci dell’assoluzione sinché non regolarizzano col Sacramento la loro condizione; - 3) Costituirebbero una famiglia sul peccato e la farebbero vivere nel peccato come su fondamento; - 4) In tali condizioni essi sarebbero pubblici peccatori ai quali, in caso di morte, dovrebbe essere negata anche la sepoltura religiosa’.[633]

La chiesa cattolica romana è a favore del controllo delle nascite (che essa chiama ‘paternità responsabile’). Ecco che cosa si legge nel libro Compendio della morale cattolica: ‘Durante un certo numero di giorni al mese, prima e dopo l’ovulazione femminile, è impossibile la fecondazione e dunque la finalità procreatrice non può esser realizzata. In questo lasso di tempo (la cui determinazione esatta è difficile da stabilire), la Chiesa ha ammesso che fosse del tutto legittimo ricercare la finalità propria dell’amore con rapporti sessuali di per sé infecondi (...) La Chiesa non è per la procreazione ad ogni costo: essa lascia interamente la decisione ai coniugi: Pio XII l’aveva ricordato in un celebre discorso del 1951: gli sposi possono essere dispensati ‘da quella prestazione positiva obbligatoria (quella di procreare), anche per lungo tempo, anzi per l’intera durata del matrimonio, per seri motivi, come quelli che si hanno non di rado nella cosiddetta ‘indicazione’ medica, eugenica, economica e sociale (...) La regola da seguire è allora questa: se gli sposi non vogliono figli (per ragioni serie), sono liberi di non averne, ma possono avere relazioni sessuali solo nei periodi di naturale non fecondità; devono invece astenersi durante il periodo fecondo, cioè nei giorni in cui avviene l’ovulazione (...) Al contrario sono dichiarati illeciti, gravemente proibiti, i mezzi contraccettivi che intervengono nello svolgimento del ciclo femminile’.[634] Dopo avere letto queste parole non dovrebbe sorprendere un gran che se in questa nazione così cattolica, così influenzata dai preti, la media di bambini per famiglia è così bassa perché i papi hanno decretato essere cosa legittima per le coppie di sposi non volere avere famiglie numerose. Il magistero in sostanza dice: Non volete avere molti figli? Non vi preoccupate, non commettete peccato, basta che vi appoggiate ai mezzi che vi suggeriamo noi e non fate ricorso ai contraccettivi, all’aborto ed altro. Si noti però che il magistero insegna pure che in certi casi la coppia può decidere di non avere per nulla dei figli.

Nel Codice di diritto canonico si legge: ‘Le proprietà essenziali del matrimonio sono l’unità e l’indissolubilità, che nel matrimo­nio cristiano conseguono una peculiare stabilità in ragione del sacramento’;[635] ed ancora: ‘Il matrimonio rato e consuma­to non può essere sciolto da nessuna potestà umana e per nessuna causa, eccetto la morte’.[636] La chiesa romana dunque proclama la indissolubilità del matrimo­nio e difatti essa dice che nessuno dei coniugi ‘finché l’altro vive, può passare ad altre nozze’. Nemmeno in caso uno dei due commette adulterio, difatti in questo caso ammette la separazione perpetua tra i due ma non il passaggio a nuove nozze (c’è un anatema tridentino - Sess. XXIV, can. 7 - contro chi dirà che la chiesa sbaglia nell’insegnare che in caso di adulterio marito e moglie non possono contrarre un altro matrimonio finché l’altro vive).[637] Ma la chiesa romana afferma anche che ella può sciogliere il matrimonio in alcuni casi; e difatti la sede pontificia in diversi casi scioglie a suo piacimento i matrimoni. Ma vediamo di esaminare da vicino questa dottrina della chiesa romana. Nel libro a cura di Cappellini Ernesto Corso di Diritto Canonico II, (che possiede l’Imprimatur) del 1976 è scritto: ‘Lo scioglimento del vincolo, d’altra parte, è operato dalla Chiesa solo eccezionalmente in determinati casi, sulla linea di una dottrina che la stessa Chiesa ha sempre sostenuto. La Chiesa, infatti, ha sempre sostenu­to l’indissolubilità intrinseca del matrimonio, cioè l’assoluta impossibilità che gli stessi coniugi sciolgano il loro matrimo­nio. Ritiene, invece, che la indissolubilità estrinseca, ossia quella derivante da autorità divina, non è di carattere assoluto e ammette eccezioni. In questo senso, quindi, lo scioglimento del matrimonio, operato dalla Chiesa in determinate circostanze, come vedremo, non corrisponde a potestà ‘propria’ in quanto pura società umana, ma a potestà ‘vicaria’, concretizzata in nome di Cristo, e che presuppone una speciale concessione divina’.[638] Come potete vedere, per quanto riguarda questa indissolubilità estrinseca essa non è assoluta; ci sono infatti delle eccezioni perché il papa in certe circostanze può sciogliere il matrimonio da parte di Dio. Qualcuno dirà: ‘Ma come può permettersi il papa di fare una tale cosa?’ La risposta è: ‘In virtù del potere di sciogliere e di legare che lui dice di avere ricevuto da Dio’! Quindi, quello che si dice il successore di Pietro può sciogliere, in certi casi, persino il matrimonio! Prima di proseguire e dire quali sono questi casi in cui la chiesa romana può sciogliere il matrimonio è bene fare presente che la legislazione canonica quando parla di divorzio non adopera il termine divorzio ma il termine ‘scioglimento del vincolo’; tutto questo, è evidente, per non fare apparire che la chiesa cattolica romana, in alcuni casi, è a favore del divorzio quindi contro l’indissolubilità del matrimonio.[639] Le circostanze in cui, secondo la legislazione canonica, la chiesa romana può sciogliere il vincolo matrimoniale sono chiama­te impedimenti dirimenti ed annullano il matrimonio tra battezza­ti, il matrimonio di non battezzati e il matrimonio misto.

Esse sono le seguenti.

1) L’inconsumazione: ‘Il matrimonio non consumato fra battezzati o tra una parte battezzata e una non battezzata, per una giusta causa può essere sciolto dal Romano Pontefice, su richiesta di entrambi le parti o di una delle due, anche se l’altra fosse contraria’.[640] Le ragioni della inconsumazione possono essere diverse, tra cui anche quella di impotenza da parte di uno e di entrambi i coniugi perché, come dice il Codice di diritto canonico: ‘L’impotenza copulativa antecedente e perpetua, sia da parte dell’uomo sia da parte della donna, assoluta o relativa, per sua stessa natura rende nullo il matrimonio’.[641]

2) L’ordine sacro: ‘Attentano invalidamente il matrimonio coloro che sono costituiti nei sacri ordini’,[642] ciò significa che nel caso l’uomo diventi un prete, l’uso delle nozze già contratte diventa illeci­to e di conseguenza il matrimonio viene sciolto.

3) Il voto solenne: il Codice di diritto canonico afferma quanto segue: ‘Attentano invalidamente il matri­monio coloro che sono vincolati dal voto pubblico perpetuo di castità emesso in un istituto religioso’.[643] Quindi chi entra nei Francescani o nei Benedettini, per esempio, rende nullo il suo matrimonio.

4) Il privilegio della fede: ‘Il matrimonio celebrato tra due non battezzati, per il privilegio paolino si scioglie in favore della fede della parte che ha ricevuto il battesimo, per lo stesso fatto che questa contrae un nuovo matrimonio, purché si separi la parte non battezzata. § 2. Si ritiene che la parte non battezzata si separa se non vuole coabitare con la parte battezzata o non vuole coabitare pacificamente senza offesa al Creatore, eccetto che sia stata questa a darle, dopo il battesimo, una giusta causa per separarsi’.[644] Questo privilegio viene chiamato privilegio paolino perché la curia romana dice che è stato promulgato da Paolo quando ha detto: “Ma agli altri dico io, non il Signore: Se un fratello ha una moglie non credente ed ella è contenta di abitar con lui, non la lasci; e la donna che ha un marito non credente, s’egli consente ad abitar con lei, non lasci il mari­to; perché il marito non credente è santificato nella moglie, e la moglie non credente è santificata nel marito credente; altri­menti i vostri figliuoli sarebbero impuri, mentre ora sono santi. Però, se il non credente si separa, si separi pure; in tali casi, il fratello o la sorella non sono vincolati...”.[645] Secondo l’inter­pretazione data dai teologi papisti a queste parole, se uno dei coniugi (che si sono sposati da non battezzati) si ‘converte’ e si fa battezzare nella chiesa cattolica romana mentre l’altro non vuole ‘convertirsi’ né coabitare pacificamente, il loro matrimonio viene sciolto; e la parte cattolica, con la dispensa pontificia, può passare a nuove nozze con una parte cattolica.[646] Secondo la curia romana lo scopo della dispensa per privilegio paolino è quello di salvare e preservare la fede del coniuge convertito al cattolicesimo.

5) In favore della fede di uno dei coniugi; in questo caso, per gravi situazioni coniugali, la chiesa cattolica romana, per proteggere la fede del coniuge cattolico scioglie il matrimonio celebrato (con dispensa o meno dall’impedimento di disparità di culto) tra la parte cattolica e la parte non battezzata, ossia essa scioglie un matrimonio misto. Alcuni casi di scioglimento fra parte cattolica e parte non battezzata: Pio XII, 18 e 24 luglio 1947, 30 Gennaio 1950; Giovanni XXIII, 21 Febbraio e 1 Agosto 1959.[647] C’è un’altra situazione in cui il papa ritiene di potere sciogliere il matrimonio in favore della fede di uno dei due coniugi ed è quello del matrimonio celebrato tra una parte battezzata non cattolica e l’altra non battezzata. Alcuni casi di scioglimento fra parte battezzata non cattolica e parte non battezzata: Pio XI, 2 aprile, 10 luglio e 5 novembre 1924; Pio XII, 1 maggio 1950. La giustificazione che viene addotta a questo agire del papa è questa: ‘La competenza è giustificata non solo nel caso in cui la parte è cattolica ma anche nell’altro caso in cui la parte battezzata non è cattolica, in quanto la Chiesa considera sudditi tutti quelli che hanno ricevuto un battesimo valido in qualsiasi Chiesa cristiana, proprio in virtù della sua unità fondamentale voluta da Cristo nel momento in cui costituì una sola Chiesa; unità affidata da Cristo all’apostolo Pietro e ai successori. La Chiesa li considera sudditi, soprattutto per quanto riguarda la concessione di diritti e privilegi o grazie, benché escluda i battezzati non cattolici da determinati doveri’.[648] Ma c’è di più, il papa ritiene di avere la potestà di sciogliere anche dei matrimoni tra non battezzati senza previa conversione di nessuno dei due coniugi ma solo in favore della fede di terza persona. In altre parole può sciogliere pure il matrimonio tra Maomettani, tra Ebrei, ecc.[649]

6) Il ratto: ‘Non è possibile costituire un valido matrimonio tra l’uomo e la donna rapita o almeno trattenuta allo scopo di con­trarre matrimonio con essa, se non dopo che la donna, separata dal rapitore e posta in un luogo sicuro e libero, scelga sponta­neamente il matrimonio’.[650]

7) Il delitto: ‘Chi, allo scopo di celebrare il matrimonio con una determinata persona, uccide il coniuge di questa o il pro­prio, attenta invalidamente tale matrimonio’.[651]

Quindi, come potete vedere, la chiesa romana proclama sia la indissolubilità del matrimonio che la sua dissolubilità in alcuni casi; come mettere d’accordo le due cose? E’ impossibile farlo, ma come al solito i teologi cattolici romani con i loro sofismi riescono a fare apparire due cose apertamente contraddittorie tra di loro ambedue vere! E per chi rifiuta questi impedimenti dirimenti stabiliti dalla chiesa cattolica romana c’è il seguente anatema: ‘Se qualcuno dirà che la chiesa non poteva stabilire degli impedimenti dirimenti il matrimonio, o che stabilendoli ha errato, sia anatema’.[652]

La chiesa cattolica romana permette i matrimoni misti, cioè permette ai suoi fedeli di sposarsi quelli che essa chiama i Protestanti.[653] E questo anche perché li ritiene dei mezzi che possono contribuire ad avvicinare le Chiese evangeliche a quella cattolica ossia che possono giovare all’ecumenismo che è in corso. In un documento dal titolo Testo comune per un indirizzo pastorale dei matrimoni tra cattolici e valdesi o metodisti sottoscritto il 16 Giugno 1997 si legge che ‘la coppia interconfessionale può contribuire ad avvicinare le comunità, creando occasioni di incontro, dialogo, scambio e, se possibile, momenti di comunione. Le comunità, a loro volta, possono aiutare le coppie interconfessionali promuovendo lo spirito ecumenico ciascuna al proprio interno e nei loro reciproci rapporti, e offrire occasione per rimuovere - per quanto possibile - impedimenti e ostacoli di varia natura (teologica, giuridica, psicologica) che rendono difficile, a coniugi di diversa confessione, vivere insieme la loro vocazione cristiana’.[654] Fino ad alcuni anni fa la chiesa cattolica se un Cattolico si voleva sposare con un Evangelico imponeva ad ambedue, per il rilascio della dispensa di disparità di culto (dato che la diversità di confessione religiosa era considerata un impedimento), delle condizioni contenute in un documento intitolato Cauzioni che debbono essere date da entrambi gli sposi per ottenere la dispensa dall’impedimento di mista religione o di disparità di culto, che gli sposi dovevano firmare; eccole.

-  Per la parte cattolica:

Io sottoscritta di religione cattolica, prossima a contrarre matrimonio con... di religione... toccando il S. Vangelo dichiaro e giuro:

   1) Farò battezzare ed educare nella religione cattolica tutti i figli e le figlie che avrò dalla mia unione con detto mio sposo;

   2) Non mi presenterò né prima né poi per un simile atto di matrimonio dinanzi al ministro di culto non cattolico;

   3) Esigerò piena libertà per me e per i miei figliuoli nel praticare la religione cattolica;

   4) Procurerò per quanto potrò la conversione del mio sposo alla religione cattolica.

In fede di questa mia giurata promessa mi sottoscrivo....

-  Per la parte non cattolica:

Io sottoscritto di religione...prossimo a contrarre matrimonio con... di religione cattolica, prometto con giuramento nel nome Santo di Dio:

   1) di fare battezzare tutti i figli e tutte le figlie che avrò dalla mia unione con detta mia sposa.

   2) di lasciare libera la mia sposa nella professione della sua fede cattolica;

   3) di non presentarmi mai per questo mio matrimonio dinanzi al ministro di culto non cattolico.

Tanto prometto e giuro di osservare nel Nome Santo di Dio ed in fede di questa mia giurata promessa firmo il presente atto...[655].

Ma, ‘il nuovo Codice di diritto canonico ha tolto l’impedimento e, per quanto riguarda la coerenza religiosa e l’educazione dei figli, esige solo dalla parte cattolica l’impegno a comportarsi in conformità alla propria fede e il dovere di rendere noto tale impegno al proprio partner’.[656]

Ecco infatti quanto esso afferma a riguardo dei matrimoni misti: ‘Il matrimonio fra due persone battezzate, delle quali una sia battezzata nella Chiesa cattolica o in essa accolta dopo il battesimo e non separata dalla medesima con atto formale, l’altra invece sia iscritta a una Chiesa o comunità ecclesiale non in piena comunione con la Chiesa cattolica, non può essere celebrato senza espressa licenza della competente autorità’,[657] ed ancora: ‘L’Ordinario del luogo, se vi è una causa giusta e ragionevole, può concedere tale licenza; ma non la conceda se non dopo il compimento delle seguenti condizioni: 1° la parte cattolica si dichiari pronta ad allontanare i pericoli di abbandonare la fede e prometta sinceramente di fare quanto è in suo potere perché tutti i figli siano battezzati ed educati nella Chiesa cattolica; 2° di queste promesse che deve fare la parte cattolica, sia tempestivamente informata l’altra parte, così che consti che questa è realmente consapevole della promessa e dell’obbligo della parte cattolica; 3° entrambe le parti siano istruite sui fini e le proprietà essenziali del matrimonio, che non devono essere escluse da nessuno dei due contraenti’.[658]

Confutazione

Il matrimonio non è un ordinamento istituito da Cristo

 

Noi non accettiamo il matrimonio come ordinamento istituito da Cristo, e questo perché il matrimonio non é stato istituito da Gesù Cristo (come invece lo sono stati il battesimo e la cena del Signore) ma è stato da lui solo confermato perché esso fu isti­tuito da Dio al principio della creazione quando Dio fece con una costola dell’uomo una donna e la menò all’uomo e disse: “L’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua moglie, e saran­no una stessa carne”.[659] Certo, esso è una cosa santa e giusta isti­tuita da Dio ma non possiamo accettarlo come un ordinamento cioè come un rito ordinato da Cristo al pari della cena del Signore e del battesimo, anche perché dall’insegnamento del Signore Gesù e da quello dell’apostolo Paolo emerge che il rito del matrimonio non é imposto a tutti coloro che hanno creduto come invece lo sono il rito del battesimo e quello della cena del Signore. Il battesimo é obbligatorio perché Gesù ha detto ai suoi discepo­li: “Andate dunque, ammaestrate tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figliuolo e dello Spirito Santo...”,[660] e: “Chi avrà creduto e sarà stato battezzato sarà salvato”;[661] e così pure la cena del Signore è obbligatoria perché Gesù nella notte in cui fu tradito, sia quando diede il pane che quando diede il calice ai suoi discepoli disse: “Fate questo in memoria di me”:[662] Ma la stessa cosa non si può dire del matrimonio perché Gesù non ha ordinato a tutti di sposarsi perché ha ammesso che ci sono alcuni che hanno ricevuto da Dio la grazia di non contrarre matrimonio secondo che é scritto: “Non tutti son capaci di praticare questa parola, ma quelli soltanto ai quali é dato”,[663] ed anche “Chi é in grado di farlo, lo faccia”;[664] e questo lo ha confermato Paolo dicendo: “Io vorrei che tutti gli uomini fossero come son io; ma ciascuno ha il suo proprio dono da Dio; l’uno in un modo, l’altro in un altro”.[665]

Il fatto poi che le Scritture rappresentano l’unione tra Cristo e la Chiesa con il matrimonio tra l’uomo e la donna non giustifica affatto la definizione di sacramento data dai Cattolici al matri­monio. Perché esso non viene contratto per ricordare o per signi­ficare l’unione tra Cristo e la Chiesa, ma solo perché due perso­ne si amano e decidono di volere vivere assieme. E questo lo ricordiamo risale ancora a prima della venuta di Cristo. Se è per questo allora bisognerebbe stabilire come ordinamenti molte altre cose tra cui anche la festa della Pasqua perché essa rappresenta la nostra pasqua, cioè Cristo, la quale é stata immolata per noi. E chi potrebbe obbiettare qualcosa al fatto che Gesù mangiò la Pasqua con i suoi discepoli? Ma noi non ci permet­tiamo di stabilire ordinamento una festa giudaica come la Pasqua (che fu istituita da Dio come ombra di qualcosa che doveva avve­nire) solo per il fatto che essa abbia un inequivocabile signifi­cato spirituale e perché Gesù stesso la celebrò in osservanza alla legge mosaica.

Ma vi è da dire pure questa cosa, e cioè, che il fatto che i Cattolici abbiano chiamato il matrimonio sacramento é dovuto ad un errore di traduzione esistente nella Vulgata, ossia nella traduzione latina della Bibbia fatta da Girolamo, che è bene ricordare il concilio di Trento decretò che ‘si debba ritenere come autentica nelle pubbliche letture, nelle dispute, nella predicazione’.[666] L’errore è il seguente: nella lettera di Paolo agli Efesini è scritto: “Chi ama sua moglie ama se stesso. Poiché niuno ebbe mai in odio la sua carne; anzi la nutre e la cura teneramente, come anche Cristo fa per la Chiesa, poiché noi siamo membra del suo corpo. Perciò l’uomo lascerà suo padre e sua madre e s’unirà a sua moglie, e i due diverranno una stessa carne. Questo mistero é grande; dico questo, riguardo a Cristo ed alla Chiesa”,[667] ma nella Vulgata la parola greca mysterion che significa mistero é stata tradotta con la parola latina sacramentum. E così i Cattolici romani, siccome che Paolo ha rappresentato l’amore che un marito deve avere verso la propria moglie con l’amore che Cristo manife­sta verso la sua Chiesa che è il suo corpo, aiutati dalla parola sacramentum hanno fatto diventare il matrimonio un sacramento.[668] Questa è un’ulteriore prova di quanto possa influire negativamen­te sia la cattiva traduzione e sia la cattiva interpretazione di un solo termine della Parola di Dio!

Per quanto riguarda poi il fatto che essi dicano che il matrimo­nio conferisca una particolare grazia a chi lo contrae non è vero perché secondo la Scrittura il matrimonio in sé stesso, non avendola, non conferisce la grazia di convivere santamente e di allevare cristianamente i figli.

Vorrei fare ora delle considerazioni sul matrimonio.

-  Come il battesimo dei fanciulli non conferisce nessuna grazia al neonato perché é risaputo che esso non nasce affatto di nuovo mediante quel versamento di acqua sul suo capo; così nella stessa maniera il matrimonio non conferisce la grazia, di cui i teologi papisti parlano, a coloro che lo contraggono.

-  I Cattolici romani che sono stati battezzati per infusione non avendo ancora creduto nel Vangelo anche se si sposano non possono convivere santamente e non possono allevare cristianamente i loro figli appunto perché essi stessi non sono ancora dei Cristiani perché vivono senza Cristo. Sono senza Cristo, vivono senza Cristo, come possono adempiere quindi la Parola di Dio senza la grazia di Dio? Solo quando nasceranno di nuovo saranno in grado con la grazia di Dio di vivere santamente e di allevare i loro figli in ammonizione del Signore e in ogni disciplina; non prima. A conferma di ciò vi sono tutte quelle testimonianze di quelle coppie (di ex-Cattolici romani) che si sono convertite al Signore e sono entrati così a fare parte della famiglia di Dio i quali ci hanno confermato di avere cominciato a vivere santamente e ad allevare i loro figli cristianamente solo dopo la loro conversio­ne essendo stati impossibilitati a farlo prima a motivo del peccato che li dominava e della schiavitù della religione catto­lica romana, falsamente chiamata cristiana.

I coniugi credenti devono convivere in modo degno del Vangelo perché questa è la volontà di Dio secondo che é scritto: “Mogli, siate soggette ai vostri mariti, come si conviene nel Signore”,[669] e: “Mariti, convivete con esse colla discrezione dovuta al vaso più debole che é il femminile. Portate loro onore, poiché sono anch’esse eredi con voi della grazia della vita, onde le vostre preghiere non siano impedite”.[670] E i padri devono allevare degna­mente i loro figli secondo che é scritto: “E voi, padri, non provocate ad ira i vostri figliuoli, ma allevateli in disciplina e in ammonizione del Signore”.[671] Tutti questi sono comandamenti che essi devono osservare e li possono osservare solo con la grazia che procede da Dio. Dico che essi possono osservarli con la grazia che viene dal Signore perché Gesù ha detto: “Senza di me non potete far nulla”.[672]

Per certo noi teniamo il matrimonio in onore come é giusto che sia, ma non gli attribuiamo nessuna grazia santificante o aiutan­te come fanno i Cattolici romani, appunto perché esso, non avendo­la in se stesso, non la conferisce. E poi, se il matrimonio è un sacramento, come i teologi papisti dicono, come mai la chiesa romana lo vieta ai preti? La risposta è: ai preti il matrimonio non conferirebbe nessuna grazia! Ma non è forse questa una delle tante contraddizioni in cui cade la curia romana interpretando a suo piacimento la Parola di Dio?

Una parola infine a riguardo dell’affermazione che Gesù elevò il matrimonio alla dignità di sacramento alle nozze di Cana di Galilea. Essa è una menzogna perché la Scrittura non dice nulla a tale riguardo; essa dice solo che Gesù fu invitato a quelle nozze con i suoi discepoli e che mentre vi partecipava fece il primo dei suoi miracoli, mutò l’acqua in vino. Ecco che cosa di certo Gesù fece a quelle nozze.

Diletti, come potete vedere i teologi papisti non si arrendono dinanzi al fatto che in nessun luogo del Nuovo Testamento viene detto che Gesù istituì il sacramento del matrimonio e attribuiscono a Gesù una cosa che egli non compì mai pur di sostenere la sacramentalità del matrimonio. Ancora una volta si deve dunque constatare quanto dannoso sia dare retta a insegnamenti errati perché ciò porta a fare dire alla Scrittura quello che essa non dice attribuendo a Gesù o agli apostoli parole e atti che essi giammai dissero e compierono mettendosi così contro la Parola di Dio.

Non è affatto vero che il matrimonio civile non è un vero matrimonio o è un matrimonio nullo

 

Era inevitabile che la chiesa cattolica romana elevando il matrimonio al rango di sacramento si mettesse a disprezzare il matrimonio compiuto solo civilmente senza il suo rito religioso ossia senza la sua funzione religiosa e benedizione. Lo abbiamo ben visto; per essa coloro che non si sposano in uno dei suoi luoghi di culto ma solo in municipio rinnegano apertamente la dottrina di Cristo, fanno un matrimonio nullo per cui si metterebbero a vivere nel peccato e costituirebbero una famiglia sul peccato, oltre che non potrebbero neppure accostarsi ai suoi sacramenti, e quando muoiono gli si dovrebbe negare la sepoltura religiosa.

Noi rigettiamo tutto quanto essi dicono a tale proposito perché procede dal diavolo che è padre della menzogna. Il matrimonio, non essendo un ordinamento o un rito religioso che Cristo ha istituito e di cui ne ha lasciato l’amministrazione alla sua Chiesa, come invece nel caso del battesimo e della santa cena, anche se viene compiuto solo in municipio ha tutto il valore di quello che viene compiuto in un luogo di culto della chiesa cattolica o in un locale di culto di una Chiesa evangelica. Dico nel luogo di culto della chiesa cattolica perché noi riconosciamo il matrimonio cattolico anche se non condividiamo la sua sacramentalità, e nel locale di culto di una Chiesa evangelica perché oggi molti pastori hanno l’autorizzazione da parte dello Stato di sposare e quantunque non condividiamo che un pastore ricerchi questa autorizzazione statale per mettersi a sposare i credenti noi riconosciamo come pienamente valido quel matrimonio.

L’autorità statale ha il potere di sposare due cittadini e siccome essa è stata ordinata da Dio secondo che è scritto: “Le autorità che esistono, sono ordinate da Dio”[673] quando due persone vengono da essa sposate vengono unite da Dio e perciò il loro matrimonio è valido. Non importa proprio nulla se essi rifiuteranno di non andare davanti ad un prete o davanti ad un pastore a sposarsi, il loro matrimonio rimane valido e chi oserà sprezzarlo perché privo del rito religioso (sia cattolico che evangelico) o perché non fatto esclusivamente davanti ad un ministro di culto riconosciuto dallo Stato avente potere di sposare tiene un comportamento sbagliato davanti a Dio di cui si deve pentire. Avete dunque compreso perché molti Cattolici che non frequentano mai il loro luogo di culto quando si devono sposare ci tengono a farsi sposare dal prete? Perché nel caso contrario, cioè se decidessero di sposarsi solo civilmente, si attirerebbero l’inimicizia della chiesa papista e le male parole di quei Cattolici che reputano il matrimonio un sacramento istituito da Cristo per cui esso è sacro solo se ministrato da un prete. Anche il sacramento del matrimonio dunque serve alla curia romana per tenere schiave sotto di sé tante anime.

Il controllo delle nascite si oppone alla Parola di Dio perché Dio ha comandato all’uomo e alla donna di moltiplicare

 

La Scrittura dice: “Crescete e moltiplicate e riempite la terra”,[674] ed altrove che la donna “sarà salvata partorendo figliuoli, se persevererà nella fede, nell’amore e nella santificazione con modestia”.[675] Queste parole fanno chiaramente capire che Dio ordina all’uomo di generare e alla donna di partorire figli. Avere figli perciò non è qualcosa di facoltativo ma di obbligatorio agli occhi di Dio. Quanti figli? Quanti ne vuole dare Dio; non sono marito e moglie quindi a decidere quanti figli avere ma Dio, questo significa che essi non devono fare nulla per impedire il concepimento. Si lasci a Dio di fare quello che Egli vuole; che sia lui a impedire che la donna rimanga incinta. Non si dimentichi mai che Dio oltre ad essere buono è saggio, giusto ed è in grado di supplire ad ogni bisogno e perciò quei coniugi che affidano interamente a lui la pianificazione della loro famiglia non avranno mai da pentirsi di essersi abbandonati nelle mani di Dio perché non rimarranno né confusi e neppure delusi. E’ vero, saranno probabilmente chiamati (da taluni che si reputano savi e intelligenti) ingenui, sprovveduti, bestie senza ragione, ecc. ma questo avverrà a motivo di giustizia e non perché essi sono dati al male. I figli sono un eredità che viene da Dio, e costituiscono un premio, e sono paragonati dalla Scrittura a delle frecce in mano di un prode. E coloro che ne hanno il turcasso pieno sono dichiarati beati.[676] Al bando dunque le ennesime ciance del magistero cattolico romano che ingannano le persone. O Cattolici romani fino a quando andrete dietro a questa dottrina perversa del magistero romano: convertitevi dalle vostre vie malvagie al Signore e mettetevi a fare figli (non vi opponete a Dio e non vi preoccupate perché sarà Dio stesso a regolare la loro nascita e a provvedere tutto ciò di cui essi hanno bisogno) e ad allevarli nel timore di Dio!

Il vincolo matrimoniale si scioglie solo con la morte di uno dei due; solo allora l’uomo o la donna possono contrarre un altro matrimonio senza rendersi colpevoli di adulterio

 

Gesù ha detto: “Non avete voi letto che il Creatore da principio li creò maschio e femmina, e disse: Perciò l’uomo lascerà il padre e la madre e s’unirà con la sua moglie e i due saranno una sola carne? Talché non son più due, ma una sola carne; quello dunque che Iddio ha congiunto, l’uomo nol separi”;[677] facendo chiara­mente capire che l’uomo non deve separare ciò che Dio ha unito. Non è abbastanza chiaro? Ma che vanno dunque cianciando i papi quando dicono che essi hanno ricevuto da Dio la potestà di scio­gliere i matrimoni? Il Figlio di Dio ha detto per ordine di Dio: “L’uomo nol separi”, e il papa dei Cattolici dice che in nome di Cristo può sciogliere i matrimoni! A chi dobbiamo credere dunque? Al papa? Affatto; perché egli mente, come hanno mentito i suoi predecessori. Lui non ha ricevuto da Cristo nessun potere di sciogliere i matrimoni perché Cristo non può rinnegare se stesso. Cristo, dopo essere stato assunto in cielo, non cambiò idea sull’indissolubilità del matrimonio, e non rivelò a Pietro che egli aveva il potere di sciogliere persino i matrimoni in certi casi e che doveva trasmettere questa potestà ai suoi successori. Questa è la ragione per cui noi rigettiamo e dichiariamo una impostura l’affermazione papale che dice che il papa può scio­gliere il matrimonio in virtù dell’autorità divina ricevuta da Cristo. Sì, lo sappiamo che il papa usa le parole che Gesù rivol­se a Pietro: “Tutto ciò che avrai legato sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che avrai sciolto in terra sarà sciolto nei cieli”[678] per difendere lo scioglimento del matrimonio che egli opera; ma non ci meravigliamo più di tanto di questo suo illegit­timo uso di queste parole di Cristo. Basta considerare che nel passato ci sono stati papi come Gregorio VII e Innocenzo III che hanno preso queste parole per sostenere che il papa aveva ricevu­to da Cristo il potere di stabilire e deporre i re e di scioglie­re i loro sudditi dall’obbligo di fedeltà verso di loro (quando la Scrittura afferma di essere sottoposti alle autorità civili perché sono stabilite da Dio), per comprendere che non c’è da meravigliarsi di quello che essi dicono a riguardo del potere di sciogliere il matrimonio. Ma prescindendo dal fatto che il papa non ha il potere di scio­gliere il matrimonio, ossia dal fatto che egli non ha ricevuto da Cristo l’autorità divina di concedere dispense per il divorzio nei casi prima citati, vogliamo dire alcune altre cose.

Innanzi tutto Gesù dice in Matteo che “chiunque manda via sua moglie, quando non sia per cagion di fornicazione, e ne sposa un’altra, commette adulterio”;[679] ed in Luca: “Chiunque manda via la moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio”,[680] il che significa che l’uomo ha il diritto di mandare via la propria moglie solo se questa le è infedele, e dopo averla mandata via, finché sua moglie è in vita, non ha il diritto di contrarre un nuovo matri­monio perché se lo facesse commetterebbe adulterio lui stesso. Quindi la sola causa legittima per mandare via la propria moglie è l’adulterio; non si può mandarla via per altre cause, perché chi lo fa, la fa essere adultera. Ma quantunque la moglie venga mandata via dal marito a giusta ragione in questo caso, il marito non può passare a seconde nozze, perché questo significherebbe per lui commettere adulterio. Nel caso poi la moglie si separa dal marito o perché questo le è stato infedele o per altre ragioni, dice Paolo: “Rimanga senza maritarsi o si riconcilî col marito”.[681] Naturalmente la riconciliazione (nel caso il marito le è stato infedele), che implica anche il ritorno a vivere con il marito, può avvenire solo nel caso il marito chiede perdono e abbandona il suo peccato. Le nuove nozze sono vietate alla donna che si separa dal marito anche nel caso questa separazione avviene a motivo dell’infedeltà del marito; e questo perché la Scrittura dice: “La moglie è vincolata per tutto il tempo che vive suo marito”,[682] ed anche che “se mentre vive il marito ella passa ad un altro uomo, sarà chiamata adultera”.[683] Anche in questo caso solo la morte del marito scioglie il vincolo matrimoniale e permette alla donna di risposarsi secondo che è scritto: “Ma se il marito muore, ella è libera di fronte a quella legge; in guisa che non è adultera se divien moglie d’un altro uomo”.[684] E’ la morte, e nient’altro che scioglie il matrimonio; quindi il papa dei Cattolici dà l’avvallo all’adulterio quando dà la di­spensa per risposarsi a persone che hanno il coniuge ancora in vita.

Vediamo adesso di confutare alcuni di questi impedimenti dirimen­ti.

L’impotenza di uno dei coniugi non dà affatto all’altra parte né il diritto di mandare via l’altra parte, e neppure quello di sposarsi di nuovo, nella stessa maniera in cui non annulla il vincolo matrimoniale la sterilità della donna o dell’uomo. Ci troviamo davanti all’ennesimo precetto papista contraddittorio.

Anche il fatto di passare a un ordine maggiore della chiesa cattolica romana o in uno dei suoi istituti religiosi (quantunque sia errato volere entrare nell’ordine e negli istituti religiosi) non annulla il vincolo matrimoniale. La Scrittura non dice che se un credente sposato riceve dal Signore un particolare ministero da adempiere nella Chiesa, questi automaticamente è sciolto dal vincolo matrimoniale, o deve reputare illecito l’uso delle nozze dal momento che viene costituito dal Signore in quel ministero. L’apostolo Pietro quando fu stabilito apostolo dal Signore era sposato; ma non dichiarò il suo matrimonio nullo dal momento che ricevette da Cristo quel ministero. Egli fu costituito da Gesù anche vescovo perché Gesù gli ordinò di pascere le sue pecore e questo è confermato dal fatto che lui dice nella sua prima epi­stola di essere un anziano, ma non per questo il suo matrimonio fu annullato dall’ordine divino rivoltogli dal Signore, perché se lui avesse ripudiato la sua moglie per questa ragione lui l’avrebbe fatta adultera. La chiesa cattolica romana afferma che per servire efficacemente nella chiesa come prete, bisogna essere sciolti dal matrimonio già contratto; questa è una dottrina di demoni. La Scrittura non afferma affatto che un uomo non può servire efficacemente Dio nell’ufficio di vescovo, o in un particolare ministero, se è sposato; anzi dobbiamo dire che essa per quanto riguarda l’uffi­cio di vescovo afferma proprio il contrario, perché dice che il vescovo deve essere marito di una sola moglie e deve sapere governare bene la sua famiglia.

Per quanto riguarda il cosiddetto privilegio paolino diciamo che esso è una invenzione (di chi non sappiamo) perché non esiste. Paolo, dicendo ai Corinzi: “In tali casi, il fratello o la sorella non sono vincolati”,[685] non ha inteso dire che se il non credente si separa il credente è libero di sposarsi, ma ha detto solo che in questi casi, cioè nel caso il non credente non è più contento o disposto a coabitare con il credente e decide di separarsi dal credente, il credente non è obbligato più a non lasciare il non credente. Bisogna stare attenti a tutti questi privilegi che la curia romana ha fatto spuntare fuori dalla Bibbia nel corso del tempo dando arbitrarie interpretazioni alla Bibbia. Quanti privilegi hanno i preti! quanti privilegi hanno i vescovi! e quanti ancora più numerosi privilegi ha il papa! E tutti, a loro dire, sono scritti nella Bibbia.

Per quanto riguarda infine gli altri impedimenti dirimenti, siamo persuasi che, secondo quello che insegna la Scrittura, anche questi non rendono affatto nullo il matrimonio.

Nel caso del ratto possiamo citare un passo della legge che anche se non dice che l’uomo può sposare una donna rapita in vista del matrimonio, fa capire che anche un tale matrimonio è legittimo. E’ scritto infatti nel Deuteronomio: “Quando andrai alla guerra contro i tuoi nemici e l’Eterno, il tuo Dio, te li avrà dati nelle mani e tu avrai fatto dei prigionieri, se vedrai tra i prigionieri una donna bella d’aspetto, e le porrai affezione e vorrai prendertela per moglie, la menerai in casa tua; ella si raderà il capo, si taglierà le unghie, si leverà il vestito che portava quando fu presa, dimorerà in casa tua, e piangerà suo padre e sua madre per un mese intero; poi entrerai da lei, e tu sarai suo marito, ed ella tua moglie”.[686] Ma a tale riguardo voglia­mo citare pure un episodio narrato nel libro dei Giudici che parla di matrimoni avvenuti con il rapimento della donna, al fine di dimostrare come il vincolo matrimoniale non è affatto sciolto dal ratto della donna. Vi era stata una guerra tra i figliuoli d’Israele e la tribù di Beniamino. Migliaia di Beniaminiti erano stati messi a morte e molte delle loro città erano state date alle fiamme.[687] I figliuoli d’Israele avevano giurato di non dare le loro figliuole ai Beniaminiti,[688] ma dopo la guerra i figliuoli d’Israele si pentirono di quello che avevano fatto a Beniamino e si domandarono come avrebbero potuto provvedere delle donne ai superstiti di Beniamino dato che avevano giurato di non dare loro nessuna delle loro figliuole.[689] Scoprirono che tra coloro che erano saliti a Mitpsa non c’erano gli abitanti di Jabes di Galaad, e perciò mandarono a sterminare gli abitanti di quella città assie­me alle donne che avevano avuto relazioni carnali con l’uomo. Tra gli abitanti di questa città trovarono quattrocento fanciulle che non avevano avuto relazioni carnali con l’uomo e le menarono al campo, a Sciloh, e poi le dettero ai Beniaminiti.[690] Ma siccome non ve ne erano abbastanza per tutti,[691] gli anziani della raunanza dettero quest’ordine ai figliuoli di Beniamino: “Andate, fate un’imboscata nelle vigne; state attenti, e quando le figliuole di Sciloh usciranno per danzare in coro, sbucherete dalle vigne, rapirete ciascuno una delle figliuole di Sciloh per farne vostra moglie, e ve ne andrete nel paese di Beniamino... E i figliuoli di Beniamino fecero a quel modo; si presero delle mogli, secondo il loro numero, fra le danzatrici; le rapirono, poi partirono e tornarono nella loro eredità...”.[692] Sia ben chiaro però che queste Scritture non autorizzano l’uomo a rapire la donna per sposarsela perché, come potete vedere, esse fanno riferimento a delle parti­colari circostanze, ma comunque riteniamo che esse annullano il precetto della chiesa romana relativo all’impedimento del ratto.

Nel caso del delitto occorre dire che nella Scrittura abbiamo un esempio di come persino l’omicidio contro il coniuge dell’altro non annulla il matrimonio stabilito tra l’omicida e il coniuge rimasto vedovo; è il caso dell’uccisione di Uria lo Hitteo da parte di Davide. La Scrittura dice che Davide dopo avere commesso adulterio con Bath-Sheba, la moglie di Uria lo Hitteo, gli fece morire il marito e se la prese per moglie.[693] Rese nullo il suo matrimonio con Bath-Sheba il suo gesto criminale? Affatto. Attenzione; non per questo però possiamo dire che Davide fece bene, perché la Scrit­tura dice: “Quando la moglie di Uria udì che Uria suo marito era morto, lo pianse; e finito che ella ebbe il lutto, Davide la mandò a cercare e l’accolse in casa sua. Ella divenne sua moglie, e gli partorì un figliuolo. Ma quello che Davide avea fatto dispiacque all’Eterno”.[694] E di lì a poco Dio punì severamente Davide per l’adulterio e l’omicidio di cui lui si era reso colpe­vole; gli promise che la spada non si sarebbe mai allontanata dalla sua casa, che avrebbe suscitato una sciagura in casa sua, che avrebbe preso le sue mogli e le avrebbe date in mano di un suo prossimo, ed infine che il bambino che gli aveva partorito Bath-Sheba doveva morire. Quindi, quantunque il delitto di Davide non annullò il suo matrimonio, lui fu punito da Dio per esso. Dio è giusto, e lui vendica il sangue di tutti coloro che vengono uccisi a motivo della loro moglie.

Per terminare questo discorso sul divorzio cattolico ritengo sia necessario dire che i Cattolici romani per ottenere lo sciogli­mento del vincolo matrimoniale, e potere così passare a nuove nozze (non passano a nuove nozze solo i chierici), devono ottenere dalla chiesa romana la sentenza di nullità del matrimonio che costa alcuni milioni (a Roma 4 milioni e mezzo). In Italia la ‘Sacra Rota’ concede ogni anno cinquemila sentenze di nullità, mentre nell’intero mondo cattolico ogni anno ‘vengono giudicati nulli almeno 70 mila matrimoni’.[695] Come potete vedere per il papato questa sua ‘potestà’ di sciogliere i matrimoni è una fonte di disonesto guadagno.

I matrimoni misti sono una trappola del diavolo per fare sviare dalla fede e dalla verità i santi

 

Per matrimonio misto o interconfessionale si intende un matrimonio tra un credente ed una incredula, in questo caso specifico tra un credente ed una cattolica romana. Naturalmente se colui che porta il nome di Evangelico o Protestante non è nato di nuovo neppure lui è ancora un credente e quindi il matrimonio con la cattolica romana sarà un matrimonio tra increduli. Sarebbe un matrimonio misto solo di nome ma non di fatto perché ambedue sono ancora sotto la potestà del diavolo quantunque dicano di appartenere a due confessioni religiose diverse.

Fratelli, sappiate che da quello che dice la Scrittura è vietato ad un credente di sposarsi un’incredula perché Paolo dice: “Non vi mettete con gl’infedeli sotto un giogo che non é per voi; perché qual comunanza v’è egli fra la giustizia e l’iniquità? O qual comunione fra la luce e le tenebre? E quale armonia fra Cristo e Beliar? O che v’è di comune tra il fedele e l’infedele? E quale accordo fra il tempio di Dio e gl’idoli? Poiché noi siamo il tempio dell’Iddio vivente..”.[696] Quindi vi esorto a voi che cercate moglie di cercarvela fra le figliuole di Dio e non fra le incredule perché questa è la volon­tà di Dio in verso voi. Ricordatevi che voi siete il tempio di Dio e che in voi dimora lo Spirito di Dio che vi brama fino alla gelosia, e che quindi non potete avere comunione con una donna che è ancora un tempio di idoli. Mi spiego: in voi dimora Dio perché é scritto: “Non sapete voi che siete il tempio di Dio, e che lo Spirito di Dio abita in voi?”,[697] quindi siccome che tra il tempio di Dio e gli idoli quali Maria, Antonio, Giuseppe ed altri che una donna ha innalzato nel suo cuore non vi è nessuna comu­nione, voi per forza di cose non potete andare d’accordo con una cattolica romana che va dietro agli idoli muti. Uso un altro termine di paragone per farvi comprendere quanto sia illusorio pensare di sposarsi un’idolatra e condurre poi una vita felice con lei. Ora, voi sapete che il Padre di tutti coloro che hanno creduto in Cristo é Dio, ma voi sapete anche che il padre di tutti coloro che ancora non sono nati di nuovo è il diavolo. Quindi come Dio non va per nulla d’accordo con Satana che gli é avversario, così anche un figliuolo di Dio non può andare d’accordo con una donna che ancora è sotto la potestà di Satana, e questo perché essa, essendo sotto la sua potestà, é inclinata a fare il male ed a parlare male.

Vi ricordo anche che sotto la legge Dio ordinò ai figliuoli d’Israele di non sposarsi donne appartenenti ai popoli idolatri secondo che é scritto: “Non t’imparenterai con loro, non darai le tue figliuole ai loro figliuoli e non prenderai le loro figliuole per i tuoi figliuoli, perché stornerebbero i tuoi figliuoli dal seguir me per farli servire a dèi stranieri, e l’ira dell’Eterno s’accenderebbe contro a voi...”.[698] Come potete vedere Dio sapeva che se i figliuoli d’Israele si fossero sposati delle donne straniere che andavano dietro agl’idoli esse poi li avrebbero fatti smettere di seguire e servire Dio, e perciò diede questo ordine. Ora, é vero che noi non siamo sotto la legge, é vero che le donne cattoliche non vanno dietro a Malcom, ad Astarte, o a Baal, ma è altresì vero che una donna cattolica romana và dietro ad idoli muti raffiguranti Maria ed altri personaggi del passato e li serve, quindi quest’ordine dato ai figliuoli d’Israele lo possiamo applicare anche a noi che siamo sotto la grazia. Lo ripeto: Dio non vuole che noi suoi figliuoli ci sposiamo delle adoratrici e delle serventi degli idoli della chiesa romana e questo perché sa che esse per certo pervertirebbero il nostro cuore e lo stor­nerebbero dal servire e seguire il Signore. Insomma farebbero nei nostri confronti quello che le mogli straniere fecero nei confronti del re Salomone secondo che è scritto che “le sue mogli gli pervertirono il cuore; cosicché, al tempo della vecchiaia di Salomone, le sue mogli gl’inclinarono il cuore verso altri dèi; e il cuore di lui non appartenne tutto quanto all’Eterno, al suo Dio, come aveva fatto il cuore di Davide suo padre”.[699] E voi sapete che per questo motivo Dio si indignò contro Salomone e lo punì strappandogli il regno e dandolo al suo servo.[700] Badate a voi stessi: non vi appoggiate sul vostro discernimento dicendo in cuore vostro: ‘Ma in fondo in fondo é una brava ragazza anche se ancora non é convertita; sono sicuro che col tempo poi si convertirà!’, perché questo stesso ragionamento perverso lo hanno fatto prima di voi quei credenti che hanno voluto seguire il loro cuore e non il Signore, sposandosi delle ragazze cattoliche romane, e adesso sono pieni di guai e dolori, e conducono una vita infelice. Sono scomparsi dalle raunanze della Chiesa perché hanno abbandonato la comune adunanza; si sono gettati alle loro spalle la Parola del Signore, e loro che pensavano di convertire la loro moglie al Signore si sono convertiti all’andazzo di questo mondo; sono tornati nelle sale da ballo, sono tornati nei cinema, sono tornati negli stadi ad acclamare la squadra di calcio, sono tornati ad agire perversamente, sono tornati al luogo di culto della chiesa cattolica ad assistere alle pompose funzioni religiose di questa pseudochiesa e tutto ciò a motivo di un matrimonio con una infedele, matrimonio che non avrebbero dovuto contrarre per il loro bene.

Se un prete è disposto a sposare una sua par­rocchiana con un credente lavato con il sangue dell’Agnello, un pastore (colui che può, ai sensi della legge italiana, essendo la sua nomina di ministro di culto approvata dal Governo, celebrare matrimonio con effetti civili) non deve per nessuna ragione accettare di sposare una pecora del Signore affidata alla sua sorveglianza con una cattolica romana perché in questo caso acconsentirebbe a un matrimonio ingiusto che avrà nefaste conseguenze sulla vita del caparbio credente. In questa circostanza il pastore deve ubbidire al comando che Paolo diede a Timoteo: “Non parteci­pare ai peccati altrui; conservati puro”[701] e perciò deve rifiutarsi di sposarli. Ma vogliamo anche dire che un pastore, che è tale veramente, deve dissuadere con parole persuasive i credenti celibi dallo sposarsi delle infedeli e questo per evitare che essi si mettano sotto un giogo che non é per loro. Il matrimonio non é qualcosa da prendere alla leggera come fanno molti, perché per mezzo di esso ci si unisce ad una donna carnal­mente e si diventa una sola carne con lei; e poi perché esso si dissolve solo con la morte di uno dei due coniugi e in nessun’al­tra maniera. Il che equivale a dire che un credente che si sposa non può mettersi a pensare: ‘Ma tanto, anche se mi va male c’é il divorzio e mi posso risposare’, perché divorziare dalla propria moglie e sposarsi un’altra donna significa commettere adulterio.

Fratelli che siete preposti a pascere il gregge del Signore, suonate la tromba in seno alla Chiesa di Dio affinché i giovani credenti non rimangano ingannati dalle parole dolci e lusinghiere di quelle infedeli che Satana manda in mezzo al popolo di Dio per sedurre i figliuoli di Dio e farli allontanare dal Signore. E voi, fratelli celibi e sorelle nubili, abbiate piena fiducia nel Signore e domandate a lui il vostro coniuge; Egli é fedele e vi concederà pure il coniuge credente che fa giusto per voi. Ma vi scongiuro nel nome del Signore: ‘Non vi mettete con gli infedeli per il bene dell’anima vostra!’.

CONCLUSIONE

 

Come abbiamo potuto vedere la chiesa cattolica possiede una teologia sacramentaria tutta particolare. Riassumiamola per sommi capi. Il bambino dopo pochi giorni che nasce viene battezzato e fatto cristiano, mediante l’infusione di una acqua che ha il potere di cancellare i peccati; quest’acqua naturalmente opera la stessa cosa anche quando è versata su un battezzando adulto. Dopo il battesimo, viene la cresima con cui il battezzato riceve il sigillo dello Spirito Santo; questo perché un successore degli apostoli, vale a dire un vescovo, impone loro le mani e invoca sui battezzati lo Spirito Santo. Dopo di ciò il battezzato comincerà a prendere la comunione, che non è altro che Cristo stesso, perché il prete che ha ricevuto l’ordine trasforma con delle parole il pane in vero corpo sangue e divinità di Cristo. Quel pane ha il potere di rimettergli i cosiddetti peccati veniali e di preservarlo da quelli cosiddetti mortali. Ma oltre a ciò egli dovrà andarsi a confessare dal prete per ottenere la remissione dei peccati ‘mortali’ compiuti, perché senza l’assoluzione del prete andrebbe all’inferno. Il prete ha questa autorità perché conferitagli dal sacramento dell’ordine. Il Cattolico praticante dunque, impaurito, non mancherà di andare a confessarsi dal prete per ricevere la sua assoluzione. Ma dopo avere ricevuto l’assoluzione egli dovrà compiere opere di soddisfazione per ottenere piena remissione dei suoi peccati, e lucrare le indulgenze. E quindi, egli si darà da fare per guadagnarsi il perdono divino dando denaro alle missioni cattoliche, aiutando i preti nelle parrocchie, andando a fare pellegrinaggi, recitando preghiere ogni giorno, digiunando, ecc. Ma nonostante ciò egli non potrà giammai dire di essere salvato, di essere certo di avere i propri peccati rimessi, perché dire una simile cosa è presunzione. Con il sacramento del matrimonio, naturalmente per essere sacramento deve essere celebrato da un prete, il Cattolico riceverà la grazia di vivere santamente e di allevare cristianamente i suoi figli. Nel caso poi decidesse di rinunciare al matrimonio, per farsi prete, tanto meglio; perché sommamente importante è l’ufficio di prete. Quando poi si troverà malato grave ci sarà l’estrema unzione con cui gli verranno rimessi tutti i peccati, anche quelli che lui non avrà confessati, perché magari in coma profondo e irreversibile. Ma dopo tutto ciò non potrà andare subito in cielo dopo morto. Lo aspetta il purgatorio, luogo terribile, dove deve andare a scontare quel residuo di pena temporanea che ‘noi poveri peccatori’ - dicono i preti - abbiamo. Ma la chiesa lo rassicura; in purgatorio non ci starà per sempre, perché gli verrà in aiuto con la messa, vero sacrificio di Cristo che il prete compie ogni giorno in favore dei vivi e dei morti, e con elemosine, e con le indulgenze. Mediante queste cose gli saranno alleviate le pene, e poi sarà fatto uscire da quel carcere!

A questo punto io domando a voi che vi siete dati all’ecumenismo con i Cattolici: come pensate di andare d’accordo con i Cattolici sapendo tutte queste cose? Non vi rendete conto che da qualsiasi punto prendete il cattolicesimo la dottrina dei sacramenti, così concepita da loro, non la potrete giammai evitare perché la salvezza ‘romana’ passa per forza di cose per questa strada dei sacramenti quali segni efficaci della grazia che rappresentano e conferiscono? Non capite che, in virtù di questa loro dottrina sui sette sacramenti (cito solo questa perché basta solo questa), è impossibile pensare di camminare assieme con i Cattolici? Ma non vi rendete conto che avete a che fare con delle persone schiave di un sistema sacramentale che mena diritto diritto all’inferno e da cui quindi esse devono essere liberate se vogliono ereditare il regno di Dio?


Capitolo 3

 

LA CHIESA

 

La dottrina dei teologi papisti

 

E’ la società dei veri Cristiani i quali professano la fede in Cristo, hanno i sette sacramenti, si sottomettono al papa, che essendo il successore di Pietro è il capo visibile di essa, ed ai vescovi che sono i successori degli apostoli. La chiesa cattolica romana è la unica e vera chiesa perché solo lei è una, santa, cattolica e apostolica. Le altre chiese, quantunque hanno il nome di chiesa, non sono vere chiese. Fuori della chiesa cattolica romana non c’è salvezza. Chi abbandona la chiesa cattolica è un eretico ed apostata.

Ecco cosa insegna il catechismo del Perardi a riguardo della Chiesa: ‘La Chiesa é la società dei veri cristiani, cioè dei battezzati che professano la fede e dottrina di Gesù Cristo, partecipano ai suoi Sacramenti e ubbidiscono ai Pastori stabiliti da Lui’.[702]

Vediamo adesso qual’è il significato di queste parole che tro­viamo sempre nello stesso catechismo: ‘sono cristiani tutti coloro che hanno ricevuto validamente il Battesimo’[703] e che oltre ad essere battezzati credono ‘esplicitamente le verità che si debbono credere di necessità di mezzo o per precetto, e almeno implicitamente tutte le verità rivelate che Gesù Cristo ci propone per mezzo della Chiesa’;[704] confessano ‘esplicitamente la fede anche a costo della vita quando è necessario’[705] e vivono ‘in conformità dei dettami della Fede, praticandone le opere e osservando i Comandamenti di Dio e della Chiesa’;[706] che ‘partecipano ai suoi Sacramenti, cioè credono (e usano) tutti i sette Sacramenti che Gesù Cristo ha istituito per santificare le nostre anime’,[707] e ubbidiscono ai Pastori stabi­liti da Cristo ‘di cui è capo il Sommo Pontefice’[708] e gli altri ‘sono i Vescovi, che in comunione col Papa reggono e governano la Diocesi loro assegnata’.[709]

Nel catechismo si legge: ‘La Chiesa di Gesù Cristo è la Chiesa Cattolica Romana, perché essa sola è una, santa, cattolica e apostolica, quale Egli la vuole’.[710]

‘La Chiesa è una perché tutti i suoi membri ebbero, hanno ed avranno sempre unica la fede, il sacrificio, i Sacramenti e il capo visibile, il Romano Pontefice, successore di san Pietro (...) La nostra Chiesa risponde a tutte queste condizioni di unità. Essa ha: 1) Unica la fede, cioè quella di Gesù Cristo predicata dagli Apostoli. Noi crediamo le stesse verità che furono credute dai cristiani di ogni luogo e tempo passato (...) 2) Unico il sacrificio, cioè la santa Messa, incruenta rinnovazione e rappresentazione del sacrificio della Croce (..) 3) I sette Sacramenti che Gesù Cristo istituì per santificarci, non uno di più, né uno di meno; 4) Il capo visibile, il Romano Pontefice, successore di San Pietro; la nostra Chiesa è retta e governata dal Romano Pontefice..’.[711]

-  La chiesa cattolica romana è santa perché ‘è stata fondata da Gesù Cristo che è santo’ e ‘perché in lei sono santi la dottrina, il sacrificio e i Sacramenti, e tutti sono chiamati a santificarsi; e perché molti realmente furono santi, e sono e saranno’.[712]

-  La chiesa romana è cattolica, cioè universale, ‘perché è istituita e adatta per tutti gli uomini e sparsa su tutta la terra’.[713]

-  La chiesa romana è apostolica ‘perché è fondata sugli Apostoli e sulla loro predicazione, e governata dai loro successori, i Pastori legittimi, i quali, senza interruzione e senza alterazione, seguitano a trasmetterne e la dottrina e il potere’.[714]

‘La Chiesa di Gesù Cristo, detta per eccellenza Cattolica, si chiama pure Romana, o Romana Cattolica, appunto perché il suo capo visibile, colui che la regge e governa in nome di Gesù Cristo, è il Vescovo di Roma, il successore di san Pietro nella sede romana’.[715]

Tutti coloro che non sono stati battezzati da fan­ciulli (o da adulti) in seno alla chiesa romana, o che rifiutano di credere tutto o in parte quello che essa insegna, o che negano qualcuno dei loro sacramenti, o rifiutano di ubbidire al papa ed ai suoi vescovi, non sono dei veri cristiani perché non appar­tengono alla Chiesa di Gesù Cristo che è la chiesa cattolica romana. Si legge infatti nel catechismo: ‘Qual’è la Chiesa di Gesù Cristo? La Chiesa di Gesù Cristo è la Chiesa Cattolica-Romana’;[716] ‘chi non è battezzato non è cristiano’,[717] ‘gli ereti­ci, che negano o tutto o in parte quello che Gesù Cristo ha rivela­to, non appartengono più alla Chiesa quantunque siano stati battezzati’,[718] ‘coloro che dicono di professare la fede di Gesù Cristo, e poi negano l’uno o l’altro dei Sacramenti, non appar­tengono neppure essi alla Chiesa’,[719] ‘coloro che rifiutano di riconoscere e di ubbidire il Papa e il rispettivo Vescovo non sono veri cristiani’.[720]

Gli eretici sono i battezzati che si ostinano a non credere qualche verità rivelata da Dio e insegnata dalla Chiesa, per esempio, i protestanti (...) Sono apostati i battezzati i quali, con qualche atto esterno, rinnegano, ripudiano la fede cattolica già professata. Non è perciò apostata (quantunque reo di gravissima colpa) il cristiano che ne trascura i doveri, ma quegli che con un atto esterno (come sacrificare agl’idoli, abiurare la fede cattolica, praticare un culto anticristiano, passare al prote­stantesimo, ecc.) rinnega la fede prima professata’.[721]

Bonifacio VIII (1294-1303) affermò: ‘C’è una sola Santa Chiesa Cattolica e Apostolica, al di fuori della quale non esiste salvezza né remis­sione dei peccati’.[722] Secondo questo papa, tutti coloro che si trovavano fuori dalla chiesa romana andavano in perdizione perché essa era l’arca della salvezza e chi ne era fuori sarebbe annegato. Il loro ‘sacrosanto’ concilio di Firenze (1439-1443) ha confermato ciò dicendo che la sacrosanta chiesa romana ‘crede, fermamente, confessa e predica che nessuno di quelli che sono fuori della chiesa cattolica, non solo pagani, ma anche Giudei o eretici e scismatici, possano acquistare la vita eterna, ma che andranno nel fuoco eterno, preparato per il demonio e per i suoi angeli, se prima della fine della vita non saranno stati aggregati ad essa; e che è tanto importante l’unità del corpo della chiesa, che solo a quelli che rimangono in essa giovano per la salvezza i sacramenti ecclesiastici, i digiuni e le altre opere di pietà, e gli esercizi della milizia cristiana procurano i premi eterni. Nessuno - per quante elemosine abbia potuto fare, e perfino se avesse versato il sangue per il nome di Cristo - si può salvare, qualora non rimanga nel seno e nell’unità della chiesa cattolica’.[723] Ancora oggi questa asserzione è dogma nella chiesa romana. Il suo concilio Vaticano II ha detto infatti: ‘Il santo Concilio (...) insegna, appoggiandosi sulla Sacra Scrittura e sulla Tradizione, che questa Chiesa pellegrinante è necessaria alla salvezza. Infatti solo Cristo, presente per noi nel suo Corpo, che è la Chiesa, è il mediatore e la via della salvezza; ora egli, inculcando espressamente la necessità della fede e del Battesimo, ha insieme confermata la necessità della Chiesa, nella quale gli uomini entrano mediante il Battesimo come per la porta. Perciò non potrebbero salvarsi quegli uomini, i quali, non ignorando che la Chiesa cattolica è stata da Dio per mezzo di Gesù Cristo fondata come necessaria, non avessero tuttavia voluto entrare in essa o in essa perseverare’.[724] In altre parole fuori dalla chiesa cattolica romana ‘non si hanno né i mezzi stabiliti né la guida sicura alla salute eterna. I mezzi stabiliti da Gesù Cristo sono la vera fede, il sacrificio, i Sacramenti ecc.; la guida sicura è la Chiesa docente’,[725] e perciò c’è la perdizione. Sempre il concilio ecumenico Vaticano II ha confermato questo dicendo: ‘Solo per mezzo della cattolica Chiesa di Cristo, che è lo strumento generale della salvezza, si può ottenere tutta la pienezza dei mezzi di salvez­za’.[726]

Per sostenere che la chiesa cattolica romana è la sola vera Chiesa i teologi papisti citano anche il fatto che i Cattolici romani sono centinaia di milioni nel mondo, e che tra di loro avvengono dei miracoli.

Confutazione

Quando si diventa membri della Chiesa di Dio secondo la Scrittura

 

Non si diventa membri della Chiesa di Gesù Cristo quando si viene battezzati da fanciulli in seno alla chiesa romana ma quando si nasce di nuovo, ossia quando si nasce d’acqua e di Spirito. E la nuova nascita il peccatore la sperimenta quando si ravvede dei suoi peccati e crede nel Signore Gesù Cristo; è allora, e solo allora, che egli può considerarsi membro del corpo di Cristo. Quindi sono membri della Chiesa di Dio tutti coloro che sono nati di nuovo secondo l’inse­gnamento del Signore.

Ma questa Chiesa non si può identificare con una particolare denomi­nazione escludendo così tutte le altre perché la Chiesa di Dio è composta da tutti coloro che in ogni luogo a prescindere la denominazione di cui fanno parte hanno sperimentato la nuova nascita. Con questo non vogliamo dire che rimanendo fuori dalla Chiesa di Cristo si può essere lo stesso salvati; affatto, perché noi sappiamo che solo i nati di nuovo erediteranno il regno di Dio ossia coloro che sono membra di Cristo, ma solo che non si può identificare la Chiesa con una particolare denominazione cristiana (e meno che meno con la chiesa cattolica romana che pretende di possedere i soli mezzi, cioè i sacramenti, tramite cui le persone possono essere salvate) escludendo da essa coloro che non ne fanno parte, perché la sua Chiesa è formata da tutti coloro che lo conoscono e sono stati da lui conosciuti e non da persone che hanno il nome di Cristiani ma che non sono rigenera­te.[727]

Qualcuno dirà: ‘Ed il battesimo?’. Esso è un atto che rappresenta la nostra entrata nella Chiesa di Dio dopo essere fuggiti dalla corruzione che è nel mondo per via della concupiscenza (si può anche dire che è un segno esteriore con cui chi ha creduto testimonia la sua entrata nell’assemblea dei riscattati dopo avere vissuto una vita al servizio dell’iniquità e del peccato), che viene ministrato a persone che sono già passate dalla morte alla vita, che sono state già strappate dalla potestà delle tenebre e tra­sportate nel regno di Dio.[728]

Teniamo presente pure, quando parliamo del battesimo, che esso anticamente veniva ministrato il giorno stesso che le persone credevano, e non dopo settimane o mesi; e poi che non era una cerimonia pomposa, come purtroppo è diventato oggi in molti casi, da sembrare un rito magico o qualcosa di simile, quasi che possedesse la virtù di fare diventare Cristiani e membri della Chiesa di Dio. Non è così perché se il battesimo avesse il potere di fare diventare figliuoli di Dio e perciò membri della Chiesa di Dio la fede sarebbe annullata.

La Chiesa di Dio secondo la Scrittura

 

Vediamo ora come viene chiamata e rappresentata la Chiesa di Dio dalla Scrittura, al fine di comprendere e dimostrare perché non si può identificarla con la chiesa cattolica romana.

-  Gesù Cristo ha paragonato la Chiesa ad una vite; egli disse infatti ai suoi discepoli: “Io sono la vera vite, e il Padre mio é il vi­gnaiuolo. Ogni tralcio che in me non dà frutto, Egli lo toglie via; e ogni tralcio che dà frutto, lo rimonda affinché ne dia di più. Voi siete già mondi a motivo della parola che v’ho annunzia­ta. Dimorate in me, e io dimorerò in voi. Come il tralcio non può da sé dar frutto se non rimane nella vite, così neppur voi, se non dimorate in me. Io son la vite, voi siete i tralci”.[729]

Ora, noi ci siamo uniti al Signore e siamo diventati un solo spirito con lui quando ci siamo ravveduti dai nostri peccati ed abbiamo creduto nel suo nome; per questo diciamo di essere entra­ti a fare parte della vite, cioè della casa di Dio. Quindi coloro che non si sono ancora ravveduti e non hanno creduto nel Figliuo­lo di Dio non sono uno con noi in Cristo Gesù, non importa di che Chiesa essi dicono di fare parte, perché non sono dei tralci della vigna di Dio. Come si fa dunque a riconoscere se una perso­na è un tralcio di questa vite? Innanzi tutto dal fatto che possiede la certezza di avere ottenuto la remissione dei peccati (perché si è ravveduto ed ha creduto in Cristo); e poi dai frutti degni del ravvedimento che egli porta osservando i comandamenti di Cristo. In altre parole dal fatto che egli dimora in Cristo e che Cristo dimora in lui. Come si possono dunque definire tralci della vite i Cattolici romani che dicono di non avere la certezza del perdono dei peccati e che sono dati all’idolatria e ad ogni forma di super­stizione? La risposta è: non si può.

-  La Chiesa di Gesù Cristo è l’assemblea di quelli che il Signore ha riscattati dal presente secolo malvagio, cioè di quelli che egli ha tirato fuori dal presente sistema di cose.[730] E noi, essendo stati tirati fuori dal presente secolo, siamo entrati a fare parte di questa santa assemblea: mentre tutti coloro che sono ancora di questo mondo non ne fanno parte, non importa se sono stati battezzati da fanciulli, cresimati o se si comunicano regolarmente. Essi sono nel numero di coloro che la Scrittura chiama “quelli di fuori”[731] e non tra coloro che la Scrittura defini­sce “quelli di dentro”.[732] Ma perché possiamo affermare che i Cattolici romani sono fuori dalla Chiesa di Dio e non dentro, e quindi del mondo e non di Cristo? Perché essi stessi, con la loro stessa bocca, affermano di non essere stati salvati. Non si può infatti definire una persona perduta un membro dell’ekklesia di Dio; perché le pecore perdute sono fuori dall’ovile e non dentro. Ribadiamo però anche che non si possono definire membri della Chiesa di Dio neppure tutti quelli che si dicono Evangelici o Protestanti ma che ancora non sono nati di nuovo. Essi sono perduti e fuori dalla Chiesa alla stessa stregua dei Cattolici romani.

-  La Chiesa è una casa spirituale formata da pietre viventi, cioè da uomini e donne che erano un giorno morti nei loro peccati e dopo sono stati vivificati dallo Spirito Santo; e noi per la grazia di Dio siamo parte di queste pietre viventi. Questo è quello che insegna Paolo quando dice agli Efesini: “E voi pure ha vivificati, voi ch’eravate morti nei vostri falli e nei vostri peccati... Voi dunque non siete più né forestieri né avventizî; ma siete concittadini dei santi e membri della fami­glia di Dio, essendo stati edificati sul fondamento degli aposto­li e dei profeti, essendo Cristo Gesù stesso la pietra angolare, sulla quale l’edificio intero, ben collegato insieme, si va innalzando per essere un tempio santo nel Signore. Ed in lui voi pure entrate a far parte dell’edificio, che ha da servire di dimora a Dio per lo Spirito”.[733] L’apostolo Pietro lo conferma nella sua prima epistola, infatti prima dice agli eletti: “Siete stati rigenerati non da seme corruttibile, ma incorruttibile, mediante la parola di Dio vivente e permanente... come bambini pur ora nati, appetite il puro latte spirituale...”,[734] e poi afferma: “Anche voi, come pietre viventi, siete edificati qual casa spirituale...”.[735] Quindi la Chiesa non può essere identificata con una organizza­zione di persone ancora morte nei loro peccati che corrono dietro agl’idoli muti, e che purtroppo, essendo state ingannate dai loro rettori, pensano di essere rinate e di essere entrate a fare parte della Chiesa di Gesù Cristo quando gli è stata versata sul capo l’acqua ‘benedetta’. Dov’è la vita in loro? Noi vediamo solo morte. Quella morte spirituale nella quale pure noi eravamo immersi nel passato quando eravamo schiavi del peccato. Noi sappiamo bene che cosa significa essere morti nei propri falli; per questo ci esprimiamo con sicurezza quando diciamo che i Cattolici romani sono ancora morti nei loro falli. Non è un giudizio ingiusto dato dall’apparenza, ma un giudizio giusto che si fonda sui fatti.

-  La Chiesa di Dio è il corpo di Cristo perché Paolo, scrivendo alla Chiesa di Dio che era in Corinto, dice loro: “Or voi siete il corpo di Cristo, e membra d’esso, ciascuno per parte sua”.[736] E siccome che le persone entrano a fare parte di esso per opera dello Spirito Santo secondo che è scritto: “Noi tutti abbiam ricevuto il battesimo di un unico Spirito per formare un unico corpo, e Giudei e Greci, e schiavi e liberi; e tutti siamo stati abbeverati di un unico Spirito”,[737] perché è Lui che prima le con­vince quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio e poi le vivifica; non si possono chiamare membri del corpo di Cristo persone che ancora non sono state vivificate dallo Spirito Santo. Per certo se i Cattolici romani fossero stati vivificati e fosse­ro perciò membra del corpo di Cristo, non avrebbero bisogno di nascere di nuovo e non perseguiterebbero e non insulterebbero tutti coloro che nel loro mezzo si ravvedono e credono nel Vange­lo e si separano da loro e cominciano a riprovare le loro eresie e la loro idolatria, perché noi sappiamo che Cristo non è diviso contro se stesso. Anzi, essi si atterrebbero al capo del corpo, cioè a Cristo, come noi; ma dov’è tutto ciò quando è manifesto che essi si attengono al cosiddetto papa anziché a Cristo? Paolo dice anche parlando del corpo di Cristo che “se un membro soffre, tutte le membra soffrono con lui; e se un membro è onora­to, tutte le membra ne gioiscono con lui”;[738] ma noi non riscontria­mo che se qualcuno di noi soffre essi soffrono con noi, e neppure che se qualcuno di noi è onorato da Dio o dagli uomini essi si rallegrano con noi, il che conferma che non possono definirsi membri del corpo di Cristo. Queste sono le prove che dimostrano che essi non sono membri del corpo di Cristo, ma lo devono ancora diventare.

-  La Chiesa, secondo le parole di Pietro, è “una generazione eletta”,[739] cioè un insieme di persone che sono state elette a sal­vezza mediante la fede nella verità. Quindi coloro che ne sono membri sono sicuri di essere salvati perché hanno sperimentato la salvezza di Dio. Non si possono perciò definire Chiesa di Dio uomini e donne che ammettono apertamente di non essere stati salvati ma di essere ancora dei peccatori, o che è manifesto che sono ancora dei peccatori schiavi delle concupiscenze carnali e di ogni forma di idolatria e superstizione. A meno che non si voglia cominciare a chiamare coloro che sono ancora perduti, ritrovati; coloro che sono ancora schiavi del peccato, salvati; o coloro che sono della notte, figliuoli del giorno.

-  La Chiesa, sempre secondo le parole di Pietro, é “un real sacerdozio”,[740] ossia un regno di sacerdoti che offrono a Dio sacri­fici spirituali accettevoli per mezzo di Gesù Cristo. Perciò non si possono definire Chiesa di Dio i Cattolici romani che offrono il loro culto a Maria, agli angeli, o ai santi (sia a quelli veri che a quelli falsi) che sono morti, perché questo loro sacrificio non é accettevole a Dio ma gli é in abominio. Diciamo che i sacrifici spirituali che i Cattolici offrono alle loro statue e alle loro immagini sono un fetore alle narici di Dio, perché sono offerti ai demoni che si celano dietro questi loro idoli. Ricordatevi che Paolo dice che le carni che i Genti­li sacrificano agl’idoli essi “le sacrificano ai demonî e non a Dio”;[741] la medesima cosa si può dire di tutti i Cattolici romani che offrono i loro sacrifici spirituali ai loro idoli; essi li offrono ai demoni e non a Dio.

-  La Chiesa, secondo le parole di Pietro, è “una gente santa”,[742] cioè una gente che è stata santificata mediante lo Spirito Santo e che procaccia la santificazione. Quindi siccome che i peccatori schiavi delle loro concupiscenze e dell’idolatria non possono essere definiti dei santi, i Cattolici romani non sono membri della Chiesa, anche se hanno ricevuto il battesimo, la cresima e poi la comunione e si confessano al prete.

-  Paolo chiama la Chiesa dell’Iddio vivente “colonna e base della verità”,[743] il che significa che essa serve di sostegno alla verità che è in Cristo Gesù, cioè alla Parola di Dio secondo che è scritto: “La tua parola è verità”;[744] e che essa si leva in favore della verità. Come si può quindi chiamare la chiesa romana la Chiesa di Dio quando invece di sostenere la verità, cioè la Parola di Dio, la calpesta e la soffoca con l’ingiustizia? Essa non predica il Vangelo della grazia di Dio ma un altro Evangelo perché annunzia che l’uomo viene salvato dalle opere buone, e cioè per i suoi meriti, e non dalla fede soltanto. Per questo non si può definire questa chiesa “colonna e base della verità”, ma la si deve chiamare nemica acerrima della verità.

I due ordinamenti istituiti da Cristo per la sua Chiesa

 

Cristo non ha istituito sette sacramenti ma solo due ordinamenti o riti, che sono il battesimo per immersione e la cena del Signore; perciò non ha nessun fondamento scritturale l’affermazione che attribuisce a Cristo l’istituzione di sette sacramenti.

Di conse­guenza coloro che negano i sacramenti della chiesa romana perché non conformi a verità e perché riconoscono solo i due ordinamenti qui sopra citati non possono essere definiti degli eretici perché non sono propagatori di nessuna eresia. Facciamo notare che la ragione per cui preferiamo chiamare il battesimo e la cena del Signore ordinamenti o riti anziché sacramenti è perché per sacramenti la chiesa romana intende dei ‘segni efficaci della grazia, istituiti da Gesù Cristo per santificarci’,[745] cioè dei segni efficaci che ‘significando la grazia real­mente la conferiscono’.[746] E secondo la Scrittura il battesimo e la cena del Signore che Cristo ha istituiti non conferiscono la grazia che essi rappresentano, ma solo la rappresentano infatti il battesimo simboleggia il lavacro compiuto da Cristo in noi mediante la sua parola, mentre la cena del Signore annuncia la morte di Cristo avvenuta una volta per sempre.

Un altra ragione per cui preferiamo chiamare il battesimo e la cena del Signore ordinamenti (od anche riti) è perché la parola sacramento nel latino classico significa giuramento ed al tempo dell’impero romano era il giuramento di fedeltà (sacramentum) che i soldati romani facevano al loro vessillo. E noi sappiamo che il battesimo e la cena del Signore non costituiscono affatto un giuramento di fedeltà a Dio che ci ha salvati, ma semplicemente degli atti simbolici.

Il primo è il seppellimento del credente morto al mondo e rinato a nuova vita, ed il secondo è una rammemorazione della morte del Signore.

Chi c’è a capo della Chiesa

 

Il capo dello Stato del Vaticano non é il capo visibile della Chiesa di Cristo sulla terra perché Cristo non ha costituito sulla sua Chiesa nessun capo prima di essere assunto in cielo. Egli, che è il Capo, ha detto: “Dovunque due o tre son raunati nel nome mio, quivi son io in mezzo a loro”,[747] perciò il capo della Chiesa è sempre e dovunque presente fra i suoi discepoli, senza il bisogno di essere rappresentato visibil­mente da nessuno.

L’apostolo Paolo spiega chiaramente ed in svariate maniere che il capo della Chiesa, sia in cielo che sulla terra, é Cristo Gesù:

-  Egli dice agli Efesini che Dio ha risuscitato il suo Figliuolo e lo ha fatto sedere alla sua destra al di sopra di ogni princi­pato e autorità e potestà e signoria, e d’ogni altro nome che si nomina non solo in questo mondo, ma anche in quello a venire e che Egli “gli ha posta ogni cosa sotto ai piedi, e l’ha dato per capo supremo alla Chiesa, che é il corpo di lui, il compimento di colui che porta a compimento ogni cosa in tutti”;[748] ed anche: “Seguitando verità in carità, noi cresciamo in ogni cosa verso colui che è il capo, cioè Cristo”,[749] e: “Cristo è capo della Chie­sa, egli, che è il Salvatore del corpo”.[750] Quindi, come il capo della moglie è uno solo e cioè suo marito, così il capo della Chiesa (che è la moglie dell’Agnello) è uno solo e cioè Cristo, il suo sposo, e nessun altro. Ora, uno dei nomi che porta il capo dello Stato del Vaticano è ‘sposo della chiesa’, il che equivale a dire che la moglie dell’Agnello ha due mariti (uno in cielo e l’altro in terra) il che non é vero perché Paolo dice alla Chiesa di Corinto: “Io son geloso di voi d’una gelosia di Dio, perché v’ho fidanzati ad un unico sposo, per presentarvi come una casta vergine a Cristo”.[751] Quindi colui che in terra è chiamato sposo della Chiesa è un impostore che cerca con le sue lusinghe di diventare lo sposo della Chiesa di Dio (mediante l’ecumenismo) per condurre la sposa di Cristo lungi dal suo sposo, in perdizione. Detto in altre parole, il cosiddetto papa cerca di indurre la Chiesa di Dio a tradire il suo sposo, cioè Cristo Gesù, perché vuole che essa si vada a rifugiare sotto le sue ali.

-  Ai Colossesi Paolo dice: “Ed egli é avanti ogni cosa, e tutte le cose sussistono in lui. Ed egli è il capo del corpo, cioè della Chiesa; egli che é il principio, il primogenito dai morti, onde in ogni cosa abbia il primato”.[752] Perciò la Chiesa di Dio non ha due capi, di cui uno é in cielo e l’altro é sulla terra; o uno invisibile e l’altro visibile, ma uno solo ed Egli è in cielo alla destra di Dio e mediante la fede nel cuore di tutti coloro che lo hanno ricevuto come loro personale Signore e Salvatore.

Per quanto riguarda poi i vescovi della chiesa papista bisogna dire che essi non sono dei vescovi costituiti dallo Spirito Santo per pascere la Chiesa di Dio perché non hanno per nulla i requisiti necessari che deve avere il vescovo secondo le parole di Paolo a Timoteo, e non possono essere definiti i successori degli apostoli perché gli apostoli non lasciarono successori. Il ministerio che gli apostoli avevano ricevu­to da Cristo non era trasmissibile.

Quindi in conclusione noi figliuoli di Dio disconoscendo l’uffi­cio del papa e quello dei suoi vescovi non dimostriamo nessuna disubbidienza in verso il Signore, anzi riteniamo fermamente che rigettandoli ci mostriamo ubbidienti al Vangelo. E non solo questo, riteniamo pure che tutti coloro che vogliono piacere al Signore e ubbidirgli devono prima o poi rigettare il papa e i suoi vescovi.

 

Perché la chiesa cattolica romana non è una, santa, cattolica e apostolica

 

Unità.

La Chiesa di Dio antica aveva la fede in Cristo Gesù predicata dagli apostoli. Ma questa fede la chiesa cattolica romana non la possiede perché essa ripone la sua fiducia in Maria e in altri presunti intercessori che non possono fare proprio nulla in suo favore, e nei propri meriti anziché nei meriti di Gesù Cristo. E difatti essa non annunzia la fede in Cristo come via di salvezza perché è occupata a predicare che la salvezza si ottiene per opere e non per fede. Questo è un altro Vangelo e non il Vangelo predicato dagli apostoli.

E non si può dire neppure che la chiesa cattolica romana crede in tutte le cose in cui credeva la Chiesa primitiva perché quest’ultima non credeva nel purgatorio, nelle indulgenze, nell’immacolata concezione di Maria, nella transustanziazione, nella ripetizione incruenta del sacrificio di Cristo, nel culto delle immagini, nell’intercessione dei santi in cielo, nei sette sacramenti che essa possiede, nel primato di Pietro prima e poi di quello del vescovo di Roma quale suo successore, e in tante altre sue dottrine; quindi non è vero che i Cattolici romani credono le stesse cose che furono credute dai primi Cristiani. In effetti tutte queste dottrine erano estranee al ‘credo’ dei primi Cristiani. Basta leggere gli Atti degli apostoli e le epistole degli apostoli per rendersi conto di tutto ciò.

E poi non si può dire neppure che la stessa chiesa cattolica romana abbia sempre creduto le stesse cose perché come vedremo in appresso gli stessi papi si sono contraddetti tra di loro nel corso del tempo; ci furono degli scismi durante i quali esistevano due o talvolta tre papi e ognuno aveva la sua parte di seguaci; e i cosiddetti padri e i concili si sono contraddetti anch’essi nel corso dei secoli. Qui mi limito a ricordare ai lettori alcune controversie verificatesi nell’ambito della chiesa cattolica romana. I Domenicani combattevano l’immacolata concezione di Maria mentre i Francescani la difendevano e a motivo di ciò nacquero tra loro delle aspre e lunghe guerre. I Gesuiti (seguaci di Ignazio Loyola, 1491 ca. -1556) e i Giansenisti (seguaci di Cornelio Jansen, 1585-1638) si scontrarono su tante questioni di fede e di morale, come anche i Tomisti (seguaci di Tommaso d’Aquino, 1225-1274) e i Scottisti (seguaci di Duns Scoto, 1263-66 ca. -1308) sull’effetto dei sacramenti. In verità studiando la storia della chiesa cattolica romana ci si rende conto di quanto divisa sia stata nel passato. E non è che le cose sono cambiate nella sostanza, perché anche oggi tra i Cattolici romani sono in corso delle controversie sull’infallibilità papale, sul celibato, sul controllo delle nascite, sul limbo, sul battesimo dei bambini, e su altri punti dottrinali; alcuni dicono una cosa altri un’altra. Perciò non è neppure vero che anche oggi tutti i Cattolici credono le stesse cose. E poi ci vengono a parlare di unità a noi!

Che dire allora dell’unità esteriore di cui fa sfoggio la chiesa cattolica romana (nella maggioranza dei suoi membri)? Diciamo che essa è un’unità che si può riscontrare anche nei Testimoni di Geova, nei Mormoni, e in tante altre pseudochiese. Pure loro si vantano di essere uniti, di credere le stesse cose, di agire nella stessa maniera. Ma che significa questo? che sono la vera Chiesa di Dio solo perché manifestano tra di loro un’unione apparente nel perseguire i loro scopi? Affatto. Anche stando uniti si può sbagliare; anche stando uniti in qualche credenza o pratica si può andare in perdizione. Nel vedere questa unità fra i Cattolici è come se noi vedessimo un branco di capri che tutti uniti s’avviano verso un burrone. E questo perché sono uniti nel credere le medesime menzogne e nel compiere le medesime opere meritorie che non li possono salvare dall’ira a venire. Quindi, per riassumere, la chiesa cattolica romana mente quando afferma di essere lei sola la Chiesa di Cristo a motivo di questa cosiddetta unità passata e presente. E noi siamo rattristati molto nel vedere i suoi membri credere in questa menzogna.

La vera unità è quella che scaturisce dall’unità con Cristo Gesù; in altre parole la vera Chiesa è unita al suo interno perché i suoi membri sono uniti a Cristo Gesù mediante la fede. Possono anche variare certe forme esteriori tra le diverse Chiese, tal­volta variano anche certe dottrine non fondamentali, ma questo non significa che non siano uno in Cristo Gesù; perché i veri credenti si sentono legati l’uno all’altro dall’amore di Cristo a prescindere dalla denominazione a cui dicono di appartenere.

Santità.

Innanzi tutto è falso che Gesù Cristo abbia fondato la chiesa cattolica romana; con questo vogliamo dire che Gesù Cristo ha fondato sì la sua Chiesa universale, ma essa non è per nulla la chiesa cattolica romana perché Gesù ha fondato la sua Chiesa su se stesso e perciò sulla verità e non sulla menzogna come invece è fondata la chiesa cattolica romana. Sì, l’antica Chiesa di Roma, quella a cui Paolo scrisse la sua lettera, era stata vera­mente fondata da Cristo, ma pian piano quella Chiesa scomparve e il suo posto lo prese una chiesa apo­stata che tolse il fondamento che era Cristo Gesù e vi mise il suo vescovo e bramosa di potere si mise a signoreggiare con la sua arroganza le altre chiese e volle estendere il suo potere di giurisdizione a tutto il mondo; di questa la chiesa cattolica romana ha ereditato l’arroganza, la falsità, le eresie; questa è una chiesa che non assomiglia in nulla all’antica Chiesa di Roma. Quella era lodata per la sua fede, questa è lodata per le sue ricchezze materiali; quella era ricca in conoscenza questa peri­sce per mancanza di conoscenza; quella era ripiena di bontà, questa è spietata. Proseguiamo la nostra confutazione: è falso che la chiesa catto­lica romana è santa perché non sono santi né la sua dottrina, né la sua messa e neppure i suoi sacramenti, e poi perché i suoi membri non sono chiamati a santificarsi ma a corrompersi dietro gl’idoli muti e dietro ogni sorta di superstizione. Ma come si fa a definire santa la dottrina che incoraggia a mentire? O quella che dice che è lecito uccidere per legittima difesa? O quella che afferma che fumare non è peccato? O quella che afferma che il papa in alcuni casi ha il potere di sciogliere i matrimoni e fare passare a nuove nozze uno dei due coniugi mentre l’altro è in vita? O quella che impone il celibato ai preti? O quella che permette il culto a Maria, agli angeli, ai santi che sono in cielo? O quella della messa? O la venerazione delle reliquie? E non è neppure santificante come invece afferma il catechismo della chiesa romana: ‘Tutte le attività della Chiesa convergono, come a loro fine, verso la santificazione degli uomini..’,[753] perché i suoi sacramenti, i mezzi di salvezza di cui essa dice di essere in possesso, non hanno il potere di conferire nessuna grazia santificante a chi li riceve, e perché non è la Chiesa che santi­fica ma Dio secondo che è scritto: “Or l’Iddio della pace vi santifichi Egli stesso completamente...”.[754] Per quanto riguarda poi il fatto che la chiesa cattolica romana affermi di essere santa perché ‘molti realmente furono santi, e sono e saranno’;[755] bisogna dire che questa è quella santità eccezionale che loro assegnano a coloro che si sono distinti per opere meritorie particolari. Essi ricordano tra di questi, ‘Giovanni Bosco, Giuseppe Cafasso, Giuseppe Cottolengo’[756] e molti altri.[757] Ma tra i santi della chiesa cattolica romana non ci sono solo persone che si sono distinte per le loro opere di beneficenza, ma anche per le loro inique opere, come per esempio Damaso, Pio V, e tanti altri.

Quindi tra i santi dichiarati tali dai Cattolici ci sono uomini le cui vesti erano lordate; quelli che ignorando la giustizia di Dio che si ha mediante la fede in Cristo cercarono di stabilire la loro giusti­zia che agli occhi di Dio è un panno lordato, e quelli che invece si abbandonarono in maniera palese ad ogni sorta di iniquità, vestiti anche loro di abiti sudici perché le iniquità nella Scrittura sono rappresentate da abiti sporchi.

La Scrittura afferma che la Chiesa di Cristo è santa secondo che è scritto che Gesù l’ha amata e “ha dato se stesso per lei, affin di santificarla, dopo averla purificata col lavacro dell’acqua mediante la Parola”,[758] e che tutti quelli che ne fanno parte sono dei santi già sulla terra (questo anche se non tutti si santifi­cano nella stessa misura) perché tutti - senza distinzione di sorta - sono “stati santificati mediante l’offerta del corpo di Gesù Cristo”,[759] e perciò non esiste una categoria di santi normali e una di santi eccezionali. Tra i santi ci sono quelli che si santificano di più e quelli che si santificano di meno.

Cattolicità.

La chiesa romana non è stata istituita per tutti gli uomini e non è adatta agli uomini perché, al contrario di quello che i teologi dicono, essa non serve a fare diventare santo nessuno. Come può essere definita utile a fare diventare santi gli uomini una chiesa che distoglie le persone dal volgersi a Cristo per ottenere gratuitamente la salvezza da lui ed essere da lui santificati, e li induce a confidare nelle proprie opere per la propria salvezza? Non è forse vero invece che la chiesa catto­lica romana con le sue perverse dottrine aiuta gli uomini a rimanere peccatori? Un Mussulmano diventa Cattolico? Rimane peccatore. Un Buddista diventa Cattolico romano? Che cambia? Il nome della religione solo, perché peccatore era prima di diventa­re Cattolico e peccatore rimane anche dopo. Cambiano le dottrine, ma l’ex Mussulmano o l’ex Buddista continua a rimanere perduto, perché l’Islam, il Buddismo ed il Cattolicesimo sono religioni che si basano sui meriti umani che non possono affrancare l’uomo dal peccato; cambiano gli atti del culto, ma non cambia il cuore perché il cuore lo può trasformare solo Cristo Gesù mediante il Vangelo della grazia. Proprio quello che la chiesa cattolica romana si rifiuta di annunziare agli uomini. Per quanto riguarda la sua pretesa cattolicità riconosciamo che la chiesa romana é sparsa sulla faccia della terra e che di essa fanno parte persone di tante nazioni, ma non la riconosciamo come la Chiesa universale stabilita da Dio perché non è la Chiesa di Dio sparsa sulla faccia della terra, ma solo una grossa orga­nizzazione religiosa che benché dica di essere cristiana non predica il Vangelo della grazia di Dio ma un suo proprio Vangelo fondato sui meriti dell’uomo anziché sulla grazia di Dio, che non costituisce per nulla una buona notizia. Può forse essere chiama­ta buona novella quella che dice che chi vuole essere salvato deve ricevere i sacramenti; il battesimo una volta sola, la cresima pure, la comunione più spesso possibile, la penitenza almeno una volta all’anno; ed oltre a ciò deve fare, fare, fare più opere buone possibili per guadagnarsi la salvezza eterna. E per giunta dopo avere fatto tutte queste cose egli non può essere sicuro di essere salvato e di andare subito in cielo alla sua morte - perché se lo dicesse peccherebbe di presunzione - perché egli deve andare in purgatorio ad espiare i suoi peccati? No, non può essere definita buona ma cattiva notizia questa della chiesa cattolica romana, perché nella sostanza ha annullato la grazia di Dio rendendo vana la fede.

La Chiesa di Cristo è veramente cattolica, cioè universale, perché di essa fanno parte persone di ogni tribù, popolo, lingua e nazione;[760] che nel luogo della terra dove abitano rendono a Dio un culto in ispirito e verità mediante Cristo Gesù. Nel loro cuore dimora Cristo, sulle loro labbra abbondano le azioni di grazie rivolte a Dio per averli messi in grado di partecipare alla sorte dei santi nella luce. Dio ne conosce il numero; noi no. Certo è però che essi sono riconoscibili dalla certezza di essere salvati che possiedono e dai loro frutti di giustizia che portano. Questa è la Chiesa che è utile agli uomini perché annun­cia al mondo la parola della fede che dice che se l’uomo confessa con la sua bocca Gesù come Signore e crede col cuore che Dio l’ha risuscitato sarà salvato.[761] Questa è la buona novella della grazia di Dio; perché afferma che per essere salvati occorre soltanto credere; questo messaggio è utile agli uomini perché da certezza di salvezza eterna a chi lo accetta con tutto il cuore.

Apostolicità.

E’ falso che la chiesa romana sia apostolica perché essa non si attiene agli inse­gnamenti che gli apostoli hanno dato per lo Spirito Santo. Essa si attiene a molti precetti che voltano letteralmente le spalle alla verità che é in Cristo Gesù; quelli insegna, non quelli degli apostoli. Gli apostoli insegnavano che si viene salvati soltanto mediante la fede e loro dicono che la fede non basta; gli apostoli insegnavano che c’è solo un mediatore tra Dio e gli uomini, mentre loro insegnano che oltre a Cristo ci sono tanti altri mediatori tra cui spicca Maria; gli apostoli insegnavano che dopo questa vita c’è solo l’inferno e il paradiso, mentre loro gli hanno aggiunto il purgatorio; gli apostoli mettevano in guardia dagli idoli e loro invece insegnano a servire le statue e le immagini; gli apostoli esortavano a non mentire e loro invece dicono che in alcuni casi si può mentire; ecco alcuni punti in cui la dottrina cattolica romana è l’opposta di quella apostolica. Ed oltre a ciò essa non è neppure governata dai successori degli apostoli, ma solo da uomini morti nei loro falli che si fanno passare per i legittimi successori degli apostoli. Gli apostoli non poterono lasciare dei successori perché l’ufficio che essi aveva­no ricevuto da Dio non era trasmissibile ad altri. Essi trasmise­ro il loro insegnamento e non il loro ministerio. Ma quando mai nella Scrittura il ministerio apostolico veniva trasmesso da chi lo possedeva ad un suo successore? Il ministerio apostolico, come anche qualsiasi altro ministerio, non si riceveva per successione ma per decreto di Dio in virtù di una vocazione celeste. Per questo si deve escludere che gli apostoli abbiano trasmesso il loro ministerio a dei loro successori.

La vera Chiesa di Cristo è sì apostolica perché i suoi membri sono “stati edificati sul fondamento degli apostoli e dei profeti, essendo Cristo Gesù stesso la pietra angolare”;[762] dove per fonda­mento degli apostoli si deve intendere l’insegnamento degli apo­stoli. Quindi ogni chiesa che si attiene fermamente alla dottrina dei santi apostoli è una Chiesa di Cristo, mentre ogni chiesa che rigetta il loro insegnamento non è apostolica.

Romanità.

La Chiesa di Gesù Cristo è sì una, è sì santa, è sì apostolica, e cattolica, ma non è affatto Romana perché il suo capo e colui che la governa non è il capo dello Stato del Vaticano che risiede a Roma, ma Cristo Gesù che dimora alla destra del Padre nei luoghi altissimi. Lui prima di lasciare questo mondo e tornare al Padre non lasciò nessun capo visibile alla sua Chiesa. Per quanto riguarda questa pseudochiesa essa possiede il titolo di romana perché colui che la governa risiede a Roma dove essa dice che l’apostolo Pietro ha esercitato il suo papato e lo abbia trasmesso ai suoi successori a Roma; ma questa del papato di Pietro a Roma e della trasmissione del relativo primato petrino è una favola artificiosamente composta; un qualcosa smentito dalle Scritture e dalla storia.

Quindi se il titolo di Romana si può addurre per questa organizzazione solo perché colui che la comanda è a Roma, certamente non si può applicare alla Chiesa di Gesù Cristo sparsa sulla faccia della terra perché il suo Capo è in cielo e non a Roma.

Concludendo, questa organizzazione non può essere definita neppu­re cristiana ma deve essere definita anticristiana, e questo perché a parole dice di attenersi al capo che é Cristo, ma nei fatti rinnega il suo insegnamento e lo annulla in moltissime maniere, impedendo alle persone di credere nel Vangelo per otte­nere la remissione dei loro peccati.

Sappiamo bene che il concilio Vaticano ha decretato: ‘Se alcuno dirà, che la vera Chiesa di Cristo, fuori della quale nessuno può salvarsi, non sia quella di Roma, che è una, santa, cattolica ed apostolica, sia anatema’;[763] ma a noi non ci importa nulla di questo loro ennesimo anatema perché esso non è verità ma menzogna.

Le accuse rivolteci confutate

 

Abbiamo dimostrato che la chiesa cattolica romana mente quando afferma di essere la sola Chiesa di Cristo perché solo lei è una, santa, cattolica e apostolica. Vediamo adesso in che maniera il catechismo romano parla delle chiese che non sono sotto la giuri­sdizione del loro papa: ‘La sola Chiesa Cattolica-Romana è la Chiesa di Gesù Cristo; le altre, quantunque si dicano cristiane, non sono e non possono essere la Chiesa di Gesù Cristo. Infatti nessuna di esse ha né può avere le singolari distintive qualità della Chiesa di Gesù Cristo; nessuna di esse è una, santa, cattolica e apostolica’.[764]

Nei dettagli le accuse sono queste.

-  Unità. Ci viene detto che noi non possediamo l’unità perché siamo centinaia di sette e ognuno crede quello che gli pare, perché non abbiamo la messa e né altro sacrificio, perché c’è chi tra noi ammette due sacramenti, chi tre, chi cinque, chi nessuno, e perché non siamo governate dal successore di Pietro.

Rispondiamo. Innanzi tutto vogliamo dire che quantunque le Chiese evangeliche portino nomi diversi, e sono in grande numero, pure tutti quei loro membri che sono veramente nati di nuovo formano un unico corpo, perché hanno creduto nello stesso Signore, e hanno lo stesso Padre. Sono stati battezzati dello stesso batte­simo, e hanno la stessa speranza. Ci teniamo a precisare però che noi non riconosciamo né il battesimo degli infanti e neppure quello per infusione amministrato da alcune chiese perché non conforme alla Scrittura.

E’ vero che tra le Chiese evangeliche non tutti accettano tutte le dottrine bibliche; perché le divergenze dottrinali ci sono, noi questo non lo disconosciamo, ma riconosciamo altresì che tutti predicano la dottrina della giustificazione per sola fede, che è la dottrina che permette agli uomini di nascere di nuovo ed entrare nel regno di Dio e la maggiore parte insegna e pratica il battesimo in acqua. Ma tutt’altra cosa è quando si parla della chiesa cattolica romana; essa infatti con la sua tradizione ha annullato la dottrina cardine del Vangelo. Da questo il nostro profondo dissenso con lei.

Per quanto riguarda i sacramenti (che taluni chiamano ordinamenti come noi); c’è chi ne ha due, chi tre, chi nessuno (come purtroppo l’Esercito della sal­vezza); questo è vero. Ma nonostante questo noi con questi nostri fratelli che riconoscono tre ordinamenti perché vi aggiungono la lavanda dei piedi, o con quelli che purtroppo non hanno il batte­simo e la cena del Signore ci sentiamo ugualmente legati dalla fede in Cristo. Riproviamo però fermamente il fatto che l’Eserci­to della salvezza abbia tolto il battesimo e la cena del Signore; non siamo per nulla d’accordo con questo, ma pure sappiamo che tra di loro ci sono tanti fratelli, nati veramente d’acqua e di Spirito. Non abbiamo la messa perché Cristo non l’ha istituita; essa è un atto profano. Offriamo a Dio però altri sacrifici; quello della lode, le opere di beneficenza, le azioni di grazie.

Non siamo governati dal successore di Pietro e neppure dai suc­cessori degli apostoli; ecco l’altra accusa. Ma l’apostolo Pietro e gli apostoli con lui non hanno lasciato successori. Le chiese locali sono governate da pastori che sono assistiti da degli anziani o in alcuni casi solo da un collegio di anziani. Ci sono poi tante chiese che si sono unite per formare una denominazione in cui purtroppo troviamo una forma gerarchica, che assomiglia a quella papale. Ma noi non siamo d’accordo con questo tipo di organizza­zione perché non ha fondamento nella Scrittura.

-  Santità. Le accuse sono queste. Non la possediamo perché siamo stati fondati da uomini ribelli, non abbiamo i mezzi per santifi­care gli uomini perché abbiamo rinnegato la maggiore parte dei sacramenti e la messa, e quelli che conserviamo non sono che cerimonie. La nostra dottrina non è santa perché si fonda sulla negazione del libero arbitrio, della necessità delle opere buone, e sulla sufficienza della fede per salvarsi.

Rispondiamo. Non è vero che siamo stati fondati da Lutero e Calvino; loro sono stati uomini di cui Dio si è usato per operare una riforma, tutto qua. Per quanto riguarda la loro condotta diciamo che a ciò che ci viene dato a conoscere non furono irre­prensibili; per le loro colpe dovranno rendere conto a Dio. Ma è altresì vero che la curia romana ha lanciato ogni sorta di calun­nie contro questi due uomini tanto è stata indispettita dal fatto che essi hanno risvegliato negli uomini l’amore per la Scrittura. Noi riteniamo di essere stati edificati sul fondamento che è Cristo Gesù, e da lui stesso.

Non abbiamo i mezzi per santificare gli uomini. Se per mezzi si intendono i sette sacramenti romani, è vero che noi non li abbia­mo, ma perché non sono scritturali. Essi non santificano proprio nessuno. Ma abbiamo con noi Cristo che è “Colui che santifica”,[765] egli è il mezzo per mezzo del quale gli uomini vengono santifica­ti; per mezzo di lui si ottiene la grazia, per mezzo della fede in lui si viene santificati. Che bisogno c’è dunque dei sette sacramenti romani? Nessuno.

Quanto agli ordinamenti che possediamo è vero che essi non conferiscono la grazia ma pure li celebriamo con la massima serietà e devozione, così come sono stati istitui­ti da Cristo. Non è vero che neghiamo il libero arbitrio, perché insegniamo che l’uomo possiede una volontà personale, però questa sua volontà rimane sempre soggetta a Dio. L’uomo nasce corrotto, total­mente corrotto, incapace di scegliere la via della salvezza. Quando l’uomo decide di invocare il Signore per la sua salvezza, lo fa in virtù del decreto che Dio ha formato in se stesso prima della fondazione del mondo. L’uomo però è ignaro di questo quando prende questa decisione; lo scoprirà però dopo. Parleremo della predestinazione, Dio volendo, in altra occasione. Neghiamo la necessità delle opere buone per salvarsi; è vero, perché si viene salvati soltanto per la fede in Cristo; la Scrit­tura lo insegna ripetutamente questo. Non neghiamo però la neces­sità di fare frutti del ravvedimento (le opere buone) dopo essere stati salvati, per rendere ferma la nostra elezione a salvezza. Le opere buone devono essere praticate dai riscattati.

-  Cattolicità. Non la possediamo perché esistiamo solo da circa quat­trocentocinquanta anni.

Rispondiamo. Non è affatto vero, perché le nostre origini risalgono a più di mille novecento anni fa. Precisamente risalgono al giorno in cui la prima persona credette che Gesù era il Cristo; quello fu il primo credente in Cristo, il nostro primo fratello.

-  Apostolicità. Noi non la possediamo perché non siamo fondati sugli apostoli né sulla loro predicazione, ma sulla dottrina dei vari Lutero, Calvino e altri che erano ribelli alla dottrina degli apostoli.

Rispondiamo. Falso, noi siamo apostolici, perché la nostra predicazione è in armonia con quella degli apostoli. Lutero e Calvino si ribellarono piuttosto alla dottrina dei falsi apostoli, cioè della curia romana; per questo furono etichettati ribel­li. Essi insegnarono la giustificazione per sola fede in opposizione alla dottrina della salvezza per opere predicata dalla curia romana, ed in questo proclamarono ciò che è giusto.

La salvezza non è in una chiesa ma è in Cristo Gesù

 

La Scrittura dice che la salvezza è in Cristo Gesù, nel suo nome, e non in una religione o in una organizzazione perché Pietro disse: “E in nessun altro é la salvezza; poiché non v’è sotto il cielo alcun altro nome che sia stato dato agli uomini, per il quale noi abbiamo ad esser salvati”.[766] Certo, la Chiesa di Dio (e qui non ci riferiamo a nessuna denominazione o organizzazione particolare, ma all’insieme dei riscattati dell’Eterno) proclama agli uomini la salvezza che è in Cristo Gesù; in mezzo a lei dimora il Salvatore, ma questo non significa che sia lei a salvare gli uomini, perché la salvezza appartiene a Dio e al suo Figliuolo. Vogliamo dire con questo che la Chiesa di Dio possiede il nome di Colui che è potente a salvare gli uomini e quello annunzia ma non il potere di conferire la grazia a nessu­no, perché questa la conferisce solo Dio in Cristo Gesù a chi crede. La chiesa cattolica romana invece afferma più o meno esplicitamente che fuori di essa non c’è salvezza, perché secondo la sua dottrina la grazia giustificante e santificante si ottiene mediante i suoi sacramenti amministrati da lei. In questa maniera è lei che fa diventare Cristiani gli uomini con il battesimo, è lei che li conferma, ed è sempre lei che mediante i sacerdoti assolve gli uomini dai loro peccati, e li sostenta con il vero corpo e sangue di Cristo, ed infine gli dà l’estrema unzione per aiutarli a passare da questa vita a quell’altra. E una volta morti viene in loro aiuto con le indulgenze per farli passare dal purgatorio in paradiso. Insomma essa con la sua dottrina sui sacramenti tiene incatenate a sé le persone, facendo dipendere la loro salvezza eterna dai suoi sacramenti. Questa è la ragione per cui ancora oggi i Cattolici pensano che al di fuori della loro chiesa non ci sia salvezza; perché viene detto loro che fuori di essa non c’è nessuna chiesa con il vero battesimo che possiede lei, con dei veri sacerdoti che hanno il potere di rimettere i peccati come li possiede lei, che mutano l’ostia nel vero corpo di Cristo, e che dopo morti mediante le messe potranno farli passare dal purgatorio in paradiso. Ah! quante anime si affidano ai sacer­doti cattolici romani per la loro salvezza credendo che essi siano dei mediatori tra Dio e loro! Una cosa è certa: chi è salvato è membro della Chiesa di Dio ed ha il suo nome scritto nei cieli. Ma chi ha il suo nome scritto nel registro della chiesa romana ed è definito membro di essa, e non ha il suo nome scritto nei cieli, è perduto; e questo perché la salvezza non la si ottiene entrando a fare parte della chiesa cattolica romana con il battesimo e ricevendo in seguito gli altri suoi sacramenti ma ravvedendosi e credendo in Cristo Gesù, quindi per grazia, senza compiere opere buone. Certo è che la curia romana affermando che fuori dalla chiesa romana non v’è salvezza fa pensare alle persone che solo in mezzo a lei si sta al sicuro, ma questa é una menzogna perché tutti coloro che hanno conosciuto il Signore e sono usciti da essa riconoscono di essere stati liberati da una casa di servitù dove per lungo tempo hanno ubbidito a dei precetti umani che voltano le spalle alla verità. Essi si vergognano di quelle cose che un giorno compivano in ubbidienza ai precetti di questa organizzazione e sono ricono­scenti a Dio per avere loro fatto conoscere la verità che li ha resi liberi. A coloro che cercano il Signore in mezzo a questa organizzazione il Signore dice tuttora: “Uscite da essa”.[767]

A questo punto è bene anche dire che la curia romana da alcuni decenni a questa parte ha mitigato un pò l’affermazione che al di fuori della chiesa romana non c’è possibilità di salvarsi, anzi possia­mo dire che l’ha apertamente contraddetta anche se molti Cattolici forse non se ne sono accorti. Siamo abituati a sentire la curia romana contraddirsi, per questo non ce ne meravigliamo un gran che. Ma qual’è questa ennesima contraddizione in cui è caduta la curia romana? Questa. Essa dice: ‘...chi è fuori della Chiesa senza propria colpa (perché è nato da genitori non cattolici, e non conosce che la vera Chiesa è la cattolica) e vive bene, cioè ama e serve il Signore nel migliore modo che conosce, egli può salvarsi...’.[768] Ci si domanderà il perché di questo apparente cambiamento; bene, la ragione è perché la curia romana per potere mettersi a parlare di ecumenismo con i suoi cosiddetti ‘fratelli separati’ si è trovata costretta ad abbandonare la sua rigidezza, nel parlare s’intende non nei fatti, per non compromettere il suo dialogo con tutte quelle chiese che essa cerca di portare ai suoi piedi. Quindi, in sostanza, queste parole sulla possibilità di salvezza anche per coloro che non fanno parte della chiesa cattolica romana servono alla chiesa romana per camuffarsi e poter attirare così i cosiddetti fratelli separati nel suo seno. Fratelli, non vi fate sedurre da quei loro discorsi, fondati sul decreto sull’ecumenismo, in cui parlano di noi come di ‘chiese’ perché nella sostanza la chiesa cattolica romana si ritiene ancora ‘lo strumento generale della salvezza’ ed afferma che ‘solo per mezzo della cattolica chiesa di Cristo (...) si può ottenere tutta la pienezza dei mezzi di salvezza’,[769] il che equivale a dire che noi non siamo veramente chiesa perché non possediamo questa pienezza dei mezzi di salvezza. Ci tengo a ribadire questo perché so che molti credenti sono rimasti ingannati da questi discorsi papisti sull’appartenenza alla chiesa che vengono fatti dopo il concilio Vaticano II. Io ho potuto riscontrare personalmente che questo loro discorso che tende a riconoscere in coloro che non fanno parte della chiesa cattolica romana dei Cristiani contraddice la loro tradizione. Perché? Perché affermare che fuori della loro organizzazione le persone possono salvarsi lo stesso significa andare contro le loro dottrine così come sono esposte per esempio dal concilio di Trento, in altre parole significa annullarle. Ma vediamo da vicino questa loro ennesima contraddizione. Ora, da un lato essi affermano che solo loro possiedono la pienezza dei mezzi di salvezza e che noi questa pienezza non la possediamo, e dall’altro lato essi dicono che pure noi possiamo salvarci senza ‘la pienezza dei mezzi di salvezza’. Ma allora questo vuole dire che gli uomini possono salvarsi anche senza i loro sacramenti? Se sì, perché dunque sono così attaccati ai loro sacramenti come lo erano i loro predecessori attribuendo­gli il potere di giustificare e santificare? Perché dunque non ritrattano tutto quello che essi affermano sui loro sacramenti? Perché non affermano che il concilio di Trento ha sbagliato grandemente lanciando l’anatema contro coloro che non riconosce­ranno la loro tradizione e i loro sette sacramenti? Perché non tolgono di mezzo tutte le loro dottrine che non hanno un fonda­mento scritturale a partire da quella che attribuisce ai loro sacramenti il potere di conferire la grazia santificante per poi proseguire con tutte le altre? Ma tutto ciò è impensabile perché in questo caso dovrebbero smentire i loro padri, i loro dottori, i loro concili, insomma tutta la loro tradizione. Allora, il fatto che essi affermino che c’è salvezza fuori dalla loro chiesa non può che essere falso perché non si concilia affatto con tutta la loro tradizione. Ma fermatevi un momento e riflettete fratelli: come può la chiesa papista affermare che tutti coloro che rigettano il papa e la via della salvezza così come la insegna lei (cioè per mezzo dei suoi sacramenti) sono maledetti (quindi noi saremmo sotto la maledizione)[770] e dire nello stesso tempo che anche noi (qui mi riferisco in particolare a coloro che sono fuori dalla chiesa cattolica romana perché nati da genitori che non sono più o non sono mai stati Cattolici romani) possiamo salvarci o che siamo a ragione insigniti del nome di Cristiani e riconosciuti da essa come fratelli nel Signore? Ma ditemi: ma da quando in qua i maledetti sono anch’essi figliuoli di Dio? Non è forse vero che secondo la Scrittura i maledetti saranno gettati nel fuoco eterno? Ed ancora, come fa la chiesa cattolica ad affermare che la Bibbia solo non basta per salvarsi (perché ci vuole anche la tradizione) e nello stesso tempo dire che noi ci possiamo salvare solo con la Bibbia senza la loro tradizione? E voglio proseguire: ma come si fa a credere al papato quando i loro libri di dogmatica e i loro catechismi passati e presenti non differiscono in nulla tra di loro se non nel modo di presentare certe dottrine (cioè oggi sono un pò meno duri nei nostri confronti di quanto fossero una volta)? Quando le affermazioni sui sacramenti, sul papato, sul purgatorio, sulla salvezza, sono le stesse di quelle che facevano secoli fa i loro eminenti teologi? Perché credere che dicono il vero quando dicono che anche noi ci possiamo salvare quando continuano a sostenere le stesse eresie di secoli fa? Come si può affermare che la chiesa cattolica romana dice il vero quando afferma che noi possiamo salvarci ugualmente quando leggo che il suo concilio di Firenze ha detto che la sacrosanta chiesa romana ‘crede, fermamente, confessa e predica che nessuno di quelli che sono fuori della chiesa cattolica, non solo pagani, ma anche Giudei o eretici e scismatici, possano acquistare la vita eterna, ma che andranno nel fuoco eterno, preparato per il demonio e per i suoi angeli, se prima della fine della vita non saranno stati aggregati ad essa; e che è tanto importante l’unità del corpo della chiesa, che solo a quelli che rimangono in essa giovano per la salvezza i sacramenti ecclesiastici, i digiuni e le altre opere di pietà, e gli esercizi della milizia cristiana procurano i premi eterni. Nessuno - per quante elemosine abbia potuto fare, e perfino se avesse versato il sangue per il nome di Cristo - si può salvare, qualora non rimanga nel seno e nell’unità della chiesa cattolica’[771]? Ce lo spieghino i contenziosi!

A quelli che prima erano Cattolici romani e che a motivo dell’ecumenismo, reputano questo mio parlare troppo duro o ingiusto dico: ‘Se non mi credete andatevi a leggere i loro libri di teologia dogmatica, il loro catechismo, i canoni del concilio di Trento, il concilio Vaticano II. Ma io dico: ma non serve che vi andiate a leggere i loro noiosi e menzogneri libri per rendervi conto di quello che vi dico; basta che vi mettete a parlare - se non l’avete ancora fatto - con preti, suore, e semplici zelanti Cattolici romani sulla certezza della salvezza che avete ottenuto soltanto median­te la fede in Cristo, o che vi mettiate a riprovare il purgato­rio, il papato, il culto a Maria, le loro immagini, le loro processioni, i loro sacramenti, dicendo che esse sono delle dottrine di demoni che a nulla vi hanno giovato quando le accettavate, ed allora vi renderete conto come sarete reputati perduti, altro che salvati; traviati altro che sulla retta via; eretici ed apostati altro che Cristiani. ‘Siete una setta’, vi cominceranno a dire; altro che comunità ecclesiale. ‘Hai voltato le spalle al successore di Pietro e perciò a Cristo’ vi diranno; ‘Hai cambiato bandiera, hai rinnegato la verità per andare dietro alla menzogna’, proseguiranno. ‘Torna all’ovile, perché altrimenti andrai all’inferno!’ ti diranno i tuoi ex-compagni nella loro ignoranza per spaventarti e farti tornare nel loro mezzo. Anche voi fratelli che non avete mai fatto parte della chiesa cattolica romana, perché siete nati in una famiglia di cosiddetti apostati cioè di ex Cattolici romani o in una famiglia che non ha mai fatto parte della chiesa cattolica romana, mettevi a riprovare la tradizione cattolica romana e vedrete pure voi gli insulti che riceverete dai suoi sostenitori! Vi domanderete allora il perché vi risponderanno in questa maniera benché parlino tanto di ecumenismo, di unità delle chiese, di amore di Dio, di comunione dello Spirito Santo. La risposta è che questa loro via a loro appare diritta ma finisce col menare nello stagno ardente di fuoco e di zolfo, mentre la via sulla quale siete voi a loro appare storta e tenebrosa, una via di perdizio­ne, perché su di essa non ci vedono il loro papa, il culto a Maria, il purgatorio, le indulgenze, i sacerdoti e tante altre cose, ma solo la Bibbia, solo Cristo. In altre parole perché loro ancora sono sotto la potestà di Satana mentre voi ne siete stati liberati; loro sono ancora perduti, mentre voi siete salvati; loro ancora sono nelle tenebre mentre voi per la grazia di Dio siete nella luce. Quindi quando si parla con loro bisogna insistere sul fatto che la salvezza si ottiene direttamente da Dio, median­te la fede soltanto, e perciò gratuitamente, senza l’ausilio dei loro sacramenti, e senza l’intercessione né di Maria e né di nessun altro all’infuori di Cristo Gesù. E quindi persuaderli che essi non si trovano nella Chiesa di Dio ma fuori. Questo natural­mente va nettamente contro la loro dottrina sulla Chiesa e attira molti oltraggi; ma è la verità e vale perciò proclamarla.

La vera Chiesa non si riconosce dal gran numero dei suoi aderenti

 

I teologi cattolici romani, forti del fatto che la loro chiesa conta centinaia di milioni di membri sulla faccia di tutta la terra (secondo alcune recenti statistiche sarebbero quasi un miliardo nel mondo), affermano che la chiesa di Roma è la vera Chiesa. Ma è dal numero degli aderenti che si deduce se una certa chiesa è la vera Chiesa di Dio o meno? Possiamo affermare che tutti i Cattolici romani in Italia sono Cristiani solo perché essi affer­mano che nei loro registri vi sono più di cinquanta milioni di iscritti? Quante volte ci siamo sentiti dire dai Cattolici: ‘Noi siamo molti, voi siete invece pochi, quindi non potete essere la vera Chiesa di Dio’!

Ma vediamo secondo le Scritture se le cose stanno proprio come dicono i teologi cattolici.

-  Gesù ha detto: “Entrate per la porta stretta, poiché larga è la porta e spaziosa la via che mena alla perdizione, e molti son quelli che entran per essa. Stretta invece è la porta ed angusta la via che mena alla vita, e pochi son quelli che la trovano”;[772] da ciò si comprende che quelli che trovano la via che mena alla vita, cioè Cristo Gesù, sono pochi e non molti in confronto alla popolazione mondiale.

-  Gesù disse ai suoi: “Non temere, o piccol gregge; poiché al Padre vostro è piaciuto di darvi il regno”;[773] anche da queste parole si intende che il gregge di Dio è formato da poche persone e non da moltitudini.

-  Gesù disse: “Molti son chiamati, ma pochi eletti”;[774] ed un giorno alla domanda: “Signore, son pochi i salvati?”,[775] rispose così: “Sforzatevi d’entrare per la porta stretta, perché io vi dico che molti cercheranno d’entrare e non potranno”.[776] Come si può vedere, ancora una volta il Signore spiegò che i salvati sono pochi e non molti.

Se poi queste Scritture non bastano per convincersi che i salvati dal Signore sono pochi allora ricordiamo che è scritto che ai giorni di Noè, nell’arca “poche anime, cioè otto, furon salvate tra mezzo all’acqua”,[777] e che dalla distruzione di Sodoma e Gomorra e delle città circonvicine Dio salvò solo Lot, sua moglie (che poi divenne una statua di sale) e due sue figliuole. Quindi non è affatto vero che la caratteristica della vera Chiesa è la moltitudine degli iscritti.

In quel giorno davanti al trono del giudizio, non saranno consul­tati né i registri della chiesa romana (e, ben inteso, neppure quelli delle Chiese evangeliche), ma il libro della vita dell’Agnello. Solo coloro i cui nomi saranno trovati scritti in quel libro erediteranno il regno di Dio, gli altri, non importa di che chiesa risultavano membri, saranno gettati nello stagno ardente di fuoco e di zolfo.

Perciò o Cattolici, voi che vi appoggiate sulla vostra cosiddetta cattolicità è tempo che vi poniate questa domanda: ‘Sono io sulla via della perdizione fra quei molti di cui parlò Gesù o sulla via che mena alla vita, tra quei pochi che l’hanno trovata?’ Esaminando voi stessi riconosce­rete, per l’aiuto dello Spirito Santo, di essere tra i molti che camminano sulla via della perdizione ed allora non vi rimarrà altro che invocare il Signore Gesù Cristo affinché vi salvi dalla perdizione eterna. Vi supplichiamo nel nome di Cristo: ‘Salvatevi da questa organizzazione pseudocristiana della quale fate parte!’

Coloro che escono dalla chiesa cattolica romana perché accettano il Vangelo non sono eretici e neppure apostati

 

Come avete potuto vedere fra tutti coloro che i Cattolici considerano sia eretici che apostati ci siete pure voi fratelli che dopo essere stati battezzati da fanciulli vi siete ravveduti dai vostri peccati, avete creduto nel Vangelo e vi siete separati dai Cattolici romani per unirvi ai santi (che loro chiamano Evangelisti, o Evangelici, o Protestanti). Anche voi, secondo loro, avete voltate le spalle a Dio; anche voi, secondo loro, avete cambiato bandiera! Ma non é così, fratelli, perché voi sapete molto bene che le spalle a Dio gliele avete tenute rivolte proprio quando professavate la religione cattolica romana, mentre da quando avete creduto nel Signore e vi siete uniti ai santi avete rivolto il vostro sguardo a Dio. Vi dicono che avete cambiato bandiera, e questo è vero perché ora la vostra bandiera non è più né Maria, né il cosiddetto papa e né la religione cattolica ma il Signore secondo che é scritto: “Il Signore é la mia bandiera”.[778] Voi diletti avete creduto nella verità rivelata da Dio mediante il suo Figliuolo, ma avete rigettato tutte le menzogne insegnate e praticate dalla chiesa romana perché esse non hanno nulla a che fare con la verità del Vangelo. E perciò siete sulla via della salvezza; non temete i loro insulti e le loro calunnie. E non vergognatevi affatto di essere definiti da loro eretici o apostati, anzi glorificate Iddio per essere reputati degni di essere vitupera­ti per il nome di Gesù come lo furono i discepoli antichi. Sopportate con pazienza le loro ingiurie fratelli, sapendo che viene il giorno in cui il Signore farà conoscere la differenza che v’è fra il giusto e l’empio, fra colui che serve Dio e colui che non lo serve.[779]

I loro oltraggi (passati e presenti) contro di noi; noi ci compiacciamo in essi

 

La sacra Scrittura attesta in svariate maniere che i profeti antichi furono oltraggiati, che il Signore Gesù fu oltraggiato e anche gli apostoli di Gesù Cristo furono oltraggiati.

Vediamo ora le Scritture che attestano ciò:

-  Geremia disse: “Io non do né prendo in imprestito, e nondimeno tutti mi maledicono”.[780]

-  Gesù ha detto: “E’ venuto Giovanni non mangiando né bevendo, e dicono: Ha un demonio! E’ venuto il Figliuol dell’uomo mangiando e bevendo, e dicono: Ecco un mangiatore ed un beone, un amico dei pubblicani e de’ peccatori”.[781]

-  Matteo dice che gli scribi e i Farisei dicevano di Gesù: “Costui non caccia i demonî se non per l’aiuto di Beelzebub, principe dei demonî”;[782] Giovanni dice che tra le turbe gli uni dicevano di Gesù: “Travia la moltitudine”;[783] Luca dice che i capi sacerdoti lo accusarono davanti a Pilato dicendo: “Abbiam trova­to costui che sovvertiva la nostra nazione e che vietava di pagare i tributi a Cesare”.[784]

-  Luca dice che a Tessalonica le turbe davanti ai magistrati dissero queste parole contro gli apostoli: “Costoro che hanno messo sossopra il mondo, son venuti anche qua, e Giasone li ha accolti; ed essi tutti vanno contro agli statuti di Cesare, dicen­do che c’é un altro re, Gesù”;[785] ad Efeso Demetrio disse agli artigiani: “Voi vedete e udite che questo Paolo ha persuaso e sviato gran moltitudine non solo in Efeso, ma quasi in tutta l’Asia, dicendo che quelli fatti con le mani non sono dèi”;[786] a Filippi, i padroni della serva che era posseduta e fu liberata mediante l’apostolo Paolo dissero ai magistrati di Paolo e Sila: “Questi uomini, che son Giudei, perturbano la nostra città...”.[787]

Come potete vedere sia i profeti, che Gesù, che gli apostoli furono oltraggiati.

Ora, secondo l’insegnamento di Cristo anche noi che siamo tuttora in vita saremo oltraggiati a cagione del Figliuol dell’uomo infatti lui ha detto: “Se hanno chiamato Beelzebub il padrone, quanto più chiameranno così quei di casa sua!”,[788] ma Egli ci ha detto pure di rallegrarci quando saremo oltraggiati a motivo del suo nome secondo che é scritto: “Beati voi, quando v’oltraggeranno e vi perseguiteranno e, mentendo, diranno contro a voi ogni sorta di male per cagion mia. Rallegratevi e giubila­te, perché il vostro premio é grande ne’ cieli; poiché così hanno perseguitato i profeti che sono stati prima di voi”.[789]

Dopo avere detto ciò propongo alla vostra attenzione alcuni passi di un’opera letteraria di Giovanni Perrone (Gesuita che attorno al 1852 era considerato il più grande teologo romano) la quale s’intitola Catechismo intorno al Protestantesimo ad uso del popolo. ‘Questo nome di protestante, e di protestantesimo viene adoperato a significare la ribellione di tutte le moderne sette contro la chiesa Cattolica fondata da Gesù Cristo, ovvero, ciò che riesce al medesimo, la ribellione degli uomini orgogliosi contro Gesù Cristo fondatore della medesima Chiesa’[790] (Il protestantesimo) ‘contiene una dottrina orribile in teoria, ed immorale in pratica, cioè una dottrina oltraggiosa a Dio, oltraggiosa all’uomo, danno­sa alla società, e contraria al buon senso ed al pudore (...) né i pagani, né i turchi non sono mai giunti a tanta empietà di dottrina’;[791] (i Protestanti) ‘possono questi considerarsi come rivol­tosi nati, i quali sono sempre pronti ad ogni novità; e ad ogni sommossa che si ecciti vi accorrono ad occhi chiusi, senza calco­lare né i pericoli loro né i danni altrui (...) Questo puro Vangelo, come lo chiamano, ossia il protestantesimo, non è altro che la irreligione, e la scostumatezza mantellata di belle parole, è il più terribile flagello che pesi sopra l’umanità; esso conduce la società sorda­mente all’anarchia, allo scioglimento...’;[792] ‘Sono la schiuma della ribalderia e della immoralità in ogni paese. Vengono in prima fila alcuni pochi preti e frati apostati sacchi di putridume e di vizii (...) è il rifiuto d’Ita­lia, è il sozzume più vile degli Italiani che passa nelle file dei barbetti. Tutti i malviventi, che non osservano nessuna prati­ca religiosa, tutti i settari venduti al diavolo anima e corpo, tutti gli atei ed increduli che vivono da bestia, sono le reclute più preziose del protestantesimo in Italia (...) (Se costoro preva­lessero) ‘l’Italia diverrebbe un campo di guerre civili le più accanite; il sangue cittadino scorrerebbe per le città e per le campagne; scomparirebbero tutte le istituzioni di carità e di beneficenza cristiana; si farebbe scempio di tutti i buoni; si manderebbero in rovina i più superbi edifici dei quali ora va altiera la nostra penisola’;[793] ‘E’ certo di certezza di fede che quanti cattolici si fanno protestanti, tutti sono dannati, tranne il caso di un sincero pentimento prima di morire coll’abiura degli errori professati. Fuori di questo caso, è di fede che tutti i cattolici che si fanno protestanti, tutti si dannano irremissibilmente per tutta l’eternità (..) Basta il non essere ateo per esserne persuaso’[794]; ‘..li dovete avere in orrore ed in abominazione (...) Intendo dire che al solo sentire a parlare di protestantesimo voi dovete ricolmarvi di spavento, più che se sentiste a parlare di un tentativo d’assassinio contro la vostra vita (...) Il protestantesimo e i fautori del protestantesimo sono nell’ordi­ne religioso e morale ciò che la peste e gli appestati sono nell’ordine fisico’;[795] ‘Questi dobbiamo sfuggirli ad ogni nostro potere, non tenere conversazioni con loro, trattarli insomma dall’odio in fuori, come si trattano i ladri e gli assassini (...) Questo è anzi l’atto più esimio della carità’;[796] ‘Fuggite da loro come dal demonio. Pregate sempre Dio che vi tenga lontano da questi sciagurati apostati corrompi­tori della fede e della morale’.[797] Ecco, come molti nostri fratelli furono considerati dai Cattolici romani circa centocinquanta anni fa in questa nazione.

Adesso vi propongo alcuni estratti da degli articoli apparsi sull’Osservatore Romano sessanta anni fa circa. In uno si legge: ‘Esiste un vero pericolo protestante o meglio anticattolico in Sicilia? La risposta al lettore (...) Il loro motto potrebbe ben essere: non bramo altr’esca. Distruggere la fede dei Padri. E passiamo in rivista i manipoli di questi ‘guastatori’. Poi l’articolista enumera tra gli altri i Valdesi, i Metodisti, i Battisti ed i Pentecostali. Di questi ultimi si esprime così: ‘I pentecostali. Conosciamo anche questi. Pretendono di rivivere la vita della chiesa primitiva. Si radunano in sale pubbliche, dove si legge la bibbia e si cantano inni. Ad un certo punto cominciano ad invocare lo Spirito Santo con alte grida, a contorcersi, a tremare, a battere a terra i ginocchi, a rotolare sul pavimento, a fare miracoli. Sicuro. L’unico e massimo - dati i tempi - fare ridere coloro che vi capitano per caso. Quanto contribuisca questo culto alle malattie nervose, specialmente nelle donne e nei bambini, s’immagina’. Parlando poi dell’evangelizzazione fatta dai Protestanti egli afferma: ‘E non è raro il caso di incontrarsi con gregari del proselitismo acattolico in quasi tutti i ritrovi pubblici, dinanzi le caserme all’uscita od alla ritirata dei soldati, sui treni, sulle tranvie per le strade e per le piazze ove insistentemente vogliono imporre, specie a signore, signorine (...) la loro merce avariata, sulla quale scrivono sovente l’indirizzo delle loro riunioni onde attirare gli incauti e trascinarli così ad abbracciare i loro errori’[798] In un altro articolo si legge: ‘Di una prassi intollerabile per cui la cosiddetta e sia pure per un momento, supposta libertà di proselitismo - niente affatto compresa nella libertà di culto finché culto significa ciò che in italiano non si chiama proselitismo nemmeno per sinonimo - non si limita alla propaganda esercitata mediante sermoni in chiesa, o libri religiosi, o studi e discussioni... degni di questo nome, ma si butta alla sfrenata, subdola, iniqua attività di apostati, di colportori, di mercanti di libri dai titoli ingannevoli, fatta dovunque nelle case, nelle vie, nelle piazze, come si fosse in terra di missione, tra’ barbari, sì che si è potuto stampare e dire che di là dall’Alpi e degli Oceani, si viene in Italia per redimerla dalla superstizione e rivelarle il vero Vangelo. Ed è a questo sconcio carnevale di buffoni, a questo bel concetto ch’essi hanno, a questa bella fama ch’essi vanno diffondendo, della Patria, che un alto funzionario della Direzione Generale dei Culti avrebbe dato l’opera sua sotto veste giuridica quasi a servizio della scienza e della vita religiosa ferite sin qui da una lacuna...’.[799]

Ma oggi come stanno le cose? Anche oggi noi siamo vituperati dai Cattolici romani - sempre per i soliti motivi - perché secondo loro le chiese di cui noi tutti facciamo parte non hanno come fondatore Cristo Gesù ma solo degli uomini, perché rifiutiamo di riconoscere il cosiddetto papa come capo della Chiesa di Dio sulla terra, perché non rendiamo il culto a Maria come fanno loro, e per molte altre ragioni. In poche parole perché rigettiamo la loro tradizione.[800]

A conferma di ciò propongo alla vostra attenzione alcune parole di Amatulli Flaviano, Fondatore e Direttore Generale del Movimento Ecclesiale ‘Apostoli della Parola’. ‘Quelli che escono dalla Chiesa, che Cristo ha fondato personalmente e insegnano altre dottrine, la Bibbia li chiama ANTICRISTI, cioè nemici di Cristo e perturbatori. Per tanto, sono MALEDETTI’;[801] ‘bisogna evitarli per non lasciarsi contaminare dai loro errori’;[802] ‘Non è conveniente leggere o ascoltare propaganda protestante, per non lasciarsi sedurre dai loro errori (...) generalmente quelli che escono dalla vera Chiesa che ha fondato Cristo, per entrare nelle sette, lo fanno per ignoranza’;[803] ‘I pastori protestanti non hanno gli stessi poteri che hanno i pastori della Chiesa Cattolica, perché le loro organizzazioni religiose sono state fondate da uomini, separati dalla Chiesa fondata da Cristo e alla quale diede i suoi poteri’;[804] ‘Anche i fratelli separati hanno il diritto di predicare la Parola di Dio? No. I fratelli separati non hanno nessun diritto di predicare la Parola di Dio (...) Se lo fanno, è per proprio conto, senza nessuna garanzia da parte di Dio’;[805] ‘Secondo la Bibbia, sono anticristi tutti coloro che escono dalla Chiesa di Cristo e l’attaccano (...) In questo senso, sarebbero anticristi i fratelli separati, che sono usciti dalla Chiesa di Cristo e stanno cercando tutti i modi per danneggiarla’.[806] E questo in pieno dialogo ecumenico! Così mentendo, i Cattolici romani ancora oggi dicono ogni sorta di male contro di noi a motivo del Vangelo: ma noi siamo felici di essere reputati degni di essere vituperati a cagione di Cristo come lo sono stati in questa nazione e in molte altre molti nostri fratelli dai loro predecessori, ancora prima che noi nascessimo. Fratelli nel Signore, come dice Pietro: “Se siete vituperati per il nome di Cristo, beati voi! perché lo Spirito di gloria, lo Spirito di Dio, riposa su voi”.[807]

Alcuni precetti della chiesa romana confutati

 

La chiesa romana pretende di essere la vera ed unica Chiesa di Dio che esista sulla faccia di tutta la terra. Oltre a ciò bisogna dire che essa si arroga un altro diritto che non possiede infatti si legge nel Nuovo Manuale del catechista: ‘La Chiesa ha auto­rità di fare leggi e precetti perché l’ha ricevuta nella persona degli Apostoli, da Gesù Cristo, l’Uomo-Dio; e perciò chi disubbi­disce alla Chiesa, disubbidisce a Dio medesimo’.[808] Ma vediamo quali sono alcuni di questi precetti che questa pseudochiesa ha emanato e dice che se si infrangono si disub­bidisce a Dio. Ecco come li troviamo scritti nel Catechismo della chiesa cattolica e come noi ci opponiamo ad essi.

-  Primo precetto: ‘Parteciperai alla Messa la domenica e le altre feste comandate’.[809]

Ora, secondo la chiesa romana chi non va a messa in questi giorni commette un peccato grave perché non adempie quell’altro loro comandamento che dice di santificare le feste; ma non è affatto così perché siccome che il peccato è la violazione della legge e non esiste nella legge il comando di ricordarsi delle feste cattoliche per santificarle, e che Cristo non ha per nulla coman­dato di assistere ad una funzione religiosa che pretende di ripetere il suo sacrificio, chi non va ad assistere a questo rito inventato da loro (né in quei giorni e neppure negli altri) non commette per nulla peccato.

Noi anzi esortiamo i Cattolici a non andare più a messa, ma ad andare piuttosto presso un locale di culto dove i santi adorano Dio in ispirito e in verità e dove viene predicata la Parola di Dio non adulterata.

-  Secondo precetto: ‘Confesserai tutti i tuoi peccati almeno una volta all’anno’.[810]

La Scrittura insegna invece che la confessione dei propri peccati va fatta a Dio e non a un prete. Quindi, o Cattolici romani, andate al Signore direttamente a confessare le vostre iniquità e otterrete quel perdono che il prete giammai potrà darvi. Una volta ottenuto questo perdono continuate a confessare le vostre iniquità al Signore, ricordandovi che questa confessione va fatta non almeno una volta all’anno, ma ogni qual volta si prega Dio; Gesù infatti disse che quando noi preghiamo dobbiamo dire al Padre nostro: “Rimettici i nostri debiti”.[811]

-  Terzo precetto: ‘Riceverai umilmente il tuo Creatore almeno a Pasqua’.[812]

Qui si fa riferimento all’ostia che, siccome secondo loro, alla consacrazione diviene Gesù Cristo, viene chiamata Creatore; bestemmia! O Cattolici quel pezzo di pasta non è il vostro Crea­tore; perché Egli è in cielo. Invece di andare a ricevere l’ostia, che vi viene presentata come Dio stesso e che nessun bene vi può fare, ricevete Cristo per fede nei vostri cuori; ora; non indugiate a farlo, e sarete riconciliati con Dio. E poi ritirate­vi dalla chiesa cattolica romana.

-  Quarto precetto: ‘Santificherai le feste che ti sono comanda­te’.[813]

La Scrittura non comanda di osservare giorni, mesi o anni. Se uno stima il giorno di domenica o quello di Pasqua più di altri giorni, egli è libero di farlo alla gloria di Dio, ma questa stima sua personale di quel giorno non può mutarsi in precetto perché questo costituisce un precetto umano. Tra le feste cattoliche da osservare ci sono anche le loro feste in onore di Maria, e di altri; vanità, imposture che non hanno nulla a che fare con la verità.

-  Quinto precetto: ‘Osserverai il digiuno prescritto e parimenti l’astinenza’,[814] il che nella pratica significa che non si deve mangiare carne nel venerdì e negli altri giorni proibiti e si deve digiunare nei giorni prescritti’. Con quest’altro precetto viene imposto ai Cattolici di non man­giare carne in giorno di venerdì (in memoria della passione di Gesù Cristo e perché con questa mortificazione pensano di parte­cipare alle sofferenze di Cristo), e in questi giorni di digiuno: nei sabati della Quaresima, nel mercoledì delle Ceneri, nel mercoledì e sabato delle quattro tempora, nelle vigilie di Nata­le, Pentecoste, Assunta e Tutti i Santi. Per quanto riguarda il digiunare nei giorni prescritti bisogna dire che il digiuno consiste in questo;

1)            astenersi da determinati cibi come dalle carni nei giorni sopra menzionati e dalle uova e dai latticini nella seconda refezione;

2)            astenersi da altri pasti oltre il pranzo; cioè di fare un solo vero pasto o a mezzogiorno o alla sera con il consenso di fare un’al­tra refezione leggera alla sera o a mezzogiorno (secondo che il vero pasto si fa a mezzogiorno o alla sera) nella quale sono proibite le uova e i latticini.

Tra i motivi per cui viene imposto questo precetto c’é quello della penitenza dei peccati infatti il catechismo dice: ‘Col digiuno e colla astinenza che la Chiesa c’impone facciamo peni­tenza in espiazione dei nostri peccati’.[815]

Naturalmente anche in questo caso chi infrange questo precetto si rende colpevole davanti a Dio secondo loro.

Ma che dice la Parola? La Parola ci insegna queste cose.

>Dio vuole che noi digiuniamo perché Gesù ha detto: “E quando digiunate, non siate mesti d’aspetto come gl’ipocriti; poiché essi si sfigurano la faccia per far vedere agli uomini che digiunano. Io vi dico in verità che cotesto é il premio che ne hanno. Ma tu, quando digiuni, ungiti il capo e lavati la faccia, affinché non appari­sca agli uomini che tu digiuni, ma al Padre tuo che è nel segre­to; e il Padre tuo, che vede nel segreto, te ne darà la ricompen­sa”,[816] ma il vero digiuno non è da intendersi come un’astensione dalla sola carne o qualche altro cibo ma come un’astensione sia da ogni vivanda che da ogni bevanda perché di Gesù, quando digiu­nò per quaranta giorni, è scritto che “durante quei giorni non mangiò nulla”;[817] di Paolo è detto che in quei tre giorni “non mangiò né bevve”,[818] e di Mosè, quando salì sul monte Sinai, è scritto: “E Mosè rimase quivi con l’Eterno quaranta giorni e quaranta notti; non mangiò pane e non bevve acqua”.[819] Certo, uno è libero di astenersi dal mangiare qualche cosa di particolare durante un certo periodo di tempo, o di astenersi solo dal mangiare e non dal bere, questo non è che noi lo neghia­mo però rimane il fatto che il digiuno completo è quello qui sopra descritto.

>Il Signore non ha imposto di non mangiare carne il venerdì in memoria della sua morte ma ha ordinato di celebrare la santa cena con il pane ed il vino per ricordarla ed annunziarla perché Gesù sia quando diede il pane che quando diede il calice da bere ai suoi discepoli disse loro: “Fate questo in memoria di me”,[820] e perché Paolo dice ai Corinzi: “Poiché ogni volta che voi mangiate questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore, finch’egli venga”.[821]

>Coloro che ordinano ad altri di non mangiare un certo cibo in particolari giorni non parlano da parte di Dio perché Paolo ha detto che “il regno di Dio non consiste in vivanda né in bevanda, ma è giustizia, pace ed allegrezza nello Spirito Santo”.[822] Il man­giare carne non contamina il giusto né in giorno di venerdì e né in altro giorno.

>Il digiuno come lo intende la Scrittura non lo si fa per espiare i propri peccati perché in se stesso il digiuno non ha il potere di espiare alcun peccato, ma lo si fa per umiliarsi davanti a Dio e per fare udire la propria voce in alto. Certo, il digiuno è un’opera buona e mediante di esso si mortificano gli atti del corpo perché quando si digiuna ci si sente più forti spiritual­mente e si sentono molto meno forti certe passioni della carne, ma rimane il fatto che non è mediante di esso che si espiano i propri peccati. Gesù Cristo “è la propiziazione per i nostri peccati”,[823] come dice Giovanni, e non il digiuno o qualche altra cosiddetta opera di penitenza.

Questi qua sopra citati sono dei precetti che la chiesa romana ha stabilito per i suoi seguaci, precetti d’uomini che ci fanno ricordare le parole che Dio disse al popolo mediante Isaia: “La parola dell’Eterno è stata per loro precetto dopo precetto, precetto dopo precetto regola dopo regola, regola dopo regola...”.[824] Questa è la Parola di Dio per i Cattolici, un insieme di regole stabilite dall’uomo ed il timore che hanno di Dio non è altro che un’insieme di comandamenti imparati dagli uomini. E tutto questo perché viene inculcato loro sin da quando sono piccoli fanciulli ad osservare tutti questi precetti per piacere a Dio e per non disubbidirgli.

Cosa c’è alla radice dei loro insegnamenti

 

E’ scritto che “l’amor del danaro é radice d’ogni sorta di mali”,[825] ed uno di questi mali che scaturisce da esso è appunto l’eresia. L’apostolo Paolo parlando a Tito di alcuni della circoncisione che lui ha definito ribelli, cianciatori e seduttori di menti scrisse così: “Sovvertono le case intere, insegnando cose che non dovrebbero, per amor di disonesto guadagno”.[826] Una cosa simile possiamo dirla di coloro che tengono nelle loro mani le redini della chiesa romana, perché essi sovvertono il mondo intero insegnando cose che non dovrebbero per amore di disonesto guadagno.

La chiesa romana nel corso del tempo ha introdotto ogni sorta di eresie per amore di disonesto guadagno, infatti se si va a vedere da vicino l’insegnamento relativo al primato del papa, alla canonizzazione dei santi, alle messe per i morti, al purgatorio, alle reliquie, alle indulgenze, al potere di sciogliere e legare, ed ad altre cose ci si accorge che essi sono serviti e servono al papato per arricchirsi oltremodo.

Cominciamo con l’insegnamento della supremazia del vescovo di Roma sulla Chiesa universale. Proclamandosi capo universale della Chiesa il cosiddetto papa ha accentrato su di sé tutto il potere, stabilisce per il mondo i vescovi che a lui piacciono i quali giurano ‘di mantenere, difen­dere, accrescere e favorire i diritti, gli onori, i privilegi e l’autorità del loro signore, il papa’. E questo giuramento com­prende anche il dovere di contribuire ‘a procurare i mezzi di cui la Sede Apostolica secondo le condizioni dei tempi necessita, per essere in grado di prestare in modo appropriato il suo servizio alla Chiesa universale’.[827] E difatti i vescovi (e gli arcivescovi) pagano al papa delle tasse in occa­sione della visita ad limina.[828]

Vediamo adesso l’insegnamento sulla canonizzazione dei santi (che si fonda sull’errato significato che essi danno al termine santo e su un’inesistente potere del papa di fare santi alcuni dopo morti). Basta che i Cattolici paghino grandi somme di denaro al papa per ottenere la canonizzazione di qualcuno morto in odore di santità[829] (la canonizzazione è preceduta dalla beatificazione che costa anch’essa parecchi soldi). D’al­tronde la sapienza dice che “il danaro risponde a tutto”[830] e che “i regali che uno fa gli apron la strada e gli danno adito ai grandi”.[831] Che c’é da meravigliarsi quindi se coloro che hanno grosse disponibilità finanziarie riescono ad ottenere certi ‘privilegi’ (quello di avere un ‘santo’ nella propria famiglia, o nella propria diocesi o parrocchia) dal papa? Certo, per fare santo qualcuno occorre anche che egli sia stato una sorta di eroe spirituale durante la sua vita, e che i suoi insegnamenti siano stati integri dal punto di vista cattolico, e che egli faccia almeno quattro miracoli dopo morto (due per essere beatificato, e altri due dopo la beatificazione per essere fatto santo). Ma su queste cose non ci sono grossi problemi perché la curia romana sa come fare quadrare tutto quando ci sono di mezzo grosse somme di denaro da intascare.

Veniamo ora all’insegnamento sulla messa e sul suffragio. Se un Cattolico vuole alleviare le anime dei suoi defunti dalle pene che essi soffrono nel cosiddetto purgato­rio o vuole liberare le anime dei suoi defunti dal purgatorio deve fare dire la messa per i morti che ha un prezzo (anche se il suo prezzo è presentato come libera offerta).[832] Quindi, basta che paga ed otterrà queste grazie per i suoi morti. La messa quindi è una fonte di disonesto guadagno per la curia romana. Quello che bisogna osservare a riguardo della messa per i morti è questo: che Cristo per offrire se stesso sulla croce del Calvario non richiese nessuna offerta da parte di nessuno, mentre il prete, che si fa passare per sacerdote di Dio, per offrire il presunto corpo ed il sangue di Cristo (l’ostia) in sacrificio propiziatorio per i Cattolici che stanno nel cosiddetto purgatorio si fa pagare. Essi dunque profanano doppiamente il sacrificio di Cristo; prima pensando di ripeterlo e poi facendosi pagare per esso. O Cattolici ma non vi rendete conto che ai preti importano solo i vostri soldi?

Per ciò che concerne l’insegnamento sulla venerazione delle reliquie esso è una fonte di grandi ricchezze per il papato perché ai Cattolici viene detto che in quel santuario o in quell’altro ci sono o il corpo o le parti del corpo di quello o di quell’altro ‘santo’ o degli oggetti che erano di quello o di quell’altro santo e che andandovi a visitarle possono otte­nere benefici da Dio, ed essi, ingannati, vi si recano con la speranza di ottenere qualche grazia per mezzo delle reliquie. E così i sovrintendenti di questi santuari si arricchiscono oltre modo vendendo alle persone ogni sorta di oggetto che ricorda quel santuario o la reliquia del ‘santo’ e ricevendo le offerte votive che essi fanno al ‘santo’. E dove vanno a finire infine tutti questi introiti? Nelle casse papali.[833]

E diciamo pure qualcosa sulla dottrina che dice che il papa ha il potere di sciogliere quello che vuole in virtù delle chiavi ricevute da Cristo. In virtù di questa dottrina, il papa, quantunque dice di ritenere il matrimonio indissolubile, ritiene di avere la potestà di sciogliere il matrimonio.[834] Ma lo scioglie facendosi pagare, infatti se uno vuole divorziare e risposarsi deve andare alla ‘Sacra Rota’ (o meglio ad uno dei Tribunali ecclesiastici regionali) e pagare. E considerando che ogni anno per il mondo egli scioglie migliaia di matrimoni il papato incassa parecchi soldi. Ma il papa non dà solo il permesso di divorziare e risposarsi ma anche il permesso (naturalmente anche questo a pagamento) che permette di non osservare certi precetti della chiesa il quale è chiamato dispensa. Secondo il Codice di diritto canonico infatti la dispensa è ‘l’esonero dall’osservanza di una legge puramente ecclesiastica in un caso particolare’.[835] Per esempio c’è la dispensa che autorizza ad astenersi dal digiuno, quella che autorizza a lavorare in certe feste di precetto e quelle matrimoniali che permettono di contrarre matrimonio quantunque ci siano degli impedimenti impedienti.[836] A proposito del lato finanziario di queste dispense ecco cosa dice l’Enciclopedia Cattolica: ‘Per le dispense matrimoniali si segue un sistema di tassazione tradizionale. Si fa così distinzione fra ricchi e poveri, si distinguono cioè quelli che possiedono o guadagnano fino ad un determinato limite, da quelli che lo superano. Per i poveri è stabilita una tassa minima variabile con l’impedimento (i miserabili pagano solo le spese) per i ricchi invece ha luogo la componenda. Questa è una cifra stabilita caso per caso dalla S. Sede in seguito alla indicazione della possidenza personale degli sposi e dei loro introiti. La percentuale varia anche qui con la diversità e la gravità degli impedimenti’.[837] Chi può negare davanti a queste cose che la dottrina sullo sciogliere e sul legare è fonte di disonesto guadagno per il papato? Faccio notare a proposito delle dispense che sono veramente un inganno nei confronti dei Cattolici, perché da un lato la curia romana gli fa credere che la Chiesa ha l’autorità da parte di Dio di formulare precetti e di farli osservare ai suoi fedeli e poi gli da pure l’opportunità di infrangerli. Da ciò si deduce che se quei precetti si possono infrangere con il suo beneplacito essi non valgono nulla ai loro occhi, ma sono solo delle restrizioni che hanno introdotto solo con lo scopo di togliere denaro alle persone.

Analizziamo ora l’insegnamento sulle indulgenze perché anch’esse sono state e sono fonte di grande guadagno per il papato.

L’indulgenza plenaria - secondo l’insegnamento papale - è la remissione di tutta la pena temporanea dovuta per i peccati, il che significa che coloro che la prendono (se muoiono subito dopo) se ne vanno subito in paradiso senza passare dal Purgatorio perché non gli rimangono più pene per i peccati da scontare nell’al­dilà! Che bisogna fare per acquistarla? Occorre compiere l’opera indulgenziata, la confessione, la comunione e recitare la preghiera secondo le intenzioni del papa dei Cattolici romani. L’opera indulgenziata talvolta è la visita a determinate basiliche o luoghi di pellegrinaggio, il che equivale a dire di portare offerte là dove si è diretti. E così le casse papali si riempiono di denaro. Le indulgenze vengono acquistate dai Cattolici romani anche a pro dei loro morti, perché le indulgenze sono parte di quei suffragi che i Cattolici sono invitati a compiere a pro delle anime che si trovano nel Purgatorio. A che servono quelle indulgenze a pro dei morti? Ad alleviare le loro pene e ad affrettarne la loro uscita dal purgatorio!

Nel passato le indulgenze plenarie furono (ma ribadiamo lo sono tuttora; basta pensare alle ingenti somme di denaro che entrano nelle casse papali durante ogni Giubileo) un grande affare finanziario per il papato perché di esse si servirono papi avidi di disonesto guadagno per arricchirsi oltremodo. Lasciamo la parola ad uno storico cattolico di nome Ludovico Von Pastor a riguardo: ‘Per l’acquisto dell’indulgenza, che i viventi intendevano guadagnare per sé, fu sempre richiesta, oltre alla visita della chiesa ed al contributo in denaro la confessione (...) compiuta la confessione, naturale presupposto all’acquisto dell’indulgenza, i fedeli dovevano mettere nel ceppo delle elemosine una somma di denaro rispondente alle loro condizioni finanziarie. Quest’oblazione a scopi pii, che era accessoria (...) divenne ora il vero motivo per cui si chiedevano e venivano concesse indulgenze. Come quasi tutti gli inconvenienti di cui soffrì la Chiesa alla fine del medioevo, anche l’abuso dell’indulgenza risale in gran parte al tempo dello scisma d’Occidente. Al fine di potersi sostenere contro il papato francese, Bonifacio IX, anche altrimenti non schifiltoso nei mezzi per colmare la cassa della Camera apostolica, in numero straordinariamente alto concesse indulgenze allo scopo confessato di ottenere per tale via del denaro (...) L’indulgenza andò sempre più prendendo la forma d’un affare finanziario’.[838] Per quanto riguarda la predicazione sulle indulgenze per i morti fatta da Tetzel ai giorni di Leone X in Germania il Pastor dice che ‘Tetzel realmente ha predicato essere dogma cristiano, che per acquistare l’indulgenza a favore dei morti occorreva soltanto l’oblazione in denaro, non dolore e confessione (..) non può soggiacere ad alcun dubbio che, quanto alla sostanza almeno, egli, partendo da questo presupposto, abbia predicato la massima drastica: ‘tosto che il denaro suona nella cassetta, l’anima balza fuori del purgatorio’.[839] A proposito del fatto che Leone X (1513-1521) approvò la vendita delle indulgenze per raccogliere il denaro necessario alla costruzione dell’attuale ‘basilica di san Pietro’, il Pastor riferisce che ‘non ostante il suo attaccamento alla Santa Sede il rigido cardinale Ximenes espresse il suo malcontento per l’indulgenza concessa da Leone X a favore della basilica di S. Pietro’.[840]

Quindi, come si può ben vedere, sia il papato che tutti coloro che sono sotto la sua scia hanno avuto sempre grandi interessi finan­ziari nell’annunziare queste dottrine malefiche al popolo (canonizzazione, purgatorio, indulgenze, messa, ecc.). Perché dunque meravigliarsi di questo loro attaccamento a questi loro dogmi di fede che non hanno nulla a che fare con la verità, quando si sa che essi sono fonte di ricchezza sia per la sede centrale di Roma che per tutte le sue succursali sparse per il mondo? Se dovessero rinunciare a queste loro dottrine di conse­guenza dovrebbero rinunciare a tanti e tanti soldi perché scompa­rirebbero le loro miniere da cui attingono le loro ricchez­ze; ma il fatto è che essi non hanno nessuna intenzione di rinunciare ad esse perché sono cupidi di disonesto guadagno. Sono disposti a fare di tutto per saziare la loro cupidigia; lo hanno dimostrato abbondantemente durante i secoli. Non abbiamo bisogno di ulteriori prove, come se quelle che ci sono fossero insuffi­cienti. Ma essi, oltre ad arricchire loro stessi, fanno arricchire molti perché procurano un gran guadagno a molti e molti artigiani sparsi un pò per tutto il mondo; molti orafi si arricchiscono facendo per i Cattolici medaglie e medaglioni di tutti i generi, molti scultori si arricchiscono costruendo per il Vaticano le statue; molti pittori si arricchiscono dipingendo per loro; molti negozi si arricchiscono vendendo ogni sorta di mercanzia che ha a che fare con reliquie, santuari, Maria, con il rosario, con i croci­fissi, con le cosiddette immagini sacre, e con miriadi di altri cose. A tale proposito un paragone appropriato va fatto: come quel Demetrio orefice, che faceva dei tempietti di Diana in argen­to, procurava non piccol guadagno agli artigiani, così ora il papato procura non piccol guadagno a tutti coloro che lavorano per lui in una maniera o nell’altra. Questa è una delle ragioni per cui noi figliuoli di Dio siamo in avversione ed abominio al papato ed a coloro che sono in rapporti economici con esso, perché riprovando le sue eresie su Maria, l’eresia del purgatorio e quella delle indulgenze e la sua dottrina sulle statue e sulle immagini e tutte le sue seco­lari invenzioni dottrinali noi ci opponiamo automaticamente anche ai suoi enormi interessi finanziari e a quelli di tante industrie e artigiani e editori e tipografi e tanti altri. Quello che emerge infatti, studiando le dottrine cattoliche e le pratiche devozionali che sono ad esse collegate, è che dietro di esse si annidano enormi interessi finanziari di cui noi abbiamo soltanto una pallida idea. In altre parole ci troviamo davanti ad un gigantesco impero finanziario ed economico, camuffato da Chiesa di Dio, che attinge i suoi capitali da quell’enorme numero di eresie e di superstizioni che costituiscono la tradizione cattolica romana.

I miracoli: segni che la chiesa cattolica romana è nella verità?

 

Secondo i teologi romani i miracoli che avvengono fra di loro dimostrano che essi sono nella verità. Così si espresse il cardi­nale Bellarmino (1542-1621): ‘La gloria dei miracoli è un segno (della vera Chiesa). Son da premettersi due cose fondamentali: La prima, che i miracoli sono necessari alla nuova fede, e a persua­dere la missione straordinaria. La seconda, che i miracoli sono efficaci e sufficienti. Dalla prima deduciamo, che la Chiesa degli avversari non può essere la vera Chiesa; e dalla seconda, che la nostra è la vera Chiesa’.[841]

Ora, noi non crediamo affatto che i miracoli siano cessati con la morte degli apostoli, e questo perché “Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi, e in eterno”.[842] Essi avvengono in mezzo al suo popolo per le mani di ministri che hanno ricevuto il dono di potenza di operare miracoli e sono necessari perché sono la manifestazione dello Spirito secondo che é scritto: “Or a ciascuno è data la manifestazione dello Spirito per l’utile comune”.[843] Essi servono infatti a confermare nella fede i credenti ed a trarre all’ubbi­dienza della fede gli uomini che vivono lontani da Dio. Bisogna dire però, che i miracoli non avvengono solo in mezzo al popolo di Dio, per lo Spirito Santo, per mezzo di santi uomini rivestiti di potenza, ma anche tra i pagani, cioè tra coloro che non conoscono Dio e vanno dietro agl’idoli muti, ma in questo caso avvengono per mezzo di ministri di Satana quali maghi o uomini molto religiosi all’apparenza. Nel caso dei segni e prodigi che in seno alla chiesa romana viene detto si verificano per mezzo di cosiddetti santi essi devono essere attribuiti all’avversario e non a Dio, e questo perché queste persone, che poi magari vengono puntualmente beatificate e santificate dal papa, sono degli idolatri che non conoscono Iddio. Il loro sguardo è malefico, le loro parole dolci e lusinghiere, le loro opere d’iniquità. Essi devono essere inclusi tra quei falsi profeti di cui parlò Gesù che “faranno gran segni e prodigî da sedurre, se fosse possibile, anche gli eletti”.[844] Sì, perché il loro scopo é quello di sedurci e di farci apostatare dalla fede. E’ fuori di dubbio, questi loro prodigi suscitano meraviglia tra le persone, come li suscitava quelli che operava Simone a Samaria prima che credesse al Vangelo. Ma essi servono a fare rimanere i Cattolici romani ancora più attaccati al culto di Maria, al culto degli angeli e dei loro santi ed a convincerli che la loro chiesa è la vera Chiesa. Come ho detto prima, questi falsi profeti operano questi prodigi sotto l’influsso di poteri diabolici per sedurci, ma badate che tutto questo rientra nel volere di Dio perché Dio per mezzo di questi impostori ci mette alla prova per vedere se noi lo amiamo con tutto il nostro cuore; questo è quello che apprendiamo da queste parole scritte nella legge: “Quando sorgerà in mezzo a te un profeta o un sognatore che ti mostri un segno o un prodigio, e il segno o il prodigio di cui t’avrà parlato succeda, ed egli ti dica: ‘Andiamo dietro a dèi stranieri (che tu non hai mai cono­sciuto) e ad essi serviamo’, tu non darai retta alle parole di quel profeta o di quel sognatore; perché l’Eterno, il vostro Dio, vi mette alla prova per sapere se amate l’Eterno, il vostro Dio, con tutto il vostro cuore e con tutta l’anima vostra”.[845] Quindi i prodigi non possono essere presi come segni dimostrato­ri che chi li compie è nella verità o che l’organizzazione di cui lui è membro è la vera Chiesa, perché se fosse così dovremmo chiamare Chiesa di Dio anche le associazioni di maghi e stregoni che ci sono anche in questa nazione. Il fatto è che mentre i maghi non mostrano di essere religiosi ma irreligiosi, i cosid­detti santi o santoni della chiesa romana sono delle persone molto religiose che recitano il rosario, il Padre nostro, che vanno alla messa fatta dal prete e fanno tante altre cose della loro religione. Non possiamo definirli né santi e né credenti appunto perché dimostrano di essere una banda di seduttori pro­fessanti le arti seduttrici dell’errore per mezzo di segni e prodigi. Contrastano la parola di verità, sono attaccati morbosa­mente alla tradizione cattolica romana; noi rifiutiamo di dargli retta anche se fanno le cose che fanno; quand’anche facessero scendere il fuoco dal cielo usandosi del nome di Maria, quand’an­che si mettessero a camminare sull’acqua nel nome di Antonio o di Francesco o di chicchessia, noi non daremo loro retta appunto perché essi sono degli idolatri che ci incitano all’apostasia. Gesù Cristo dice: “Venite dietro a me”,[846] quindi noi dobbiamo seguire lui e nessun altro, per non smarrirci per le vie desolate di questa religione anticristiana che si fa passare anche per mezzo dei prodigi che avvengono nel suo mezzo come la vera Chiesa.

Alcune parole a proposito dell’imposizione delle mani fatta nel nome di Gesù sugli ammalati in seno alla chiesa cattolica romana

 

Voglio dire ora alcune cose a proposito delle guarigioni. In seno alla chiesa romana, nell’ambito del movimento carismatico, ci sono vescovi e preti che impongono le mani sugli infermi nel nome di Gesù. Ora, noi non siamo affatto contro il fatto che essi impongano le mani sugli infermi nel nome di Gesù per la loro guarigione, però siccome che essi continuano a rimanere in seno alla chiesa romana ed attaccati alla sua tradizione essi non ci convincono affatto. Ma voglio pure dire che quand’anche il Signore nella sua misericordia guarisca un Cattolico romano da una malattia in seguito all’imposizione delle mani di uno di questi vescovi o preti, o in seguito ad una sua invocazione fatta con fede (dal malato) al Signore affinché lo guarisca, questo non ci porta a definire la chiesa romana la vera Chiesa che possiede la sana dottrina. Noi riteniamo che queste guarigioni avvenute o che possono avvenire mediante il nome di Gesù anche nell’ambito della chiesa romana siano non solo una prova della fedeltà e della bontà di Dio in verso coloro che nel bisogno lo invocano senza conoscerlo, ma anche dei mezzi con i quali Dio ci mette alla prova, a noi suoi figliuoli, per vedere se lo amiamo con tutto il cuore e se rimaniamo attaccati alla fedel Parola quale ci è stata insegnata. Con questo discorso vogliamo dirvi di diffidare di chiunque dice di credere che Gesù guarisce e che prega pure sugli ammalati nel nome di Gesù, ma nello stesso tempo si attiene alla tradizione della chiesa romana. State attenti fratelli.

CONCLUSIONE

 

Come avete potuto constatare da voi stessi la dottrina sulla Chiesa insegnata dalla chiesa cattolica romana è strettamente collegata al primato di Pietro ed alla cosiddetta successione apostolica, vale a dire sull’insegnamento che Pietro fu costituito da Cristo capo visibile della Chiesa e che lasciò questo suo primato al vescovo di Roma ed ai suoi successori; e che oltre al successore di Pietro a capo della Chiesa ci siano i successori degli apostoli, cioè i vescovi che a loro volta consacrano i preti nelle loro diocesi. Ma oltre a questi insegnamenti, essa è collegata alla dottrina sacramentaria perché nella chiesa riveste una importanza notevole il prete con tutti i suoi presunti poteri (il potere di fare cristiani con il battesimo, quello di rimettere i peccati, quello di trasformare il pane e il vino nel corpo e sangue di Gesù Cristo, ecc.). Cosicché chi ha il papa o meglio chi è sottomesso al papa e ai vescovi cattolici, e chi possiede tutti i sette sacramenti è un membro della vera Chiesa, chi invece rifiuta di sottomettersi al papa e ai suoi vescovi e di riconoscere i suoi sette sacramenti, anche se si dice cristiano nella realtà non è un vero cristiano. Potrebbe un vero cristiano opporsi al vicario di Cristo? Potrebbe un vero cristiano sprezzare i sette sacramenti istituiti da Cristo per la sua Chiesa? essi dicono. E’ evidente quindi che stando così le cose ‘le altre chiese’ non possono avere la pienezza dei mezzi di salvezza. E così a giusta ragione dichiariamo che, avendo i Cattolici una tale cognizione della Chiesa, è impossibile andare d’accordo con i Cattolici romani. Fratelli, nessuno vi seduca.

Ma anche in questo caso mi trovo costretto a fare alcune domande agli amanti dell’ecumenismo: Ditemi, come potete pensare di andare d’accordo con i Cattolici quando essi ritengono che voi non possedete tutti i mezzi per salvarvi? O come potete pensare che essi vi chiamano sinceramente Cristiani, quando sanno che voi non credete che il papa è il vicario di Cristo e i suoi vescovi i successori degli apostoli? A nostro avviso, stando così anche la loro dottrina sulla Chiesa, se essi rimangono attaccati ad essa; e voi non la riconoscete, è impossibile che voi andiate d’accordo con essi. Che sorta di unità dunque procacciate con questa gente se non siete disposti a riconoscere il primato del vescovo di Roma, e tutti i loro sacramenti (magari all’infuori del battesimo perché questo lo accettate!)? Strano per davvero questo vostro modo di agire! Parlate tanto di unità con i Cattolici, ma non volete riconoscere il cosiddetto successore di Pietro e tutti i loro sacramenti. Non siete dunque coerenti.


Capitolo 4

 

IL PAPATO

 

La dottrina dei teologi papisti

 

Il papa è il successore di Pietro, e quindi il capo visibile della Chiesa di Cristo. Egli ha tra gli altri poteri, quello di fare santo qualcuno morto in fama di santità, di aprire il regno dei cieli e di chiuderlo a chi vuole perché ne possiede le chiavi, e quando definisce dottrine in materia di fede e di morale è infallibile.

‘Il Papa è il successore di san Pietro nella sede di Roma e nel primato, ossia nell’apostolato ed episcopato universa­le; quindi il capo visibile, Vicario di Gesù Cristo capo invisi­bile, di tutta la Chiesa, la quale perciò si dice Cattolica-Romana’.[847] Egli viene definito vescovo universale perché Gesù disse a Pietro di pascere i suoi agnelli, le sue pecorelle e le sue pecore;[848] capo della Chiesa e principe degli apostoli perché Gesù disse sempre a Pietro: “Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa”.[849] Oltre a questi passi i teologi papisti ne prendono degli altri, che citeremo e spiegheremo in appresso, per sostenere il primato di Pietro. Ma perché viene detto che proprio lui, il ‘vescovo’ di Roma, e non un altro vescovo di un’altra città, è il successore di Pietro, e quindi il capo della Chiesa? Perché - dice la tradizione papista - Pietro venne a Roma, vi fondò la Chiesa, la pasturò per più di venti anni lasciando poi il suo ministero ai suoi successori. Sempre quest’uomo viene chiamato padre santo, ha il potere di dichiarare santo qualcuno che è morto ed ha le chiavi del regno dei cieli.

Il papa viene definito anche infallibile quando parla ‘ex-cattedra’. Ecco cosa dice il catechismo a tale riguardo: ‘Il Papa, da solo, non può errare nell’insegnarci le verità rivelate da Dio, ossia è infallibile come la Chiesa (quando da Pastore e Maestro di tutti i cristiani, definisce dottrine circa la fede ed i costumi)’.[850] L’infallibilità papale fu dichiarata dogma dal concilio Vaticano I nel 1870 in questi termini: ‘Noi insegniamo, e definiamo essere dogma divinamente rivelato che il Romano Pontefice, quando parla ex cathedra, cioè quando, adempiendo il suo ufficio di pastore e maestro di tutti i cristiani, in virtù della sua suprema autori­tà apostolica, definisce che una dottrina riguardante la fede o i costumi dev’essere ritenuta da tutta la chiesa, per quell’assistenza divina che gli è stata promessa nel beato Pietro, gode di quella infallibilità, di cui il divino Redentore ha voluto dotata la sua chiesa, allorché definisce la dottrina riguardante la fede o i costumi. Quindi queste definizioni sono irreformabili per virtù propria, e non per il consenso della chiesa.[851] Se poi qualcuno - Dio non voglia! - osasse contraddire questa nostra definizione; sia anatema’.[852]

Confutazione

Colui che viene chiamato papa non è il vescovo universale

 

Il titolo di vescovo universale fu dato per la prima volta dall’imperatore Foca (che nel 602 era salito sul trono di Costantino­poli dopo avere fatto uccidere il suo predecessore e la sua famiglia) al vescovo di Roma Bonifacio III (607), titolo che peraltro era stato rifiutato dal suo predecessore Gregorio I (590-604). Questa è l’origine di questo appellativo dato al capo della chiesa romana. Passiamo ora a dimostrare con le Scritture che colui che viene chiamato papa non è il vescovo universale.

Ora, secondo la Scrittura tutti i credenti che sono sulla terra hanno sì dei vescovi (gli anziani) che li sorvegliano e li pasco­no per ordine di Dio, ma al di sopra di essi non c’é affatto il capo dello Stato del Vaticano, ma il nostro Signore Gesù Cristo che Pietro chiama il Pastore e Vescovo delle anime nostre. Ecco chi é il Vescovo universale, Gesù Cristo, il Figlio di Dio che siede alla destra di Dio. Ma allora chi é costui che definiscono papa? Certamente un impostore, che si é preso un titolo che non gli si addice affatto.

Le seguenti Scritture attestano che Gesù Cristo é il Pastore della sua Chiesa.

-  Isaia disse di lui: “Come un pastore, egli pascerà il suo greg­ge; raccoglierà gli agnelli in braccio, se li torrà in seno, e condurrà pian piano le pecore che allattano”;[853]

-  Dio disse tramite Ezechiele del suo Cristo: “E susciterò sopra d’esse un solo pastore, che le pascolerà; il mio servo Davide; egli le pascolerà, egli sarà il loro pastore”;[854]

-  Michea disse del Cristo: “Egli starà là e pascerà il suo gregge colla forza dell’Eterno..”;[855]

-  in Zaccaria é scritto: “Così parla l’Eterno, il mio Dio: Pasci le mie pecore...”;[856]

-  Gesù disse: “Io sono il buon pastore, e conosco le mie, e le mie mi conoscono...”;[857] e: “Ho anche delle altre pecore, che non son di quest’ovile; anche quelle io devo raccogliere, ed esse ascol­teranno la mia voce, e vi sarà un solo gregge, un solo pastore”.[858]

E’ vero che Gesù, dopo che fu risuscitato dai morti, disse a Simon Pietro: “Pasci i miei agnelli... Pastura le mie pecorelle... Pasci le mie pecore”,[859] ma Pietro non si arrogò mai il titolo di vescovo supremo della Chiesa di Cristo, tanto é vero che nella sua prima epistola dice ai santi: “Poiché eravate erranti come pecore; ma ora siete tornati al Pastore e Vescovo delle anime vostre”[860] (che non era lui, ma Gesù Cristo). E agli anziani egli dice: “Io esorto dunque gli anziani che sono fra voi, io che sono anziano con loro e testimone delle sofferenze di Cristo e che sarò pure partecipe della gloria che ha da essere manifestata: Pascete il gregge di Dio...”;[861] poi dice loro come devono farlo ed infine dice loro: “E quando sarà apparito il sommo Pastore, otterrete la corona della gloria che non appassisce”.[862] Pietro quindi non si reputava affatto il vescovo universale ma solamente uno dei vescovi (gli anziani) che pascevano la Chiesa di Dio in quei giorni. Per lui il Vescovo universale era Cristo Gesù.

Queste sono le ragioni per cui noi non accettiamo il capo dello Stato del Vaticano come Vescovo supremo della Chiesa, perché la Scrittura attesta che il Pastore e Vescovo delle anime nostre é solo Cristo Gesù, e che l’apostolo Pietro non fu costituito Pastore supremo della Chiesa primitiva con l’autorità di trasmet­tere ai suoi successori questa dignità; e quindi non è vero che Pietro trasmise il suo vescovado ad un suo successore (che secon­do i teologi cattolici fu un vescovo della Chiesa di Roma del primo secolo dopo Cristo).

L’apostolo Pietro non fu costituito capo della Chiesa e non lasciò successori

 

Il capo dello Stato del Vaticano non può essere definito in nessuna maniera il successore di Pietro. La ragione é perché Gesù non conferì mai a Simon Pietro il primato sugli altri apostoli e sulla Chiesa dicendogli di trasmetterlo poi ad altri; di conseguenza coloro che insegnano che egli era a capo della Chiesa d’allora e che il suo primato sia stato da lui trasmesso a qualcun altro insegnano una falsa dottrina e seducono coloro che l’accettano. Adesso dimostreremo mediante le Scritture quanto appena detto cominciando con lo spiegare il passo del “Tu sei Pietro...”[863] in Matteo, perché è su di esso che i teologi papisti si appoggiano per spiegare che Pietro fu costituito da Cristo capo e fondamento della Chiesa, e quindi che fu il primo papa.

Ora, Gesù disse a Pietro: “Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa, e le porte dell’Ades non la potranno vincere. Io ti darò le chiavi del regno de’ cieli; e tutto ciò che avrai legato sulla terra sarà legato ne’ cieli, e tutto ciò che avrai sciolto in terra sarà sciolto ne’ cieli”.[864] Queste parole Gesù le rivolse a Pietro dopo che questi gli disse dinanzi agli altri discepoli: “Tu sei il Cristo, il Fi­gliuol dell’Iddio vivente”,[865] e noi crediamo in esse infatti cre­diamo che Gesù Cristo edificò la sua Chiesa sopra la sola pietra angolare che esista in tutto il tempio di Dio e che é lui stesso, il Figliuol di Dio, e non Pietro, nulla togliendo al fatto che Pietro sia una parte del fondamento posto da Cristo sopra di lui. Che “questa pietra”, a cui Gesù fece riferimento in quella rispo­sta a Simon Pietro, è Gesù Cristo stesso, e che il fatto che poco prima egli si sia rivolto a Pietro dicendogli: “Tu sei Pietro..” non significa che questa pietra è Pietro, lo si deduce anche dal confronto con queste parole che Gesù disse ai Giudei: “La pietra che gli edificatori hanno riprovata è quella ch’è divenuta pietra angolare... E chi cadrà su questa pietra sarà sfracellato; ed ella stritolerà colui sul quale cadrà”.[866] Perché? Perché in queste parole Gesù dicendo “su questa pietra” si riferì a lui medesimo e non a qualcun altro; certo non disse ‘su di me stes­so’, ma è evidente che parlò di lui e non di qualcun altro. Quindi, anche il “su questa pietra” presente nel discorso di Gesù a Pietro significa su Cristo e non su Pietro. Perciò, come Gesù quando disse “chi cadrà su questa pietra” non volle dire: ‘Chi cadrà su Simon Pietro’, così anche quando egli disse: “Su questa pietra edificherò la mia Chiesa” non disse: ‘Su Simon Pietro edificherò la mia chiesa’, perché in tutti i due discorsi “questa pietra” è lui stesso e nessun altro.

Le seguenti Scritture attestano chiaramente che Pietro non fu costituito da Cristo né il fondamento della Chiesa, né il princi­pe degli apostoli e neppure il capo supremo della Chiesa.

-  Paolo dice agli Efesini: “Voi dunque non siete più né forestie­ri né avventizî; ma siete concittadini dei santi e membri della famiglia di Dio, essendo stati edificati sul fondamento degli apostoli e de’ profeti, essendo Cristo Gesù stesso la pietra angolare, sulla quale l’edificio intero, ben collegato insieme, si va innalzando per essere un tempio santo nel Signore”.[867]

La casa di Dio é una casa spirituale formata da pietre viventi, cioè da uomini e donne vivificati da Cristo, ed ha come fondamen­to alla base di essa Cristo Gesù, la pietra angolare. Ma sopra Cristo é stato posto un altro fondamento da Dio che é costituito dagli apostoli e dai profeti, e difatti noi figliuoli di Dio ci basiamo nella nostra vita sugli insegnamenti di Cristo Gesù, su quelli degli apostoli e sulle parole dei profeti. Ma rimane il fatto che il Capo e il Fondamento della Chiesa rimane sempre Cristo perché lui é il Salvatore del corpo. Come potete vedere nelle parole di Paolo non si intravede la benché minima prova della supremazia dell’apostolo Pietro su gli altri apostoli, appunto perché Pietro é uno degli apostoli che formano il fondamento della Chiesa e non il solo apostolo di cui è formato il fondamento.

-  L’apostolo Paolo dice ai Corinzi: “Io, secondo la grazia di Dio che m’è stata data, come savio architetto, ho posto il fondamen­to; altri vi edifica sopra. Ma badi ciascuno com’egli vi edifica sopra; poiché nessuno può porre altro fondamento che quello già posto, cioè Cristo Gesù”.[868]

Queste parole di Paolo, assieme a queste sue altre parole scritte ai Romani: “Così, da Gerusalemme e dai luoghi intorno fino all’Illiria, ho predicato dovunque l’Evangelo di Cristo, avendo l’ambizione di predicare l’Evangelo là dove Cristo non fosse già stato nominato, per non edificare sul fondamento altrui”,[869] confer­mano che il fondamento della Chiesa di Dio è Cristo Gesù, e non Pietro o il suo presunto successore come invece asserisce la chiesa romana.

-  L’apostolo Pietro nella sua prima epistola dice: “Acco­standovi a lui, pietra vivente, riprovata bensì dagli uomini ma innanzi a Dio eletta e preziosa, anche voi, come pietre viventi, siete edificati qual casa spirituale... Poiché si legge nella Scrittura: Ecco, io pongo in Sion una pietra angolare, eletta, preziosa; e chiunque crede in lui non sarà confuso”,[870] ed ai capi sacerdoti e agli anziani disse del Cristo: “Egli è la pietra che è stata da voi edificatori sprezzata, ed é divenuta la pietra angolare”.[871]

Quindi Pietro ha definito Gesù pietra vivente, eletta e preziosa ed anche la pietra angolare che Dio aveva promesso di mettere in Sion dopo che sarebbe stata rigettata dagli edificatori; quindi lui stesso riconobbe che Cristo era la prima pietra di tutta la costruzione e che tutti i credenti (lui incluso) erano come delle pietre viventi che si dovevano accostare alla pietra vivente che é Cristo. Che fanno invece i teologi cattolici romani? Disconoscono Cristo Gesù come la pietra angolare, e difatti la chiesa romana non ha come fondamento Cristo Gesù, ma il papato che fonda la sua esi­stenza sulla menzogna e sull’ipocrisia. Se la chiesa romana fosse veramente fondata sopra Cristo Gesù (come dice di essere) essa si atterrebbe alle parole di Cristo e non annullerebbe l’insegnamen­to del Signore nostro Cristo Gesù e quello degli apostoli.

-  Marco dice: “E vennero a Capernaum; e quand’egli fu in casa, domandò loro: Di che discorrevate per via? Ed essi tacevano, perché per via aveano questionato fra loro chi fosse il maggio­re. Ed egli postosi a sedere, chiamò i dodici e disse loro: Se alcuno vuol essere il primo, dovrà essere l’ultimo di tutti e il servitor di tutti”.[872]

Ora, se Pietro fosse stato il principe degli apostoli di certo Gesù lo avrebbe detto in quest’occasione in cui i discepoli avevano discusso fra loro per sapere chi era il maggiore; ma da quello che dice Marco, Gesù non dichiarò Pietro il maggiore degli apostoli. Egli disse che chi fra loro voleva essere il primo doveva essere il servitore di tutti. Ed oltre a ciò, bisogna dire che dato che questa disputa fra i discepoli avvenne dopo che Gesù dichiarò beato Simon Pietro per la sua confessione di fede e gli disse: “Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia chiesa...”,[873] è evidente che i discepoli a quelle parole di Gesù dirette a Pietro non gli aveva­no affatto dato l’interpretazione che gli danno i teologi papisti. Perché? Perché altrimenti essi non avrebbero questionato fra loro chi fosse il maggiore, essendo stata la questione risolta in precedenza da Gesù.

-  Paolo ai Galati chiama Giacomo, Cefa, e Giovanni “quelli che godono di particolare considerazione”[874] e anche quelli “che godono maggior considerazione”,[875] e dice che essi erano “reputati colon­ne”[876] nella Chiesa.

Anche in queste parole di Paolo, Pietro non ricopre una posizione di domi­nio sopra gli altri apostoli o sopra la Chiesa di Dio perché viene annoverato tra le colonne della Chiesa assieme ad altri due apostoli. Da come parlano invece i teologi cattolici romani Pietro era la colonna portante dell’intera Chiesa. A chi credere dunque? A Paolo, di certo, perché lui parlava da parte di Dio in Cristo.

-  Dopo che Gesù fu assunto in cielo, prima che giungesse il giorno della Pentecoste, l’apostolo Pietro si alzò in mezzo ai fratelli che erano adunati, che ammontavano a circa centoventi persone, e disse innanzi tutto che era stato necessario che si adempisse ciò che lo Spirito Santo aveva detto tramite Davide intorno a Giuda Iscariota, poi disse queste parole: “Bisogna dunque che fra gli uomini che sono stati in nostra compagnia tutto il tempo che il Signor Gesù è andato e venuto fra noi, a cominciare dal battesimo di Giovanni fino al giorno ch’egli, tolto da noi, è stato assunto in cielo, uno sia fatto testimone con noi della risurrezione di lui”.[877] E questo fu fatto perché trassero a sorte tra Mattia e Giuseppe, ed essendo stato sorteg­giato Mattia egli fu aggiunto agli undici. Notate che non fu Pietro a decidere chi doveva prendere il posto di Giuda, ma la sorte. Questo conferma che Pietro in seno alla Chiesa non possedeva il posto di ‘capo della Chiesa’, come invece asserisce la curia romana, perché altrimenti lo avrebbe scelto lui il successore di Giuda.

-  A Gerusalemme quando si riunirono gli apostoli e gli anziani per discutere un’importante questione che era sorta, cioè se circoncidere i Gentili e comandare loro d’osservare la legge o no, l’apostolo Pietro non ricoprì la posizione di principe degli apostoli o di vescovo universale. E’ scritto infatti: “Essendone nata una gran discussione, Pietro si levò in piè, e disse loro: Fratelli, voi sapete che fin dai primi giorni Iddio scelse fra voi me, affinché dalla bocca mia i Gentili udissero la parola del Vangelo e credessero. E Dio, conoscitore dei cuori, rese loro testimonian­za, dando lo Spirito Santo a loro, come a noi; e non fece alcuna differenza fra noi e loro, purificando i cuori loro mediante la fede. Perché dunque tentate adesso Iddio mettendo sul collo de’ discepoli un giogo che né i padri nostri né noi abbiam potuto portare? Anzi, noi crediamo d’esser salvati per la grazia del Signor Gesù, nello stesso modo che loro”.[878] Dopo Pietro parlarono anche Paolo e Barnaba, ed infine Giacomo che fu quello che giudi­cò di non dare molestia ai credenti di fra i Gentili, ma di ordinargli di astenersi dalle cose sacrificate agli idoli, dalla fornicazione, dalle cose soffocate e dal sangue.

Ora, se Pietro avesse avuto la priorità in ogni cosa sicuramente questo si sarebbe palesato a Gerusalemme in quell’importante riunione, ma bisogna dire che, ancora una volta, della sua sban­dierata supremazia non c’é la benché minima prova. Pietro sì parlò per primo, ma colui che disse cosa bisognava dire ai Gentili di evitare fu Giacomo e non Pietro, infatti egli disse: “Io giudico che non si dia molestia a quelli dei Gentili che si convertono a Dio...”.[879] E badate che quello di Giacomo non fu un consiglio ma un giudizio; dico questo perché i sostenitori del primato di Pietro tendono con i loro discorsi a farlo passare per un semplice suggerimento.

-  “Or gli apostoli ch’erano a Gerusalemme, avendo inteso che la Samaria avea ricevuto la parola di Dio, vi mandarono Pietro e Giovanni. I quali, essendo discesi là, pregarono per loro affin­ché ricevessero lo Spirito Santo; poiché non era ancora disceso sopra alcuno di loro, ma erano stati soltanto battezzati nel nome del Signor Gesù. Allora imposero loro le mani, ed essi ricevet­tero lo Spirito Santo”.[880]

Anche in questo caso non emerge nella maniera più assoluta che Pietro fosse il Principe degli apostoli o il capo della Chiesa. Notate infatti che Pietro fu mandato in Samaria assieme a Giovan­ni dagli apostoli che erano in Gerusalemme, e che sia Pietro che Giovanni pregarono per i Samaritani affinché ricevessero lo Spirito Santo, il che sta ad indicare che ambedue avevano il dono di imporre le mani ai credenti affinché ricevessero lo Spirito Santo e non solo Pietro.

-  Pietro, sia prima del giorno della Pentecoste, che il giorno della Pentecoste, e sia dopo, e precisamente nel caso della guarigione dello zoppo al tempio, quando lui e Giovanni comparvero davanti al Sinedrio, quando Anania portò i denari ai piedi degli apostoli, e quando Simone offerse a lui e a Giovanni del denaro per ricevere l’autorità di imporre le mani ai credenti affinché ricevessero lo Spirito Santo, dico, in tutte queste diverse circostanze, egli si palesò essere il primo a parlare tra gli apostoli,[881] ma non il primo per importanza tra gli apostoli. Vi ricordo a tale proposito che Paolo e Barnaba erano stati ambedue appartati per ordine dello Spirito Santo ad Antiochia, ed ambedue erano stati mandati dallo Spirito Santo a compiere quell’opera, ma tra i due Paolo era il primo a parlare infatti a Listra le turbe dopo avere visto la guarigione compiuta da Paolo lo chiamarono Mercurio “perché era il primo a parlare”.[882] A confer­ma di ciò vi ricordo che ad Antiochia di Pisidia, quando i capi della sinagoga mandarono a dire a Barnaba e Paolo che se avevano una parola d’esortazione da dire al popolo la potevano dire, fu Paolo ad alzarsi e a parlare per primo ai presenti.[883] Ma tutto ciò non ci porta a dire che Paolo era superiore a Barnaba o suo capo. La stessa cosa si può dire dell’apostolo Pietro nei confronti degli altri apostoli; egli parlava per primo, ma non aveva il primato né su loro e né sulla Chiesa.

Ma tutto questo che abbiamo detto sin qui, benché sia provato mediante le sacre Scritture, non incontra per nulla il favore della chiesa romana che ha lanciato il seguente anatema contro chi non riconoscerà che il papa è per diritto divino il successore di Pietro sopra tutta la Chiesa: ‘Se, quindi, qualcuno dirà che non è per istituzione dello stesso Cristo signore, cioè per diritto divino, che il beato Pietro ha sempre dei successori nel primato su tutta la chiesa; o che il Romano pontefice non è successore del beato Pietro in questo primato: sia anatema’.[884] Oh! quanto è vera la parola del profeta: “Non sanno nulla, non capiscono nulla; hanno impiastrato loro gli occhi perché non veggano, e il cuore perché non comprendano”.[885]

Spiegazione di alcuni passi presi per sostenere il primato di Pietro

 

I teologi romani per sostenere che Gesù conferì il primato del potere della Chiesa a Pietro oltre ai passi più conosciuti che sono: “Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa”,[886] “Ti darò le chiavi del regno de’ cieli”,[887] e “Pasci i miei agnelli... Pastura le mie pecorelle... Pasci le mie pecore”;[888] pren­dono diversi altri passi della Scrittura che si riferiscono a Simon Pietro. Vediamoli, per vedere se in effetti stanno ad indi­care che l’apostolo Pietro ricevette il primato sulla Chiesa primitiva.

-  “Simone, Simone, ecco, Satana ha chiesto di vagliarvi come si vaglia il grano; ma io ho pregato per te affinché la tua fede non venga meno; e tu, quando sarai convertito, conferma i tuoi fratel­li”.[889] Gesù disse queste parole a Pietro la notte in cui egli fu tradi­to e i teologi affermano che questo “conferma i tuoi fratelli” sta ad indicare che Pietro ricevette la missione di raffermare i suoi fratelli, cioè gli apostoli, intendendo con questo che anche il papa, siccome è successore, ha ricevuto la missione di confer­mare i fedeli.

Noi non abbiamo nulla da dire sul fatto che Gesù affidò a Simon Pietro il compito di confermare i suoi fratelli, perché questo è verità. Ma con queste parole Gesù non conferì a Pietro nessuna supremazia sugli altri apostoli, o sulla Chiesa. Pietro ricevette da Gesù quella particolare missione in quella particolare circo­stanza sapendo che i suoi discepoli sarebbero stati di lì a poco dispersi e rattristati grandemente a motivo della sua morte; ma questa missione particolare fu circoscritta nel tempo e a Pietro. Vogliamo dire con questo che la missione di confermare i propri fratelli Gesù non la estese a dei presunti successori di Pietro per tutte le età a venire, come invece affermano i teologi roma­ni. E’ risaputo poi che i papi prendono queste parole di Gesù per arrogarsi ogni diritto; tra cui il diritto di fare ogni sorta di leggi ecclesiastiche per confermare i membri della chiesa romana. Ed oltre a ciò vogliamo ricordare, a sostegno del fatto che non vi è una particolare persona (il cosiddetto successore di Pietro) messa nella Chiesa dal Signore per confermare tutti i fedeli, che Paolo ai Corinzi dice che il Signore li avrebbe confermati secon­do che è scritto: “Il quale anche vi confermerà sino alla fine, onde siate irreprensibili nel giorno del nostro Signor Gesù Cristo”,[890] e non Cefa, ossia Simon Pietro, quantunque Cefa fosse ancora in vita quando lui scrisse tanto è vero che nella Chiesa di Corinto c’erano alcuni che dicevano di essere di Cefa! Come la mettiamo dunque o teologi romani? Se Pietro doveva con­fermare tutta la Chiesa come mai mentre era ancora in vita Paolo dice ai santi di Corinto che il Signore li avrebbe confermati? Certo, Dio si usa pure dei suoi ministri per confermare i suoi figliuoli infatti Paolo dice ai Tessalonicesi: “Mandammo Timoteo, nostro fratello e ministro di Dio nella propagazione del Vangelo di Cristo, per confermarvi e confortarvi nella vostra fede, affinché nessuno fosse scosso in mezzo a queste afflizioni”;[891] e Luca dice che Paolo e Barnaba “avendo evangelizzata quella città e fatti molti discepoli, se ne tornarono a Listra, a Iconio ed Antiochia, confermando gli animi dei discepoli...”;[892] ma di certo, e lo diciamo con fermezza e chiarezza, Egli non si userà del papa dei Cattolici per confermarci nella fede, perché costui non è un ministro di Cristo ma di Satana. Non importa quanto i teologi romani sbandierano questo versetto della Scrittura che dice che Pietro deve confermare i suoi fra­telli; costui che si dice di essere il successore di Pietro vuole sedurre le menti dei discepoli di Cristo e non confermare i loro animi.

-  “E Gesù, fissato in lui lo sguardo, disse: Tu se’ Simone, il figliuol di Giovanni; tu sarai chiamato Cefa (che significa Pietro)”.[893] Secondo i teologi romani Gesù gl’impose il nome di Pietro per significare che si sarebbe servito di lui come di pietra su cui avrebbe poi costituito, come su fondamento, la sua Chiesa.

Noi invece diciamo che benché Gesù gli diede questo soprannome a Simone, che significa ‘roccia’, ciò non lascia intravedere nella maniera più assoluta che l’apostolo Simone Pietro fu costituito unico fondamento della Chiesa. Pietro come gli altri apostoli sono parte del fondamento su cui la Chiesa è stata edificata; anche gli altri apostoli sono quindi delle pietre come lo è lui. E a conferma che anche se Pietro ricevette questo soprannome non è il solo fondamento della Chiesa ricordiamo che Giovanni dice che il muro della nuova Gerusalemme “avea dodici fondamenti, e su quelli stavano i dodici nomi dei dodici apostoli dell’Agnello”,[894] e non quello di Pietro soltanto. Il fatto che Gesù soprannominò Pietro proprio Simone, ha di certo il suo motivo, perché Gesù non soprannominava le persone a caso o senza motivo. Riteniamo che Gesù abbia voluto soprannominarlo in quella maniera a motivo della fermezza e della risolutezza viste in questo suo discepolo. Teniamo presente anche che Gesù soprannominò pure Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedeo, e non solo Simone; Marco dice infatti che Gesù gli “pose nome Boanerges, che vuol dire fi­gliuoli del tuono”.[895] Ma non perché Gesù pose questo nome a quei due fratelli, noi diciamo che essi ricevettero speciali poteri nella Chiesa.

-  “E montato in una di quelle barche che era di Simone, lo pregò di scostarsi un pò da terra; poi, sedutosi, d’in sulla barca ammaestrava le turbe”.[896] Secondo i teologi romani anche il fatto che Gesù predicò d’in sulla barca di Pietro e non da quella di un altro discepolo attesta il primato di Pietro.

Folle deduzione! ma non c’è da meravigliarsi più di tanto. I teologi romani ci hanno abituato a sentire cose peggiori di queste! Ma io vorrei dire: ‘Ma allora anche il padrone dell’asinello su cui Gesù montò ed entrò in Gerusalemme doveva per forza di cose avere una posizione altissima nella Chiesa di Dio!’; ed ancora: ‘Ma allora anche il padrone della casa nella quale Gesù scelse di mangiare la Pasqua doveva per forza di cose avere una eminente posizione nella Chiesa, perché fu in quella stanza che Gesù istituì la santa cena!’. E di questo passo potrei proseguire ma mi fermo qui.

-  Matteo dice: “Or i nomi de’ dodici apostoli son questi: Il primo Simone detto Pietro, e Andrea suo fratello; Giacomo di Zebedeo e Giovanni suo fratello; Filippo e Bartolommeo; Toma e Matteo il pubblicano; Giacomo d’Alfeo e Taddeo; Simone il Cananeo e Giuda l’Iscariota, quello stesso che poi lo tradì”.[897] In base alla interpretazione della curia romana, il fatto che Pietro sia nominato per primo, e che ci sia scritto “il primo Simone detto Pietro”, significa che Pietro fu costituito da Cristo il principe degli apostoli. Ma questo non può essere vero perché tempo dopo, quando fra i discepoli sorse la disputa per sapere chi fosse il maggiore, Gesù non disse loro: ‘Perché dispu­tate? Non lo sapete che il primo fra voi è Pietro?’, ma gli disse: “Chiunque fra voi vorrà esser primo, sarà vostro servito­re”.[898] Il fatto che Pietro sia nominato per primo nella lista degli apostoli non significa affatto che egli fosse il principe degli apostoli perché questo suo primato sugli apostoli non emerge dalle Scritture. Se fosse così come dicono i teologi romani Pietro avrebbe dovuto essere nominato sempre per primo, ma egli non sempre viene citato per primo: Paolo dice per esempio: “E quando conobbero la grazia che m’era stata accordata, Giacomo e Cefa e Giovanni, che son reputati colonne, dettero a me ed a Barnaba la mano d’associazione...”,[899] citando Pietro al secondo posto, dopo Giacomo; l’angelo che apparve alle donne disse loro: “Ma andate a dire ai suoi discepoli ed a Pietro, ch’egli vi precede in Galilea...”,[900] citando Pietro dopo gli altri discepoli.

-  Paolo dice che Gesù Cristo “risuscitò il terzo giorno, secondo le Scritture; che apparve a Cefa, poi ai Dodici...”.[901] Anche questo, cioè che Gesù apparve per primo a Pietro, e poi a tutti gli altri apostoli, secondo i teologi romani, attesta il primato di Pietro.

Ma noi riteniamo invece che qui non si vede nessun primato, ma solo il fatto che Gesù apparve prima a Pietro affinché potesse confermare i suoi fratelli, come gli aveva detto prima di essere arrestato. E poi ricordiamo che se Pietro fu il primo dei discepoli a cui Gesù apparve, è anche vero che egli “apparve prima a Maria Madda­lena”[902] che andò ad annunziarlo ai suoi discepoli che, udito che egli viveva e che le era apparso, non le credettero. Ma anche qui dobbiamo dire che il fatto che Gesù apparve prima ad una donna che ad un uomo non vuole dire che la donna sia superiore all’uo­mo, o che Maria Maddalena per questo ebbe un qualche primato fra le donne.

-  Pietro disse a Gerusalemme: “Fratelli, voi sapete che fin dai primi giorni Iddio scelse fra voi me, affinché dalla bocca mia i Gentili udissero la parola del Vangelo e credessero”.[903] Dio scelse fra i dodici Pietro per fare udire l’Evangelo ai Gentili; questa scelta, per i teologi romani, attesta la suprema­zia di Pietro sugli altri discepoli.

Non è affatto vero perché Dio non scelse Pietro per quel compito perché egli era il capo degli apostoli, ma per altri suoi motivi. Ricordiamo che Pietro, benché Dio lo mandò a quei Gentili ad annunziare l’Evangelo, fu costituito apostolo della circoncisione e non apostolo dei Gentili perché in questo ufficio Dio costituì Paolo. Ai Galati infatti Paolo dice: “Quelli che godono di particolare considerazione... videro che a me era stata affidata la evangelizzazione degli incirconcisi, come a Pietro quella de’ circoncisi”;[904] quindi Pietro fu mandato da Dio ai Giudei mentre Paolo ai Gentili. Ma tutto ciò non indica né che Pietro avesse il primato nell’evangelizzazione degli uomini e né che fosse princi­pe su Paolo e sugli altri apostoli.

Mi fermo qui con i passi che si riferiscono a Pietro che i teolo­gi romani prendono per sostenere il primato di Pietro, anche se ce ne sono altri. Ma che lezione traiamo noi da tutto ciò? Per l’ennesima volta questa; che quando qualcuno vuole sostenere una falsa dottrina si usa pure di quei passi della Scrittura che secondo lui possono contribuire a confermarla dandogli le sue personali interpretazioni, ma anche che nel fare questo egli rimane confuso. In questo caso i teologi romani per sostenere il primato di Pietro e la successione di questo primato compiono delle acrobazie esegetiche veramente audaci; ma la loro stoltezza è manifesta a tutti coloro che hanno conosciuto la verità e tagliano rettamente la Parola di Dio.

Colui che viene chiamato papa non è il vicario di Cristo

 

Come abbiamo visto la chiesa romana afferma che il capo dello Stato del Vaticano é il vicario di Cristo sulla terra, cioè colui che ne fa le veci. Il Perardi si esprime così a riguardo: ‘Questi rappresenta Gesù Cristo su questa terra, ne fa le veci, e perciò regge e governa la Chiesa in nome di Lui’.[905]

La Scrittura invece insegna che Cristo prima di tornare al Padre suo non lasciò il suo posto a Pietro stabilendolo suo vicario sulla terra. Il Signore, prima di andarsene, promise ai suoi discepoli che avrebbe mandato lo Spirito Santo il quale li avreb­be guidati in ogni verità ed annunziato molte altre cose, difatti disse: “Molte cose ho ancora da dirvi; ma non sono per ora alla vostra portata; ma quando sia venuto lui, lo Spirito della veri­tà, egli vi guiderà in tutta la verità, perché non parlerà di suo, ma dirà tutto quello che avrà udito, e vi annunzierà le cose a venire. Egli mi glorificherà perché prenderà del mio e ve l’annunzierà”.[906] Gesù non disse ai suoi: ‘Avete con voi Pietro il quale vi guiderà nella verità e vi farà sapere le altre cose che ho da dirvi!’, quindi costui che si definisce vicario di Cristo mente, perché sulla terra c’é lo Spirito Santo che ci guida nella verità e ci fa intendere quale sia la volontà del Signore.

Certo, Dio ha costituito nella sua Chiesa gli apostoli, i profe­ti, gli evangelisti, i pastori e i dottori al fine di perfezio­narci e di edificarci ma anch’essi sono guidati dallo Spirito della verità. Mentre il cosiddetto papa non é guidato dallo Spirito della verità ma é sedotto dal diavolo e questo é manifesto dal fatto che egli annulla l’Evangelo; quindi come può essere reputato un ministro di Dio costituito da Dio per l’edificazione della sua Chiesa?

Colui che viene chiamato papa non è infallibile ‘ex cathedra’

 

Cominciamo col dire che i teologi papisti dicono che il papa è infallibile solo quando insegna come papa, e non anche quando insegna espri­mendo il suo parere personale; e che come uomo, può operare bene ed operare male, cioè può peccare; ma a nostro giudizio queste affermazioni sono solo affermazioni di comodo che servono solo a dire, nel caso il loro papa dicesse qualcosa di storto anche agli occhi dei suoi fedeli seguaci o si rendesse colpevole di qualche grave delitto, che egli è un uomo come tutti gli altri; quindi in sostanza costituiscono uno scudo contro eventuali critiche. Ma noi diciamo: ma nella pratica qual è quel Cattolico romano che non reputa infallibili le dichiarazioni del suo papa non fatte ‘ex cattedra’? Ma qual è quel fedele cattolico che osa mettere in discussione le affermazioni del suo papa fatte non ‘ex cattedra’ quando il concilio Vaticano II ha detto che ‘questo religioso ossequio della volontà e dell’intelligenza lo si deve in modo particolare prestare al magistero autentico del romano pontefice, anche quando non parla ‘ex cattedra’?[907] E poi ancora: come fanno i teologi ad affermare che il papa come uomo può peccare[908] e poi nello stesso tempo affermare che nessuno può ‘riesaminare un giudizio pronunziato dalla sede apostolica - di cui non vi è autorità maggiore -, come a nessuno è lecito giudicare di un giudizio dato da essa’,[909] quando la Scrittura dice: “Riprendi pure il tuo prossimo”?[910] Come potete vedere ci troviamo per l’enne­sima volta davanti a delle contraddizioni che fanno capire che il dogma dell’infallibilità papale nella realtà si estende anche a quelle dichiarazioni che non sono catalogate tra quelle fatte ‘ex cattedra’. Questo loro dogma serve a incutere timore ai Cattolici romani facendogli credere che loro in Roma hanno un capo che possiede una particolare assistenza dello Spirito Santo quando parla ‘ex cattedra’, in virtù della quale non può sbagliare in quelle sue dichiarazioni perché lo Spirito Santo parla per bocca sua, e perciò chi si ribella alle sue dichiarazioni è come se si ribellasse a Dio stesso. Questo dogma quindi è veramente un’arma potente nelle mani di questi anticristi che si succedono ai vertici della chiesa cattolica romana perché mediante di esso possono in qual­siasi momento confermare o introdurre a loro piacimento tutto quello che più gli fa comodo per dominare spiritualmente e mate­rialmente le persone che sono sotto di loro. Tanto loro sanno che qualsiasi cosa diranno ‘ex cattedra’ ci saranno milioni di persone in tutto il mondo che si dovranno mostrare d’accordo con loro se non vogliono incorrere nella scomunica per essersi ribellati al capo della Chiesa e quindi a Cristo.

Ma la questione dell’infallibilità papale, dato che essa fu dichiarata dogma solo nel 1870, fa sorgere tante domande quali: ‘Ma se il papa dal 1870 in poi è dichiarato infallibile quando parla in materia di fede e di morale, come mai - e su questo sono d’accordo tanti Cattolici - tanti papi del passato quando parlarono in materia di fede errarono grandemente?’, ed ancora: ‘Se le eresie che sottoscrissero i papi riconosciuti eretici dagli stessi studiosi cattolici non erano dichiarazioni ex cattedra quali erano invece le loro dichiarazioni ex cattedra?’ Quando fu in sostanza che i papi parlarono all’intera Chiesa e in maniera definitiva? Alcuni rispondono a questi quesiti dicendo che i papi prima del 1854 non esercitavano l’infallibilità papale?! Come! - noi rispon­diamo - allora solo dal 1854 in poi sotto Pio IX lo Spirito Santo avrebbe cominciato ad assistere in questa maniera il capo della vostra chiesa? Significa questo forse che prima di quel tempo la Chiesa di Dio sulla faccia della terra non aveva una guida infal­libile in materia di fede e di morale e che bisognava aspettare Pio IX per averla? Ho voluto fare questo discorso per dimostrare quanto assurdo e contraddittorio sia il dogma dell’infallibilità papale.

Adesso dimostreremo innanzi tutto come Pietro, di cui il cosid­detto papa si dice il suo successore, non fu un uomo infallibile.

L’apostolo Pietro non fu infallibile né prima e né dopo che Gesù gli disse: “Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa..”,[911] e di ciò esibiamo le seguenti prove scritturali.

-  Dopo che Gesù rivolse quelle parole a Simone Pietro, egli disse che doveva andare a Gerusalemme a soffrire molte cose dagli anziani, dai capi sacerdoti e dagli scribi ed essere ucciso e risuscitare il terzo giorno. “E Pietro, trattolo da parte, comin­ciò a rimproverarlo, dicendo: Tolga ciò Iddio, Signore; questo non ti avverrà mai. Ma Gesù, rivoltosi, disse a Pietro: Vattene via da me, Satana; tu mi sei di scandalo. Tu non hai il senso delle cose di Dio, ma delle cose degli uomini”.[912]

Pietro aveva creduto che Gesù era il Cristo, ma come tutti gli altri Giudei pensava che il Cristo sarebbe venuto per ristabilire il regno in Israele e non per morire per la nazione d’Israele; in altre parole per regnare e non per farsi mettere in croce. Questa è la ragione per cui quando sentì dire a Gesù che doveva soffrire ed essere ucciso si mise a rimproverare il Signore perché lui ancora non aveva il senso delle cose di Dio ma solo il senso delle cose degli uomini. Il senso delle cose di Dio egli lo acquistò dopo che Gesù Cristo risuscitò. Gesù rimproverò severamente Pietro, chiamandolo Satana, perché quelle parole che lui disse le disse da parte di Satana.

-  Pietro rinnegò il Signore tre volte nella notte in cui Gesù fu tradito,[913]ma dopo si convertì.

-  Paolo racconta ai Galati come e perché si oppose a Pietro ad Antiochia: “Ma quando Cefa fu venuto ad Antiochia, io gli resi­stei in faccia perch’egli era da condannare. Difatti, prima che fossero venuti certuni provenienti da Giacomo, egli mangiava coi Gentili; ma quando costoro furono arrivati, egli prese a ritrar­si e a separarsi per timor di quelli della circoncisione. E gli altri Giudei si misero a simulare anch’essi con lui; talché perfino Barnaba fu trascinato dalla loro simulazione. Ma quando vidi che non procedevano con dirittura rispetto alla verità del Vangelo, io dissi a Cefa in presenza di tutti: Se tu, che sei Giudeo, vivi alla Gentile e non alla giudaica, come mai costringi i Gentili a giudaizzare?...”.[914] Pietro era da condannare, secondo Paolo, perché si mise a simula­re e a costringere i Gentili a giudaizzare, e per questo Paolo lo riprese davanti a tutti.

-  Quando Pietro in Ioppe ebbe quella visione nella quale il Signo­re gli disse: “Levati, Pietro; ammazza e mangia”,[915] egli rispose: “In niun modo, Signore, poiché io non ho mai mangiato nulla d’immondo né di contaminato”,[916] e per questa sua risposta il Signo­re lo riprese infatti gli disse: “Le cose che Dio ha purificate, non le far tu immonde”.[917] Pietro sapeva che Gesù aveva dichiarato tutti i cibi puri perché gli aveva sentito affermare: “Non capite voi che tutto ciò che dal di fuori entra nell’uomo non lo può contaminare, perché gli entra non nel cuore ma nel ventre e se ne va nella latrina?”,[918] ma in quella visione chiamò immondi dei cibi che Dio aveva purifica­ti e perciò il Signore lo ammonì.

Come potete vedere anche Pietro fallì in alcune cose, ma d’al­tronde anche lui era un uomo della stessa natura che noi. Giacomo ha detto che “tutti falliamo in molte cose”[919] includendosi tra coloro che falliscono. E se lui, che era reputato una colonna nella Chiesa d’allora, ammise di fallire, chi é costui che é stato definito infallibile ex cattedra? Certamente non un mini­stro di Cristo, ma un ministro di Satana che seduce le persone facendogli credere che lui quando parla in materia di fede non può sbagliare.

Qualcuno dirà: Ma le epistole di Pietro non sono forse infallibili? Certo che lo sono, perché furono da lui scritte sotto la spinta e la guida dello Spirito Santo. Ma certamente non si può dire che le epistole dei papi siano da loro scritte perché mossi dallo Spirito Santo di Dio. E che dire poi dei discorsi di Pietro trascritti negli Atti degli apostoli? Anche quelli sono infallibili perché pronunciati per lo Spirito Santo. Ma anche in questo caso non si possono per nulla paragonare i discorsi solenni del papa a quelli di Pietro perché essi sono infarciti di ogni genere di menzogne.

Ora, i teologi cattolici romani insegnano che il papa nell’inse­gnare le verità rivelate da Dio - verità di fede o verità di morale - è infallibile com’é infallibile la chiesa e dicono che il fatto che il papa sia infallibile risulta dal Vangelo. Ecco come si esprime il Perardi nel suo manuale a tale riguardo: ‘San Pietro (e nella sua persona il Papa suo successore) è fondamento della Chiesa; egli deve confermare nella fede gli altri Pastori, deve pascere tutto il gregge. Ma la Chiesa non può essere fondata sull’errore; essa non sarebbe fondata sulla verità se il Papa non fosse infallibile, poiché ne é la pietra fondamentale; né il Papa potrebbe confermare in modo certo gli altri nella fede, e invece di pascere il gregge, egli potrebbe avvelenarlo coll’errore, se potesse errare nell’insegnamento’.[920] Noi diciamo invece con l’ausilio della sacra Scrittura che egli falla nell’insegnare perché dalla sua bocca fuoriescono molte menzogne anche quando insegna in materia di fede e di costumi. E poi ci vengono a dire che egli è stato stabilito da Dio per confermare nella fede i pastori? Ma costui non conferma nella fede proprio nessuno perché invece di predicare la parola della fede come faceva Simone Pietro l’annulla con i suoi precetti. E poi ci vengono a dire che Dio lo ha costituito a pascere il gregge? Ma dove le conduce tutte queste pecore che lo seguono? Certamente non sulla via della verità che mena in cielo, ma su quella della menzogna che mena nello stagno ardente di fuoco e di zolfo. L’opera di costui e dei suoi vescovi é un opera di distru­zione perché egli distrugge il sentiero per cui le pecore dovreb­bero inoltrarsi per ottenere la vita da Dio. Ben profetò il profeta Isaia di costoro quando disse: “Quelli che guidano questo popolo lo sviano, e quelli che si lascian guidare vanno in perdizione”.[921] No, costui non é affatto la pietra fondamentale della Chiesa, anzi non é neppure una delle pietre viventi di cui é composta la Chiesa di Dio; no, noi non diciamo che egli potrebbe avvelenare il popolo se fallisse nell’insegnamento, ma diciamo che egli lo avvelena realmente perché la sua lingua é piena di mortifero veleno.

La vera Chiesa non sente affatto il bisogno di questo cosiddetto papa in materia di fede o di morale, quantunque questi si dichia­ri infallibile in questo campo, perché essa possiede lo Spirito della verità che la guida, l’ammaestra, e la conferma: e noi sappiamo che Egli non può fallire. Anche la Scrittura costituisce una infallibile guida per la Chiesa. Questo però non significa che non può accadere che i conduttori o coloro da essi condotti introducano nella Chiesa eresie di perdizione. Perché questo può avvenire, anzi è stabilito che avvenga in questi ultimi giorni perché si devono adempiere le seguenti Scritture: “Di fra voi stessi sorgeranno uomini che insegneranno cose perverse per trarre i discepoli dietro a sé”,[922] “Ci saranno anche fra voi falsi dottori che introdurranno di soppiatto eresie di perdizione”;[923] “Bisogna che ci sian fra voi anche delle sètte, affinché quelli che sono approvati, siano manifesti fra voi”;[924] “Ma lo Spirito dice espressamente che nei tempi a venire alcuni apostateranno dalla fede, dando retta a spiriti seduttori e a dottrine di demonî”.[925] Ma rimane il fatto che lo Spirito di Dio e la Parola di Dio continueranno a guidare i fedeli che compiono la loro salvezza con timore e tremore in maniera da non farli smarrire. Possono venire meno dei ministri di Dio ma giammai verrà meno la guida di Dio.

Le prove della fallibilità dei papi

 

Nel corso dei secoli si sono succeduti centinaia di papi nella chiesa romana. Ora, mediante i seguenti esempi di papi che hanno sottoscritto eresie, si sono contraddetti e sono stati dichiarati eretici, dimostreremo la fallibilità dei papi anche nelle loro dichiara­zioni ufficiali:

-  Liberio (352-366) aderì formalmente all’eresia ariana (che negava la divinità di Gesù Cristo),[926] sottoscrivendo la professione di fede eretica del concilio di Sermio e giungendo perfino a scomu­nicare Atanasio che difendeva la divinità di Cristo. Sia i suoi predecessori che lui stesso avevano di già condannato l’eresia di Ario; in seguito, i suoi successori condannarono l’eresia ariana.

-  Innocenzo I (401-417) scrisse al concilio di Milevis che i neonati erano obbligati a ricevere la comunione e che se fossero morti battezzati ma non comunicati, sarebbero ugualmente andati all’inferno. In seguito, questa dottrina è stata annullata dal concilio di Trento nel 1562 con la seguente dichiarazione: ‘Finalmente lo stesso santo sinodo insegna che i bambini che non hanno l’uso della ragione, non sono obbligati da alcuna necessità alla comu­nione sacramentale dell’eucarestia. Rigenerati, infatti, dal lavacro del battesimo e incorporati a Cristo, non possono, a quell’età, perdere la grazia di figli di Dio, che hanno acquista­to’,[927] e sempre il concilio tridentino ha anatemizzato chi la sosterrà con la seguente dichiarazione: ‘Se qualcuno dirà che la comunione eucaristica è necessaria ai bambini anche prima che abbiano raggiunto l’età di ragione, sia anatema’.[928]

-  Ormisda (514-523) nel 514 dichiarò eretici certi monaci della Scizia, perché sostenevano che uno della Trinità aveva sofferto la morte della croce; ma Giovanni II nel 532 dichiarò quei monaci ortodos­si (cioè persone che sostenevano una dottrina retta).[929]

-  Vigilio (537-555) nel 553 con una dichiarazione ufficiale definì conformi alla dottrina cattolica alcuni scritti denominati ‘Tre capitoli’ (che lui stesso aveva condannato nel 548). Ma il quinto concilio ecumenico (Costantinopolitano II) tenutosi a Costantinopoli dal 5 maggio al 2 Giugno 553 dichiarò solennemente che quegli stessi scritti dovevano essere considerati eretici. Ma Vigilio si risolse ad accettare il concilio e le sue conclusioni solo l’8 dicembre. Egli ritrattò le sue recenti posizioni contrarie alla condanna dei ‘Tre capitoli’ infatti scrisse al patriarca di Costantinopoli riconoscendo il proprio errore e concludeva dicendogli: ‘Pertanto ciò che ho fatto in difesa dei ‘Tre capitoli’ viene annullato con la definizione del presente nostro scritto’.[930]

-  Gregorio I detto Magno (590-604) disse che i bambini non battezzati vanno diritti all’inferno e laggiù soffrono per l’eternità. Ora, questa dottrina è condannata dalla chiesa romana perché essa dice che i bambini se muoiono non battezzati vanno in un luogo detto limbo (dove secondo loro non c’é alcuna pena) e non più all’inferno come invece affermò Gregorio I. Sempre Gregorio affermò che chi si prendeva il titolo di vescovo universale era pre­cursore dell’anticristo; mentre Gregorio VII (1073-1085) affermò che il vescovo di Roma è e deve essere chiamato vescovo universale; ecco le sue parole: ‘Solo il pontefice romano ha il diritto di essere chiamato universale’.[931]

-  Onorio I (625-638) approvò ed insegnò la eresia dei monoteliti (i monoteliti affermavano che in Cristo c’erano due nature, ma una sola volontà e una sola azione, quella divina). Ecco le sue parole: ‘Noi confessiamo una volontà unica del Nostro Signore Gesù Cristo, perché in lui non era volontà alcuna della carne, né ripugnante al volere divino’. Per questa sua presa di posizione fu condannato come eretico dal sesto concilio ecumenico nel 681. I papi successivi, confermarono la condan­na: tra questi Leone II che nel 682 scrisse all’imperatore Costantino dicendo ‘di scomunicare tutti gli eretici, tra cui Onorio che non fece risplendere la dottrina apostolica in questa chiesa di Roma, ma che per un tradimento profano tentò di sovvertire la fede immacolata e tutti coloro che morirono nel suo errore’.

-  Adriano II (867-872) dichiarò valido il matrimonio civile, mentre Pio VII (1800-1823) lo condannò.

-  Pasquale II (1099-1118) ed Eugenio III (1145-1153) autorizzarono il duello, mentre Giulio II (1503-1513) e Pio IV (1559-1565) lo proibirono.

-  Giovanni XXII (1316-1334) nel 1331 insegnò che le anime dei santi non avevano la vista di Dio prima della risurrezione della carne. Questa eresia fu condannata dal suo successore Benedetto XII (1334-1342). E sempre Giovanni XXII nella Bolla Cum inter nonnullos del 1323 affermò: ‘Dire che Cristo e gli apostoli non possedevano nulla significa travisare le Scritture’;[932] secondo lui quindi Cristo e gli apostoli non erano vissuti poveri. Questo innanzi tutto contrasta la Parola di Dio, e in secondo luogo è in piena con­traddizione con quello che avevano affermato i suoi predecessori Onorio III, Innocenzo IV, Alessandro IV, Bonifacio VIII.

-  Sisto V (1585-1590) nel 1590 fece pubblicare una edizione della Vulgata (che lui personalmente aveva riscritto per correggerne gli errori che esistevano nelle edizioni pubblicate fino a quel tempo) e con una bolla dichiarò: ‘Nella pienezza del potere apostolico, decretiamo e dichiariamo che questa edizione... approvata per l’autorità concessaCi dal Signore, dev’essere accolta e considerata come vera, legittima, autentica e incontestata in tutte le discussioni pubbliche e private, nelle letture, nelle prediche e nelle spiegazioni’. Poco tempo dopo la pubblicazione della ‘sua’ Vulgata Sisto V morì. Ma la Vulgata da lui pubblicata fu trovata piena di errori. Il cardinale Bellarmino allora per salvare l’onore di Sisto V suggerì al suo successore Gregorio XIV (1590-1591) di correggerla e di presentarla al pubblico con il nome di Sisto adducendo delle scuse. Ecco cosa ebbe a dichiarare nella sua autobiografia il Bellarmino: ‘Alcune, persone, la cui opinione aveva grande peso, ritenevano che dovesse essere proibita pubblicamente; io non ero dello stesso avviso e dimostrai al Santo Padre che, invece di proibire la versione della Bibbia in questione, sarebbe stato meglio correggerla in modo tale da poterla pubblicare senza danni all’onore di papa Sisto. Ciò si poteva fare eliminando il più presto possibile le modifiche sconsigliabili e pubblicando poi il volume con il nome di Sisto e una prefazione in cui si spiegava che nella prima edizione si erano verificati alcuni errori dovuti alla fretta dei tipografi e di altre persone’ (in sostanza il cardinale gli suggerì di mentire). La Vulgata di Sisto dopo essere stata corretta fu pubblicata nel 1592 da Clemente VIII (1592-1605) che fu costretto a ritirare le copie della precedente Vulgata che erano state messe in commercio.

- Paolo V (1605-1621) nel 1616 fece ammonire Galileo Galilei il quale sosteneva che la terra oltre a muoversi su se stessa gira attorno al sole. In un documento del Santo Uffizio datato 25 Febbraio 1616 si legge: ‘L’Illustrissimo S (ignor) Cardinal Millino notificò all’Assessore e al Commissario del Santo Officio, che riferita la censura dei Padri Teologi sulla proposizione del matematico Galileo, che il sole sia il centro del mondo e immobile di moto locale, e che la terra si muove anche di moto diurno, il Santissimo (Paolo V) ha ordinato all’Ill.mo S(ignor) Cardinal Bellarmino, di chiamare dinanzi a sé il predetto Galilei, e di ammonirlo ad abbandonare la detta opinione; e se rifiuterà di obbedire, il P(adre) Commissario, di fronte ad un notaio e ai testimoni, lo precetti perché si astenga totalmente dall’insegnare, difendere o comunque trattare quella dottrina od opinione; se non acconsentirà sia carcerato’. E così fece il Bellarmino, e il Galileo diede le garanzie richieste. Ma nel 1632 (sotto Urbano VIII) il Galileo fece stampare il libro Dialogo di Galileo Galilei delli due Massimi Sistemi del Mondo, Tolemaico e Copernicano in cui sotto la forma di un dialogo sosteneva quelle convinzioni che non avrebbe dovuto diffondere. E così l’Inquisizione lo chiamò a Roma e lo processò condannandolo di eresia. Nel verdetto emanato contro di lui nel 1633 si legge: ‘... Diciamo, pronuntiamo, sententiamo e dichiariamo che tu, Galileo suddetto, per le cose dedotte in processo e da te confessate come sopra, ti sei reso a questo S Off.o vehementemente sospetto d’heresia, cioè d’haver tenuto e creduto dottrina falsa e contraria alle Sacre e divine Scritture, ch’il sole sia centro della terra e che non si muova da oriente ad occidente, e che la terra si muova e non sia centro del mondo, e che si possa tenere e difendere per probabile un’opinione dopo essere stata dichiarata e diffinita per contraria alla Sacra Scrittura...’. E Galileo fu costretto ad abiurare le sue convinzioni e difatti affermò giurando sul Vangelo: ‘... abiuro, maledico e detesto li suddetti errori et heresie, e generalmente ogni et qualunque altro errore, heresia e setta contraria alla S.ta Chiesa...’. Nel 1822 Pio VII ratificò un decreto dell’Inquisizione autorizzando tutti i trattati copernicani sull’astronomia, mentre nel 1835 le opere di Copernico, Keplero e Galileo furono tolti dall’Indice dei libri proibiti. Questo equivalse a dire che Paolo V e Urbano VIII, nell’insegnare che la terra era immobile e che il sole gli girava attorno e nel condannare come eretica la tesi di Galileo secondo la quale la terra ruota attorno a se stessa e attorno al sole, errarono.

-  Pio IX (1846-1878) nel 1854 decretò l’immacolata concezione di Maria, dottrina questa che va apertamente contro la Scrittura che insegna che solo Gesù è stato concepito senza peccato. Ma quello che vogliamo fare notare è che essa fu condannata da diversi predecessori di Pio IX (come Gelasio I, Gregorio detto Magno, Innocenzo III e Leone Magno) ed è contraria all’unanime consenso dei cosiddetti padri.

Questi non sono che alcuni degli esempi di eresie e di contraddi­zioni papali che annullano la dottrina dell’infallibilità del papa. Come può quindi affermare Giuseppe Perardi nel suo Manuale che ‘non ci fu mai Papa che abbia insegnato una dottrina la quale abbia meritato censura; il Papa insegnò sempre la verità, riprovò l’errore negli altri richiamandoli alla verità’[933] e che egli non può errare quando definisce dottrine circa la fede?[934] Come ha potuto questo teologo fare tali affermazioni quando Adriano VI (papa della chiesa romana) nel 1523 disse: ‘Se per Chiesa romana si intende il suo capo o pontefice, è indiscutibile che egli possa errare anche su argomenti concernenti la fede. Lo fa quando predica l’eresia nei propri giudizi o nelle proprie decretali. In verità molti pontefici romani furono eretici, e l’ultimo di essi fu papa Giovanni XXII (1316-1334)’?[935]

Ed ancora diciamo: ‘Ma come ha fatto Pio IX, davanti a tanti esempi di papi che hanno insegnato cose false, dichiarare errata la seguente affermazione: ‘I Romani Pontefici (...) in definire cose di fede e di costumi errarono’?[936] Ci vuole veramente o tanta ignoranza o tanta malafede per fare simile affermazioni.

E poi, non è finita, i teologi romani dicono anche che le decisioni dei papi sono parte della tradizione che deve essere venerata al pari della Scrittura! Ma come fanno a dire ciò quando gli stessi papi si sono contraddetti tra di loro e scomunicati? Come fanno a fidarsi di questa loro tradizione che si contraddice da sé e si annulla da sé e contraddice ed annulla la Parola di Dio?[937] Ce lo spieghino i teologi cattolici romani!

Colui che viene chiamato papa non è affatto il santo Padre

 

Che dire poi del fatto che il capo dello Stato del Vaticano si faccia chiamare padre santo? Diciamo che sia lui che si fa chia­mare così e sia coloro che lo chiamano così sono nell’errore.

Gesù ha detto: “Non chiamate alcuno sulla terra vostro padre, perché uno solo é il Padre vostro, quello che é ne’ cieli”;[938] quindi il nostro Padre é in cielo e non sulla terra. A conferma che nessun altro, all’infuori di Dio, é degno di essere chiamato Padre santo vi ricordo che il Figlio di Dio nei giorni della sua carne chiamò “Padre santo”[939] il Padre suo che é nel cielo; quindi imitiamo Cristo.

Colui che viene chiamato papa non ha il potere di fare santo nessuno

 

L’Enciclopedia Cattolica alla voce canonizzazione afferma: ‘La canonizzazione è un atto o sentenza definitiva, con la quale il Sommo Pontefice decreta che un servo di Dio, già annoverato tra i beati, venga iscritto nel catalogo dei santi e si veneri nella Chiesa universale con il culto dovuto a tutti i canonizzati’.[940] Colui che viene chiamato papa quindi ha pure il potere di dichia­rare santi taluni che durante la loro vita si sono contraddistin­ti per delle virtù eroiche o per delle loro qualità particolari.

Ma che dice la Scrittura? Innanzi tutto la Scrittura dice che Colui che santifica e dichiara santi è Cristo secondo che è scritto: “Poiché e Colui che santifica e quelli che son santifi­cati, provengon tutti da uno”;[941] e poi essa insegna che tutti i credenti sono santi (sia coloro che vivono sulla terra e sia coloro che sono morti e sono ora alla presenza del Signore), e questo perché essi sono stati santificati “mediante l’offerta del corpo di Gesù Cristo fatta una volta per sempre”.[942]

Le seguenti Scritture attestano che noi figliuoli di Dio siamo stati santificati e perciò siamo i santi che sono sulla terra.

-  Paolo scrisse ai Corinzi: “Paolo, chiamato ad essere apostolo di Cristo Gesù per la volontà di Dio, e il fratello Sostene, alla chiesa di Dio che é in Corinto, ai santificati in Cristo Gesù”,[943] ed ancora: “Non v’illudete; né i fornicatori, né gl’idolatri, né gli adulteri, né gli effeminati, né i sodomiti, né i ladri, né gli avari, né gli ubriachi, né gli oltraggiatori, né i rapaci erede­ranno il regno di Dio. E tali eravate alcuni; ma siete stati lavati, ma siete stati santificati, ma siete stati giustificati nel nome del Signor Gesù Cristo, e mediante lo Spirito dell’Id­dio nostro”;[944]

-  ai Filippesi: “Paolo e Timoteo, servitori di Cristo Gesù, a tutti i santi in Cristo Gesù che sono in Filippi”;[945]

-  ai Colossesi: “Paolo, apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio, e il fratello Timoteo, ai santi e fedeli fratelli in Cristo che sono in Colosse..”;[946]

-  ai Romani: “Colui che investiga i cuori conosce qual sia il sentimento dello Spirito, perché esso intercede per i santi secondo Iddio”,[947] ed anche: “Ma per ora vado a Gerusalemme a portarvi una sovvenzione per i santi”.[948]

Come potete vedere da voi stessi i santi non sono quelli canoniz­zati dal capo dello Stato del Vaticano ma quelli resi tali da Dio mediante lo Spirito, perciò la canonizzazione fatta in seno alla chiesa romana é una pratica che si oppone alla Scrittura e che non ha nessun valore.[949]

Colui che viene chiamato papa non ha le chiavi del regno dei cieli

 

Gesù disse un giorno a Pietro: “Io ti darò le chiavi del regno de’ cieli; e tutto ciò che avrai legato sulla terra sarà legato ne’ cieli, e tutto ciò che avrai sciolto in terra sarà sciolto ne’ cieli”.[950] Queste parole sono prese dai teologi cattolici romani per soste­nere che siccome che il capo dello Stato del Vaticano é il suc­cessore di Pietro, di conseguenza lui possiede le chiavi del regno di Dio, e perciò chi vuole entrare nel regno di Dio deve per forza di cose entrare a fare parte della chiesa romana (e questo può avvenire riconoscendo il capo dello Stato del Vaticano come capo della Chiesa); perché fuori di essa (la chiesa romana), essi dicono, vi è la perdizione, dentro invece c’é la salvezza! Ora, le suddette parole di Gesù all’apostolo Pietro sono state malamente interpretate dai Cattolici romani: naturalmente essi questa errata interpretazione (come tante altre) hanno tutto l’interesse a farla e a conservarla perché essa serve loro per fare apparire alla gente che il capo dello Stato del Vaticano é investito di un’autorità particolare come lo fu il suo (presunto) predecessore Pietro!

Abbiamo già dimostrato ampiamente che colui che essi chiamano papa è un impostore, e non il successore di Pietro, e questo perché Pietro non fu il primo vicario di Cristo che prima di morire lasciò il suo vicariato ad un suo successore. Ora, vediamo di spiegare la questione delle chiavi del regno date a Pietro.

Noi crediamo fermamente che Gesù diede le chiavi del regno dei cieli a Pietro ma questo non significa che Pietro ricevette l’autorità di fare santo chi voleva lui, o di salvare e perdere chi voleva lui o che ricevette una particolare autorità che lo elevava al di sopra di tutti gli altri apostoli e della Chiesa intera o quella di deporre i re anticristiani sciogliendo i loro sudditi dal giuramento di fedeltà. Ora noi, usandoci di altre Scritture, faremo alcune considerazio­ni sulle parole di Gesù a Pietro, al fine di spiegare che cosa sono queste chiavi del regno dei cieli che Gesù diede a Pietro e in che cosa consiste questo potere di legare e sciogliere.

-  Gesù, il Figlio di Dio, era presso il Padre nel regno dei cieli avanti la fondazione del mondo: egli discese dal cielo. Se dunque ha parlato di chiavi del regno dei cieli, vuole dire che il regno di Dio ha una porta per la quale vi si entra, altrimenti non si spiega l’immagine delle chiavi usata da Gesù.

-  Gesù quando riprese gli scribi e i Farisei disse loro: “Guai a voi, scribi e Farisei ipocriti, perché serrate il regno de’ cieli dinanzi alla gente; poiché, né vi entrate voi, né lasciate entrare quelli che cercano di entrare”,[951] ed anche: “Guai a voi, dottori della legge, poiché avete tolta la chiave della scienza! Voi stessi non siete entrati, ed avete impedito quelli che entra­vano”.[952]

Da queste parole emerge chiaramente che gli scribi con i Farisei chiudevano l’accesso al regno dei cieli sia davanti a loro che davanti a quelli che cercavano di entrarvi. Ora, per serrare il regno dei cieli davanti a loro e agli altri dovevano per forza di cose avere a loro disposizione una chiave; e questa chiave era la chiave della scienza che essi avevano tolta. Essi sedevano sulla cattedra di Mosè ed ammaestravano il popolo mediante la legge ma con i loro insegnamenti avevano fatto cadere molti nel peccato perché essi erano dei precetti d’uomini che annullavano la Parola di Dio. Quindi gli scribi e i Farisei avevano tolto alla Parola di Dio il suo vero significato e la sua efficacia perché l’avevano annullata con la loro tradizione. E’ chiaro che falsando il senso della Parola di Dio, non solo loro non entravano nel regno dei cieli ma non vi entravano neppure quelli che loro ammaestravano. Gesù li chiamò “guide cieche”[953] appunto per questo, perché, avendo annullata la Parola di Dio, non erano in grado di guidare il popolo. Spieghiamo questo concetto con un esempio tratto dalle Scritture: voi sapete che un giorno Gesù disse a quel giovane ricco che gli domandò cosa doveva fare di buono per ereditare la vita eterna, che se voleva entrare nella vita doveva osservare questi comanda­menti: “Non uccidere; non commettere adulterio; non rubare; non dir falsa testimonianza; onora tuo padre e tua madre, e ama il tuo prossimo come te stesso”.[954] Come potete vedere tra i comandamenti enunciati da Cristo c’è anche quello di onorare padre e madre, che era uno dei comanda­menti che gli scribi e i Farisei avevano annullato dicendo: “Se uno dice a suo padre o a sua madre: Quello con cui potrei assi­sterti è offerta a Dio, egli non è più obbligato ad onorar suo padre o sua madre”.[955] Quindi, come avrebbero potuto entrare nella vita gli scribi e i Farisei e quelli da loro guidati non osservando il comandamento di onorare il padre e la madre come insegnava la legge del Signore? Riassumendo: la legge era la chiave che gli scribi e i Farisei avevano per accedere loro stessi e per fare accedere gli altri nel regno dei cieli, ma essi la tolsero perché annullarono la legge con la loro tradizione. Ma gli scribi e i Farisei serravano il regno dei cieli davanti a loro stessi e alle persone anche perché non riconoscevano in Gesù di Nazaret il Messia. Dicevano di Gesù: “Quest’uomo non è da Dio..”,[956] e: “Noi sappiamo che quell’uomo è un peccatore”,[957] ed ancora: “Costui non caccia i demonî se non per l’aiuto di Beelze­bub, principe dei demonî”;[958] e siccome che essi sedevano sulla cattedra di Mosè queste cose che essi dicevano su Gesù erano accettate da molti Giudei, i quali perciò erano impediti dalle loro parole di entrare nel regno di Dio, dato che in esso si può entrare solo riconoscendo in Gesù il Cristo di Dio.

-  Le chiavi del regno dei cieli di cui parlò Gesù a Pietro erano costituite dalle sane parole del Signore Gesù Cristo; parole che egli aveva ricevute dal Padre e che diede anche a Pietro. Diciamo anche a Pietro e non solo a Pietro perché Gesù diede la Parola di Dio (le chiavi per legare e sciogliere) anche agli altri apostoli secondo che è scritto: “Le parole che tu mi hai date, le ho date a loro; ed essi le hanno ricevute...”.[959]

-  Pietro, per mezzo delle chiavi che ricevette da Gesù, il giorno della Pentecoste permise a molti Giudei di entrare nel regno di Dio. In quel giorno molti Giudei, dopo che lo sentirono predicare, furono compunti nel cuore e dissero a Pietro e agli altri apo­stoli: “Fratelli, che dobbiam fare? E Pietro a loro: Ravvedete­vi, e ciascun di voi sia battezzato nel nome di Gesù Cristo, per la remission de’ vostri peccati, e voi riceverete il dono dello Spirito Santo. Poiché per voi è la promessa, e per i vostri fi­gliuoli, e per tutti quelli che son lontani, per quanti il Signore Iddio nostro ne chiamerà”.[960] Notate che quei Giudei nella sostanza chiesero cosa dovevano fare per entrare nel Regno di Dio e che Pietro glielo disse con ogni franchezza. Quella risposta che gli diede Pietro era la Parola del Regno e per quei Giudei fu la chiave che gli permise di entrare nel Regno di Dio. Come potete vedere Pietro non serrò il regno dei cieli davanti a quei Giudei, come invece facevano gli scribi e i Farisei, perché lui gli disse che Iddio aveva fatto e Signore e Cristo quel Gesù che essi avevano crocifisso[961] e che cosa essi dovevano fare per entrare nel regno dei cieli secondo le parole ricevute da Cristo Gesù.

-  Secondo quello che insegna la Scrittura, tutti i credenti possiedono la chiave per fare entrare i peccatori a fare parte della Chiesa di Dio, perché tutti i credenti conoscono la maniera in cui si entra a farne parte e la possono riferire a quelli di fuori. Quando un figliuolo di Dio dice ad uno che é ancora perdu­to: ‘Ravvediti dei tuoi peccati, credi nel Signore Gesù e sarai salvato’, non sta facendo altro che dirgli quello che deve fare per entrare nel regno dei cieli e perciò è uno strumento di cui Dio si usa per condurre la pecora perduta all’ovile del Sommo Pastore.

-  Il fatto di sciogliere e legare é presente anche in queste parole che Gesù ha rivolto a tutti i suoi discepoli: “Se poi il tuo fratello ha peccato contro di te, và e riprendilo fra te e lui solo. Se t’ascolta, avrai guadagnato il tuo fratello; ma, se non t’ascolta, prendi teco ancora una o due persone, affinché ogni parola sia confermata per bocca di due o tre testimoni. E se rifiuta d’ascoltarli, dillo alla chiesa; e se rifiuta di ascoltare anche la chiesa, siati come il pagano e il pubblicano. Io vi dico in verità che tutte le cose che avrete legate sulla terra, saran­no legate nel cielo; e tutte le cose che avrete sciolte sulla terra, saranno sciolte nel cielo”.[962]

In questo caso il legare sulla terra consiste nell’escludere dalla comunità un fratello che pecca contro un altro fratello e rifiuta di ascoltare sia il fratello a cui ha fatto il torto, sia i testimoni e sia la Chiesa; in questo caso Gesù ha detto: “Siati come il pagano e il pubblicano” per significare che non si devono più intrattenere relazioni con costui. Lo scio­gliere sulla terra consiste invece nel tornare ad avere relazione con un fratello che ha peccato contro un altro fratello e che dopo essere stato ripreso si pente del suo peccato. Dalle parole di Gesù sia quello che leghiamo e sia quello che scioglia­mo viene legato e sciolto anche nel cielo. Vorrei farvi notare che il legare è collegato all’ostinazione e lo sciogliere al pentimento del fratello che dopo avere peccato viene ripreso; la stessa cosa si può dire anche del legare e dello sciogliere in relazione a coloro che sono fuori dal regno di Dio, perché se il peccatore all’udire la parola della salvezza si ostina in cuore suo e non l’accetta, egli viene legato da colui che gli annunzia la via della salvezza, ossia viene mante­nuto fuori dal Regno perché i suoi peccati gli vengono ritenuti; mentre se il peccatore si pente e accetta la Parola allora viene sciolto dal suo legame al peccato mediante la Parola e viene fatto entrare nel Regno di Dio perché i suoi peccati gli vengono rimessi. In relazione all’autorità di sciogliere ricevuta da Pietro, ricordiamo che sia il giorno della Pentecoste e sia il giorno in cui Pietro guarì lo zoppo alla porta del tempio detta ‘Bella’, molti Giudei furono da lui ‘sciolti’ dal forte legame della legge mediante la parola della predicazione perché essi, accettando la parola che lui predicò loro, ottennero da Dio la remissione dei loro peccati. Anche riguardo a Cornelio e i suoi parenti si può dire che essi furono da lui ‘sciolti’ mediante la parola della sua predicazione; perché l’angelo che era apparso a Cornelio gli aveva detto che Simone gli avrebbe parlato di cose per le quali sarebbe stato salvato lui e la sua casa. In relazione all’autorità di legare invece bisogna dire che coloro che durante la sua vita rigettarono la parola da lui predicata furono da lui legati e rimasero fuori perché, rigettan­dola, i loro peccati gli furono ritenuti.

Per quanto riguarda invece l’autorità di legare e di sciogliere all’interno della Chiesa che anche Pietro aveva ricevuto da Cristo, ricordiamo il caso di Simone a Samaria. Questo credente, quando vide che per l’imposizione delle mani degli apostoli era dato lo Spirito Santo, offerse loro del denaro dicendogli di dare anche a lui quell’autorità. Ma Pietro lo riprese severamente per il suo peccato dicendogli: “Ravvediti dunque di questa tua malva­gità... Poiché io ti veggo in fiele amaro e in legami di iniquità”;[963] egli fece ciò che il Signore aveva detto di dovere fare verso un fratello che aveva peccato, infatti lo riprese. Ora, noi non sappiamo se Simone si pentì e fu sciolto, o se si ostinò e fu legato; certo è che se si pentì fu perdonato e guadagnato, ma se si ostinò in cuore suo fu legato ed escluso dalla comunità dei santi di Samaria.

Nel passato vi sono stati capi dello Stato Pontificio che hanno scomunicato degli uomini che hanno proclamato la verità. Sono stati da loro scomunicati predicatori del Vangelo, tradutto­ri della Bibbia, e molti altri; e questo perché secondo le guide di questa organizzazione religiosa essi minacciavano il cristia­nesimo e volevano distruggere la Chiesa mediante i loro insegna­menti. Le guide cieche pensarono così di avere estromesso dalla unica e vera Chiesa degli scellerati; ma le cose non erano affat­to così, perché quelli che loro chiamavano scellerati o peste, non uscirono dalla Chiesa di Dio ma bensì vi entrarono dopo essere usciti da quel carcere sotterraneo che è la cosiddetta santa chiesa apostolica che è tale solo di nome ma non di fatto perché non é né una santa assemblea di riscattati e neppure apostolica, e questo perché i suoi aderenti non sono ancora stati riscattati dalla potestà di Satana ed essa non si attiene affatto alla dottrina degli apostoli. Grazie siano rese a Dio, per mezzo di Cristo Gesù, per avere illuminato la mente di molti di questi ‘scomunicati’ dalla chiesa romana; perché per mezzo di essi la parola della fede cominciò ad essere predicata con franchezza e con forza, le sacre Scritture cominciarono ad essere tradotte nella lingua del popolo e molti poterono essere salvati mediante l’Evangelo.

Il capo dello Stato del Vaticano che in questo momento è Giovanni Paolo II pretende di avere le chiavi del regno dei cieli, ma i fatti dimostrano che egli non le possiede e quindi non può per­mettere l’accesso al regno di Dio a nessuno di quelli che confi­dano nelle sue parole. Lui insegna che Maria è ‘la porta del cie­lo’, ‘la dispensatrice dei doni celesti’ ‘la corredentrice col nostro Signore’; quindi induce le persone a confidare in Maria per la loro salvezza ingannandole. Egli insegna pure che la vita eterna ce la si deve meritare compiendo opere buone mentre la Scrittura afferma che la vita eterna è il dono di Dio. Come può quindi affermare di avere le chiavi del regno dei cieli? Di certo, costui insegnando cotali menzogne alla gente, serra davan­ti a sé e davanti agli altri il regno di Dio. La verità è che quest’uomo, assieme ai suoi collaboratori disper­si per il mondo intero, sta conducendo milioni di anime alla perdizione. E poi i teologi romani si scandalizzano quando ci sentono predi­care contro la tradizione cattolica romana perché con essa essi annullano la Parola di Dio; si scandalizzano come si scandalizza­rono i Farisei quando sentirono dire a Gesù che non é quel che entra nella bocca che contamina l’uomo, ma quello che ne esce. E perché i Farisei si scandalizzarono? Perché Gesù con quelle parole fece capire alle turbe che la tradizione dei Farisei era menzogna. Ma che disse Gesù ai suoi discepoli, quando seppe da loro che i Farisei erano rimasti scandalizzati dal suo discorso? “Ogni pianta che il Padre mio celeste non ha piantata, sarà sradicata. Lasciateli; sono ciechi, guide di ciechi; or se un cieco guida un altro cieco, ambedue cadranno nella fossa”.[964] Queste parole sono applicabili alla curia romana.

Il lusso, le ricchezze ed il potere temporale di colui che si dice il vicario di Cristo e il successore di Pietro confermano che egli non può essere un servo di Dio

 

Quando si parla del falso dottore che ha la sua residenza qui a Roma, e precisamente nella Città del Vaticano, e mi riferisco a colui che falsamente viene chiamato sommo pontefice, non si può non parlare del lusso, delle ricchezze e del potere temporale che egli possiede. Ora, il papa dei Cattolici romani dice di fare le veci di Cristo sulla terra e di essere il successore di Pietro. Ci si aspetterebbe dunque di vedere un uomo che segue le orme di Gesù Cristo e quelle dell’apostolo Pietro, cioè che cammina in ogni umiltà come fecero Gesù e Pietro. Ma noi diciamo: Dov’é questa umiltà in lui? Noi non la vediamo affatto. Vediamo solo alterigia e lusso. Gesù era povero e visse umilmente sulla terra e questo lo dimo­strò apertamente, difatti non aveva un luogo dove posare il capo, non andò in giro vestito con abiti magnifici, e non visse nelle delizie come fa quello che si fa chiamare il suo vicario che abita in un palazzo in Vaticano composto da centinaia di stanze, indossa dei vestimenti fatti con tessuti pregiati e adornati d’oro e vive nelle delizie. Un giorno Gesù dopo avere sfamato una moltitudine con solo cinque pani e due pesci, siccome seppe che stavano per venire a rapirlo per farlo re, si ritirò sul monte tutto solo, quindi rifiutò di essere consacrato re dagli uomini, mentre colui che si proclama il suo vicario sulla terra quando diventa papa si fa dichiarare sovrano di uno Stato. Gesù davanti a Pilato disse che il suo regno non era di questo mondo, ma il papa che si dice suo vicario dimostra invece di procacciarlo il potere temporale in ogni tempo e di volerlo estendere sempre di più sulla terra in ogni maniera e non si vergogna di vivere e di parlare come un potente della terra. Gesù entrò in Gerusalemme sopra un asinello ma lui viaggia godendo di ogni comfort e di ogni lusso, esattamente come qualsiasi re della terra, se non di più. Gesù venne per servire e per deporre la sua vita per noi e quindi non aveva con sé delle guardie per proteggerlo affinché i Giudei non gli facessero alcun male, ma questi è scortato dalle guardie del corpo che hanno l’ordine di colpire a morte nel caso la sua vita sia messa a repentaglio, ed inoltre é servito da un esercito di guardie svizzere; è veramente un principe della terra e non un uomo che segue le orme di Cristo Gesù.

Anche Pietro era un uomo umile e povero che non faceva affatto il tipo di vita che fa colui che si dice il suo successo­re. Alla porta del tempio detta ‘Bella’, egli disse allo zoppo: “Dell’argento e dell’oro io non ne ho....”,[965] quindi non possedeva neppure del denaro per fare un elemosina in quell’occasione, ma costui è a capo di un impero che vanta ingenti ricchezze e come dice il Codice di diritto canonico ‘è il supremo amministratore ed economo di tutti i beni ecclesiastici’.[966] Pare un re Salomone dei tempi moderni per ricchezze (non per sapienza), e non un apostolo di Cristo che vive umilmente con il suo Dio come lo fu Pietro. A casa di Cornelio, quando Cornelio gli si fece incontro e gli si gittò ai piedi e l’adorò, Pietro lo rialzò dicendo: “Levati, anch’io sono uomo!”,[967] ma da come agisce questo cosiddetto successore di Pietro, è come se egli dicesse alle persone: ‘Abbassatevi davanti a me perché io sono Dio per voi’. Sì, in effetti il papa dei Cattolici ritiene di essere Dio sulla terra. E tale lo considerano i Cattolici romani perché viene da essi adorato, baciato, e gli cantano dei cantici. La cerimonia dell’incoronazione è un chiaro esempio di come in effetti quest’uomo è ritenuto essere Dio. Si legge per esempio nell’Enciclopedia Cattolica che durante questa cerimonia ‘il pontefice va al trono dove riceve l’ultima adorazione. I cardinali baciano il piede e la mano del papa che li abbraccia due volte, i patriarchi, gli arcivescovi e i vescovi gli baciano il piede e il ginocchio destro, gli abati mitrati e i penitenzieri gli baciano il piede’.[968] Anzi il papa viene considerato maggiore di Dio perché il cardinale Bellarmino, fatto santo, ebbe a dichiarare che gli uomini devono ubbidire al papa, anche se questo insegna cose storte, piuttosto che a Dio. Ecco le sue parole: ‘Se però il Papa errasse, ordinando i vizi, o proibendo le virtù, la Chiesa è tenuta a credere che i vizi siano cosa buona, e le virtù malvagie, se non si vuole peccare contro coscienza. Si è tenuto ancora, nelle cose dubbie, stare al giudizio del Sommo Pontefice, e fare quel ch’egli comanda, e non fare quel ch’egli proibisce, e affinché non si agisca contro coscienza, si è obbligato di credere che sia buono ciò che egli comanda, e cattivo ciò che egli proibisce”.[969] Notate che nel caso il papa insegni la perversione il Cattolico è obbligato ad ubbidirgli per non peccare contro coscienza? Ma noi diciamo: Ma non è forse vero il contrario? Cioè non è forse vero che se il papa dice una menzogna, perché tale si dimostra alla luce della Scrittura, gli uomini non devono ubbidirgli a motivo di coscienza? Certo che è così: ma non per molti Cattolici romani accecati dal diavolo. Non c’è dubbio, dalle parole di Bellarmino si evince che bisogna ubbidire al papa anziché a Dio, che tra quello che dice il papa e ciò che dice la Parola di Dio, quello che dice il primo è superiore. E noi non possiamo che esprimere il nostro odio verso quelle folli parole, che ripeto sono procedute dalla bocca di un ‘santo’ della chiesa cattolica romana (il che significa che anche le sue parole sono considerate sante).

Non si può dunque affatto dire che quest’uomo sia un esempio di vita ai credenti come lo furono gli apostoli. Paolo poté ben dire ai santi di Corinto: “Siate miei imitatori”,[970] e a quelli di Filippi: “Le cose che avete imparate, ricevute, udite da me e vedute in me, fatele; e l’Iddio della pace sarà con voi”,[971] e questo perché lui era imitatore di Cristo e non di qualche despota della terra, ma costui che afferma di essere niente di meno che il vicario di Cristo non può affatto dire agli uomini di vivere come vive lui per essere un esempio in questo mondo e questo perché fa una vita che s’addice ad un principe e non a un ministro di Cristo. Come possono dire quindi i Cattolici che noi parliamo male del loro capo senza ragione quando lui con la sua condotta dimostra apertamente di non tenere in nessuna considerazione i comandamen­ti di Cristo ma di innalzarsi contro Cristo? Se noi fossimo dei calunniatori di un ministro di Cristo che si conduce in modo degno di Dio senza dare motivo di scandalo in cosa alcuna certamente verremmo svergognati dalla sua stessa condotta perché irreprensibile ma questi non tiene affatto in considerazione le parole di Pietro: “Questa è la volontà di Dio: che, facendo il bene, turiate la bocca alla ignoranza degli uomini stolti”.[972] Se lui quindi facesse la volontà di Dio (come pretende di farla), e se noi fossimo degli stolti avremmo la nostra bocca turata; ma noi non siamo degli uomini stolti che prendono piacere nel dire male della retta condotta di qualcuno e perciò la nostra bocca non può essere in alcuna maniera turata perché dice la verità. Gesù un giorno disse queste parole alla guardia del sommo sacerdote che lo percosse: “Se ho parlato male, dimostra il male che ho detto”;[973] quindi, se noi che diciamo a proposito di costui (che è stato chiamato dal cardinale Bellarmi­no con quindici nomi diversi che sono: ‘Papa, Padre dei padri, Pontefice dei cristiani, Sommo Sacerdote, Principe dei sacerdoti, Vicario di Cristo, Capo del corpo della Chiesa, Fondamento della Chiesa, Pastore dell’ovile di Cristo, Padre e Dottore di tutti i fedeli, Rettore della casa di Dio, Custode della Vigna di Dio, Sposo della Chiesa, Presule della Sede apostolica, Vescovo uni­versale’[974]) che è un anticristo diciamo una cosa non vera ce lo dimostrino i teologi papisti che abbiamo parlato male.

L’apostolo Pietro non fondò la Chiesa di Roma e non ne fu vescovo

 

I teologi Cattolici romani, appoggiandosi alla tradizione, affer­mano che Pietro venne a Roma, fondò la Chiesa di Roma esercitò l’ufficio di vescovo universale a Roma per venticinque anni (dal 42 al 67) e prima di morire trasmise la sua carica ai suoi successori.

Cominciamo con la venuta di Pietro a Roma: la Scrittura non ne parla come invece fa della venuta di Paolo, quindi non possiamo confermarla con la Scrittura. Questo non ci spinge però a dire che Pietro non venne mai a Roma; può essere pure vero che Pietro sia venuto a Roma. Ma nel caso ci sia venuto è da rifiutare il fatto che egli ne sia stato il fondatore perché la Chiesa di Roma esisteva già prima che lui vi andasse infatti si presume che essa fu fondata da quegli avventizi Romani che il giorno della Pentecoste dopo avere udito la predi­cazione di Pietro si convertirono a Cristo. Se Pietro ne fosse stato il pastore o uno degli anziani certamente Paolo nella sua epistola alla Chiesa di Roma non avrebbe tralasciato di fare il suo nome quando alla fine di essa dice di salutare i santi facendone i nomi, mentre invece il nome di Pietro non è incluso in quella lista.[975] Può essere mai che il primo papa, il primo vescovo universale, il vicario di Cristo, così come lo chiama la chiesa cattolica romana, il primo vescovo di Roma non sia stato citato minimamente da Paolo quantunque fosse a Roma? Come si spiega tutto ciò. Si spiega con il fatto che Pietro non era né a Roma a quel tempo e meno che meno vescovo universale come invece vogliono fare crede­re i Cattolici. Ma i Cattolici non si arrendono dinanzi all’evi­denza, e dicono che la prova che Pietro fu a Roma c’è nella Scrittura e si trova nella prima epistola di Pietro dove lui dice: “La chiesa che è in Babilonia eletta come voi, vi saluta..”;[976] dove per Babilonia si intende Roma. Non siamo per nulla d’accordo con questa interpretazione data a Babilonia, perché qui per Babilonia si deve intendere la città di Babilonia e non la città di Roma. Perché mai Pietro avrebbe dovuto chiamare Roma Babilonia? Ma chi è che anche oggi scrivendo da Roma direbbe che i santi che sono in Babilonia danno i loro saluti? Noi riteniamo che se Paolo nelle sue epistole abbia chiamato Roma in questa maniera,[977] anche Pietro se avesse citato Roma l’avrebbe chiamata così. Il fatto che parla di Babilonia dunque vuole dire che in quel tempo quando scriveva quella epistola si trovava a Babilonia (in Oriente dunque) con i santi di quella città. Con questo non intendiamo dire però che Pietro non sia mai stato a Roma, ma solo che Babilonia è Babilonia, e non Roma.

Dopo avere dimostrato che Pietro non fu costituito da Cristo capo della Chiesa, e che non si sa se sia venuto a Roma ma si sa che se mai venne a Roma non vi fondò la Chiesa, ma vi venne quando la Chiesa esisteva già ed aveva un collegio di anziani a condurla, risulta chiaro dunque che la cosiddetta successione apostolica, che i teologi cattolici dicono di possedere ininterrotta da Pietro fino ad ora, è un’invenzione papista per fare apparire vero il primato del cosiddetto papa. Ma non solo è un’in­venzione, si dimostra pure interrotta tante volte nel corso della storia; perché ci furono periodi in cui la sede di Roma fu vacante[978] e periodi in cui si contesero il papato due e persino tre papi; senza poi parlare della cosiddetta ‘cattività avignonese’ e dei papi dichiarati scellerati dagli stessi storici cattolici.

Breve storia del papato

 

Abbiamo quindi dimostrato mediante le Scritture come colui che viene chiamato papa non è né il vescovo universale, né il succes­sore di Pietro perché Pietro non fu vescovo di Roma e non lasciò successori, né il capo della Chiesa di Dio, e neppure il vicario di Cristo, ed altre cose sul suo conto. Vogliamo ora esaminare per sommi capi la storia del papato al fine di comprendere come sia potuto accadere che dall’antica Chiesa di Roma, la cui fede era pubblicata per tutto il mondo, sia sorto questo piccolo Stato comandato da colui che si dice il vescovo di Roma e il successore di Pietro il quale possiede un enorme potere spirituale su centinaia di milioni di persone di tutto il mondo. Traccerò la storia del papato parlando sia dell’origine del potere spirituale che di quello temporale soffermandomi di volta in volta su quegli eventi che hanno contribuito maggiormente a sviluppare questi poteri; mi soffermerò anche a parlare di alcuni papi contraddistintisi per la loro arroganza, doppiezza, empietà, sete di denaro e di sangue, e per la loro dissolutezza e di alcune stragi e guerre avvenute per opera dei papi o per la conquista del seggio papale o per la conservazione del trono pontificio, o per la salvaguardia degli interessi e dei territori del papato o per accrescere il proprio territorio di giurisdizione. Ho deciso di inserire in questo libro questa parte storica sul papato perché sono giunto alla conclusione dopo avere studiato il cattolicesimo romano che senza di essa il libro sarebbe stato mancante di una parte importante ai fini della comprensione del cattolicesimo. Ritengo infatti che se un credente vuole capire bene cosa è il cattolicesimo romano oltre che a conoscere a fondo le sue dottrine, deve conoscere la storia del papato, se non tutta, almeno una parte. Solo così egli può avere un quadro completo del cattolicesimo e può dimostrare ai Cattolici, oltre che con le sacre Scritture, anche con i fatti storici registrati dai loro stessi storici e scrittori che quell’istituzione su cui essi fondano tutte le loro speranze non è altro che un’istituzione umana che non si basa affatto sulle parole di Gesù a Pietro (come viene asserito da essi nella loro ignoranza) perché è solo il frutto di circostanze storiche verificatesi nei primi otto secoli che ne hanno permesso la nascita e la crescita;[979] istituzione che una volta nata per potere conservarsi in vita e svilupparsi ha ricorso a compromessi di svariato genere, a menzogne, alla violenza, alla guerra, a soprusi di ogni genere; i cui capi che si sono succeduti al suo vertice hanno fomentato guerre ed ingiustizie di ogni genere, benedicendo i malvagi e maledicendo i giusti, approvando l’iniquità e riprovando la giustizia, ed introducendo e avallando ogni sorta di dottrine false.

Dal secondo al quarto secolo.

Verso la fine del secondo secolo il vescovo di Roma cominciò ad attribuirsi delle prerogati­ve di supremazia sugli altri vescovi. L’allora vescovo Vittore (189-199) infatti nella controversia che esisteva attorno alla Pasqua tra le chiese d’Oriente e quelle d’Occidente (gli Orientali dicevano che bisognava festeggiarla il 14 di Nisan qualunque fosse il giorno nel quale cadeva, mentre i Romani dicevano che bisognava festeggiarla la Domenica più vicina al 14 di Nisan) richiese alle comunità dell’Asia di attenersi alla prassi romana che rimontava, a suo dire, alla tradizione apostolica; e nel caso di rifiuto minacciò l’esclusione dalla comunione ecclesiale. Ma le chiese d’Oriente si opposero a Vittore per mezzo di Policrate vescovo di Efeso.[980]

Anche nel terzo secolo il vescovo di Roma continuò a ritenersi in un certo senso superiore agli altri vescovi infatti Callisto I (217-222) riteneva appoggiandosi sul “Tu sei Pietro” d’avere il potere di legare e sciogliere e quindi di accogliere nella chiesa anche gli adulteri in quanto la sua chiesa era vicina al sepolcro di Pietro. Ma a Callisto gli si oppose Tertulliano dicendogli: ‘Chi sei tu che (in tal modo) sovverti e deformi l’intenzione manifesta del Signore, che conferiva tale potere personalmente a Pietro?’.[981]

Poi fu la volta di Stefano I (254-257) a ritenersi in possesso di qualcosa che gli altri vescovi non avevano, e quindi superiore agli altri vescovi, infatti egli rivendicò la successione di Pietro a motivo del luogo dove egli era vescovo e di avere quindi l’autorità di accogliere nella chiesa anche i battezzati dagli eretici. In altre parole Stefano, appoggiandosi sulla tradizione, accettava il battesimo ministrato dagli eretici per cui coloro che lasciavano una setta per entrare a fare parte della Chiesa, secondo lui, non avevano bisogno di essere ribattezzati, ma solo che il vescovo gli imponesse le mani. Ma a Stefano si oppose Cipriano, vescovo di Cartagi­ne, il quale non riteneva valido il battesimo degli eretici e perciò se un eretico si convertiva doveva essere ribattezzato. Lui non diceva però ribattezzato ma semplicemente battezzato perché per lui quel battesimo non era vero. Cipriano disse in una sua lettera a Quinto a proposito di questa controversia: ‘Non è, d’altronde, il caso di dettare una norma in forza di una consuetudine:[982] tocca alla ragione prevalere’.[983] E per essersi rifiutato di dare ragione a Stefano fu da lui scomunicato.

Queste opposizioni ricevute da ben tre vescovi romani nello spazio di poco più di mezzo secolo attestano chiaramente che le chiese in quel periodo non riconoscevano che il vescovo di Roma avesse un primato giurisdizionale di istituzione divina sopra la Chiesa universale; una cosa del genere era del tutto estranea alle chiese di allora. (Occorre dire però che nei riguardi del vescovo di Roma molte chiese avevano cominciato a mostrare un certo riguardo cioè avevano cominciato a mostrargli un onore speciale). Il contrario, cioè che le chiese dei primi secoli dopo Cristo considerassero il vescovo di Roma il loro capo o il vescovo dei vescovi, da cui esse dipendevano e a cui dovevano un assoluta sottomissione, i cui giudici erano inappellabili e non criticabili perché pronunciati dal vicario di Cristo sulla terra, non si può dimostrare né con gli scritti del Nuovo Testamento e neppure con gli scritti dei cosiddetti padri tanto è vero che persino uno scrittore cattolico è costretto ad affermare: ‘Non si può accertare per il periodo dei primi tre secoli una supremazia giuridica del vescovo di Roma sulla Chiesa universale’.

Ma per quali motivi il vescovo di Roma cominciò a reputarsi (e ad essere reputato da taluni) superiore agli altri vescovi o comunque degno di speciale onore nei loro confronti? I motivi sono i seguenti: 1) Roma era la capitale dell’Impero Romano e quindi la città più importante di tutto l’Impero e quindi anche il vescovo di quella città doveva essere oggetto di particolare onore; 2) a Roma al tempo degli apostoli vi era stata una Chiesa famosa per tutto il mondo per la sua fede alla quale Paolo, l’apostolo dei Gentili, aveva scritto una delle sue più lunghe epistole, e secondo molti una delle sue più importanti; 3) la Chiesa di Roma godeva fama di essere attaccata alla sana dottrina (chiamata da molti tradizione apostolica) e avversa all’eresia (per esempio si era opposta con forza alle eresie degli Gnostici),[984]e allo scisma ed a questo proposito si faceva presente la lettera del vescovo romano Clemente (88-97) da lui scritta alla Chiesa di Corinto quando in seno ad essa dei giovani si erano ribellati ai loro conduttori: in questa lettera Clemente esortava i credenti a sottomettersi agli anziani costituiti dagli apostoli;[985] 4) la tradizione diceva che a Roma vi era morto l’apostolo Paolo; 5) la tradizione diceva che Pietro era venuto a Roma e vi era rimasto diversi anni a pascere la Chiesa di quella città (come vescovo) e vi era pure morto martire per cui chi era vescovo di quella città era automaticamente successore di Pietro. Ma tra tutti i motivi qua sopra citati quello che più di altri spinse i vescovi di Roma a ritenersi superiori agli altri fu quest’ultimo citato, e difatti è su questo che tuttora insistono i Cattolici per sostenere il primato del loro vescovo romano su tutta la Chiesa.

Ma questo primato (sulla Chiesa universale) del cosiddetto successore di Pietro occorreva dimostrarlo con le Scritture, cioè bisognava dimostrare che Pietro era stato da Cristo costituito capo della sua Chiesa sulla terra perché solo così il suo ‘successore’ avrebbe potuto rivendicare di avere un primato di origine divina. Ecco dunque che i vescovi di Roma cominciarono a dichiarare, prima timidamente e dopo sempre con più chiarezza, che in virtù delle parole di Gesù a Pietro: “Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa... Io ti darò le chiavi del regno de’ cieli; e tutto ciò che avrai legato sulla terra sarà legato ne’ cieli, e tutto ciò che avrai sciolto in terra sarà sciolto nei cieli”,[986] l’apostolo Pietro era stato costituito Principe degli apostoli, capo e fondamento della Chiesa, e che il vescovo di Roma, dato che era il suo successore (perché Pietro era stato a Roma e qui era morto), aveva di conseguenza ricevuto in eredi­tà il primato dato da Cristo a Pietro. Si può quindi dire che le parole di Gesù dette a Pietro “tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa...” (e ripeto, unitamente alle parole della tradizione che affermavano che Pietro era venuto a Roma e quivi era morto martire, senza le quali le parole di Gesù non avrebbero potuto essere applicate al vescovo di Roma) cominciarono ad un certo punto della storia della Chiesa (dal III secolo in avanti) a servire ai vescovi di Roma per sostenere il loro primato su tutta la Chiesa, in altre parole essi si misero ad interpretare in quella maniera errata quelle parole di Gesù a Pietro, facendo contemporaneamente sempre presente che la loro sede era vicina al sepolcro di Pietro, perché spinti dal loro orgoglio e dalla loro sete di potere. Volevano insomma avere il primato sulla Chiesa universale presente in ogni luogo. Che arroganza, che presunzione! Ma questa loro ambizione di dominare su tutta la Chiesa incontrò l’opposizione di molti che giustamente videro in quell’atteggiamento del vescovo di Roma una dimostrazione di arroganza. Ma il seme malvagio era ormai stato seminato dai vescovi di Roma e col passare del tempo esso, con l’aiuto degli imperatori e dei re, sarebbe cresciuto fino a far diventare il vescovo di Roma il sovrano di uno Stato.

La supremazia del vescovo di Roma ricevette un forte impulso nel quarto secolo. Vediamo alcuni avvenimenti che ce lo dimostrano. Costantino (306-337), dopo essere salito al potere concesse ai Cristiani la ‘libertà’ di professare la loro fede con l’editto di Milano (313) in cui si diceva: ‘Da lungo tempo pensiamo che non si debba negare la libertà di religione; anzi, ad ogni uomo dovrebbe essere garantita la libertà di manifestare i propri pensieri ed i propri desideri, permettendogli così di considerare le cose dello spirito secondo la propria scelta. E’ per questo motivo che ordiniamo di permettere a chiunque di osservare le proprie credenze e la propria religione’. La Chiesa poteva finalmente, dopo tanti anni di persecuzione,[987] godere della ‘libertà di culto’ al pari dei pagani. Costantino restituì alle chiese le proprietà che erano state loro confiscate dai suoi predecessori durante le persecuzioni, egli fece pure costruire molte basiliche[988] e concesse loro vastissimi latifondi.[989] I vescovi perciò si trovarono nelle mani delle ingenti proprietà da amministrare.[990] Oltre a ciò i vescovi vennero esentati da diversi tributi; le loro proprietà erano esentasse. Venne pure permesso di lasciare i propri beni alle chiese, e i lasciti non venivano sottoposti a nessuna tassa. Ma Costantino in questa maniera divenne una sorta di ‘capo visibile’ della Chiesa perché cominciò a comandare in materia di fede e dottrina anche sui vescovi che erano costretti ad inchinarsi davanti alle sue decisioni anche nelle cose spirituali se non volevano perdere i loro privilegi. Vediamole alcune di queste sue ingerenze negli affari interni della Chiesa.

Nei primi anni del IV secolo scoppiò la controversia donatista. Era successo che in quegli anni nell’Africa settentrionale un certo Ceciliano era stato ordinato vescovo da un certo Felice. Ma siccome - veniva sostenuto da taluni - questo Felice sotto la persecuzione di Diocleziano che c’era stata aveva ceduto dinanzi ai pagani (per cui era un traditore), molti non approvarono l’ordinazione di Ceciliano perché secondo loro il comportamento di Felice la invalidava. A capo di costoro si mise un certo Donato, da qui il nome di Donatisti dato agli avversari di Ceciliano, che si appellarono all’imperatore chiedendo la deposizione di Ceciliano. Nel 314 (mentre c’era in corso la controversia donatista) l’imperatore fece convocare un concilio ad Arles, a cui parteciparono vescovi o loro delegati della Gallia, dell’Italia, dell’Africa, della Spagna e della Britannia. A questo concilio non partecipò però Silvestro (314-335) vescovo di Roma (tenuto per papa). Questo concilio prese posizione contro la posizione donatista perché abrogò l’uso africano di ribattezzare gli eretici convertiti, purché il loro primo battesimo fosse stato amministrato nel nome della Trinità ed approvò le ordinazioni compiute da indegni. I Donatisti invece facevano dipendere la validità delle ordinazioni dalla condotta di colui che le faceva. Nel 316 Costantino dichiarò definitivamente Ceciliano innocente ed emanò una legge molto severa contro i Donatisti: essi venivano condannati all’esilio con la confisca dei beni, le basiliche da esse occupate dovevano essere loro tolte e date ai Cattolici. Questa sentenza non fece che inasprire gli animi dei Donatisti. A Cartagine nel 317 tre basiliche donatiste furono occupate a prezzo di atroci massacri; i soldati si abbandonarono a ogni sorta di violenze. Dappertutto nell’Africa proconsolare ci furono saccheggi, uccisioni di vescovi, oltraggi alle vergini. Nel 321 però l’imperatore concesse ai Donatisti libertà di culto annullando così le decisioni del concilio di Arles.[991] Sempre Costantino fece convocare il concilio generale (o ecumenico) di Nicea (nel 325) che condannò l’eresia ariana e Ario[992] (con i vescovi che la pensavano come lui) all’esilio; lui lo aperse e lui vi prese parte dominando sull’assemblea riunita. Anche a questo concilio non partecipò il vescovo di Roma perché vi mandò due suoi delegati.

Nel 330 Costantino volle spostarsi a Bisanzio, che chiamò Costantinopoli, per farne la capitale dell’Impero, a Roma così si creò un vuoto politico che fu immediatamente preso dal vescovo, che così oltre che a svolgere funzioni religiose cominciò ad esercitare pure delle funzioni politiche diventando la persona più potente della città.[993] Come vedremo in seguito, nell’ottavo secolo negli ambienti papisti sarà redatto un falso documento chiamato Donatio Constantini (la Donazione di Costantino) in cui si diceva che Costantino nello spostarsi a Bisanzio lasciava la giurisdizione di Roma e di altri territori al vescovo di Roma; documento che nel medioevo servirà ai papi per confermare il loro potere temporale. La controversia ariana continuava però ancora a turbare la Chiesa perché gli Ariani diventavano sempre di più. Ario riuscì a conciliarsi il favore dell’imperatore il quale invitò Atanasio (295 ca. - 373), vescovo di Alessandria, a riammettere Ario nella Chiesa, ma questi si rifiutò di farlo. Allora Costantino nel 335 fece convocare un concilio a Tiro (che si trasferì poi a Gerusalemme) in cui fece riabilitare Ario, dichiarare ortodossa la sua dottrina, e fece deporre Atanasio, che difendeva strenuamente la divinità di Cristo Gesù. Atanasio fu quindi esiliato (questo fu il suo primo esilio e durò fino alla morte di Costantino avvenuta nel 337).

Sotto il regno di Costantino avvenne così che la Chiesa si alleò con l’imperatore permettendogli di intromettersi negli affari spirituali in cambio dei privilegi, e da quel momento in poi non sarebbe stata più la stessa perché da perseguitata diventerà persecutrice, difatti si servirà del braccio secolare per punire con l’esilio e talvolta per sterminare coloro che dissentiranno da lei.[994]

Nel 343 si tenne un concilio a Sardica (l’odierna Sofia), a cui ancora una volta non fu presente il vescovo di Roma, che allora era Giulio (337-352), che assolse Atanasio e condannò Ario. In uno dei canoni di questo concilio viene ricordata la consuetudine che un vescovo non può essere giudicato che dal concilio della propria provincia e viene detto che nel caso il vescovo condannato non sia soddisfatto del giudizio dato, i conprovinciali devono scrivere al vescovo di Roma. In altre parole si da la facoltà ad un vescovo condannato di appellarsi a Roma. E’ il canone terzo quello citato che precisamente dice: ‘Se in qualche provincia, uno fra i Vescovi ha una quistione con un suo fratello e collega nell’episcopato, né l’uno né l’altro deve appellarsene a Vescovi di altra provincia. Ma se un Vescovo stima essere a torto condannato, e ritiene la sua causa essere non debole ma buona, da doversi rinnovare il giudicio, - se piace alla vostra Carità, onoriamo la memoria di Pietro apostolo, e si mandi notizia, intorno a quei giudici, a Giulio il Vescovo di Roma, talché per mezzo dei Vescovi vicini alla provincia, si rinnovi, se occorre, il tribunale, ed egli (Giulio) stabilisca dei giudici istruttori...’. Il canone quinto poi aggiunge che in caso di appello, il Vescovo di Roma può ordinare che la causa sia di bel nuovo esaminata dai Vescovi provinciali. Questo concilio però fu abbandonato dai vescovi orientali presenti ad esso, e i suoi canoni non furono da essi riconosciuti. Il concilio di Sardica riveste una importanza notevole, direi fondamentale, nella evoluzione del potere spirituale di Roma perché per la prima volta in un concilio la sede di Roma veniva palesemente innalzata al di sopra delle altre. E non per nulla i difensori del potere spirituale del papa tuttora citano molto il concilio di Sardica a sostegno del primato del vescovo di Roma sulla Chiesa universale.

Nel 355 l’imperatore Costanzo fece convocare un concilio a Milano. Questo concilio condannò di nuovo Atanasio, il quale subì così l’ennesimo esilio che questa volta durò fino al 362.[995] Assieme a lui furono esiliati altri vescovi che sostenevano la divinità di Cristo tra cui anche il vescovo di Roma che allora era Liberio (352-366) il quale non aveva voluto sottoporsi all’imperatore accettando l’arianesimo e condannando Atanasio. Ma pochi anni dopo, Costanzo, vedendo che Liberio durante l’esilio aveva ceduto, lo fece tornare dall’esilio in occasione del concilio di Sirmio (358) e lo costrinse a sottoscrivere l’eresia ariana per potere essere fatto tornare a Roma. Avvenne così che l’imperatore Costanzo fece tornare Liberio a Roma. Ma nel mentre a Roma era stato eletto vescovo Felice. Si era dunque venuta a creare una situazione difficile ed imbarazzante perché c’erano ora due vescovi di Roma, il vecchio e il nuovo. L’imperatore allora fece scrivere a Roma dai vescovi del concilio di Sirmio, dove era stata approvata per l’ennesima volta l’eresia ariana, una lettera in cui si diceva che ‘i due vescovi occuperebbero insieme la sede apostolica e farebbero di comune accordo le funzioni sacerdotali; e che occorrerebbe dimenticare tutti i dolorosi avvenimenti accaduti a proposito dell’ordinazione di Felice e della assenza di Liberio’. Ma le cose non andarono come voleva l’imperatore perché a Roma si crearono due fazioni che si scontrarono per diversi anni; ci furono tumulti anche sanguinosi a quanto dicono alcuni. Felice ebbe la peggio e dovette andarsene, ed oggi è considerato un antipapa.[996]

A Liberio poi successe Damaso (366-384) il quale divenne vescovo di Roma con la forza e la violenza. Ecco come divenne vescovo costui. Quando morì Liberio nell’anno 366, si presentarono come candidati al papato il diacono Ursino e il prete spagnolo Damaso. Ambedue furono eletti vescovi dai rispettivi partiti. Ma quando si trattò di prendere possesso della sede vescovile, i partigiani dell’uno e i partigiani dell’altro presero le armi per decidere chi fosse il vero successore di Pietro. Il combattimento si fece per le vie e per le basiliche; dopo molte battaglie i seguaci di Ursino si rinchiusero nella basilica di Sicinnio (che poi sarà chiamata da Sisto III ‘S. Maria Maggiore’). I seguaci di Damaso allora si arrampicarono sul tetto, vi pratica­rono un foro e cominciarono a lanciare contro i seguaci di Ursino pietre e tegole, mentre gli altri attaccavano il portone centrale. Quando il portone cedette, scoppiò una lotta sanguinosa al termine della quale si contarono 137 cadaveri tra i seguaci di Ursino. Costui fu poi mandato in esilio dal rappresentante dell’imperatore. Damaso lordò quindi le sue vesti di sangue per impossessarsi del vescovato romano. Ed ora costui è annoverato tra i santi (Damaso è quello che suggerì a Girolamo di fare una nuova traduzione della Bibbia che ora porta il nome di Volgata). E non fu l’unica volta che avvenne che uno divenne vescovo di Roma spargendo o facendo spargere sangue perché di queste lotte sanguinose fra i partigiani di due candidati al papato ne seguirono molte nel corso dei secoli successivi. D’altronde, occorre tener presente che il posto di vescovo di Roma era diventato ambitissimo perché conferiva un grande potere sulle anime e privilegi e onori in grande numero. Chi diventava vescovo di Roma diventava una sorta di re che avrebbe potuto vivere nel lusso e nelle delizie. Per capire quanto ciò fosse vero c’è la testimonianza di Ammiano Marcellino (scrittore pagano), vissuto nel IV secolo, il quale parlando del clero romano ed in particolare dei vescovi dice: ‘Io devo confessare che, vedendo quanta pompa e magnificenza accompagni la dignità, non stupisco punto che coloro che la ambivano, abbiano adoperato tutti i mezzi possibili per ottenerla (la carica di vescovo). Ottenutala, potevano essere sicuri di divenire ricchi e potenti mediante i regali che facevano loro le dame romane. Non era più mestieri che andassero a piedi, ma facevano uso di equipaggi magnifici e riccamente adorni. Sulle loro tavole v’erano a dovizia i cibi più delicati; essi sorpassavano spesso lo stesso imperatore in magnificenza e dispendio’. Girolamo scrisse che quando Damaso chiese al prefetto di Roma, un pagano con molti titoli sacerdotali, di convertirsi, costui gli rispose: ‘Volentieri, se nominerai me Vescovo di Roma’. Ecco dunque che cosa era diventato il vescovo di Roma agli occhi dei pagani; un principe, un re della terra.

Nel 380 l’imperatore Teodosio emanò un editto che faceva del cristianesimo la religione ufficiale dell’Impero Romano; e nel 381 il concilio di Co­stantinopoli riconosceva il primato della sede romana, e stabili­va che il patriarca di Costantinopoli aveva il primato d’onore secondo a quello del vescovo di Roma. Quindi fu ancora una volta un concilio a dichiarare la sede di Roma superiore alle altre; ciò nonostante l’allora vescovo di Roma, Damaso, dichiarava in un concilio romano del 382: ‘La Santa Chiesa di Roma ha la precedenza su tutte, non grazie alla deliberazione di questo o quel concilio, ma perché il primato le fu conferito dalla frase di Nostro Signore e Salvatore riportata nel Vangelo’!

Dal quinto al settimo secolo.

Anche il vescovo romano Innocenzo I (401-417) rafforzò il primato del vescovo di Roma; egli disse per esempio: ‘Chi non conosce o non vede che quel che venne dichiarato alla Chiesa di Roma da Pietro, Principe degli Apostoli e che tuttora qui si ritiene, dovrebbe essere da tutti osservato? E che nulla si vorrebbe aggiungere o introdurre senza la sua autorità o che paresse provenire da altre parti essendo manifesto che tutte le chiese d’Italia, delle Gallie, di Spagna, di Africa, di Sicilia e delle isole intermedie furono stabilite per ufficio del venerabile apostolo Pietro e dei suoi successori’.

Nel 445 l’imperatore Valentiniano III riconobbe il primato del vescovo di Roma nelle cose spirituali, e decretò che quello che decideva quel vescovo doveva essere legge per tutti. ‘Tutto ciò che l’autorità della sede apostolica sancì o sarà per sancire, sia legge per essi ed a tutti’. Questo ulteriore riconoscimento imperiale non fece altro che rafforzare ulteriormente il primato del vescovo di Roma. E difatti l’allora vescovo di Roma Leone I detto Magno (440-461) - che molti chiamano il primo ‘papa’ - sosteneva apertamente e con grande forza che Gesù concesse a Pietro il primato della dignità apostolica, che passò poi al vescovo di Roma al quale compete la cura di tutte le chiese. Questo Leone era così in stretto rapporto con l’imperatore Valentiniano che ottenne da lui che fossero promulgate delle leggi severissime contro i Manichei.[997] Questo dimostra ancora una volta come il vescovo di Roma poteva liberamente, in virtù della sua posizione privilegiata che godeva presso l’imperatore, fare leva sul potere civile per perseguitare gli eretici. Il primato di Roma ricevette un’ulteriore conferma da un fatto avvenuto al concilio di Calcedonia del 451, convocato dall’imperatore Marciano, che i papisti fanno notare con orgoglio per sostenere il primato del vescovo di Roma. Leone aveva mandato a quel concilio una lettera in cui confutava l’eresia di Eutiche (costui era un monaco di Costantinopoli che diceva che la natura umana e divina in Cristo si erano fuse in una sola, la divina). E il commento dell’assemblea a quella lettera fu: ‘Per bocca di Leone ha parlato Pietro!’.[998] Ma ciò nonostante la cosiddetta supremazia della sede di Roma ricevette un ridimensionamento da quello stesso concilio di Calcedonia perché esso decretò nel suo ventottesimo canone: ‘I Padri hanno a buon diritto attribuito il primato alla sede dell’antica Roma, poiché questa città è sovrana; con lo stesso intento i centocinquantatre vescovi teofili hanno accordato il medesimo primato alla santissima sede della novella Roma, pensando con ragione che la città onorata (dalla presenza) dell’imperatore e del senato, e che ha gli stessi privilegi dell’antica Roma imperiale, è grande come quella nelle cose ecclesiastiche, essendo la seconda dopo di essa’.[999] I legati di Leone presenti al concilio (si noti ancora una volta che il vescovo di Roma non fu presente personalmente ad un concilio della Chiesa antica) protestarono contro questo canone; per loro costituiva una ingiuria alla ‘sede apostolica’. Leone I non accettò il ventottesimo canone ma si lanciò con veemenza contro di esso. All’imperatrice Pulcheria scrisse persino: ‘..per l’autorità di S. Pietro, egli assolutamente annullava il decreto di Calcedonia’.

Durante il V secolo contribuirono ad accrescere il potere temporale del vescovo di Roma anche le invasioni barbariche. Verso il 410 discesero i Goti sotto Alarico i quali per tre giorni devastarono Roma, nel 452 gli Unni sotto Attila e nel 455 i Vandali sotto Genserico. Nel caso del sacco di Roma compiuto dai Goti di Alarico avvenne che Innocenzo I si era recato con una ambasceria romana a Ravenna per chiedere all’imperatore Onorio di trattare con i Goti e accondiscendere alle loro richieste affinché Roma non fosse saccheggiata; ma la missione si rivelò infruttuosa perché Alarico entrò in Roma e la saccheggiò per tre giorni. Comunque il vescovo di Roma agli occhi del popolo crebbe in importanza perché veniva guardato come un difensore. Nel caso di Attila viene detto che quando egli minacciava di attaccare Roma e di saccheggiarla Leone I gli andò incontro e riuscì a persuaderlo (versandogli nelle mani un cospicuo tributo) di non toccare Roma. Nel caso invece di Genserico (che proveniva dall’Africa settentrionale), Leone I riuscì a persuaderlo a risparmiare a Roma il fuoco e il sangue; ma dovette acconsentirgli di saccheggiare con le sue orde la città per due settimane. I Vandali spogliarono i templi delle loro cose preziose e trasportarono in Africa come schiavi di guerra migliaia di romani. In questa maniera il vescovo di Roma acquisì agli occhi della popolazione romana un maggiore prestigio. Un’altra devastazione barbara si verificò nel 472 sotto Rechimero.[1000] L’impero Romano d’Occidente cadde sotto i colpi delle invasioni barbariche nel 476 quando Odoacre depose Romolo Augustolo e assunse il titolo di re d’Italia. La sua caduta permetterà al papato di svilupparsi ulteriormente perché esso non sarà più controllato e governato dall’imperatore d’Occidente. Il vescovo di Roma caduto l’impero d’Occidente diventerà sempre più importante.

Nel 492 divenne papa Gelasio I (492-496) che contribuì a rafforzare il potere spirituale del vescovo di Roma infatti scrisse all’imperatore Anastasio: ‘Due sono i poteri, augusto imperatore, che principalmente governano questo mondo; il potere sacro dei vescovi e quello temporale dei re. Di questi due poteri il ministero dei vescovi ha maggior peso, perché essi devono rendere conto al tribunale di Dio anche per i re dei mortali’, e sempre Gelasio riaffermò il primato di Roma dicendo: ‘E se conviene che tutti i fedeli si sottomettano ai vescovi, i quali rettamente dispensano le cose sacre, quanto maggiormente è necessario procedere con il capo di quella sede che Dio ha preposto a tutte le altre e dalla Chiesa universale fu sempre venerata con devozione filiale’.

Nel 498 morì il vescovo di Roma Anastasio II. All’elezione del nuovo papa avvenne che una parte del clero e la maggioranza del senato elessero papa l’arciprete Lorenzo nella basilica di Santa Maria Maggiore. Nel mentre però gli avversari di Lorenzo eleggevano il diacono Simmaco nella basilica del Laterano. Scoppiarono quindi dei tumulti tra le due fazioni perché ambedue si consideravano il legittimo successore di Pietro. Le cose arrivarono a tal punto che il re ostrogoto Teodorico, che era ariano, intervenne nella disputa e fece venire i due contendenti a Ravenna. Fu riconosciuto il diritto di Simmaco. Tornato a Roma Simmaco fece convocare un concilio; Lorenzo si sottomise a Simmaco e gli venne assegnata la diocesi di Nocera in Campania. Ma la calma durò poco, perché gli avversari di Simmaco lo attaccarono accusandolo di vari delitti ritenendolo indegno di occupare la ‘sede apostolica’. Teodorico convocò di nuovo Simmaco a Ravenna, ma costui giunto a Rimini, decise di fuggire e tornare a Roma dove si rinchiuse in San Pietro. A Teodorico questo suo comportamento parve una confessione. Gli avversari di Simmaco approfittarono allora di questa situazione e ottennero che a Roma fosse mandato un visitatore per governare temporaneamente la chiesa. Fu mandato Pietro vescovo di Altino che giunto a Roma rifiutò di avere rapporti con Simmaco. Simmaco protestò contro questa intrusione. Tutti i beni ecclesiastici e tutti gli edifici religiosi (tranne San Pietro) furono consegnati al visitatore. Il re allora per farla finita con questa situazione fece convocare un certo numero di vescovi italiani per giudicare Simmaco. L’esito del concilio fu che Simmaco non poteva essere considerato colpevole e bisognava quindi riconoscerlo come legittimo pastore. Gli edifici religiosi e i beni furono riconsegnati a Simmaco. Gli avversari di Simmaco allora a questo punto (dato che non si erano arresi e volevano mandare via a tutti i costi Simmaco) ottennero dal re il ritorno di Lorenzo. Lorenzo tornò a Roma e accaddero gravi tumulti. Il Liber Pontificalis[1001] parla di preti e chierici massacrati e di donne bruciate. Il re Teodorico intervenne di nuovo e Lorenzo dovette ritirarsi. Rimase quindi papa Simmaco; alla sua morte subentrò sul trono pontificio Ormisda (514-523). Ormisda fu seguito da Giovanni I (523-526). Durante il primo anno di pontificato di Giovanni avvenne che l’imperatore Giustino emanò un editto contro gli Ariani; molti di loro per paura abiurarono, altri subirono il martirio e diverse basiliche furono loro tolte e date ai Cattolici. Ma questo editto fece indignare il re Teodorico, che era anche lui ariano, il quale convocò a Ravenna il vescovo di Roma e gli ordinò di recarsi a Costantinopoli con un ambasceria composta da alcuni vescovi e quattro senatori. La missione che gli era stata affidata era quella di indurre Giustino a ritirare l’editto contro gli Ariani, restituirgli le loro basiliche e permettere a coloro che avevano ritrattato di potere tornare a professare la dottrina ariana. Giovanni andò a Costantinopoli ma non chiese all’imperatore di permettere a coloro che avevano ritrattato di ritornare all’arianesimo; la cosa perciò non piacque a Teodorico che quando i componenti dell’ambasceria tornarono a Ravenna li fece tutti imprigionare. Giovanni morì così in prigione.

L’imperatore Giustiniano (527-565) contribuì a rafforzare il primato di Roma perché affermò che il papa di Roma è il primo di tutti i sacerdoti. ‘Ordiniamo, dietro la definizione dei quattro concili, che il santissimo papa della vecchia Roma sia il primo dei vescovi, e che l’altissimo arcivescovo di Costantinopoli, che è la nuova Roma, sia il secondo’. Questo imperatore emanò delle leggi contro gli eretici. Furono da lui perseguitati sia i Montanisti[1002] che gli Ariani. Anche questo imperatore si immischiò nelle cose spirituali della Chiesa infatti condannò con un editto i ‘Tre capitoli’[1003] e poi nel 553 fece convocare a Costantinopoli un concilio per condannarli. E costrinse l’allora vescovo di Roma Vigilio (537-555) ad accettare la decisione del concilio che Vigilio in un primo tempo aveva ritenuto nulla. Ancora una volta si può vedere con quale disinvoltura gli imperatori in quel tempo costringevano i vescovi ad accettare le loro opinioni in materia di fede. Ma vediamo come era diventato papa questo Vigilio. Vigilio, diacono di nobile famiglia, divenne papa - da quanto ci viene detto - comprando la carica e facendo uccidere il papa precedente Silverio (536-537). Costui era stato fatto papa dal re goto Teodato nel 536. Poco dopo Teodato morì e prese il suo posto il re Vitige che pensò di ritirarsi col grosso dell’esercito a Ravenna per preparare un offensiva contro Belisario, generale bizantino, che ormai si trovava a Napoli. Belisario entrava quindi in Roma e le truppe gote se ne andavano. E il papa si alleò con Belisario. Nel marzo del 537 però il re goto tornò per tentare la riconquista della città e pose sotto assedio Roma. Allora avvenne che Vigilio diede del denaro al generale bizantino Belisario affinché deponesse con la forza papa Silverio e consacrasse lui come nuovo papa. Silverio fu così deposto (l’accusa era che egli aveva tradito Belisario invocando l’aiuto del re goto affinché liberasse Roma dai Bizantini) e relegato allo stato di semplice monaco a Patara in Licia, mentre Vigilio fu consacrato papa dal Senato e dal clero terrorizzato da Belisario. La sua consacrazione ebbe luogo il 29 marzo 537. Ma Silverio trovò in Patara chi lo difendeva; era il vescovo di Patara che ottenne così dall’imperatore Giustiniano che Silverio fosse rimandato a Roma per essere quivi di nuovo giudicato (come abbiamo detto infatti era stato accusato e condannato per tradimento nei confronti di Belisario). Ma Belisario, indotto da Vigilio, fece deportare Silverio nell’isola di Palmaria (Ponza) sotto la vigilanza di due messi di Vigilio; e dato che Vigilio per essere riconosciuto papa legittimo da tutto il clero aveva bisogno che Silverio morisse, accelerò la sua morte privandolo del cibo, in altre parole diede ordini ai suoi messi di farlo morire di fame (questo in base a quello che dice il Liber Pontificalis). Ancora una volta si può vedere a che cosa erano pronti a ricorrere i pretendenti al trono pontificio; alla corruzione e all’omicidio.

Alla morte di Vigilio fu eletto papa Pelagio I (556-561). Di costui va detto che prima che diventasse papa aveva incitato Vigilio a resistere all’imperatore Giustiniano non schierandosi contro i ‘Tre capitoli’. E per questa sua posizione fu messo in prigione, da dove continuò a difendere i ‘Tre capitoli’ opponendosi all’editto di Giustiniano e alla decisione del concilio del 553 ed accusando Vigilio di essere volubile e venale. Ma una volta morto Vigilio e scarcerato eccolo tornare a Roma ma con altre idee infatti condannò i ‘Tre capitoli’ ed accettò il concilio di Costantinopoli. Questo voltafaccia si spiega con il fatto che in virtù di esso Pelagio ebbe il favore dell’imperatore Giustiniano per diventare papa.

Per il 590, in virtù degli eventi che si erano susseguiti fino a quel tempo, i due esponenti ecclesiastici più importanti erano il vescovo di Roma e il patriarca di Costantinopoli. Però mentre il patriarca di Costantinopoli era sotto il diretto controllo dell’imperatore, il vescovo di Roma non lo era perché a Roma era lui che comandava sia negli affari religiosi che in quelli civili.[1004] Attorno a quell’anno il patriarca di Costantinopoli che era Giovanni detto il digiunatore, si auto definì ‘vescovo universale’; ma Gregorio detto Magno, vescovo di Roma, si indignò a motivo di questa sua arrogan­za, e gli scrisse una lettera di ammonizione tra le cui parole vi sono queste: ‘...Possa dunque tua Santità riconoscere quanto sia grande il tuo orgoglio pretendendo un titolo che nessun altro uomo veramente pio si è giammai arrogato’. Va detto però che Gregorio Magno mentre da un lato non voleva essere chiamato ‘vescovo universale’ (come non voleva neppure che altri vescovi si procla­massero tali) perché lui preferiva essere chiamato ‘servo dei servi di Dio’, dall’altro nei fatti esercitò il potere papale da monarca quale era. Poco dopo, nel 602, l’imperatore Maurizio (assieme ai suoi figli) fu ucciso da Foca (di cui viene detto fosse particolarmente crudele verso i suoi nemici) che ne prese il posto, e Gregorio Magno gli mandò una lettera di congratula­zione nella quale diceva: ‘Gloria a Dio nei luoghi eccelsi (...) Sen­tiamo con vivo piacere che la benignità di vostra pietà sia pervenuta al potere imperiale. I cieli esultino e la terra fe­steggi, e tutta la cristianità finora sì tristamente afflitta, giubili per le vostre benigne opere’.[1005] Gregorio dunque divenne amico dell’imperatore Foca; i loro rapporti quantunque durarono solo due anni circa furono ottimi. Foca, nel 607, per contraccambiare l’amicizia e le adulazioni che gli rivolgeva il vescovo di Roma riconobbe la supremazia della ‘sede apostolica di Pietro su tutte le chiese’ (caput omnium ecclesiarum) e vietò al patriarca di Costantino­poli di usare il titolo di ‘universale’ che da quel momento doveva essere riservato solo al vescovo di Roma, che allora era Bonifacio III e che a differenza di Gregorio Magno, e dimenticando quello che il suo predecessore aveva dichiarato a tale proposito, non rifiutò affatto di farsi chiamare ‘vescovo universale’. Questo riconoscimento Foca lo concesse perché si trovava in polemica con il patriarca bizantino Ciriaco e volle in questa maniera screditarlo presso Roma, e dato che era odiato a Bisanzio cercava di farsi amare a Roma. Era tenuto in così grande onore Foca dai Romani che questi nel 608 elevarono ai piedi del Campidoglio una colonna sormontata da una statua di Foca in bronzo dorato, recante sulla base un’iscrizione in onore del ‘clementissimo e piissimo imperatore, trionfatore perpetuo, incoronato da Dio sempre Augusto’.

Dall’ottavo al decimo secolo.

Nell’ottavo secolo ci furono tumulti nell’impero a motivo delle statue e delle immagini: il vescovo di Roma ebbe una parte principale in essi. Ecco come andarono le cose. L’imperatore d’Oriente Leone III (717-741) intorno all’anno 726 emanò un editto col quale proibiva il culto delle immagini. Questo editto fece infuriare il vescovo di Roma che allora era Gregorio II (715-731) il quale scomunicò l’imperatore dichiarandolo eretico e aizzò il popolo romano, i Veneziani, il re dei Longobardi, e tutti i duchi Longobardi contro l’imperatore bizantino. Il popolo in Italia si rifiutò di abbandonare il culto delle immagini e si rivoltò contro i soldati imperiali; e da ambo i lati fu sparso sangue. Anche il patriarca di Costantinopoli si oppose all’editto imperiale. Nel 730, l’imperatore d’Oriente, vedendo che il culto delle immagini non era stato abbandonato, decretò che tutte le immagini fossero distrutte per ogni dove cominciando da Costantinopoli. Qui scoppiò fra il popolo una sommossa sanguinosa aizzata dai monaci che fu repressa dalla guardia imperiale. L’imperatore diede lo stesso ordine anche al vescovo di Roma che gli rispose di imparare prima meglio il suo catechismo e lo chiamò ‘un uomo sciocco, imbecille, un ignorante, un pazzo, che non sapeva più distinguere tra verità e bugia, peggiore di un eretico’. Il vescovo gli scrisse pure: ‘Tutti i popoli occidentali guardano con antica devozione a colui del quale con millanteria tu minacci di abbattere l’effigie, a S. Pietro intendo, che i regni d’Occidente onorano come Dio in terra. Desisti dunque dal tuo proposito; la tua rabbiosa violenza nulla può contro Roma, contro la città, contro le sue coste o le sue navi. L’Europa intera venera il santo principe degli apostoli; se tu manderai a distruggere la sua immagine, noi ci dichiariamo fin d’ora innocenti del sangue che sarà versato e dichiariamo che esso ricadrà interamente sul tuo capo’. L’imperatore gli scrisse altre volte, ma il papa sostenne sempre la sua opinione e concluse dicendo che ‘Cristo mandi in corpo all’imperatore il diavolo’ (invocamus Christum, ut immittat tibi daemonem). Poi egli convocò un concilio a Roma nel quale venne ordinato il culto delle immagini e vennero dichiarati eretici e scomunicati tutti coloro che vi si opponessero. E secondo Bellarmino il vescovo di Roma ordinò che i sudditi dell’imperatore qui in Italia non gli dovessero più pagare alcun tributo. Anche il vescovo successivo, Gregorio III (731-741), rimase ostinato e non volle ubbidire all’editto imperiale. Convocò un concilio a Roma e scomunicò gli iconoclasti.[1006] L’imperatore allora, vedendo l’ostinazione del vescovo di Roma, s’impossessò dei beni ecclesiastici in Sicilia e Calabria. L’imperatore poi fece un nuovo tentativo che fu l’ultimo, per costringere il vescovo ad ubbidire. Egli mandò nel 734 in Italia una flotta; ma questa fu distrutta da una tempesta nel mare Adriatico. Quello che avvenne in questo periodo mostra fino a che punto oramai si innalzavano i vescovi di Roma e come erano pronti a reagire a degli ordini imperiali quando questi si opponevano alle loro idee (anche se errate) o ai loro interessi. Ma questo comportamento dei vescovi di Roma verso dei re si sarebbe ripetuto nel corso dei secoli: ci saranno infatti vescovi di Roma che deporranno re, scioglieranno i sudditi dal giuramento di fedeltà nei confronti del loro sovrano, e manderanno i propri eserciti o eserciti stranieri contro di essi per punirli.

Verso la metà dell’ottavo secolo il papato si consolidò maggiormente perché il vescovo di Roma riuscì ad estendere il suo potere temporale. Nel 752 venne eletto pontefice romano Stefano II (752-757) il quale si trovava a disposizione un patrimonio immobiliare enorme. Questo patrimonio cosiddetto di San Pietro (Patrimonium Petri) comprendeva molti edifici e vasti fondi terrieri che erano in diverse provincie d’Italia e nelle regioni vicine, fondi che erano coltivati da coloni e da schiavi e da cui la sede di Roma ricavava delle ingenti rendite. Esso era aumentato sempre di più dal tempo di Costantino in poi perché re, regine, alti funzionari dello Stato, ed anche privati avevano lasciato prima di morire i loro beni alla sede di Roma per assicurarsi la salvezza eterna. Naturalmente tra le donazioni e i lasciti come ce ne furono di volontari e spontanei ce ne furono anche di estorti con la furbizia e le lusinghe. Per quanto riguarda l’uso che di questo patrimonio faceva la chiesa va precisato che una parte veniva utilizzato per soddisfare l’ingordigia e la superbia dei vescovi e dei loro collaboratori e una parte veniva utilizzato per sovvenire ai bisogni dei malati e dei poveri e per fare fronte alle diverse spese che la chiesa di Roma doveva affrontare per il mantenimento delle basiliche e del culto. Ora, Stefano era a capo di un impero immobiliare e la paura di cadere sotto il dominio dei Longobardi (i quali si erano stabiliti in Italia dopo l’anno 568) che con Astolfo avevano occupato gli stati imperiali in Italia, conquistato Ravenna e si accingevano a conquistare anche Roma, lo indusse ad andare in Francia a chiedere aiuto militare a Pipino re dei Franchi. Non era la prima volta, e non fu l’ultima, che un papa chiedeva aiuto militare ad un sovra­no occidentale affinché difendesse il suo territorio dai suoi nemici; infatti prima di lui Gregorio III aveva mandato al re dei Franchi Carlo Martello una ambasciata con ricchi doni al fine di ottenere un aiuto militare contro i Longobardi, ma il re franco aveva rifiutato di esaudire il papa perché non voleva rinunciare all’amicizia con i Longobardi. Ma proseguiamo con Stefano II. Cronisti storici dicono che Stefano II si inginocchiò davanti a Pipino re dei Franchi[1007] e con le lacrime agli occhi lo supplicò di ‘difendere la causa di Pietro e della repubblica romana’. In questo incontro il papa mostrò al re dei Franchi la Donatio Constantini (documento che sarebbe stato in seguito dimostrato falso) in cui veniva detto che l’imperatore Costantino il Grande aveva consegnato al vescovo di Roma tutte le provincie ed i quartieri della città di Roma e d’Italia e delle regioni occidentali, e la supremazia sui patriarchi di Antiochia, Alessandria, Costantinopoli e Gerusalemme. E che lui, l’imperatore, riserbava per sé l’Oriente con capitale Bisanzio, dove si spostava con il consenso papale, non ritenendo giusto che un imperatore terreno esercitasse la sua potestas nella stessa sede dell’imperatore celeste. Il re dei Franchi promise al papa la ‘restituzione’[1008] dei territori sottrattigli da Astolfo[1009] e per questo suo impegno preso fu nominato da Stefano patricius Romanorum ossia ‘patrizio dei romani’. Nel 755 Pipino per mantenere il suo solenne giuramento scese in Italia e assediò Astolfo a Pavia, capitale dei Longobardi. Astolfo allora promise con giuramento di ‘restituire’ al papa l’Esarcato di Ravenna, la Pentapoli e i territori pontifici occupati. Ma appena Pipino partì alla volta della Francia, Astolfo non mantenne la promessa, anzi andò e assediò Roma. Allora il papa angosciato scrisse (immaginando di essere l’apostolo Pietro in persona) al re dei Franchi invocandone l’aiuto, e minacciandogli la privazione della vita eterna nel caso si fosse rifiutato di soccorrerlo: ‘Se poi, ma noi non lo crediamo, vi renderete colpevoli di indugi o addurrete pretesti, e non obbedirete con sollecitudine al nostro ammonimento di liberare questa città, il popolo che vi dimora, la Chiesa apostolica consegnataci da Dio e il suo sommo sacerdote, sappiate che per volere della Santissima Trinità, in virtù della grazia dell’apostolato concessaci da nostro Signore, sarete privati, per avere disobbedito alle nostre intimazioni, del regno di Dio e della vita eterna’. Pipino allora scese di nuovo in Italia contro i Longobardi, gli strappò i territori che andavano da Roma a Ravenna e li concesse in donazione al papa come un possedimento eterno.[1010] Questa concessione, avvenuta nel 756, segnò la nascita dello Stato pontificio[1011] che sarebbe durato fino al 1870.

Nel 795 diventò papa Leone III che contribuì ad accrescere il prestigio del vescovo di Roma incoronando, nell’anno 800, Carlo Magno come Imperatore del cosiddetto sacro romano impero. Carlo Magno confermò la donazione fatta al papa da Pipino nel 756, e secondo taluni vi aggiunse ulteriori territori.

Verso la metà del nono secolo ci dicono i documenti cattolici, sotto Leone IV (847-855), un gruppo di falsificatori papisti produsse le false decretali, una collezione di decreti di un certo numero di papi (da Clemente I a Gregorio II) e di concilii su punti dottrinali e di disciplina che avevano come scopo quello di ingrandire e sostenere l’autorità papale. Da queste decretali risultava che il papa ha la supremazia su tutti i vescovi, che i vescovi posti sotto accusa hanno il diritto di appellarsi al papa, che il papa ha la ‘piena potestà’ sulla Chiesa, che la chiesa di Roma, in base ad un unico privilegio, ha il diritto di aprire e chiudere le porte del paradiso a chi essa vuole. Queste decretali, da questo periodo in poi, servirono ai papi per rivendicare la loro suprema autorità sulla Chiesa universale. Esse contribuirono molto al rafforzamento del potere papale durante il medioevo.

Nel 896 divenne papa Stefano VI (896-897). Questo papa è stato definito dal cardi­nale Baronio ‘un intruso’. Egli fece dissotterrare il cadavere del suo predecessore Formoso (891-896), lo fece vestire dei suoi abiti pontificali, e lo fece portare davanti ad un’assemblea di cardinali, vescovi e preti, e lo pose seduto per giudicarlo. Stefano cominciò allora ad accusare quel cadavere di tanti delit­ti[1012] e lo incitava a rispondere a sua difesa. Ma siccome quel morto non poteva rispondere rispondeva un altro al suo posto. Alla fine fu giudicato colpevole, gli furono tagliate dalla sua mano destra le tre dita, il pollice, l’indice e il medio, con le quali il papa suole benedire, fu spogliato dei suoi abiti e dopo essere stato trascinato per le vie di Roma fu gettato nel Tevere per ordine di Stefano VI. Questo papa fu poi preso da una parte del popolo romano e gettato in prigione dove secondo alcuni fu poi strangolato.

Alla morte di Stefano fu eletto papa Romano (897) il quale fu papa per circa tre mesi durante i quali annullò i decreti di Stefano e riabilitò la memoria di Formoso. Platina (cattolico) dice di questo comportamento di Romano: ‘Codesti papuzzi (pontificuli) non pensavano ad altro che a distruggere e a disapprovare quello che avevano fatto i loro predecessori; lo che è dimostrazione di piccola mente e di cuore malvagio’. A Romano successe Teodoro II (897), il quale visse solo pochi giorni. Dopo Teodoro fu eletto papa Sergio ma il partito contrario prese le armi, cacciò Sergio che si ritirò presso Marozia, figlia di Teodora I moglie di Teofilatto, e fece papa Giovanni IX (898-900) che pensò anche lui a riabilitare la memoria di Formoso. A Giovanni successe Benedetto IV il quale visse pochi anni (900[1013]-903). A costui successe Leone V (903) il quale pochi giorni dopo la sua elezione fu cacciato in prigione e là fatto uccidere dal prete Cristoforo che si proclamò papa. Ma questo dispiacque a Sergio che fece prendere Cristoforo e rinchiudere in prigione dove fu fatto morire, e si dichiarò papa. Sergio divenne papa con l’aiuto della potente famiglia Teofilatto, le cui due figlie Teodora II e Marozia con i loro intrighi avrebbero dominato il papato per parecchi anni tanto da far nominare questo periodo del papato l’epoca del regime delle prostitute. Marozia era l’amante di Sergio e gli aveva dato un figlio che sarebbe stato fatto poi papa con il nome di Giovanni XI. Il cardinale Baronio, di Sergio III (904[1014]-911) ha detto che non vi era delitto, per infame che fosse, di cui non fosse stato macchiato papa Sergio, che era lo schiavo di tutti i vizi, ed il più scellerato di tutti gli uomini.[1015] Sergio III fu seguito sul trono pontificio prima da Anastasio III (911-913) e poi da Landone (913-914). Poi fu la volta di Giovanni X (914-928) che fu messo su dalla famiglia Teofilatto. Durante il suo pontificato Marozia ed Alberico (con cui ella si era sposata) suo marito la fecero da padroni. Rimasta vedova di Alberico, Marozia si sposò Guido marchese di Toscana; dopodiché per ordine suo Giovanni X fu gettato in prigione dove fu poi fatto morire soffocato con un cuscino. Mentre Giovanni languiva in prigione Marozia fece papa Leone VI (928) che visse solo pochi mesi. Morto questo altro papa Marozia fece papa Stefano VII (928-931). Alla sua morte ella mise sul trono papale suo figlio Giovanni XI (931-935) a proposito del quale il Baronio dice: ‘La santa Chiesa, cioè la romana, ha dovuto vilmente essere calpestata da un tal mostro’. Intanto moriva il secondo marito di Marozia, e subito ella pensò a sposarsi Ugo re d’Italia. Ma c’era un problema; Ugo era il cognato di Marozia e le leggi canoniche non permettevano tali unioni. Ma la difficoltà fu superata da Giovanni XI che concesse il permesso per il matrimonio. E così Marozia si sposò Ugo; la cerimonia nuziale avvenne a Castel Sant’Angelo alla presenza di Giovanni XI. Ma la cerimonia fu seguita da un fatto che segnò la fine di Marozia. Ugo si mise a offendere Alberico II, il figlio di Marozia e d’Alberico di Camerino. Alberico che già non vedeva bene quel nuovo matrimonio di sua madre uscì fuori ed incitò il popolo contro il re Ugo. Il popolo allora prese d’assalto il castello e il re fuggì. Alberico II allora fece gettare in carcere sua madre e mettere sotto stretta sorveglianza il suo fratellastro Giovanni XI. Fu fatto papa allora Leone VII (936-939) a cui succedette Stefano VIII (939-942). Morto costui Alberico fece papa Marino II (942-946). A Marino successe Agapito II (946-955). Morto costui divenne papa Giovanni XII (955-964). Non aveva ancora venti anni quando fu fatto papa, e dimostrò una condotta scandalosa perché dato ai piaceri della carne e brutalmente violento. Viene asserito che il Laterano durante il suo pontificato divenne un covo di prostitute. Nel 960 offrì la corona imperiale a Ottone che accettò volentieri promettendo che avrebbe difeso i patrimoni della chiesa. E così il 2 febbraio del 962 Ottone venne incoronato assieme a sua moglie. All’incoronazione seguì un patto chiamato Privilegium Ottonianum mediante il quale Ottone confermava a Giovanni XII e ai suoi successori tutti i diritti e i patrimoni della chiesa, e Giovanni dal canto suo prestava giuramento di fedeltà all’imperatore promettendo che non lo avrebbe mai tradito. Anche la nobiltà e il popolo romano fecero il loro giuramento di fedeltà. Ma appena Ottone fu partito Giovanni si gettò alle spalle il giuramento fatto e si alleò con Berengario. Ottone saputolo accorse a Roma, ma Giovanni raccolti i tesori della chiesa se ne fuggì prima a Tivoli e poi in Corsica. Intanto Ottone prendeva possesso della città. Pochi giorni dopo l’imperatore convocò un concilio per giudicare Giovanni a motivo dei delitti di cui era accusato. Giovanni saputolo fece sapere che dichiarava nullo quel concilio. Giovanni fu giudicato colpevole e al suo posto Ottone mise un altro papa di nome Leone VIII (963-965). Intanto Giovanni dalla Corsica fomentava delle rivolte, la prima fu soffocata nel sangue da Ottone (fu una vera e propria strage), la seconda, scoppiata dopo la partenza di Ottone mise in fuga Leone VIII mentre Giovanni tornava a Roma pronto a vendicarsi. Giovanni fece convocare un concilio in cui dichiarò nullo il precedente concilio e deposto Leone VIII. Giovanni si vendicò dei suoi avversari facendogli mozzare il naso e la lingua. Ottone allora decise di farla finita con Giovanni e si mise in marcia per Roma, ma durante il viaggio lo raggiunse la notizia che Giovanni era morto. Era stato assassinato da un marito che lo aveva sorpreso in flagrante adulterio con la propria moglie. Lo avrebbe gettato fuori dalla finestra. Il cardinale Bellarmino di questo papa ha affermato che fu quasi il più cattivo dei papi. Ma prima che Ottone potesse giungere a Roma il popolo romano, non riconoscendo Leone VIII, volle eleggere un nuovo papa di nome Benedetto V (964-965). Giunto a Roma, l’imperatore l’assediò e la prese per fame. Poi Ottone fece convocare un concilio che fece deporre Benedetto V.         In questo concilio in cui presiedeva Leone VIII, Benedetto V fu accusato di avere usurpato il trono papale. Benedetto riconobbe la sua colpa dicendo: ‘Se ho peccato, abbiate pietà di me’, e poi si gettò ai piedi del papa e dell’imperatore dichiarando di essere antipapa e vero papa Leone VIII. Ma mentre Ottone era commosso, Leone era invece infuriato contro di lui. Per compiacere all’imperatore che intercedeva per lui gli impose l’esilio. Così Ottone se lo portò in Germania dove morì. Rimase papa Leone VIII che morì nel 965. I romani allora mandarono un ambasciata a Ottone per chiedergli un papa; fu da lui scelto Giovanni, vescovo di Narni, che prese il nome di Giovanni XIII (965-972). Ma costui non era ben visto dal popolo romano per cui poco tempo dopo la sua elezione ci fu una rivolta contro di lui, ma il papa riuscì a fuggire andandosi a mettere sotto la protezione del conte Pandolfo di Capua. Qualche tempo dopo Giovanni XIII faceva ritorno a Roma con una scorta di soldati capuani, seguito di lì a poco da Ottone il quale giunto a Roma la saccheggiò e punì i rivoltosi impiccando alcuni e accecando altri. Morto Giovanni, l’imperatore fece eleggere Benedetto VI (973-974). Ma il popolo si rivoltò anche contro di lui, lo gettò in prigione e fecero papa Bonifacio VII. Benedetto fu poi strangolato in prigione (taluni dicono che fu per mano dello stesso Bonifacio). Ma ecco che ad un certo punto Bonifacio dovette fuggire da Roma, e non lo fece a mani vuote perché portò via molti tesori della chiesa, e si rifugiò a Costantinopoli. Intanto, essendo rimasta vuota la sede, l’imperatore fece eleggere papa Benedetto VII (974-983). Morto Benedetto fu fatto papa Giovanni XIV (983-984). Ma ecco ricomparire Bonifacio VII il quale rientrato in Roma si va a reinsediare sul trono pontificio e fa rinchiudere in prigione Giovanni XIV dove poi lo farà morire avvelenato. Ma Bonifacio dopo circa un anno verrà preso ed assassinato dai suoi nemici. Il suo cadavere trascinato per le vie di Roma fu gettato ai piedi della statua equestre di Marco Aurelio. Il papa successivo fu Giovanni XV (985-996) che si contraddistinse per il suo forte nepotismo e per essere stato il primo a canonizzare santo qualcuno. Morto anche costui l’imperatore fece papa suo cugino (o nipote secondo altri) Brunone che prese il nome di Gregorio V (996-999). Ma appena Ottone partì dall’Italia ci fu una rivolta che costrinse Gregorio a fuggire da Roma. Al suo posto il popolo elesse papa Giovanni XVI ma di lì a poco ecco rientrare a Roma Ottone, che era stato chiamato da suo cugino, e vendicarsi di coloro che si erano rivoltati contro Gregorio. Giovanni XVI fu preso e per ordine di Ottone gli furono tagliati il naso e la lingua e strappati gli occhi e gettato sanguinante in una cella di un monastero romano. Ma Gregorio V non contento fece prendere il moribondo e postolo a rovescio in groppa ad un asino gli fece percorrere le strade di Roma per farlo insultare dal popolo. Il capo della rivolta invece fu decapitato. A Gregorio succedette Silvestro II (999-1003). I cronisti dell’undicesimo e dodicesimo secolo dicono di costui che egli diventò papa grazie ad un patto col demonio al quale aveva venduto la propria anima. E’ ricordato da diversi cronisti e storici medievali come il papa mago perché aveva imparato la magia, l’astrologia, la negromanzia e tutte le ‘scienze’ proibite ad un cristiano.

Ecco dunque alcuni cenni della storia del papato del decimo secolo; il secolo di ferro e di fitte tenebre per il papato come gli stessi storici cattolici riconoscono. Papi libertini, omicidi, avidi di disonesto guadagno, messi su e deposti da imperatori, da donne intriganti menanti la vita nella lussuria e nella cupidigia. Talvolta poi ce ne erano due, e altre volte tre di papi contemporaneamente di cui gli storici cattolici non riescono a dire con certezza chi era il vero papa e chi erano gli antipapi perché ognuno ha la sua opinione. Dinanzi a questi fatti storici non si capisce dunque come i teologi papisti possano dimostrare la loro successione apostolica ma soprattutto come quegli scellerati possano essere stati dei servi di Dio costituiti per l’edificazione della sua Chiesa.

Dall’undicesimo al tredicesimo secolo.

Saltiamo qualche anno per arrivare a Benedetto IX (1032-1044) perché questo è l’unico papa ad avere regnato tre volte! Costui divenne papa secondo taluni all’età di circa undici anni. Durante il suo pontificato si abbandonò ad ogni sorta di iniquità. Pier Damiani (prelato cattolico) disse di lui: ‘Quel miserabile sguazzò nell’immoralità dall’inizio del suo pontificato alla fine dei suoi giorni’. Ed un altro osservatore scrisse: ‘La Cattedra di Pietro è stata occupata da un diavolo dell’inferno travestito da prete’. Desiderio di Montecassino, il futuro papa Vittore III, nei suoi Dialoghi scrisse di Benedetto: ‘...un certo Benedetto (per il nome e non certo per le opere) figlio del console Alberico, seguendo le orme di Simon Mago anziché quelle di Simon Pietro, prodigati dal padre non pochi quattrini fra il popolo, si arrogò il sommo sacerdozio. Quale sia stata la vita di lui dopo l’ascesa al soglio, come turpe, come indecente, crudele ed esecranda non posso raccontare senza inorridire’. Le estorsioni, le rapine, le violenze e le uccisioni di Benedetto IX irritarono a tal punto i romani che lo cacciarono da Roma. Ma costui appoggiato dall’imperatore Corrado che era allora in Italia riuscì a rientrare in Roma. Ma i Romani, sempre perché erano stanchi di sopportare Benedetto IX, lo scacciarono di nuovo ed elessero papa Silvestro III. Ma Benedetto IX non si diè per vinto e appoggiato dai suoi parenti riuscì a riprendersi il trono papale (1045), costringendo Silvestro III (che viene riconosciuto da alcuni come vero papa mentre da altri un antipapa) ad andarsene. Alla fine Benedetto IX decise di dimettersi vendendo la carica che ricopriva all’arciprete romano Giovanni Graziano che divenne papa con il nome di Gregorio VI. Benedetto si ritirò nella casa paterna; ma dopo un po’ di tempo tornò all’assalto del trono papale con le armi ed insediarsi in Roma come papa. Ecco dunque tre papi regnare contemporaneamente e dirsi tutti e tre i successori di Pietro! Ma l’imperatore Enrico III volle porre fine a questo scandalo e scese in Italia con il suo esercito per mettere le cose in ordine. Egli convocò un concilio a Sutri, concilio che decretò la deposizione di Silvestro III e di Gregorio VI. Pochi giorni dopo l’imperatore fece convocare un concilio a Roma e dichiarare deposto Benedetto IX ed eleggere papa Clemente II (1046-1047). Costui morì dopo pochi mesi (viene asserito che fu avvelenato da Benedetto IX); successe allora che Benedetto IX, vedendo che l’imperatore era partito, si riprese il papato per l’ennesima volta (questo avvenne nel 1047, ma questo non piacque ai romani). Ma l’imperatore Enrico III fece scacciare Benedetto IX da Roma. e fece mettere sul trono papale Poppone, vescovo di Bressanone, che prese il nome di Damaso II (1048) che però morì molto presto, dopo 23 giorni dal suo insediamento sul trono papale (anche questa volta viene asserito per opera del veleno di Benedetto IX).

Passiamo ora a parlare di Gregorio VII (1073-1085) perché sotto questo papa il potere temporale subì un ulteriore potenziamento. Ma prima di iniziare a parlare di Gregorio VII è bene tenere presente che nel 1054 ci fu lo scisma tra la chiesa cattolica romana e la chiesa greco-ortodossa. Prima di quell’anno c’erano state diverse dispute tra la Chiesa d’Occidente e quella d’Oriente. Quella sulla data della Pasqua in cui gli Occidentali dicevano che bisognava festeggiarla la Domenica più vicina al quattordici del mese di Nisan, mentre gli Orientali dicevano che bisognava festeggiare la festa il quattordicesimo giorno del mese di Nisan, qualunque fosse il giorno in cui cadeva. La disputa sul celibato; la Chiesa d’Occidente lo aveva vietato ai diaconi, ai preti e ai vescovi; mentre la Chiesa d’Oriente aveva permesso ai diaconi e ai preti di mantenere la propria moglie dopo l’ordinazione, vietando il matrimonio ai vescovi. La disputa sulla barba in cui gli ecclesiastici occidentali potevano radersi la barba mentre quelli orientali dovevano portare la barba. Ma la disputa che fece giungere le cose alla rottura fu quella sulla eucarestia. Il patriarca di Costantinopoli Michele Cerulario (1043-1048) aveva condannato la Chiesa d’Occidente per l’uso del pane non lievitato nell’Eucarestia e aveva ordinato la chiusura dei monasteri e delle basiliche latine di Costantinopoli. Per porre fine alla disputa Leone IX mandò in Oriente il cardinale Umberto con altri due legati ma le discussioni arrivarono a tale punto che il 16 giugno 1054 i legati romani posero sull’altare della cattedrale di Santa Sofia un decreto di scomunica contro il patriarca e i suoi seguaci. A sua volta anche il patriarca di Costantinopoli scomunicò il papa e i suoi seguaci. Queste scomuniche saranno poi da ambo le parti ritirate nel 1965 al tempo di Paolo VI. Rimane il fatto però che la chiesa orientale continua a non riconoscere il primato del papa sulla Chiesa universale e ad avere delle divergenze dottrinali con la chiesa d’Occidente.

Ma proseguiamo con la storia del papato parlando di Gregorio VII. Costui diventò papa nel 1073; egli riteneva che solo il vescovo di Roma dovesse essere chiamato vescovo universale, che il papa come vicario di Dio sulla terra doveva esercitare non solo il potere spirituale ma anche quello temporale, che la chiesa non dovesse stare sottomessa al potere civile anzi lo doveva controllare, e che il papa aveva il potere di deporre i sovrani e di sciogliere i sudditi dall’obbligo di fedeltà ai loro principi. Questi suoi principii li espose nel Dictatus papae: ecco alcune propo­sizioni di questo documento: ‘Solo il pontefice Romano ha il diritto di essere chiamato universale (...) Il papa è l’unica persona a cui i principi devono baciare il piede (..) Il suo nome è unico al mondo. A lui solo è lecito deporre gli imperatori (...) La sua sen­tenza non può esser annullata da alcuno, ma egli può annullare quelle di tutti gli altri (...) Egli non può essere giudicato da alcuno (...) Il papa può sciogliere i sudditi dal giuramento di fedeltà fatto ai sovrani indegni’.[1016] Gregorio durante il suo pontificato cercò di sopprimere il matrimonio degli ecclesiastici ordinando ai sacerdoti sposati di dimettere le loro mogli,[1017] e si batté pure contro l’investitura degli ecclesiastici da parte dei laici e contro la simonia. Egli perciò si scontrò con il re Enrico IV che concedeva investiture dietro compenso di denaro. Oltre a concedere investiture dietro compenso Enrico IV si intromise nelle faccende interne del clero italiano, il che fece indignare ulteriormente il papa che lo invitò a comparire a Roma per discolparsi sotto pena di scomunica. Enrico gli rispose convocando all’inizio del 1076 un concilio a Worms che dichiarò papa illegittimo Gregorio. Gregorio allora gli lanciò la scomunica liberando i suoi sudditi dall’obbligo di fedeltà verso di lui. Questa fu la decisione più audace presa fino ad allora da un papa contro un sovrano. Enrico allora, temendo di perdere il regno perché c’era il pericolo di una guerra civile, attraversò le Alpi e venne al castello di Canossa (sull’Appennino emiliano) dove si trovava in quei giorni il papa. Arrivato al castello nel gennaio del 1077 egli si umiliò davanti al papa[1018]chiedendogli perdono. E il papa per questo suo atto di umiliazione lo liberò dalla scomunica. Ma tornato in patria Enrico IV si attirò di nuovo le ire di Gregorio che lo scomunicò di nuovo. Enrico allora invase l’Ita­lia e mise sul trono un nuovo pontefice di nome Guiberto (1084) che prese il nome di Clemente III. Gregorio allora si rifugiò in Castel Sant’Angelo. Avvenne allora che Gregorio chiamò in suo aiuto i Normanni che vennero a Roma trovandola indifesa perché Enrico IV se ne era andato pochi giorni prima perché riteneva di non poter fronteggiare con il suo esercito le forze dei Normanni. Ed i Normanni si diedero alla violenza contro la popolazione di Roma sterminando migliaia di persone, violando molte donne, e saccheggiando le case e incendiandole. Dopo che i Normanni fecero scempio di Roma, Gregorio se ne dovette andare via dalla città a motivo della furia dei superstiti (e con lui se ne andarono le truppe normanne), e così rimase sul trono pontificio Clemente III (che è definito però antipapa). Grego­rio fuggì a Salerno dove morì nel 1085. Le sue ultime parole sarebbero state: ‘Ho amato la giustizia e odiato l’iniquità, perciò muoio in esilio’.[1019] Gregorio VII è stato canonizzato santo.

Dopo la sua morte nel 1086 fu eletto papa Desiderio, abate di Montecassino, che prese il nome di Vittore III. Gli storici dicono che egli fosse privo di quello spirito del pontefice che i tempi richiedevano perché non aveva lo spirito del guerriero come l’aveva avuto il suo immediato predecessore. Morì nel 1087.

A Vittore successe Urbano II (1088-1099) il cui nome è legato alla prima crociata contro i Turchi. Riunito un concilio a Clermont nel 1095 Urbano II esortò il popolo che si diceva cristiano a partire armati verso la Palestina per andare a liberare i luoghi sacri dalle mani dei Turchi. In cambio egli offrì un indulgenza plenaria dai peccati. Al crociato venivano anche accordate immunità da tasse e gabelle. Il popolo accecato dalle tenebre si mise in cammino verso la Palestina al grido di: ‘Dio lo vuole!’. I crociati durante il viaggio si dettero a violenze, soprusi e a sterminare anche molti Ebrei (cronisti storici dicono migliaia) ritenuti infedeli da sterminare al pari dei Turchi. Arrivati a Gerusalemme conquistarono la città massacrando tante persone anche là; e tutto ciò con la benedizione papale.

Eugenio III (1145-1153) fu il papa che indisse la seconda crociata contro i Mussulmani che ebbe luogo nel 1147, ma questa crociata si dimostrò un insuccesso.

Clemente III (1187-1191) bandì solennemente nel 1188 la terza crociata che non riuscì a riconquistare Gerusalemme dalle mani di Saladino. Riccardo d’Inghilterra (il re che giunse in Palestina a capo dei crociati) però ottenne da Saladino che fosse permesso ai pellegrini l’accesso a Gerusalemme.

Passiamo ora ad Innocenzo III (1198-1216) il papa che assieme a Gregorio VII contribuì più di tutti a rafforzare il papato in quel tempo. Innocenzo III fu eletto papa nel 1198. Secondo lui il papa era superiore ai re in virtù dell’autorità ricevuta da Dio, e perciò aveva il potere di scomunicare i re e di deporli. Per illustrare questo concetto si usava di una similitudine tutta particolare; diceva che Dio aveva posto due luminari nel firmamento per illu­minare il giorno e la notte, e questi erano il sole, il luminare maggiore, e la luna il luminare minore. Il sole era l’autorità pontificia mentre la luna era l’autorità legale. ‘Perciò la luna riceve la sua luce dal sole, ed è quindi inferiore al sole sia nella grandezza che nel calore, sia nella sua posizione che nei suoi effetti. Allo stesso modo il potere regio deriva la sua dignità dalla autorità pontificia e quanto meno si sottopone ad essa, tanta minore luce ne riceve. Ma quanto più le si sottomet­te, tanto più aumenta il suo fulgore’.[1020] Per sostenere la sua autorità assoluta sui regni della terra, Innocenzo fece uso anche delle seguenti parole che Dio rivolse al profeta Geremia: “Io ti costituisco oggi sulle nazioni e sopra i regni, per svellere, per demolire, per abbattere, per distrug­gere, per edificare e per piantare”.[1021] Di fatto Innocenzo III causò molte turbolenze in vari stati; nel 1200 egli pose sotto interdetto la Francia allorquando Filippo si rifiutò di mandare via la sua seconda moglie Agnese e di ripren­dersi la sua legittima moglie Ingeborg. Questo interdetto del papa provocò un tumulto in Francia per cui Filippo si sottomise al papa, e di malavoglia mandò via Agnese e riprese con sé Inge­borg. Tra il 1205 e il 1213 Innocenzo III si scontrò con Giovanni d’In­ghilterra perché quest’ultimo non aveva voluto riconoscere l’ar­civescovo che Innocenzo aveva nominato alla sede vacante di Canterbury. Innocenzo lo scomunicò e pose anche l’Inghilterra sotto interdetto. I suoi sudditi allora si opposero al re il quale fu costretto ad umiliarsi davanti ad Innocenzo.[1022] Nel 1213 Giovanni dichiarò che da allora in poi lui e i suoi sudditi avrebbero considerato i propri domìni feudi papali e avrebbero pagato ogni anno mille marchi al papa. Ecco come Innocenzo III riuscì ad umiliare i due più potenti sovrani di quel tempo facendo leva sul suo potere temporale. Ma Innocenzo III oltre a tutto ciò promosse la crociata contro gli Albigesi nel sud della Francia sterminandone, a quanto dicono gli storici, decine di migliaia. Secondo Innocenzo anche gli eretici si dovevano piegare davanti al papa, e l’eresia doveva essere estirpata con la forza. Anche Gregorio IX (1227-1241) si darà da fare per reprimere gli eretici come aveva fatto Innocenzo; egli istituirà infatti in Europa tra il 1231 e il 1234 i tribunali dell’Inquisizione, affidandone la direzione ai Domenicani.[1023]

Il potere temporale dei papi subì un declino sotto Bonifacio VIII eletto papa nel 1294. Durante il suo pontificato avvenne che Filippo di Francia ed Eduardo I d’Inghilterra imposero al clero una tassa per sostenere le spese militari che essi stavano sostenendo nella guerra che li opponeva l’uno all’altro. Bonifacio allora emanò la bolla Clericis Laicos con la quale proibiva ai laici, sotto la minaccia di scomunica e interdetto, d’imporre qualsiasi tassa e imposta agli ecclesiastici senza il consenso della chiesa di Roma, e vietava ai preti, sotto pena di scomunica da parte della chiesa romana, di pagare tali contributi ad un capo temporale. Eduardo reagì dichiarando fuori legge il clero e facendo approvare dal parlamento una legge che proibiva ad esso di prestare ascolto alle pretese papali di autorità temporale in Inghilterra. E Filippo reagì vietando le esportazioni di denaro dalla Francia in Italia, privando così il papato delle sue rendi­te francesi. Allora Bonifacio si trovò in grande difficoltà e decise di venire ad un accomodamento della legge emanata nella Clericis Laicos, autorizzò quindi Filippo a riscuotere le imposte del clero in caso di estrema necessità, anche senza consultazione papale. Il re da parte sua revocò i provvedimenti contro il papato. E così fu ristabilita la pace tra il re di Francia e il papa. Bonifacio era un papa assetato del sangue dei suoi nemici difatti fece distruggere nel 1299 la città di Palestrina, in mano ai Colonna suoi nemici (i cardinali Colonna affermavano apertamente che la sua elezione era illegittima), sterminando, secondo i cronisti, alcune migliaia di persone. Egli era anche assetato di denaro; sete che lo portò ad inventare il Giubileo (che si tenne nel 1300) che secondo le stime dei cronisti portò a Roma centinaia di migliaia di pellegrini che naturalmente lo arricchirono notevolmente e aumentarono il suo prestigio. Le relazioni tra Filippo e Bonifacio ritornarono ad essere non buone allorquando nel 1301 Filippo fece arrestare un legato pontificio per tradimento contro il re. Il papa ordinò a Filippo di rilasciarlo, ma Filippo si oppose all’ordine di Bonifacio. Allora il papa emanò nel 1302 la bolla Unam Sanctam nella quale sosteneva che fuori dalla chiesa romana non c’era salvezza e né remissione dei peccati e che il papa aveva autorità spirituale e temporale sopra tutti e che per essere salvati era necessario sottoporsi al pontefice romano. Filippo reagì violentemente alla bolla papale, e dato che in Francia erano presenti presso al re i cardinali Colonna (che scomunicati e cacciati da Bonifacio si erano rifugiati presso Filippo) che accusavano il papa dicendo che era illegittimo, eretico e simoniaco, egli colse l’occasione per ordinare a Guglielmo di Nogaret di andare ad arrestare il papa e condurlo a Parigi dove sarebbe poi stato processato. Nogaret giunto in Italia organizzò assieme alla famiglia dei Colonna (nemica acerrima di Bonifacio) una congiura contro il papa che si trovava allora ad Anagni. Entrati nella cittadina assalirono il palazzo pontificio; il papa fu arrestato, ma dopo tre giorni di prigionia gli abitanti di Anagni si rivoltarono contro i congiurati cacciandoli e liberando Bonifacio. Tornato a Roma morì nel 1303. Di lui è stato detto da degli storici cattolici che ‘entrò nel pontificato come una volpe, vi regnò da leone e vi morì come un cane’.

Dal quattordicesimo al sedicesimo secolo.

A Bonifacio VIII successe Benedetto XI (1303-1304), e poi Clemente V (1305-1314) che nel 1309 trasferì la corte papale ad Avignone, dove era sotto il diretto controllo del re di Francia. Iniziò così quella che è stata definita la catti­vità avignonese che durò fino al 1377 allorquando Gregorio XI riportò la sede papale a Roma. Il poeta Petrarca, durante la sua permanenza ad Avignone, descrisse la corte papale come ‘la vergogna del genere umano, un ricettacolo di vizi, una cloaca dove si raccoglie tutta la sozzura del mondo. Là si disprezza Dio e si adora soltanto il denaro, e si calpestano le leggi umane e divine’. Dopo che morì Gregorio XI (1378) ci fu un periodo di tempo in cui ci furono due papi, Urbano VI e Clemente VII che si dicevano ambedue il legittimo papa e il vero successo­re di Pietro. Urbano VI stava in Roma mentre Clemente VII portò la capitale ad Avignone per la seconda volta. Avvenne così che alcune nazioni riconobbero come vero papa il primo mentre altre il secondo. Lo scisma si protrasse fino agli inizi del secolo successivo quando si riunì il concilio di Pisa (1409) che dichiarò illegittimo l’allora papa di Avignone Benedetto XIII e quello di Roma Gregorio XII (essi furono dichiarati decaduti dalla loro carica pontificia come scismatici ed esclusi dalla comunione della Chiesa), ed elesse papa Alessandro V. Ma siccome le decisioni del concilio di Pisa non ebbero una approvazione generale avvenne che ci furono non più due papi, ma tre papi che rivendicavano l’autorità suprema sulla Chiesa e scomunicavano solennemente gli altri due. Ognuno di essi aveva i suoi sostenitori a livello internazionale; Gregorio XII aveva dalla sua parte l’Italia, la Germania e il nord Europa; Benedetto XIII aveva la Spagna, la Scozia, la Sardegna, la Corsica e parte della Francia; Alessandro V la maggior parte della Francia e numerosi ordini religiosi.

Morto Alessandro V (1410) gli successe Giovanni XXIII che fu deposto dal concilio di Costanza (1415-1418) assieme a Benedetto XIII; Gregorio XII invece abdicò. Al loro posto fu eletto papa Martino V.

Durante il periodo che va dall’inizio della cosiddetta cattività avignonese al concilio di Costanza la corte papale era corrotta oltremodo, i papi si abbandonavano ad ogni dissolutezza, all’impurità e si rendeva­no colpevoli di ogni sorta di delitti, e nonostante tutto ciò si proclamavano vicari di Cristo; per questo si cominciarono a levare da più parti voci di protesta. Tra coloro che riprovarono la condotta dei papi, il loro potere temporale e molti dei loro dogmi ci furono Giovanni Wycliffe (1320-1384). Egli sosteneva che il capo della Chiesa era Cristo e non il papa romano, che l’unica autorità per il credente era la Bibbia e non la chiesa romana, e che la chiesa romana doveva conformarsi ai precetti del Vangelo dai quali si era profondamente allontanata. Le sue idee furono condannate a Londra nel 1382. Oltre a lui ci fu anche Giovanni Huss (1369-1415) che contestò al papa il primato; quest’ultimo fu scomunicato e condannato al rogo dal concilio di Costanza nel 1415.

Ma vediamo quello che dice Ludovico Von Pastor, che è uno storico cattolico, su alcuni papi vissuti in questo periodo storico al fine di capire quali fossero i costumi di coloro che si dicevano i vicari di Cristo in terra.

Di Clemente VI (1342-1352) egli afferma: ‘Coll’arricchire e favorire i suoi congiunti e col lusso princi­pesco della sua Corte egli arrecò danni sensibilissimi agli inte­ressi della Chiesa (...) Per continuare le abitudini di una vita splendida e spendereccia Clemente VI abbisognò di nuove fonti di denaro, e seppe trovarne, ma a scapito degli interessi della Chiesa, poiché accrebbe i perniciosi artifizi finanziari di Clemente V e di Giovanni XXII (....) Quando gli venivano fatte rimo­stranze per gli abusi che ne derivavano e si accennava che i suoi antecessori non si sarebbero permesse tali cose, rispondeva: I miei antecessori non seppero essere papi’.[1024]

Di Bonifacio IX (1389-1404) il Pastor afferma: ‘I mezzi usati da Bonifacio IX per empire le casse della Camera apostolica hanno danneggiato gravemente il prestigio e la venera­zione della suprema dignità ecclesiastica. Dense ombre getta sulla memoria di Bonifacio IX anche il suo nepotismo’.[1025]

Ed infine di Giovanni XXIII (1410-1415) egli afferma: ‘Questo scaltro politico era talmente tocco dalla corruzione del suo tempo da non potere rispondere neanche lontanissimamente ai doveri della suprema dignità nella Chiesa (...) E’ sicuramente fonda­ta l’accusa di immoralità personale contro il papa pisano; in una bolla di Alessandro V, a quanto so non presa finora in considera­zione, io trovo la prova documentaria d’un figlio pubblicamente riconosciuto e d’una figlia di Baldassarre Cossa’.[1026] Il concilio di Costanza disse di Giovanni XXIII quando lo depose: ‘..egli è stato ed è simoniaco notorio, dilapidatore pubblico dei beni e dei diritti non solo della chiesa romana, ma anche di altre chiese (...) Con la sua vita e i suoi costumi detestabili e disonesti, notoriamente scandalosi per la chiesa e per il popolo cristiano prima della sua assunzione al papato, e anche dopo sino a questi giorni, egli ha scandalizzato e scandalizza apertamente, col suo modo di vivere descritto, la chiesa di Dio e il popolo cristiano (...) in quanto indegno, inutile, dannoso deve essere allontanato, privato e deposto dal papato e da ogni suo governo spirituale e temporale’.[1027]

Di Martino V (1417-1431) poi che fu il papa che come abbiamo visto fu eletto dal concilio di Costanza al posto dei tre esistenti a quel tempo il Pastor dice: ‘Uno sguardo ai possedimenti dei Colonna fa vedere che nel favo­rire i congiunti Martino V sorpassò i limiti del lecito e che andò più avanti di quel che esigessero le cose’.[1028]

Vediamo adesso di parlare di altri due papi di questo secolo, Sisto IV e Alessandro VI.

Sisto IV (1471-1484) fu, come molti altri papi nepotista e pieno di omicidio. Pastor dice di lui: ‘Il nepotismo eccessivo di Sisto IV, che bene si può spiegare, ma non giustificare, forma la grande obbrobriosa piaga di questo pontificato (...) Resta una verità deplorevole, che Sisto IV (...) nell’esaltare i suoi parenti oltrepassò ogni misura e si avviò per molti aspetti su vie del tutto mondane...’.[1029] Egli ebbe anche una parte nella congiura contro i Medici (nella quale fu ucciso Giuliano dei Medici e Lorenzo scampò) infatti sempre il Von Pastor afferma che: ‘Ad ogni modo si dovrà deplorare profondamente, che un papa abbia sostenuto una parte nella storia di questa congiura’;[1030] (la congiura fu approvata dal papa perché i Medici in quel tempo costituivano un ostacolo alle sue mire espansionistiche). Fu il primo papa a legalizzare le case di prostituzione di Roma che gli fruttavano migliaia di ducati all’anno ed impose una tassa ai sacerdoti che avevano un amante. Ogni mezzo per raccogliere denaro gli parve buono tanto che era solito dire: ‘Il papa non ha bisogno che di penna e d’inchiostro per la somma che vuole’. Il nome di questo papa è legato anche al terribile tribunale dell’Inquisizione perché fu lui con una bolla del 1478 ad istituire in Spagna l’Inquisizione che avrebbe mietuto migliaia di vittime.

Eccoci ora ad Alessandro VI (1492-1503). Dopo che Rodrigo Borgia diventò papa (comprando i voti dei cardinali) con il nome di Alessandro VI, Giovanni dei Medici disse al cardinale Cybo: ‘Ora siamo nelle grinfie del lupo forse più selvaggio che il mondo abbia mai visto; o fuggiamo, o ci divorerà’. Era dato alla fornicazione e all’adulterio ed ebbe diversi figli. Nominava i cardinali in cambio di forte somme di denaro e poi li avvelenava per favorire l’avvicendamento. Fece inoltre espropriare i latifondi delle grandi famiglie romane - i Colonna, i Caetani, i Savelli - e incamerare i loro patrimoni. Contro i suoi scandali predicò il frate domenicano Girolamo Savonarola che Alessandro VI tentò di mettere a tacere offrendogli il cappello da cardinale, ma avendo il frate rifiutato lo fece processare e condannare all’impiccagione e al rogo. Di lui alcuni dicono che morì di malaria mentre altri che morì avvelenato per errore con il veleno che lui stesso aveva destinato ad un cardinale di cui voleva incamerare i beni.

Siamo arrivati così al sedicesimo secolo: le cose andavano di male in peggio. La corruzione ed ogni sorta di iniquità dominavano a tutti i livelli nella chiesa cattolica romana. I papi non cercavano altro che di divertirsi e di estendere il loro potere temporale.

Un esempio di questa voglia di dominare su un territorio sempre più vasto lo abbiamo in Giulio II (1503-1513). Questo papa tra tutte le passioni possedeva quella della guerra. Infrangendo la legge canonica si mise addosso l’armatura e montato sul suo cavallo alla testa del suo esercito salì al nord per combattere in nome di Dio e dello Stato pontificio. Riuscì ad estendere il territorio dello Stato pontificio annettendo ad esso diversi territori che si erano staccati da esso. Creò così un vasto Stato pontificio, che andava da Piacenza a Terracina, le cui dimensioni sarebbero rimaste praticamente immutate fino all’Ottocento. Giulio II aveva anche la mania della grandezza infatti volle far cominciare la ricostruzione della basilica di San Pietro.

Un altro esempio di papa che dei precetti dell’Evangelo non ne voleva sentire perché era dato alle passioni ingannatrici lo abbiamo nel successore di Giulio II, vale a dire Leone X (1513-1521). Ecco alcune cose che dice il Pastor di questo papa: ‘Più volte Leone X acquistò istrumenti di musica preziosi, ornati di oro e di argento (...) Spesso prendeva parte in persona alle eleganti e spiritose gare, che decoravano la sua tavola più delle preziose stoviglie, delle scelte vivande e dei vini fini (...) Rimase però a sufficienza figlio del suo tempo per trovare sommo conten­to anche negli scherzi triviali dei buffoni di professione (...) I contemporanei fanno il nome di tutta una serie di simili buffoni, mediante i cui scherzi e arguzie talvolta triviali Leone X si facea passare il tempo, persuaso che questo lieto trattenimento gli allungherebbe la vita (....) Leone X faceva trattare splendidis­simamente i suoi ospiti. Il suo successore rimase meravigliato delle colossali spese di cucina, nelle quali in ispecie figurava fortemente un piatto di lingue di pavoni (...) Più comprensibile del piacere che provava per l’arte dei buffoni, è la grande predile­zione del Mediceo pel nobile passatempo della caccia. Malgrado il divieto della Chiesa molti cardinali, a partire dai tempi dello Scarampo, attesero a questo sport, al quale ora dedicossi anche un papa (...) Né pioggia e vento, né freddo né la serietà della situa­zione politica riuscivano a trattenerlo da questo diletto’.[1031] La corte di Leone X era piena oltre che di buffoni anche di meretrici.[1032] Fu lui a decretare la vendita delle indulgenze per la ricostruzione della cosiddetta basilica di San Pietro. E sempre lui disse ad uno dei suoi cardinali: ‘Quanto bene ci ha fatto quella favola del Vange­lo’. Quando fu scoperta una congiura che il cardinal Petrucci aveva ordito contro di lui per farlo morire, Leone X fece strangolare questo cardinale e squartare altri due congiurati.

Durante il pontificato di Leone X scoppiò quella che è stata ed è tuttora chiamata la Riforma. Più che dire scoppiò la Riforma sotto Leone X occorrerebbe dire però che sotto questo papa quella protesta contro la chiesa cattolica romana che si era manifestata nel corso dei secoli precedenti in svariate maniere e da parte di gruppi diversi che avevano i più svariati nomi (Valdesi,[1033] Lollardi,[1034] Hussiti,[1035] ecc.) assunse delle proporzioni molto grandi, mai raggiunte in precedenza, perché a favore di essa si schierarono o sinceramente o per solo pretesto principi e re (per loro infatti accettare le idee della Riforma significava implicitamente scrollarsi di dosso il dominio del papato nei propri territori di giurisdizione, come anche significava entrare in possesso dei beni ecclesiastici della chiesa romana) che con la loro autorità avrebbero favorito nei territori su cui dominavano la diffusione della Riforma. Va detto però che questo movimento di riforma non solo rimproverava al papa e alla curia romana gli scandali perpetrati a disonore del Vangelo (come avevano già fatto molti) ma metteva enfasi sulla giustificazione per sola fede ossia dichiarava con forza che l’uomo per essere giustificato da Dio deve solo credere nel Signore Gesù non potendo esser giustificato per via di digiuni, di preghiere, di pellegrinaggi, ed altre opere prescritte dalla chiesa papista. Prima di cominciare a parlare di Martin Lutero, che fu l’uomo che in virtù di svariate circostanze preparate da Dio fu quello che divenne, se così possiamo definirlo, l’iniziatore di questo vasto movimento di protesta, è bene riferire alcune parole del cardinale Bellarmino, i cui scritti sono considerati dai Cattolici privi di errori perché è stato fatto ‘santo’, che rendono bene l’idea di quella che era la situazione della chiesa cattolica romana prima che ‘scoppiasse’ la Riforma tramite Lutero. Questo alto prelato papista disse: ‘Alcuni anni prima dell’esplosione dell’eresia luterana e calvinista, non vi era più né severità nei tribunali ecclesiastici, né purezza di costumi, né conoscenza delle sante scritture, né rispetto delle cose divine; in una parola, non vi era più religione’. Stando così le cose non sorprende che le idee di Lutero trovarono subito terreno fertile in tutta Europa e si diffusero come un uragano perché, quantunque non condividiamo diverse dottrine di Lutero, questo uomo si studiò di portare le persone a rigettare il papato per le sue iniquità, superstizioni e sopraffazioni di ogni genere, a leggere la sacra Scrittura nella loro lingua (cosa che la chiesa cattolica romana in quel tempo di fatto vietava) e a rigettare tante eresie della chiesa cattolica che non erano altro che una fonte di disonesto guadagno per i papi e tutta la curia romana (purgatorio, messa come ripetizione del sacrificio di Cristo e sacrificio espiatorio, indulgenze, ecc.). Ma soprattutto quest’uomo mettendosi a predicare che l’uomo è giustificato per sola fede senza il bisogno delle opere di soddisfazione prescritte dalla chiesa cattolica romana, che costituivano per gli uomini dei pesi difficili a portare che non riuscivano a portare pace alla loro anima travagliata perché impotenti a giustificarli dai loro misfatti, fece riapparire da sotto quel cumulo di immondizie papiste la buona notizia della grazia di Dio per la gioia di tutti coloro che volevano essere giustificati da Dio ma che, dato che fino a quel momento erano stati ingannati dai vani ragionamenti dei teologi papisti, non avevano potuto ottenere questa così tanta anelata giustificazione che dà vita.

Lutero (1483-1546) era un monaco agostiniano che si studiava di seguire scrupolosamente le regole del suo ordine sottomettendo il suo corpo ad un duro regime di mortificazioni. Nel 1510 egli venne a Roma per sbrigare degli affari del suo ordine, e qui credeva di trovare un clero ed un popolo profondamente religiosi, invece vi trovò sacerdoti ignoranti che celebravano la messa rapidamente e senza alcuna devozione, e le donne che nei luoghi di culto della chiesa cattolica tenevano un contegno vergognoso. Visto ciò rimase indignato, disgustato e convinto del bisogno di una riforma in seno alla chiesa cattolica romana. Dopo essere tornato in patria, tra il 1513 e il 1517 meditando le Scritture fu persuaso dal Signore che solo la fede in Cristo poteva giustificare l’uomo davanti a Dio, e nell’accettare questa verità si sentì rinascere. Ecco cosa scriverà in seguito Lutero su quella esperienza che cambierà il corso della sua vita: ‘Ero stato infiammato dal desiderio di intendere bene un vocabolo adoperato nella Epistola ai Romani, al capitolo primo, dove è detto: ‘La giustizia di Dio è rivelata nell’Evangelo’; poiché fino allora lo consideravo con terrore. Questa parola: ‘giustizia di Dio’ io la odiavo, perché la consuetudine e l’uso che ne fanno abitualmente tutti i dottori mi avevano insegnato ad intenderla filosoficamente. Intendevo la giustizia che essi chiamano formale o attiva, quella per la quale Dio è giusto e punisce i colpevoli. Nonostante l’irreprensibilità della mia vita di monaco, mi sentivo peccatore davanti a Dio; la mia coscienza era estremamente inquieta, e non avevo alcuna certezza che Dio fosse placato dalle mie opere soddisfattorie. Perciò non amavo quel Dio giusto e vendicatore, anzi, lo odiavo (...). Ero fuori di me, tanto era sconvolta la mia coscienza; e rimuginavo senza tregua quel passo di Paolo, desiderando ardentemente sapere quello che Paolo aveva voluto dire. Finalmente, Dio ebbe compassione di me. Mentre meditavo giorno e notte ed esaminavo la connessione di queste parole: ‘La giustizia di Dio è rivelata nell’Evangelo come è scritto: ‘Il giusto vivrà per fede’, incominciai a comprendere che la giustizia di Dio significa qui la giustizia che Dio dona, e per mezzo della quale il giusto vive, se ha fede. Il senso della frase è dunque questo: l’Evangelo ci rivela la giustizia di Dio, ma la giustizia passiva, per mezzo della quale Dio, nella sua misericordia, ci giustifica mediante la fede, come è scritto: ‘Il giusto vivrà per fede’. Subito mi sentii rinascere, e mi parve che si spalancassero per me le porte del paradiso. Da allora la Scrittura intera prese per me un significato nuovo (...). Quanto avevo odiato il termine: ‘giustizia di Dio’, altrettanto amavo ora, esaltavo quel dolcissimo vocabolo. Così quel passo di Paolo divenne per me la porta del paradiso’. Lutero capì allora che tutti i suoi sforzi che aveva fatto da monaco per essere giustificato da Dio, cioè i digiuni, le preghiere, le veglie, erano stati inutili perché bastava solo la fede per ottenere la giustificazione.[1036] Lutero, dopo avere fatto questa preziosa scoperta, si scontrò nel 1517 con il domenicano Tetzel che si era messo a vendere le indulgenze[1037] nei pressi di Wittenberg dove lui insegnava.[1038] Il messaggio del Domenicano era: ‘Tosto che il denaro suona nella cassetta, l’anima balza fuori del purgatorio’. In quello stesso anno Lutero affiggeva alla cattedrale di Wittenberg le sue 95 tesi con le quali condannava gli abusi del sistema delle indul­genze e si dichiarava pronto ad un dibattito sull’argomento. Inizialmente quindi, Lutero attaccò gli abusi del sistema delle indulgenze pensando di riformarlo (in effetti, leggendo le sue 95 tesi si può vedere che lui non negò al papa il potere di concedere le indulgenze come neppure il diritto da parte del popolo di acquistarle; cosicché si deve concludere che ancora non gli era pienamente chiara la via di Dio),[1039] e da ciò si deduce che egli inizialmente non aveva in mente di separarsi dalla chiesa cattolica romana ma solamente di riformarla al suo interno. Ma poco tempo dopo, convintosi che per operare una riforma che permettesse agli uomini di ritornare al Vangelo era necessario separarsi dal sistema instaurato dalla chiesa romana, egli attaccò il primato del papa, la dottrina dei sette sacramenti quali mezzi per ricevere la grazia perché affermava che si viene giustificati per sola fede, e il sistema gerarchico nella chiesa perché diceva che in virtù della fede ogni credente è un sacerdote. Fu allora che il papa reagì emettendo, nel giugno del 1520, contro Lutero la bolla Exurge Domine (con cui il papa condannava gli ‘errori’ e gli scritti di Lutero e lo minacciava di scomunica se non avesse ritrattato entro 60 giorni), che fu bruciata pubblicamente (e con essa bruciò i libri di diritto canonico) da Lutero sulla piazza di Wittenberg, dicendo: ‘Poiché tu hai turbato il Santo del Signore, così il fuoco eterno ti molesti e consumi’. In seguito, ai primi di gennaio del 1521 Roma emanò la bolla Decet Romanum Pontificem con cui Lutero veniva colpito dalla scomunica. Lutero fu poi convocato dall’imperatore Carlo V alla Dieta imperiale di Worms nel 1521 per rispondere in merito alle sue teorie e ritrattare le sue affermazioni. Lutero vi andò ma non volle abiurare, rimase fermo. Alla domanda riguardante la sua ritrattazione egli rispose: ‘Nei miei scritti non c’è nulla di biasimevole: Roma esercita in Germania la tirannia’ e concluse dicendo: ‘Non posso e non voglio ritrattarmi, perché non è né sicuro né sincero agire contro la propria coscienza. Che Dio mi aiuti. Amen’. Sulla via del ritorno dalla Dieta fu rapito da alcuni suoi amici e messo nel castello di Wartburg di proprietà di Federico il Saggio, un principe che lo difendeva e proteggeva. Qui rimarrà circa diciotto mesi, durante i quali tradurrà in tedesco il Nuovo Testamento, dopo di che tornerà a Wittenberg e si rimetterà a predicare contro le dottrine papiste. Dopo la sua partenza da Worms la Dieta imperiale emanò un editto con cui Lutero veniva messo, assieme ai suoi scritti, al bando dell’Impero, e chi lo incontrava veniva esortato a consegnarlo nelle mani dell’autorità imperiale. Ma questo editto contro Lutero per svariati motivi non fu mai messo in atto.

Ma nonostante l’opposizione del papa e dell’imperatore la Riforma continuò a propagarsi in Germania (con l’aiuto di diversi principi) e da lì si diffuse rapidamente nelle altre nazioni dell’Europa. Il luteranesimo fuori dalla Germania si diffuse molto in Danimarca, Svezia, Norvegia e Finlandia (in queste nazioni con l’appoggio dei sovrani che aderirono alla Riforma); ma anche in Francia, Olanda, e in Italia (incominciando dalla repubblica di Venezia), qui però un po' meno. Oggi le chiese che si rifanno agli insegnamenti di Lutero si chiamano chiese luterane.

Oltre il luteranesimo sorse e si diffuse in Europa il calvinismo ossia quell’insieme di dottrine insegnate da Giovanni Calvino (1509-1564) riformatore nato in Francia che svolse la sua missione soprattutto in Svizzera, a Ginevra, i cui scritti si diffusero anch’essi per tutta l’Europa. Quantunque ci fossero delle differenze dottrinali tra Lutero e Calvino[1040] tutti e due predicavano che l’uomo è giustificato soltanto per fede senza le opere e rigettavano il papismo. Il calvinismo si diffuse molto in Francia (qui i suoi aderenti saranno chiamati Ugonotti), in Olanda, in Scozia (qui propagherà il calvinismo Giovanni Knox, 1513-1572) e in Inghilterra (coloro che furono soprannominati i Puritani per esempio erano calvinisti). Oggi le chiese che sul continente (specialmente in Svizzera, Olanda, Francia e parti della Germania) si rifanno agli insegnamenti di Calvino sono denominate chiese riformate: in Inghilterra e in Scozia invece i Calvinisti sono conosciuti comunemente come presbiteriani.

Un altro movimento riformatore sorto in quegli anni che si diffonderà in Europa è l’anabattismo, sorto in Svizzera nei pressi di Zurigo attorno al 1523. L’anabattismo era un movimento che si contraddistingueva sia dal luteranesimo che dal calvinismo perché non accettava il battesimo degli infanti ma solo quello degli adulti (da qui il nome dato ai suoi aderenti di Anabattisti, cioè ribattezzatori), come non accettava l’unione tra Chiesa e Stato perché predicava la completa separazione tra Chiesa e Stato. Gli Anabattisti erano anche pacifisti non ammettendo la violenza né a scopo di offesa che di difesa, e non ammettevano il giuramento in tribunale e che un cristiano ricoprisse la carica di magistrato.[1041] Gli Anabattisti si diffonderanno molto nei Paesi Bassi. Dal movimento anabattista sono sorti i Mennoniti (che hanno preso il nome da Menno Simmons un ex sacerdote cattolico, 1496 ca. -1561 ca.) e i Battisti.

Un discorso un po' diverso merita invece l’anglicanesimo radicatosi in Inghilterra. Perché esso iniziò come movimento politico e proseguì come movimento religioso. In Inghilterra esistevano ancora dei Lollardi (seguaci di Giovanni Wycliffe), e dopo lo scoppio della Riforma luterana si diffusero gli scritti di Lutero che furono accettati da molti. In quel tempo era re d’Inghilterra Enrico VIII che era sposato con Caterina d’Aragona da cui oramai riteneva di non potere avere più un figlio maschio che potesse succedergli al trono. Allora il re chiese al papa Clemente VII l’annullamento di questo suo matrimonio e il permesso di risposarsi con Anna Bolena. Il papa però rifiutò di concedere il divorzio a Enrico, il quale allora pensò di farselo rilasciare dal clero inglese. Il re si fece proclamare nel 1531 dall’assemblea del clero capo e protettore della chiesa e del clero d’Inghilterra. Così il clero accettò Enrico VIII come suo capo e nel 1533 il matrimonio del re con Caterina veniva dichiarato nullo mentre lui si era già sposato segretamente con Anna Bolena. Nel 1534 Enrico fece votare al parlamento la ‘legge di supremazia’ che riconosceva il re come unico capo supremo in terra della Chiesa d’Inghilterra. Venne a consumarsi quindi lo scisma; il re d’Inghilterra era diventato il papa della chiesa nella sua nazione. Ed in questa sua nuova veste fece perseguitare a morte quei prelati che rifiutarono la sua supremazia spirituale e fece chiudere molti monasteri i cui beni e le cui terre passarono in parte alla corona e in parte furono donate o vendute alla nobiltà. Va detto però che benché il re perseguitò a morte quei prelati cattolici che si rifiutarono di riconoscerlo come capo supremo della chiesa, e fece chiudere molti monasteri, egli si mantenne sostanzialmente cattolico nella dottrina. Inizialmente aveva sì fatto delle concessioni ai Protestanti per potere avere il loro favore, ma dal 1539 in poi aveva cambiato atteggiamento facendo promulgare la legge dei Sei Articoli che era fortemente cattolica. Questa legge affermava la transustanziazione, la sufficienza della comunione sotto una specie, il celibato dei preti, la perpetuità dei voti, le messe private e la confessione auricolare. Nonostante ciò, si può dire, che questo re favorì, contro le sue intenzioni, l’opera di riforma in seno alla chiesa inglese. Morto Enrico VIII, gli successe al trono il giovane figlio Edoardo VI (1547-1553) che favorì la diffusione della Riforma nel paese. Nel 1547 il parlamento permise il calice al popolo nella comunione e revocò la legge dei Sei Articoli: nel 1549 rese legale il matrimonio dei preti e ordinò la chiusura delle cappelle votive dove si diceva la messa in suffragio dell’anima del donatore. Inoltre fu decretato che i servizi religiosi dovevano tenersi nella lingua parlata anziché in latino. Nel 1549 veniva stabilito l’uso del ‘Book of Common Prayer’ (‘Libro della preghiera comune’), libro che era opera di un Protestante in cui veniva messo al primo posto l’uso dell’inglese nei servizi religiosi, la lettura della Bibbia e la partecipazione dei fedeli all’adorazione. Nel 1552 venne pubblicato una seconda edizione di questo libro (in cui c’era una chiara influenza calvinista) il cui uso venne ordinato alle chiese. Nel 1553 infine il re sanzionò i Quarantadue Articoli preparati da un Protestante e che erano fortemente calvinisti; questi articoli divennero credo della chiesa anglicana. Alla morte di Edoardo VI gli successe la cattolica Maria Tudor (1553-1558) che abolì i cambiamenti apportati da Edoardo ed emanò delle severissime leggi contro coloro che dissentivano dalla chiesa inglese. Molti credenti furono messi a morte durante il suo regno; da qui il soprannome dato a questa sovrana ‘la sanguinaria’, ben amata naturalmente dal papa. Altri invece furono costretti a fuggire in quei paesi europei dove la Riforma era protetta. Dopo Maria salì al regno Elisabetta che reintrodusse, con qualche modifica, i cambiamenti apportati da Edoardo alla chiesa inglese. E per questa sua decisione si attirò la scomunica dell’allora papa Pio V. Ecco come sorse la chiesa anglicana (da cui poi si sarebbero staccati coloro che verranno chiamati Puritani perché ritenevano che in essa rimanessero troppi avanzi del papismo che dovevano essere tolti, e coloro che furono denominati Metodisti) tuttora esistente.

Tutti coloro che aderirono alla Riforma, non importa se Luterani, Calvinisti, Anabattisti, Anglicani, furono chiamati Protestanti.[1042]

Dopo avere fatto questa doverosa parentesi per trattare la Riforma che rappresentò dal sedicesimo secolo in avanti per il papato la perdita del suo antico potere in molte nazioni europee come anche una perdita di molte entrate e di molti membri, proseguiamo con il successore di Leone X.

Morto Leone X nel 1521, gli succedette Adriano VI nel 1522. Il nuovo papa era olandese. Costui aveva intenzione di riformare la chiesa cattolica romana a cominciare dalla corte papale mandando via le meretrici, i poeti e i buffoni. Ma i suoi propositi non piacquero alla curia romana che lo prese in avversione. Si ammalò improvvisamente e morì nel 1523.

Prese il suo posto Clemente VII (1523-1534) il quale a motivo della sua posizione politica antimperiale si attirò le ire di Carlo V che mandò le sue truppe contro Roma. I soldati tedeschi giunti a Roma si diedero al saccheggio, uccisero parecchie persone, violentarono le donne e distrussero parecchie opere d’arte. Il papa si rifugiò in Castel Sant’Angelo ma si dovette arrendere, fu fatto prigioniero per alcuni mesi. Il papa dovette pagare molto denaro e grazie alla compiacenza di alcuni ufficiali riuscì a fuggire dalla città travestito da venditore ambulante. Molti interpretarono allora quel flagello abbattutosi su Roma come un castigo inflitto da Dio a motivo della vita scandalosa che conducevano i papi e gli ecclesiastici. Clemente VII poté tornare a Roma, trovandola devastata e spopolata, solo nel 1528. Si riconciliò poi con Carlo V nel 1529. L’anno dopo Clemente VII incoronò imperatore Carlo V a Bologna. Carlo V fece emanare alla Dieta di Spira del 1529 un decreto contro gli Anabattisti secondo cui ‘ogni anabattista, ed ogni persona ribattezzata, uomo o donna che fosse, doveva essere messa a morte o per la spada, o per il fuoco, o altrimenti’. Carlo V farà poi guerra alla Lega di Smalcalda (una lega formatasi nel 1531 a cui avevano aderito dei principi, dei conti e delle città protestanti per proteggere con le armi il protestantesimo in Germania) sconfiggendola nel 1547 a Muhlberg.

Morto Clemente fu eletto papa Paolo III (1534-1549). Dice di lui il Pastor: ‘In generale questo papa non può venire assolto dalla taccia, che per più d’un rispetto si abbandonasse egli stesso ad una vita mondana, che non conveniva colla gravità del tempo. Anche ora come prima non soltanto da cardinali, ma anche dal papa in Vati­cano venivano celebrate feste sfarzose, nelle quali comparivano musici, improvvisatori, persino cantatrici, danzatori e buffoni’.[1043] Sotto Paolo III sorsero i Gesuiti (1540), ‘gli uomini del papa’, che avrebbero con intrighi e lusinghe di ogni genere aizzati re e governatori contro i Protestanti per estirparli dai territori di questi;[1044] fu istituita l’Inquisizione romana (1542) per combattere l’eresia in ogni luogo,[1045] e fu convocato il concilio di Trento nel 1545 (che si protrasse fino al 1563) che non fece altro che rafforzare il potere del papa e di tutta la curia romana e confermare tutte le false dottrine cattoliche a cui si opponevano i riformatori lanciando gli anatemi contro coloro che non le avrebbero accettate.

Il papa successivo fu Giulio III (1550-1555). Sempre il Pastor ci dice di lui: ‘Egli assisteva parimente alle rappresentazioni teatrali con cui terminavano i suoi banchetti. Eziando donne venivano invitate in Vaticano (...) Giulio III, che sempre a lato degli affari aveva largamente indulto insieme ai piaceri, amava in ispecie splendidi conviti (...) Come al pari dei papi del rinascimento usciva a caccia, giocava di grosse somme con cardinali amici e altri confidenti e manteneva molti buffoni di corte, così Giulio III non aveva neppure scrupolo alcuno di intervenire a rappresentazioni teatra­li sconvenienti’.[1046]

A Giulio successe per poco Marcello II (1555), e poi venne Paolo IV (1555-1559). Costui si contraddistinse per le persecuzioni contro gli Ebrei. Ecco cosa dice a riguardo il Pastor: ‘Sollecitudine per mantenere pura la fede fu anche la causa delle severissime prescrizioni, che Paolo IV emanò subito al principio del suo pontificato contro gli Ebrei (...) una bolla del 14 luglio 1555 decretava che in Roma e nelle altre città dello Stato pontificio i Giudei dovessero abitare affatto separati dai cristiani in un quartiere o in una strada con soltanto un ingresso e un’uscita. Fu stabilito inoltre: non è permessa più d’una sinagoga in ciascuna città, gli Ebrei non possono acquistare immobili e debbono vendere entro un determinato tempo ai cristiani quelli che si trovano in loro possesso. Come segno distintivo si prescrissero agli Ebrei cappelli gialli. Venne loro interdetto di tenere servi cristiani, il lavoro pubblico nei giorni di festa per i cristiani, troppo strette relazioni coi cristiani, di stendere contratti fittizi (...) Finalmente non era lecito agli Ebrei esercitare commercio alcuno di grano o altre cose necessarie al bisogno umano, curare come medici i cristiani’.[1047] Questo papa come si può ben vedere imitò Faraone d’Egitto perché anche lui maltrattò gli Ebrei; ma oltre che ad opprimere e perseguitare gli Ebrei fece perseguitare a morte coloro che avevano abbracciato la Riforma. Sotto di lui molti credenti morirono a motivo della loro fede. Fu un persecutore crudele e spietato dei Protestanti. Nel 1559 egli promulgò il primo Index Librorum Prohibitorum, cioè l’Indice dei libri la cui lettura era proibita ai Cattolici.[1048]

Dopo Paolo IV altri papi che perseguitarono con grande ferocia i Protestanti furono Pio V, Gregorio XIII e Sisto V; tutti e tre pronti ad incoraggiare a sterminare i Protestanti e i sovrani che li favorivano nella loro nazione.

Pio V (1566-1572) incitò il re Carlo IX a sterminare gli Ugonotti in Francia; nel 1570 con una bolla scomunicò la regina Elisabetta d’Inghilterra (perché favorì il protestantesimo in Inghilterra) e sciolse i suoi sudditi dal giuramento di fedeltà verso di lei; ed oltre a ciò cospirò l’assassinio di questa regina.

Gregorio XIII (1572-1585) con una bolla incitò Carlo IX a perseverare nello sterminio dei Protestanti finché il suo regno fosse interamente purgato dalle ‘eresie blasfeme’: il suo segretario di Stato, cardinale Galli, a nome di papa Gregorio un giorno rispose al nunzio pontificio in Spagna, Filippo Sega (al quale il Cattolico inglese Ely aveva sottoposto un piano per uccidere la regina Elisabetta): ‘Chiunque la toglie dal mondo al debito fine del servizio di Dio, non solo non pecca, ma si acquista un merito, soprattutto tenendo conto della sentenza lanciata contro di lei da Pio V’.

Sisto V (1585-1590) per riconquistare l’Inghilterra alla chiesa cattolica gli mandò contro il re Filippo di Spagna, devoto cattolico, con la sua grande flotta chiamata ‘Armada Espanola’ ma l’impresa finanziata da questo papa sanguinario non riuscì, perché la flotta spagnola fu sconfitta da quella inglese.

La controriforma cattolica (così viene chiamata la reazione papista alla Riforma protestante) produsse un periodo di dure persecuzioni durante le quali trovarono la morte in Europa molte migliaia di credenti. Furono annegati, sepolti vivi, bruciati vivi, impiccati, decapitati, furono insomma trattati come se avessero fatto l’opera dei malfattori. Il loro reato era quello di non volersi sottoporre al papa accettando i dogmi della chiesa cattolica romana.[1049]

Dal diciottesimo al ventesimo secolo.

Passiamo ora al diciottesimo secolo ed in particolare vediamo quali furono gli effetti della rivoluzione francese sul papato; prima però diciamo qualcosa su Clemente XIV (1769-1774). Questo papa è passato alla storia per la sua decisione di sopprimere i Gesuiti a motivo dei loro misfatti compiuti che avevano incrementato l’avversione al papato di molti sovrani (in Russia e in Prussia però i Gesuiti continuarono a sopravvivere fino alla loro riabilitazione). Di questo papa il Pastor dice: ‘Clemente XIV soleva distrarsi giocando a bigliardo, o, quando il tempo era buono, a bocce nel giardino del Quirinale o a Villa Patrizi (...) Quando Clemente XIV era di buon umore, i suoi intimi potevano permettersi scherzi e burle quanto mai singolari...’.[1050] Morì avvelenato.

Con la rivoluzione francese il papato ricevette un altro duro colpo. L’Assemblea Nazionale del 1789 dichiarò proprietà dello Stato i beni della chiesa cattolica. Gli ordini vennero sciolti, i voti soppressi, i vescovi da ora innanzi dovevano essere eletti dal popolo e il papa doveva solo ricevere la comunicazione dell’avvenuta scelta, gli ecclesiastici dovevano essere pagati dallo Stato e prestare giuramento di fedeltà ad esso. Le cose per il papato peggiorarono ulteriormente quando il Direttorio ritenne che il governo dei preti in Italia fosse incompatibile con l’esistenza della repubblica francese. Nel 1797 a Roma durante una sollevazione popolare ci fu l’uccisione del generale Duphot da parte di soldati pontifici, il Direttorio colse allora l’occasione per adempiere il suo disegno che era quello di eliminare lo Stato pontificio, e mandò le truppe francesi sotto il comando del generale Berthier ad invadere lo Stato pontificio e ad occupare Roma dove venne proclamata la Repubblica. L’allora papa Pio VI (1775-1799) che era molto vecchio chiese ai suoi nemici che voleva morire qui dove era vissuto. Gli fu risposto che poteva morire dappertutto; la sua camera fu saccheggiata, gli tolsero dal dito l’anello che portava e lo portarono in Francia dove morì nel 1799. In quello stesso anno in Francia salì al potere Napoleone Bonaparte. Egli fece nel 1801 un Concordato con la chiesa cattolica romana (l’allora papa era Pio VII che era stato eletto papa nel marzo del 1800 in un conclave tenuto a Venezia e poi era andato a Roma dove non c’era stato più il papa dal febbraio 1798) in cui riconosceva la religione cattolica come ‘la religione della maggioranza dei Francesi’, pur non facendone la religione di Stato. I vescovi dovevano essere nominati dallo Stato e consacrati dal papa. Il clero doveva essere pagato dallo Stato ma alla chiesa non sarebbero state restituite le proprietà incamerate nel 1790. Nel 1804 Napoleone invitò il papa a recarsi a Parigi alla cerimonia della sua incoronazione imperiale. Pio VII accettò (fu costretto a farlo perché Napoleone minacciava di punirlo se egli avesse rifiutato) pensando che sarebbe stato lui ad incoronare l’imperatore Bonaparte, come aveva fatto il suo predecessore Leone III con Carlo Magno, e che con questo gesto ne sarebbe venuto del bene alla chiesa cattolica romana; ma quando venne il giorno della cerimonia nella cattedrale di Notre-Dame avvenne che Napoleone prese la corona e se la mise sulla testa con le sue proprie mani. Il papa era stato ancora una volta umiliato da Napoleone e tornò a Roma dove tra gli ecclesiastici regnava l’insoddisfazione per il suo comportamento. Dopo di ciò Napoleone chiese a Pio VII di unirsi a lui contro gli Inglesi (che secondo Napoleone non volevano la pace dell’Impero) ma il papa rifiutò attirandosi le ire di Napoleone il quale fece occupare Ancona ed Urbino, e mandò le sue truppe contro Roma occupandola nel 1808. I cardinali che non gli erano amici furono allontanati a cominciare dal segretario di stato. Pio VII (1800-1823) venne deportato da Roma (prima fu portato a Savona e poi a Parigi) e lo Stato pontificio fu annesso all’impero francese. Ma con la sconfitta di Napoleone le cose tornarono come erano prima, perché Napoleone, costretto dalle circostanze che gli erano sfavorevoli, diede ordine di mettere in libertà il papa il quale tornò a Roma trionfalmente. Era il maggio del 1814; lo Stato pontificio ritornava nelle mani del papa.

Nel 1848 l’allora papa Pio IX fu costretto da una sollevazione popolare a fuggire da Roma e a rifugiarsi a Gaeta. La popolazione era stanca di vedere il potere civile nelle mani del clero; essa voleva che il governo civile fosse affidato solo ai ‘laici’, cosa che il papa non voleva assolutamente perché secondo lui lo Stato pontificio era l’eredità di San Pietro che egli aveva ricevuto da Cristo e quindi esso doveva essere governato dal successore di Pietro perché gli apparteneva. Ma Pio IX mentre si trovava in Gaeta, pensò di riprendersi Roma con la forza facendo appello all’Austria, alla Spagna, al regno di Napoli e alla Francia la quale mandò le sue truppe a Roma (dove intanto era stata proclamata la repubblica romana con la sua nuova costituzione che portava in fronte il principio della sovranità popolare, e dichiarata decaduta la sovranità temporale del papa) ‘per restituire la capitale del mondo cattolico alla sovranità della Chiesa, secondo il caldissimo desiderio di tutti i cattolici’. Le truppe francesi dopo essere sbarcate a Civitavecchia, sotto il comando del generale Oudinot, bombardarono Roma e uccisero parecchie persone per restituire la città nelle mani del papa.[1051] Le truppe delle altre potenze invece occuparono il resto dello Stato pontificio. La repubblica romana fu così sciolta; e il governo degli affari civili fu trasmesso ad una commissione cardinalizia nominata dal papa. Pio IX poté tornare a Roma nel 1850.

Nel 1859-1860 Vittorio Emanuele II riuscì ad annettersi prima la Romagna e poi l’Umbria e le Marche, iniziando così la conquista dello Stato pontificio. Lo Stato pontificio alla fine del 1860 era limitato solo al Lazio e alla città di Roma dove c’erano delle truppe francesi a difesa dello Stato pontificio. Nel 1870 avvenne che scoppiò la guerra tra la Francia e la Prussia. E la Francia fu costretta per ragioni militari a ritirare le sue truppe che teneva sul suolo italiano in difesa dello Stato della chiesa cattolica. Lo Stato della chiesa si trovò quindi indifeso (e per giunta la Francia uscì sconfitta dalla guerra) e di questa condizione ne approfittarono subito gli Italiani per disfarsi una volta per tutte della tirannia del clero. In quell’anno le truppe piemontesi comandate dal generale Raffaele Cadorna entrarono per la brec­cia di Porta Pia in Roma annettendo la città del papa al regno d’Italia. Fu una grande umiliazione per lo Stato pontificio;[1052] il papa perse quella che egli definiva l’eredità o il patrimonio di San Pietro[1053] a cui mai avrebbe rinunciato di sua spontanea volontà, e si dichiarò ‘prigioniero del Vaticano’; scomunicò il re Vittorio Emanuele II e tutti coloro che avevano contribuito all’occupazione dello Stato pontificio e vietò ai Cattolici di partecipare sia in qualità di candidati che di elettori ad elezioni di qualsiasi tipo. A qualsiasi offerta del Governo italiano per giungere ad una riconciliazione Pio IX rispose dicendo: Non possumus. Nel 1871 il Parlamento italiano approvò la cosiddetta Legge sulle Guarentigie con cui andava incontro alle esigenze della ‘Santa Sede’, comprese quelle economiche assegnandole ‘una dotazione di annua rendita di L. 3.225.000’ che sarebbe stata esente da ogni specie di tassa od onere governativo, comunale e provinciale. Ma sia Pio IX che i suoi successori rifiutarono la mano offertagli dal Governo italiano, non vollero riconoscere la Legge sulle Guarentigie.

Nel 1922 salì al potere Benito Mussolini,[1054] e nello stesso anno fu eletto papa Pio XI (1922-1939). I due capirono che avrebbero potuto trarre enormi vantaggi da un accordo rappacificatore, e perciò iniziarono dei negoziati segreti tra le parti per porre termine all’inimicizia tra papato e governo italiano che ormai durava da diversi decenni. I negoziati portarono alla stipulazione, nel 1929, tra la ‘Santa Sede’, rappresentata in quell’occasione dal cardinale Gasparri, e lo Stato italiano, capeggiato da Benito Mussolini, del Trattato del Laterano e del Concordato (ambedue questi documenti portano in testa la dicitura ‘In Nome della Santissima Trinità’) e di una Convenzione finanziaria. Col Trattato l’Italia riconobbe alla ‘Santa Sede’ la sovranità su un minuscolo territorio chiamato ‘Città del Vaticano’ e la ‘Santa Sede’ dichiarò definitamente conclusa la ‘questione romana’, riconoscendo il Regno d’Italia sotto la dinastia di Casa Savoia con Roma capitale dello Stato italiano. Vediamo adesso alcuni articoli del Trattato e del Concordato del Laterano al fine di capire le concessioni fatte e i privilegi concessi dallo Stato Italiano al Vaticano.

L’art. 1 del Trattato afferma: ‘L’Italia riconosce e riafferma il principio consacrato nell’art. 1 dello Statuto del Regno 4 Marzo 1848, pel quale la religione cattolica, apostolica e romana è la sola religione dello Stato’; l’art. 6 afferma che l’Italia ‘provvederà, inoltre, alla comunicazione con le ferrovie dallo Stato mediante la costruzione di una stazione ferroviaria nella Città del Vaticano..’; l’art. 8 del Trattato dice che ‘l’Italia, considerando sacra ed inviolabile la persona del Sommo Pontefice, dichiara punibili l’attentato contro di Essa e la provocazione a commetterlo con le stesse pene stabilite per l’attentato e la provocazione a commetterlo contro la persona del Re. Le offese e le ingiurie pubbliche commesse nel territorio italiano contro la persona del Sommo Pontefice con discorsi, con fatti e con scritti, sono punite come le offese e le ingiurie alla persona del Re’; l’art. 13 dice che ‘l’Italia riconosce alla Santa Sede la piena proprietà delle Basiliche patriarcali di San Giovanni in Laterano, di Santa Maria Maggiore e di S. Paolo, cogli edifici annessi...’; l’art. 14 che ‘l’Italia riconosce alla Santa Sede la piena proprietà del palazzo pontificio di Castel Gandolfo con tutte le dotazioni, attinenze e dipendenze’ e si obbliga a cederle ‘la Villa Barberini in Castel Gandolfo con tutte le dotazioni, attinenze e dipendenze’[1055] e poi ‘per integrare la proprietà degli immobili siti nel lato nord del Colle Gianicolense appartenente alla Sacra Congregazione di Propaganda Fide e ad altri istituti ecclesiastici e prospicienti verso i palazzi vaticani, lo Stato si impegna a trasferire alla Santa Sede od agli enti che saranno da Essa indicati gli immobili di proprietà dello Stato o di terzi esistenti in detta zona... l’Italia, infine, trasferisce alla Santa Sede in piena e libera proprietà degli edifici ex-conventuali in Roma annessi alla Basilica dei Santi XII Apostoli ed alle chiese di Sant’Andrea della Valle e di San Carlo ai Catinari, con tutti gli annessi e dipendenze..’; l’art. 16 dice che gli immobili citati nei tre articoli precedenti (nell’art. 15 sono citati diversi palazzi della chiesa cattolica romana situati sul territorio italiano) ‘nonché quelli adibiti a sedi dei seguenti istituti pontifici: Università Gregoriana, Istituto Biblico, Orientale, Archeologico, Seminario Russo, Collegio Lombardo, i due palazzi di Sant’Apollinare e la Casa degli esercizi per il Clero di San Giovanni e Paolo, non saranno mai assoggettati a vincoli o ad espropriazioni per causa di pubblica utilità, se non previo accordo con la Santa Sede, e saranno esenti da tributi sia ordinari che straordinari tanto verso lo Stato quanto verso qualsiasi altro ente’; l’art. 17 afferma quanto segue: ‘Le retribuzioni di qualsiasi natura, dovute dalla Santa Sede, dagli altri enti centrali della Chiesa Cattolica e dagli altri enti gestiti direttamente dalla Santa Sede anche fuori di Roma, a dignitari, impiegati e salariati, anche non stabili, saranno nel territorio italiano esenti, a decorrere dal 1° Luglio 1929, da qualsiasi tributo tanto verso lo Stato quanto verso ogni altro ente’; l’art. 20 recita quanto segue: ‘Le merci provenienti dall’estero e dirette alla Città del Vaticano, o, fuori della medesima, ad istituzioni od uffici della Santa Sede, saranno sempre ammesse da qualunque punto del confine italiano ed in qualunque porto del Regno, al transito per il territorio italiano con piena esenzione dai diritti doganali e daziari’; l’art. 21 afferma: ‘Tutti i Cardinali godono in Italia degli onori dovuti ai Principi del sangue; quelli residenti in Roma, anche fuori della Città del Vaticano, sono, a tutti gli effetti, cittadini della medesima’; l’art. 23 afferma che avranno ‘piena efficacia giuridica, anche a tutti gli effetti civili, in Italia le sentenze ed i provvedimenti emanati da autorità ecclesiastiche ed ufficialmente comunicati alle autorità civili, circa persone ecclesiastiche o religiose e concernenti materie spirituali o disciplinari’.

Cito adesso alcuni passi di alcuni articoli del Concordato. L’art. 1 del Concordato dice: ‘.... In considerazione del carattere sacro della Città Eterna, sede vescovile del Sommo Pontefice, centro del mondo cattolico e mèta di pellegrinaggi, il Governo italiano avrà cura di impedire in Roma tutto ciò che possa essere in contrasto con detto carattere’. L’art. 2 afferma: ‘... Tanto la Santa Sede quanto i Vescovi possono pubblicare liberamente ed anche affiggere nell’interno ed alle porte esterne degli edifici destinati al culto o ad uffici del loro ministero le istruzioni, ordinanze, lettere pastorali, bollettini diocesani ed altri atti riguardanti il governo spirituale dei fedeli, che crederanno di emanare nell’ambito della loro competenza. Tali pubblicazioni ed affissioni ed in genere tutti gli atti e documenti relativi al governo spirituale dei fedeli non sono soggetti ad oneri fiscali... Le autorità ecclesiastiche possono senza alcuna ingerenza delle autorità civili eseguire collette nell’interno ed all’ingresso delle chiese nonché negli edifici di loro proprietà’. L’art. 3 dice: ‘... ‘Gli studenti di teologia, quelli degli ultimi due anni di propedeutica alla teologia avviati al sacerdozio ed i novizi degli istituti religiosi possono, a loro richiesta, rinviare, di anno in anno, fino al ventesimosesto anno di età l’adempimento degli obblighi del servizio militare. I chierici ordinati in ‘sacris’ ed i religiosi, che hanno emesso i voti, sono esenti dal servizio militare, salvo il caso di mobilitazione generale. In tale caso, i sacerdoti passano nelle forze armate dello Stato, ma è loro conservato l’abito ecclesiastico, affinché esercitino fra le truppe il sacro ministero sotto la giurisdizione ecclesiastica dell’Ordinario militare ai sensi dell’art. 14. Gli altri chierici o religiosi sono di preferenza destinati ai servizi sanitari. Tuttavia, anche se siasi disposta la mobilitazione generale, sono dispensati dal presentarsi alla chiamata i sacerdoti con cura di anime. Si considerino tali gli Ordinari, i parroci, i vice parroci e coadiutori, i vicari ed i sacerdoti stabilmente preposti a rettorie di chiese aperte al culto’. L’art. 5 afferma che ‘i sacerdoti apostati o irretiti da censura non potranno essere assunti né conservati in un insegnamento, in un ufficio od in un impiego, nei quali siano a contatto immediato col pubblico’. L’art. 8 afferma che ‘.... In caso di arresto, l’ecclesiastico o il religioso è trattato col riguardo dovuto al suo stato ed al suo grado gerarchico. Nel caso di condanna di un ecclesiastico o di un religioso, la pena è scontata possibilmente in locali separati da quelli destinati ai laici, a meno che l’Ordinario competente non abbia ridotto il condannato allo stato laicale’; l’art. 9 afferma che ‘di regola, gli edifici aperti al culto sono esenti da requisizioni od occupazioni’ e che ‘salvo i casi di urgente necessità, la forza pubblica non può entrare, per l’esercizio delle sue funzioni, negli edifici aperti al culto, senza averne dato previo avviso all’autorità ecclesiastica’; l’art. 10 dice che ‘non si potrà per qualsiasi causa procedere alla demolizione di edifizi aperti al culto, se non previo accordo colla competente autorità ecclesiastica’; l’art. 11 dice: ‘Lo Stato riconosce i giorni festivi stabiliti dalla Chiesa, che sono i seguenti: tutte le Domeniche; il primo giorno dell’anno; il giorno dell’Epifania (6 Gennaio); il giorno della festa di San Giuseppe (19 Marzo); il giorno dell’Ascensione; il giorno del Corpus Domini; il giorno della festa dei ss. Apostoli Pietro e Paolo (29 Giugno); il giorno dell’assunzione della B.V. Maria (15 agosto); il giorno di Ognissanti (1 Novembre); il giorno della festa dell’Immacolata Concezione (8 Dicembre); il giorno di Natale (25 dicembre)’;[1056] l’art. 14 afferma: ‘Le truppe italiane di aria, di terra e di mare godono, nei riguardi dei doveri religiosi, dei privilegi e delle esenzioni consentite dal diritto canonico...’; l’art. 29 afferma che ‘...b) Sarà riconosciuta la personalità giuridica delle associazioni religiose, con o senza voti, approvate dalla Santa Sede, che abbiano la loro sede principale nel Regno, e siano ivi rappresentate... Sarà riconosciuta infine la personalità giuridica alle Case generalizie ed alle Procure delle associazioni religiose, anche estere. Le associazioni o le Case religiose, le quali già abbiano la personalità giuridica, la conserveranno. Gli atti relativi ai trasferimenti degli immobili, dei quali le associazioni sono già in possesso, dagli attuali intestatari alle associazioni stesse saranno esenti da ogni tributo... h)... non saranno applicate ai ministri del culto per l’esercizio del ministero sacerdotale l’imposta sulle professioni e la tassa di patente, istituite con il Regio decreto 18 novembre 1923, n° 2538, in luogo della soppressa tassa di esercizio e rivendita, né qualsiasi altro tributo del genere’; l’art. 30 che ‘lo Stato Italiano riconosce agli istituti ecclesiastici ed alle associazioni religiose la capacità di acquistare beni, salve le disposizioni delle leggi civili concernenti gli acquisti dei corpi morali’; l’art. 34 dice che ‘lo Stato italiano, volendo ridonare allo istituto del matrimonio, che è base della famiglia, dignità conforme alle tradizioni cattoliche del suo popolo, riconosce al sacramento del matrimonio, disciplinato dal diritto canonico, gli effetti civili... Le cause concernenti la nullità del matrimonio e la dispensa dal matrimonio rato e non consumato sono riservate alla competenza dei tribunali e dei dicasteri ecclesiastici. I provvedimenti e le sentenze relative, quando siano divenute definitive, saranno portate al Supremo Tribunale della Segnatura, il quale controllerà se siano state rispettate le norme del diritto canonico relative alla competenza del giudice, alla citazione ed alla legittima rappresentanza o contumacia delle parti. I detti provvedimenti e sentenze definitive coi relativi decreti del Supremo Tribunale della Segnatura saranno trasmessi alla Corte di Appello dello Stato competente per territorio, la quale, con ordinanze emesse in camera di consiglio, li renderà esecutivi agli effetti civili ed ordinerà che siano annotati nei registri dello stato civile a margine dell’atto di matrimonio’; l’art. 36 dice: ‘L’Italia considera fondamento e coronamento dell’istruzione pubblica l’insegnamento della dottrina cristiana secondo la forma ricevuta dalla tradizione cattolica. E perciò consente che l’insegnamento religioso ora impartito nelle scuole pubbliche elementari abbia un ulteriore sviluppo nelle scuole medie, secondo programmi da stabilirsi di accordo tra la Santa Sede e lo Stato’; l’art. 40 afferma: ‘Le lauree in sacra teologia date dalle Facoltà approvate dalla Santa Sede saranno riconosciute dallo Stato Italiano. Saranno parimenti riconosciuti i diplomi, che si conseguono nelle scuole di paleografia, archivistica e diplomatica documentaria erette presso la biblioteca e l’archivio nella Città del Vaticano’.

Oltre a tutto ciò lo Stato italiano si obbligò a dare parecchio denaro al Vaticano, nella Convenzione Finanziaria si legge all’art. 1 che ‘l’Italia si obbliga a versare, allo scambio delle ratifiche del Trattato, alla Santa Sede la somma di lire italiane 750.000.000 (settecentocinquanta milioni) ed a consegnare contemporaneamente alla medesima tanto consolidato italiano 5 per cento al portatore (col cupone scadente al 30 giugno p.v) del valore nominale di lire italiane 1.000.000.000 (un miliardo)’.[1057]

Ma cosa ottenne lo Stato italiano dalla chiesa cattolica romana in cambio di tutti i favori e privilegi concessigli (si tenga presente che non li ho citati tutti)? Questi, che troviamo negli art. 12, 19, 20, 21 e 43 del Concordato. L’art. 12 afferma: ‘Nelle Domeniche e nelle feste di precetto, nelle Chiese in cui officia un Capitolo, il celebrante la Messa Conventuale canterà, secondo le norme della sacra liturgia, una preghiera per la prosperità del Re d’Italia e dello Stato italiano’; l’art. 19 che ‘prima di procedere alla nomina di un Arcivescovo o di un Vescovo diocesano o di un coadiutore cum jure successionis, la Santa Sede comunicherà il nome della persona prescelta al Governo italiano per assicurarsi che il medesimo non abbia ragioni di carattere politico da sollevare contro la nomina. Le pratiche relative si svolgeranno con la maggiore possibile sollecitudine e con ogni riservatezza, in modo che sia mantenuto il segreto sulla persona prescelta, finché non avvenga la nomina della medesima’; l’art. 20 dice: ‘I vescovi, prima di prendere possesso della loro diocesi, prestano nelle mani del Capo dello Stato un giuramento di fedeltà...’; l’art. 21 dice: ‘Le nomine degl’investiti dei benefici parrocchiali sono dall’autorità ecclesiastica competente comunicate riservatamente al Governo italiano e non possono avere corso prima che siano passati trenta giorni dalla comunicazione. In questo termine, il Governo italiano, ove gravi ragioni si oppongano alla nomina, può manifestarle riservatamente all’autorità ecclesiastica, la quale, permanendo il dissenso, deferirà il caso alla Santa Sede’; l’art. 43 infine afferma: ‘Lo Stato italiano riconosce le organizzazioni dipendenti dall’Azione Cattolica Italiana, in quanto esse, siccome la Santa Sede ha disposto, svolgano la loro attività al di fuori di ogni partito politico e sotto l’immediata dipendenza della gerarchia della Chiesa per la diffusione e l’attuazione dei principi cattolici. La Santa Sede prende occasione della stipulazione del presente Concordato per rinnovare a tutti gli ecclesiastici e religiosi d’Italia il divieto di iscriversi e militare in qualsiasi partito politico’.[1058]

Pio XI espresse la sua soddisfazione per il Concordato il 13 febbraio 1929 parlando ai professori e agli allievi dell’Università cattolica del Sacro Cuore in questi termini: ‘E forse ci voleva anche un uomo come quello che la Provvidenza ci ha fatto incontrare, un uomo che non avesse le preoccupazioni della scuola liberale... E con la grazia di Dio, con molta pazienza, con molto lavoro, con l’incontro di molti e abili assecondamenti, siamo riusciti ‘per medium profundum’ a concludere un Concordato, che se non è il migliore di quanti ce ne possano essere, è certo tra i migliori’.[1059]

Il 18 febbraio del 1984 la ‘Santa Sede’ e la Repubblica Italiana hanno firmato un Nuovo Concordato che ha apportato delle modifiche al Concordato Lateranense. La prima differenza che si nota in questo nuovo Concordato è che a differenza del precedente questo non porta in testa la dicitura ‘In nome della Santissima Trinità’. Un altra differenza la si nota nel primo punto del protocollo addizionale secondo cui ‘si considera non più in vigore il principio, originariamente richiamato dai Patti Lateranensi, della religione cattolica come sola religione dello Stato italiano’.[1060] Per cui uno è ‘libero’ (quantunque lo Stato italiano continuerà ad assicurare l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado) a scuola di avvalersi o meno dell’insegnamento cattolico. L’art. 9 afferma infatti che ‘nel rispetto della libertà di coscienza e della responsabilità educativa dei genitori, è garantito a ciascuno il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi di detto insegnamento’.[1061]

Per quanto riguarda le facilitazioni fiscali si legge nell’art. 7 che ‘agli effetti tributari gli enti ecclesiastici aventi fine di religione o di culto, come pure le attività dirette a tali scopi, sono equiparati a quelli aventi fine di beneficenza o di istruzione’ (n.3), ma anche che ‘le attività diverse da quelle di religione o di culto, svolte dagli enti ecclesiastici, sono soggette, nel rispetto della struttura e della finalità di tali enti, alle leggi dello Stato concernenti tali attività e al regime tributario previsto per le medesime’ (n.3).[1062]

Anche a proposito del matrimonio in questo nuovo Concordato si nota qualche differenza infatti l’art. 8 dopo avere affermato che ‘sono riconosciuti gli effetti civili ai matrimoni contratti secondo le norme del diritto canonico, a condizione che l’atto relativo sia trascritto nei registri dello stato civile, previe pubblicazioni nella casa comunale’ afferma: ‘La Santa Sede prende atto che la trascrizione non potrà aver luogo: a) quando gli sposi non rispondano ai requisiti della legge civile circa l’età richiesta per la celebrazione; b) quando sussiste fra gli sposi un impedimento che la legge civile considera inderogabile’. Quanto poi alle sentenze di nullità pronunciate dai tribunali ecclesiastici esse sono equiparate a sentenze straniere, quindi viene introdotto l’istituto della deliberazione.

Come reagisce il papato quando un governo di una nazione si mette contro la chiesa cattolica romana togliendogli i suoi privilegi

 

Lo Stato ‘Città del Vaticano’ è uno Stato anomalo perché oltre ad essere uno Stato è anche una organizzazione religiosa che possiede centinaia di milioni di membri in tutto il mondo che quantunque non possono definirsi cittadini dello Stato ‘Città del Vaticano’, perché sono cittadini di un altro Stato, hanno come loro capo chi governa questo minuscolo Stato presente sulla penisola italiana per cui si trovano a dover ubbidire a due capi di Stato, quello della loro nazione di cui sono effettivamente cittadini e dove abitano e quello dello Stato del Vaticano qui a Roma perché egli si ritiene anche il capo visibile della chiesa di cui loro fanno parte e fuori dalla quale - secondo loro - non c’è salvezza. Naturalmente nel caso il capo dello Stato di cui loro fanno parte va contro gli interessi della chiesa cattolica romana essi sono tenuti a disubbidire al capo della loro nazione e opporglisi con la forza per ubbidire al loro sommo pontefice che per loro è il vicario di Cristo sulla terra non importa quello che egli dice pena la scomunica che comprometterebbe il loro destino eterno. Leone XIII (1878-1903) lo ha detto chiaramente nell’enciclica Sapientiae Christianae quello che devono fare i cittadini cattolici in questo caso: ‘Se le leggi dello Stato apertamente dissuonino dal diritto divino, se impongano offese alla Chiesa o contrarino i doveri religiosi o manomettano l’autorità di Gesù Cristo nel suo Vicario, allora è dovere il resistere e colpa l’ubbidire..’ (quel ‘resistere’ significa insorgere contro l’autorità civile). Ecco perché molti capi di Stato cercano di conciliarsi il favore del papa di Roma perché sanno che avendo il suo favore avranno i loro cittadini di religione cattolica dalla loro parte. Ed ecco perché sempre il papa riesce ad influenzare politicamente molte nazioni della terra perché sa di avere sotto di sé tante e tante persone, che sono persuase che la loro salvezza eterna dipende da lui e che per non andare all’inferno quindi sono pronti ad ubbidirgli in tutto e per tutto, per cui egli si fa forte perché sa di averle dalla sua parte o meglio in pugno. Facciamo un esempio esplicativo. Mettiamo caso che il Governo italiano un giorno emanasse una legge che ordina di distruggere tutte le cosiddette statue e immagini sacre presenti sul territorio italiano perché ritiene che esse siano degli idoli e di sopprimere i pellegrinaggi che si fanno qui in Italia e le processioni del Corpus domini e di pregare Maria, e di togliere alla chiesa papista tutti i suoi privilegi (tra cui ricordiamo c’è la esenzione da tasse e tributi di svariato genere), ecc. Che cosa avverrebbe? Che ciò farebbe infuriare il papa che lancerebbe subito una scomunica sia contro il Governo italiano che contro tutti coloro che ardiranno distruggere le statue e le immagini ed ubbidire agli altri ordini governativi. E siccome che il Governo italiano sarebbe considerato eretico e apostata per avere preso queste decisioni i cittadini italiani cattolici non sarebbero più tenuti ad ubbidirgli (magari anche non pagando le tasse) per non essere considerati anche loro eretici ed apostati. Succederebbe pure che molti zelanti Cattolici (incitati e aiutati come sempre succede in questi casi dai Gesuiti) si rivolterebbero pure contro il governo fomentando tumulti di ogni genere, e, come sempre è avvenuto in questi casi, molti rimarrebbero feriti ed uccisi. E perché tutto questo? Per paura di incorrere nella scomunica del papa che li priverebbe del paradiso, a loro dire. Ma c’è di più, potrebbe pure succedere che il papa chiami l’esercito di una nazione sua amica sul territorio italiano al fine di difendere le sue statue e le sue immagini e permettere i pellegrinaggi e le processioni e che si continui a dire l’Ave Maria, e per ripristinare la ‘libertà cristiana’ in questa nazione (il che significa per fare ritornare la chiesa cattolica in possesso di tutti i suoi privilegi affinché possa continuare a svolgere tranquillamente la sua missione) in altre parole per impedire che gli ordini governativi surriferiti non siano messi in pratica, e così lo Stato italiano si troverebbe invaso da un esercito straniero e costretto a difendersi con la forza per cui molti cadrebbero morti. Ricordatevi infatti che il papa è a capo di uno Stato e come capo di Stato può pure chiamare in suo aiuto una nazione straniera quando sono in gioco i suoi interessi economici e temporali in Italia o in qualche altra nazione. Succederebbe insomma quello che è già successo nel passato; niente di nuovo. Forse alcuni, sentendoci parlare in questa maniera, diranno che simili cose non possono più succedere nel nostro secolo. Ma costoro si sbagliano grandemente e per dimostrarlo citerò due casi avvenuti in questo ventesimo secolo in cui la chiesa cattolica romana quando il governo di una nazione gli si è messo contro compromettendo i suoi grandi interessi gli si è lanciato contro fomentando tra il popolo la rivoluzione contro il governo a suo dire ribelle. I casi sono quelli della Spagna e dell’Argentina, due paesi dove la chiesa cattolica ha goduto e gode tuttora di molti privilegi.

Il 14 Aprile 1931 gli spagnoli proclamarono la Repubblica. La nuova costituzione decretò la completa separazione fra chiesa e Stato. Tra i provvedimenti contro la chiesa cattolica ci furono i seguenti: fu proibito l’insegnamento agli ordini religiosi perché lo Stato acquisì il monopolio sull’educazione, lo Stato smise di pagare gli stipendi ai parroci col denaro pubblico e di mantenere a sue spese l’apparato della chiesa, fu sciolta la Compagnia di Gesù ed i suoi beni furono confiscati. In altre parole la Repubblica spagnola non fu disposta a riconoscere ‘la libertà della Chiesa’ come la riconosceva il governo di Mussolini in Italia. Tali provvedimenti costituirono un grande attacco agli enormi interessi della chiesa cattolica allora molto potente, ricca e piena di privilegi sul territorio spagnolo. I Gesuiti avevano infatti il controllo della pubblica istruzione, un terzo delle terre apparteneva alle congregazioni religiose e la chiesa aveva ingentissime somme di denaro investiti nelle banche, nelle industrie, negli affari. Il 16 febbraio 1936 il Fronte Popolare dei repubblicani vinse le elezioni alle Cortes (prima delle elezioni, Gomà, il cardinale primate della Spagna, aveva ordinato ai Cattolici di votare contro le forze repubblicane). Le gerarchie ecclesiastiche allora, con in testa i Gesuiti, sostennero che i Cattolici avevano il diritto di insorgere contro il governo della repubblica spagnola. Il 17 luglio 1936 scoppiò la rivolta militare contro la Repubblica spagnola; questa rivolta fu guidata dal generale Franco, fu preparata dalle gerarchie ecclesiastiche, e sostenuta da Hitler e Mussolini con armi e uomini (in America nel mentre la stampa cattolica presentava il conflitto in atto in Spagna come una guerra santa per la salvezza del cristianesimo, e la chiesa cattolica ebbe un ruolo decisivo nell’impedire che fosse tolto l’embargo per le armi per la Spagna, armi che molti ritengono avrebbero permesso alle forze repubblicane di vincere il conflitto). La rivolta, che portò allo sterminio da parte dei fascisti capeggiati da Franco di decine di migliaia di persone, ebbe il sostegno dei cardinali e dei vescovi e ricevette la benedizione e l’approvazione papale che pensava in questa maniera di potere riprendere il suo dominio in Spagna. Le forze armate capeggiate da Franco (che includevano tedeschi e italiani al loro interno) ebbero la meglio sui repubblicani e così la chiesa cattolica poté ritornare a farla da padrona in Spagna. Sul quaderno di Civiltà Cattolica del 28 Maggio 1938, la rivista riportò, dal Bollettino ufficiale dello Stato spagnolo, la motivazione con la quale il governo nazionale aveva ridato la personalità giuridica alla Compagnia di Gesù, restituendole i beni confiscati dai repubblicani: ‘Nel presente glorioso risveglio della tradizione Spagnuola, è parte principale la restaurazione della Compagnia di Gesù in Ispagna, nella pienezza della sua personalità, e questo per varie ragioni. In primo luogo, per riparare debitamente l’ingiustizia consumata contro di essa. In secondo luogo, siccome lo Stato spagnolo riconosce ed afferma l’esistenza della Chiesa cattolica quale società perfetta, con la pienezza dei suoi diritti, così deve anche riconoscere la personalità giuridica agli Ordini religiosi canonicamente approvati, com’è la Compagnia di Gesù fin da Paolo III, e posteriormente da Pio VII e dai suoi successori. In terzo luogo, per essere la Compagnia di Gesù un Ordine eminentemente spagnolo, e di grande significato universale, che fa atto di presenza all’apice dell’Impero spagnolo, partecipando intensamente a tutte le sue vicissitudini, di modo che, con felice coincidenza, vanno sempre congiunte nella storia le persecuzioni contro di essa e il processo di sviluppo dell’anti-Spagna. Finalmente, per l’enorme suo apporto culturale, che tanto ha contribuito all’ingrandimento della nostra Patria e all’aumento del tesoro scientifico dell’umanità; per il che Menendes y Pelayo qualificò la persecuzione contro di essa un colpo mortale per la cultura spagnuola e un attentato brutale e oscurantista contro la scienza e le lettere umane’. Il 19 Maggio 1939 Franco fece il suo ingresso trionfale in Madrid. Pio XII il giorno della vittoria gli mandò questo messaggio: ‘Innalzando il nostro cuore a Dio, ringraziamo Lui e Vostra Eccellenza per l’auspicata vittoria della Spagna cattolica e preghiamo perché questo nostro diletto paese, trovata la pace, rinnovi energicamente la sua antica tradizione cristiana che lo fece così grande. Con tali sentimenti inviamo a V. E. e a tutto il popolo spagnolo la nostra apostolica benedizione...’. Il regime di Franco si sdebitò verso la casta ecclesiastica cattolica; le restituì e perfino aumentò i suoi possedimenti, introdusse speciali tasse a favore dei fondi ecclesiastici ed assunse a carico del bilancio dello Stato il mantenimento della chiesa e del clero, e la religione cattolica venne proclamata unica religione di Stato.

Dalla Spagna spostiamoci in Argentina al tempo in cui governava il generale Peròn. L’Argentina è sempre stato un paese cattolico, tanto che secondo la costituzione del 1853 il Presidente e il vice Presidente della Repubblica dovevano appartenere ‘alla comunione cattolica apostolica romana’. Il generale Peròn fu eletto Presidente della Repubblica Argentina nel 1946 e questa sua elezione ebbe il benevolo assenso della chiesa cattolica romana. Salito al potere Peròn favorì la chiesa cattolica romana aumentando le congrue del clero e introducendo nuovamente l’istruzione religiosa nelle scuole. Egli stesso si dimostrava essere un Cattolico convinto perché invocava con appropriate cerimonie Maria e i Santi a speciali protettori di singole istituzioni; tanto lui che sua moglie Evita assistevano a funzioni religiose e si comunicavano in pubblico. Il 15 novembre 1953 in ginocchio sulla Plaza de Mayo aveva persino indirizzato una speciale preghiera a Maria. Tutto lasciava quindi presagire che la chiesa cattolica sotto il suo regime avrebbe goduto del favore del governo. Ma verso la fine del 1954 le cose presero una brutta piega per la chiesa cattolica romana;[1063] il Congresso in pochi mesi approvò molte leggi contro di essa; soppressione dell’insegnamento religioso, dei sussidi governativi alle scuole private, legalizzazione del divorzio, abolizione dell’esenzione fiscale per i beni destinati al culto, soppressione dal calendario civile delle feste religiose dell’Epifania, del Corpus Domini, dell’Assunzione, d’Ognissanti, dell’Immacolata Concezione e la chiusura dei locali dell’Azione Cattolica. L’Osservatore Romano dichiarò tale politica oppressiva per il cattolicesimo. Al principio del 1955 più di cento religiosi erano stati privati della cattedra o esonerati come ispettori scolastici, e 200 scuole libere erano state chiuse. Invece degli insegnanti di religione apparvero nelle scuole elementari e medie dei ‘consiglieri spirituali’. Alla fine di giugno 125 religiosi e laici cattolici erano in carcere per attività sediziose. Fu poi approvato un disegno di legge che dichiarava tassabili i conventi, i luoghi di culto della chiesa cattolica e in genere le proprietà ecclesiastiche. Il 16 giugno il Vaticano scomunicò ‘tutti coloro che avevano calpestato i diritti della Chiesa’; anche se Peròn non era nominato si capì molto bene che il provvedimento era diretto a colpirlo direttamente (facciamo presente che la scomunica il Vaticano non la lanciò neppure contro Hitler quando invadeva le altre nazioni e faceva sterminare milioni di persone nei campi di concentramento). Contemporaneamente alla scomunica papale, a Buenos Aires scoppiò la rivolta che era stata preparata dal clero cattolico. Nel giugno del 1955 alcuni aerei militari bombardarono il Palazzo del Governo ed altri edifici pubblici; l’attacco fece circa trecento vittime fra la folla e oltre un migliaio di feriti; ma poche ore dopo l’insurrezione veniva soffocata. L’Osservatore Romano allora annunciò apertamente che il Vaticano non avrebbe desistito dalla sua offensiva se non dopo avere conquistato l’autorità secolare in Argentina: ‘Quando un capo si ribella contro Dio sottoscrive la propria condanna’ - minacciò l’organo di stampa vaticano. Dopo qualche mese di tregua la rivolta scoppiò di nuovo a metà di settembre del 1955. Qualche bomba cadde sulla Capitale Federale e si parlò di 350 vittime; allora lo scomunicato presidente Peròn decise di dimettersi e di lasciare l’Argentina per ‘salvare la nazione dal massacro’ che era iniziato per opera del clero cattolico.

Questi fatti avvenuti verso la metà di questo secolo mostrano dunque in maniera chiara come il papato non è cambiato per nulla; esso è ancora pronto a lanciare scomuniche e a fomentare rivoluzioni e violenze di ogni genere contro quei governi che decidono di ‘opprimere’ la chiesa cattolica romana nei loro paesi. Nessuno si illuda dunque sul reale carattere del papato; esso come nell’antichità è ancora una bestia feroce pronta a sbranare i suoi nemici. I sorrisi del papa dunque, le sue dolci parole, le sue strette di mano, i suoi incoraggiamenti a fare il bene, sono solo delle maschere sotto cui si nasconde un uomo che se vede che qualche capo di Stato ardisce mettersi a ‘perseguitare’ la sua chiesa è pronto a incoraggiare l’assassinio e la violenza pur di rimuovere il ‘persecutore’. Ma è anche pronto a tacere, a fare finta di niente, a non dire una parola, nel caso un dittatore, con cui egli si è alleato e favorisce la chiesa cattolica, si abbandoni a soprusi e violenze, e crimini di ogni genere contro Ebrei, Protestanti, ecc., e questo per non perdere la sua amicizia e quindi i suoi favori e privilegi. Le scomuniche lui le lancia solo contro chi intacca fortemente gli interessi della chiesa cattolica.

Due sogni e una visione dati da Dio sul presente papa

 

Termino questa mia confutazione sul papato riferendovi quello che io e mio fratello abbiamo sognato e quello che una nostra sorella in Cristo ha visto in visione attorno a Giovanni Paolo II.[1064]

Alcuni anni fa in sogno io mi vidi di fronte a Wojtyla e gli dissi puntando il dito contro di lui: ‘Tu stai mandando all’inferno milioni di persone!’

Mio fratello ha sognato invece che si trovava sdraiato e Wojtyla arrabbiato lo percuoteva sul petto, e egli (mio fratello) gli ha detto: ‘La Chiesa non è tua ma di Dio’.

La sorella Maria invece (mentre aveva gli occhi aperti) lo ha visto in visione vestito di bianco con un collare nero al suo collo. Questa visione le fu concessa da Dio una sera pochi istanti dopo che io avevo riferito in presenza di lei e di mio fratello il sogno che avevo avuto sul papa anni prima e che ho riferito sopra.

Chi ha orecchi da udire oda.

CONCLUSIONE

 

Abbiamo visto nella seconda parte di questo capitolo come è sorto questo piccolo Stato ‘Città del Vaticano’, che esercita un enorme potere politico sulla faccia della terra.[1065] Per riassumere molto brevemente la storia del papato possiamo dire quanto segue. Si cominciò a dire che la Chiesa di Roma era stata fondata da Pietro e che lui vi aveva adempiuto un lungo episcopato, poi - facendo leva su delle parole di Gesù a Pietro - che Pietro era stato costituito principe degli apostoli e capo della Chiesa e che alla sua morte aveva lasciato il suo ufficio al vescovo di Roma, suo successore. Quando poi la Chiesa cominciò a ricevere onori e privilegi dall’Imperatore romano il vescovo di Roma, appoggiato dall’Imperatore, rafforzò notevolmente la sua posizione fino a diventare un autorità politica a capo di un regno terreno e a ritenersi il capo della Chiesa universale. Aggiungiamo a tutto ciò le frodi di ogni genere, gli inganni, gli intrighi dei vescovi di Roma e le alleanze con i principi e i re che si sono succeduti nel corso dei secoli, e le guerre sanguinose eccitate dai papi per salvaguardare i loro interessi ed estendere il loro potere ed ecco il papato di oggi. Troppo tempo ci sarebbe voluto per raccontare in maniera appro­fondita la lunga storia del papato; per questo ho voluto citare solo i fatti principali. Ma anche senza averla raccontata tutta sono persuaso che avete ben compreso come esso si fonda sull’arroganza, sulla menzogna e su soprusi e violenze di ogni genere perpetrati dai vescovi di Roma. E’ stato fondato sull’errore e costruito con il sangue, la violenza e la frode, e continua a sussistere mediante la sua arroganza e la sua malvagità. Ma viene il giorno che Dio gli farà ricadere sul suo capo tutta la violenza e la malvagità da esso perpetrata contro l’umanità in tutti i tempi. Sì perché il papato ha fatto del male sia materialmente che spiritualmente a tanta gente; di sangue ne ha versato e ne ha fatto versare tanto; di crudeltà di ogni genere ne ha perpetrate a non finire contro gli uomini; e di seduzioni pure. Dio ha visto e ascoltato tutto, Dio vede ed ascolta tutto; e lui a suo tempo farà giustizia di tutto il sangue dei martiri di Gesù che esso ha sparso e fatto spargere; lui farà giustizia di tutte le menzogne che esso ha predicato usandosi del suo santo nome.

Col papato non va fatta nessuna alleanza. L’unica cosa che vale la pena fare nei suoi confronti è smascherarlo, cioè dimostrare come esso non è parte integrante della Chiesa di Cristo, che non è - come invece vogliono fare credere i Cattolici - alla base della Chiesa, perché esso si oppone alla Chiesa di Dio, colonna e base della verità, nella stessa maniera in cui vi si oppone il regno del diavolo. Ma lo fa in una maniera particolare, con dei sofismi tutti particolari. Certamente il papato fa parte del regno del diavolo; ma purtroppo molti non se ne avvedono, perché sulla fronte porta la dicitura ‘santa chiesa cattolica apostolica romana’. Ma viene quel giorno in cui tutti, dal primo all’ultimo vedranno cosa è veramente il papato.


 


Capitolo 5

 

LA SACRA SCRITTURA

 

 

IL SUO CONTENUTO

La dottrina dei teologi papisti

 

La sacra Scrittura non basta per essere salvati.

La teologia romana insegna che la sacra Scrittura non contiene tutto quello ch’è necessario alla salvazione delle anime. Essa infatti considera come verità rivelate da Dio sia la sacra Scrit­tura che la tradizione. In base a questa loro considerazione la Scrittura non è la completa rivelazione di Dio, ma solo una parte perché l’altra è costituita dalla loro tradizione. Citiamo le parole del Perardi a tale proposito: ‘NON BASTA LA BIBBIA. - Infatti né Gesù Cristo né alcun Apostolo, in nome di Lui, ha mai detto ciò; e i Libri più importanti, i Libri del nuovo Testamento vengono dopo la piena costituzione della Chiesa con tutto il suo patrimo­nio di verità, non per riformarla ma per aiutarla’,[1066] ed ancora: ‘Ciò che Dio ha rivelato e ci propone a credere per mezzo della Chiesa, si conserva nella Sacra Scrittura e nella Tradizione.[1067] Ed a queste vi aggiungiamo quelle di Amatulli Flaviano: ‘In nessuna parte si dice che basta la Bibbia per salvarsi (....) Per salvarsi, bisogna tenere presente la Bibbia e la Tradizione’[1068] ed ancora: ‘Basta la Bibbia per salvarsi. E’ un altro inganno. Secondo quest’altra teoria, nella Bibbia uno trova tutto ciò che è necessario per salvarsi’.[1069]

Confutazione

La Scrittura contiene tutto ciò che è necessario sapere per essere salvati e per condurre una vita santa, giusta e temperata

 

Ma vediamo ora da vicino se la Scrittura dice cose a sufficienza affinché l’uomo sia salvato o se essa è incompleta e perciò dobbiamo pure noi credere nella tradizione cattolica romana come dicono i teologi cattolici. Innanzi tutto cominciamo col dire che per essere salvati bisogna confessare con la bocca Gesù come Signore e credere alla sua risurrezione secondo che è scritto ai Romani: “Questa è la parola della fede che noi predichiamo; perché, se con la bocca avrai confessato Gesù come Signore, e avrai creduto col cuore che Dio l’ha risuscitato dai morti, sarai salvato; infatti col cuore si crede per ottener la giustizia e con la bocca si fa confessione per esser salvati. Difatti la Scrittura dice: Chiunque crede in lui, non sarà svergognato”.[1070] Come potete vedere, Paolo ha messo per iscritto la parola della fede che lui e i suoi collaboratori predicavano a voce agli uomini affinché fossero salvati, perciò si deve affermare che quello che lui ha scritto di fare per essere salvati lo diceva pure a voce. Quindi i Cattolici non ci vengano a dire che Paolo assieme ai suoi collaboratori abbiano detto a voce che per essere salvati ed ottenere la giustizia da Dio bisogna fare qualche altra cosa oltre quella che lui ha scritto qui ai Romani, perché questo è da escludersi nella maniera più categorica! Ora, per essere salvati, secondo Paolo, bisogna confessare con la bocca Gesù come Signore e credere col proprio cuore che Dio l’ha risuscitato dai morti; perciò bisogna vedere se le Scritture contengono dei passi che affermano o fanno capire che Gesù Cristo è il Signore, e se in esse c’é scritto che Dio l’ha risuscitato dai morti, perché nel caso essi mancano allora veramente le cose scritte nella Bibbia non possono essere dichia­rate sufficienti per la salvezza dell’uomo.

Le Scritture del Nuovo Patto contengono in abbondanza passi che affermano che Gesù Cristo è il Signore e che Egli dopo essere morto sulla croce fu risuscitato dai morti; non li citiamo tutti per brevità ma solo alcuni.

Signoria di Gesù Cristo.

-  Gesù disse ai suoi: “Voi mi chiamate Maestro e Signore; e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, che sono il Signore e il Maestro, v’ho lavato i piedi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri”;[1071]

-  Toma disse a Gesù: “Signor mio e Dio mio!”;[1072]

-  Pietro disse ai Giudei: “Sappia dunque sicuramente tutta la casa d’Israele che Iddio ha fatto e Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso”;[1073] e sempre Pietro disse a casa di Cornelio: “E questa è la parola ch’Egli ha diretta ai figliuoli d’Israele, annunziando pace per mezzo di Gesù Cristo. Esso è il Signore di tutti”;[1074]

-  Paolo dice che i principi di questo mondo hanno crocifisso “il Signor della gloria”.[1075]

Risurrezione di Cristo.

-  “Il Signore è veramente risuscitato ed è apparso a Simone”;[1076]

-  Pietro disse ai Giudei: “Uccideste il Principe della vita, che Dio ha risuscitato dai morti”[1077] ed anche: “Voi, per man d’iniqui, inchiodandolo sulla croce, lo uccideste; ma Dio lo risuscitò...”;[1078]

-  Paolo dice che Gesù Cristo “risuscitò il terzo giorno, secondo le Scritture”.[1079]

Quindi, noi possiamo affermare che un uomo che vive lontano da Dio e che non ha mai letto la Scrittura se la legge e confessa con la sua bocca che Gesù Cristo, cioè colui del quale hanno parlato Mosè nella legge, i profeti, e poi gli apostoli, è il Signore (come dice la stessa Scrittura) e crede con il suo cuore che Dio l’ha risuscitato dai morti (come dice la stessa Scrittura) egli sarà salvato all’istante dai suoi peccati. Questo è confermato dalle moltissime testimonianze in seno alla fratellanza sparsa per tutto il mondo di persone che sono state salvate leggendo la sola Scrittura e credendo nel Vangelo come in essa é scritto; quindi la Scrittura è sufficiente per la salvezza dell’anima perché in essa è rivelato il Vangelo di Dio che concerne il suo Figliuolo, mediante il quale si viene salvati. Al bando la tradi­zione cattolica romana, al bando le profane ciance della loro tradizione generata dal diavolo che serve solo a confondere le persone molto più di quanto lo siano già! Fanno credere alle persone che la Bibbia non è sufficiente; noi invece proclamiamo che essa è sufficiente e che la loro tradizione non è affatto necessaria.

Queste altre Scritture affermano l’utilità e la sufficienza della sacra Scrittura sia per la salvazione che per la salutare crescita del credente.

-  Luca dice: “E’ parso bene anche a me, dopo essermi accuratamen­te informato d’ogni cosa dall’origine, di scrivertene per ordine, o eccellentissimo Teofilo, affinché tu riconosca la certezza delle cose che ti sono state insegnate”;[1080]

-  Gesù disse: “Investigate le Scritture.... esse son quelle che rendon testimonianza di me”;[1081]

-  Giovanni dice: “Queste cose sono scritte, affinché crediate che Gesù è il Cristo, il Figliuol di Dio, e affinché, credendo, abbiate vita nel suo nome”;[1082]

-  Paolo dice a Timoteo: “Ma tu persevera nelle cose che hai imparate e delle quali sei stato accertato, sapendo da chi le hai imparate, e che fin da fanciullo hai avuto conoscenza degli Scritti sacri, i quali possono renderti savio a salute mediante la fede che è in Cristo Gesù. Ogni Scrittura é ispirata da Dio e utile ad insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, affinché l’uomo di Dio sia compiuto, appieno fornito per ogni opera buona”;[1083]

-  nei Salmi è scritto: “La dichiarazione delle tue parole illumi­na; dà intelletto ai semplici”;[1084]

-  Pietro dice: “Abbiamo pure la parola profetica, più ferma, alla quale fate bene di prestare attenzione, come a una lampada splen­dente in luogo oscuro, finché spunti il giorno e la stella mattu­tina sorga ne’ vostri cuori; sapendo prima di tutto questo: che nessuna profezia della Scrittura procede da vedute particolari; poiché non è dalla volontà dell’uomo che venne mai alcuna profe­zia, ma degli uomini hanno parlato da parte di Dio, perché sospin­ti dallo Spirito Santo”;[1085] ed anche: “Per mezzo di Silvano, nostro fedel fratello, com’io lo stimo, v’ho scritto brevemente esortan­dovi, e attestando che questa è la vera grazia di Dio; in essa state saldi”;[1086]

-  Giovanni dice: “Noi vi scriviamo queste cose affinché la vostra allegrezza sia compiuta”.[1087]

Quindi, come potete constatare da voi stessi, la Scrittura è completa e contiene tutto ciò che è necessario sapere e credere per essere salvati e tutto ciò che è necessario sapere e compiere per piacere a Dio con tutta la nostra condotta. Notate infatti che la Scrittura rende testimonianza del Signore Gesù e credendo in Lui si ottiene la vita, è in grado di rendere savio chi ha creduto, essa riprende, insegna, corregge ed educa alla giustizia affinché il credente sia completo di nulla mancante, illumina il semplice, ed è la vera grazia di Dio in cui il credente deve stare saldo fino alla fine per ottenere in quel giorno la corona di giustizia. Per questo riget­tiamo l’affermazione dei teologi romani che dice che la Bibbia non basta perché ciò che Dio ha rivelato e ci propone a credere non è solo nella Scrittura ma anche nella tradizione. Ma se è vero che la Bibbia contiene tutto ciò che l’uomo necessita di sapere per essere salvato dai suoi peccati e che il credente dopo essere stato salvato ha bisogno di sapere per piacere a Dio, è altresì vero che la tradizione papista contiene tutto ciò che serve alla curia romana per tenere schiave centinaia di milioni di persone in tutto il mondo, vale a dire tutte quelle dottrine di demoni come quella sui sacramenti, sul purgatorio, sulle indulgenze, sul culto a Maria, sul culto dei santi e delle reliquie e tante altre, che non ci si deve mai dimenticare fruttano soldi a non finire alla cosiddetta sede apostolica. Ecco dunque perché la Bibbia non basta ed è incompleta per i papisti, perché non contiene tutti quei mezzi di cui essi si servono per tenere legate le anime sotto la menzogna e per arricchirsi ed estendere il loro potere temporale. Dove infatti si trovano la dottrina sui sette sacramenti, il purgatorio, la messa, le indulgenze, il culto di Maria e dei santi e tante altre diavolerie se non nella loro tradizione? Ecco perché noi credenti siamo odiati dalla curia romana, perché noi, attenendoci solamente a ciò che troviamo scritto nella Bibbia, rifiutiamo automaticamente di servirli e di riempirgli le casse con i nostri soldi.

Infine voglio dirvi questo fratelli: vedete, una delle caratteristiche delle sette che portano il nome di chiese cristiane è quella di possedere qualcosa oltre la Bibbia che secondo loro completa la rivelazione di Dio scritta (cioè la Bibbia). Nei Mormoni questo qualcosa è costituito dal libro di Mormon e da altri libri che essi chiamano sacri e che mettono allo stesso livello della Bibbia; nei Testimoni di Geova sono gli insegna­menti della Torre di Guardia (dove il Corpo Direttivo è il ‘servo discreto e fedele’) che secondo loro sono la spiegazione delle dottrine della Bibbia che lo Spirito Santo avrebbe rivelato loro; mentre nella chiesa cattolica romana questo qualcosa è costituito dalla tradizione (dottrine inventate con ogni sorta di mezzi, anche facendo uso di errate interpretazioni scritturali). Quello che si riscontra tra i Mormoni e tra i Testimoni di Geova (per fare solo alcuni esempi) é che essi hanno annullato la Parola di Dio mediante la loro cosiddetta parte mancante alla rivelazione di Dio: la stessa cosa si deve dire essere accaduta nella chiesa romana perché anch’essa con ‘la parte mancante alla Bibbia’ (così è conside­rata dai Cattolici nei fatti la tradizione) ha soffocato e messo sotto i piedi la Parola di Dio. Questo è quello che si riscontra in maniera chiara parlando con i Cattolici romani, infatti per essi la tradizione è così importante che non tengono in nessuna consi­derazione la Parola di Dio. Essi si turbano quando ci sentono celebrare la Parola di Dio, quando ci sentono parlare esclusiva­mente di essa, o si accorgono che i nostri ragionamenti sono tratti solo dalle Scritture e non teniamo in nessuna considerazione la loro tradizione; si rattristano e ci insultano pure a motivo di questo nostro attaccamento alla Parola di Dio. Considerate un momento il motivo per cui avviene tutto ciò: non è forse perché i loro rettori gli inculcano sin da fanciulli la tradizione invece che la Parola di Dio? Non é forse perché gli è stato fatto crede­re che la tradizione dei padri ha lo stesso valore della Parola di Dio? Certo che è per questo. Perché dunque meravigliarsi di questo loro comportamento verso di noi? E’ inevitabile che i Cattolici romani pensano che siamo noi che abbiamo rigettato la Parola di Dio, che siamo noi che non ci atteniamo alla Parola di Dio, appunto perché le loro guide cieche gli hanno fatto credere che tutto quel bagaglio di precetti che é la loro tradizione è Parola di Dio alla stessa maniera della sacra Scrittura. Noi dunque per loro che non conoscono le Scritture non possiamo essere nella verità perché rigettiamo la loro tradizione. Ma verrà il giorno che essi si renderanno conto che non siamo noi che rigettiamo la loro tradizione che siamo nell’errore, ma erano loro che giacevano nell’errore proprio perché osservavano la tradizione anziché la Parola di Dio.

LA SUA ISPIRAZIONE

La dottrina dei teologi papisti

 

Gli apostoli non scrissero per ordine del Signore.

I teologi romani affermano che la Scrittura è ispirata da Dio; ecco infatti cosa dice il Perardi: ‘La Sacra Scrittura è la raccolta dei libri scritti per ispirazione di Dio nel Vecchio e nel Nuovo Testamento, e ricevuti dalla Chiesa come opera di Dio stesso’.[1088] Ma nello stesso tempo fanno un discorso tutto particolare in relazione agli scritti del Nuovo Testamento. Il discorso è questo: ‘Il cristianesimo, invece, fin da principio poggiò unicamente sull’insegnamento orale; non era e non fu mai una religione del ‘libro’ (...) Ai suoi discepoli Gesù diede il mandato di predicare, non di scrivere (...) Se più tardi, dopo trenta o qua­rant’anni venne loro l’idea di mettere in iscritto gli insegna­menti e le azioni del Signore, lo fecero certamente per provvi­denziale disposizione, al fine di edificare i fedeli e di dimo­strare la Divinità di Cristo e della sua parola (Giov. 20,31); ma non per ordine di Gesù’.[1089] Ma che cosa vogliono dire i teologi papisti con queste parole? Perché parlano in questa maniera? E’ vero quello che essi dicono? Ora, quello che i teologi romani vogliono dire è questo: Gesù non scrisse nulla e non lasciò nessun libro ai suoi apostoli, che essi potevano distribuire ai fedeli. Gesù comandò loro d’inse­gnare quello che egli aveva loro comandato a voce e questo essi fecero, e questi insegnamenti coloro che li ricevevano dalla viva voce degli apostoli li trasmettevano a loro volta ad altri, quindi inizialmente gli insegnamenti del Signore venivano tra­smessi a voce e non per iscritto. Gli scritti degli apostoli comparvero solo dopo molti anni da che la chiesa era nata; ma essi comparvero non per riformarla ma per aiutarla, perché la chiesa era già pienamente costituita e possedeva il suo patrimo­nio di verità. E questi scritti non furono scritti dagli apostoli per ordine di Cristo Gesù, ma per provvidenziale disposizione.

Confutazione

Gli Scritti del Nuovo Testamento, essendo stati scritti da uomini mossi dallo Spirito Santo, furono scritti per ordine del Signore

 

E’ vero che Gesù non scrisse nessun libro e che quindi gli apo­stoli non avevano ricevuto da lui nessuno scritto che potevano distribuire agli altri, perché Gesù disse loro che lo Spirito Santo, che Egli gli avrebbe mandato, gli avrebbe ricordato ogni cosa che lui aveva detto loro. Inizialmente gli apostoli trasmisero la dottrina solo a voce ai fedeli, come a Gerusalemme, e da che sappiamo noi, le loro epistole vennero solo dopo che le prime chiese furono fondate.

Ma è bene che si ricordi innanzi tutto che essi avevano le sacre Scritture dell’Antico Patto e che era da esse che essi traevano i loro ragionamenti per annunziare l’Evangelo (lo stesso Gesù spiegò ai due discepoli sulla via d’Emmaus tutte le cose che lo concernevano mediante la legge ed i profeti, e l’apostolo Pietro per esempio fece uso di diverse Scritture dell’Antico Patto nel suo messaggio ai Giudei il giorno della Pentecoste) e la sana dottrina, e poi che, quantunque il canone del Nuovo Testamento, così come lo abbiamo noi adesso, non fosse ancora completo perché si andò completandosi col passare dei decenni, i fedeli all’inizio potevano ascoltare direttamente gli apostoli che erano stati con Gesù.

Ma a questo punto bisogna rispondere all’obbiezione fatta dai teologi romani secondo la quale gli apostoli scrissero sì per disposizione divina ma non per comando di Gesù Cristo.

Ora, innanzi tutto dobbiamo riscontrare per l’ennesima volta una contraddizione in queste loro parole. Perché? Perché affermare come ha fatto anche il cardinale Bellarmino: ‘Non neghiamo che, per volere divino, gli Apostoli abbiano scritto ciò che scrisse­ro; ma altro è fare una cosa per suggerimento ed ispirazione, ed altro farla per aperto comando’,[1090] significa da un lato che gli scritti degli apostoli furono scritti per volontà di Dio e dall’altro che gli apostoli non scrissero per ordine di Cristo. Le due cose non si possono conciliare, perché se noi diciamo che essi scrissero per volere divino, e non per volontà umana, diciamo di conseguenza che essi scrissero per comando di Cristo anche se non c’è scritto chiaramente nelle loro epistole che il Signore gli disse: ‘Scrivi...’.

E poi non è neppure vero che negli scritti degli apostoli non c’è scritto l’esplicito ordine di scrivere alle chiese. Prendiamo per esempio il libro della Rivelazione; noi sappiamo che Giovanni non scrisse quel libro di sua volontà ma per volontà di Dio; è un libro ispirato al pari di tutti gli altri. Ma non hanno mai letto queste parole i teologi papisti in questo libro: “Scrivi dunque le cose che hai vedute, quelle che sono e quelle che devono avvenire in appresso...”;[1091] “All’angelo della chiesa d’Efeso scrivi...”;[1092] “E all’angelo della chiesa di Smirne scrivi...”;[1093] “E all’angelo della chiesa di Pergamo scrivi...”;[1094] “E all’angelo della chiesa di Tiatiri scrivi....”;[1095] “E all’angelo della chiesa di Sardi scrivi...”;[1096] “E all’angelo della chiesa di Filadelfia scrivi...”;[1097] “E all’angelo della chiesa di Laodicea scrivi...”;[1098] ed ancora: “E udii una voce dal cielo che diceva: Scrivi: Beati i morti che da ora innanzi muoiono nel Signore. Sì, dice lo Spirito, essendo che si riposano dalle loro fatiche, poiché le loro opere li seguono”;[1099] “E l’angelo mi disse: Scrivi: Beati quelli che sono invitati alla cena delle nozze dell’Agnello”;[1100] “E Colui che siede sul trono disse: Ecco, io fo ogni cosa nuova, ed aggiunse: Scrivi, perché queste parole sono fedeli e veraci”?[1101] Come si può ben constatare mentono i teologi papisti quando dicono che gli apostoli non scrissero per aperto comando divino, perché Giovanni dice chiaramente nella Rivelazione di avere scritto tutte quelle cose alle sette chiese dell’Asia per ordine di Cristo e di Dio. Ma essi dicono: ‘Ma non c’è scritto in ogni Vangelo, e in ogni epistola che quello che l’autore aveva scritto lo aveva scritto per ordine di Dio!’ Ma noi diciamo: E perché mai ci dovrebbe essere scritto? Da quando in qua Dio è obbligato ad agire come vogliono gli uomini? Chi gli prescrive la via da seguire? E poi cosa cambia se non c’è scritto che fu per aperto comando divino che essi scrissero? Forse che le loro epistole non sono ispirate come le Scritture dell’Antico Testamento perché in esse non compare l’ordine divino di scriverle? Prendiamo per esempio le epistole di Paolo: in nessuna di esse c’è scritto che il Signore gli ha ordinato di scrivere quelle cose, cioè in nessuna di esse c’è scritto che Gesù o Dio gli disse: ‘Scrivi alla chiesa o alle chiese queste cose....’; eppure l’apostolo Pietro parlando delle epistole di Paolo le include tra le Scritture secondo che è scritto: “Nelle quali epistole sono alcune cose difficili a capire, che gli uomini ignoranti e instabili torcono, come anche le altre Scritture, a loro propria perdizione”;[1102] quindi l’apostolo Pietro considerava le epistole di Paolo ispirate al pari del libro di Isaia, per esem­pio, il quale fu scritto dal profeta per ordine di Dio secondo che è scritto: “Or vieni e traccia queste cose in loro presenza sopra una tavola, e scrivile in un libro, perché rimangano per i dì a venire, sempre, in perpetuo”.[1103] Con questo vogliamo dire che anche se le epistole di Paolo non contengono l’ordine divino di scriverle da lui ricevuto, pure noi le accettiamo come epistole scritte alle chiese per ordine del Signore perché esse sono Scrittura ispira­ta da Dio. Facciamo un altro esempio per spiegare questo concetto: l’aposto­lo Paolo dice a Timoteo: “La Scrittura dice: Non metter la museruola al bue che trebbia; e l’operaio è degno della sua mercede”.[1104] Il primo passo è preso dalla legge che noi sappiamo fu scritta per ordine di Dio secondo che è scritto: “Poi l’Eterno disse a Mosè: ‘Scrivi queste parole; perché sul fondamento di queste parole io ho contratto alleanza con te e con Israele”;[1105] il secondo passo è citato dal primo libro di Luca dove non c’è scritto: ‘Dio disse a Luca: Scrivi queste parole...’; eppure Paolo mette tutti e due sullo stesso livello perché li chiama Scrittura. Quindi, per l’ennesima volta, ribadiamo che anche se in un libro del Nuovo Testamento non c’è scritto l’ordine del Signore di scrivere quelle cose, pure esso è stato scritto per ordine del Signore perché l’autore non ha pronunziato quelle parole di sua volontà ma per volontà del Signore, sospinto dallo Spirito Santo. Non aveva forse detto Gesù che lo Spirito Santo non avrebbe parlato di suo ma avrebbe detto tutto ciò che avrebbe udito da Lui?[1106] Dunque, se crediamo che le parole degli scrittori del Nuovo Testamento furono pronunciate dallo Spirito Santo dobbiamo altresì credere che fu il Signore a ordinare loro di scrivere quelle cose.

E poi, noi diciamo anche questo: ‘Se l’apostolo Paolo non scrisse per ordine del Signore come mai ordina ai santi, sospinto dallo Spirito Santo, di leggere le sue epistole dicendo: “Io vi scon­giuro per il Signore a far sì che questa epistola sia letta a tutti i fratelli”,[1107] e: “E quando questa epistola sarà stata letta fra voi, fate che sia letta anche nella chiesa dei Laodicesi, e che anche voi leggiate quella che vi sarà mandata da Laodicea”?[1108] E come mai dice anche ai fedeli di Tessalonica: “Così dunque, fra­telli, state saldi e ritenete gli insegnamenti che vi abbiam trasmessi sia con la parola, sia con una nostra epistola”?[1109] Non è forse perché le sue epistole erano da lui scritte per ordine del Signore? Certo che è così, infatti sotto l’Antico Patto perché Geremia diede l’ordine a Baruc di andare a leggere nel tempio il libro che aveva scritto sotto sua dettatura?[1110] Non fu forse perché Geremia lo aveva scritto per ordine di Dio?[1111]

Ma a questo punto qualcuno domanderà: ‘Ma perché i teologi papisti parla­no in questa maniera a riguardo delle Scritture del Nuovo Patto quantunque dicano che esse siano ispirate? La ragione è questa: essi, dicendo che inizialmente la Chiesa andava avanti anche senza tutte le epistole degli apostoli ma solo con i loro inse­gnamenti orali vogliono dire che è per questa ragione che non bisogna poi dare alla Bibbia tutto questo valore che gli diamo noi. Perché anche se gli apostoli non avrebbero scritto quello che hanno scritto, (Bellarmino affermò che essi ‘se disputarono intorno ai dogmi lo fecero per caso’)[1112] il Vangelo e i loro insegnamenti ci sarebbero arrivati lo stesso oralmente, di seconda mano, tramite il successore di Pietro e i suoi collabora­tori. Ma questo discorso lo fanno anche per sostenere che quantunque gli apostoli scrissero ‘per disposizione provvidenziale’, non scrissero tutto ciò che riguarda la vita e gli insegnamenti di Gesù, e non scrissero tutta la dottrina di Dio, in modo che si debba escludere la tradizione. Infatti Bartmann afferma che gli apostoli ‘coi loro scritti non intesero descrivere tutto l’insegnamento e tutta la vita del Signore, ma solo metterne in luce i punti principali’.[1113] In altre parole questo discorso a loro serve per fare credere alle persone che oltre che nella Scrittura le verità rivelate da Dio sono anche nella tradizione romana! Ecco ciò che si nasconde dietro questo loro astuto di­scorso!

Infine, per ciò che riguarda le Scritture dell’Antico Patto, citiamo alcuni versi (oltre i due scritti in Esodo e in Isaia citati precedentemente) che mostrano come esse furono scritte per ordine di Dio.

-  “Or Mosè mise in iscritto le loro marce, tappa per tappa, per ordine dell’Eterno...”;[1114] “L’Eterno disse a Mosè:.. Scrivetevi dunque questo cantico, e insegnatelo ai figliuoli d’Israele...”.[1115]

-  Dio disse a Geremia: “Prenditi un rotolo da scrivere e scrivici tutte le parole che t’ho dette contro Israele, contro Giuda e contro tutte le nazioni, dal giorno che cominciai a parlarti, cioè dal tempo di Giosia, fino a quest’oggi”;[1116]

-  Habacuc disse: “L’Eterno mi rispose e disse: Scrivi la visione, incidila su delle tavole, perché si possa leggere speditamente...”.[1117]

Anche per quanto riguarda le Scritture dell’Antico Patto va detto però che non in tutti i libri c’è scritto che il Signore ordinò di scrivere quel determinato libro. Ma pure, noi crediamo che quei libri dove non c’è scritto quest’ordine furono scritti per ordine di Dio.

In conclusione, “ogni Scrittura è ispirata da Dio...”,[1118] infatti “nessuna profezia della Scrittura procede da vedute particolari; poiché non è dalla volontà dell’uomo che venne mai alcuna profe­zia, ma degli uomini hanno parlato da parte di Dio, perché so­spinti dallo Spirito Santo”;[1119] il che significa che non fu per caso o senza l’ordine del Signore che fu scritta tutta la Scrittura (Vecchio e Nuovo Testamento), ma proprio per ordine del Signore. Al bando i sofismi dei teologi romani.

COME SI RICONOSCONO I LIBRI SACRI

La dottrina dei teologi papisti

 

I Libri sacri si riconoscono per mezzo della chiesa cattolica romana.

Ecco come si esprime il catechismo cattolico a riguardo del come si riconoscono quali sono i libri ispirati da Dio: ‘Senza della chiesa noi non potremmo neppure sapere quali Libri siano inspirati e che siano pervenuti a noi integri e inalterati; nessun’altra autorità ce lo dice’,[1120] ed ancora: ‘Noi infatti sap­piamo dalla Chiesa e solamente dalla Chiesa che quei libri sono divinamente ispirati (...) Solo la Chiesa ci dice autorevolmente quali sono i Libri divinamente inspirati’.[1121] Quindi secondo la chiesa romana senza il suo aiuto e ‘la sua infallibile guida’ noi credenti non potremmo sapere neppure quali siano i libri ispirati e quelli non ispirati!

Confutazione

I Libri sacri si fanno riconoscere da soli da tutti i credenti, come la luce si fa riconoscere (da coloro che ci vedono) in mezzo alle tenebre

 

Noi credenti non abbiamo bisogno del magistero cattolico per discernere quali siano i libri ispirati nei quali dobbiamo ripor­re la nostra fiducia e questo perché conosciamo la voce del Pastore e Vescovo delle anime nostre secondo che egli ha detto: “Le mie pecore ascoltano la mia voce, e io le conosco, ed esse mi seguono...”.[1122] Eppure ci sono degli estranei che vorrebbero farci capire che senza il loro aiuto noi non possiamo neppure discernere la voce del Pastore! Ma quali sono quelle pecore che vanno a consultare gli estranei per sapere se la voce del loro pastore è vera?

Noi, come figliuoli della luce e del giorno (così ci ha chiamati Paolo)[1123] abbiamo la luce della vita e riusciamo a discernere chia­ramente la luce dalle tenebre; non abbiamo affatto bisogno dell’aiuto del magistero cattolico per sapere se la luce é luce o se le tenebre sono tenebre! E come potremmo sentire il bisogno di affidarci alla guida di persone senza discernimento che “mutan le tenebre in luce e la luce in tenebre”[1124] come e quando lo voglio­no loro a danno di moltitudini di persone che essendo state accecate dalle tenebre ripongono in loro fiducia? Lungi da noi il pensiero di consultare le tenebre! Come dice invece il profeta: “Alla rivelazione! alla testimonianza!”.[1125] Ma se il popolo cattolico romano non parla così come parliamo noi, “non vi sarà per lui alcuna aurora! Andrà errando per il paese, affranto, affamato...”.[1126]

Non è stata e non è la Chiesa di Dio di per sé a decidere quali libri sono ispirati e quali no, perché i libri ispirati si sono sempre fatti riconoscere e si riconoscono da sé come la luce si è sempre fatta riconoscere e si fa riconoscere in mezzo alla notte. Pietro infatti paragona la Scrittura ad una lampada splendente in luogo oscuro.[1127] Chi è che avendo la vista non riesce a vedere una lampada splendente in luogo oscuro? In altre parole la Chiesa di Dio ha dovuto e deve solo prendere atto della realtà; cioè che sulla terra, in mezzo a questo mondo di tenebre, ci sono dei libri ispirati che emanano luce divina e devono essere messi sullo stesso livello l’uno con l’altro perché Parola di Dio pura d’ogni scoria, e ci sono anche libri non ispirati, che di luce divina non ne emanano che non devono essere messi allo stesso livello dei primi, cioè non devono per nessun motivo essere inclusi nel canone. Quando dico la Chiesa di Dio non intendo una particolare casta in seno ad essa ma tutti i membri di essa. E come possono riconoscerli all’istante senza alcuna esitazione? Con l’aiuto dello Spirito di Dio che dimora in essi che mediante i suoi impulsi li attira ai libri scritti per opera sua, ma li allontana da quelli che non sono stati scritti sospinti da Lui ma che taluni vogliono che siano fatti passare per ispirati. In altre parole, la Bibbia non prende la sua autorità dalla Chiesa, ma la Chiesa da essa perché essa è la Parola di Dio.

Questa asserzione della chiesa cattolica romana, cioè quella di essere solo lei in grado di riconoscere quali sono i Libri sacri, trova tante smentite in tante loro decisioni.

Per esempio nella quarta sessione del concilio di Trento (1546) 5 cardinali e 48 vescovi (tali erano infatti i presenti in quella sessione del concilio) decretarono che i libri apocrifi erano ispirati quando essi non lo sono per nulla al pari di qualsiasi altro libro non ispirato, infatti contengono contraddizioni, eresie e favole.[1128] Eppure la chiesa romana li ha riconosciuti sacri e ha lanciato l’anatema contro chi non li riconoscerà tali! Sarebbe questa dunque la capacità di discernere il sacro dal profano che la chiesa cattolica romana afferma di possedere e di esercitare sotto la guida dello Spirito Santo e che sarebbe così preziosa agli uomini? Ma non si deve invece dire che non fu per nulla lo Spirito della verità a fargli riconoscere sacri quei libri apocrifi (perché non fu lui a sospingere gli scrittori di quei libri a scrivere favole giudai­che e sogni e visioni ingannatrici) ma piuttosto lo spirito dell’errore che aleggia sopra ogni concilio della curia romana quando esso si riunisce? E noi sappiamo perché parve loro bene inserire i libri apocrifi nel canone, perché avevano tutti gli interessi a farlo. Essi servono loro infatti di appoggio per giustificare le preghiere per i morti, e la dottrina che fa dei morti degli intercessori presso Dio.

Ma la chiesa cattolica romana dichiara autorevoli, perché secondo lei ispirati dallo Spirito Santo, anche tante altre decisioni dei concili come il celibato forzoso, il purgatorio, la messa, per citarne solo alcune, che non fanno altro che contrastare la verità. Diciamo quindi ancora: E sarebbe questa la capacità di cui lo Spirito Santo l’avrebbe fornita di discernere il vero dal falso? Ma non è forse meglio dire che se occorresse basarsi su quello che dice la chiesa cattolica romana a proposito di ciò che bisogna riconoscere come sacro e come invece come profano, come autorevole e come non autorevole, noi ci svieremmo dalla verità perché saremmo indotti da essa a riconoscere per cose vere e autorevoli tante menzogne generate da Satana? Sì, è proprio così, senza dubbio. Prendiamo per esempio le storielle sui loro santi, sulle loro reliquie miracolose, e tante apparizioni di Maria tutte dichiarate autentiche da essa e degne di essere credute: ma che non sono altro che profanità fatte passare per verità. Ci dovremmo forse mettere a riconoscerle come autorevoli perché il magistero romano gli conferisce autorità riconoscendoli sani ed integri? Così non sia. Come potremmo farlo quando lo Spirito di Dio che è in noi ci brama fino alla gelosia e ci attesta che esse sono menzogne?

LA SUA COMPRENSIONE

La dottrina dei teologi papisti

 

Gli Scritti sacri si possono comprendere rettamente solo tramite il magistero.

Il concilio Ecumenico Vaticano II ha dichiarato: ‘L’ufficio poi di interpretare autenti­camente la parola di Dio scritta o trasmessa è stato affidato al solo magistero vivo della chiesa, la cui autorità è esercitata nel nome di Gesù Cristo’,[1129] cioè ai vescovi in comunione con il capo dello Stato del Vaticano. Il significato di questa affermazione é questo in so­stanza: l’uomo non può comprendere in maniera retta ciò che la Scrittura dice senza la guida del magistero della chiesa romana (per confermarvi ciò vi ricordo quello che il fratello Fumagalli dice nella sua testimonianza: ‘Avevo la Bibbia, ma ero cieco e non la potevo intendere; non la potevo intendere perché mi era stato insegnato che per intendere la Bibbia dovevo fondarmi sul magistero della chiesa cattolica’) perché esso solo ha il potere di interpretare e di fare comprendere rettamente la Parola di Dio. Potere che ha per mandato divino e che esso esplica sotto la guida dello Spirito Santo, per cui le sue spiegazioni sono infallibili, dato che ‘l’infallibilità promessa alla chiesa risiede pure nel corpo episcopale, quando questi esercita il supremo magistero col successore di Pietro’.[1130]

Confutazione

E’ il Signore che fa comprendere retta­mente gli Scritti sacri e non il magistero della chiesa cattoli­ca romana

 

Non è affatto come dice la chiesa cattolica romana perché è il Signore mediante il suo Spirito che fa comprendere rettamente le Scritture. Ora, con le seguenti Scritture e riflessioni attorno ad esse dimostrerò quanto appena detto.

-  Gesù prima di morire aveva detto ai suoi discepoli: “Ecco, noi saliamo a Gerusalemme, e saranno adempiute rispetto al Figliuol dell’uomo tutte le cose scritte dai profeti; poiché egli sarà dato in man de’ Gentili, e sarà schernito ed oltraggiato e gli sputeranno addosso; e dopo averlo flagellato, l’uccideranno; ma il terzo giorno risusciterà. Ed essi non capirono nulla di queste cose; quel parlare era per loro oscuro, e non intendevano le cose dette loro”.[1131] Vi sono altre Scritture che attestano come gli stessi discepoli di Gesù non capivano né le Scritture che parlavano di Gesù e neppure le sue parole che preannunziavano la sua morte e la sua risurrezione, ed esse sono le seguenti: “Or i suoi discepoli non intesero da prima queste cose...”;[1132] “Ma essi non capivano quel detto ch’era per loro coperto d’un velo, per modo che non lo intendevano....”;[1133] “Ma essi non intendevano il suo dire...”.[1134] Notate che i discepoli, benché avessero creduto che Gesù era il Cristo il Figliuolo di Dio che era proceduto dal Padre, non avevano compreso ancora le cose che Mosè e i profeti avevano dette di lui, cioè che egli doveva soffrire e risuscitare dai morti. Ma com’era possibile che degli uomini che avevano creduto in lui, non intendevano ancora le cose scritte di lui? La ragione é perché quelle Scritture erano coperte da un velo per loro e perciò era loro impossibile comprenderle. Le compresero dopo che Gesù risuscitò infatti fu allora che il Signore aprì loro la mente per intenderle secondo che è scritto: “Poi disse loro: Queste son le cose che io vi dicevo quand’ero ancora con voi: che bisognava che tutte le cose scritte di me nella legge di Mosè, ne’ profeti e nei Salmi, fossero adempiute. Allora aprì loro la mente per intendere le Scritture...”;[1135] fu allora che essi “si ricordarono che queste cose erano state scritte di lui”,[1136] e che i Giudei gliele avevano fatte. Tutto ciò ci mostra come per intendere le Scritture che parlano di Gesù Cristo non é sufficiente leggerle o ascoltarle, perché é necessario anche che il Signore apra la mente per intenderle come fece in verso i suoi discepoli, quando apparve loro. Quindi se il Signore fu potente a fare comprendere ai suoi discepoli le Scritture aprendogli la mente perché non si dovrebbe pensare che egli questo lo continui a fare ancora oggi senza servirsi di persone fisiche? Vi è forse qualcosa di troppo difficile per il Signore? O forse il suo modo di agire è cambiato?

-  Gesù quando parlò dello Spirito Santo che Egli avrebbe mandato ai suoi discepoli dopo che sarebbe stato assunto in cielo, disse loro: “Molte cose ho ancora da dirvi; ma non sono per ora alla vostra portata; ma quando sia venuto lui, lo Spirito della veri­tà, egli vi guiderà in tutta la verità, perché non parlerà di suo, ma dirà tutto quello che avrà udito, e vi annunzierà le cose a venire”,[1137] ed ancora: “Egli vi insegnerà ogni cosa...”.[1138] Da queste parole emerge che Gesù ha mandato lo Spirito Santo per insegnarci ogni cosa e per guidarci nella verità, e perciò non abbiamo bisogno affatto della guida del magistero romano per intendere la verità, perché lo Spirito di Dio stesso ci guida e ci insegna ogni cosa; Egli basta. Ma qualcuno dirà: Ma la promes­sa Gesù la fece solo ai suoi apostoli? Sì, le parole furono rivolte a loro in quella occasione ma sono dirette a tutti i discepoli di Cristo. Nulla togliendo con tutto ciò al fatto che Dio nella sua Chiesa ha costituito i dottori i quali hanno il dono d’insegnare, ma non certo la capacità di fare comprendere perché questa la continua ad avere lo Spirito di Dio mandato dal cielo che è in ogni credente.

-  Gesù un giorno giubilò per lo Spirito e disse: “Io ti rendo lode, o Padre, Signor del cielo e della terra, perché hai nasco­ste queste cose ai savi e agl’intelligenti, e le hai rivelate ai piccoli fanciulli! Sì, o Padre, perché così ti é piaciuto”.[1139] Noi pure riconosciamo che Dio rivela le cose relative al regno di Dio a coloro che mutano e diventano come i piccoli fanciulli, ma le nasconde a coloro che sono molto studiati e si credono savi e intelligenti. E noi, per la grazia di Dio siamo proprio tra i piccoli fanciulli a cui Dio ha rivelato il suo Figliuolo e le cose relative al suo regno, e per questo lo lodiamo; sì, lo lodiamo perché riconosciamo di essere pervenuti alla conoscenza della verità perché Dio ci ha dato quell’intendimento che nessun uomo sulla faccia della terra ci avrebbe potuto dare. Noi avremmo potuto ascoltare anche il migliore oratore, l’uomo più eloquente nell’esporre le cose relative al regno di Dio, ma se non fosse stato per l’intervento soprannaturale di Dio noi non avremmo giammai compreso quello che in realtà è così semplice ma che tanti sulla terra - tra cui i teologi papisti - hanno reso con i loro discorsi così difficile, così intricato. Ma che cos’è così semplice? Il messaggio della salvezza e la via per riceverla.

-  L’apostolo Paolo disse a Timoteo: “Considera quello che dico, poiché il Signore ti darà intelligenza in ogni cosa”;[1140] quindi Paolo credeva che sarebbe stato il Signore stesso a fare intendere a Timoteo le cose che lui gli aveva scritto. Non una categoria di credenti in qualche parte del globo con il potere di interpretare rettamente le cose che lui gli scriveva, ma il Signore stesso.

-  L’apostolo Paolo disse ai Filippesi: “Sia questo dunque il sentimento di quanti siamo maturi; e se in alcuna cosa voi senti­te altrimenti, Iddio vi rivelerà anche quella”.[1141] In queste parole Paolo espresse la sua fiducia che se i santi di Filippi non comprendevano ancora qualcosa il Signore gliel’avrebbe fatta intendere rivelandogliela. Avete notato? In questi due passi delle Scritture è messa in risalto l’opera potente di compren­sione operata da Dio nei credenti.

-  Giovanni ha scritto: “Ma quant’è a voi, l’unzione che avete ricevuta da lui dimora in voi, e non avete bisogno che alcuno v’insegni; ma siccome l’unzione sua v’insegna ogni cosa, ed è verace, e non è menzogna, dimorate in lui come essa vi ha insegnato”.[1142] Come potete vedere Giovanni credeva che era l’unzione che i credenti avevano ricevuto dal Signore che gl’insegnava ogni cosa, e non un particolare collegio di vescovi preposto dal Signore. Le parole dell’apostolo non fanno altro che confermare le parole che Gesù disse ai suoi discepoli quando promise loro lo Spirito Santo: “Egli v’insegnerà ogni cosa”.[1143] E’ bene però fare una puntualizzazione a questo punto; il fatto che l’unzione del Santo ci insegna ogni cosa non significa che noi non abbiamo bisogno dei ministri di Dio, perché altrimenti la Scrittura si contraddirebbe dato che essa afferma che Dio ha costituiti nella sua Chiesa, gli apostoli, i profeti, gli evange­listi, i pastori e i dottori per il perfezionamento dei santi e per l’edificazione del corpo di Cristo.[1144] Ripeto questo concetto in questi termini: Giovanni con queste parole non ha voluto dire che i credenti, perché hanno ricevuto l’unzione dal Santo, non hanno bisogno di essere ammaestrati da nessuno perché Luca dice: “Quelli dunque i quali accettarono la sua parola, furon battez­zati.... Ed erano perseveranti nell’attendere all’insegnamento degli apostoli”,[1145] ed anche che Paolo dimorò in Corinto “un anno e sei mesi, insegnando fra loro la parola di Dio”;[1146] e perché Paolo disse a Timoteo: “Ordina queste cose e insegnale”,[1147] e a Tito: “Insegna queste cose...”.[1148] Giovanni ha voluto soltanto dire che noi conosciamo la verità e che non abbiamo bisogno di quei personali e contraddittori ammaestramenti intorno a Gesù che tanti impostori spandono a piene mani, perché quelli che abbiamo ricevuto dallo Spirito di Dio intorno a Gesù Cristo sono veraci e sufficienti alla nostra salvezza. Conosciamo tutto ciò che può salvare le anime nostre perché l’unzione del Santo c’insegna ogni cosa e non abbiamo perciò bisogno degli insegnamenti diabo­lici del magistero romano, dei Mormoni o di quelli dei cosiddetti Testimoni di Geova o di quelli dei seguaci di Moon, o di qualche altra pseudochiesa. Quindi, concludendo; quantunque l’unzione del Santo ammaestra tutti i credenti, coloro che hanno ricevuto il dono d’insegnamento devono insegnare ai credenti le cose relative al regno di Dio per confermarli e contribuire alla loro crescita spirituale, e i credenti a loro volta devono perseverare all’attendere al loro insegnamento perché questa è la volontà di Dio. Coloro che ammaestrano e coloro che vengono ammaestrati tengano sempre bene a mente queste parole di Paolo a Timoteo: “Bada a te stesso e all’insegnamento; persevera in queste cose, perché, facendo così, salverai te stesso e quelli che ti ascoltano”.[1149] Notate infatti come la salvezza è assicurata sia al ministro che persevera nell’essere d’esempio ai credenti e insegna loro la sana dottrina, e sia a coloro che attendono al suo insegnamento e lo mettono in pratica.

-  L’apostolo Paolo ha detto ai Corinzi: “E se il nostro vangelo é ancora velato, é velato per quelli che son sulla via della perdizione, per gl’increduli, dei quali l’iddio di questo secolo ha accecato le menti, affinché la luce dell’evangelo della gloria di Cristo, che é l’immagine di Dio, non risplenda loro”.[1150] Oggi, per la grazia di Dio, possediamo oltre che gli Scritti dell’Antico Patto che parlano di Gesù, anche le testimonianze scritte di Matteo, Marco, Luca e Giovanni che parlano in maniera chiara della nascita di Gesù, della sua vita, dei suoi insegna­menti e delle sue opere potenti, della sua morte e della risurre­zione, eppure molti di quelli che leggono ed ascoltano l’Evangelo scritto da questi uomini non lo intendono affatto e tra questi vi sono pure milioni e milioni di Cattolici romani sparsi sulla faccia della terra. Hanno il magistero eppure il Vangelo é ancora velato per loro. Perché é velato? Perché non riescono a comprendere il messaggio del Vangelo? Il motivo è perché essi hanno le loro menti accecate dalle tenebre e perciò non possono vedere la luce che il Vangelo di Dio emana. Ciò che bisogna fare per essere salvati è scritto chiaramente ma per loro è oscurità profonda. E perché questo? Perché il Vangelo è stato dal loro magistero offuscato con la tradizione, in maniera che quello che è luce per loro è tenebre; e quanto grandi sono queste tenebre! Come i Giudei che fanno la lettura dell’Antico Patto hanno un velo steso sopra il loro cuore che gli impedisce di riconoscere che le Scritture profetiche si sono adempiute in Gesù di Nazaret, così oggi moltitudini di uomini che leggono o ascoltano il Vangelo hanno ancora le loro menti ottuse. Essi sono sulla via della perdizione e fino a quando non si ravvederanno e non crederanno con il cuore in ciò che leggono o ascoltano non potranno comprendere il Vangelo. Come potete vedere si perviene a comprendere il Vangelo in segui­to ad una illuminazione operata da Dio, perciò rigettiamo la dottrina che afferma che una particolare classe di persone abbia il potere di fare comprendere le parole del Vangelo.

Per concludere; esistono due tipi di persone sulla terra; quelle che hanno inteso la Scrittura perché si sono umiliate davanti a Dio e il Signore ha aperto loro la mente per intenderla e conti­nuano ad intenderla rettamente perché lo Spirito di Dio le guida; e quelle che giacciono nelle tenebre con la mente ottusa perché rifiutano di umiliarsi davanti a Dio e preferiscono dare ascolto ai precetti umani anziché a quelli di Dio così chiaramente scrit­ti. Tra quest’ultime ci sono anche la curia romana e i suoi seguaci.

Alcune considerazioni finali ora. La ragione per cui i vertici della chiesa romana dicono che per capire la Bibbia occorre la guida del magistero è che temono che i loro seguaci comincino a intendere rettamente tutte quelle Scritture che demoliscono tutta la loro secolare e perver­sa tradizione. E perciò cercano con le loro parole di dissuaderli dal credere che le cose stanno veramente così come sono scritte, facendo dei ragionamenti che hanno alla loro base sempre la loro perversa tradizione (ci si può benissimo rendere conto di questo leggendo le note ‘esplicative’ messe nelle Bibbie cattoliche); in altre parole il magistero si usa della tradizione per tenere velato il Vangelo davanti agli occhi degli uomini. Ma Dio è più potente del magistero romano, e come nel passato fece comprendere rettamente il significato della sua Parola a tutti quei Cattolici romani che si disposero a cercare solo nella Scrittura la verità, così fa ancora oggi. Sono tanti infatti coloro che dopo essere stati ingannati dai sofismi della cosid­detta chiesa docente, illuminati da Colui che è la luce del mondo giungono a comprendere rettamente le cose necessarie alla loro salvezza così come sono scritte nella Scrittura. In verità Dio è più grande dell’uomo. A Lui sia la gloria in eterno. Amen.

Ma pensate fratelli solo per un momento se noi che abbiamo creduto dovessimo basarci sul magistero romano per intendere le Scritture - come dicono essi - nella maniera retta. Finiremmo con il comprendere in maniera del tutto errata la Parola di Dio. Infatti ci metteremmo a credere che non si può essere certi della propria salvezza, che dopo morti dovremo andare a purgarci in purgatorio perché il sangue di Gesù non può purgarci da ogni peccato, che oltre a Gesù in cielo c’è tutta una schiera di mediatori molto potenti a cui è bene affidarsi, che i vescovi non devono sposarsi per potere pascere il gregge di Dio, che il papa è il capo visibile della Chiesa di Cristo perché è il successore di Pietro il quale fu costituito da Cristo capo della Chiesa, che noi dobbiamo pregare per i morti, che la cena del Signore è la ripetizione del sacrificio di Cristo, e via via le altre dottrine papiste. Quindi si deve dire che se noi ci appoggiassimo sul magistero romano ci svieremmo dalla verità che abbiamo conosciuto. Il magistero romano è dunque uno strumento nelle mani di Satana di cui egli si usa per far credere un mucchio di menzogne che non hanno nulla a che fare con la verità. Il magistero non ha per nulla inteso la Parola di Dio e perciò non la può affatto insegnare; esso è nelle tenebre più fitte e col suo insegnamento non può per nulla guidare i Cattolici. Ma come fate - dirà qualcuno - a esprimervi in questa maniera così categorica a riguardo dei componenti del magistero romano? Perché abbiamo fatto e facciamo tuttora quello che prima di noi hanno fatto i Bereani; abbiamo esaminato ed esaminiamo le Scritture per vedere se le cose stanno veramente così e abbiamo riscontrato e riscontriamo tuttora che esse non sono confermate dagli Scritti sacri, ma da essi smentite e dichiarate menzogne. Per questa ragione vi diciamo a voi fratelli in Cristo di non dare per nulla retta al magistero cattolico per non sviarvi dalla verità; e a voi Cattolici romani di smettere di dare retta al vostro magistero perché esso vi sta conducendo a vostra insaputa nel fuoco eterno. Piegate le vostra ginocchia davanti al Signore, imploratelo affinché vi perdoni tutti i vostri peccati; così facendo Lui stesso verrà a voi e dopo avervi perdonato vi farà intendere la sua Parola; in una maniera che vi accorgerete è l’opposto di quella sperimentata fino a quel momento.

CONCLUSIONE

 

La Scrittura è tuttora attaccata da coloro che cercano il loro proprio interesse e che invece di edificare la Chiesa si studiano di sedurla per trascinarla dietro a delle menzogne. L’attaccano quelli di Scienza Cristiana, i Mormoni, i Testimoni di Geova, i seguaci del coreano Moon, e come abbiamo visto anche la chiesa cattolica romana che si proclama la madre delle chiese. L’attacco dei suoi nemici è però abilmente mascherato, tanto che ad un primo acchito non sembra un attacco ma solo una maniera per spiegare alcuni aspetti della Parola di Dio: come il suo contenuto e la sua comprensione. Ma analizzando bene il discorso di costoro ci si accorge di quanto velenoso e mortifero sia perché tende a fare apparire la sacra Scrittura o incompleta o incomprensibile o così difficile da capire che ha bisogno di speciali persone che hanno ricevuto una particolare ‘illuminazione divina’ o ‘intendimento spirituale’ che la spieghino al popolo ignorante e incapace di penetrare i misteri della Bibbia come fanno loro. E come ho detto prima l’attacco di costoro si propone sempre di sedurre le persone tramite la Bibbia stessa, di indurle a credere ogni sorta di dottrine di demoni; nella chiesa cattolica romana per esempio tende a fare accettare la salvezza per opere meritorie, il purgatorio, il culto a Maria, ai santi, agli angeli, il primato del papa, e tutte le altre tradizioni cosiddette apostoliche.

Ora, benché la Parola di Dio non seduce nessuno perché è la verità pure occorre dire che costoro facendo leva su delle sue parole, prese fuori dal loro contesto, o dando interpretazioni false a storie o parole scritte in essa, riescono a sedurre le persone. Ma si badi bene che essi oltre che a sedurre gli altri a loro volta sono stati sedotti dal diavolo.

E’ necessario quindi che voi fratelli conosciate bene le sacre Scritture al fine di non cadere preda di questi seduttori di menti che sanno come sfruttare la mancanza di conoscenza della Parola di Dio nei figliuoli di Dio, ed anche al fine di essere in grado con l’aiuto di Dio di smascherare e confutare i ragionamenti di costoro con la speranza che alcuni di loro rimangano persuasi delle cose dettegli. Non sprezzate la conoscenza della Scrittura perché ne avreste del danno voi stessi e non sareste di alcun aiuto a coloro che sono rimasti sedotti da questi ragionamenti che si elevano contro la Parola di Dio. Investigate le Scritture, mettetevi da parte quotidianamente un certo lasso di tempo per investigarle, e meditatele del continuo, perché esse vi possono rendere savi in Cristo e fortificare sempre maggiormente, e scampare dai lacci di codesti uccellatori travestiti da ministri di Cristo.


Capitolo 6

 

IL PURGATORIO E DOTTRINE COLLEGATE

 

IL PURGATORIO

La dottrina dei teologi papisti

 

Il purgatorio è un luogo di tormento dove vanno coloro che muoiono in grazia, a espiare la pena dovuta per i loro peccati. La chiesa viene in aiuto alle anime che sono in esso con il suffragio, affinché le loro pene siano alleviate e siano liberate dal purgatorio. La messa offerta sull’altare privilegiato ha il potere di fare uscire subito l’anima dal purgatorio. La ragione ci fa sentire la necessità di un purgatorio; chi può essere così santo e puro all’atto della morte da poter andare subito in paradiso?

L’Enciclopedia Cattolica definisce il purgatorio così: ‘Stato ultraterreno, duraturo fino all’ultimo giudizio, in cui le anime di coloro, che sono morti in Grazia, ma con imperfezioni o peccati veniali o pene temporali da scontare per i peccati gravi rimessi, espiano e si purificano prima di salire in paradiso’.[1151] E’ bene precisare che secondo quello che insegna la chiesa romana attualmente sul purgatorio, le anime che sono in questo luogo soffrono sì pene intensissime per espiare i debiti che hanno verso Dio, ma essa stessa non sa dire in che cosa consistono precisamente queste pene e neppure se tra esse ci sia il fuoco. Il Perardi così si è espresso: ‘Le anime in Purgatorio soffrono la privazione di Dio e altre pene sino a che abbiano soddisfatto in tutto ai debiti che hanno colla giustizia di Dio (...) Non sappiamo esattamente quali siano le altre pene che, oltre la privazione di Dio, si soffrono in Purgatorio. Taluni pensano che tali pene siano simili a quelle dell’Inferno (...) Non sappiamo in che cosa esse consistano, e neppure se tra esse vi sia il fuoco’.[1152] L’Enciclopedia Cattolica afferma comunque che secondo la dottrina comune dei teologi cattolici nel purgatorio si patiscono ‘sofferenze causate dal fuoco’.[1153]

Ma come fanno i teologi romani a sostenere il purgatorio con le sacre Scritture? Principalmente (perché come vedremo in appresso essi prendono altri passi della Scrittura) mediante queste parole di Paolo: “Io, secondo la grazia di Dio che m’è stata data, come savio architetto, ho posto il fondamento; altri vi edifica sopra. Ma badi ciascuno com’egli vi edifica sopra; poiché nessuno può porre altro fondamento che quello già posto, cioè Cristo Gesù. Ora, se uno edifica su questo fondamento oro, argento, pietre di valore, legno, fieno, paglia, l’opera d’ognuno sarà manifestata, perché il giorno di Cristo la paleserà; poiché quel giorno ha da apparire qual fuoco; e il fuoco farà la prova di quel che sia l’opera di ciascuno. Se l’opera che uno ha edifi­cata sul fondamento sussiste, ei ne riceverà ricompensa; se l’opera sua sarà arsa, ei ne avrà il danno; ma egli stesso sarà salvo; però come attraverso il fuoco”.[1154] Secondo i teologi papisti questo “sarà salvo, però come attraverso il fuoco” significa che il giusto dopo avere penato nel purgatorio per un certo tempo, sarà salvato nel para­diso di Dio, perché il fuoco purificatore lo avrà purificato da ogni residuo di peccato. E per sostenere questa loro interpretazione essi prendono diversi loro padri tra cui Agostino di Ippona che ha detto: ‘Secondo questa opinione, nell’intervallo di tempo che corre dalla morte di questo corpo fino a quando si giungerà al giorno in cui avver­rà la resurrezione dei corpi - giorno dell’estremo giudizio nel quale si pronunzierà la sentenza del premio o del castigo - le anime dei defunti che, durante la loro vita terrena, non hanno avuto costumi e affetti tali da meritare di essere consumati come legna, fieno e paglia, non subiranno il fuoco che brucerà quelle anime che non vissero in tale modo. Queste saranno afflitte dal fuoco di una tribolazione passeggera che brucerà a fondo le costruzioni di legno, fieno e paglia, non meritevoli di eterna condanna; e le brucerà o su questa terra, o quaggiù e nell’aldi­là, o solo nell’altra vita. A questa opinione non mi oppongo perché forse è un opinione vera’.[1155]

Le anime che sono nel purgatorio possono essere aiutate dai vivi. Il catechismo della chiesa romana afferma infatti: ‘Possiamo soccorrere e anche liberare le anime dalle pene del Purgatorio con i suffragi ossia con preghiere, indulgenze, elemosine ed altre opere buone, e sopra tutto con la santa Messa (...) Il frutto di queste opere, applicato alle anime del Purgatorio, prende il nome di suffragio, perché suffraga, cioè allieva le pene delle anime del Purgatorio e ne affretta la liberazione’.[1156] In altre parole ai Cattolici romani viene detto che con le preghiere, le elemosine, le indulgenze, le opere buone e soprat­tutto con la messa essi concorrono a pagare i debiti che le anime dei defunti devono espiare in purgatorio. Questo suffragio è molto sentito dai Cattolici romani soprattutto il 2 Novembre che è la festa dei morti; una festa che ha mille anni essendo stata istituita nel 998 da Odilone abate di Clunì il quale si contraddistingueva per il suo zelo nel pregare per le anime del purgatorio. A sostegno di questo cosiddetto suffragio, i teologi romani prendono diverse citazioni dei cosiddetti padri tra cui queste di Agostino: ‘Dobbiamo ammettere che le anime dei trapassati possono ricevere qualche sollievo dalla pietà dei parenti, quando per esse offrono il santo Sacrificio del Mediatore, ovvero distribuiscono elemosine ai poveri. Ma questi suffragi profitteranno soltanto a coloro i quali, durante la loro vita, avranno meritato che queste opere buone possano essere loro applicate (...) A coloro cui possono essere di giovamento, essi ne ricavano questo vantaggio; o ricevono piena ed intiera remissione delle loro colpe, o certamente qualche sollievo nel rigore delle loro pene’.[1157] E soprattutto il seguente passo dei Maccabei dove è detto che Giuda Maccabeo fece offrire un sacrificio per i peccati di alcuni Giudei morti in battaglia (sotto le cui tuniche erano state ritrovati degli ‘oggetti sacri agli idoli di Iamnia’):[1158] ‘Per questo egli fece compiere il sacrificio di espiazione per quelli che erano morti, affinché fossero assolti dal peccato’.[1159]

L’altare privilegiato, dice l’Enciclopedia Cattolica, ‘è quello che gode dell’indulto della indulgenza plenaria, da applicarsi al defunto per il quale si celebra la Messa’.[1160] Dell’altare privile­giato godono i cardinali e coloro ai quali è stato concesso dal papa. Nella pratica ciò significa che ogni messa celebrata su uno di questi altari libera un’anima dal purgatorio. ‘... tutti gli altari sono privilegiati il giorno della commemorazione dei defunti’.[1161]

Ma qual’è il fine di questa dottrina del purga­torio? Quello di tranquillizza­re i peccatori facendogli credere che anche dopo morti potranno essere purificati dai loro peccati ed accedere dopo questa purificazione in paradiso.[1162] Ecco come il teologo Perardi cerca di tranquillizzare i Cattolici romani parlando del purgatorio nel suo Nuovo Manuale del Catechista: ‘Anche la ragione ci fa sentire la necessità del Purgatorio. Niente di macchiato può entrare in Paradiso. Ora, quante anime si sono guardate dal peccato mortale, ma tuttavia sono cariche di peccati veniali; quante anime convertite, tratte dall’abitudine, ricaddero in colpe gravi, di cui si confessarono, ma non poterono farne penitenza; quante anime si pentirono sol­tanto in punto di morte! Esse non possono entrare subito in Paradiso. Dovranno venirne escluse per sempre e andare all’Infer­no? Se non esistesse il Purgatorio, la giustizia di Dio ci appa­rirebbe troppo spaventosa; potremmo sperare di trovarci, in punto di morte, così puri, così santi da meritare subito il Paradiso? - La misericordia di Dio ci apparirebbe troppo scarsa, troppo limi­tata poiché non potrebbe mai accogliere in cielo le anime ree anche di sole colpe veniali’.[1163]

Storia

 

Le origini di questa dottrina del purgatorio sono antiche; essa infatti fu inventata per primo da Platone quattrocento anni prima della venuta di Cristo (questo filosofo credeva pure nella reincarnazione). Questo filosofo divideva le anime in tre categorie; nella prima erano le anime giuste che erano immediata­mente ricevute nelle isole dei beati; nella seconda erano le anime dei sacrileghi, degli omicidi e degli altri cattivi che erano immediatamente condannate ai supplizi eterni nel Tartaro; alla terza categoria appartenevano le anime di coloro che non erano stati abbastanza giusti per essere ammessi alle isole dei beati, né abbastanza cattivi per essere condannati in eterno. Tali anime, secondo Platone, erano condannate per un maggiore o un minore tempo a diverse pene, secondo la qualità dei loro peccati, fino a che si fossero purificate per essere ammesse alle isole dei beati. Questa dottrina platonica fu poi presa dal poeta Virgilio e abbellita. Anche Origene (uno dei cosiddetti padri della chiesa) sosteneva il purgatorio, infatti egli diceva che tutti dovranno passare per il fuoco prima di essere ammessi nel cielo. Il purgatorio di Origene però era diverso da quello attua­le della chiesa romana perché esso era per tutti gli uomini, ossia sia per i giusti che per i peccatori (questo perché per lui tutti gli uomini un giorno sarebbero stati salvati), mentre il purgatorio cattolico è solo per i ‘giusti’; e poi esso iniziava alla fine del mondo mentre quello cattolico romano esiste già nell’aldilà e durerà fino al giorno del giudizio. La dottrina del purgatorio fu poi sostenuta da Agostino di Ippona, ed anche da Gregorio Magno il quale, nella sua opera letteraria I dialoghi parla esplicitamente del purgatorio prendendo dei passi della Scrittura tra cui quello di Paolo ai Corinzi: “...egli stesso sarà salvo; però come attraver­so il fuoco”.[1164] Ma secondo lui il purgatorio si trovava sulla terra. Nel libro quarto racconta una storia, che lui dice averla sentita da ‘grandi uomini savi e antichi’ secondo la quale un certo diacono di nome Pascasio durante lo scisma che per alcuni anni (a partire dal 498) oppose due papi, Simmaco e Lorenzo, si schierò dalla parte del ‘falso’ papa Lorenzo. E dopo molto tempo che era morto, un certo Germano, vescovo di Capua andò a curarsi alle terme Angolane (negli Abruzzi), dietro consiglio dei medici; e qui con grande stupore vi trovò Pascasio che serviva quelli che vi si bagnavano. Alla domanda perché si trovasse lì, questo Pascasio rispose: ‘Per null’altra cagione sono deputato in questo luogo penale, se non perché troppo pertinacemente difesi la parte di Lorenzo contro Simmaco’. E gli disse di pregare per lui e che se tornando lì non lo avrebbe trovato avrebbe significato che era stato esaudito. Germano, mosso a compassione, pregò molto per lui e pochi giorni dopo tornò a quelle terme e non vi trovò Pascasio. Gregorio aggiunge poi che se Pascasio poté essere purgato dal suo peccato dopo la morte fu perché aveva peccato per ignoranza, e perché lo aveva meritato con le sue molte elemosine da vivo! Fu appunto questo papa Gregorio I ad istituire attorno all’an­no 593 questa dottrina nella chiesa romana. Quantunque poi nel corso dei secoli successivi il purgatorio subì dei cambiamenti esso fu definito dogma prima dal concilio di Firenze nel 1439,[1165] e poi da quello di Trento nel 1563 in questi termini: ‘La chiesa catto­lica, istruita dallo Spirito santo, conforme alle sacre scritture e all’antica tradizione, ha insegnato nei sacri concilii, e recentissimamente in questo concilio ecumenico, che il purgatorio esiste e che le anime lì tenute possono essere aiutate dai suffragi dei fedeli e in modo particolarissimo col santo sacrificio dell’altare, il santo sinodo comanda ai vescovi che con diligenza facciano in modo che la sana dottrina sul purgatorio, quale è stata trasmessa dai santi padri e dai sacri concilii, sia creduta, ritenuta, insegnata e predicata dappertutto’.[1166]

Confutazione

Il purgatorio non esiste; i morti vanno o in cielo con il Signore se sono salvati o all’inferno nei tormenti se sono perduti

 

Gesù Cristo nel suo insegnamento non ha mai lasciato intravedere che oltre al paradiso e all’inferno ci sia un terzo luogo, ossia una via di mezzo tra i due, infatti egli ha detto: “Entrate per la porta stretta, poiché larga é la porta e spaziosa la via che mena alla perdizione, e molti son quelli che entran per essa. Stret­ta invece è la porta ed angusta la via che mena alla vita, e pochi son quelli che la trovano”.[1167] Quindi ci sono solo due vie, ed esse sono la via della perdizione e la via della salvezza. Coloro che sono sulla prima, essendo pieni di peccati, quando muoiono vanno nell’Ades nei tormenti, per esservi tormentati in attesa del giudizio.[1168] Per loro che muoiono nei loro peccati, non rimane più alcuna speranza secondo che é scritto: “Quale speranza rimane mai all’empio quando Iddio gli toglie, gli rapisce l’ani­ma?”,[1169] ed anche: “E’ stabilito che gli uomini muoiano una volta sola, dopo di che viene il giudizio”,[1170] ed ancora: “Gli empi se n’andranno al soggiorno de’ morti”.[1171] Perciò é veramente diabo­lico da parte della curia cattolica romana fare credere alle persone al purgatorio, perché così facendo essa non induce i peccatori (i suoi battezzati e cresimati che si confessano rego­larmente ai preti, che secondo lei sono in grazia) a ravvedersi e a credere in Cristo come prescrive la Parola di Dio,[1172] perché gli fa credere che anche dopo morti avranno modo di essere purgati dai loro peccati ed accedere in paradiso. (Infatti, se per esempio non si pentono dei loro peccati veniali avranno modo di espiarli nel purgatorio, e se commettono dei peccati mortali e li confessano al prete senza sentire il bisogno di abbandonarli o senza avere la forza di abbandonarli, avranno sempre modo di purgarsi nel purgatorio). Coloro che invece sono sulla seconda via, cioè su quella della salvezza, quando muoiono vanno subito ad abitare con il Signore nel cielo. E noi siamo tra questi per la grazia di Dio. Il Cattolico romano dirà: ‘Ma come fate ad essere così sicuri che quando morirete andrete subito in paradiso? Lo siamo perché siamo stati cosparsi con il sangue di Gesù secondo che è scritto che siamo stati eletti anche “ad esser cosparsi del sangue di Gesù Cristo”,[1173] e siamo stati purgati da tutti i nostri peccati mediante il sangue di Cristo Gesù secondo che é scritto che egli “ci ha lavati dai nostri peccati col suo sangue”.[1174] Ed oltre a ciò perché come dice Giovanni “se camminiamo nella luce, com’Egli é nella luce, abbiam comunione l’uno con l’altro, e il sangue di Gesù, suo Figliuolo, ci purifica da ogni peccato”.[1175] Ecco perché abbiamo la certezza di essere salvati e di avere la vita eterna e che quando morremo andremo subito in paradiso, senza fare sosta alcuna in nessun purgatorio, perché i nostri vecchi peccati ci sono stati purgati appieno col sangue di Cristo, e i nostri peccati che confessiamo al Signore ci vengono purgati appieno sempre dal sangue di Cristo. ‘Ma questa è presunzione!’ dirà a questo punto il Cattolico romano. Affatto, perché ci sono diverse Scritture che atte­stano chiaramente che coloro che muoiono in Cristo vanno ad abitare subito in cielo con Gesù.

Le anime di coloro che erano stati uccisi per la Parola di Dio che Giovanni vide, erano sotto l’altare in cielo davanti al trono di Dio. Ecco come si esprime Giovanni: “Io vidi sotto l’altare le anime di quelli ch’erano stati uccisi per la parola di Dio e per la testimonianza che aveano resa...”.[1176]

Paolo disse che per lui la morte era guadagno infatti lui aveva il desiderio di partire e d’essere con Cristo perché era cosa di gran lunga migliore. Ecco le sue parole: “Poiché per me il vivere è Cristo, e il morire guadagno... Io sono stretto dai due lati: ho il desiderio di partire e d’esser con Cristo, perché è cosa di gran lunga migliore”.[1177] Di certo se l’apostolo avesse dovuto andar­sene prima in purgatorio a soffrire pene atroci non avrebbe considerato la sua morte un guadagno ma una perdita.

E sempre Paolo disse ai Corinzi che lui e i suoi collaboratori erano pieni di fiducia e avevano molto più caro a partire dal corpo e d’abitare col Signore: “Ma siamo pieni di fiducia e abbiamo molto più caro di partire dal corpo e d’abitare col Signore”.[1178] Ma ditemi: come avrebbero potuto quegli uomini desiderare così tanto la dipartenza dal loro corpo se avessero creduto in un purgatorio dove andare ad espiarvi mediante atroci sofferenze dei loro debiti insoluti? Questo sta a dimostrare che essi non credevano per nulla nel purgatorio.

Nel libro dell’Apocalisse si legge: “E udii una voce dal cielo che diceva: Scrivi: Beati i morti che da ora innanzi muoiono nel Signore. Sì, dice lo Spirito, essendo che si riposano dalle loro fatiche, poiché le loro opere li seguono”.[1179] Quindi lo Spirito della verità attesta che coloro che muoiono nella grazia sono beati perché si riposano dalle loro fatiche in cielo. Questo esclude che essi si trovino in un purgatorio ad espiare dei loro debiti mediante delle sofferenze atroci di poco inferiori a quelle dell’inferno; perché in questo caso non sarebbero più felici ma bensì infelici perché invece che riposarsi dalle loro fatiche starebbero soffrendo pene atroci per punizione dei loro debiti. Ma purtroppo esiste anche lo spirito dell’errore in questo mondo ed esso dice che per i morti in Cristo c’è un purgatorio dopo la morte.

Ma proseguiamo con la confutazione del purgatorio. Gesù ha detto: “Chi ascolta la mia parola e crede a Colui che mi ha mandato, ha vita eterna; e non viene in giudizio, ma è passato dalla morte alla vita”,[1180] e Paolo ha detto ai Romani: “Non v’é dunque ora alcuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù”.[1181] Quindi se per coloro che sono in Cristo non v’é nessuna condanna e Gesù ha detto che essi non vengono in giudizio è contraddittorio pensare che dopo morti prima di entrare nel regno di Dio essi avranno bisogno di andarsene in un purgatorio a soddisfare i debiti che gli rimangono verso la giustizia di Dio. Perché? Perché questo sarebbe un controsenso dato che nel purgatorio, secondo il catechismo romano, si va per essere condannati, quan­tunque per un tempo e non per sempre, a delle pene atroci per espiare i debiti contratti verso Dio! Ed a proposito di questi cosiddetti debiti che la curia romana afferma che si devono espiare in purgatorio noi diciamo: ‘Ma se, secondo la Scrittura, Dio cancella all’uomo che va a lui a confessargli i suoi peccati sia i peccati che la pena eterna che egli merita non è diabolico affermare che egli deve andare dopo morto ad espiarli in un luogo di sofferenza?’ Certo che lo è. Ma non per i teologi romani che accecati dal diavolo prendono piacere ad insegnare cose contrarie alla sana dottrina. Affermare che una persona giustificata da Dio quando muore deve passare dal purga­torio a scontare i debiti contratti verso la giustizia di Dio è lo stesso che dire che un condannato alla pena dell’ergastolo se viene graziato e gli viene cancellata la sua pena, deve continua­re a rimanere lo stesso in prigione per alcuni anni a soffrire per espiare le sue colpe dopodiché potrà uscire dal carcere!

Noi affermiamo, appoggiandoci sulla sacra Scrittura, che al peccatore quando gli vengono rimessi tutti i suoi peccati gli viene annullata la pena eterna e non gli resta da pagare alcuna colpa né in questo mondo e neppure in quello a venire perché Cristo ha pagato tutto il prezzo del riscatto dell’anima sua. Per coloro che sono stati giustificati per il sangue di Cristo non rimangono più debiti da pagare perché Cristo sulla croce ha espiato tutti i loro debiti. Sappiamo bene che il conci­lio di Trento ha lanciato la seguente maledizione contro coloro che affermano questo (contro di noi dunque): ‘Se qualcuno afferma che, dopo avere ricevuto la grazia della giustificazione, a qualsiasi peccatore pentito viene rimessa la colpa e cancellato il debito della pena eterna in modo tale che non gli rimanga alcun debito di pena temporale da scontare sia in questo mondo sia nel futuro in purgatorio, prima che possa essergli aperto l’ingresso al regno dei cieli: sia anatema’.[1182] Ma che importa fratelli? Noi sappiamo in chi abbiamo creduto e siamo persuasi che colui che ci ha lavato dai nostri peccati e ci fatto la promessa della vita eterna non può avere mentito. Continueremo a gloriarci nel Signore a motivo del totale purgamento dei nostri vecchi peccati operato dal sangue di Cristo, ed a motivo della vita eterna che egli ci ha donato nella sua grazia; lancino pure i loro anatemi i concilii, noi crediamo nella Parola di Dio che attesta che quando i giusti (ossia i giustificati per la grazia di Dio) muoiono vanno subito in paradiso con il Signore Gesù, perché hanno le loro vesti nettate appieno dal sangue dell’Agnello. A Cristo Gesù sia la gloria in eterno. Amen.

Spiegazione delle parole di Paolo: “Sarà salvo; però come attraverso il fuoco”

 

Paolo disse ai Corinzi: “Io, secondo la grazia di Dio che m’è stata data, come savio architetto, ho posto il fondamento; altri vi edifica sopra. Ma badi ciascuno com’egli vi edifica sopra; poiché nessuno può porre altro fondamento che quello già posto, cioè Cristo Gesù. Ora, se uno edifica su questo fondamento oro, argento, pietre di valore, legno, fieno, paglia, l’opera d’ognuno sarà manifestata, perché il giorno di Cristo la paleserà; poiché quel giorno ha da apparire qual fuoco; e il fuoco farà la prova di quel che sia l’opera di ciascuno. Se l’opera che uno ha edifi­cata sul fondamento sussiste, ei ne riceverà ricompensa; se l’opera sua sarà arsa, ei ne avrà il danno; ma egli stesso sarà salvo; però come attraverso il fuoco”.[1183]

Come abbiamo visto secondo i teologi papisti questo “sarà salvo, però come attraverso il fuoco” significa che il giusto dopo avere penato nel purgatorio per un certo tempo, sarà salvato nel para­diso di Dio, perché il fuoco purificatore lo avrà purificato da ogni residuo di peccato. E come abbiamo anche visto, a sostegno di questa interpretazione essi citano Agostino di Ippona.

Diletti, guardatevi da questa interpretazione ingannatrice, perché queste parole di Paolo non si riferiscono affatto ad un fuoco purificatore esistente in qualche luogo del mondo invisibi­le dove le anime degli uomini vanno per essere purificati dai loro peccati per potere poi accedere al paradiso, ma al fuoco del giorno di Cristo il che é un’altra cosa. Diamo la spiegazione di queste parole di Paolo. L’apostolo aveva predicato il Cristo a Corinto e molti in seguito alla sua predi­cazione credettero nel Signore, dopodiché furono battezzati. Fu lui quindi a porre il fondamento (Cristo Gesù) di quella casa spirituale (la chiesa) di Corinto. Ma dopo di lui a Corinto erano giunti altri che avevano predicato ed insegnato, ossia che aveva­no edificato del materiale sul fondamento da lui posto. E lui a questo proposito dice a ciascuno di badare a come edifica sopra il fondamento perché innanzi tutto nessuno può togliere il fondamento che è Cristo Gesù per mettergliene un altro; e poi perché nel giorno di Cristo sarà ricompensata solo la fatica impiegata per edificare oro, argento e pietre di valore (dottrine vere) perché queste cose alla prova del fuoco rimarranno; mentre la fatica impiegata per edificare legno fieno, e paglia (dottrine strane) non sarà premiata perché questo materiale sarà bruciato all’impatto del fuoco, e colui che ha edificato questo materiale vano sarà salvato, però come attraverso il fuoco. In conclusione, nel giorno di Cristo il fuoco farà la prova di quello che un credente ha edificato, e tutto ciò di buono e di giusto che egli ha detto e fatto sussisterà ed otterrà la sua ricompensa, mentre ciò che é senza valore e che lui ha edificato sarà bruciato dal fuoco e per esso non otterrà nessuna ricompen­sa. Lui passerà come attraverso il fuoco, ma sarà salvato.

Spiegazione di altri passi presi per sostenere il purgatorio

 

Nella Scrittura non è rivelata affatto la dottrina del purgato­rio, ma i teologi papisti riescono a fare apparire a moltitudini di persone che la dottrina del purgatorio è nella Bibbia. Come abbiamo visto poco fa, uno dei passi presi dai teologi romani per sostenere il purgatorio è quello di Paolo ai Corinzi; ma questo passo non lascia intravedere il benché minimo purgatorio cattoli­co. Ma vi sono anche altri passi della Scrittura che essi prendo­no per sostenere questa eresia di perdizione.

Uno di questi è questo scritto in Matteo: “Ed a chiunque parli contro il Figliuol dell’uomo, sarà perdonato; ma a chiunque parli contro lo Spirito Santo, non sarà perdonato né in questo mondo né in quello avvenire”.[1184] Ma io mi domando: ‘Ma dove sta il purgatorio qua?’ Esso non si intravede minimamente. Gesù dice solo che colui che bestemmia contro lo Spirito Santo “non ha remissione in eterno, ma è reo d’un peccato eterno”,[1185] e i teologi gli fanno dire che ci sono dei peccati che si debbono espiare nel purgatorio! Questa è astuzia diabolica! Ma poniamo anche il caso che ci siano dei peccati che vengono rimessi nel mondo a venire, innanzi tutto per mondo a venire Gesù non intese il purgatorio, ma poi secondo la dottrina del purgatorio chi muore in grazia va a soffrire delle pene gravi per espiare i suoi debiti, quindi viene condan­nato ad un supplizio e non perdonato!

Un altro passo è questo: “Fà presto amichevole accordo col tuo avversario mentre sei ancora per via con lui; che talora il tuo avversario non ti dia in man del giudice, e il giudice in man delle guardie, e tu sii cacciato in prigione. Io ti dico in verità che di là non uscirai, finché tu non abbia pagato l’ultimo quattrino”.[1186] Secondo i teologi romani questo “non uscirai di là finché tu non abbia pagato l’ultimo quattrino”, significa che dalla prigione del purgatorio (che Bartmann preferisce chiamare ‘una casa di cura, dove i malati attendono con pazienza completa guarigione’[1187]) dove coloro che muoiono in grazia vengono gettati dal Giudice per ordine dell’avversario che è Dio; essi non usci­ranno finché non abbiano pagato tutti i loro debiti che hanno nei confronti di Dio. Ma questa è l’ennesima interpretazione arbitra­ria data dai teologi romani. Le parole di Gesù si riferiscono innanzi tutto a delle liti fra fratelli perché prima di dire quelle parole egli disse: “Se dunque tu stai per offrire la tua offerta sull’altare, e quivi ti ricordi che il tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia quivi la tua offerta dinanzi all’altare, e và prima a riconciliarti col tuo fratello; e poi vieni ad offrir la tua offerta”.[1188] Quindi, se un fratello ha qualcosa contro a noi perché noi gli abbiamo fatto un torto, prima di offrire i nostri sacrifici spirituali a Dio dobbiamo andare dal fratello offeso e chiedergli perdono per riconciliarci con lui. Perché se non facciamo così Dio ci punirà per il torto commesso contro di lui e ci farà pagare questo nostro debito che abbiamo contratto con il fratello fino all’ul­timo. Non ce lo rimetterà ma ce lo farà pagare per la nostra ostinazione. Ma questo avverrà sulla terra, e non in qualche luogo di sofferenza che non è l’inferno e che si trova nelle viscere della terra o da qualche altra parte.

Un altro passo preso per sostenere il purgatorio è questo scritto in Zaccaria: “E te pure, Israele, a motivo del sangue del tuo patto, io trarrò i tuoi prigionieri dalla fossa senz’acqua”.[1189] Ma anche qui si deve dire che non c’è la benché minima allusione al purgatorio della chiesa cattolica romana. In questo caso il Signore predisse che avrebbe fatto uscire dai paesi stranieri gli Israeliti che erano in cattività per farli tornare nel loro paese; difatti sempre in Zaccaria il Signore dice: “Ecco, io salvo il mio popolo dal paese del levante e dal paese del ponente; e li ricondurrò, ed essi abiteranno in mezzo a Gerusalemme...”.[1190] Queste parole possono avere anche il seguente significa­to spirituale; il Signore ha promesso a Israele di liberare i suoi prigionieri dal peccato in virtù del sangue del Nuovo Patto, ossia in virtù del sangue di Cristo. Egli ha promesso di tirarli fuori dalla fossa senz’acqua dove essi si trovano.

Sapere che il purgatorio non esiste non ci fa apparire per nulla troppo limitata la misericordia di Dio e troppo spaventosa la sua giustizia

 

In risposta al discorso che il Perardi fa per persuadere le persone che se non esistesse il purgatorio la misericordia di Dio sarebbe troppo limitata e la sua giustizia troppo spaventosa per il motivo che molte anime essendo morte con soli peccati veniali non possono essere mandate da Dio all’inferno, come anche non possono essere mandate da Dio all’inferno quelle anime che essendosi confessati al prete in punto di morte non hanno potuto fare penitenza, vogliamo dire le seguenti cose. Innanzi tutto cominciamo col dire che questa distinzione fra pecca­ti ‘veniali’ (perdonabili) e peccati ‘mortali’ che fanno i teologi cattolici romani è una dottrina falsa e molto dannosa perché induce i peccatori (i battezzati e cresimati che si confessano al prete e prendono regolarmente la comunione sono ancora tali) che non commettono determinati peccati cioè quelli chiamati mortali, e coloro che li commettono e li vanno a confessare al prete, a credere che dopo morti avranno la possibilità dopo che si saranno purgati nel purgatorio di entrare in paradiso a differenza di coloro che li commettono e non li confessano al prete i quali se ne andranno all’inferno; i preti dunque insegnando questa dottrina illudono oltre che loro stessi anche gli altri peccatori. Ma noi, che ci studiamo di non illudere nessuno ma di dire la verità in ogni cosa, diciamo che secondo la Scrittura se chi è sotto il peccato rifiuta di credere nel Figliuolo di Dio (e quindi non nasce di nuovo) sarà condannato (e questo anche se egli non è uno stregone, un omicida, un adultero o un fornicatore, ma un religioso dedito ai riti della sua religione - in questo caso della chiesa cattolica romana). Non importa a quali peccati egli è dato, se egli non crede in Cristo Gesù se ne andrà in perdizione, infatti Giovanni Battista disse che “chi rifiuta di credere al Figliuolo non vedrà la vita, ma l’ira di Dio resta sopra lui”[1191] e Gesù che “chi non avrà creduto sarà condannato”.[1192]

Nessuno vi tragga in errore perché non importa che genere di peccati ha il peccatore; se egli muore nei suoi peccati andrà all’inferno senza la benché minima possibilità di essere salvato dal Signore! Per parlare alla maniera dei Cattolici, non va in paradiso né il Cattolico praticante o meno che commette solo dei peccati veniali (come li chiamano loro) o commette quelli più gravi e li confessa al prete, e neppure chi commette dei peccati mortali (come li chiamano loro) e non li confessa al prete, perché tutti e due sono morti nei loro falli e nelle loro tras­gressioni, pieni di iniquità nel cospetto di Dio. Tutti e due devono ravvedersi dai loro peccati e credere nel Vangelo mentre sono in vita sulla terra; nel caso contrario, quando moriranno ciò che li aspetta, é l’ardore del fuoco del soggiorno dei morti! Non c’é nessun purgatorio per chi ha commesso solo peccati ‘veniali’ ma solo il tormento del fuoco dell’inferno, come anche per chi ha commesso peccati ‘mortali’ e muore con o senza la confessione auricolare. Al bando dunque questa distinzione tra peccati! Il peccato é peccato, ed il suo salario é la morte: e chi lo com­mette ne é schiavo e non può entrare nel Regno di Dio. Ma pure può essere affrancato da esso: come? Pentendosi e credendo nel nome del Figliuolo di Dio; allora sì che potrà entrare nel Regno dei cieli. Nel caso contrario, quando morirà per lui non si apriranno le porte del cielo ma si aprirà la bocca del soggiorno dei morti per ingoiarlo assieme ai suoi peccati che gravano su di lui.

Il Perardi afferma che la misericordia di Dio sarebbe troppo scarsa se non facesse entrare nel cielo quelli che non si sono resi colpevoli di sole trasgres­sioni ‘veniali’. Ma questo non è vero, perché non esistono uomini peccatori che meritano di andare in paradiso dopo essere andati in purgatorio perché rei di soli determinati peccati, perché tutti meritano l’inferno come salario della loro iniquità. Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, dice la Scrittura, ma sempre la Scrittura afferma che il nostro Dio è misericordioso e coloro a cui Dio fa misericordia vengono giustificati mediante la fede nel sangue di Cristo e perciò hanno la certezza di andare direttamente in cielo dopo morti. La misericordia di Dio é grande, sì, ed essa si manifesta verso l’uomo peccatore sulla terra salvandolo quando questi si converte dalle sue vie malvagie; ma essa non si manifesterà in nessuna maniera verso nessuno di quelli che moriranno nei loro falli perché hanno rifiutato di credere nel Figliuolo di Dio. Non è dunque perché la sua misericordia è troppo scarsa o troppo limitata che in cielo non entreranno i peccatori ‘dai peccati veniali’, ma perché la sua giustizia è eccelsa. Chi dunque sprezza la benignità di Dio sulla terra non riconoscendo che essa lo trae a ravvedimento; chi la sprezza perché vuole seguire il suo cuore impenitente, sappia quel tale che si sta accumulando un tesoro d’ira per il giorno del giudizio e che quando morirà se ne andrà dove c’é il pianto e lo stridore dei denti. Non si lasci trarre in inganno dalle parole dolci e lusinghiere dei preti perché lo aspetta l’inferno se non si ravvede. Non importa se è stato battezzato da bambino, se è stato cresimato, se prende la comunione, non importa se non è un adultero o un omicida o uno stregone o un ubriacone e si confessa al prete tutti i giorni o una sola volta all’anno; se non si ravvede da tutti i suoi peccati e crede con il suo cuore nel Vangelo quando morirà se ne andrà in perdizione!

Il Perardi dice anche che se non esistesse il purgatorio la giustizia di Dio apparirebbe troppo spaventosa. Noi invece dicia­mo che se esistesse il purgatorio Dio sarebbe non solo ingiusto ma si contraddirebbe pure. Sarebbe ingiusto perché permetterebbe ad una categoria di peccatori di entrare in cielo (anche se prima devono andarsene in purgatorio) perché si sono resi colpevoli, come dicono loro, solo di determinate colpe ‘veniali’ o perché hanno confessato le loro trasgressioni ‘mortali’ al prete, mentre all’altra non glielo consentirebbe perché si sono resi colpevoli di colpe gravi e sono morti senza confessarli al prete! In altre parole in cielo Dio non ci farebbe entrare i salvati, i giustificati con il sangue di Cristo, ma una categoria di peccatori meno colpevoli di quelli che invece se ne andranno all’inferno! Ma non subito, ma solo dopo avere penato (non si sa quanti anni, secoli o millenni) nel purgatorio. Quindi una categoria di peccatori avrà la possibilità di essere purgata dai suoi misfatti anche dopo morti mentre l’altra no. La salvezza quindi, se le cose fossero così, si potrebbe ottenere solo non commettendo certi peccati e non più col pentimento e colla fede in Cristo. Basterebbe dire alle persone, non uccidete, non commettete adulterio, non bestemmiate e fate qualche opera buona e vedrete che un giorno entrerete in paradiso. Non sarebbe quindi più vera la Scrittura che dice che chi confessa le sue trasgressioni a Dio e le abbandona otterrà misericordia,[1193] perché anche non confessando a Dio certi peccati si otterrà da lui lo stesso misericordia. Ecco perché molti Cattolici romani si illudono di potere entrare un giorno in paradiso anche se peccatori: perché essi pensano di non essere alla fin fine così peccatori da meritare l’inferno. Non sono mica degli omicidi, degli adulteri, degli stregoni, o dei sodomiti che invece lo meritano!! Abbiamo prima detto che Dio si sarebbe contraddetto creando un purgatorio: vediamo alcune contraddizioni nelle quali sarebbe caduto Dio se avesse creato la dottrina del purgatorio. Perardi dice che quelle anime che si sono pentite in punto di morte non possono entrare subito in paradiso perché non hanno la possibilità di fare penitenza (cioè di compiere le opere di soddisfazione). Ma noi diciamo: come fece allora quel ladrone pentitosi sulla croce in punto di morte (e quindi impossibilitato a compiere opere di soddisfazione) ad entrare in quello stesso giorno in paradiso dato che Gesù gli disse: “Io ti dico in verità che oggi tu sarai meco in paradiso”?[1194] Ce lo spieghino i teologi romani come fece un uomo che era stato con­dannato alla crocifissione perché malfattore (quindi in base alla teologia papista aveva commesso dei peccati mortali), ad andare subito in paradiso senza passare dal loro purgatorio! Forse che Gesù mentì al ladrone dicendogli quelle parole, una sorta di ‘bugia ufficiosa’, per tranquillizzarlo nella sua agonia e non fargli pensare che doveva, prima di andare in paradiso, andare a soffrire nel purgatorio? Affatto; perché Gesù è la verità. Egli parlò a quel ladrone da parte di Dio. Lo diciamo noi ai teologi romani perché quel ladrone poté entrare in paradiso in quello stesso giorno subito dopo che morì; perché egli fu purificato appieno dai suoi peccati mediante il sangue di Cristo Gesù che egli stava in quei momenti spandendo per la remissione anche dei suoi peccati. Quell’uomo si pentì e credette in Colui che giustifica l’empio; ecco perché ricevette da Gesù quella risposta così chiara e così consolante. Per Gesù quindi non esisteva un purgatorio dopo morti per coloro che si pentono dai loro peccati in punto di morte ma non possono fare penitenza; altrimenti si sarebbe contraddetto nel dire quelle parole a quell’uomo in fin di vita. Un altra contraddizione nella quale Dio sarebbe caduto è questa. Egli avrebbe fatto capire a coloro che erano stati da lui giustificati che il sangue del suo Figliuolo non era sufficiente a purgarli appieno sulla terra, quindi la sua giustificazione sarebbe stata parziale e non completa. E perciò l’opera espiatoria di Cristo sarebbe risultata incompleta perché insufficiente a giustificare appieno l’uomo che crede in lui. Dicendo infatti che coloro che muoiono in Cristo o nella grazia non possono andare subito in paradiso perché non possono essere così santi e puri, cioè non possono essere privi di ogni macchia di peccato, Dio implicitamente avrebbe negato che il sangue di Gesù suo Figliuolo potesse purificare l’uomo da ogni macchia di peccato. Ma il fatto è che avrebbe anche riconosciuto che le pene del purgatorio erano più efficaci del sangue di Cristo, perché quello che non poteva fare il sangue di Cristo sulla terra lo avrebbe potuto fare il fuoco del purgatorio, e ciò sarebbe stato un oltraggio contro il sangue prezioso di Cristo. Ed inoltre Egli avrebbe richiesto per la salvezza dell’uomo un doppio pagamento; un primo pagamento da parte di Cristo Gesù e un secondo pagamento da parte del credente in Lui, il che contrasta apertamente con la sana dottrina che afferma che il prezzo del riscatto è stato pagato appieno da Cristo il quale ha potuto così acquistarci la redenzione eterna. Non avremmo avuto più allora in Gesù un Salvatore morto al nostro posto, che con il suo sacrificio vicario ha compiuto la purificazione di tutti i nostri peccati e li ha appieno espiati permettendoci così di entrare in cielo appena dopo morti, ma semplicemente un amico che aveva fatto ciò che era necessario a farci scampare ai tormenti eterni della geenna ma nello stesso tempo non aveva potuto o voluto scamparci dai tormenti temporanei del purgatorio. Quelli li avremmo dovuti patire noi dopo morti; perché non era giusto che soffrisse solo lui per i nostri peccati, anche noi dovevamo soffrire in qualche modo per essi per potere accedere al paradiso!!!

Il Perardi dice che se non esistesse il purgatorio la giustizia di Dio apparirebbe troppo spaventosa; noi diciamo invece che la giustizia di Dio è eccelsa e perfetta proprio perché Dio nel mondo invisibile non ha creato il purgatorio ma l’Ades (che un giorno però cesserà di esistere perché i peccatori risorti saranno gettati nel fuoco eterno, l’altro luogo di tormento creato da Dio che attende ancora di ricevere quelli che vi sono destinati) e il paradiso. Egli punisce l’uomo impenitente che segue la durezza del suo cuore facendolo scendere quando muore nelle fiamme dell’Ades in attesa del giudizio, ma salva l’uomo che si pente e crede in lui (quantunque questi possieda dei difetti e fallisca in molte cose) facendolo, quando muore, salire in cielo nella gloria, e questo perché egli è stato purificato da tutti i suoi peccati mediante il sangue di Gesù e rivestito della giustizia di Dio che è in Cristo Gesù. Le cose sono molto chiare e perfettamente giuste. Ma perché i teologi papisti parlano in questa maniera così lusinghevole? La ragione per cui essi dicono che se non esistesse il purgatorio la giustizia di Dio sarebbe troppo spaventosa è perché essi stessi ancora non hanno speri­mentato la purificazione di tutti i loro peccati e la loro co­scienza li accusa di essere dei peccatori perduti ed hanno paura del giudizio di Dio. Noi siamo sicuri infatti che se essi fossero stati purgati dai loro peccati mediante il sangue di Cristo sarebbero sicuri, come lo siamo noi, di andare in paradiso alla loro morte, e non gli apparirebbe ‘troppo spaventosa’ la giustizia di Dio, senza il loro purgato­rio, ma gli apparirebbe così come è, perfetta senza macchia. Dal loro modo di parlare traspare chiaramente che essi hanno la paura della morte e del castigo e cercano di cancellare questa paura mediante il purgatorio: ma ahimè, il purgatorio non può togliere in nessuna maniera né la paura della morte e neppure quella del castigo. Perché questa paura la può togliere solo il sangue di Gesù di cui essi ancora non sono cosparsi.

Queste qui sopra esposte sono le ragioni per cui noi diciamo che il purgatorio non è una dottrina di Dio, ma solo una invenzione umana scaturita dalla mente carnale di uomini corrotti. Il purgatorio è una dottrina di demoni.

Il suffragio è un impostura papale che serve solo a fare arricchire la curia romana

 

La Scrittura, negando il purgatorio, nega pure ogni suffragio in favore di coloro che i teologi papisti dicono essere là ad espiare i loro debiti, quindi questo suffragio va rigettato essendo un’impostura legata ad un altra impostura (vale a dire il purgatorio). Ma ammettiamo pure per un momento che il purgatorio papista esista; non hanno mai letto i teologi papisti che “ciascuno porterà il suo proprio carico”[1195] e che nessuno “può in alcun modo redimere il fratello, né dare a Dio il prezzo del riscatto d’esso”?[1196] Come possono quindi insegnare essi che i vivi possono in qualche maniera offrire a Dio un sacrificio espiatorio per i morti che sono nel purgatorio? e quale sarebbe poi questo sacrificio? La messa. Ma se già per i vivi la messa non costituisce per nulla un sacrificio propiziatorio come potrà esserlo per i morti? Come potete bene vedere le imposture (in questo caso il purgatorio con la messa) sono ben collegate tra di loro nella teologia romana.[1197]

L’unico sacrificio propiziatorio che ha valore è quello compiuto da Gesù Cristo quando offrì se stesso sulla croce per i nostri peccati; ed esso è stato compiuto una volta per sempre e quindi è irripetibile. Ed oltre a ciò esso può giovare solo ai vivi, nel senso che ne possono beneficiare solo i viventi, per coloro infatti che lo accettano c’è la remissione dei peccati assicurata per l’eternità.

Ma quanto a coloro che sono morti nei loro peccati questo sacrificio non può più in alcun modo servire essendo scaduto per loro il tempo in cui potevano credere in esso ed essere così perdonati. Essi morranno nei loro peccati e con i loro peccati e per essi dovranno soffrire per l’eternità. Nessun cosiddetto sacrificio espiatorio (che sia la messa, o un elemosina, o altro) offerto a pro di essi da coloro che sono rimasti sulla terra potrà giammai servirgli perché Dio non ne terrà in nessun conto.

A proposito delle parole prese dal libro dei Maccabei in favore del suffragio papista diciamo le seguenti cose. Innanzi tutto va detto che i libri dei Maccabei non sono Scrittura ispirata da Dio quantunque figurino nel canone delle Bibbie cattoliche[1198] e perciò è errato prendere quei passi a sostegno del suffragio per i morti. Poi va detto che per quel che concerne il sacrificio fatto offrire da Giuda Macca­beo, nella legge di Mosè non vi erano dei sacrifici da offrire per i peccati dei morti, quindi quand’anche Giuda abbia fatto quel gesto egli non si è attenuto alla legge dei suoi padri. Il che rende nullo il suo gesto perché non prescritto dalla legge di Mosè data da Dio al suo popolo. E quindi i Cattolici prendono a sostegno del loro suffragio niente di meno che un gesto senza valore di un Giudeo.

Termino dicendo che questo suffragio riesce a fare solo una cosa, ad arricchire i preti e tutta la curia romana perché le messe da offrire per i defunti i Cattolici romani le devono pagare (o meglio, devono fare delle offerte per esse). Da tutto ciò si vede come la curia romana ricorre a tutto per arric­chirsi, anche ai sentimenti di tristezza che provano gli uomini (che non hanno speranza) al ricordo dei loro cari morti. E difat­ti i preti fanno credere ai loro parrocchiani che i loro defunti si trovano nel purgatorio da dove possono essere liberati dalle sofferenze mediante il loro denaro. Il che costituisce una conso­lazione per il popolo ingannato e nello stesso tempo una fonte di guadagno per loro stessi ingannati e ingannatori. Anche per i morti sono importanti i preti dunque, e non solo per i viventi; per i morti perché sono loro che con la messa alleviano le loro pene e li liberano dal purgatorio, per i viventi invece perché sono loro gli intermediari di Dio sulla terra tramite cui diventano Cristiani e vengono perdonati!!

Considerate fratelli per un momento con quale astuzia il papato riesce a tenere legate le persone a sé! Come è differente invece la verità che è in Cristo Gesù; i nostri parenti che sono morti in Cristo sono in cielo con il Signore e là aspettano la risurrezione, e questo ci riempie di consolazione. I nostri parenti che invece sono morti nei loro peccati sono all’inferno nei tormenti, e quantunque questo ci dispiaccia, noi non possiamo fare più nulla in loro favore.

O uomini e donne che avete dato retta ai preti, smettete di fare offrire messe per i vostri parenti o amici morti; esse non possono giovare loro nulla.

La testimonianza di un ex prete sul suffragio

 

Ho detto poco fa che il suffragio che è costituito oltre che dalle preghiere anche dalla messa è una fonte di denaro per i preti e la curia romana in genere.

Per farvi capire a che punto sono arrivati taluni preti di questa chiesa chiamata falsamente cristiana pur di fare pagare le messe ai loro parrocchiani voglio ora trascrivere l’eloquente testimonianza di un nostro fratello di nome Chiniquy morto un secolo fa circa, che prima di convertirsi era stato per lunghi anni sacerdote della chiesa cattolica romana. Ecco le sue parole: ‘Alle quattro circa della mattina delle grida pervennero al mio orecchio. Riconobbi la voce di mia madre. ‘Che cosa è successo cara mamma? ‘Oh, mio piccolo bambino, tu non hai più un padre! Egli è morto! Dicendo queste parole ella perse coscienza e cadde sul pavimento! Mentre un amico che aveva passato la notte con noi le diede la conveniente attenzione, io mi affrettai al letto di mio padre. Lo strinsi al mio cuore, lo baciai, lo coprii con le mie lacrime, mossi la sua testa, gli strinsi le mani, cercai di sollevarlo sul suo cuscino: non potevo credere che egli era morto (...) Mi inginocchiai a pregare Dio per la vita di mio padre. Ma le mie lacrime e le mie grida furono inutili. ‘Egli era morto!’ Era già freddo come il ghiaccio! Due giorni dopo che egli fu seppellito mia madre era così oppressa dal dolore che non poté seguire la processione funeraria. Io rimasi con lei come il suo unico aiuto terreno. Povera mamma! (...) Nonostante fossi allora molto giovane, io potevo capire la grandezza della nostra perdita, e mescolai le mie lacrime con quelle di mia madre. Quale penna può descrivere che cosa avviene nel cuore di una donna quando Dio le toglie improvvisamente via il marito nel fiore della sua vita, e la lascia sola, immersa nella miseria, con tre piccoli bambini di cui due sono persino troppo piccoli per conoscere la loro perdita! Come sono lunghe le ore del giorno per la povera vedova che è lasciata sola, e senza mezzi, tra gli stranieri! Come sono dolorose le notte insonni per il cuore che ha perso ogni cosa! Come è lasciata vuota una casa dall’eterna assenza di colui che era il suo capo, il suo supporto e il suo padre! (...) Oh, come sono amare le lacrime che sgorgano dai suoi occhi quando il suo più piccolo bambino, che ancora non capisce il mistero della morte, si getta nelle sue braccia e le dice: ‘Mamma, dov’è papà? Perché non torna? Io mi sento solo!’ La mia povera mamma passò quelle prove. Io sentivo i suoi singhiozzi durante le lunghe ore del giorno, e anche durante le ancor più lunghe ore della notte. Molte volte l’ho vista cadere sulle sue ginocchia per implorare Dio di essere misericordioso verso lei e i suoi tre infelici orfani. Non potevo fare altro che confortarla, amarla, pregare e piangere con lei! Erano passati solo pochi giorni dal seppellimento di mio padre quando vidi arrivare a casa nostra Mr. Courtois il parroco (quello che aveva cercato di portarci via la Bibbia). Egli aveva la reputazione di essere ricco, e dato che noi eravamo poveri e infelici da quando mio padre era morto, il mio primo pensiero fu che egli fosse venuto a confortarci e ad aiutarci. Potei vedere che mia madre aveva le stesse speranze. Ella lo accolse come un angelo dal cielo. (...) Dalle sue prime parole però potei comprendere che le nostre speranze non sarebbero state realizzate. Egli cercò di essere comprensivo, e disse persino qualcosa circa la fiducia che noi dovevamo avere in Dio, specialmente nei periodi di prova; ma le sue parole erano fredde e aride. Voltandosi verso di me, disse: ‘Continui a leggere la Bibbia, mio piccolo ragazzo? ‘Sì, signore,’ risposi, con una voce tremante di ansietà, perché temevo che egli avrebbe fatto un altro tentativo per portarci via quel tesoro, e io non avevo più un padre per difenderlo. Poi, rivolgendosi a mia madre, egli disse: - Io ti dissi che non era giusto per te e per il tuo bambino leggere quel libro’. Mia madre abbassò gli occhi e rispose solo con le lacrime che scorrevano giù dalle sue guance. La domanda fu seguita da un lungo silenzio, e il prete dopo continuò: ‘C’è qualcosa da dare per le preghiere che vengono cantate, e i servizi che tu hai richiesto siano offerti per il riposo dell’anima di tuo marito. Ti sarei molto grato se tu mi pagassi quel piccolo debito.’ ‘Mr. Courtois’, rispose mia madre, ‘mio marito non mi ha lasciato nient’altro che debiti. Io ho solo il lavoro delle mie mani per procurare da vivere ai miei tre bambini, di cui il più grande è davanti a lei. Per amore di questi piccoli orfani, se non per il mio, non ci prendere quel poco che ci è rimasto. ‘Ma tu non rifletti. Tuo marito è morto improvvisamente senza nessuna preparazione; egli è quindi nelle fiamme del purgatorio. Se tu vuoi che egli sia liberato, devi necessariamente unire i tuoi personali sacrifici alle preghiere della Chiesa e alle messe che noi offriamo’. ‘Come ti ho detto, mio marito mi ha lasciato assolutamente senza mezzi, ed è impossibile per me darti del denaro’, replicò mia madre. (...) ‘Ma le messe offerte per il riposo dell’anima di tuo marito devono essere pagate’, rispose il prete. Mia madre si coprì la faccia con il suo fazzoletto e pianse. Per quanto mi riguarda, io questa volta non mischiavo le mie lacrime con le sue. I miei sentimenti non erano di dolore, ma di rabbia e di indescrivibile orrore. I miei occhi erano fissi sul volto di quell’uomo che torturava il cuore di mia madre (...) Dopo un lungo silenzio mia madre alzò gli occhi, arrossati con le lacrime, sul prete e disse: ‘Vedi quella mucca nel prato, non lontano da casa nostra? Il suo latte e il suo burro che facciamo da essa formano la parte principale del cibo dei miei bambini. Io spero che tu non ce la porterai via. Se comunque, un tale sacrificio deve essere fatto per liberare dal purgatorio l’anima del mio povero marito, prenditela come pagamento delle messe da offrirsi per spegnere quelle fiamme divoranti’. Il prete si alzò all’istante dicendo: ‘Molto bene’, e uscì. I nostri occhi lo seguirono ansiosamente; ma invece di incamminarsi verso il piccolo cancello che era davanti alla casa, egli si diresse verso il campo, e guidò la vacca davanti a lui nella direzione di casa sua. A quella vista io gridai dalla disperazione: ‘O mamma mia! egli sta portando via la nostra mucca! Che sarà di noi?’ Il signor Nairn ci aveva dato quella splendida mucca quando essa aveva tre mesi (...) Io la nutrivo con le mie proprie mani, e avevo spesso diviso il mio pane con lei. Io l’amavo come un bambino ama sempre un animale che egli ha cresciuto. Sembrava anche che essa mi comprendesse e mi amasse. Da qualsiasi distanza essa mi poteva vedere, correva verso di me per ricevere le mie carezze e qualsiasi cosa io potessi avere da darle. Mia madre stessa la mungeva; e il suo ricco latte era così delizioso e sostanzioso per noi. (...) Anche mia mamma gridò dal dolore come vide il prete portare via gli unici mezzi che il cielo le aveva lasciato per nutrire i suoi bambini. Gettandomi nelle sue braccia, io le domandai: ‘Perché hai dato via la nostra mucca? Che sarà di noi? Noi moriremo sicuramente di fame’. ‘Caro figlio’, ella rispose, ‘Io non pensavo che il prete sarebbe stato così crudele da portarci via l’ultima risorsa che Dio ci aveva lasciato. Ah! se io avessi creduto che lui sarebbe stato così spietato io non gli avrei mai parlato come ho fatto. Come tu dici, mio caro figlio, che sarà di noi? Ma non mi hai tu spesso letto nella tua Bibbia che Dio è il Padre della vedova e dell’orfano? Noi pregheremo a quell’Iddio che è disposto ad essere tuo Padre e il mio; Egli ci ascolterà, e vedrà le nostre lacrime. Inginocchiamoci e chiediamogli di essere misericordioso verso di noi, e di restituirci l’aiuto del quale il prete ci ha privato’. Ci inginocchiammo. Ella prese la mia mano destra con la sua sinistra, e alzando l’altra mano verso il cielo, ella offrì una tale preghiera all’Iddio delle misericordie per i suoi poveri bambini che io non ho mai più udito da allora’.[1199]

Le parole di Chiniquy fanno chiaramente capire che questa diabolica dottrina del purgatorio e del suffragio ha portato molti preti a divorare persino le case delle povere vedove. E che cosa ci si poteva aspettare di buono da essa?

L’altare privilegiato è un impostura

 

E’ superfluo dire che l’altare privilegiato è una delle imposture di cui si usa la curia romana per impossessarsi del denaro delle persone. Certo è che in base al potere che gli altari privilegiati hanno il purgatorio dovrebbe essere vuoto; ma le cose non stanno così perché il purgatorio è sempre pieno di anime che aspettano con ansietà che i loro amici e i loro parenti facciano elemosine e facciano dire delle messe in loro favore! Quindi rientra nell’interesse dei papi mantenere il purgatorio sempre pieno.

IL GIUDIZIO PARTICOLARE

La dottrina dei teologi papisti

 

Subito dopo morti l’anima di ogni uomo subisce un giudizio divino e viene mandata in base al suo esito o in paradiso o al purgatorio o all’inferno.

Il catechismo afferma: ‘Il giudizio particolare è quello che subisce l’anima di ogni uomo, subito dopo la morte. Non appena essa è separata dal corpo, si presenta dinanzi a Gesù Cristo, a rendere conto della sua vita. E’ opinione di molti pii scrittori che il giudizio particolare si compia nel luogo stesso dove la persona viene a morire; spirati, l’anima incontra subito Gesù Cristo suo giudice, cui deve rendere conto di tutto il proprio operato (....) Dopo il giudizio particolare, l’anima, se è senza peccato e senza debito di pena, va in Paradiso; se ha qualche peccato veniale o qualche debito di pena, va in Purgatorio finché abbia soddisfatto; se è in peccato mortale, qual ribelle incon­vertibile a Dio, va all’Inferno’.[1200]

Confutazione

Appena morti non avviene nessun giudizio particolare

 

Questa dottrina papista è falsa perché quando una persona muore sia che sia un figliuolo di Dio o un figliuolo del diavolo, essa non va davanti a Gesù Cristo per essere giudicato e quindi dichiarato assolto nel primo caso o condannato nel secondo. Questo perché Gesù ha detto in riferimento a coloro che credono in lui: “Chi ascolta la mia parola e crede a Colui che mi ha mandato, ha vita eterna; e non viene in giudizio, ma è passato dalla morte alla vita”,[1201] ed anche: “Chi crede in lui non è giudicato”;[1202] mentre per coloro che rifiutano di credere in lui ha detto: “Chi non crede è già giudicato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figliuol di Dio”.[1203]

Quindi, la persona quando muore se credente va subito in paradiso in attesa di ricevere il premio della sua fatica (alla risurrezione), se incredulo se ne va subito all’inferno nei tormenti in attesa del giudizio e della relativa condanna (che riceverà sempre alla risurrezione); non c’è nessun giudizio particolare che essa deve subire subito dopo morta, perché all’atto della morte o è già giudicato o non è giudicato. Per concludere, mediante la fede la persona non viene giudicata ma giustificata sin dalla terra; senza la fede invece la persona è già giudicata sin dalla terra.

IL PECCATO

La dottrina dei teologi papisti

 

I peccati si distinguono in veniali e mortali; i primi non privano chi li commette della grazia, mentre i secondi sì. I peccati veniali si espiano anche senza confessione; quelli mortali invece abbisognano della confessione per essere perdonati.

La dottrina sul peccato che insegna la chiesa romana, cioè il come si viene liberati dai peccati e la distinzione dei peccati, sta alla base dei suoi due sacramenti indispensabili alla salvezza, ma essa sta anche alla base del purgatorio. Ritengo dunque utile esporvela per sommi capi affinché possiate comprendere bene il perché il purgatorio è una dottrina indispensabile nella teologia papista.

Innanzi tutto essa insegna che mediante il battesimo il bambino diventa un cristiano, cioè rinasce spiritualmente a nuova vita, perché gli vengono cancellati i peccati mediante il battesimo; poi essa insegna la distinzione tra peccati veniali e peccati mortali facendo credere ai battezzati che vi sono dei peccati, quelli veniali, che non privano l’anima della grazia di Dio, ed altri, quelli mortali, che privano l’anima della grazia di Dio.

E per ciascuna di queste categorie di peccati la chiesa romana ha escogitato questo rimedio. Essa dice che un battezzato può ricevere il perdono dei suoi peccati veniali (dal latino venialis che significa ‘perdonabile’) durante la sua vita col pentimento, con buone opere e senza la confessione al prete, il Perardi afferma infatti: ‘Può aversene il perdono col pentimento e con buone opere, anche senza la confessione sacramentale’[1204] o altrimenti li soddisferà dopo morto con le pene gravi del purgatorio;[1205] mentre se commette un peccato mortale può ricevere il perdono di esso solo confessandolo al prete: ‘La grazia di Dio, perduta per il peccato mortale, si riacquista con una buona confessione sacramentale’[1206] e dice che se muore senza averne fatta confessione sacra­mentale non potrà mai avere accesso al paradiso perché se ne andrà all’Inferno! Ecco come si esprime il Perardi a tale riguardo: ‘Chi muore in istato di peccato mortale, va all’Inferno’.[1207]

In altri termini, per la chiesa romana siccome che le due categorie di peccati hanno degli effetti spirituali diversi sull’individuo che li commette (il peccato veniale non toglie la grazia mentre il peccato mortale sì), di conseguenza cambia anche il modo in cui se ne può ottenere il perdono; più facile per il primo perché in questo caso basta il pentimento con qualche opera buona, più difficile per il secondo perché in questo caso è necessaria la confessione o la contrizione perfetta!

Ma non è tutto: perché dato che la penitenza ‘rimette la pena eterna, ma ne lascia ordinariamente una temporanea da scontare o in questa vita o nell’altra’ il penitente deve anche lui dare la sua parte di soddisfazione per espiare tutta la pena dei suoi peccati commessi.

Per chi dice invece che ‘tutta la pena viene sempre rimessa da Dio insieme alla colpa e che l’unica soddisfazione dei penitenti è la fede, con cui apprendono che Cristo ha soddisfatto per essi’ c’è l’anatema tridentino[1208] In questa maniera, cioè insegnando che il battezzato, sia nel caso di peccati veniali e sia di peccati mortali, deve sempre fare delle opere per ottenere la remissione del debito della pena temporanea meritata e che il pentimento e la fede in Cristo non sono sufficienti a soddisfare, il purgatorio trova il suo logico posto, perché? Perché è il luogo dove il penitente deve andare dopo morto a scontare qualsiasi debito di pena temporanea rimastogli sulla terra: che tutti hanno, solo che per alcuni è più grande e per altri meno. In paradiso infatti ci va solo colui che è senza peccato neppure veniale e senza debito di pena cioè che ha già soddisfatto a tutta la pena temporanea dovuta per i peccati gravi, cioè chi è puro di ogni macchia, e dato che in punto di morte nessuno può sperare di trovarsi così puro e così santo da potere subito accedere in paradiso - come essi dicono - perché tutti hanno qualche colpa da espiare, allora il penitente deve andarsene prima nel purgatorio a pagare il suo debito per potere poi accedere in paradiso! Avete compreso dunque in che maniera il purgatorio è strettamente collegato alla dottrina del peccato insegnata dalla chiesa papista? Perché esso costituisce quel posto da cui tutti devono passare per espiare con le loro sofferenze ogni debito di pena temporanea contratto sulla terra che essi non hanno potuto o voluto pagare sulla terra con le loro opere. In altre parole esso costituisce quel luogo dove, dato che sulla terra mediante la sola fede nel sacrificio propiziatorio di Cristo non si può in nessuna maniera ottenere la remissione di tutta la pena meritata con i peccati (il che significa che il sangue di Cristo non può cancellarla), il penitente deve per forza di cose andare per mettersi finalmente a posto davanti a Dio, cioè per pagare tutto quello che gli rimane a pagare!

Per farvi comprendere ora quali sono per i teologi cattolici romani i peccati veniali, che non sono gravi, e quelli mortali che invece sono gravi, vi citerò alcune parole sempre dal Nuovo Manuale del Catechista: ‘La legge di Dio, ad esempio, proibisce di rubare. Se io rubo pochi soldi a un ricco, il mio peccato non è mortale, ma veniale; è mortale se rubo una somma grave. Una semplice bugia è peccato veniale, ma mortale la bestemmia’.[1209]

Per quanto riguarda la bugia occorre dire che, secondo i teologi romani, essa è di tre tipi, cioè, la bugia giocosa, la bugia ufficiosa, e la bugia dannosa (questa distinzione fu introdotta da Tommaso d’Aquino).

La bugia giocosa è quando si mentisce per giuoco, senza alcuno scopo serio, e per il solo piacere di mentire; la bugia ufficiosa è quando si mentisce per scusarsi, ovvero per produrre un qual­che vantaggio a sé stesso o ad altri, senza che però ne venga per essa danno al prossimo; la bugia dannosa è quando per essa ne viene ingiusto danno al prossimo.

Le prime due classi di bugie, secondo la teologia romana, non sono che peccato veniale, mentre la bugia dannosa è un peccato grave. Citiamo a tale proposito ciò che dice l’Enciclopedia Ecclesiastica alla voce ‘bugia’: ‘Solo la bugia dannosa può essere colpa grave, come quando inducesse in errore su Dio, la religione, la morale, o recasse danno grave al prossimo nella vita, nelle ricchezze o nella fama; in tutti questi casi, infatti, è una grave violazione del precetto della carità (...) La bugia ufficiosa (quella cioè che mira a qualche vantaggio) e quella giocosa, non sono peccato grave (...) anzi, la giocosa, secondo alcuni, può essere del tutto innocente, ossia non essere neppure bugia. Questa dottrina sulla colpevolezza di chi mente è comune nella Chiesa’.[1210]

E se questo non basta per capire che i teologi della chiesa romana ammettono in alcune circostanze la menzogna citiamo anche quello che dice l’Enciclopedia Cattolica alla voce menzogna: ‘In molti casi, basterà il silenzio o la frase evasiva allo scopo di salvare il segreto, di eludere una minaccia, di essere cortesi. Ma tante altre volte il silenzio o la frase evasiva sono proprio tali da tradire quegli scopi. Non si può allora né tacere né evadere; bisogna dire qualcosa; d’altronde il proprio pensiero non può dirsi senza pericolo. E’ lecita in simili circostanze la risposta falsa? Con la grande maggioranza degli uomini sani, i dottori cattolici rispondono di sì’.[1211]

Confutazione

Come i peccati vengono rimessi e l’unica distinzione esistente tra di essi secondo la Scrittura

 

La sacra Scrittura insegna che “il peccato é la violazione della legge”[1212] e che “tutti hanno peccato e son privi della gloria di Dio”.[1213] Perché tutti hanno peccato? Perché Adamo, il primo uomo, peccò e per mezzo di lui il peccato è passato su tutti gli uomini; dice Paolo infatti che “per la disubbidienza di un solo uomo i molti sono stati costituiti peccatori”;[1214] quindi tutti coloro che vengono al mondo nascono con il peccato secondo che é scritto: “Io sono stato formato nella iniquità, e la madre mia mi ha concepito nel peccato”.[1215] In altre parole ogni creatura umana sin da quando nasce è incline per natura a peccare contro Dio perché ha il peccato in sé; e difatti noi tutti “eravamo per natura figliuoli d’ira, come gli altri”.[1216] Ora, il peccato, di cui è contaminata la coscienza di ogni essere umano sin dalla sua nascita, per mezzo del comandamento prende vita e uccide chi lo serve perché come dice Paolo “senza la legge il peccato è morto... ma, venuto il comandamento, il peccato prese vita, ed io morii”,[1217] e può essere cancellato dalla sua coscienza solo mediante il sangue di Gesù Cristo secondo che é scritto: “Se il sangue di becchi e di tori e la cenere d’una giovenca sparsa su quelli che son contaminati santificano in modo da dar la purità della carne, quanto più il sangue di Cristo che mediante lo Spirito eterno ha offerto se stesso puro d’ogni colpa a Dio, purificherà la vostra coscienza dalle opere morte per servire all’Iddio vivente?”.[1218] Ma quando avviene questa purificazione? Quando l’uomo si riconosce peccatore davanti a Dio e lo implora affinché lo perdoni e crede con il suo cuore nel Vangelo. Questo é attestato da queste parole che l’apostolo Pietro rivolse ai Giudei: “Ravvedetevi dunque e convertitevi, onde i vostri peccati siano cancellati...”;[1219] quindi è del tutto menzognera la dottrina cattolica che afferma che il fanciullo mediante il battesimo viene nettato e liberato dal suo peccato. Certo, il bambino ancora dopo pochi giorni dalla sua nascita non ha ancora compiuto peccati, però ha il peccato in sé; ma questo non può svanire dalla sua coscienza mediante dell’acqua cosiddetta santa versata sulla sua testa. Quell’acqua lo bagna ma non lo libera dal peccato che ha ereditato dai suoi antenati.[1220]

Per quanto riguarda invece i peccati commessi dopo essere stati purificati e liberati dai peccati commessi nella nostra ignoranza, anch’essi vengono cancellati mediante il sangue di Cristo e ciò dopo averne fatta confessione a Dio secondo che è scritto: “Se confessiamo i nostri peccati, Egli è fedele e giusto da rimet­terci i peccati e purificarci da ogni iniquità”.[1221] Non esistono quindi secondo la Scrittura due categorie di peccati per ottenere il cui perdono occorre seguire due prassi diverse, una più facile e l’altra più difficile come nella chiesa papista. Da tutte le iniquità che il credente commette, per ottenerne il perdono da Dio, egli si deve pentire davanti a Dio e confessarle a Dio abbandonandole perché è scritto: “Chi le confessa e le abbandona otterrà misericordia”.[1222] Si noti pure che a differenza di quanto insegna la chiesa cattolica sulla remissione dei peccati dopo il battesimo, la Scrittura non insegna che dopo avere ottenuto direttamente dal Signore la remissione di essi rimane per essi una pena temporanea da scontare perché questo è in piena contraddizione con lo stesso concetto di remissione insegnatoci dalla Parola di Dio. Infatti dire che il Signore ci rimette i nostri debiti in virtù del nostro pentimento e della nostra fede in lui, ma noi dobbiamo sempre dare la nostra parte di soddisfazione o in questa vita o nell’altra per essi significa attribuire a Dio questo modo di agire. Che lui ha promesso di rimetterci i nostri debiti che avremmo contratto verso lui dopo la nostra conversione in virtù del sacrificio propiziatorio del suo Figliuolo, ma nei fatti richiede da noi che diamo un contributo per estinguere i nostri debiti. Questo significherebbe che la remissione promessaci dal Signore non è una vera remissione. E che quindi lui ha mentito: ma no, lui non ha mentito, sono piuttosto i teologi papisti che mentono contro la verità secondo che è scritto: “Sia Dio riconosciuto verace, ma ogni uomo bugiardo”,[1223] facendo dire alla Scrittura quello che essa non dice. La verità è che il sangue di Gesù Cristo ci purifica da ogni peccato a noi credenti, ed è in grado di nettarci e di renderci più bianchi della neve secondo che dice Davide nei Salmi: “Lavami, e sarò più bianco che neve”[1224] nel momento in cui ci macchieremmo. In altre parole, noi credenti per mezzo del prezioso sangue di Cristo, il prezzo da lui pagato per la remissione dei nostri peccati commessi prima e dopo la nostra rigenerazione, otteniamo dal Signore nella sua grande misericordia l’estinzione totale di ogni nostro debito cosicché dopo la nostra confessione non rimane proprio nulla da scontare.[1225] Ecco perché siamo sicuri che quando moriamo andiamo subito con il Signore in cielo, perché quando noi confessiamo i nostri falli a lui il suo sangue di cui noi siamo stati cosparsi ci imbianca in maniera tale da poterci presentare puri da ogni macchia nel cospetto di Dio ad ogni istante. Quindi la nostra non è affatto presunzione, ma semplicemente fiducia nel potere purificatore del sangue di Gesù. Per chi è sotto il sangue di Gesù non c’è condanna alcuna, non c’è debito di pena da espiare in un purgatorio, perché in quel sangue ci sono tutti i meriti necessari alla soddisfazione di tutti i suoi debiti contratti dopo la sua conversione.

Per quanto riguarda poi la distinzione generale tra peccati veniali e mortali che fanno i teologi papisti diciamo le seguenti cose. Giacomo ha detto: “Chiunque avrà osservato tutta la legge, e avrà fallito in un sol punto, si rende colpevole su tutti i punti”,[1226] e la Scrittura dice che è “maledetto chiunque non persevera in tutte le cose scritte nel libro della legge per metterle in pratica”;[1227] per questo noi consideriamo del tutto inutile ma anche dannosa la distinzione tra peccati veniali e peccati mortali che fanno i teologi cattolici, perché sappiamo che benché non tutti i Cattolici romani possono essere accusati di avere ucciso delle persone o di commettere dei peccati contro natura (che sono peccati mortali per i teologi papisti) pure tutti sono sotto la maledizione della legge e morti nei loro falli e nelle loro trasgressioni.

Anche per noi credenti questa distinzione tra i peccati che fanno i papisti non ha valore perché sappiamo che “ogni iniquità è peccato”[1228] che offende Dio, disonora la sua parola e produce la morte. Giacomo dice per esempio che il peccato (e non fa nessuna distinzione tra i peccati) “quand’è compiuto, produce la morte”.[1229] Per questo odiamo tutti i peccati, anche quelli che non paiono così distruttivi, e ci studiamo di non compierli e quando pecchiamo confessiamo il nostro peccato a Dio per essere da Lui purificati con il sangue del suo Figliuolo. Come ho detto prima, torno a ripeterlo, non esistono per noi credenti peccati meno gravi per i quali occorre seguire una prassi più sbrigativa e più semplice per ottenere il perdono divino, e peccati gravi per i quali occorre seguire un’altra prassi più difficile. In altre parole sappiamo che Dio è pronto a perdonarci i nostri peccati, non importa di che natura siano, a condizione che noi ci pentiamo da essi e glieli confessiamo. Quando Gesù c’insegnò a pregare ci disse di dire al Padre nostro: “Rimettici i nostri debiti”[1230] e non disse che per taluni debiti basta fare una cosa mentre per altri non basta!! Sia ben chiaro questo.

Va detto però che tra tutti i peccati c’è un peccato che se un credente commette non può essere perdonato perché è impossibile menarlo da capo a ravvedimento; é il peccato che mena a morte. Le seguenti Scritture confermano questo.

-  “V’è un peccato che mena a morte; non é per quello che dico di pregare”;[1231]

-  “Se pecchiamo volontariamente dopo aver ricevuto la conoscenza della verità, non resta più alcun sacrificio per i peccati; rimangono una terribile attesa del giudizio e l’ardore d’un fuoco che divorerà gli avversarî”;[1232]

-  “Perché quelli che sono stati una volta illuminati e hanno gustato il dono celeste e sono stati fatti partecipi dello Spiri­to Santo e hanno gustato la buona parola di Dio e le potenze del mondo a venire, se cadono, è impossibile rinnovarli da capo a ravvedimento, poiché crocifiggono di nuovo per conto loro il Figliuol di Dio, e lo espongono ad infamia”;[1233]

-  “Chiunque avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo, non ha remissione in eterno, ma è reo d’un peccato eterno”.[1234]

Quindi, secondo la Scrittura esiste un peccato che mena a morte (alla morte seconda) il credente che lo commette, ed esso consiste nel volontario rinnegamento della propria professione di fede, e per chi lo commette é impossibile ravvedersi di nuovo perché crocifigge di nuovo per conto suo il Figlio di Dio e lo espone ad infamia. Questa è l’unica distinzione tra i peccati che fa la Scrittura: tutti possono essere rimessi tranne quello a morte perché chi commette quest’ultimo crocifigge di nuovo il Figlio di Dio e lo espone ad infamia.

A proposito invece della distinzione particolare vista in precedenza diciamo: per quanto riguarda il rubare la Scrittura insegna che Dio dice: “Non rubare”,[1235] perciò non importa quanto uno ruba ad un ricco, se poco o tanto, perché chi ruba trasgredisce la legge di Dio e riceve come retribuzione dal peccato la morte secondo che è scritto: “Il salario del peccato é la morte”.[1236] A proposito del mentire la Scrittura dice: “Perciò, bandita la menzogna, ognuno dica la verità al suo prossimo perché siamo membra gli uni degli altri”,[1237] perciò non importa se uno dice una bugia per ridere o per scusarsi o per diffamare il suo prossimo perché egli commette una cosa in abominio a Dio secondo che è scritto: “Le labbra bugiarde sono un abominio per l’Eterno”.[1238]

E a proposito della bugia da loro chiamata giocosa la Scrittura la condanna perché afferma: “Come un pazzo che avventa tizzoni, frecce e morte, così è colui che inganna il prossimo, e dice: Ho fatto per ridere!”.[1239] Quindi, i dottori della chiesa romana che parlano in quel modo a riguardo della menzogna mentono loro stessi contro la verità e inducono le persone ad amare e praticare la menzogna a danno della loro anima.

Avete compreso dunque perché parlando con i Cattolici ci si sente sovente dire: ‘Ma io lavoro, non rubo (si intende, grosse somme di denaro) non bestemmio, non ucci­do, non commetto adulterio, di che cosa mi devo ravvedere? Perché loro pensano che sono degni di ricevere il castigo eterno solo per certi peccati, per gli altri no perché c’é il purgatorio che glieli purgherà dopo morti se da essi non si sono pentiti in tempo! Come potete vedere questa distinzione tra peccati veniali e mortali ha avuto ed ha nefaste conseguenze sulle persone perché le porta a sottovalutare una certa categoria di peccati, appunto quella dei veniali, a danno della loro anima.[1240]

O Cattolici, che avete ricevuto il battesimo da infanti, sappiate che se non vi ravvedete dai vostri peccati e non credete nel Vangelo quando morirete ve ne andrete all’in­ferno perché morirete nei vostri peccati. Non importa se morirete nei peccati ‘veniali’ o nei peccati ‘mortali’ (come li chiamate voi), voi perirete perché Gesù ha detto: “Se non credete che sono io (il Cristo), morrete nei vostri peccati”,[1241] ed anche: “Se non vi ravvedete, tutti similmente perirete”;[1242] e quand’anche prima di morire vi confessaste al prete non scamperete alle fiamme dell’inferno perché il prete non potrà in nessuna maniera darvi l’assoluzione divina non avendo il potere di assolvere i peccatori. Vi scongiuriamo quindi a pentirvi di tutti i vostri peccati e chiedere perdono direttamente al Signore Iddio perché lui solo può purificavi appieno e all’istante da essi dandovi così la certezza assoluta di andare in cielo con Gesù Cristo appena morti.

LE PREGHIERE PER I MORTI (PARTE DEL SUFFRAGIO)

La dottrina dei teologi papisti

 

Pregando per le anime in purgatorio si alleviano le loro pene.

I teologi papisti affermano che pregando per coloro che sono morti, si possano lenire le pene delle anime meritevoli di salvezza che sono nel purgatorio, e si possa pure abbreviare il tempo che ci devono rimanere! Questa dottrina, come potete vedere, é strettamente legata al purgatorio. Essa è stata fabbricata con delle parole attinte dal libro dei Maccabei (uno dei libri apocrifi non ispirati da Dio) che dicono che un certo Giuda Maccabeo assieme ad altri supplica­rono Dio di perdonare i peccati di alcuni soldati Giudei caduti in battaglia,[1243] e che questo Giuda fece raccogliere del denaro che mandò a Gerusalemme per fare offrire un sacrificio espiatorio per il peccato di quei morti. A queste parole sono state aggiunte diverse parole dei loro cosiddetti padri che erano in favore delle preghiere per i morti. Tra queste spiccano quelle di Agostino: essi citano infatti spesso queste parole di Agostino che lui rivolse a Dio per sua madre dopo che questa morì: ‘Rimetti anche Tu a lei i suoi debiti, quelli che contrasse in tanti anni, dopo avere ricevuto l’acqua della salute. Rimettili, o Signore, rimettili, te ne supplico, non entrare in giudizio con essa...’;[1244] poi delle altre sue parole con le quali egli dice a Dio di ispirare i suoi servi affinché si ricordino all’altare di sua madre Monica e di suo padre Patrizio, defunti;[1245] e questa sua citazione dal libro La città di Dio che dice: ‘La stessa preghiera della Chiesa o di qualche uomo pio a favore di alcuni defunti è esaudita, ma soltanto per quelli che, rigenerati in Cristo, non hanno condotto nel loro corpo una vita tanto cattiva da essere giudicati indegni di questa misericordia, ma neppure una vita così buona da non avere bisogno di quella misericordia’.[1246]

Confutazione

I morti non hanno bisogno delle nostre preghiere

 

Non ritengo superfluo dirvi di riprovare e confutare questa dottrina diabolica che fa credere a milioni di persone che i viventi possano in qualche modo contribuire alla salvezza delle anime di coloro che sono morti nei loro falli pregando per loro. La Scrittura afferma che quando muore un peccatore egli se ne va nel soggiorno dei morti dove c’é un fuoco non attizzato da mano d’uomo e dove c’é il pianto e lo stridore dei denti. Per lui non c’é più nessuna possibilità di essere salvato; gli rimarrà solo di aspettare il giudizio del gran giorno e la relativa condanna. Per chi invece muore nel Signore, cioè muore riconciliato con Dio, c’é la gloria, perché l’anima sua si diparte dal corpo e va ad abitare con il Signore lassù nel cielo. Quindi se l’uomo muore perduto, perduto rimarrà in attesa del giudizio e anche dopo che sarà giudicato, cioè per l’eternità; se invece muore salvato, sarà salvo sia nell’attesa della risurre­zione che anche dopo che Dio giudicherà il suo popolo.

Secondo l’insegnamento della Parola di Dio non esistono vie alternative a quella che mena alla perdizione ed a quella che mena alla vita; ma non secondo il catechismo cattolico, infatti per esso esiste, ed é il purgatorio dove secondo loro le anime dei defunti con l’aiuto delle preghiere dei viventi ricevono l’alleviamento delle loro pene e la liberazione da esse per potere accedere al paradiso di Dio. Che inganno che è questo purgatorio!

Noi dobbiamo pregare per i vivi

 

La Scrittura ci insegna che noi dobbiamo pregare per tutti gli uomini affinché siano salvati, ma questo lo dobbiamo fare mentre essi sono ancora in vita, e non anche dopo che essi sono morti infatti l’apostolo Paolo dice a Timoteo: “Io esorto dunque, prima d’ogni altra cosa, che si facciano supplicazioni, preghiere, interces­sioni, ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che sono in autorità, affinché possiamo menare una vita tranquilla e quieta, in ogni pietà e onestà”.[1247] Paolo stesso in questo ci ha lasciato l’esempio, perché egli pregava per gli increduli affinché fossero salvati secondo che é scritto: “Il desiderio del mio cuore e la mia preghiera a Dio per loro é che siano salvati”,[1248] ma le sue preghiere egli le rivolgeva a Dio solo per coloro che erano ancora in vita. E questo perché lui sapeva che sarebbe stato del tutto inutile pregare per la salvezza dei peccatori morti, perché non credeva all’esistenza di un purgatorio nell’aldilà da dove le anime con l’aiuto delle sue preghiere avrebbero potuto passare in paradiso.

Anche per quanto riguarda i credenti la Scrittura ci insegna che noi dobbiamo pregare per loro mentre sono in vita, perché una volta che sono morti noi con le nostre preghiere in loro favore non possiamo fare alcunché in loro favore. Il Figliuol di Dio nei giorni della sua carne pregò per i vivi, e così anche gli aposto­li dopo di lui. Vi sono molte Scritture che lo confermano; perciò pure noi dobbiamo pregare per i nostri fratelli solo mentre essi sono in vita, e non anche dopo che sono morti perché in cielo essi non hanno punto più bisogno delle nostre preghiere.

 

CONCLUSIONE

 

Il come si sia formata questa malefica dottrina del purgatorio nel corso del tempo e come essa sia stata accettata da molti come buona a danno delle loro anime ci fa comprendere alcune cose. Innanzi tutto che se una dottrina non può essere conferma­ta dagli Scritti sacri e va contro la sana dottrina essa deve essere rigettata e confutata senza indugio alcuno per non trovarsi avvelenati spiritualmente. In secondo luogo che non importa quanto antica sia una dottrina, o chi siano stati i suoi sostenitori, se essa va contro la Parola di Dio deve essere rigettata; insomma, non importa chi la sosteneva nell’antichità, se Agostino, Girolamo, Ambrogio, ecc. essa va rigettata. Nessuno si lasci trarre in inganno dal fatto che quegli scrittori vissero molti secoli fa; perché questo non ha nessun valore, perché per stabilire se una dottrina è vera non si deve guardare quanto antica sia ma se è conforme all’insegnamento della Parola di Dio presa nella sua globalità. Abbiamo visto che i Cattolici romani citano spesso molti dei cosiddetti padri della chiesa attribuendo alle loro parole uguale importanza che alle parole dei profeti e degli apostoli e del Signore Gesù. Difatti, essi citano spesso questi antichi scrittori per sostene­re le loro eresie. A noi non importa quanto siano stati famosi e rispettati quegli uomini ai loro tempi, e neppure quanto eloquenti siano stati, e neppure quanti volumi abbiano scritto; ciò che di storto essi hanno detto noi non lo accettiamo. Per noi le loro strane dottrine non hanno per nulla lo stesso valore della Parola di Dio come invece ce l’hanno per i Cattolici, anzi è meglio dire che per noi credenti non hanno nessun valore perché esse si oppongono nettamente alle sane parole del Signore e degli apostoli. L’esempio del purgatorio conferma quanto appena detto: il purgatorio infatti, che è parte della cosiddetta venerabile tradizione passata di mano in mano, attacca il potere espiatorio del sangue di Cristo, perché lo annulla. E’ dunque una dottrina di demoni, non una dottrina degli apostoli; demoniaca e non apostolica. E’ una vanità ingannatrice scaturita da delle menti carnali che bisogna rigettare, distruggere e smascherare con le Scritture. Siate ferventi di spirito, zelanti nelle Scritture, levatevi in favore della verità anche voi distruggendo questa roccaforte papista che ha illuso fino ad ora centinaia di milioni di persone scaraventandole all’inferno

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Capitolo 7

 

IL CULTO A MARIA, AI SANTI E AGLI ANGELI; LE STATUE E LE IMMAGINI; I PELLEGRINAGGI E LE PROCESSIONI

 

IL CULTO A MARIA

 

La chiesa cattolica romana, come ben sapete, tributa un culto a Maria, la madre di Gesù. A Maria sono rivolte preghiere e canti; le statue e le immagini che la raffigu­rano sono un po’ da per tutto, nelle basiliche cattoliche, negli ospeda­li, negli orfanotrofi, nei collegi, per le strade, per le piazze, sui monti, nelle grotte, nelle case; per esse molta gente va in delirio, davanti ad esse molte persone si prostrano invocandola affinché li aiuti, li guarisca, li consoli, e affinché li salvi. A Maria sono anche dedicati due mesi all’anno; Maggio, il mese di Maria; e Ottobre, il mese del Rosario. Alcune delle feste universali in suo onore sono: 1) l’Immacolata Concezione (8 Dicembre); 2) la Natività (8 Settembre); 3) l’An­nunciazione (25 Marzo, nove mesi prima di natale); 4) la Purifi­cazione (2 Febbraio); 5) l’Assunzione (15 Agosto). Per quanto riguarda poi i santuari mariani venerati da milioni di Italiani ce ne sono a decine in tutta Italia. Nel mondo intero sono moltissimi.

Maria in realtà è più importante di Gesù per i Cattolici romani,[1249] per loro è una sorta di dea onnipotente a cui persino Gesù deve ubbidire. Questo è quello che gli hanno inculcato i preti sin dalla loro fanciullezza. Di Maria viene detto dai preti che fu concepita senza peccato e durante la sua vita non peccò mai, che è la madre di Dio, che rimase sempre vergine, che fu la prima persona a cui Gesù apparve dopo essere risuscitato, che fu assunta in cielo anima e corpo dopo essere risorta, che in cielo prega per i Cristiani, che un giorno schiaccerà il capo del diavolo, che è corredentrice dell’umanità, che è la madonna, e che è la madre della Chiesa.

Confutazione delle eresie dette su Maria

 

Ella fu concepita senza peccato.

‘Maria nel primo instante della sua concezione, per una grazia speciale, è stata preservata pura da ogni macchia di peccato originale. - E’ di fede.’[1250] Quindi Maria sarebbe stata concepita e sarebbe nata senza peccato. Il dogma dell’immacolata concezione di Maria fu emanato, con il favore dei Gesuiti, da Pio IX nel 1854 in questi termini: ‘La beatissima Vergine Maria nel primo istante della sua concezione, per una grazia ed un privile­gio singolare di Dio onnipotente, in previsione dei meriti di Gesù Cristo Salvatore del genere umano, è stata preservata intat­ta da ogni macchia del peccato originale’.[1251] La ragione addotta è che Gesù per potere nascere immacolato aveva bisogno di una madre altresì immacolata.

Questo dogma è una menzogna perché tutti gli uomini e tutte le donne nati sulla terra (all’infuori di Gesù) sono nati col peccato secondo che é scritto: “Ecco, io sono stato formato nella iniquità, e la madre mia mi ha concepito nel pecca­to”,[1252] ed ancora: “Tutti hanno peccato”,[1253] perciò anche Maria aveva peccato e non poteva dire, e siamo sicuri che non lo disse e pensò mai, di essere nata senza peccato.[1254] Il fatto che ella stessa riconobbe che Dio era il suo Salvatore dicendo: “L’anima mia magnifica il Signore, e lo spirito mio esulta in Dio mio Salvato­re”,[1255] dimostra che ella non era nata senza peccato, perché in tale caso non avrebbe chiamato Dio suo Salvatore e non avrebbe avuto bisogno di essere salvata. ‘Ma i teologi romani affermano che anche Maria fu salvata’, dirà qualcuno. Noi rispondiamo: ‘Sì, ma a tale proposito fanno un discorso tutto particolare’. Bartmann dice per esempio: ‘Anche Maria è stata redenta da Cristo, come ogni altro uomo, ma in modo differente da tutti gli altri (...) La sua redenzione consiste nella preservazione e non nella liberazione dal peccato (redemptio praeservativa, non reparativa)’.[1256] Ma noi vorremmo domandare a costui: ‘Ma se Maria fu preservata dal peccato ma non liberata da esso come si può affermare che ella fu salvata?’ Dobbiamo riconoscere che i teologi romani hanno fatto ricorso ad ogni specie di sofisma per ingannare le persone! No, non è affatto così come dicono i teologi papisti. Paolo dice ai Galati che “la Scrittura ha rinchiuso ogni cosa sotto peccato, affinché i beni promessi alla fede in Gesù Cristo fossero dati ai credenti”,[1257] perciò anche Maria era stata rinchiusa da Dio sotto il peccato affinché pure lei ottenesse misericordia mediante la fede nel Signore Gesù Cristo. Ma vogliamo esibire un’altra prova scritturale che Maria non nacque senza peccato, il sacrificio che Giuseppe e Maria offrirono nel tempio quando andarono a presentare il bambino Gesù.[1258] La legge dice infatti: “E se (ella) non ha mezzi da offrire un agnello, prenderà due tortore o due giovani piccioni: uno per l’olocausto e l’altro per il sacrifizio per il peccato. Il sacerdote farà l’espiazione per lei, ed ella sarà pura”.[1259] Quindi Maria dovette offrire anche lei quel sacrificio per il peccato. Ora, noi domandiamo: ‘Se ella fosse stata senza peccato che bisogno c’era che offrisse quel sacrificio?’ Ci rispondano i contenziosi.

Ma vediamo ora quali sono le inevitabili conseguenze a cui porta l’affermazione papista che affinché Gesù potesse nascere immacolato era necessario che anche sua Madre fosse immacolata. Innanzi tutto si fa passare Dio per bugiardo perché Egli dice che “tutti hanno peccato e son privi della gloria di Dio”;[1260] e poi si innalza Maria sopra tutte le altre creature facendola apparire una sorta di dea quando in effetti ella si dichiarò l’ancella del Signore; poi si fa dimenticare alle perso­ne che Gesù nacque senza peccato non perché sua madre fosse senza peccato ma perché fu generato nel seno di sua madre dallo Spirito di Dio che è santo e quindi Dio non aveva bisogno di una donna senza peccato per fare nascere il suo Unico Figliuolo dal suo seno. Oltre a ciò se Maria era immacolata dovremmo dedurre che anche sua madre, sua nonna e tutte le altre donne presenti nella sua genealogia fossero anch’esse immacolate, e quindi si stabili­rebbe una catena di donne immacolate, il che è diabolico. Ed infine definendo Maria nata senza peccato e vissuta pure senza peccato (perché si deve tenere presente che la chiesa papista insegna pure che ella ‘fu esente durante tutta la sua vita dal peccato personale’),[1261] viene di conseguenza spontaneo dire che ella non ebbe bisogno di essere riscattata e purificata dal sangue di Cristo come gli altri, appunto perché senza peccato. Ma allora come mai morì se ella era senza peccato dato che la Scrittura dice che “per mezzo del peccato v’è entrata la morte”[1262] e che “il dardo della morte è il peccato”?[1263] La risposta è una sola: per i peccati degli uomini!! Ed ecco che allora ci sono due morti espiatorie e non più solo quella di Cristo. E non è forse così per i Cattolici romani? Quando essi chiamano Maria corredentrice dell’umanità che cosa vogliono dire se non che Cristo ha redento gli uomini assie­me a lei? Ecco quali sono le altre eresie che scaturiscono dal dogma dell’immacolata concezione di Maria. Per l’ennesima volta si deve riconoscere che un abisso chiama un altro abisso.

Ella è la madre di Dio.

‘Maria é Madre di Dio in senso vero e proprio. - E’ di fede’.[1264]

Maria fu definita madre di Dio dal concilio di Efeso del 431. Il secondo concilio Costantinopolitano ha lanciato il seguente anatema contro coloro che non la ritengono tale: ‘Se qualcuno afferma che la santa gloriosa e sempre vergine Maria solo impropriamente e non secondo verità è madre di Dio (...) e non la ritiene davvero e secon­do verità madre di Dio (...) costui sia anatema’.

Questa dottrina è una menzogna perché Dio è il Creatore di tutte le cose mentre Maria era solo una creatura. Certo, ella fu pre­scelta per dare alla luce il Figlio di Dio, ma tenete sempre presente che la Parola che é stata fatta carne era con Dio e Dio avanti che Dio creasse tutte le cose, quindi anche prima che Maria fosse concepita nel seno di sua madre; e che il Figlio di Dio coeterno con il Padre nascesse da Maria secondo la carne perché egli era l’Unigenito che era presso il Padre avanti la fondazione del mondo; ed infine che siccome che per mezzo della Parola è stata fatta ogni cosa e “senza di lei neppure una delle cose fatte è stata fatta”,[1265] di conseguenza anche Maria come tutte le altre creature fu fatta per mezzo della Parola e perciò non può essere definita ‘madre di Dio’ ma deve essere chiamata solo la madre di Gesù. Voler difendere la divinità di Cristo dicendo che Maria é la madre di Dio (come fece il concilio di Efeso) é un errore perché fa apparire quell’umile ancella del Signore che era Maria niente di meno che la madre del Creatore! La Scrittura, che é ispirata da Dio, definisce Maria la madre di Gesù; perciò, considerando che coloro che l’hanno chiamata così parlarono sospinti dallo Spirito Santo e credevano che Gesù Cristo era Dio perché in lui si compiacque il Padre di fare abitare tutta la pienezza, nessuno ha il diritto di chiamare Maria madre di Dio. I teologi della chiesa romana prendono le seguenti parole che Elisabetta, ripiena di Spirito, rivolse a Maria: “Come mai m’è dato che la madre del mio Signore venga da me?”,[1266] per sostenere che hanno il diritto di chiamarla ‘madre di Dio’. Non é affatto così come essi dicono, e questo perché Cristo Gesù é il nostro Signore ma non é il nostro Padre celeste, infatti noi quando ci rivolgiamo a Cristo sia nei canti che nell’adorazione non lo chiamiamo Padre, ma bensì Signore. Questo era anche il comporta­mento degli apostoli infatti Paolo ai Corinzi dice: “Per noi c’é un Dio solo, il Padre, dal quale sono tutte le cose, e noi per la gloria sua, e un solo Signore, Gesù Cristo, mediante il quale sono tutte le cose, e mediante il quale siamo noi”;[1267] ed ai Filip­pesi dice: “Ed é perciò che Dio lo ha sovranamente innalzato e gli ha dato il nome che é al disopra d’ogni nome, affinché nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio nei cieli, sulla terra e sotto la terra, e ogni lingua confessi che Gesù Cristo é il Signore, alla gloria di Dio Padre”.[1268] Come potete vedere l’apostolo confessava con la sua bocca che Cristo é il Signore e non il nostro Padre celeste, infatti in queste Scritture il Signore Gesù Cristo é menzionato separatamente da Dio Padre. Quindi Elisabetta fece bene a chiamare Maria, “madre del mio Signore”, perché chiamandola così riconobbe che colui che era nel seno di Maria era il suo Signore. Anche noi affermiamo che Maria era la madre del nostro Signore, ma così dicendo non attribuiamo a Maria, né culto, né particolari e speciali riguardi ma diciamo solamente la verità attorno a lei. Ricordatevi che quando i magi venuti dall’Oriente entrarono nella casa dove era il fanciullino Gesù, la Scrittura dice che essi “videro il fanciullino con Maria sua madre; e prostratisi, lo adorarono; ed aperti i loro tesori, gli offrirono dei doni: oro, incenso e mirra”.[1269] Quei magi videro sia il fanciullino che sua madre ma si prostrarono per adorare il fanciullino e non Maria sua madre, eppure sapevano che quella donna era la madre del re dei Giudei che era nato. Oltre a ciò, quando essi aprirono i loro tesori presero dei doni per offrirli al fanciullino e non a sua madre. Ricordatevi pure che un giorno mentre Gesù parlava una donna di fra la moltitudine alzò la voce e disse a Gesù: “Beato il seno che ti portò e le mammelle che tu poppasti! Ma egli disse: Beati piuttosto quelli che odono la parola di Dio e l’osservano!”.[1270] Gesù sapeva che Maria era stata prescelta da Dio per concepirlo e partorirlo; egli sapeva che Maria era benedetta fra le donne proprio per aver messo al mondo lui che era il Figlio di Dio, e ciò nonostante quando quella donna davanti a tante persone pro­clamò beato il seno che lo portò e le mammelle che lui poppò, Gesù proclamò la beatitudine di coloro che ascoltano la Parola di Dio e l’osservano. Badate che con questa risposta Gesù non disse che Maria sua madre non era beata, ma dette la priorità alla beatitudine che sperimentano coloro che sono facitori della Parola di Dio, anziché alla gioia che certamente la madre di Gesù sperimentò sia nel portare nel suo seno per nove mesi Colui che é stato generato (secondo la carne) dallo Spirito Santo, e sia nell’allattarlo. D’altronde Maria nel suo canto aveva detto: “D’ora innanzi tutte le età mi chiameranno beata, poiché il Potente mi ha fatto grandi cose”,[1271] e nell’esclamazione di quella donna già vediamo l’adempimento di quelle parole. Ancora oggi molti dicono bene di Maria e noi siamo tra questi, ma fino a quando si tratta di benedire Maria (dire bene di lei) dicendo che ella é definita dalla Parola “benedetta fra le donne” e “beata” non c’é nulla di male; ma quando invece avviene che gli uomini oltre che a chiamarla beata la adorano e la pregano allora essi si rendono colpevoli di un peccato che é quello di idolatria.

Ella rimase sempre vergine.

‘Maria concepì e partorì suo Figlio senza danno per la sua verginità, e restò vergine anche dopo il parto. - E’ di fede’.[1272]

E’ falso che Maria è rimasta vergine dopo il parto perché la Scrittura afferma che Giuseppe “prese con sé sua moglie; e non la conobbe finch’ella non ebbe partorito il suo figlio primogenito, e gli pose nome Gesù”.[1273] Questo significa che Giuseppe, dopo che Maria partorì Gesù, conobbe sua moglie.[1274] Ma non solo Giuseppe la conobbe ma ebbe anche dei figli da lei perché Gesù aveva dei fratelli e delle sorelle.

Queste Scritture confermano che Maria concepì e partorì altri figli dopo Gesù.

-  “Ella diè alla luce il suo figliuolo primogenito”,[1275] perciò se Gesù fosse stato il suo unico figlio sarebbe stato chiamato il suo unigenito e non il suo primogenito.

-  “Poi si partì di là e venne nel suo paese e i suoi discepoli lo seguitarono. E venuto il sabato, si mise ad insegnar nella sina­goga; e la maggior parte, udendolo, stupivano dicendo: Donde ha costui queste cose? e che sapienza è questa che gli é data? e che cosa sono cotali opere potenti fatte per mano sua? Non é costui il falegname, il figliuol di Maria, e il fratello di Giacomo e di Giosè, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non stanno qui da noi?”;[1276]

-  “E giunsero sua madre ed i suoi fratelli; e fermatisi fuori, lo mandarono a chiamare”;[1277]

-  “Neppure i suoi fratelli credevano in lui”;[1278]

-  “Tutti costoro perseveravano di pari consentimento nella pre­ghiera, con le donne, e con Maria, madre di Gesù, e coi fratelli di lui”;[1279]

-  Paolo ai Corinzi: “Non abbiamo noi il diritto di condurre attor­no con noi una moglie, sorella in fede, siccome fanno anche gli altri apostoli e i fratelli del Signore e Cefa?”;[1280]

-  Paolo ai Galati: “In capo a tre anni, salii a Gerusalemme per visitar Cefa, e stetti da lui quindici giorni; e non vidi alcun altro degli apostoli; ma solo Giacomo, il fratello del Signore”;[1281]

-  Nei Salmi è detto a proposito del Cristo: “Io son divenuto... un forestiero ai figliuoli di mia madre”.[1282] (Come potete vedere la Scrittura aveva preannunziato in questa particolare maniera che la vergine che avrebbe concepito e partorito il Cristo di Dio non sarebbe rimasta vergine perché avrebbe avuto altri figli infatti lo Spirito di Cristo disse tramite Davide: “Sono divenuto un forestiero ai figliuoli di mia madre”).

La Scrittura è chiara quindi a tale riguardo, Gesù aveva dei fratelli e delle sorelle. Ma i teologi romani l’hanno oscurata dicendo che questi fratelli erano i cugini di Gesù perché nella Scrittura talvolta il termine fratelli si riferisce anche ai parenti. E per sostenere questo prendono i seguenti passi: “E Abramo disse a Lot: Deh, non ci sia contesa fra me e te, né fra i miei pastori e i tuoi pastori, poiché siam fratelli”;[1283] “E ricuperò tutta la roba, e rimenò pure Lot suo fratello...”;[1284] e fanno notare che Lot è chiamato fratello di Abramo quantunque fosse figlio di suo fratello Haran, e perciò suo nipote. Al che noi rispondiamo dicendo che è vero che talvolta la Scrittura con il termine fratelli si riferisce ai parenti, come nipoti, zii, e cugini; ma questo discorso non si può fare nel caso dei fratelli di Gesù perché è ampiamente dimostrato dai passi qui sopra esposti che essi erano veramente figli di sua madre e non suoi cugini. E poi occorre dire, a conferma di tutto ciò, che per quanto riguarda Giacomo egli è chiamato da Paolo il fratello (in greco: adelfòs) del Signore, e non il cugino (in greco: anepsiòs) del Signore. Con ciò vogliamo dire che se Giacomo, che é chiamato “il fratello del Signore”, fosse stato il cugino del Signore Paolo non lo avrebbe chiamato il fratello del Signore, ma bensì il cugino del Signore; ma Paolo sapeva l’esatto grado di parentela che c’era tra Giacomo ed il Signore Gesù, perciò lo chiamò “il fra­tello del Signore”. Paolo non avrebbe mai chiamato il cugino del Signore “il fratello del Signore”, perché lui il cugino di qual­cuno lo chiamava cugino infatti parlando di Marco ai Colossesi disse: “Vi salutano Aristarco, il mio compagno di prigione, e Marco, il cugino (in greco: anepsiòs) di Barnaba..”.[1285] Ma Paolo credeva che il Signore Gesù aveva non un solo fratello, ma più fratelli, infatti ai Corinzi parla dei “fratelli del Signore”[1286] i quali, da quello che lui dice, erano ammogliati; confermando quindi le parole di Matteo, Marco, Luca e Giovanni.

L’interpretazione data quindi dai teologi romani secondo la quale questi fratelli di Gesù erano i cugini di Gesù non ha quindi nessun fondamento scritturale appunto perché coloro che sono chiamati nel Vangelo “i suoi fratelli” erano figliuoli della madre di Gesù e non di sua zia.

Ella fu la prima persona a cui apparve Cristo dopo essere risorto.

E’ ‘legittimo pensare che verosimilmente la madre sia stata la prima persona a cui Gesù risorto è apparso’,[1287] ha detto l’attuale papa.

Falso anche questo. La sacra Scrittura infatti afferma che la prima persona a cui Gesù apparve dopo essere risorto fu Maria detta Maddalena. Ecco quanto dice Marco: “Or Gesù, essendo risuscitato la mattina del primo giorno della settimana, apparve prima a Maria Maddalena, dalla quale avea cacciato sette demonî. Costei andò ad annunziarlo a coloro ch’erano stati con lui, i quali faceano cordoglio e piangevano”.[1288] Quest’apparizione di Gesù a Maria Maddalena è riportata dal discepolo che Gesù amava il quale dice che dopo che Pietro e Giovanni giunsero al sepolcro e si accertarono che il corpo di Gesù non era più nel sepolcro se ne tornarono a casa, ma Maria rimase presso al sepolcro a piangere. E mentre piangeva si chinò per guardare dentro il sepolcro e vide due angeli i quali le domandarono perché piangesse. Lei rispose loro che era perché avevano tolto il suo Signore dal sepolcro e non sapeva dove l’avevano posto. Detto questo, si voltò e vide Gesù in piedi ma non lo riconobbe. Gesù le domandò perché piangesse e chi cercava, e lei, pensando che fosse il giardiniere, gli disse che se sapeva dove l’avevano posto di dirglielo. Allora “Gesù le disse: Maria! Ella, rivoltasi, gli disse in ebraico: Rabbunì! che vuol dire: Maestro! Gesù le disse: Non mi toccare, perché non sono ancora salito al Padre; ma và dai miei fratelli, e dì loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, all’Iddio mio e Iddio vostro”.[1289]

Ella fu assunta in cielo.

‘Infine l’Immacolata Vergine preservata immune da ogni macchia di colpa originale, finito il corso della sua vita terrena, fu assunta alla celeste gloria col suo corpo e con la sua anima, e dal Signore esaltata come la Regina dell’Universo, perché fosse più pienamente conformata al Figliuolo suo, il Signore dei dominanti, il vincitore del peccato e della morte’.[1290] Il dogma dell’assunzione di Maria in cielo fu proclamato da Pio XII nel 1950. La festa dell’Assunzione di Maria ricorre il 15 Agosto.

Questa é una favola artificiosamente composta per esaltare Maria. Dell’assunzione di Maria non c’é il benché minimo accenno nella Parola di Dio. Possiamo dire che Maria, essendo una credente, quando morì andò ad abitare con il Signore, ma non che Maria morì e risuscitò e fu assunta in cielo con il suo corpo. Maria è in cielo con la sua anima è là sta aspettando anche lei la risurrezione del suo corpo che avverrà al ritorno di Cristo. Paolo ha detto infatti ai Corinzi che Cristo è la primizia di quelli che dormono e che quelli che sono di Cristo (quindi anche Maria) saranno vivificati alla sua venuta.[1291]

Ella prega per noi.

Maria fa da mediatrice tra Cristo e gli uomini perché prende le preghiere che le si fanno e le porta a Cristo. Il concilio Ecumenico Vaticano II ha decretato a tale proposito quanto segue: ‘Assunta in cielo ella non ha deposto questa mis­sione di salvezza, ma con la sua molteplice intercessione conti­nua ad ottenerci i doni della salvezza eterna (...) Per questo la beata Vergine è invocata nella Chiesa con i titoli di avvocata, ausiliatrice, soccorritrice, mediatrice’.[1292]

Questo é falso perché si fa passare Cristo per un giudice spie­tato non accessibile direttamente da parte degli uomini, ma solo attraverso sua madre che stando al suo fianco gli intenerisce il cuore. Ma da quando in qua Gesù sulla terra si dimostrò spietato in verso gli uomini o inaccessibile direttamente da parte delle persone? Ma non è forse scritto che Gesù nel vedere le folle ne aveva compassione e ne guariva gli infermi che gli portavano? Ma non è forse vero che quando quel lebbroso andò da Gesù e gli disse che egli se lo voleva lo poteva mondare Gesù fu mosso a pietà e lo mondò? E che dire di quando Gesù pianse davanti alla tomba di Lazzaro, o vedendo Gerusalemme? Ma non sono queste le prove della grande compassione di Cristo? Ma forse che le persone sulla terra per ottenere pietà da lui dovevano fargli arrivare le loro ri­chieste tramite sua madre Maria? Affatto! Non c’è la benché minima prova di tutto ciò nel Vangelo. Gesù ha sempre indirizzato le persone ad andare direttamente a lui, come quando disse per esempio: “Venite a me, voi tutti che siete travagliati ed aggrava­ti e io vi darò riposo”.[1293] Quindi le persone del mondo che non lo conoscono ancora possono rivolgersi direttamente a Cristo per ottenere grazia senza bisogno della mediazione di Maria. Al bando dunque questa opera di intenerimento di Maria al fianco di Gesù in cielo.

Anche per i credenti vale lo stesso discorso perché essi pure non hanno bisogno di nessun mediatore fra loro e Cristo perché a Cristo si può accedere direttamente con tutta libertà, con quella stessa libertà che possedevano i suoi discepoli che camminarono, parlarono, mangiarono e bevvero assieme a lui quando era sulla terra. Abbiamo una prova di questa libertà che abbiamo di acco­starci a Cristo nell’invocazione di Stefano prima di morire: egli disse a Gesù: “Signor Gesù, ricevi il mio spirito”;[1294] come potete vedere Stefano si rivolse direttamente a Cristo che era alla destra di Dio e non ebbe bisogno di rivolgersi a terzi per fare giungere la sua preghiera al Figliuolo di Dio. Maria non può essere in nessuna maniera mediatrice perché la Scrittura dice che “v’è un solo Dio ed anche un solo mediatore fra Dio e gli uomini, Cristo Gesù uomo”,[1295] perciò come all’infuori di Dio non c’é altro Dio secondo che é scritto: “Fuori di me non v’é Dio”,[1296] così all’infuori di Cristo non c’é altro mediatore perché lui è il solo che esiste secondo che disse lui stesso: “Io son la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me”.[1297] La Scrittura dice anche che Cristo Gesù “può anche salvar appieno quelli che per mezzo di lui si accostano a Dio, vivendo egli sempre per intercedere per loro”;[1298] perciò l’intercessione e la mediazione di Cristo è sufficiente a coloro che vanno a Dio nel suo nome, e non hanno affatto bisogno dell’intercessione di qualcun altro. Ma la dottrina cattolica romana annulla quest’unica e sufficiente intercessione che Cristo svolge alla destra del Padre dicendo agli uomini: ‘Recitate sempre con gran devozione la Santa Maria con cui riconoscete e invocate Maria come Madre di Dio. Maria Vergine, perché vera Madre di Dio, dal cielo può tutto a favore dei suoi devoti. Siatene fervidamente devoti!’[1299] e: ‘La Vergine santa, con la sua potente interces­sione, ottiene da Dio e dispensa tutte le grazie divine di cui è depositaria’,[1300] ed ancora: ‘...La Madre spirituale degli uomini conosce perfettamente tutte le necessità materiali e spirituali dei suoi figli, e la sua intercessione provvede a tutti secondo i bisogni di ogni anima’.[1301] Ecco come Satana ha accecato le menti dei Cattolici affinché la luce del Vangelo non risplenda loro! Ecco cosa gli viene insegna­to, che Maria è onnipotente in cielo mentre nella realtà non può fare assolutamente, e ripeto assolutamente nulla, in favore degli uomini che la invocano non solo perché non li può ascoltare ma perché non ha il potere di soccorrere i mortali come non ce lo hanno neppure gli altri fedeli che sono in cielo. Anche l’affer­mazione che Maria conosce tutti i bisogni degli uomini è falsa perché la Scrittura dice che “i morti non sanno nulla”,[1302] mentre colui di cui si attesta che vive, Egli, dico, conosce le cose che tutti noi abbiamo bisogno prima ancora che gliele chiediamo, perché egli è onnisciente.

Ecco adesso alcune Scritture che ci mostrano che noi siamo chia­mati a pregare Dio solo nel nome di Cristo:

-  Gesù disse: “Quel che chiederete nel mio nome, lo farò; affinché il Padre sia glorificato nel Figliuolo. Se chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò”[1303] ed anche: “In verità, in verità vi dico che quel che chiederete al Padre, Egli ve lo darà nel nome mio. Fino ad ora non avete chiesto nulla nel nome mio; chiedete e riceverete, affinché la vostra allegrezza sia completa”;[1304]

-  Paolo dice ai santi di Colosse: “E qualunque cosa facciate, in parola o in opera, fate ogni cosa nel nome del Signor Gesù...”.[1305]

Noi credenti ci accostiamo al trono della grazia in un nome solo, quello del Signore Gesù, come appunto ce lo ha comandato lui stesso; siamo esauditi da Dio Padre in virtù della sua mediazio­ne, questo é quello che sperimentiamo del continuo.

Infine, per quanto riguarda l’avvocatura di Maria dobbiamo dire che essa è una impostura perché è scritto chiaramente: “Se alcuno ha peccato, noi abbiamo un avvocato presso il Padre, cioè Gesù Cristo, il giusto”.[1306] Chi crede veramente in Cristo affida la sua causa a Cristo, il suo avvocato, e non a Maria che non può difen­dere proprio nessuno in cielo come invece può fare Cristo Gesù.

Alcune parole ora sul rosario. Il rosario è sia un oggetto materiale che un modo di pregare che usano i Cattolici romani nella loro devozione a Maria. Con questo modo di pregare essi recitano cinque decine di Ave Ma­ria, che sono intercalate ad ogni dieci da un Padre Nostro e da una brevissima meditazione detta mistero che consiste nel ricor­dare qualcosa che concerne la redenzione, come la intendono i Cattolici, quindi pensando anche all’intervento di Maria, infatti i due ultimi misteri si riferiscono all’assunzione di Maria ed alla sua incoronazione in cielo che non sono altro che favole. Per facilitare la recita di tale preghiere essi adoperano un oggetto chiamato Rosario o Corona, formato da una serie di cin­quanta piccoli grani incatenati tra di loro e divisi ad ogni decina da un grano un pò più grosso. I grani piccoli rappresenta­no le Ave Maria, mentre i più grossi i Pater Noster. Il rosario ‘completo’ consiste nella recita di tre corone. Parlando del Rosario si deve parlare della preghiera rivolta a Maria che porta il nome di Ave Maria, nome che gli é stato dato dai Cattolici con le parole che l’angelo Gabriele rivolse a Maria quando le apparve e la salutò, appunto: “Ave (Ti saluto)”.[1307] Questa preghiera ha un pò più di quattro secoli di vita dato che fu introdotta al completo nel breviario nel 1568. La preghiera dice: ‘Ave o Maria. Piena di grazia il Signore è con te. Tu sei benedetta fra le donne e benedetto è il frutto del tuo seno, Gesù. Santa Maria, Madre di Dio prega per noi, peccatori, adesso e nell’ora della nostra morte’. Come potete vedere questa preghiera è un’invocazione a Maria nella quale ci sono anche le parole che Elisabetta rivolse a Maria quando questa l’andò a trovare; in essa Maria viene chiama­ta piena di grazia e madre di Dio cose che non sono vere perché Maria non era né piena di grazia e neppure la madre di Dio, ma solo una umile ancella del Signore che partorì Gesù. Con questa preghiera i Cattolici dicono a Maria di pregare per loro in quel momento e nell’ora della loro morte, cosa che abbia­mo visto Maria in cielo non può fare perché ella non può in nessuna maniera né ascoltarli e neppure intercedere per loro. Ma io dico: ‘Ma quando mai nella Scrittura si dice che Maria volle che i discepoli di Gesù la pregassero? Ma quando mai Maria mentre era ancora viva lasciò detto loro di pregarla perché in cielo ella avrebbe potuto ascoltarli?

I Cattolici dicono le loro preghiere meccanicamente pensando di essere esauditi per la moltitudine delle loro parole: quello che importa loro è di raggiungere il numero di preghiere stabilito, niente di più. Questo è il modo di pregare che contraddistingue i pagani dai Cristiani; esso è vano perché Gesù ha detto: “E nel pregare non usate soverchie dicerie come fanno i pagani, i quali pensano d’essere esauditi per la moltitudine delle loro parole. Non li rassomigliate dunque, poiché il Padre vostro sa le cose di cui avete bisogno, prima che gliele chiediate...”.[1308]

La preghiera insegnataci da Gesù è il Padre nostro, secondo che è scritto: “Voi dunque pregate così: Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome; venga il tuo regno; sia fatta la tua volontà anche in terra com’è fatta nel cielo. Dacci oggi il nostro pane cotidiano; e rimettici i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori; e non ci esporre alla tentazione, ma liberaci dal maligno”;[1309] eleviamola a Dio sotto l’impulso della grazia e con fede. E’ chiaro però che noi credenti non siamo chiamati a dire solo questa preghiera a Dio, perché se leggiamo le epistole di Paolo vi troviamo delle particolari preghiere che quest’apostolo elevava a Dio per i fratelli[1310] che faremo bene pure noi a innalzare con fede a Dio per i nostri fratelli. Poi vi sono tutte quelle pre­ghiere fatte con lo spirito, ovvero mediante lo Spirito Santo (in altra lingua) che coloro che hanno ricevuto lo Spirito Santo sono chiamati ad elevare a Dio appunto per lo Spirito Santo,[1311] senza intendere quello che essi dicono a Dio. Ed infine quelle invocazioni che rivolgiamo a Dio in circostanze particolari per noi (o per altri); prima di metterci in viaggio per chiedergli di proteggerci, in mezzo a certi pericoli, nella malattia affinché ci guarisca, o nel bisogno di qualcosa di materiale affinché supplisca al nostro particolare bisogno. Ma in tutti questi casi le preghie­re sono rivolte a Dio.

Infine, per quanto riguarda l’oggetto materiale fatto di grani di cui si usano i Cattolici romani per pregare bisogna dire che esso è di origine pagana perché viene usato dai tempi antichi sia tra i Buddisti che tra i Mussulmani, quindi è un’usanza, quella di pregare con il rosario, che affonda le sue radici nel paganesimo.

Ella schiaccerà il capo del diavolo.

Anche questa è una menzogna fabbricata dalla curia romana per esaltare Maria. E’ una menzogna che viene fatta sembrare verità al popolo in questa maniera: vengono prese le seguenti parole che Dio rivolse al serpente antico: “E io porrò inimicizia fra te e la donna, e fra la tua progenie e la progenie di lei; questa progenie ti schiaccerà il capo, e tu le ferirai il calcagno”,[1312] e gli viene data l’interpretazione che in queste parole è adombrata la vittoria che Maria riporterà sul serpente.

Badate che Dio disse al serpente che la progenie della donna, e non la donna, gli avrebbe schiacciato il capo, perciò si deve concludere che Dio con queste parole predisse al serpente che il Cristo gli avrebbe schiacciato il capo. Quindi, secondo quello che dice la Scrittura non sarà Maria a calpestare Satana ma bensì Dio infatti nell’epistola ai Romani Paolo dice: “E l’Iddio della pace triterà tosto Satana sotto ai vostri piedi”.[1313] A Dio sia la gloria ora e in eterno. Amen.

Ella è corredentrice dell’umanità.

Maria ‘dipendentemente da Cristo, ma come unico principio con Lui, cooperò alla redenzione oggettiva e perciò fu vera correden­trice (...) dipendentemente da Gesù, ma come unico principio con Lui, soddisfece per tutti i peccati dell’umanità, pagò a Dio il prezzo della nostra liberazione, guadagnò tutte le grazie per gli uomi­ni, placando (a suo modo) Dio con il suo volontario e necessario concorso al sacrificio della croce’.[1314]

Questa è un altra menzogna che i teologi cattolici insegnano su Maria e lo fanno facendo ogni sorta di ragionamenti vani quali per esempio: ‘Si può dire che la vergine sia la salvatrice del mondo per avere sofferto insieme col Figlio, volontariamente da lei offerto alla divina giustizia’. La Scrittura dice in svariate maniere che solo Gesù Cristo è il Salvatore del mondo perché solo lui morì sulla croce per i nostri peccati e nessun altro con lui: ecco alcuni passi che lo affermano:

-  Gesù disse: “Il Figliuol dell’uomo è venuto per cercare e salva­re ciò che era perito”;[1315]e: “Io son la porta: se uno entra per me, sarà salvato”;[1316] ed ancora: “Io non son venuto a giudicare il mondo, ma a salvare il mondo”.[1317]

-  Paolo disse: “Certa è questa parola e degna d’essere pienamente accettata: che Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori..”;[1318]

-  Pietro disse: “E in nessun altro è la salvezza; poiché non v’é sotto il cielo alcun altro nome che sia stato dato agli uomini, per il quale noi abbiamo ad esser salvati”;[1319]

Quindi noi rigettiamo le affermazioni dei teologi cattolici secondo i quali Maria, la madre di Gesù, abbia sofferto assieme al suo Figlio per noi, perché esse sono prive di qualsiasi fonda­mento scritturale. Hanno fatto diventare Maria pure la salvatrice del mondo. Certo che i teologi di questa organizzazione religiosa hanno introdotto ogni sorta di menzogna sul conto di Maria. O guide cieche; ma ditemi: ‘Chi fu inchiodato sulla croce? Gesù o Maria?’, ‘Chi ha sparso il suo sangue come prezzo di riscatto per i nostri pecca­ti? Gesù o Maria?’, ‘Chi è risorto per la nostra giustificazione? Gesù o Maria? Ma fino a quando vi glorierete della menzogna e mentirete contro la verità?

Ella è la madonna.

Il termine madonna è una parola latina (mea domina) che signifi­ca ‘mia signora’; questo soprannome dato a Maria non compare nelle sacre Scritture ma le è stato dato per esaltarla. Come Tommaso chiamò Gesù Cristo “Signor mio”,[1320] così i Cattolici romani chiamano Maria ‘mia Signora’ per non farla apparire da meno del Figliuolo di Dio.

Maria non è la nostra Signora, ma è una nostra sorella, per questo noi credenti ci rifiutiamo di chiamarla madonna.

Ella è la madre della Chiesa.

Ella fu dichiarata tale da Paolo VI nel 1964 in questi termini: ‘Noi proclamiamo Maria Santissima madre della Chiesa (...) e vogliamo che con tale titolo soavissimo d’ora innanzi la Vergine venga ancora più onorata e invocata da tutto il popolo cristiano’. Alla nascita di questo titolo hanno contribuito le seguenti parole di Agostino su Maria: ‘...Ma ella è madre, con piena evidenza, delle sue membra - e noi siamo tra questi - poiché ha cooperato, con la carità, alla nascita, nella Chiesa, dei fedeli che sono le membra del capo’.[1321] Per sostenere con le Scritture questo titolo datole i teologi papisti prendono le parole di Gesù dette al discepolo che egli amava: “Ecco tua madre!”.[1322]

Questo titolo dato a Maria non corrisponde affatto a verità perché la Scrittura la chiama la madre di Gesù ma non la madre della Chiesa, e perciò dissentiamo profondamente dalle suddette parole di Agostino. (Tenete sempre presente che i teologi romani si rifanno spesso a parole di Agostino per sostenere diverse loro eresie). La madre della Chiesa è la Gerusalemme di sopra secondo che é scritto ai Galati: “Ma la Gerusalemme di sopra è libera, ed essa é nostra madre. Poich’egli é scritto: Rallegrati, o sterile che non partorivi! Prorompi in grida, tu che non avevi sentito doglie di parto! Poiché i figliuoli dell’abbandonata saranno più numero­si di quelli di colei che aveva il marito”.[1323] La madre delle figliuole di Dio non è Maria ma Sara perché Pietro dopo avere detto alle mogli che il loro ornamento non deve essere l’esteriore “ma l’essere occulto del cuore fregiato dell’ornamen­to incorruttibile dello spirito benigno e pacifico, che agli occhi di Dio é di gran prezzo”,[1324] dice: “E così infatti si adorna­vano una volta le sante donne speranti in Dio, stando soggette ai loro mariti, come Sara che ubbidiva ad Abramo, chiamandolo signo­re; della quale voi siete ora figliuole, se fate il bene e non vi lasciate turbare da spavento alcuno”.[1325]

Per ciò che concerne il fatto che Gesù mentre era sulla croce, vedendo sua madre e presso a lei il discepolo ch’egli amava, disse a sua madre: “Donna, ecco il tuo figlio!”[1326] ed al discepolo: “Ecco tua madre”,[1327] bisogna dire che Gesù queste parole le rivolse solo a sua madre e solo al discepolo ch’egli amava, infatti é scritto subito dopo che “da quel momento, il discepolo la prese in casa sua”.[1328] Non ci meravigliamo del fatto che la curia romana prende diversi passi che si riferiscono a Maria e li interpreta a suo piacimento per esaltare la madre di Gesù. Perché? Perché è risaputo che coloro che mentono contro la verità e si gloriano contro di essa perché pieni di contenzione e d’invidia, per sostenere la menzogna mediante la verità devono per forza di cose dare spiegazioni false alla Parola di Dio. Fanno dire alle Scritture quello che esse non dicono; come fanno i Testimoni di Geova, i Mormoni, e tante e tante altre sette, né più né meno.

Abbiamo visto dunque quali sono le menzogne che la curia romana dice sul conto di Maria; ma riteniamo che non siano finite. Quale sarà la prossima? Forse che anche lei è stata generata dallo Spirito Santo? O forse che quando Gesù tornerà dal cielo sua madre sarà sul cavallo bianco che lui cavalcherà o magari su un altro cavallo bianco al suo fianco? Staremo a vedere; c’è da aspettarsi comunque di tutto da queste guide cieche.

Le glorie di Maria

 

Per farvi comprendere quanto i Cattolici siano attaccati al culto di Maria e cosa rappresenta veramente Maria per loro propongo alla vostra attenzione alcuni brani tratti dal libro Le glorie di Maria, scritto da Alfonso Maria De Liguori (1696-1787) più di due secoli fa ed approvato solennemente dalla chiesa romana con un decreto speciale di Gregorio XVI. Questo libro su Maria è molto amato dai Cattolici romani.

‘Dio vuole che tutte le grazie ci provengano per mano di Maria’;[1329] ‘Quante sono le creature che servo­no a Dio, tante debbono ancora servire a Maria; giacché gli Angeli, gli uomini e tutte le cose che sono nel cielo e nella terra, essendo soggette all’impero di Dio, sono anche soggette al dominio della Vergine’;[1330] ‘L’eterno Padre ha dato al Figlio l’uffi­cio di giudicare e punire, ed alla Madre l’ufficio di compatire e sollevare i miserabili’;[1331] ‘Siccome Adamo ed Eva per un pomo vende­rono il mondo, così ella col Figlio con un cuore riscattarono il mondo. Ha ben potuto Dio, conferma s. Anselmo, creare il mondo dal niente; ma essen­dosi perduto il mondo per la colpa, non ha voluto Dio ripararlo senza la cooperazione di Maria’;[1332] ‘E’ impossibile che si danni un devoto di Maria che fedelmente l’ossequia ed a lei si raccoman­da’.[1333] Mi fermo qui con le aberrazioni scritte da quell’idolatra[1334] perché ritengo che abbiate capito a sufficienza che cosa è in effetti Maria per i Cattolici romani. E poi i Cattolici romani ci vengono a dire di essere dei Cristiani, che siamo tutti fratelli e tante altre belle cose! Ma quali Cristiani, ma quali fratelli?

Fratelli, mi rivolgo a voi che parlate tanto di ecumenismo: ma vi rendete conto con chi avete a che fare? Ma non lo vedete che vi siete messi con gente che a Cristo non lo tengono in nessuna considerazione a confronto di Maria? Svegliatevi dal vostro sonno mortale nel quale siete caduti!

I mariani sono degli idolatri

 

Chi sono i mariani? Sono tutti quei Cattolici che dicono che si deve adorare solo Iddio, ma rinnegano con le loro opere questa loro affermazione perché si prostrano davanti alle statue ed alle immagini raffiguranti Maria e l’adorano, la pregano, la invocano. A capo dei mariani c’è Giovanni Paolo II; sotto la sua spinta il culto a Maria in questo ultimo decennio ha ricevuto un forte impulso sia in questa nazione che nel resto del mondo.

Sia ben chiaro che la loro consueta affermazione: ‘Ma noi non l’adoriamo ma la veneriamo’, non significa affatto che essi la ricordano e l’onorano ma non l’adorano, e questo perché i fatti dimostrano il contrario. Sono degli idolatri perché offrono il culto ad una creatura invece che al Creatore; sono degli idolatri perché la Scrittura dice: “Adora il Signore Iddio tuo, ed a lui solo rendi il culto”,[1335] mentre loro adorano Maria da loro conside­rata la loro Signora e il loro Dio. Come fanno ad affermare che la loro venerazione non è idolatria quando essi cantano, pregano e invocano Maria quasi che fosse Dio?

C’è un’altra affermazione a cui i Cattolici romani ricorrono allo scopo di fare capire che loro non adorano Maria ma adorano solo Dio, ed è questa: essi dicono che a Dio rivolgono il culto di latria (dal greco latreia che significa ‘adorazione’ e ‘servizio’),[1336] ma a Maria il culto di iperdulia (servizio superiore) e non quello di latria. E’ superfluo dire che questo è uno di quei ragionamenti vani fatti dalla curia romana per difendere il culto a Maria. Il culto va reso solo a Dio; quindi non importa di che tipo sia il culto reso ad altre persone fuori che Dio, se di dulia, di iper­dulia, o di protodulia, esso è idolatria.

Fratelli, lo ripeto: sappiate che tutti coloro che adorano e pregano Maria sono degli idolatri le cui menti sono state acceca­te dall’iddio di questo secolo; perciò non vi tirate indietro dal dire ai Cattolici romani che essi si devono ravvedere (smettendo di servire la creatura) e credere nella verità del Vangelo per servire il Creatore che é benedetto in eterno. Amen.

Ciò che dice la Scrittura di Maria

 

Dopo avere dimostrato quante cose false vengono dette dai teologi papisti su Maria voglio trascrivere ciò che la sacra Scrittura dice di questa nostra sorella in Cristo.

Maria era una giovane vergine della città di Nazareth che era stata promessa sposa ad un uomo della casa e famiglia di Davide, chiamato Giuseppe. Ella, prima che si sposasse con Giuseppe, al tempo stabilito da Dio ricevette la visita dell’angelo Gabriele il quale le disse: “Ti saluto, o favorita dalla grazia; il Signore é teco. Ed ella fu turbata a questa parola, e si domandava che cosa volesse dire un tal saluto. E l’angelo le disse: Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco tu concepi­rai nel seno e partorirai un figliuolo e gli porrai nome Gesù. Questi sarà grande, e sarà chiamato Figliuol dell’Altissimo, e il Signore Iddio gli darà il trono di Davide suo padre, ed egli regnerà sulla casa di Giacobbe in eterno, e il suo regno non avrà mai fine. E Maria disse all’angelo: Come avverrà questo, poiché non conosco uomo? E l’angelo, rispondendo, le disse: Lo Spirito Santo verrà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà dell’ombra sua; perciò ancora il santo che nascerà, sarà chiamato Figliuolo di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, ha concepito anche lei un figliuolo nella sua vecchiaia; e questo é il sesto mese per lei, ch’era chiamata sterile; poiché nessuna parola di Dio rimarrà inefficace. E Maria disse; Ecco, io son l’ancella del Signore; siami fatto secondo la tua parola. E l’angelo si partì da lei”.[1337]

Dopo di ciò, Maria andò a visitare Elisabetta e quando la salu­tò, avvenne che il bambino che era nel seno di Elisabetta le balzò nel seno; “ed Elisabetta fu ripiena di Spirito Santo, e a gran voce esclamò: Benedetta sei tu fra le donne, e benedetto é il frutto del tuo seno! E come mai m’è dato che la madre del mio Signore venga da me? Poiché ecco, non appena la voce del tuo saluto m’è giunta agli orecchi, il bambino m’è per giubilo balza­to nel seno. E beata é colei che ha creduto, perché le cose dettele da parte del Signore, avranno compimento. E Maria disse: L’anima mia magnifica il Signore, e lo spirito mio esulta in Dio mio Salvatore, poich’egli ha riguardato alla bassezza della sua ancella. Perché ecco, d’ora innanzi tutte le età mi chiameranno beata, poiché il Potente mi ha fatto grandi cose. Santo é il suo nome; e la sua misericordia é d’età in età per quelli che lo temono. Egli ha operato potentemente col suo braccio; ha disperso quelli ch’erano superbi ne’ pensieri del cuor loro; ha tratto giù dai troni i potenti, ed ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni i famelici, e ha rimandati a vuoto i ricchi. Ha soccorso Israele, suo servitore, ricordandosi della misericordia di cui avea parlato ai nostri padri, verso Abramo e verso la sua proge­nie in perpetuo. E Maria rimase con Elisabetta circa tre mesi; poi se ne tornò a casa sua”.[1338]

Ora, Giuseppe quando vide che Maria era rimasta incinta, non sapendo che ella fosse rimasta incinta per virtù dello Spirito Santo, “si propose di lasciarla occultamente. Ma mentre avea queste cose nell’animo, ecco che un angelo del Signore gli appar­ve in sogno, dicendo: Giuseppe, figliuol di Davide, non temere di prender teco Maria tua moglie; perché ciò che in lei é generato, é dallo Spirito Santo. Ed ella partorirà un figliuolo, e tu gli porrai nome Gesù, perché é lui che salverà il suo popolo dai loro peccati. Or tutto ciò avvenne, affinché si adempiesse quello che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Ecco, la vergine sarà incinta e partorirà un figliuolo, al quale sarà posto nome Emmanuele, che, interpretato, vuol dire: ‘Iddio con noi’. E Giuseppe, destatosi dal sonno, fece come l’angelo del Signore gli avea comandato, e prese con sé sua moglie; e non la conobbe finch’ella non ebbe partorito il suo figlio primogenito; e gli pose nome Gesù”.[1339]

Maria, quando venne per lei il tempo di partorire, dié alla luce il suo figliuolo primogenito e lo partorì a Betleem, il villag­gio dove stava Davide. La ragione per cui lei e suo marito Giu­seppe si trovavano a Betleem quando lei dovette partorire fu perché in quei giorni uscì da parte di Cesare Augusto un decreto che si facesse un censimento di tutto l’impero. E siccome che tutti andavano a farsi registrare nella loro città, anche Giusep­pe, siccome che era della famiglia di Davide, dovette recarsi a Betleem, la città di Davide per farsi registrare con Maria sua sposa.[1340] Ora, tutto ciò avvenne affinché si adempisse quello che aveva detto il profeta Michea a proposito del luogo dove sarebbe nato il Cristo del Signore; il profeta infatti aveva detto: “E tu, Betleem, terra di Giuda, non sei punto la minima fra le città principali di Giuda; perché da te uscirà un Principe, che pascerà il mio popolo Israele”.[1341] A Betleem, il bambino Gesù quando nacque, fu posto in una mangiatoia e là andarono a trovarlo i pastori che erano stati avver­titi da un santo angelo di Dio di ciò che era avvenuto in Betleem.[1342] Quando i pastori dissero ciò che era loro stato detto di quel bambino dall’angelo tutti rimasero meravigliati delle cose udite da loro, e “Maria serbava in sé tutte quelle cose, collegandole insieme in cuor suo”.[1343] Sempre a Betleem andarono a trovare il bambino Gesù i magi che erano venuti dall’Oriente per adorarlo; essi, guidati dalla stella che gli era apparsa in Oriente,[1344] arrivarono alla casa dov’era il fanciullo, “ed entrati nella casa, videro il fanciullino con Maria sua madre; e prostratisi, lo adorarono; ed aperti i loro tesori, gli offrirono dei doni: oro, incenso e mirra”.[1345]

Dopo tutto ciò, Giuseppe per ordine di Dio si ritirò in Egitto fino alla morte di Erode, dopodiché, sempre per ordine di Dio, ritorno in Israele e andò ad abitare in una città della Galilea chiamata Nazaret.[1346] Fu qui che Gesù fu allevato dai suoi genitori. All’età di circa dodici anni, i suoi genitori lo portarono a Gerusalemme alla festa della Pasqua, e terminati i giorni della festa, “come se ne tornavano, il fanciullo Gesù rimase in Gerusa­lemme all’insaputa dei genitori”.[1347] Quando essi si accorsero che non era nella comitiva si misero a cercarlo fra i parenti ed i conoscenti e tornarono a Gerusalemme facendone ricerca. Lo trova­rono nel tempio, seduto in mezzo ai dottori che li ascoltava e faceva loro delle domande.[1348] Quando i suoi genitori lo videro “sua madre gli disse: Figliuolo, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre ed io ti cercavamo, stando in gran pena. Ed egli disse loro: Perché mi cercavate? Non sapevate ch’io dovea trovarmi nella casa del Padre mio?”.[1349]

All’età di circa trent’anni Gesù lasciò la Galilea e si recò al Giordano dove fu battezzato da Giovanni il Battista. Cominciò da quel tempo a predicare il regno di Dio, a guarire gli infermi e a cacciare i demoni. Il primo dei suoi miracoli, lo fece a Cana di Galilea in occasione di un convito nuziale al quale si era recato con i suoi discepoli. Era presente anche sua madre, la quale quando vide che era venuto a mancare il vino disse a Gesù: “Non han più vino. E Gesù le disse: Che v’è fra me e te, o donna? L’ora mia non é ancora venuta”:[1350] a queste parole Maria disse ai servitori: “Fate tutto quel che vi dirà”.[1351] I servitori fecero tutto ciò che Gesù ordinò loro di fare; riempirono sei pile di acqua, poi ne attinsero e ne portarono al maestro di tavola il quale assaggiò l’acqua che era diventata vino. Così Gesù mutò l’acqua in vino a Cana di Galilea.

In un altra occasione, mentre egli stava insegnando giunsero sua madre e i suoi fratelli i quali fermatisi fuori, lo mandarono a chiamare. Gli fu detto: “Ecco tua madre i tuoi fratelli e le tue sorelle là fuori che ti cercano. Ed egli rispose loro: Chi é mia madre? e chi sono i miei fratelli? E guardati in giro coloro che gli sedevano d’intorno, disse: Ecco mia madre e i miei fratelli! Chiunque avrà fatta la volontà di Dio, mi é fratello, sorella e madre”.[1352]

Venne poi il giorno in cui Gesù fu crocifisso, e Maria sua madre era presso la croce mentre Gesù soffriva su di essa. Gesù, prima di spirare, “vedendo sua madre e presso a lei il discepolo ch’egli amava, disse a sua madre: Donna, ecco il tuo figlio! Poi disse al discepolo: Ecco tua madre! E da quel momento, il disce­polo la prese in casa sua”.[1353]

Dopo che Gesù risuscitò e fu assunto in cielo, Maria era con i discepoli nella sala di sopra a pregare assieme a loro, infatti é scritto: “Allora essi tornarono a Gerusalemme dal monte chiamato dell’Uliveto, il quale é vicino a Gerusalemme, non distandone che un cammin di sabato. E come furono entrati, salirono nella sala di sopra ove solevano trattenersi Pietro e Giovanni e Giacomo e Andrea, Filippo e Toma, Bartolomeo e Matteo, Giacomo d’Alfeo, e Simone lo Zelota, e Giuda di Giacomo. Tutti costoro perseveravano di pari consentimento nella preghiera, con le donne, e con Maria, madre di Gesù, e coi fratelli di lui”.[1354]

Ecco i riferimenti su Maria presenti nella sacra Scrittura. Come potete vedere tra questa Maria e quella della chiesa cattolica romana c’è una grande differenza.

 

IL CULTO AI SANTI

La dottrina dei teologi papisti

 

I santi che sono in cielo vanno pregati perché essi intercedono presso Dio per noi. Solo la chiesa ha il diritto di riconoscere santo un cristiano defunto. I credenti hanno dei santi in cielo che li proteggono. Giuseppe, il marito di Maria, è il patrono della Chiesa di Cristo. Le reliquie dei santi sono degne di essere venerate.

Secondo la curia romana coloro che sono sulla terra si devono rivolgere in preghiera pure ai santi perché essi intercedono per loro presso Dio, infatti il concilio di Trento ha decretato quanto segue: ‘Il santo sinodo comanda a tutti i vescovi e a quelli che hanno l’ufficio e l’incarico di insegnare, che (...) prima di tutto istruiscano diligentemente i fedeli sull’intercessione dei santi, sulla loro invocazione (....) insegnando che i santi, regnando con Cristo, offrono a Dio le loro orazioni per gli uomini; che è cosa buona ed utile invocarli supplichevolmente e ricorrere alle loro orazioni, alla loro potenza e al loro aiuto, per impetrare da Dio i benefici, per mezzo del suo figlio Gesù Cristo, nostro Signore...’.[1355] E questo è quello che fa il Perardi nel suo catechismo quando dice: ‘Preghiamoli di intercedere per noi’.[1356] Anche per coloro che sono contrari a questa dottrina c’è l’anate­ma: ‘Quelli, i quali affermano che i santi - che godono in cielo l’eterna felicità - non devono invocarsi o che essi non pregano per gli uomini o che l’invocarli, perché preghino anche per ciascuno di noi, debba dirsi idolatria, o che ciò è in disaccordo con la parola di Dio e si oppone all’onore del solo mediatore tra Dio e gli uomini, Gesù Cristo; o che è sciocco rivolgere le nostre suppliche con la voce o con la mente a quelli che regnano nel cielo, pensano empiamente’.[1357] Per sostenere questa dottrina i teologi papisti prendono questo passo scritto nel libro della Rivelazione: “E un altro angelo venne e si fermò presso l’altare, avendo un turibolo d’oro; e gli furon dati molti profumi affinché li unisse alle preghiere di tutti i santi sull’altare d’oro che era davanti al trono. E il fumo dei profumi, unendosi alle preghiere dei santi, salì dalla mano dell’angelo al cospetto di Dio”,[1358] ed anche un passo scritto in uno dei libri dei Maccabei (che ricordiamo sono dei libri non ispirati da Dio) dove si parla di un sogno che raccontò Giuda Maccabeo, il quale disse di avere veduto un sacerdote che era morto il quale pregava per il popolo dei Giudei; ‘Ecco che cosa aveva veduto: Onia, già Sommo Sacerdote, uomo dabbene, verecondo d’aspetto, dolce nei costumi, distinto nel suo parlare, adorno di ogni virtù sin da fanciullo, Onia tendeva le mani e pregava per tutto il popolo dei Giudei’[1359].

Essi prendono anche diverse citazioni dei cosiddetti padri, tra cui alcune di Agostino secon­do le quali ai suoi tempi molte persone ottennero la guarigione per l’intercessione dei martiri; una di queste dice: ‘Se volessi soltanto riferire i miracoli delle guarigioni ottenute per l’in­tercessione del glorioso martire santo Stefano nella città di Calama e nella nostra, tralasciando tutti gli altri, dovrei scrivere una quantità di libri’.[1360]

Secondo il catechismo cattolico ‘solamente la Chiesa ha diritto di riconoscere formalmente come Santo un cristiano defunto, e proporlo alla venerazione e autorizzarne la invocazione pubblica; cosa che la Chiesa fa dopo lunghi e minuziosi processi d’indagine su tutta la vita e gli scritti di lui, e solo se saranno dimo­strati e da essa riconosciuti due miracoli operati dopo la morte di tale servo di Dio. La Chiesa prima lo dichiara beato con un culto limitato poi, se riconosce due altri miracoli operati dopo la beatificazione, lo canonizza, lo iscrive nel canone, ossia catalogo, elenco dei Santi; allora esso può essere pubblicamente onorato e invocato in tutta la Chiesa’.[1361]

‘Si dicono Santi Patroni, o protettori quelli che ogni città, diocesi, parrocchia, istituzione, ceto sociale, professione, ecc., elegge a propri intercessori davanti a Dio, e sotto il cui patrocinio si pongono le singole persone’.[1362]

E quali sono questi protettori ai quali i Cattolici romani si raccomandano e nei quali ripongono la loro fiducia? Non li citeremo tutti per brevità, ma solo alcuni.

-  Protettori di categorie di lavoratori: Francesco di Sales, degli scrittori e giornalisti cattolici; Alberto Magno, degli studiosi di scienze naturali; Matteo, della guardia di finanza; Francesco d’Assisi e Caterina da Siena, dei primari; Francesco di Paola, dei marittimi e delle società di navigazione; Caterina da Siena, delle infermiere; Giovanni Bosco, degli editori italiani; Isido­ro-agricola, degli agricoltori; Andronico, degli argentieri; Ivo, degli avvocati; Crispino e Crispiniano, dei calzolai; Matteo, degli esattori, dei banchieri e dei cambiavalute; Giuseppe, dei falegnami; Luca, Cosma e Damiano, dei medici; Pietro e Andrea, dei pescato­ri;.....

-  Protettori che sono invocati in determinate malattie e calami­tà: per essere guariti dalle apoplessie, Andrea Avellino; dalle infestazioni del demonio, Ubaldo; dalla peste, Rocco; dall’ernia, Cataldo; dal mal d’occhi, Lucia; dal mal di denti, Apollonia; dal mal di gola, Biagio...

-  Protettori che sono invocati nelle varie necessità; nei viaggi di mare, Francesco Saverio; per ritrovare cose perdute, Antonio da Padova; per avere prole, Francesco di Paola e Rita; contro i ladri, furti, ecc., Disma buon ladrone; contro i fulmini e le saette, Barbara; per trovare marito, Pasquale Baylon...[1363]

-  Protettori di alcune città d’Italia: Roma, Pietro; Napoli, Gennaro; Milano, Ambrogio; Torino, Giovanni Battista; Venezia, Marco; Bologna, Petronio; Bari, Nicola.[1364]

Nel Nuovo Manuale del Catechista il Perardi, dopo avere spiegato che Giuseppe era lo sposo di Maria, e che non fu padre vero di Gesù ma padre putativo di Gesù perché non fu Giuseppe a generare Gesù, dice: ‘Tuttavia è grande la dignità di S. Giuseppe e come sposo di Maria e come custode di Gesù. Egli fu, se possiamo dire così, l’uomo di fiducia della Santissima Trinità...’.[1365] Poi dice: ‘Siate devoti di S. Giuseppe; e pregatelo specialmente di due grazie: che salvi l’anima vostra dalla morte del peccato come salvò Gesù bambino dalla morte minacciatagli da Erode; che come egli morì assistito da Gesù e da Maria, vi ottenga di morire invocandone devotamente i nomi. - Ripetete ogni giorno le tre giaculatorie: ‘Gesù, Maria e Giuseppe, vi dono il cuore e l’anima mia.. assistetemi nell’ultima agonia... spiri in pace con voi l’anima mia’.[1366] Ed infine il Perardi, servendosi delle Scritture, spiega alle persone perché essi devono pregare Giuseppe ed esser­gli devoti. Ecco cosa dice questo teologo: ‘Giuseppe, figlio di Giacobbe, fu figura di S. Giuseppe. Egli fece un sogno che raccontò ai fratelli: Sognai, disse, che noi eravamo insieme nel campo a legare i covoni: quand’ecco il mio covone sorgere e tenersi ritto, e i vostri, standogli intorno, adorare il mio. Risposero i fratelli a Giusep­pe: A che tende codesto tuo sogno? Forse che tu sarai nostro re? Forse che tu signoreggeresti sopra di noi? - S. Giuseppe è esalta­to al di sopra di tutti i Santi in cielo; tutti gli uomini, suoi fratelli, lo debbono onorare. Fece poi Giuseppe un altro sogno, nel quale vide il sole, la luna e undici stelle che lo adoravano. Ma il padre ne lo sgridò, dicendo: Che vuole egli dire cotesto? Forse che io ed i tuoi fratelli, abbiamo ad inchinarci a te? Essi non intendevano la realtà di cui il sogno di Giuseppe era figura. Il sole increato, il Signore Gesù Cristo e la Madonna onorano Giuseppe, capo della sacra Famiglia che essi costituivano’.[1367] Questo è quello che viene insegnato ai Cattolici sin dalla loro fanciullezza per fargli pregare ed adorare Giuseppe, che per loro è il patrono della Chiesa,[1368] e fargli festeggiare la festa in suo onore!

I teologi papisti insegnano che è giusto rivolgere il culto alle reliquie dei santi. Il Perardi afferma per esempio: ‘Noi veneriamo anche il corpo dei Santi, perché servì loro ad esercitare virtù eroiche, fu certamente tempio dello Spirito Santo, e risorgerà glorioso alla vita eterna’.[1369]

Questa venerazione che la chiesa cattolica romana nutre in verso i corpi dei morti o parti di essi od oggetti che essi hanno lasciato e l’attribuzione ad essi di virtù soprannaturali viene confermata dai teologi papisti con alcune Scritture e con degli scritti di alcuni antichi scrittori tra cui Agostino di Ippona. I passi della Scrittura su cui si appog­giano i teologi papisti per sostenere che è giusto venerare le reliquie e credere che per mezzo di esse Dio concede agli uomini dei benefici perché tutto ciò era fatto e creduto anticamente sono i seguenti. “L’anno seguente delle bande di Moabiti fecero una scorreria nel paese; e avvenne, mentre certuni stavano seppellendo un morto, che scòrsero una di quelle bande, e gettarono il morto nel sepolcro di Eliseo. Il morto, non appena ebbe toccate le ossa di Eliseo, risuscitò, e si levò in piedi”;[1370] “E Iddio faceva de’ miracoli straordinari per le mani di Paolo; al punto che si portavano sui malati degli asciugatoi e de’ grembiuli che erano stati sul suo corpo, e le malattie si parti­vano da loro, e gli spiriti maligni se ne uscivano”.[1371]

Per quanto riguarda invece le parole di Agostino di Ippona prese a sostegno di questo culto esse si trovano nel suo libro La Città di Dio. Egli qui fa chiaramente capire che ai suoi tempi le reliquie dei martiri venivano portate in processione dai vescovi coi loro fedeli, e narra che diversi malati furono guari­ti con le reliquie di Stefano! E con tutto ciò si mostra perfettamente d’accordo. Ed oltre a parlare di queste processioni e di queste guarigioni egli fa le seguen­ti affermazioni che fanno capire altresì chiaramente che lui credeva pure che i morti operassero dei miracoli in favore dei viventi infatti dice: ‘Quei martiri, dunque, che ora possono impetrare tali grazie dal Signore per il cui nome furono uccisi, morirono per la fede nella risurrezione; per essa soffrirono con ammirabile pazienza, e ora possono manifestare una simile potenza nell’ottenere miracoli (...) Crediamo dunque ad essi che dicono la verità e che compiono tanti miracoli, poiché i martiri morirono proclamando la verità ed è per questo che possono fare i miracoli che noi vediamo’.[1372]

Confutazione

I santi che sono in cielo non pregano per noi

 

La dottrina dell’intercessione dei santi che sono in cielo è una menzogna, perché come Maria non può mediare fra Dio e gli uomini, così neppure possono mediare i santi che sono in cielo a favore di coloro che sono sulla terra perché essi non possono in alcuna maniera ascoltare le preghiere che gli uomini fanno loro. Il passo della Scrittu­ra preso dai teologi romani per sostenere che essi sono dei mediatori, non fa riferimento a loro preghiere a favore di quelli che sono sulla terra, ma fa riferimento alle preghiere dei santi che sono sulla terra fatte a Dio, le quali salgono a Lui come un profumo d’odore soave. Per quanto riguarda il sogno riferito da Giuda Maccabeo é una menzogna che non ha nulla a che fare con la verità. Mediante il racconto di questo sogno lo scrittore di questo libro è riu­scito ad introdurre in seno a molti uomini la falsa dottrina che i morti intercedono per i vivi ed é riuscito così a fare dimenti­care a molti uomini il nome del Signore e la sua parola. Ma quello di raccontare sogni falsi per traviare il popolo di Dio è un’arte seduttrice dell’errore che veniva esercitata già durante la vita degli antichi profeti infatti Dio dice in Geremia: “Ecco, dice l’Eterno, io vengo contro quelli che profetizzano sogni falsi, che li raccontano e traviano il mio popolo con le loro menzogne e con la loro temerità...”.[1373] Questo esempio ci serve a noi tutti a comprendere come il diavolo riesce ad introdurre delle eresie in seno al popolo di Dio anche servendosi del rac­conto di sogni; per questo é necessario essere prudenti ed esami­nare accuratamente mediante le Scritture i sogni che si hanno o che altri dicono di avere avuto, per evitare di accettare un sogno che va contro la Parola di Dio. Nel corso dei secoli, sono sorti molti falsi profeti che con le loro visioni e i loro sogni hanno sedotto tanti credenti facendogli credere la menzogna, perciò state in guardia fratelli ed esaminate attentamente sia i sogni che le visioni che udite o che vedete; accettateli quando sono veraci e confermano pienamente la verità, ma rigettateli senza esitare quando si oppongono alla sacra Scrittura. Per ciò che riguarda poi le parole di Agostino relativamente all’in­tercessione dei santi in favore dei vivi bisogna dire che que­st’uomo errò grandemente.

La Scrittura ci insegna che noi credenti ci dobbiamo rivolgere in preghiera a Dio. Ecco alcuni passi che attestano ciò: “Non siate con ansietà solleciti di cosa alcuna; ma in ogni cosa siano le vostre richieste rese note a Dio in preghiera e supplicazione con azioni di grazie”;[1374] e: “Invocami nel giorno della distretta; io te ne trarrò fuori, e tu mi glorificherai”;[1375] ed ancora: “Voi m’invocherete, verrete a pregarmi e io v’esaudirò”.[1376] E che ogni volta che lo preghiamo dobbiamo farlo nel nome di Gesù Cristo, ossia appoggiandoci sulla sua mediazione perché lui è il solo mediatore tra Dio e noi secondo che è scritto: “V’è un solo Dio ed anche un solo mediatore fra Dio e gli uomini, Cristo Gesù uomo..”,[1377] e: “Quel che chiederete nel mio nome, lo farò”,[1378] ed anche: “In verità, in verità vi dico che quel che chiederete al Padre, Egli ve lo darà nel nome mio. Fino ad ora non avete chiesto nulla nel nome mio: chiedete e riceverete, affinché la vostra allegrezza sia completa”,[1379] ed ancora: “...affinché tutto quel che chiederete al Padre nel mio nome, Egli ve lo dia”.[1380] Quindi è contrario alla sana dottrina sia rivolgersi in preghiera ai santi che sono in cielo e sia pregare Dio appoggiandoci sulla loro mediazione. Se i santi che sono in cielo potessero ascoltare le preghiere di milioni di persone sparse sopra la faccia della terra, ciò significherebbe che essi sono in grado di venire a conoscenza diretta dei nostri bisogni il che va apertamente contro la Scrittura che insegna che coloro che sono morti e sono andati ad abitare in cielo con il Signore sono delle creature di Dio che non sanno nulla di ciò che accade sulla terra e non vedono quello che vi succede secondo che è scritto: “I morti non sanno nulla”,[1381] ed anche: “Abrahamo non sa chi siamo, e Israele non ci riconosce”.[1382] E se essi potessero intercedere per noi che siamo sulla terra ciò significherebbe che in cielo ci sono tanti mediatori il che va contro la Parola di Dio che dice che tra Dio e gli uomini c’è un solo mediatore e cioè Gesù Cristo.[1383] I Cattolici romani definendo i santi che sono in cielo dei poten­ti intercessori in realtà sminuiscono e fanno passare per irrilevante la mediazione che Gesù Cristo compie alla destra del Padre in favore dei suoi discepoli sulla terra.

Il modo in cui i teologi papisti sostengono la loro devozione a Giuseppe è un esempio che mostra cosa significa interpretare arbitrariamente la Parola di Dio

 

Avete notato con quale astuzia i teologi cattolici, per sostenere la devozione a Giuseppe, riescono a fare dire alla Parola di Dio quello che essa non dice? Così facendo, essi dimostrano di non essere da meno dei seguaci di Russell o di altri impostori che hanno interpretato allegori­camente ma malamente alcuni passi della Scrittura per fini diso­nesti. Innanzi tutto voglio che notiate che questi passi sono stati citati malamente dal Perardi infatti egli dice che nel primo sogno i covoni dei fratelli di Giusep­pe adorarono quello di Giuseppe, e nel secondo che il sole la luna e le undici stelle lo adorarono, il che non è vero perché nella Scrittura é scritto che i covoni dei suoi fratelli s’inchi­navano dinanzi al suo e che il sole la luna e le undici stelle gli s’inchinavano dinanzi. Il Perardi dice che i fratelli di Giuseppe non intesero la realtà di cui il secondo sogno di Giuseppe era figura, senza rendersi conto che anche lui dando questa sua interpretazione a questo sogno dimostra di non avere affatto capito il significato del sogno di Giuseppe! Ci troviamo davanti ad un’ennesima prova di come il cosiddetto magistero cattolico sia nell’errore e di come dà il significato allegorico che vuole alla Parola di Dio per sostenere le sue eresie. Noi ci limitiamo a dire che il significato allegorico dato dal Perardi ai due sogni che ebbe Giuseppe è follia!

Ma ho voluto citarvi questa loro fantasiosa interpretazione data ai due sogni di Giuseppe, figlio di Giacobbe, anche per farvi comprendere come sia sufficiente dare un significato allegorico sbagliato a qualche Scrittura per creare una falsa dottrina o per confermarne una già esistente. Nel corso dei secoli sono stati tanti i significati allegorici dati arbitrariamente a molti passi della Scrittura e per mezzo di essi molti falsi dottori sono riusciti ad introdurre o confermare in seno alla Chiesa di Dio degli insegnamenti contrari alla sana dottrina. La chiesa romana è stata sempre feconda di cosiddetti dottori che hanno introdotto e confermato le più strane dottrine per mezzo appunto di significati allegorici; essa è bene esercitata in questa arte seduttrice dell’errore avendola collaudata adeguatamente nel corso dei secoli precedenti. Fratelli, state in guardia dalle sue artificiose interpretazioni dietro le quali si nasconde l’astuzia del serpente antico. Ed infine voglio dire che è veramente follia dichiarare Giuseppe, che è una creatura, il patrono della Chiesa, perché la Chiesa ha già il suo patrono che è Dio, l’Onnipotente, l’Onnisciente e l’Onnipresente. Egli è Colui che la protegge difatti Paolo dice: “Ma il Signore è fedele, ed egli vi renderà saldi e vi guarderà dal maligno”,[1384] e Isaia che Dio è colui “che difende la causa del suo popolo”[1385] e Pietro afferma che Dio ha cura di noi[1386] quindi ci protegge pure. E potrei proseguire citando molti altri passi ma mi fermo qui.

Coloro che la chiesa cattolica romana fa santi non erano altro che dei peccatori che ora sono all’inferno

 

Ora, dopo avere dimostrato che i santi che sono in cielo non possono intercedere per gli uomini sulla terra, e che quindi è del tutto inutile invocarli, voglio dire chi sono questi santi così chiamati dai Cattolici. Badate che da queste considerazioni che sto per fare sono esclusi i santi tradizionali, vale a dire, Paolo, Pietro, Giovanni e tutti gli altri santi di cui parla la Scrittura, e tutti quei santi che dopo la morte degli apostoli, quantunque non annullarono il Vangelo come fa la chiesa cattolica romana, furono dichiarati santi dai papi e inseriti nel canone dei santi. Dalle parole del catechismo prima citate a proposito della canonizzazione si comprende chiaramente che secondo la chiesa romana sono santi solo una parte di coloro che dicono di credere, e già questa è una menzogna perché secondo la Scrittura tutti coloro che hanno creduto nel Signore Gesù sono dei santi perché sono stati “santificati mediante l’offerta del corpo di Gesù Cristo fatta una volta per sempre”;[1387] essi sono stati santificati da Cristo, Dio benedetto in eterno, già sulla terra e non hanno perciò bisogno di essere dichiarati santi dopo morti da qualche autorità ecclesiastica. Ma poi bisogna dire che il defunto viene dichiarato santo dal cosiddetto papa se viene riconosciuto essere stato un fedele Cattolico romano, quindi se viene riconosciuto che durante la sua vita si attenne scrupolosamente alla tradizione cattolica romana, il che equivale a dire che sarà dichiarato santo se pregava Maria e l’adorava, se riconosceva il cosiddetto papa come capo della Chiesa, i vescovi come pastori istituiti da Cristo, se si sforzò di guadagnarsi il paradiso con le opere giuste, se avversò quindi fortemente i Protestanti, e così via dicendo.[1388] Alcuni esempi che dimostrino ciò? Roberto Bellarmino, che durante la sua vita fu uno dei più strenui difensori delle eresie della chiesa romana e uno dei più forti oppositori del protestan­tesimo, dopo la sua morte fu dichiarato santo da Pio XI nel 1930. Ma oltre a Bellarmino si può pure citare Alfonso De Liguori grande adoratore di Maria, autore dell’infame libro Le glorie di Maria, fatto santo nel 1839 da Gregorio XVI. Ed infine il cardinale Carlo Borromeo (1538-1584), fatto santo da Paolo V nel 1610, di cui viene detto che fu uno dei più spietati persecutori dei Protestanti, quale consigliere intimo ed ascoltato dei seguenti tre papi sanguinari: Pio IV (1559-1565), che fece massacrare centinaia di Valdesi nelle Calabrie; Pio V (1566-1572), che incitò Carlo IX a massacrare gli Ugonotti in Francia e fece ardere in Italia Paleario e Carnesecchi; e Gregorio XIII (1572-1585) che si rallegrò dell’avvenuta strage degli Ugonotti e fece coniare una medaglia in ricordo di quel evento così lieto per il papato. Quindi, si giunge alla conclusione che tutti quei santi che vengo­no riconosciuti tali e canonizzati perché hanno ubbidito in tutto e per tutto alla dottrina della chiesa romana non erano altro che dei peccatori che dopo morti sono andati subito all’inferno a piangere e stridere i loro denti in mezzo all’ardente fuoco in attesa del giorno del giudizio in cui saranno condannati. (Non possiamo però escludere che tra costoro alcuni in punto di morte hanno rigettato le eresie papiste e si sono pentiti dai loro peccati ed accettato il Signore e quindi sono morti santificati da Dio; in questi casi il nostro suddetto discorso non vale per loro). Certamente tra coloro canonizzati santi dai papi non ci sono uomini che mentre erano in vita (mi riferisco soprattutto al periodo che va dal quattordicesimo secolo fino ad ora) erano contro la dottrina che dice che la giustificazione si ottiene per opere e non per fede soltanto, contro il primato del cosiddetto papa, contro la preghiera rivolta a Maria, contro la messa come la ripetizione del sacrificio di Cristo, contro il purgatorio, contro le indulgenze, contro il culto delle loro cosiddette immagini sacre o contro tante e tante altre cose storte che la chiesa romana insegna e fa praticare (insomma contro il cattolicesimo romano), perché questi ultimi sono da essa definiti e ricordati come eretici, come seduttori, come nemici della Chiesa. A conferma di ciò sottopongo alla vostra attenzione alcune parole del decreto emanato dal concilio di Costanza nel 1415 contro Giovanni Wycliffe: ‘In questi nostri tempi l’antico e invidioso nemico ha suscitato nuove battaglie, affinché quelli che sono approvati siano resi manifesti. Loro capo e condottiero fu un tempo il falso cristiano Giovanni Wycliffe. Mentre viveva egli affermò pertinacemente e insegnò contro la religione cristiana e la fede cattolica molti articoli (....) Per autorità del concilio romano e per ordine della chiesa (..) si è proceduto alla condanna di Wycliffe e della sua memoria (...) questo santo sinodo dichiara, definisce e sentenzia che Giovanni Wycliffe è stato eretico notorio e ostinato, e che è morto nell’eresia: lo anatematizza e condanna la sua dottrina. Stabilisce e ordina inoltre che vengano esumati il suo corpo e le sue ossa, se è possibile distinguerli dai corpi degli altri fedeli, e vengano gettati lontano dal luogo della sepoltura ecclesiastica, secondo le legittime sanzioni del diritto canonico’.[1389] Ma che disse e fece di male quest’uomo per attirarsi anche dopo la sua morte la maledizione della chiesa romana? Giovanni Wycliffe (1320-1384) durante la sua vita disse tra le altre cose che il papa non era né il vicario di Cristo e neppure il capo della Chiesa di Dio, che la dottrina della tran­sustanziazione era falsa, che Cristo non aveva istituito la messa, che non bisognava credere nelle indulgenze del papa; e poi tradusse il Nuovo Testamento in inglese per metterlo alla portata del popolo. Ma di uomini che verranno sempre ricordati dal papato come eretici e seduttori per cui non c’è la benché minima speranza che siano canonizzati santi, ma che in realtà erano dei santi se ne potrebbero citare molti altri. Come potete ben comprendere ci sono dei giusti che vengono ricordati dalla chiesa romana come se durante la loro vita aves­sero fatto l’opera dei malvagi, e ci sono molti malvagi che essa ricorda con grande rispetto come se essi durante la loro vita fossero stati dei veri santi. Basta vedere nell’elenco dei santi della chiesa cattolica romana per accorgersi come essa ha dichiarato santi tanti uomini malvagi, arroganti, ecc. Noi credenti quindi non possiamo metterci a chiamare santi uomini e donne che hanno vissuto tutta una vita in ribellione alla Parola di Dio per ubbidire alla tradizione cattolica romana e che adesso sono nelle fiamme dell’Ades. Non possiamo accettare né queste loro canonizzazioni, e neppure il fatto che essi vengano dichiarati degni di essere invocati e pregati.[1390]

O Cattolici romani, rientrate in voi stessi, pentitevi dei vostri peccati davanti a Dio e credete nel suo Figliuolo e sarete all’istante resi santi dall’Iddio vivente. Sarete così aggiunti al numero dei veri santi che solo Dio conosce e che dopo morti vanno in cielo. Comprenderete allora come questa canonizzazione papale non è altro che una menzogna che serve per altro alla cosiddetta sede apostolica ad arricchirsi perché dovete sapere che per fare dichiarare santo qualcuno dal papa occorre pagare molti e molti soldi. Considerate per un momento questo: Dio per santificare qualcuno non chiede soldi ma lo fa gratuitamente, la curia romana invece per fare santo qualcuno vuole del denaro. Ma soprattutto considerate che coloro che Dio santifica sono dei veri santi, mentre coloro che canonizza santi il papa sono dei peccatori dimoranti all’inferno fatti passare santi sulla terra. Ah, se questi uomini potessero uscire dall’inferno e tornare sulla terra! Dichiarerebbero al mondo intero che essi erano all’inferno a soffrire pene indicibili mentre sulla terra erano fatti passare per dei potenti intercessori presso Dio!

I protettori dei Cattolici romani non proteggono proprio nessuno

 

Abbiamo visto quali sono (una parte) i protettori dei Cattolici romani. Dobbiamo quindi affermare che nella teoria i Cattolici dicono di credere in Dio ma nella pratica dimostrano che loro Dio non lo conoscono, non lo reputano potente da soccorrerli in nessuna delle loro necessità; in verità il popolo cattolico romano è stato ingan­nato dalla curia romana. Eccole le prove che dimostrano quanto idolatri e superstiziosi siano i Cattolici; sono come gli antichi pagani che avevano un dio da invocare in ogni loro di­stretta, e poi ci vengono a dire di essere dei Cristiani! e si offendono pure se non gli diamo ragione. Ma come gli si può dare ragione dinanzi a queste ulteriori prove comprovanti la loro estraneità alla vita di Dio? E poi i teologi papisti affermano che codesta tradizione di invo­care i loro santi nelle diverse distrette fa parte della rivela­zione di Dio? Ma come si permettono di dire che Dio abbia rivela­to delle tali aberrazioni? Il nostro Dio è vivente, il suo orec­chio non è troppo duro per udire, il suo braccio è potente da soccorrere chiunque lo invoca in qualsiasi distretta si trovi, la sua mano non è troppo corta per salvare; é Lui che si deve invo­care nella distretta, é in Lui che bisogna avere piena fiducia, non nei santi che sono in cielo. Perché essi non possono proteggere proprio nessuno dai pericoli perché a questo, cioè a proteggere i fedeli, sono preposti gli angeli di Dio secondo che é scritto: “Gli Angeli del Signore sono accampati intorno a quelli che lo temono, E li liberano”,[1391] ed ancora: “Egli comanderà ai suoi angeli di guardarti in tutte le tue vie”.[1392] O uomini che professate la religione cattolica romana quando rientrerete in voi stessi e vi volgerete al Signore per ottenere il suo perdono ed il suo aiuto? Smettete di invocare i morti; invocate l’Iddio vivente e vero mentre Egli è vicino; smettete di cercare il favore di Tizio e di Caio che sono morti e sepolti e non possono fare nulla per voi e mettetevi a cercare il Signore mentre lo si può ancora trovare. Salvatevi da questa assemblea pseudocristiana!

Il nostro protettore, guaritore e soccorritore

 

Noi credenti abbiamo come protettore il Signore Iddio Onnipoten­te, l’Eterno degli Eserciti, il Creatore di tutte le cose, il Santo; in Lui ci siamo rifugiati; sotto le sue ali ci sentiamo sicuri perché è scritto: “Poiché tu hai detto: O Eterno, tu sei il mio rifugio; tu hai preso l’Altissimo per il tuo asilo, male alcuno non ti coglierà, né piaga alcuna s’accosterà alla tua tenda. Poiché egli comanderà ai suoi angeli di guardarti in tutte le tue vie”,[1393] ed anche: “L’Eterno è colui che ti protegge; l’Eter­no è la tua ombra; egli sta alla tua destra. Di giorno il sole non ti colpirà, né la luna di notte. L’Eterno ti proteggerà da ogni male; egli proteggerà l’anima tua. L’Eterno proteggerà il tuo uscire e il tuo entrare da ora in eterno”.[1394] Sempre lui è il nostro guaritore, perché è scritto: “Egli è quel... che sana tutte le tue infermità”,[1395] perciò Lui invochiamo nelle nostre infermità, come fece il profeta Geremia dicendo: “Guari­scimi, o Eterno, e sarò guarito”.[1396] Ed infine nelle nostre molteplici necessità, o in mezzo a delle calamità è sempre Lui colui che invochiamo; per ritrovare cose perdute, per trovare moglie o marito, per avere bambini quando essi non vengono, per trovare casa, per trovare lavoro, e per ogni altro bisogno invochiamo il nostro Dio perché lui ci ha detto: “Invocami nel giorno della distretta; io te ne trarrò fuori, e tu mi glorificherai”.[1397] Noi abbiamo un grande Iddio di cui abbiamo sperimentato la fedel­tà in tutte le nostre distrette; in verità ciascuno di noi può e deve dire, come Davide, “quest’afflitto ha gridato, e l’Eterno l’ha esaudito e l’ha salvato da tutte le sue distrette”.[1398]

A Dio che ci libera da tutte le nostre distrette, sia la gloria, l’onore e la lode in eterno. Amen.

La venerazione delle reliquie è idolatria

 

Eccoci ad un’altra pratica della chiesa romana che è da riprovare perché menzogna: la venerazione dei corpi dei morti o di alcuni loro resti che essi dicono reliquie. Cominciamo col dire che non è vero che i corpi che essi dicono di venerare siano stati i corpi di uomini veramente santi perché come abbiamo visto per santo la Parola di Dio non intende un uomo che abbia esercitato ‘virtù eroiche’ per guadagnarsi per mezzo di esse il paradiso (perché un tale, secondo la Scrittura, è un peccatore), ma un uomo che ha creduto nel Signore ed é stato giustificato per grazia e santificato mediante lo Spirito Santo. Vi ricordo a tale proposito che Paolo quando scrisse ai santi di Corinto si rivolse a tutti loro come “ai santificati in Cristo Gesù”,[1399] e che disse a tutti loro che avevano creduto: “Non sapete voi che siete il tempio di Dio, e che lo Spirito di Dio abita in voi?”.[1400] Quindi è errato pensare che esista una categoria di perso­ne che dopo che sono morte si possono dichiarare santi perché hanno compiuto delle opere di carità a favore dei deboli al fine di guadagnarsi la vita eterna. Ma noi diciamo pure che quand’anche colui che é morto sia stato durante la sua vita un vero santo, cioè un credente in Cristo Gesù che è stato d’esempio ai credenti perché ha imitato Cristo Gesù, il suo corpo non deve essere affatto venerato come non deve essere affatto visitata periodicamente la sua tomba come se su di essa si potesse ottenere qualche grazia. Questo lo diciamo fondandoci sul fatto che i santi antichi quando morivano dei loro confratelli non cominciavano a venerare per nulla i loro corpi. Ecco alcuni passi della Scrittura che attestano ciò.

-  Quando morì Giovanni il Battista, (di cui la Scrittura dice che mentre era in vita Erode aveva soggezione “sapendolo uomo giusto e santo”,[1401] e che era stato ripieno dello Spirito Santo sin dal seno di sua madre[1402]) i suoi discepoli “andarono a prendere il suo corpo e lo deposero in un sepolcro”;[1403] ma non é che i suoi discepo­li da allora cominciarono a venerarne il corpo decapitato andando al sepolcro a pregare.

-  Stefano era un uomo pieno di Spirito Santo che faceva gran segni e prodigi fra i Giudei, e quando morì lapidato dai Giudei avvenne che “degli uomini timorati seppellirono Stefano e fecero gran cordoglio di lui”.[1404] Ecco che cosa é lecito fare per un morto; seppellirlo con onore e fare cordoglio per lui, ma niente di più.

Andare al sepolcro dove è seppellito un credente che visse santa­mente colla convinzione che toccando la sua tomba si possa otte­nere una grazia da Dio è solo superstizione, quindi un sentimento che non procede da Dio. Un credente ci può aiutare mentre è in vita facendoci del bene, pregando per noi ecc., ma una volta che egli muore non è più in grado di fare alcun ché di buono in nostro favore perché se ne va in cielo alla presenza del Signore: per questo è del tutto illu­sorio affidarsi a sue presunte intercessioni presso Dio o credere che egli può fare dei miracoli a pro dei viventi anche da morto. Noi dobbiamo venerare l’Iddio che ha dimorato nel corpo dei santi e non i loro corpi morti che hanno veduto la corruzione.

Alcune parole a proposito dell’interpretazione data a certi passi della Scrittura per sostenere la venerazione delle reliquie

 

Per quanto riguarda la prima Scrittura, citata dai teologi papisti a conferma della venerazione delle reliquie, bisogna dire che il morto fu gettato nel sepolcro di Eliseo da coloro che lo dovevano seppellire per il fatto che furono presi dalla paura di una banda di Moabiti che essi videro lì nei pressi. Quindi il morto non fu portato da quegli uomini e messo in quel sepolcro perché essi erano convinti che se gli avessero fatto toccare le ossa del corpo del profeta Eliseo esso sarebbe tornato in vita. Possiamo dire quindi che questo avvenne ‘per caso’. E’ bene precisare però che noi non crediamo nel caso come la gente del mondo perché Gesù ha detto che non può cadere a terra un solo passero senza la volontà di Dio, perciò crediamo che questo fatto avvenne per volontà di Dio. Ma anche se quel morto risuscitò per la volontà e la potenza di Dio quando toccò le ossa del profeta Eliseo, noi non siamo autorizzati dalla Parola a portare i nostri morti presso il sepolcro di qualche ministro di Dio che sulla terra guariva gli ammalati per farglieli toccare perché così risusciteranno. Noi non attribuiamo nessuna virtù soprannaturale a nessun corpo morto di qualsiasi ministro di Dio; noi non attribuiamo nessuna virtù particolare a parti del suo corpo, alla sua cenere o ad oggetti da lui lasciati sulla terra perché non siamo persone superstizio­se. Noi non crediamo, come invece lo credeva Agostino, che Dio conceda dei benefici agli uomini tramite le reliquie di un suo santo uomo in virtù della sua intercessione.

Per quanto riguarda la seconda Scrittura citata dai teologi papisti bisogna dire che noi crediamo che anche oggi in particolari casi, quando lo vuole Dio, mediante un grembiule o un asciugatoio, che é stato sul corpo di un ministro del Vangelo che ha doni di guarigioni o il dono di potenza d’operare miracoli, posto sul corpo di infermi essi possano guarire mediante la loro fede nel Signore e per la poten­za di Dio: (sia ben chiaro però che noi, benché crediamo questo, non siamo di quelli che pregano sui fazzoletti o chiedono ai credenti di portare dei vestiti dei malati per pregare sui vestiti). Ma da qui a dire veneriamo i corpi dei santi morti ‘perché per mezzo dei residui dei loro corpi che noi diciamo reliquie, Dio concede agli uomini non pochi benefizi’[1405] ci passa una grandissima differenza.

Per riassumere diciamo quindi che non si devono assolutamente venerare i corpi o parte dei corpi od oggetti di credenti morti pensando che per mezzo di essi Dio conceda delle guarigioni perché questo comportamento è idolatrico. Dio nella sua Chiesa ha stabilito i miracoli e i doni delle guarigioni e dice che se uno è malato deve chiamare gli anziani della Chiesa affinché preghino su lui ungendolo d’olio nel nome del Signore. Egli non dice all’ammalato di andare a visitare la tomba o la reliquia di un suo servo morto, ma gli ordina di aver fede in Lui per ricevere la guarigione. Guarigione che otterrà non per l’intercessione in cielo di qualche santo ma solo per la mediazione di Gesù Cristo che è alla destra di Dio perché è nel suo nome che gli anziani pregano sull’ammalato o che altri credenti pregano Dio di guarirlo.

Badate a voi stessi fratelli perché la venerazione delle reliquie dei santi è collegata alla dottrina dell’intercessione dei santi in cielo: sono due cose inseparabili. Chi venera le reliquie di qualcuno morto crede pure che quel morto prega Dio per lui; e chi si mette a credere che i morti intercedono per i vivi si mette pure a venerare le loro reliquie. E tutto questo porta l’uomo a non appoggiarsi sulla mediazione di Gesù Cristo, il Vivente, a non ritenere che essa sia sufficiente per ottenere la guarigione. Gesù Cristo è risorto, è in cielo con il suo corpo, per la fede nel suo nome si riceve la guarigione come qualsiasi altro beneficio di Dio. Abbiate piena fiducia in Dio Padre ed anche nel suo Figliuolo Gesù che prega per noi alla sua destra.

La seduzione perpetrata per mezzo delle reliquie

 

Satana è riuscito a sedurre moltitudini di persone anche mediante la venerazione delle reliquie insegnata dai Cattolici. Oggi ci sono un pò da per tutto santuari cattolici, basiliche e altri luoghi di culto della chiesa cattolica, dove è detto vengono custodite ogni sorta di reliquie, dai capel­li, la mascella, il braccio, la testa di diversi loro cosiddetti santi o qualche loro oggetto, a pezzi di legno che vengono fatti credere residui della croce su cui fu crocifisso Gesù. Tutto questo ha portato molte persone a offrire il loro culto alle reliquie e difatti ci sono le funzioni religiose in onore di esse. Basti ricordare una per tutte e cioè quella che ogni anno ha luogo nella basilica che porta il nome di Pietro a Roma in onore della ‘cattedra di Pietro’. Pensate che i Cattolici per sostenere che l’apostolo Pietro ha esercitato l’ufficio di papa a Roma hanno fatto spuntare pure la sedia con spalliera sulla quale Pietro si sarebbe seduto quando presiedeva le raunanze della Chiesa! Ma a Roma non c’é solo ‘la cattedra di Pietro’ ma anche le catene con cui Pietro fu legato (con una in Gerusalemme per ordine di Erode e con l’altra in Roma per ordine di Nerone), il carcere dove egli fu messo ed anche la tomba in cui egli sarebbe sepolto; insomma c’é tutto quello che serve ai Cattolici per attestare con certezza che Pietro venne in Roma (della sua venuta a Roma ne parla la tradizione ma non la sacra Scrittura) e ad avvalorare la loro favola artificiosamente composta sul papato di Pietro a Roma. Che cosa ci insegna tutto questo? Che quello delle reliquie è un potente strumento nelle mani di Satana per fare credere ogni sorta di leggende alle persone.

A molti Cattolici non importa proprio nulla se la Scrittura tace attorno a molte cose o dice il contrario di quello che la loro tradizione secolare dice; essi si fanno forti del fatto che esiste una storia a riguardo di un pezzo di legno o di un pezzo di carne putrefatta o di un osso o di qualcosa d’altro ed in quella credono ciecamente senza mettere in discussione la cosa.

Ma noi diciamo: quand’anche Pietro fosse stato a Roma, quand’anche la Scrittu­ra avesse detto che egli predicò il Vangelo in questa città e anche il luogo preciso dove egli poi sarebbe stato messo a morte, ma che privilegi avrebbe mai potuto conferire tutto ciò alla Chiesa di Roma? Che superiorità avrebbe mai potuto reclamare la Chiesa di Roma sulle altre chiese? Ma quali virtù soprannaturali avremmo potuto attribuire alla sua tomba?

Agli oggetti che gli uomini di Dio hanno lasciato sulla terra non bisogna dare quell’importanza che non hanno; e non bisogna attri­buirgli neppure poteri soprannaturali, perché in questo caso si farebbe posto pian piano al diavolo che sa come sfruttare le debolezze dei mortali.

IL CULTO AGLI ANGELI

La dottrina dei teologi papisti

 

Gli angeli vanno invocati perché pregano per noi assieme a Maria e ai santi.

Il catechismo romano afferma: ‘Invochiamo anche la Madonna, gli Angeli e i Santi perché, essendo cari al Signore e pietosi verso di noi, ci aiutino nelle nostre domande con la potente intercessione. (...) Gli Angeli e i Santi sono potenti intercessori presso Dio, perché suoi servi fedeli, anzi amici prediletti’.[1406] Oltre a Maria e ai santi quindi - secondo la teologia papista - anche gli angeli vanno invocati perché sono degli intercessori presso Dio. E a loro viene rivolto un culto: gli angeli custodi sono festeggiati il 2 Ottobre. E per sostenere che gli angeli pregano per noi che siamo sulla terra, i teologi romani prendono queste parole del profeta Zaccaria: “Allora l’angelo dell’Eterno prese a dire: ‘O Eterno degli eserciti, fino a quando non avrai tu pietà di Gerusalemme e delle città di Giuda, contro le quali sei stato indignato durante questi settant’anni? E l’Eterno rivolse all’angelo che parlava meco, delle buone parole, delle parole di conforto”.[1407]

Confutazione

Gli angeli del Signore non vanno invocati

 

La sacra Scrittura dice che “gli Angeli del Signore sono accampati intorno a quelli che lo temono E li liberano”,[1408] e che perché noi abbiamo preso Dio per nostro rifugio Egli comanderà ai suoi angeli di guardarci in tutte le nostre vie.[1409] Ma in nessun punto essa dice che noi dobbiamo invocare gli angeli perché essi intercedono presso Dio in favore nostro. E questo sempre per lo stesso motivo già esposto prima; perché tra Dio e gli uomini c’è solo un mediatore, cioè Gesù Cristo. E la Scrittura non dice neppure che noi dobbiamo rendere il culto agli angeli, anzi essa ci mette in guardia da questo culto agli angeli con queste parole: “Nessuno a suo talento vi defraudi del vostro premio per via d’umiltà e di culto degli angeli affidandosi alle proprie visioni, gonfiato di vanità dalla sua mente carnale”.[1410] Gli angeli non sono degni di ricevere il nostro culto perché solo Dio è degno di essere adorato: abbiamo una conferma di ciò anche nelle seguenti parole di Giovanni: “E io, Giovanni, son quello che udii e vidi queste cose. E quando le ebbi udite e vedute, mi prostrai per adorare ai piedi dell’angelo che mi avea mostrate queste cose. Ma egli mi disse: Guàrdati dal farlo: io sono tuo conservo e de’ tuoi fra­telli, i profeti, e di quelli che serbano le parole di questo libro. Adora Iddio”.[1411] Sappiamo bene che i Cattolici dicono: ‘Ma noi non li adoriamo, li vene­riamo, cioè li onoriamo...’,[1412] ma i fatti dimostrano che la loro cosiddetta venerazione verso gli angeli non è altro che una vera e propria adorazione; perciò è fondata l’accusa di idolatria che gli viene rivolta. Per ciò che riguarda le parole di Zaccaria, bisogna dire che l’angelo dell’Eterno menzionato era il Figlio di Dio che ancora non aveva preso la nostra natura umana; perciò queste parole semmai confermano l’intercessione del Figlio di Dio e non quella degli angeli che sono solo delle creature.

LE STATUE E LE IMMAGINI

La dottrina dei teologi papisti

 

Le sacre immagini vanno esposte per la venerazione. Dio gradisce il culto alle immagini perché davanti ad esse avvengono dei miracoli.

Il concilio di Nicea II, che fu convocato dall’imperatrice Irene, decretò: ‘Noi definiamo con ogni accuratezza e diligenza che, a somiglianza della preziosa e vivificante Croce, le venerande e sante immagini sia dipinte che in mosaico, di qualsiasi altra materia adatta, debbono essere esposte nelle sante chiese di Dio, nelle sacre suppellettili e nelle vesti, sulle pareti e sulle tavole, nelle case e nelle vie; siano esse l’immagine del Signore e Dio e Salvatore nostro Gesù Cristo, o quella della immacolata Signora nostra, la santa madre di Dio, degli angeli degni di onore, di tutti i santi e pii uomini’.[1413] Per dimostrare che la chiesa cattolica non fa nulla di male nel fare queste immagini e statue ed esporle alla venerazione dei fedeli i teologi papisti fanno presente che Mosè fece dei cherubini d’oro per porli sull’arca e un serpente di rame che pose su un antenna.

Il culto del sacro cuore di Gesù.

L’origine di questa devozione al cuore di Gesù è strettamente collegata alle visioni che ebbe una certa Margherita Maria Alacoque (1647-1690) perché esse servirono ai Gesuiti come appoggio per divulgare questo culto al cuore di Gesù. Questa giovane raccontò che le era apparso Gesù Cristo sopra l’altare, che egli s’era aperto il petto e le aveva mostrato il cuore tra le fiamme, circondato da una corona di spine, squarcia­to da una ferita e con sopra una piccola croce; insomma quel cuore che oggi è riprodotto in milioni di immagini e su milioni di medaglie. In un’altra apparizione, avuta tempo dopo, ella disse che Gesù le chiese il culto pubblico, con l’istituzio­ne di una festa riparatrice e le indicò come collaboratore Clau­dio de La Colombière, un Gesuita che era il suo confessore. E fu appunto questo de La Colombière che, spinto da grande zelo, riuscì a diffondere, vivente ancora Alacoque, il culto al cuore di Gesù tra molte persone. Ancora oggi il culto al sacro cuore di Gesù è molto diffuso, soprattutto tra le donne, che più degli uomini vengono colpite nell’immaginazione e nei sensi da questa immagine del cuore di Gesù coronato di spine. Ma come giustificano questo culto al cuore di Gesù i teologi cattolici? In questa maniera: ‘Il suo cuore perciò, considerato unito alla persona divina, è degno di adorazione, la quale termi­na alla persona stessa di Gesù (....) Oggetto proprio del culto quindi non è solo il cuore fisico, né solo l’amore, ma il cuore fisico come simbolo dell’amore (...) Il cuore infatti è stato sempre preso come simbolo dell’amore (...) Comunemente con l’espressione Sacro Cuore si suole significare tutta la persona di Gesù...’.[1414]

Il culto della croce.

L’Enciclopedia Cattolica afferma che il culto della croce ‘è fondato sulla stretta appartenenza che essa ha con la divina persona del Redentore’.[1415] La chiesa cattolica romana ha istituito due feste in onore della croce; il 3 Maggio e il 14 Settembre. Il ‘Venerdì santo’ essa l’adora con le parole: ‘Ecce lignum crucis’ (Ecco il legno della croce); ‘Venite, adoremus’ (Venite e adoriamo), ‘Crucem tuam adoramus, Domine’ (Adoriamo la tua croce o Signore). Questa sua adorazione rivolta alla croce è stata chiaramente sostenuta da Tommaso D’Aquino il quale disse: ‘La croce stessa sulla quale Cristo fu confitto, merita il nostro culto (....) perché ci rappresenta la figura di Cristo disteso su di essa, e perché venne a contatto con le membra di lui e fu bagnata dal suo sangue. Per ambedue i motivi viene adorata con il medesimo culto reso a Cristo, cioè con il culto di latria’.[1416]

Nel Nuovo Manuale del Catechista si può leggere: ‘Che Dio poi gradisca questo culto è provato da tanti miracoli che si sono operati dinanzi alle sacre immagini; quanti quadretti dinanzi ad esse, segno di riconoscenza’.[1417]

Confutazione

Le cosiddette immagini e statue sacre sono degli idoli e la cosiddetta venerazione alle immagini e alle statue è idolatria

 

Noi con i nostri occhi e con le nostre orecchie siamo testimoni in questa nazione della grande idolatria che questa cosiddetta chiesa perpetra dovunque, infatti le statue e le immagini raffiguranti Maria o qualche altro personaggio del passato sono diffuse da per tutto in questa nazione e non danno segno di diminuire anzi sono in continuo aumento sotto la spinta di guide accecate dalle tenebre che preferiscono osservare la loro tradizione anziché la Parola di Dio. Davanti a questi spauracchi dei loro idoli che non hanno in loro nessun soffio vitale e non hanno il potere di soccorrere quelli che li invoca­no, sono in molti che si prostrano ad adorarli e pregarli. Ma i Cattolici dicono che non adorano le statue e le immagini ma le venerano, anzi che neppure le venerano le immagini materiali ma venerano chi esse rappresentano; ecco come si esprime il Perardi nel suo manuale: ‘Similmente veneriamo le immagini dei Santi; veneriamo e non adoriamo, e neppure non veneriamo l’immagine materia­le in sé ma il Santo o la Madonna in essa rappresentati’.[1418] Ma questa cosiddetta venerazione resa al personaggio rappresentato dalla scultura o dal dipinto di cui essi parlano, non è altro che uno dei tanti sofismi di cui la curia romana si usa per inganna­re sia i Cattolici romani che coloro che non lo sono, infatti così parlando (cioè usando la parola venerazione al posto di quella di adorazione) la curia romana riesce a camuffare l’idola­tria e a farla passare semplicemente per un onore. In effetti non è vero che la chiesa romana non venera le immagini materiali ma bensì le perso­ne che esse rappresentano perché il loro secondo concilio di Nicea affer­ma quanto segue: ‘L’onore reso all’immagine, infatti, passa a colui che essa rappresenta; e chi adora l’immagine, adora la sostanza di chi in essa è riprodotto’.[1419] Anche Tommaso D’Aquino conferma ciò quando a proposito dell’immagine di Cristo afferma: ‘Noi invece onoriamo con culto di latria le immagini di Cristo che è vero Dio, non per le immagini stesse, ma per la realtà che raffigurano..’.[1420] Quindi, in realtà questa venerazione resa alle statue e alle immagini rappresentanti Cristo, Maria o qualche altra perso­na non è altro che una vera e propria adorazione resa alla statua e all’immagine non importa chi essa rappresenta.

Vediamo ora innanzi tutto cosa dice la Parola di Dio a riguardo delle statue e delle immagini della chiesa cattolica romana e del culto che gli viene reso da essa. Dio dice: “Non ti fare scultura alcuna né immagine alcuna delle cose che sono lassù ne’ cieli o quaggiù sulla terra o nelle acque sotto la terra; non ti prostra­re dinanzi a tali cose e non servir loro, perché io, l’Eterno, l’Iddio tuo, sono un Dio geloso che punisco l’iniquità dei padri sui figliuoli fino alla terza e alla quarta generazione di quelli che mi odiano, e uso benignità, fino alla millesima generazione, verso quelli che m’amano e osservano i miei comandamenti”.[1421] Questo é il secondo comandamento dato da Dio a Mosè sul monte Sinai. Perciò, secondo la Scrittura peccano sia coloro che le costrui­scono queste statue e immagini e sia coloro che le servono. Che poi queste statue vengono servite dai Cattolici romani è una cosa manifesta che non può essere smentita perché essi accendono davanti ad esse delle candele, le puliscono con cura quando hanno bisogno di pulizia, le vestono di sfarzosi paramenti, le adornano di gioielli, le portano su dei piedistalli nelle loro periodiche processioni, e dedicano loro frutta, dolci, ed altre cose. Anche le immagini che essi hanno fatto sono da loro servite perché essi davanti ad esse recitano le loro preghiere, si fanno il segno della croce, si prostrano, accendono i loro ceri, mettono i loro fiori. Oltre a tutto ciò, come detto sopra, dinanzi ad esse i Cattolici romani si prostrano con somma riverenza e le adorano e le pregano. Quindi questo loro servizio reso alle statue e alle immagini è contrario alla Parola di Dio. Ora, abbiamo visto prima come i Cattolici romani cercano di difendere il loro culto alle statue e alle immagini, ma come si difendono i Cattolici dall’ac­cusa di rendere a Maria e ai santi, tramite il sussidio delle loro statue e immagini, il culto dovuto solo a Dio? In questo caso fanno ricorso ad un altro sofisma; essi dicono che a loro non gli rendono il culto di latria che deve essere reso solo a Dio, ma un culto inferiore; a Maria il culto di iperdulia (servizio superiore) e ai santi quello di dulia (servizio). Ma noi replichiamo: Ma dove mai nella Scrittura si parla di un culto da rivolgere a Maria, un altro ai santi morti e uno a Dio? Ma quando mai nella Scrittura è detto che i defunti siano degni di un qualche tipo di culto? Il culto va reso solo a Dio, il Vivente, e difatti Gesù affermò: “Adora il Signore Iddio tuo, ed a lui solo rendi il culto”,[1422] e questo culto gli va reso in ispirito e verità, perché Gesù disse alla donna samarita­na: “Ma l’ora viene, anzi é già venuta, che i veri adoratori adoreranno il Padre in ispirito e verità; poiché tali sono gli adoratori che il Padre richiede. Iddio é spirito; e quelli che l’adorano, bisogna che l’adorino in ispirito e verità”;[1423] quindi, siccome che noi dobbiamo adorare Dio solo che è l’Onnipotente, l’Onnisciente e l’Onnipresente, e che lui richiede da noi di adorarlo in ispirito e verità appunto perché Egli è spirito, noi non abbiamo bisogno di nessuna immagine, ma dico proprio nessuna, per adorarlo. E il culto rivolto a Maria e ai santi veramente santi e a quelli fatti santi dagli uomini? Esso è in abominio a Dio, quantunque venga fatto passare per un tipo di culto inferio­re.

Facciamo notare anche che i teologi papisti dicendo che ai santi e alle loro immagini rendono un culto di dulia, e a Maria e alle sue immagini rendono un culto di iperdulia o extradulia si condannano da loro stessi perché la parola dulia è una parola greca che significa ‘servizio’ e il secondo comandamento dice espressamente a proposito delle sculture e delle immagini: “Non servir loro”;[1424] notate quindi che alle statue e alle immagini non va reso nessun servizio, né superiore né inferiore. Per quanto riguarda il secondo comandamento qui sopra citato dal libro della legge di Mosè, è bene ricordare però che la chiesa romana lo ha fatto scomparire, ma non dalla Bibbia ma dal catechismo che viene trasmesso al popolo. In altre parole essi hanno mutilato le dieci parole, sopprimendo il secondo comandamento e riempiendo il vuoto che si é venuto a creare sdoppiando il decimo; infatti il loro secondo comandamento é: ‘Non nominare il nome di Dio in vano’, mentre il nono: ‘Non desiderare la donna d’altri’ ed il decimo: ‘Non desiderare la roba d’altri’. La ragione per cui questo secondo comandamento é stato soppresso é questa: la curia romana afferma che Dio, nell’Antico Patto, proibì agli Ebrei di farsi delle immagini e delle statue perché essi vivevano in mezzo a popoli idolatri e c’era il peri­colo che essi le adottassero come divinità, mentre ora questa proibizione non é più necessaria perché non c’é più questo peri­colo, perciò le statue e le immagini sono permesse. Esse, loro dicono, costituiscono un valido aiuto al culto esterno, ed aiuta­no i fedeli a ricordare i veri servitori di Dio e li invitano ad imitarne le virtù! Come potete vedere ci troviamo davanti a dei vani ragionamenti, a delle altezze che si elevano contro la conoscenza di Dio, e perciò li dobbiamo distruggere. Ora, è vero che gli Ebrei vivevano in mezzo a dei popoli idolatri che avevano mutato la gloria di Dio in ogni sorta di immagini e che essi erano esposti al pericolo di idolatria; ma é altresì vero che pure noi credenti ci troviamo in mezzo ad una generazione storta e perversa che ha mutato la gloria dell’incorruttibile Iddio in immagini simili a quelle dell’uomo corruttibile, e che anche oggi per l’Israele di Dio c’è il pericolo di cadere nell’idolatria, tanto è vero che Giovanni ci ha scritto di guardarci dagli idoli;[1425] e Paolo ha scritto di fuggire l’idolatria,[1426] ed in riferimento alle disubbidienze degli Israeliti nel deserto ha detto: “Or queste cose avvennero per servir d’esempio a noi, onde non siam bramo­si di cose malvage, come coloro ne furon bramosi; onde non diventiate idolatri come alcuni di loro, secondo che é scritto: Il popolo si sedette per mangiare e per bere, poi s’alzò per divertirsi”.[1427]

Diletti, nessuno vi seduca con parole seducenti. Sappiate che noi oggi dobbiamo osservare il comandamento che ci proibisce di farci immagini e statue di persone o di animali per servirle e adorar­le, nella stessa maniera in cui dovevano osservarlo gli Israeliti nel deserto. Per quanto riguarda poi il fatto che le statue e le immagini di quello o di quell’altro santo aiutano gli uomini a ricordarsi di esso per imitarne le virtù, diciamo che per ricordarci di imitare Cristo, o quell’umile ancella del Signore e nostra sorella Maria, o i nostri fratelli Paolo, Pietro o Giovanni o qualche altro santo di cui parla la Scrittura è sufficiente leggere le Scritture dove si parla della loro condotta e delle loro parole. Nel caso poi non avessimo a disposizione con noi le Scritture per leggere, di certo Dio mediante il suo Spirito ci ricorderà le parole di Cristo e la sua irreprensibile condotta, come anche le altre Scritture di cui abbiamo bisogno di ricordarci. Non sono dunque affatto necessarie le statue e le immagini; se così fosse, cioè se fossero un aiuto potente e indispensabile per ricordarci dei santi servitori di Dio di certo Gesù prima e gli apostoli dopo avrebbero dato istruzioni a riguardo, ma essi non le hanno date. Ma forse le hanno date solo a voce e mai furono messe per iscrit­to cosicché non troviamo traccia di esse nella Scrittura? Non può essere perché altrimenti si sarebbero rivelati doppi in parole e sarebbero andati contro il comandamento di Dio.

Per questo la Chiesa primitiva non aveva né immagini e neppure statue. Ma col passare del tempo degli uomini corrotti introdussero il culto delle immagini. Da quello che dice Ireneo il culto delle immagini fu introdotto nella Chiesa dagli Gnostici infatti egli dice: ‘Si denominano gnostici ed hanno alcune immagini dipinte, altre fabbricate anche con altro materiale, dicendo che sono l’immagine di Cristo fatta da Pilato nel tempo in cui Gesù era con gli uomini. E le incoronano e le espongono con le immagini dei filosofi del mondo, cioè con l’immagine di Pitagora, di Platone, di Aristotele e degli altri, e riservano ad esse tutti gli altri onori, proprio come i pagani’.[1428] Ecco i padri del culto alle immagini che la chiesa cattolica tanto ama e tanto difende definendolo tradizione apostolica!

I cherubini d’oro ed il serpente di rame non furono costruiti per essere serviti

 

Quando si parla contro le statue e le immagini con i Cattolici romani non é difficile sentirsi rispondere da alcuni di loro: ‘Ma anche Mosè fece costruire due cherubini d’oro sull’arca del patto; anche Mosè fece un serpente di rame e lo mise su un’anten­na affinché coloro che venivano morsi dai serpenti lo guardassero e scampassero alla morte!’. (Queste sono parole che i preti mettono in bocca ai loro fedeli).

Cosa dobbiamo dire dunque a queste persone per fargli capire che i cherubini d’oro e il serpente di rame non possono essere paragonati alle loro statue e immagini? Dobbiamo dirgli questo. Certo che questo é quello che Mosè fece, ma egli lo fece in ubbidienza alla parola che Dio gli aveva rivelato infatti nel caso dei cherubini Dio gli disse: “E farai due cherubini d’oro; li farai lavorati al martello, alle due estremità del propiziatorio...”,[1429] e per quanto riguarda il serpente egli gli disse: “Fatti un serpente ardente, e mettilo sopra un’antenna; e avverrà che chiunque sarà morso e lo guarderà, scamperà”.[1430] Quindi Mosè non fece quelle cose di testa sua, ma in ubbidienza alla udibile voce di Dio. La stessa cosa non si può dire però di coloro che costrui­scono statue raffiguranti Maria, o qualcun altro personaggio del passato, e che si prostrano davanti ad esse per pregarle! E poi né Mosè e neppure il popolo si misero a pregare o ad adora­re i cherubini o il serpente di rame o ad accendergli davanti delle candele; mentre da parte cattolica bisogna dire che essi offrono il loro culto alle loro statue e alle loro immagini pregandole, adorandole ed accendendogli davanti delle candele.

Per quanto riguarda il serpente di rame bisogna dire che esso fu costruito da Mosè per ordine di Dio affinché chiunque veniva morsicato dai serpenti velenosi, guardandolo, potesse scampare dalla morte. Ma gli Israeliti, dopo che entrarono nella terra promessa, cominciarono ad offrirgli dei profumi e questo continuò fino al regno di Ezechia perché è scritto che questo re quando cominciò a regnare “fece a pezzi il serpente di rame che Mosè avea fatto; perché i figliuoli d’Israele gli aveano fino a quel tempo offerto profumi”.[1431] Come potete vedere quindi, quel pezzo di rame che non aveva in sé nessun potere di fare alcun bene agli uomini diventò oggetto di culto da parte degli Israeliti, e per questo fu distrutto da quel re, affinché non fosse più occasione di peccato. E questo è quello che dovrebbe fare il papa dei Cattolici, ordinare di distruggere tutte le loro cosiddette immagini e statue sacre che sono occasione di peccato per i Cattolici romani in tutto il mondo.

Vi ricordo inoltre che l’apostolo sì ha detto che l’idolo è nulla, ma ha anche detto che “le carni che i Gentili sacrificano, le sacrificano ai demonî e non a Dio”.[1432] La stessa cosa si può dire del culto che viene reso a Maria o a qualcuno dei loro santi; esso è rivolto ai demoni e non a Dio, e coloro che lo rivolgono hanno comunione coi demoni e non con Dio.

Per questo noi credenti abbiamo in abominio tutte le loro statue e le loro cosiddette immagini sante, ed il loro culto che gli rivolgono, perché per mezzo di tutte queste cose essi si mettono in contatto con il diavolo che si nasconde abilmente dietro questa loro cosiddetta venerazione.

La sapienza dice che “non c’é sapienza, non intelligenza, non consiglio che valga contro l’Eterno”,[1433] per questo ogni ragionamen­to che viene fatto dai Cattolici romani per difendere la loro idolatria risulta vano.

Che dire poi della domanda: ‘Chi é che non conserva appeso al muro o sul comodino con rispetto e venerazione il ritratto delle persone defunte?’ Questa è una domanda fattaci per difendere la loro idolatria! Per ciò che ci concerne, non siamo affatto d’accordo a mettere fotografie o ritratti di persone morte appesi al muro o appoggia­ti sul comodino per rievocarne la loro memoria. Per rievocare la memoria di qualcuno è sufficiente pensarci o fare il suo nome.

Il culto del sacro cuore di Gesù è idolatria

 

Come potete vedere i teologi cattolici romani anche nel caso del culto al sacro cuore di Gesù riescono con i loro abituali sofismi a fare apparire l’ido­latria come un culto reso a Gesù Cristo. Loro dicono che il culto al sacro cuore di Gesù è un culto reso alla persona di Gesù; ma questo non è vero perché se si considera da vicino in che consi­ste questa devozione si vede che essa è rivolta ad una immagine e non a Gesù.

Noi non crediamo che Gesù sia apparso a Margherita Maria Alacoque rivelandole e facendole vedere quelle cose; crediamo piuttosto che quelle apparizioni che lei dice di avere avuto siano delle imposture scaturite dalla sua mente gonfiata di vanità. Gesù non può avere detto quelle cose a quella donna, perché egli non è un ministro di peccato che incita le persone all’idolatria.

Mentre Gesù era ancora sulla terra coi suoi discepoli, fu adora­to; ma non si dice affatto che coloro che lo adorarono adorarono il suo cuore fisico, ma adorarono tutta la sua persona.

Anche dopo che Gesù fu assunto in cielo i suoi discepoli lo adorarono secondo che è scritto: “E avvenne che mentre li benediva, si dipartì da loro e fu portato su nel cielo. Ed essi, adoratolo, tornarono a Gerusalemme...”;[1434] ma anche in questo caso i discepoli non adorarono il cuore di Gesù o Gesù servendosi di un’immagine di lui o del suo cuore, perché lo adorarono in ispirito.

Il culto della croce è idolatria

 

La Parola di Dio dice: “Adora il Signore Iddio tuo, ed a lui solo rendi il culto”,[1435] quindi il rendere un culto ad una croce è idolatria. Essa è solo un pezzo di legno che rappresenta la croce su cui morì Gesù e basta. Ma noi diciamo: Ma dove mai sta scritto nella Bibbia che i Cristiani devono salutare la croce e venerarla? Gli apostoli predicavano la croce di Cri­sto, ma non dissero mai né di costruirsi una croce di legno, piccola o grande che fosse, e tanto meno di adorare la croce perché essa ricorda Gesù. Concludiamo dicendo questo: quand’anche ci fosse in un luogo della terra la vera croce sulla quale fu crocifisso Gesù noi non saremmo chiamati a renderle nessun tipo di culto; e il fatto che Gesù sia stato messo su una croce non significa che uno si debba mettere ad adorare la croce perché essa è collegata in un certo senso alla vita di Gesù. Perché altrimenti, se si dovesse ragio­nare come fanno i Cattolici romani, dovremmo metterci ad adorare una mangiatoia perché in una mangiatoia fu posto Gesù quando nacque, dovremmo adorare una lancia perché fu una lancia a forargli il costato, i chiodi perché le sue mani e i suoi piedi furono trafitti con dei chiodi, delle spine perché in testa gli fu messa una corona di spine, e così via!

Adoriamo Cristo Gesù, ma non la croce su cui lui fu crocifisso.

I miracoli avvenuti davanti alle immagini procedono dal diavolo

 

La curia romana giustifica il culto alle immagini, col fatto che davanti ad esse sono avvenuti dei miraco­li. Come potete vedere sono arrivati al punto di definire grade­vole a Dio il culto delle immagini. Non è affatto così come dicono loro perché il loro culto alle immagini é in abominio a Dio e le seguenti Scritture lo attesta­no. Il profeta Ezechiele dice: “Ed egli mi condusse all’ingresso del cortile. Io guardai, ed ecco un buco nel muro. Allora egli mi disse: Figliuol d’uomo, adesso fora il muro. E quand’io ebbi forato il muro, ecco una porta. Ed egli mi disse: Entra, e guarda le scellerate abominazioni che costoro commettono qui. Io entrai, e guardai; ed ecco ogni sorta di figure di rettili e di bestie abominevoli, e tutti gl’idoli della casa d’Israele dipinti sul muro attorno attorno; e settanta fra gli anziani della casa d’Israele, in mezzo ai quali era Jaazania, figliuolo di Shafan, stavano in pié davanti a quelli, avendo ciascuno un turibolo in mano, dal quale saliva il profumo d’una nuvola d’incenso”.[1436]

Per quel che concerne i miracoli che essi dicono avvengono davan­ti a queste loro immagini essi sono bugiardi e sono compiuti dal diavolo al fine di non far distogliere i Cattolici dal culto alle loro immagini. Per quale motivo anche in questa nazione il culto alle immagini tra i Cattolici é radicato così profondamen­te? Appunto perché davanti a questi idoli Satana ha operato dei fenomeni soprannaturali che poi sono stati attribuiti alla perso­na che la statua o l’immagine rappresentano. Prendiamo per esem­pio il cosiddetto miracolo di Gennaro che avviene a Napoli. Secondo quello che viene insegnato ai Cattolici Gennaro morì martire nel terzo secolo e una donna raccolse il sangue in una fiala. E questo sangue coagulato tre volte all’anno si liquefà al culto dei Cattolici. Che cosa ha prodotto questo prodigio bugiardo? Ha prodotto soprattutto negli abitanti di Napoli nient’altro che una cieca fiducia in Gennaro, tanto è vero che lo invocano spesso affinché gli faccia qualche grazia. Attenzione però: i Cattolici non attribuiscono questi fatti sopranna­turali che avvengono davanti ai cadaveri dei loro idoli all’opera del diavolo, ma o alla madre di Gesù (se il prodigio avviene davanti alla sua immagine) o a questo o a quell’altro cosiddetto santo (se il prodigio avviene davanti alla sua immagine), il che è un pò diverso. Ma appunto in questo consiste l’astuzia del diavolo, cioè nel fare passare un suo prodigio come un opera avvenuta per l’intercessione in cielo di Maria o di qualcun altro. Non è qualcosa da nulla, perché in questa maniera é riu­scito a consolidare l’idolatria in seno ai Cattolici. Alla fine quello che importa al diavolo è riuscire a fare apparire utile il culto delle immagini, e i morti come dei potenti intercessori presso Dio (distogliendo così le persone dal rivolgersi a Cristo Gesù il solo mediatore tra Dio e gli uomini); e dobbiamo riconoscere che c’é riuscito. E’ il sedut­tore di tutto il mondo: ha sedotto certi popoli facendogli adora­re il sole, la luna, le stelle; altri, facendogli adorare le immagini rappresentanti bestie della campagna, rettili e uccelli; ed i Cattolici, facendogli adorare e pregare le immagini di Maria e di tanti altri, o meglio coloro che sono morti. La sola diffe­renza che c’é tra la religione cattolica romana e tante altre religioni sta nel fatto che le immagini e le statue che i Cattolici adorano e pregano raffigurano dei personaggi storici diversi da quelli che adorano e pregano quelli delle altre religioni. Cambiano quindi solo i nomi degli idoli, ma tutto il resto é lo stesso e l’artefice di tutto ciò rimane sempre il diavolo. Sarà bene ricordarsi di qualcosa che è scritto nel libro dell’Apocalisse che ci fa capire che cosa il diavolo è potente di fare per sedurre le persone mediante delle immagini. E’ scritto: “Poi vidi un’altra bestia, che saliva dalla terra, ed avea due corna come quelle d’un agnello, ma parlava come un dragone. Ed esercitava tutta la potestà della prima bestia, alla sua presen­za; e facea sì che la terra e quelli che abitano in essa adoras­sero la prima bestia la cui piaga mortale era stata sanata. E operava grandi segni, fino a far scendere del fuoco dal cielo sulla terra in presenza degli uomini. E seduceva quelli che abitavano sulla terra coi segni che le era dato di fare in pre­senza della bestia, dicendo agli abitanti della terra di fare un’immagine della bestia che avea ricevuta la ferita della spada ed era tornata in vita. E le fu concesso di dare uno spirito all’immagine della bestia, onde l’immagine della bestia parlasse e facesse sì che tutti quelli che non adorassero l’immagine della bestia fossero uccisi..”.[1437] Come potete vedere avverrà che sorgerà un falso profeta che farà grandi segni in presenza della bestia e sedurrà mediante questi segni molte persone dicendo loro di fare un’immagine della bestia che dopo essere stata ferita a morte tornerà in vita. Ma il fatto é che a questo falso profeta il diavolo darà il potere pure di dare uno spirito all’immagine della bestia la quale si metterà a parlare e molti vedendola parlare si metteranno ad adorarla.

Oggi, l’astuzia operata dal diavolo per mezzo delle immagini e delle statue di Maria o di qualcun altro per sedurre i Cattolici è la stessa infatti anche se non le fa parlare riesce a farle lacrimare, sanguinare, aprire gli occhi ecc. E così avviene che molti vedendo queste opere del diavolo si affezionano maggiormente ai cadaveri dei loro idoli, e sono indo­tti a rendergli il culto. Ma quand’anche scendesse il fuoco dal cielo in presenza di queste statue e immagini, quand’anche esse si mettessero a parlare noi non crederemo alla dottrina che permette il culto alle immagini; appunto perché sappiamo chi si cela dietro questa cosiddetta venerazione, il diavolo. Fratelli, state in guardia; nessuno vi seduca.

Passi della Scrittura che condannano il farsi statue e immagini ed il loro culto

 

-  “E l’Eterno disse a Mosè: Và, scendi; perché il tuo popolo che hai tratto dal paese d’Egitto, s’é corrotto; si son presto sviati dalla strada ch’io avevo loro ordinato di seguire; si son fatti un vitello di getto, l’hanno adorato, gli hanno offerto sacrifizi, e hanno detto: O Israele, questo è il tuo dio che ti ha tratto dal paese d’Egitto”.[1438]

Mosè era andato sul monte Sinai per ricevere da Dio la legge, ma in sua assenza il popolo con il consenso di Aaronne si fece un idolo che raffigurava un vitello, lo adorò e gli offrì dei sacri­fici attribuendo a quell’idolo vano la sua liberazione dall’Egit­to. Il popolo d’Israele quindi dopo avere visto Dio operare grandi e tremendi giudizi sia in Egitto che nel deserto, dopo avere visto la gloria di Dio sopra il monte Sinai, il monte stesso fumare e tremare, e dopo avere udito la voce di Dio, si corruppe fino al punto di farsi quel vitello d’oro per adorarlo al posto di Dio. Esso invece di adorare e servire Iddio si mise ad adorare e servire un idolo, e per questo suo atto Dio si adirò al punto da volerlo distruggere. Ma Mosè intercedette per esso e Dio non lo distrusse; comunque Mosè tornato al campo diede ordine di uccidere gli idolatri, ed in quel giorno caddero uccisi circa tremila uomini.

Al principio la Chiesa aborriva le statue e le immagini, poi a poco a poco degli uomini hanno introdotto nel suo mezzo il culto delle immagini e delle statue, riuscendo a distogliere molti fedeli da Dio e fargli adorare le immagini. Questo poté avvenire perché molti vescovi preposti a pascere il gregge di Dio smisero di vegliare. Bisogna dire anche però che vi furono dei vescovi che rigettarono il culto delle immagini ed esortarono i fedeli a non conformarsi a questa usanza pagana che degli uomini corrotti avevano introdotto nella Chiesa. Per quanto riguarda la chiesa romana bisogna dire che essa è immersa nell’idolatria.

-  Mosè disse al popolo: “Or dunque, siccome non vedeste alcuna figura il giorno che l’Eterno vi parlò in Horeb in mezzo al fuoco, vegliate diligentemente sulle anime vostre, affinché non vi corrompiate e vi facciate qualche immagine scolpita, la rap­presentazione di qualche idolo, la figura d’un uomo o d’una donna, la figura di un animale tra quelli che son sulla terra, la figura d’un uccello che vola nei cieli, la figura d’una bestia che striscia sul suolo, la figura d’un pesce che vive nelle acque sotto la terra...”.[1439]

I Cattolici dicono che le loro statue e le loro immagini non sono idoli perché non rappresentano animali o uccelli o pesci, ma non è così come essi dicono perché la Parola di Dio chiama idoli sia le sculture e le immagini di bestie, di uccelli e di pesci che le sculture e le immagini rappresentanti Cristo, Maria, e i santi tradizionali e qualsiasi altra persona. Il passo suddetto lo fa capire molto bene questo. Fratelli, nessuno vi seduca in alcuna maniera.

-  “Non erigerai alcuna statua: cosa, che l’Eterno, il tuo Dio, odia”.[1440]

-  “I Leviti parleranno e diranno ad alta voce a tutti gli uomini d’Israele: Maledetto l’uomo che fa un’immagine scolpita o di getto, cosa abominevole per l’Eterno, opera di mano d’artefice, e la pone in luogo occulto! E tutto il popolo risponderà e dirà: Amen”.[1441]

Quindi tutti coloro che fanno un’immagine scolpita sono sotto maledizione.

-  Nei Salmi è scritto: “Gl’idoli delle nazioni sono argento e oro, opera di mano d’uomo. Hanno bocca e non parlano; hanno occhi e non vedono; hanno orecchi e non odono, e non hanno fiato alcuno nella loro bocca. Simili ad essi siano quelli che li fanno, tutti quelli che in essi confidano”.[1442]

Ecco perché i Cattolici romani non parlano come dovrebbero, non vedono quello che noi vediamo, e non sentono quello che noi sentiamo, e perché sono morti nei loro falli senza la vita di Dio; appunto perché ripongono la loro fiducia negli idoli che si fabbricano.

-  In Isaia è scritto: “Quelli che fabbricano immagini scolpite son tutti vanità; i loro idoli più cari non giovano a nulla: i loro propri testimoni non vedono, non capiscono nulla, perch’essi siano coperti d’onta. Chi è che fabbrica un dio o fonde un’imma­gine perché non gli serva a nulla? Ecco, tutti quelli che vi lavorano saranno confusi, e gli artefici stessi non sono che uomini! Si radunino tutti, si presentino!... Saranno spaventati e coperti d’onta tutt’insieme. Il fabbro lima il ferro, lo mette nel fuoco, forma l’idolo a colpi di martello, e lo lavora con braccio vigoroso; soffre perfino la fame, e la forza gli vien meno; non beve acqua, e si spossa. Il falegname stende la sua corda, disegna l’idolo con la matita, lo lavora con lo scalpello, lo misura col compasso, e ne fa una figura umana, una bella forma d’uomo, perché abiti una casa. Si tagliano dei cedri, si prendono degli elci, delle querci, si fa la scelta fra gli alberi della foresta, si piantano dei pini che la pioggia fa crescere. Poi tutto questo serve all’uomo per far del fuoco, ed ei ne prende per riscaldarsi, ne accende anche il forno per cuocere il pane; e ne fa pure un dio e l’adora, ne scolpisce un’immagine, dinanzi alla quale si prostra. Ne brucia la metà nel fuoco, con l’altra metà allestisce la carne, ne cuoce l’arrosto, e si sazia. Ed anche si scalda e dice: Ah! mi riscaldo, godo di veder questa fiamma! E con l’avanzo si fa un dio, il suo idolo, gli si prostra davanti, l’adora, lo prega e gli dice: Salvami, poiché tu sei il mio dio! Non sanno nulla, non capiscono nulla; hanno impiastrato loro gli occhi perché non veggano, e il cuore perché non compren­dano. Nessuno rientra in se stesso, ed ha conoscimento e intel­letto per dire: ‘Ne ho bruciata la metà nel fuoco, sui suoi carboni ho fatto cuocere il pane, v’ho arrostito la carne che ho mangiata, e farò col resto un’abominazione? e mi prostrerò davan­ti ad un pezzo di legno?’ Un tal uomo si pasce di cenere, il suo cuore sedotto lo travia, sì ch’ei non può liberare l’anima sua e dire: ‘Questo che tengo nella mia destra non è una menzogna?’.[1443]

Con queste parole Dio dichiara inutili e sedotti gli uomini che fabbricano un idolo, lo adorano e lo pregano invocando il suo aiuto. La Parola di Dio non lascia spazio a malintesi; è chiara.

-  Dio dice in Geremia: “Ma costoro tutti insieme sono stupidi e insensati; non è che una dottrina di vanità; non è altro che legno; argento battuto in lastre portato da Tarsis, oro venuto da Ufaz, opera di scultore e di man d’orefice; son vestiti di porpora e di scarlatto, son tutti lavoro d’abili artefici. Ma l’Eterno è il vero Dio, egli è l’Iddio vivente, e il re eterno; per l’ira sua trema la terra, e le nazioni non posson reggere dinanzi al suo sdegno.... Quando fa udire la sua voce v’è un rumor d’acque nel cielo; ei fa salire i vapori dalle estremità della terra, fa guizzare i lampi per la pioggia e trae il vento dai suoi serbatoi; ogni uomo allora diventa stupido, privo di conoscenza; ogni orafo ha vergogna delle sue immagini scolpite; perché le sue immagini fuse sono una menzogna, e non v’é soffio vitale in loro. Sono vanità, lavoro d’inganno; nel giorno del castigo, periranno”.[1444]

Quindi tutti coloro che si reputano savi e insegnano a farsi statue e immagini sono stupidi ed insensati davanti a Dio ed insegnano una dottrina vana. Inoltre secondo il profeta Geremia nel giorno in cui Dio castigherà le nazioni per la loro malvagità periranno tutte le statue e tutte le immagini che gli uomini si sono fatti per adorarli.

Che lo sappiano bene i Cattolici romani: le statue e le immagini raffiguranti Cristo, Maria, i santi antichi od altri uomini che essi hanno innalzato e dipinto nelle loro basiliche, nelle loro case, per le strade e le piazze, sulle montagne e in tanti altri luoghi nel giorno del castigo periranno assieme a coloro che gli offrono il culto.

I PELLEGRINAGGI[1445]

La dottrina dei teologi papisti

 

I pellegrinaggi procurano grazie eccezionali e sono scritturali.

Uno scrittore cattolico ha affermato che il pellegrinaggio è innanzi tutto un atto di fede e poi è ‘una forma eminente di preghiera e vale a colui che lo compie grazie eccezionali’.

I teologi papisti sostengono i pellegrinaggi con le Scritture dicendo che secondo la legge di Mosè anche gli Israeliti si dovevano recare tre volte all’anno a Gerusalemme, la città santa. Perciò quello che viene prescritto ai Cattolici è scritturale perché anche loro vengono esortati ad andare in luoghi santi.

Storia

 

Per quanto riguarda l’origine e la diffusione dei pellegrinaggi in seno alla chiesa cattolica romana diciamo queste poche cose.

Dopo la morte di Cristo, il luogo dove Gesù era nato, quello dove era stato allevato, i luoghi dove aveva predicato, e soprattutto il luogo dove era stato crocifisso e sepolto, cominciarono ad essere considerati da molti dei luoghi più santi degli altri, e perciò cominciò da parte di molti la migrazione verso questi luoghi; migrazione, che dobbiamo dire, non si è fermata fino a oggi.

Ma non solo la terra santa cominciò ad essere la meta di molti pellegrini, ma anche Roma, e questo perché la tradizione diceva che in questa città vi erano morti martiri Pietro e Paolo, e molti venivano a venerare le loro tombe.

Nel corso del tempo i pellegrinaggi in seno alla chiesa romana si moltiplicarono in maniera impressionante perché cominciarono a moltiplicarsi tombe di martiri e reliquie di ogni genere, e la gente fu convinta che andando a venerare quelle tombe o quelle reliquie avrebbero ottenuto da Dio per mezzo di esse delle gra­zie. Poi gli fu detto che se avessero fatto il pellegrinaggio in quel luogo o in quell’altro luogo avrebbero ottenuto la remissio­ne delle loro pene temporali, cioè l’indulgenza; e così essi furono oltremodo invogliati a compiere i pellegrinaggi. Ancora oggi i pellegrinaggi sono collegati alle indulgenze. In Italia i luoghi dove i pellegrini cattolici si recano in maggiore numero sono Roma, Assisi e Loreto. All’estero Lourdes, Fatima, La Salet­te e Medjugorje.

Ma vediamo di esaminare il perché i Cattolici vanno in gran numero in questi luoghi cosiddetti santi: a Roma ci vanno per visitare le tombe di Pietro e Paolo; ad Assisi ci vanno per adorare e pregare Francesco ed ottenere tramite lui delle grazie; a Loreto vanno a visitare la cosiddetta casa di Maria trasportata dagli angeli da Israele in Italia; a Lourdes, a Fatima, a La Salette e a Medjugorje ci vanno per ottenere da Maria le grazie di cui hanno bisogno e per adorarla. E in tanti altri luoghi ci vanno per venerare la sindone, corpi e pezzi di corpi di persone morte, pezzi di legno che dicono essere della croce su cui fu crocifisso Gesù, le vesti, il velo e l’anello di fidanzamento di Maria; e tante altre cose che sarebbe troppo lungo enumerare tutte.

Confutazione

La Scrittura non conferma affatto i pellegrinaggi cattolici

 

Gli Israeliti salivano a Gerusalemme perché Gerusalemme è la città che fu scelta da Dio per mettervi il suo nome e gli Israeliti avevano ricevuto da Dio l’ordine di salire tre volte all’anno nel luogo che lui avrebbe scelto secondo che è scritto: “Tre volte all’anno ogni tuo ma­schio si presenterà davanti all’Eterno, al tuo Dio, nel luogo che questi avrà scelto: nella festa dei pani azzimi, nella festa delle settimane e nella festa delle Capanne”.[1446] Questa è la ragione per cui al tempo di Gesù è detto che i suoi genitori “andavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua”,[1447] e che quando Gesù raggiunse dodici anni salì anche lui con essi a Gerusalemme “secondo l’usanza della festa”.[1448] Anche dopo che Gesù fu assunto in cielo Gerusalemme continuò ad essere la meta periodica di molti Giudei; ricordiamo a tale proposito che a Pentecoste “in Gerusa­lemme si trovavan di soggiorno dei Giudei, uomini religiosi d’ogni nazione di sotto il cielo”,[1449] proprio in ragione dell’ordine dato da Dio nella legge.

Ma ora noi credenti in Cristo non siamo chiamati come lo erano i Giudei a salire annualmente a Gerusalemme per celebrarvi le tre feste giudaiche sopra menzionate perché Cristo ha abolito nella sua carne queste pratiche religiose dicendo alla donna samarita­na: “L’ora viene che né su questo monte né a Gerusalemme adorere­te il Padre... Ma l’ora viene, anzi è già venuta, che i veri adoratori adoreranno il Padre in ispirito e verità; poiché tali sono gli adoratori che il Padre richiede. Iddio è spirito; e quelli che l’adorano, bisogna che l’adorino in ispirito e verità”.[1450] Dio è ovunque, e noi non abbiamo bisogno di andare in qualche particolare luogo per adorarlo; perché questo lo possiamo fare dovunque. Gesù Cristo ha anche detto: “Poiché dovunque due o tre son raunati nel nome mio, quivi son io in mezzo a loro”;[1451] queste sue parole confermano che noi non abbiamo bisogno di fare nessun pellegrinaggio in verso qualche particolare luogo per trovare la sua presenza, perché egli è presente in mezzo a noi. Ricordiamo anche che la legge ha un’ombra dei futuri beni e non la realtà stesse delle cose; quindi anche le feste giudaiche che i Giudei erano chiamati a celebrare salendo a Gerusalemme erano figura di cose che dovevano avvenire e non la realtà stesse delle cose. La realtà di quel salire a Gerusalemme consiste nel fatto che noi siamo venuti alla Gerusalemme di sopra secondo che è scritto agli Ebrei: “Ma voi siete venuti al monte di Sion, e alla città dell’Iddio vivente, che è la Gerusalemme celeste”;[1452] questo significa di conseguenza che noi non siamo chiamati ad andare in pellegrinaggio a Gerusalemme né tre volte all’anno e neppure una volta all’anno o almeno una volta nella vita. Noi credenti siamo chiamati pellegrini e forestieri perché siamo in viaggio verso la nostra patria celeste; come Abramo, Isacco e Giacobbe confessarono di essere dei pellegrini perché cercavano una patria migliore, quella celeste, nella stessa maniera pure noi dichiariamo di essere in pellegrinaggio verso la città cele­ste di cui siamo cittadini. Là siamo diretti, a quella città aneliamo, e come siamo angustiati finché questo viaggio non è terminato!

Abbiamo così dimostrato che il pellegrinaggio verso Gerusalemme prescritto da Dio è stato abolito e che noi credenti non siamo chiamati a recarci in qualche particolare luogo della terra per adorare Dio o per ricevere da lui qualche particolare beneficio o benedizione, perché non ci sono certi luoghi dove Dio è più presente che in altri. Per chiarire questo concetto faccio un esempio. Noi sappiamo con certezza che Gesù Cristo nacque in Be­tleem, fu allevato in Nazaret, fu battezzato nel fiume Giordano, e sempre presso il fiume Giordano fu unto di Spirito Santo. Sappiamo pure che egli camminò sul mare di Tiberiade, che operò mira­coli attorno a questo mare; che predicò nel tempio di Gerusalem­me, che fu messo a morte a Gerusalemme. Ora, tutte queste cose sono vere perché la Scrittura le attesta chiaramente; ma questo non ci porta a volere andare in Israele per camminare nei luoghi dove camminò Gesù Cristo, il Figlio di Dio, per essere benedetti o guariti per mezzo di essi dal Signore come se essi avessero delle virtù soprannaturali o che Dio conferisse delle grazie particolari a coloro che si recano negli stessi luoghi dove camminò il suo Figliuolo. Fermo restando che la terra d’Israele è terra santa, se noi facessimo così diventeremmo pure noi superstiziosi.

Una parola al ‘pellegrino’ cattolico

 

Per concludere voglio dire al ‘pellegrino’ cattolico romano queste parole del profeta: “Per il tuo lungo cammino ti stanchi, ma non dici: E’ inutile!”;[1453] ma anche: ‘Rientra in te stesso; ma non ti rendi conto di essere stato ingannato e di andare dietro alla vanità? Non salire a questi luoghi dove è praticata l’idolatria: vai a Cristo e troverai in lui ogni benedizione spirituale’. Non continuare a compiere questi pellegrinaggi pensando di acquistare meriti davanti a Dio o di ricevere grazie eccezionali, ma vieni al monte Sion, vieni alla Gerusalemme celeste riconoscendoti un peccatore bisognoso del perdono divino ed allora sì che otterrai grazia sopra grazia.

LE PROCESSIONI

La dottrina dei teologi papisti

 

Le processioni sono delle suppliche fatte a lode di Dio.

Nella liturgia cattolica la processione è una supplica solenne fatta in onore e lode di Dio o dei santi, in ringraziamento, in penitenza e in espiazione, specialmente in tempi di calamità. Esistono processioni ordinarie, che ricorrono ogni anno in alcune feste o in certi giorni (dei ceri, delle palme ecc.), e proces­sioni straordinarie che vengono indette per circostanze partico­lari in occasione di una calamità o di un ringraziamento. La più solenne, fra tutte le processioni, è la processione euca­ristica della festa del Corpus Domini (Corpo del Signore).

Confutazione

La processione non è una pratica scritturale ma una pratica di origine pagana

 

Ha la processione un fondamento biblico? Nessuno. Nel libro degli Atti degli apostoli, in cui Luca narra in maniera particolareg­giata come si svolgeva la vita della Chiesa primitiva a Gerusa­lemme; e nelle epistole che gli apostoli scrissero alle Chiese non troviamo traccia di nessuna processione in onore e lode di Dio, o per chiedergli la pioggia o scongiurare una tempesta. Anche per quanto riguarda il pane che veniva spezzato e distribuito ai fedeli in commemora­zione della morte di Cristo, non si dice che esso veniva portato in processione per le vie delle città o dei paesi. Anche le processioni in onore di santi o di martiri non esisteva­no. Invece oggi queste processioni in onore dei santi (quelli veri e quelli falsi) sono molto diffuse in seno alla chiesa romana; ogni anno, in ogni paese, viene portata in processione la statua raffigurante Tizio o Caio che si dice sia il protettore del paese. E il popolo senza intendimento si prostituisce dietro questi idoli muti che sono in abominio a Dio, adorandoli, invo­candoli affinché li protegga, ringraziandoli; e così invece che dare la gloria a Colui a cui appartiene la gloria, la danno ai loro idoli. Fino a quando durerà questo? La processione è un’usanza pagana. In Grecia l’inizio dei giochi di Olimpia era preceduto da una processione formata dai magistrati delle città, dai sacerdoti e da rappresentanti delle varie città che si recavano ad offrire un solenne sacrifi­cio a Zeus. Anche in Egitto la processione era un usanza molto diffusa; nel giorno fissato l’immagine del loro dio veniva posta su di un carro a forma di barca, e se la processione procedeva sul Nilo, il sacerdote e il popolo accompagnavano l’immagine del loro dio dalla sponda con danze, cantici e luminarie. Quindi, ancora una volta, emerge in maniera chiara che il catto­licesimo contiene un’ennesima usanza di origine pagana.

CONCLUSIONE

 

Il culto a Maria, quello ai santi e agli angeli, rivolto con l’ausilio di immagini e statue di ogni genere e di ogni grandezza, con pellegrinaggi a quello o quell’altro santuario e con processioni in onore di Maria ecc., certamente costituisce agli occhi di Dio qualcosa di abominevole che lo ripugna. Non mi dilungo ulteriormente; vi dico solo fratelli fuggite l’idolatria presente nella chiesa cattolica romana per non attirarvi l’ira di Dio sul vostro capo. Aborritela e confutatela.

 


Capitolo 8

 

DOTTRINE E PRATICHE VARIE

 

LA FESTA DI NATALE

La dottrina dei teologi papisti

 

Il natale è una festa di precetto da santificare. Buona cosa è fare il presepio per natale.

Tra le feste che la chiesa romana ordina di osservare vi è anche la festa di natale infatti essa, nel suo catechismo, è tra le cosiddette feste di precetto della Chiesa di cui essi devono ricordarsi per santificarla secondo il loro comandamento. Essa viene celebrata con tre messe di cui una a mezzanotte perché secondo la tradizione Gesù fu partorito da Maria in quell’ora.

Alla festa del natale sono collegate molte consuetudini: una di queste è quella di fare il presepio. Esso consiste in una rappre­sentazione figurale fatta con statuette dell’evento della nascita di Gesù Cristo. Il catechismo cattolico riferisce l’origine del presepio in questi termini: ‘San Francesco d’Assisi aveva gran devozione al mistero del Natale del Salvatore. Si alzava spesso a mezzanotte per adorare Gesù nell’ora in cui fece la prima comparsa nel mondo. Più tardi, nel 1220, chiese ed ottenne dal papa, Onorio III, il permesso di fare il presepio durante la Messa della mezzanotte di Natale, e ciò in mezzo ad un bosco che era accanto al monastero di Greccio. Formò una specie di caverna con delle pietre, del muschio e rami d’alberi; vi pose una mangiatoia, v’introdusse anche un bue ed un giumento, e vi eresse l’altare per la celebrazione della Messa. Una gran folla di popolo accorse alla funzione illuminando la foresta con fiaccole. Più tardi si fece il presepio con le figurine, e dapprima nel napoletano verso il secolo XV, e poi in Sicilia ed in altre regioni d’Italia e dell’estero’.[1454]

Storia del natale

 

Vediamo innanzi tutto come è nata questa festa. Originariamente la Chiesa non celebrava la nascita di Gesù. Col passare del tempo, tuttavia, i Cristiani d’Egitto cominciarono a considerare il 6 Gennaio come data della natività. L’usanza di celebrare la nascita di Gesù in quel giorno si andò diffondendo in tutto l’Oriente e risulta come data per acquisita all’inizio del IV secolo. Più o meno nella stessa epoca, la Chiesa d’Occi­dente, che non aveva mai riconosciuto il 6 Gennaio come il giorno della natività, assunse come data celebrativa il 25 Dicembre.

Essa fu successivamente adottata anche dalla chiesa d’Oriente. Le ragioni che spinsero molti vescovi a spostare la festa di natale dal 6 Gennaio al 25 Dicembre furono le seguenti: in quel giorno secondo una consuetudine pagana del tempo veniva celebrato ‘il dio sole’, o meglio la nascita del sole al quale si accendevano dei fuochi in segno di festa, e siccome molti che si erano con­vertiti al Cristianesimo prendevano pure loro parte a questa festa perché identificavano il sole con Gesù Cristo perché in Malachia egli é chiamato “il sole della giustizia”,[1455] quando essi si resero conto che gli stessi Cristiani avevano una certa incli­nazione per questa festa, tennero consiglio e deliberarono che la natività di Cristo fosse solennizzata in quel giorno e la festa dell’epifania il 6 Gennaio.[1456]

Confutazione

La festa di natale non va celebrata perché sotto la grazia noi non siamo chiamati a celebrare delle feste; oltre tutto la festa di natale non solo si fonda su una data di nascita di Gesù inventata ma è pure di origine pagana

 

Certamente la nascita di Gesù Cristo rappresenta uno dei più grandi avvenimenti della storia dell’umanità, questo é fuori di dubbio; però bisogna dire che di essa nella Scrittura non è menzionata né il giorno e né l’ora. Ma il fatto é che non solo non c’é scritto né il giorno e né l’ora in cui nacque, ma sia Matteo che Marco che Luca e Giovanni non danno sufficienti indizi per stabilire esattamente neppure il mese in cui egli nacque. Noi sappiamo che Gesù Cristo nacque sotto l’impero di Cesare Augusto perché Luca dice che fu Cesare Augusto a emanare il decreto secondo il quale si doveva fare il censimento di tutto l’impero (Giuseppe si trovava a Betleem con Maria quando ella partorì perché vi era andato a farsi registrare);[1457] sappiamo anche che quando nacque Gesù regnava sulla Giudea Erode detto il gran­de;[1458] sappiamo anche che nella stessa contrada dove nacque Gesù nella notte in cui egli venne al mondo vi erano dei pastori che stavano nei campi e facevano la guardia al loro gregge e che ad essi apparve un angelo del Signore per annunciare loro che in quel giorno era nato nella città di Davide un Salvatore, che era Cristo il Signore.[1459] Ma per ciò che concerne la data della sua nascita la Scrittura tace.

Ora, ci deve pure essere una ragione per cui Dio non abbia, per mezzo del suo Spirito, sospinto nessuno a scrivere la data della nascita di Gesù Cristo; noi non vogliamo dire il motivo perché non lo conosciamo però vogliamo fare alcune considerazioni su di essa.

-  Essa di certo era conosciuta sia da Giuseppe che da Maria, che dai fratelli e dalle sorelle di Gesù; essa era di certo pure registrata all’anagrafe del tempo. Giacomo era il fratello del Signore ed era in grande considerazione nella Chiesa primitiva, e pur sapendo la data di nascita del Signore che secondo la carne era suo fratello maggiore non ritenne opportuno solennizzare il giorno della nascita di Gesù.

-  Nella Scrittura vi sono scritte tante date che si riferiscono sia a feste giudaiche che ad avvenimenti particolari avvenuti nella storia del popolo d’Israele; ne ricordiamo alcune:

>la Pasqua secondo la legge doveva essere celebrata il quattordi­cesimo giorno del mese di Abib perché fu in quel giorno che il Signore trasse dall’Egitto il popolo d’Israele dopo una schiavitù secolare;[1460]

>la festa della Pentecoste o delle primizie doveva essere cele­brata sette settimane dopo la festa degli azzimi quindi il terzo giorno del terzo mese che corrispondeva al giorno in cui Dio scese in mezzo al fuoco sul monte Sinai e pronunziò il decalogo.[1461]

>la festa delle Capanne doveva essere celebrata il quindicesimo giorno del settimo mese per ricordare che gli Israeliti avevano dimorato in tende durante il loro pellegrinaggio nel deserto;[1462]

>la festa delle Espiazioni doveva essere celebrata il decimo giorno del settimo mese; in quel giorno il sacerdote compiva l’espiazione dei suoi peccati e di quelli di tutto il popolo;[1463]

>il settimo giorno del quinto mese del diciannovesimo anno di Nebucadnetsar, re di Babilonia, fu il giorno in cui Nebuzaradan, capitano della guardia del corpo, al servizio del re di Babilo­nia, giunse a Gerusalemme ed arse la casa dell’Eterno e la casa del re, e diede alle fiamme tutte le case di Gerusalemme;[1464]

>il terzo giorno del mese di Adar del sesto anno del regno di Dario fu il giorno in cui la ricostruzione del tempio a Gerusa­lemme fu portata a termine;[1465]

>il quinto giorno del quarto mese del quinto anno della cattività del re Joiakin la Parola dell’Eterno fu espressamente rivolta al sacerdote Ezechiele, figliuolo di Buzi, nel paese dei Caldei presso al fiume Kebar;[1466] nel libro del profeta Ezechiele vi sono scritte molte altre date che si riferiscono ai giorni in cui Dio rivelò la sua parola al profeta.

Queste sono alcune delle date scritte nella Parola di Dio; parrà strano, eppure fra le tante date registrate non c’é quella della nascita del Salvatore, ma questo non ci preoccupa e neppure ci turba perché sappiamo che “l’Eterno ha fatto ogni cosa per uno scopo”,[1467] quindi siamo sicuri che anche questa volontaria omissione di questa data non é a caso.

Ma come noi ben sappiamo, quello su cui tace la Parola di Dio è sempre fonte di speculazione per molti; e così, ecco che per le ragioni prima esposte gli uomini hanno pensato di prendere un giorno, nel quale poi veniva festeggiato il sole, per farlo diventare il giorno della nascita di Cristo. Riteniamo che non sia stato giusto da parte degli antichi prende­re a proprio piacimento un giorno qualsiasi del calendario e affermare che in esso era nato Gesù, perché così essi hanno fatto credere la menzogna a moltitudini di persone.

Ancora oggi molti sono convinti che Gesù sia nato il 25 Dicembre il che non può essere dimostrato in nessuna maniera! Badate che con questo non intendiamo dire che sia sbagliato ricordarsi della nascita di Gesù e di tutto quello che la Scrit­tura dice a riguardo; affatto, ma riteniamo che il ricordo di quel giorno non deve portare nessuno di noi ad inventarsi la data della natività di Gesù.

La chiesa romana ordina di santificare il giorno di natale non facendo in essa nessuna opera servile e partecipando alle sue messe; noi invece come credenti non ci sentiamo obbligati per nulla a santificare quel giorno perché non é un giorno che é stato santificato da Dio ma un giorno fatto diventare santo da una tradizione che bisogna dire nel corso del tempo ha santifica­to e benedetto tante e tante pratiche pagane che sono contrarie all’insegnamento del Signore.

Il presepio è una forma di idolatria; e perciò non va fatto

 

Fare il presepio a molti potrà sembrare un segno di grande devozione verso il Salvatore, potrà sembrare bello quanto si vuole, ma sta di fatto che si oppone alla Scrittura perché implica la trasgressione del comando di Dio di non farsi immagini e sculture alcune. Per questa ragione questa usanza va rigettata.

Diletti, ricordatevi pure della nascita di Gesù Cristo, ma fatelo spesso e non una volta all’anno, e fatelo nella semplicità del cuore vostro meditando su tutti quei passi della Scrittura che ne parlano. Se infatti lo Spirito Santo ha sospinto sia Matteo che Luca a scrivere diverse cose sulla nascita di Gesù è anche perché Dio ha voluto in questa maniera che noi suoi figliuoli mantenessimo vivo il ricordo di quegli eventi che hanno caratterizzato la sua nascita. Ma più che della sua nascita, diletti, ricordatevi della sua morte e della sua resurrezione avvenuta per la nostra giustificazione. E parlate di questi due eventi sia tra di voi che a coloro che non conoscono Dio, tra cui ci sono i Cattolici romani, affinché credendo in essi con tutto il loro cuore siano affrancati dal peccato.

I SACRAMENTALI

La dottrina dei teologi papisti

 

I sacramentali sono cose o azioni che hanno degli effetti soprattutto spirituali; sono di istituzione ecclesiastica.

Secondo quello che insegna la teologia romana i sacramentali sono cose o azioni, di cui la Chiesa, imitando in qualche modo i sacramenti si serve per raggiungere, in virtù della sua impetra­zione, effetti soprattutto spirituali. La differenza che passa tra i sacramenti e i sacramentali, secondo i teologi papisti, è questa: i sacramenti producono la grazia santificante e sono di istituzione divina, mentre i sacramentali non conferiscono la grazia santificante e non sono di istituzione divina ma ecclesia­stica.

Confutazione di alcuni di essi

 

Fra i sacramentali esamineremo e confuteremo l’acqua ‘santa’, le medaglie, lo scapola­re, le candele, le campane, il crocifisso e il segno della croce.[1468]

L’acqua santa.

Che cos’è l’acqua santa? Essa è, secondo l’Enciclopedia Cattoli­ca, l’acqua benedetta ‘di cui si serve comunemente la Chiesa, confezionandola con una miscela di sale mentre si recitano appo­site preghiere. Questa mescolanza di sale, simbolo di incorrutti­bilità, è stata ispirata, non tanto dal fatto biblico di Eliseo profeta che sanò col sale le acque di Gerico, quanto dalla diffu­sa credenza che il sale fosse dotato d’una virtù repulsiva contro i demoni. La preparazione dell’acqua santa, giusta le prescrizio­ni del rituale romano, comporta: a) un esorcismo sul sale e sull’acqua per purificarli da ogni influenza impura o nociva; b) una benedizione su entrambi, perché il sale ‘sia a tutti quanti ne gusteranno salute per l’anima e pel corpo’, e l’acqua ‘riceva la virtù della grazia divina di scacciare i demoni, di guarire le malattie, così che qualsiasi cosa nelle case e nei luoghi dei fedeli sarà stata aspersa con questa acqua, sia preservata da ogni sozzura e liberata da ogni male’.[1469] L’esorcismo operato sul sale è il seguente: ‘Io ti esorcizzo o creatura di sale, per l’Iddio vivo, per l’Iddio vero, per l’Iddio santo, il quale ordinò che, per mezzo del profeta Eliseo, fossi posto nell’acqua, acciò fosse sanata la sua sterilità: io ti esorcizzo acciò tu diventi sale esorcizzato a salvezza dei cre­denti, e sii la salvezza dell’anima e del corpo per tutti quelli che ti useranno’. Quest’acqua benedetta è contenuta in una conca o vasca, chiamata acquasantiera, che si trova all’ingresso dei templi d’idoli della chiesa romana; e con essa i Cattolici si aspergono la fronte. Essa viene anche portata dal prete qua e là in un secchio metal­lico munito di maniglia, quando con essa deve benedire le case.

Come si può ben comprendere questo rito della benedizione fatta con quest’acqua è una delle tante superstizioni trapiantatasi in mezzo alla chiesa romana nel corso del tempo. Come si può infatti mettersi a credere che dell’acqua salata abbia la virtù di puri­ficare l’anima delle persone da certi peccati e di tenere lontani i demoni se non a causa della grande ignoranza presente nei Cattolici e della loro cecità spirituale? Ecco che cosa insegna la curia romana ai Cattolici! A riporre la loro fiducia in un acqua salata! Ma questa loro fiducia nell’ac­qua santa è un illusione perché essa non solo non purifica la loro anima ma neppure tiene lontano da essi i demoni. Anzi dob­biamo dire che i templi d’idoli dei Cattolici sono infestati di spiriti seduttori e di ogni spirito d’immondo; in verità sono alberghi di demoni. E che dire dell’aspersione delle case private di coloro che le fanno aspergere con quest’acqua pensando di metterle al sicuro dall’opera dei demoni? Diremo che anche que­st’aspersione è vana.

Noi credenti siamo stati aspersi con il sangue prezioso di Cri­sto e in virtù della potenza purificatrice che possiede il sangue di Gesù siamo mondati da tutti i nostri peccati secondo che è scritto: “Il sangue di Gesù, suo Figliuolo, ci purifica da ogni peccato”,[1470] ed ancora: “Avendo i cuori aspersi di quell’aspersione che li purifica dalla mala coscienza”;[1471] per esso siamo stati santificati perché è scritto: “Perciò anche Gesù, per santificare il popolo col proprio sangue, soffrì fuor della porta”;[1472] sempre per esso abbiamo la redenzione secondo che è scritto: “In lui noi abbiamo la redenzione mediante il suo san­gue”,[1473] ed abbiamo vinto il diavolo secondo che è scritto: “Ma essi l’hanno vinto a cagion del sangue dell’Agnello...”.[1474] Noi quindi non abbiamo bisogno di nessuna aspersione di nessun’acqua bene­detta perché l’aspersione del sangue di Cristo che abbiamo rice­vuto per la grazia di Dio ci è sufficiente. E non abbiamo bisogno neppure che il prete venga a benedirci la casa con l’acqua benedetta, per questo quando viene non accettiamo che asperga le nostre case. Colui che ci protegge è il Signore; noi in lui abbiamo riposto la nostra fiducia e riponiamo del continuo la nostra fiducia. A lui raccomandiamo le nostre anime, le nostre famiglie, i nostri beni materiali; siamo nelle mani di Dio e non ci può accadere nulla senza il permesso di Dio perché persino i capelli del nostro capo sono tutti contati.

Al bando dunque questa superstizione cattolica romana sull’acqua santa; o Cattolici rientrate in voi stessi e fatevi aspergere anche voi da Dio con il sangue di Cristo per ottenere la salvezza dell’anima vostra, per essere santificati, per essere lavati da tutti i vostri peccati e per vincere così il diavolo. Vi scongiu­riamo nel nome del Signore a farlo!

Le medaglie.

Le medaglie sono delle piastre di metallo a forma di monete sulle quali sono raffigurate delle immagini, che generalmente sono quelle di Gesù, quelle di Maria e dei ‘santi’ della chiesa roma­na. Vengono preventivamente benedette dal parroco, dal vescovo, da cardinali, ed anche dal papa, e ad esse viene attribuito il potere di proteggere colui che le indossa e ad esse sono collega­te molte grazie. Prendiamo per esempio la medaglia con l’effigie che rappresenta Cristoforo; i Cattolici credono che essa messa in macchina li protegga dagli incidenti; per questo quando cambiano macchina si premurano a prendere la medaglia ‘protettrice’ e a porla nell’automobile nuova.

I Cattolici sono così attaccati a queste medaglie benedette che se le cuciono agli abiti, le baciano e le ribaciano durante le loro preghiere, le appendono al letto e alle pareti. D’altronde è comprensibile questo loro morboso attaccamento a queste medaglie; gli viene detto dalle loro guide cieche che esse hanno il potere di preservare dal male chi ce le ha e di assicurargli svariate grazie e loro ci credono, perciò se le tengono vicino! Ma tutto questo è solo una forma di superstizione radicatasi nel cuore di queste persone che vivono nelle tenebre; niente di più. Assomiglia molto alla superstizione di cui sono invasi molte popolazioni selvagge a riguardo dei loro amuleti. Ancora una volta riscontriamo nella chiesa romana evidenti forme di pagane­simo abilmente camuffate. Noi riproviamo questi amuleti dei Cattolici assieme alle super­stizioni collegate ad essi perché la Scrittura dice di non farsi immagine alcuna di cose che sono lassù in cielo o quaggiù sulla terra o sotto la terra e perché le credenze che accompagnano queste medaglie sono menzogne generate dal diavolo.

Lo scapolare.

Lo scapolare è un oggetto formato da due rettangolini di lana, della grandezza di tre-quattro centimetri uniti da un cordoncino, che si mette sul collo. Lo scapolare è un segno di devozione, e spesso serve ad indicare una specie di partecipazione in ispirito ad un dato ordine monastico, dell’abito del quale lo scapolare prende il colore. Anche gli scapolari possiedono, secondo la tradizione romana, particolari virtù e conferiscono grazie e privilegi; ad essi sono annessi anche delle indulgenze. Il più famoso scapolare è quello Carmelitano che, la tradizione dice, Maria avrebbe conferito a Simon Stock, generale dell’ordine dei Carmelitani; chi lo indossa scampa all’inferno. Maria avrebbe pure promesso a Giovanni XXII che sarebbe andata lei stessa in purgatorio ogni sabato per trarne fuori tutti gli scapolaristi che sarebbero morti la settimana precedente e portarli direttamente in paradiso. Questo è stato garantito da Giovanni XXII nella sua bolla detta Sabbatina del 1322 e confermato da Alessandro V, Clemente VII, Pio V e Gregorio XIII.[1475]

Lo scapolare si può benissimo paragonare ad altri oggetti, quali il ferro di cavallo, il cornetto, i dadi ecc., considerati da molti dei portafortuna, perché anch’esso, viene detto, porta fortuna a chi lo porta. La Parola di Dio riprova questa pratica superstiziosa del portare lo scapolare perché essa affonda le sue radici nel paganesimo. Ma che bene può mai fare un oggetto del genere a chi lo indossa? Ah! come sono fitte le tenebre nelle quali i Cattolici romani branco­lano. Preghiamo per loro affinché Dio li strappi dalla potestà delle tenebre e li porti a camminare nella luce.

Le campane.

La campana è uno strumento di bronzo a forma di tazza capovolta, che suona quando le pareti ne sono percosse da un battaglio nell’interno o da un martello all’esterno. Le campane sono usate dalla chiesa romana per chiamare i Cattolici alle funzioni religiose, e ad esortarli alla preghiera in determinate ore del giorno come per esempio quando suona l’Ange­lus. In questo caso al suono della campana del mattino, del mezzogiorno e del tramonto i Cattolici sono invitati a recitare tre Ave Maria. Esse sono considerate delle cose sacre e vengono perciò consacra­te e benedette. Anche alle campane sono attribuite particolari poteri; uno di questi è quello di allontanare la grandine. In alcuni paesi dell’Umbria per esempio è opinione diffusa fra la gente che se il campanaro è sollecito a suonare le campane prima che la grandine sia arrivata nel territorio della parrocchia, essa non potrà entrarvi. In Abruzzo non tutte le campane hanno gli stessi poteri, alcune infatti sono dotate di virtù superiori alle altre per allontanare la grandine, e di quali si tratta? Di quelle battezzate nel nome di un santo protettore contro la grandine!

Ma che dice la Scrittura sulle campane? Diciamo che essa non ne parla minimamente; esse non erano in uso nella Chiesa primitiva. Gli apostoli non chiamavano al culto i fedeli e non esortavano i fedeli a pregare facendo suonare delle campane o qualche altro strumento. Per quanto riguarda la credenza che esse abbiano il potere di allontanare la grandine, diciamo semplicemente che è una menzogna. Possiamo dire che le campane dei Cattolici non possono allontanare la grandine dal territorio della parrocchia nella stessa maniera in cui gli dèi d’Egitto, ai giorni di Mosè, non poterono allontanare il flagello della grandine dal paese dell’Egitto.

Le candele.

‘Sono il mezzo più comune e obbligatorio dell’illuminazione liturgica nelle funzioni religiose’, dice l’Enciclopedia Cattoli­ca.[1476] E difatti esse si vedono sugli altari, e davanti alle immagini ed alle statue, e vengono poste anche sulle tombe.

La Scrittura non dice che noi dobbiamo usare le candele nel culto che rendiamo a Dio. Certamente però le candele sono utili, nel caso va via la luce nelle nostre case, perché accese danno un pò di luce nel buio.

Ricordiamo che l’uso della candela nella funzione religiosa è di origine pagana; l’imperatore per esempio nelle sue comparse era accompagnato con ceri accesi. Ed inoltre che le candele vengono usate dai maghi e dalle streghe nelle loro messe nere. Per quale motivo usano le candele? Perché esse creano l’atmosfera necessaria alle loro diaboliche funzioni.

Il crocifisso.

Ecco cosa dice il Perardi nel suo Nuovo Manuale del Catechista a ri­guardo del crocifisso: ‘Siate devotissimi di Gesù crocifisso (...) portatene devotamente l’immagine al collo; baciate spesso il Crocifisso in vita per meritare di morire stringendolo devotamen­te tra le mani. - Sopra del letto ponete il Crocifisso; alla sera baciatene devotamente le piaghe’.[1477]

Come potete vedere ci troviamo davanti ad un’ennesima forma di idolatria perpetrata dalla curia romana a danno di coloro che gli vanno dietro. Cominciamo col dire che noi crediamo che Gesù Cristo fu crocifis­so sulla croce per i nostri peccati, ma non solo lo crediamo, ma lo predichiamo pure perché in noi c’é “lo stesso spirito di fede, ch’è in quella parola della Scrittura: Ho creduto, perciò ho parlato”.[1478] Noi ci gloriamo pure della croce del Signore nostro Gesù Cristo come faceva l’apostolo Paolo perché per mezzo di essa il mondo per noi é stato crocifisso e noi siamo stati croci­fissi per il mondo;[1479] ma noi non ci permettiamo di farci una croce né di legno e né di altro materiale, e neppure di attaccarci una statuetta raffigurante il nostro Signore mentre soffriva su di essa, e questo perché la Scrittura ci vieta di fare simili cose secondo che è scritto: “Non ti fare scultura alcuna né immagine alcuna delle cose che sono lassù ne’ cieli o quaggiù sulla terra o nelle acque sotto la terra; non ti prostrare dinanzi a tali cose e non servir loro...”.[1480]

I Cattolici dicono che è la tradizione che dice loro di farsi il crocifisso e di portarselo con loro e di baciarlo e di attaccarlo alle pareti di casa loro o di qualche altro luogo; ma a noi non ci importa nulla della loro tradizione. Da come parlano i Cattolici c’é potenza nel crocifisso ma questo é falso perché la potenza é nel nome di Cristo Gesù e nella parola della croce e non in un pezzo di legno. Ma poi in questa maniera fanno apparire Gesù Cristo sempre soffe­rente, ed ancora in croce; ma egli non é più appeso alla croce perché da essa fu tirato giù e posto in un sepolcro da Giuseppe d’Arimatea. Ma più che questo Egli risuscitò dai morti e non muore più. Noi non sentiamo affatto il bisogno del crocifisso né appeso al nostro collo e neppure appeso alle pareti di casa nostra o dei nostri locali di culto per ricordarci di Gesù perché a noi basta leggere il Vangelo per ricordarci delle sofferenze che Cristo ha patito per noi, e perché noi siamo chiamati a ricordarci della morte del Signore mediante la cena istituita da Gesù Cristo e non con questo artifizio umano che é il crocifisso.

E così la chiesa romana ha fatto spargere per il mondo intero crocifissi di ogni genere; qui in Italia ci sono crocifissi un pò dovunque. Il crocifisso, da come parlano molti Cattolici, li fà sentire al sicuro; senza il crocifisso con loro invece non si sentono più sicuri, come se esso avesse il potere di proteggere quelli che se lo portano dietro o la casa dove é appeso! Ma “il giusto se ne sta sicuro come un leone”[1481] perché sa di essere stato riconciliato con Dio mediante il sangue di Cristo e perché sa che il Signore é il suo rifugio e male alcuno non lo coglierà secondo che é scritto: “Poiché tu hai detto: O Eterno, tu sei il mio rifugio; tu hai preso l’Altissimo per il tuo asilo, male alcuno non ti coglierà, né piaga alcuna s’accosterà alla tua tenda. Poiché egli comanderà ai suoi angeli di guardarti in tutte le tue vie”,[1482] per questo egli considera quella del crocifisso solo una superstizione che per altro serve a fare guadagnare non poco denaro ai costruttori di crocifissi.

Il segno della croce.

I Cattolici si fanno il segno della croce portan­dosi la mando destra alla fronte, e dicendo: In nome del Padre: poi al petto, dicendo: e del Figliuolo; quindi alla spalla sini­stra e alla destra, dicendo: e dello Spirito Santo. Questo perché è stato loro insegnato quanto segue: ‘Come cristiani abbiamo un segno esterno che ci distingue da quelli che non sono cristiani; esso é il segno della croce (....) Nel segno della Croce, con le parole esprimiamo l’Unità e Trini­tà di Dio, e con la figura della Croce la Passione e la Morte del Nostro Signor Gesù Cristo (....) Abbiate gran venerazione pel segno della Croce con cui esprimete i due misteri principali (...) E’ sempre bene fare il segno della Croce, ma specialmente prima e dopo ogni atto di religione, prima e dopo il cibo e il riposo, e nei pericoli dell’anima e del corpo’.[1483]

Anche qui ci troviamo davanti a un insegnamento di cui non tro­viamo il benché minimo riscontro nelle Scritture. Noi crediamo che Dio é trino, cioè che la Divinità è composta da Dio Padre, da Dio Figliuolo e da Dio Spirito Santo e che i tre sono uno ab eterno e in eterno; noi crediamo in ciò che la Scrit­tura dice attorno alle sofferenze di Cristo, alla sua morte, ma per esprimere la nostra fede in queste cose non siamo chiamati a farci il segno della croce, ma bensì a testimoniarne con la nostra bocca come fecero prima di noi anticamente gli apostoli.

E poi la Scrittura ci insegna a rendere grazie a Dio con le nostre parole prima di mangiare e non facendoci il segno della croce perché così hanno fatto sia Gesù che gli apostoli prima di noi secondo che é scritto: “Gesù quindi prese i pani; e dopo aver rese grazie, li distribuì alla gente seduta...”,[1484] e: “Paolo... preso del pane, rese grazie a Dio, in presenza di tutti; poi, rottolo, cominciò a mangiare”.[1485] L’apostolo Paolo ha detto a Timoteo: “Poiché tutto quel che Dio ha creato è buono; e nulla è da riprovare, se usato con rendimen­to di grazie; perché é santificato dalla parola di Dio e dalla preghiera”;[1486] e non dal segno della croce. E poi ancora; ma dove mai sta scritto nella Parola di Dio che quando si é nella distretta ci si deve fare il segno della croce per invocare l’assistenza di Dio? Essa dice di invocare Dio con la nostra bocca, non con qualche segno particolare, infatti Dio dice: “Invocami nel giorno della distretta; io te ne trarrò fuori, e tu mi glorificherai”.[1487]

IL GIURAMENTO

La dottrina dei teologi papisti

 

E’ lecito giurare. Il giuramento fatto agli eretici si può infrangere senza per questo commettere peccato. Il giuramento falso in certe circostanze è ammesso.

La teologia romana ammette che si può giurare: nel Codice di diritto canonico è detto: ‘Il giuramento, ossia l’in­vocazione del nome di Dio a testimonianza della verità, non può essere prestato se non secondo verità, prudenza e giustizia’.[1488] Affinché nessuno rimanga ingannato da questi due ‘non’ di questo precetto, sappiate che essi messi l’uno dopo l’altro in questa maniera vogliono dire che giurare è lecito perché è come se ci fosse scritto: ‘Il giuramento può essere prestato secondo verità, prudenza e giustizia’. Che il giuramento è ammesso dalla chiesa cattolica romana è confermato anche da quello che dice il catechismo: ‘Non è lecito giurare senza grave motivo; non è lecito per cose da poco citare e offrire la testimonianza di Dio (...) solo se foste citati in giudizio come testimoni avreste giusta ragione di giurare’.[1489]

La chiesa papista nel corso dei secoli ha dato prova molte volte di avere fatto sua la diabolica massima che dice che ‘il fine giustifica i mezzi’. Uno di questi mezzi giustificato perché con esso ci si propone una cosa buona, cioè la persecuzione degli eretici, è il non mantenere un giuramento fatto agli eretici. Ecco come si espresse il cardinale Osio: ‘Non ti fare scrupolo, per nessuna ragione, d’essere tenuto di osservare ciò che hai promesso (all’eretico), poiché il giuramento non debb’essere legame d’iniquità’.[1490] Una chiara prova di come la chiesa papista è stata pronta ad annullare o fare annullare una promessa di giuramento fatta ai suoi nemici l’abbiamo nel comportamento del concilio di Costanza che annullò il salvacondotto che il re Sigismondo aveva rilasciato a Giovanni Huss affinché questo potesse venire al concilio, stare e tornarsene.[1491] Difatti, quando Huss arrivò a Costanza fu arrestato, processato dal concilio e condannato ad essere arso. Il concilio in quell’occasione emanò il seguente decreto: ‘...nonostante tale salvacondotto, il giudice ecclesiastico può indagare sugli errori di tali persone, e procedere debitamente contro di essi e punirli ... persino se sono venuti al luogo del processo facendo assegnamento sul salvacondotto, ed altrimenti non sarebbero venuti’.[1492] E’ da notare che più di un secolo dopo, il concilio di Trento (1545-1563) offerse ai Protestanti un salvacondotto per presentarsi al concilio ed esporre le loro dottrine. Ma questo salvacondotto non fu accettato e perciò essi non si presentarono a Trento; l’esperienza di Huss aveva insegnato a non fidarsi delle promesse di quei cosiddetti venerabili padri.[1493]

La teologia cattolica insegna che si può fare un falso giuramento senza peccato, pur di aggiungere mentalmente alle parole del giuramento pronunziate qualche cosa che ne modifica il senso, la qual cosa viene chiamata riserva mentale.

Per spiegare questo loro insegnamento citiamo un fatto storico. Durante il fascismo in Italia, tutti coloro che chiedevano la tessera del partito fascista dovevano giurare: ‘Giuro di eseguire senza discutere gli ordini del Duce e di difendere con tutte le mie forze e, se necessario, col mio sangue, la causa della rivoluzione fascista’. Alla domanda che cosa si dovesse pensare di una tale formula di giuramento Pio XI nell’enciclica Non abbiamo bisogno del 29 giugno 1931 rispose: ‘La risposta dal punto di vista cattolico, ed anche puramente umano, è inevitabilmente una sola, e Noi, Venerabili Fratelli, non facciamo che confermare la risposta che già vi siete data: un tale giuramento, così come sta, non è lecito’.[1494] Dopo una tale dichiarazione quindi ci si sarebbe aspettato che il papa dicesse ai Cattolici di non fare un simile giuramento (impedendo così a molti di entrare nel partito fascista) ma questo non avvenne perché Pio XI diede loro questo consiglio: ‘Conoscendo le difficoltà molteplici dell’ora presente e sapendo come tessera e giuramento sono per moltissimi condizione per la carriera, per il pane, per la vita, abbiamo cercato mezzo che ridoni tranquillità alle coscienze riducendo al minimo possibile le difficoltà esteriori. E Ci sembra potrebbe essere tal mezzo per i già tesserati fare essi davanti a Dio ed la propria coscienza la riserva: ‘salve le leggi di Dio e della Chiesa’, oppure ‘salvi i doveri di buon cristiano’, col fermo proposito di dichiarare anche esternamente una tale riserva, quando ne venisse il bisogno’.[1495] In altre parole, il papa riconosceva che quel giuramento non si poteva fare ma nello stesso tempo disse che essi potevano giurare con riserva (ossia falsamente) per non compromettere le loro carriere, e la loro vita.

Confutazione

Sotto la grazia è proibito giurare

 

Che dice la Scrittura a proposito del giurare? In Matteo è scritto che Gesù disse: “Avete udito pure che fu detto agli antichi: Non ispergiurare, ma attieni al Signore i tuoi giuramenti. Ma io vi dico: Del tutto non giurate, né per il cielo, perché è il trono di Dio; né per la terra, perché è lo sgabello dei suoi piedi; né per Gerusalemme, perché è la città del gran Re. Non giurare neppure per il tuo capo, poiché tu non puoi fare un solo capello bianco o nero. Ma sia il vostro parlare: Sì, sì; no, no; poiché il di più vien dal maligno”.[1496]

Come potete vedere Gesù Cristo ha vietato di giurare; quindi il precetto che permette il giuramento che è trascritto nel Codice di diritto canonico è un precetto d’uomini che volta le spalle alla verità che è in Cristo Gesù. Ecco un’altra prova di come le guide cieche di questa organizzazione religiosa hanno annullato la parola di Cristo con le loro parole! Ma come fanno a sostenere i teologi cattolici romani che è lecito giurare ad un cristiano? Alla solita maniera, dando errate spiegazioni alla Scrittura. Ora, confuteremo i ragionamenti che essi fanno per sostenere il giuramento.

-  ‘Gesù ha detto di non ispergiurare, cioè di non giurare il falso nel nome di Dio, ma non ha detto di non giurare in nessuna circostanza’.

Ora, è vero che nella legge vi è il precetto: “Non giurerete il falso, usando il mio nome; ché profaneresti il nome del tuo Dio”,[1497] ed il giuramento è ammesso perché è scritto: “Giura nel suo nome”;[1498] ma Gesù è venuto per completare la legge infatti ha detto: “Del tutto non giurate”,[1499] quindi Gesù ha detto non solo di non giurare il falso ma anche di non giurare affatto. Le parole di Gesù sono chiare; noi credenti non dobbiamo giurare in nessuna circostanza e per nessun motivo. Questo lo ha confermato anche Giacomo dicendo: “Ma, innanzi tutto, fratelli miei, non giurate né per il cielo, né per la terra, né con altro giuramen­to”.[1500]

-  ‘Gesù non ha detto di non giurare per Dio’.

Gesù, dicendoci di non giurare per il cielo implicitamente ci ha detto di non giurare per Dio perché egli ha detto che “chi giura per il cielo, giura per il trono di Dio e per Colui che vi siede sopra”;[1501] quindi è falso quanto dicono i teologi cattolici romani.

-  Paolo ha giurato infatti ha detto ai Galati: “Ora, circa le cose che vi scrivo, ecco, nel cospetto di Dio vi dichiaro che non mentisco”;[1502] ai Romani: “Iddio... mi è testimone ch’io non resto dal far menzione di voi in tutte le mie preghiere”;[1503] ed ai Corin­zi: “Or io chiamo Iddio a testimone sull’anima mia ch’egli è per risparmiarvi ch’io non son più venuto a Corinto”.[1504]

Ma dov’è in queste parole di Paolo il giuramento? Noi non lo vediamo. L’apostolo ha usato queste espressioni per attestare che egli diceva la verità perché Cristo parlava in lui. Ma non si mise mai a giurare nel nome di Dio che egli affermava il vero: come avrebbe potuto Paolo mettersi a giurare quando Gesù aveva detto: “Del tutto non giurate”[1505] e poi dire ai santi: “Le cose che avete imparate, ricevute, udite da me e vedute in me, fatele; e l’Iddio della pace sarà con voi”?[1506]

-  Nell’epistola agli Ebrei è scritto che “gli uomini giurano per qualcuno maggiore di loro; e per essi il giuramento è la conferma che pone fine ad ogni contestazione”.[1507]

Con queste parole non ci viene detto che noi possiamo giurare, innanzi tutto perché quando lo scrittore dice “gli uomini giura­no” non si sta riferendo ai santi ma agli uomini del mondo che anche in quel tempo usavano giurare per qualcuno maggiore di loro; e poi perché questo discorso sul giuramento lo scrittore agli Ebrei lo fece per fare capire ai credenti Giudei che come gli uomini giurano per qualcuno maggiore di loro per porre fine ad ogni contestazione così anche Dio per “mostrare vie meglio agli eredi della promessa la immutabilità del suo consiglio, intervenne con un giuramento, affinché, mediante due cose immutabili, nelle quali è impossibile che Dio abbia mentito, troviamo una potente consola­zione noi, che abbiam cercato il nostro rifugio nell’afferrar saldamente la speranza che ci era posta dinanzi”.[1508] E siccome che Dio non poteva giurare per qualcuno maggiore di lui giurò per se stesso. Il giuramento con il quale Dio è intervenuto per conso­larci è quello che egli ha fatto al suo Figliuolo: “Il Signore l’ha giurato e non si pentirà: tu sei sacerdote in eterno”.[1509]

Sappiamo che Dio non può mentire e mantiene i giuramenti fatti; per esempio quando egli promise con giuramento ad Abramo di benedirlo e moltiplicarlo grandemente, lui adempì la parola dettagli perché è scritto: “E così, avendo aspettato con pazien­za, Abramo ottenne la promessa”.[1510]

-  ‘Sotto la legge era ammesso giurare’.

Sì, sotto la legge era ammesso giurare; ma sotto la legge erano ammesse tante altre cose quali per esempio la circoncisione nella carne, l’osservanza del sabato, che con la venuta di Cristo sono state annullate. Quindi non si può fare questo ragionamento per sostenere il giuramento sotto la legge di Cri­sto; Gesù lo ha detto chiaramente: “Del tutto non giurate”.[1511] Il motivo per cui noi non dobbiamo giurare con nessun giuramento? Ce lo dice Giacomo: “Affinché non cadiate sotto giudicio”.[1512]

Noi Cristiani siamo chiamati a dire la verità in ogni circostan­za; sappiamo che Dio aborrisce la menzogna e che egli punisce il falso testimonio sia che dica la falsa testimonianza dopo avere giurato sia che la dica senza fare alcun giuramento, e questo ci incute timore.

Il non mantenere un giuramento fatto ai propri nemici è un atto condannato dalla legge di Dio

 

Il non mantenere un giuramento fatto è peccato davanti a Dio infatti nella legge è scritto: “Questo è quel che l’Eterno ha ordinato: Quand’uno... avrà con giuramento contratta una solenne obbligazione, non violerà la sua parola, ma metterà in esecuzione tutto quello che gli è uscito di bocca”;[1513] quindi se uno giura (anche se non è lecito sotto la grazia) deve mantenere la parola data, anche ad un nemico, se non vuole essere giudicato da Dio. Nei Salmi è scritto: “O Eterno, chi dimorerà nella tua tenda? chi abiterà sul monte della tua santità? Colui che cammina in integrità ed opera giustizia... Se ha giurato, foss’anche a suo danno, non muta”.[1514] Ma non così la pensa la chiesa romana quando si tratta di difendere i propri interessi. In verità, della curia romana non ci si può fidare neppure quando giura in nome di Dio!

Il giuramento con riserva è condannato da Dio

 

Abbiamo visto che sotto la grazia giurare non è più lecito, che infrangere un giuramento fatto nei confronti dei propri nemici è peccato, vediamo ora perché il cosiddetto giuramento con riserva è condannato da Dio. Questo giuramento è un giuramento falso perché chi giura non lo fa sinceramente ma colla ferma intenzione di non osservare il giuramento fatto infatti aggiunge al giuramento una qualche riserva che secondo lui gli permetterà al momento opportuno di infrangere il giuramento fatto senza per questo commettere alcunché di male.

Naturalmente chi lo ha sentito giurare pensa che egli abbia giurato sinceramente, ma questo perché non sapeva nulla della sua riserva mentale ammessa dalla teologia romana. La legge dice: “Non giurerete il falso, usando il mio nome; ché profaneresti il nome del tuo Dio. Io sono l’Eterno”.[1515]Le cose sono chiare. Ecco ora quello che dice la Scrittura a proposito di questa gente che giura il falso. Dio dice in Malachia: “E io m’accosterò a voi per il giudizio, e, senza indugio, io sarò testimonio contro gl’incantatori, contro gli adulteri, contro quelli che giurano il falso”,[1516] e in Geremia afferma: “Anche quando dicono: ‘Com’è vero che l’Eterno vive’, è certo che giurano il falso. O Eterno, gli occhi tuoi non cercano essi la fedeltà?”.[1517] Quindi sappiano tutti coloro che giurano con l’intenzione di non mantenere il giuramento che si attirano sul loro capo l’ira e il giudizio di Dio.

Un’osservazione finale che mi pare doverosa. Stando così le cose sul giuramento mi viene da domandare a coloro che sono a favore dell’ecumenismo: ‘Come potete fidarvi di tutte le belle promesse fatte dalla curia romana nei vostri confronti quando la loro teologia permette in taluni casi persino il falso giuramento?

L’OMICIDIO

La dottrina dei teologi papisti

 

E’ lecito uccidere per difendersi.

Nel Dizionario di morale cattolica alla voce Difesa si legge: ‘Dato che ne siamo solo i depositari, noi abbiamo, davanti a Dio e davanti al prossimo, il dovere di difendere la nostra vita se è ingiustamente minacciata. Chi uccide il suo aggressore non disubbidisce alla legge divina: egli cerca di difendersi (atto volontario diretto) e non di uccidere (atto volontario indiretto)’.[1518]

Confutazione

Uccidere il proprio aggressore è peccato

 

Ancora una volta dobbiamo riscontrare quanto la chiesa cattolica romana non tenga in nessuna considerazione la Parola di Dio perché afferma che non solo si deve usare violenza nei confronti del prossimo se questo ci assale ma anche che nel caso lo si uccida non si disubbidisce alla legge divina. Gesù lo ha detto chiaramente: “Voi avete udito che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente. Ma io vi dico: Non contrastate al malvagio; anzi, se uno ti percuote sulla guancia destra, porgigli anche l’altra; ed a chi vuol litigar teco e toglierti la tunica, lasciagli anche il mantello. E se uno ti vuol costringere a far seco un miglio, fanne con lui due”.[1519] Quindi come suoi discepoli noi non dobbiamo rispondere alla violenza con la violenza perché un simile comportamento va sia contro le parole di Cristo Gesù e sia contro il suo esempio (e non potrebbe essere altrimenti perché Gesù quello che disse di fare agli altri lo fece lui stesso). La Parola di Dio infatti dice che lui “maltrattato, umiliò se stesso, e non aperse la bocca. Come l’agnello menato allo scannatoio, come la pecora muta dinanzi a chi la tosa, egli non aperse la bocca”.[1520] Egli non rispose mai con la violenza ai suoi aggressori e persecutori. Lo dimostrò quando fu percosso da una delle guardie mentre si trovava davanti al sommo sacerdote[1521] e quando fu percosso dai soldati del governatore.[1522] E non solo, ma anche quando Pietro nell’orto del Getsemani sfoderò la sua spada e percosse il servo del sommo sacerdote in difesa del Maestro, infatti in quell’occasione Gesù ammonì Pietro dicendogli: “Riponi la tua spada al suo posto, perché tutti quelli che prendon la spada, periscon per la spada”.[1523] Egli dunque non permise neppure che i suoi discepoli combattessero per lui affinché non fosse dato nelle mani dei suoi nemici.

Ma come abbiamo visto ai Cattolici romani, e per primo ai loro papi, non importa proprio nulla delle sante parole di Gesù e dell’esempio perfetto che ci ha lasciato Gesù. Basta considerare che le guardie preposte alla difesa dei papi hanno l’ordine di colpire a morte coloro che mettono a repentaglio la loro vita per rendersi conto di questo.

Il PAGAMENTO DEI TRIBUTI

La dottrina dei teologi papisti

 

Le chiese e gli ecclesiastici, in virtù di un privilegio che hanno per diritto divino, non sono obbligati a pagare dazi, imposte e gabelle alle autorità civili.

‘E’ proibito, sotto pena di scomunica, ai magistrati secolari d’imporre alle chiese pesi, come scavamenti, spedizioni, ed altri siffatti’;[1524] ‘Le collette pei militi, le ospitalità, ed altri pesi sulle Chiese, e luoghi pii, e sugli ecclesiastici, e le imposte ai loro beni, o frutti, anche pagati spontaneamente, sono proibiti ai laici, senza che l’autorità Apostolica lo permetta’;[1525] ‘Le Chiese non son tenute a pagare imposte; né i luoghi pii, né gli ecclesiastici, o Secolari o Regolari d’ambo i sessi. Non possono essere gravati, sia direttamente, sia indirettamente, di gabelle, tributi ed altri pesi, sui beni che possiedono, o in titolo della loro carica, o in qualsiasi altro modo, come p. es. a titolo di eredità, oppure di donazione ecc., poiché i diritti surriferiti parlano indistintamente’.[1526]

Ecco perché l’art. 16 del Trattato del Laterano esenta molti immobili del Vaticano (quelli citati negli articoli 13,14,15,16) ‘da tributi sia ordinari che straordinari tanto verso lo Stato quanto verso qualsiasi altro ente’ e l’art. 17 esenta da qualsiasi tributo verso lo Stato le retribuzioni dovute a dignitari, impiegati e salariati della ‘Santa Sede’ e dagli altri enti centrali della Chiesa, anche fuori di Roma;[1527] e l’art. 20 esenta da tutti i dazi doganali le merci importate dalla Città del Vaticano e da istituzioni e uffici della ‘Santa Sede’ anche fuori di Roma; perché la chiesa cattolica ritiene di avere il diritto di non pagare i tributi e le gabelle ai governanti. Questo diritto fa parte delle immunità ecclesiastiche.[1528]

A sostegno di questo suo diritto (considerato di natura divino) di non pagare i tributi allo Stato la chiesa cattolica romana prende le parole di Gesù: “I figliuoli, dunque, ne sono esenti”;[1529] e le seguenti parole scritte nella storia di Giuseppe: “Giuseppe ne fece una legge, che dura fino al dì d’oggi, secondo la quale un quinto del reddito delle terre d’Egitto era per Faraone; non ci furono che le terre dei sacerdoti che non furono di Faraone”.[1530]

Come il Vaticano può reagire se gli viene negato questo suo cosiddetto diritto.

A proposito di questo suo cosiddetto diritto di non dovere pagare le tasse alle autorità voglio ricordare alcuni fatti verificatisi alcuni decenni fa che fanno capire come il Vaticano può reagire quando gli viene negato da parte del governo statale questo suo cosiddetto diritto.

Nel 1935 il governo fascista aveva imposto sui dividendi una tassa speciale, tassa che li colpiva all’origine. Le società, prima di distribuire agli azionisti i dividendi, dovevano detrarne la tassa in questione (il 10% in un primo momento, portata in seguito al 20%), versando direttamente al ministero delle Finanze la somma corrispondente. La tassa si chiamò ‘cedolare’ perché applicata alle cedole o cuponi. Il Vaticano che in quel tempo era piuttosto intimorito dal regime fascista non disse una parola e pagò regolarmente la tassa. Nel 1942 il ministero delle Finanze dava disposizione a tutti gli uffici competenti di esentare la ‘Santa Sede’ dal pagamento della ‘cedolare’. La circolare era firmata dall’allora Direttore Generale del ministero delle Finanze che si chiamava Buoncristiano, ed elencava le organizzazioni che facevano capo alla ‘Santa Sede’: il Sant’Uffizio, la Congregazione Concistoriale, quella del Concilio, la Congregazione per i Religiosi, Propaganda Fide, la Congregazione per le Università e i Seminari, la Fabbrica di San Pietro, i Tribunali Vaticani della Penitenziera Apostolica, della Segnatura Apostolica e della Sacra Rota, oltre ai seguenti uffici; la Cancelleria Apostolica, la Reverenda Camera Apostolica, la Segreteria di Stato, l’Amministrazione dei Beni della Santa Sede, l’Amministrazione Speciale e l’Istituto per le Opere di Religione. A riguardo di questo Istituto era detto tra parentesi ‘in quanto amministra fondi appartenenti alla Santa Sede’. Il 29 Dicembre 1962, il governo italiano applicò di nuovo una tassa del 15% sui cuponi, aumentandola in seguito sino al 30%. Questa tassa fu chiamata ‘cedolare secca’. Il Vaticano accettò ufficialmente l’imposizione della cedolare senza protestare, ma subito iniziò delle trattative segrete con il Governo italiano. Le trattative si conclusero nell’ottobre del 1963 con uno scambio di note tra il Segretario di Stato, cardinale Cicognani, e l’ambasciatore d’Italia presso la ‘Santa Sede’, Bartolomeo Migone. Ecco alcune parole del testo della nota del cardinale Cicognani datata 11 Ottobre 1963: ‘Nello spirito del nostro Concordato con riguardo alla citata legge n. 1745, sarebbe auspicabile anche ora il riconoscimento di un trattamento agevolativo alla Santa Sede. Pertanto propongo: che la ritenuta d’acconto o d’imposta istituita con la legge 29 dicembre 1962, non sia applicata, con decorrenza dalla istituzione della medesima, sugli utili in qualsiasi forma e sotto qualsiasi denominazione distribuiti dalle società e spettanti alla Santa Sede (..) Qualora il Governo italiano accettasse la proposta contenuta nella presente lettera, La pregherei di darmene cortese conferma’. Quello stesso giorno l’ambasciatore italiano rispondeva: ‘Eminenza Reverendissima, ho l’onore di accusare ricevuta della nota di Vostra Eminenza Reverendissima in data odierna, così concepita: (segue il testo completo della lettera del cardinale Cicognani). Ho l’onore di portare a conoscenza di Vostra Eminenza Reverendissima che il Governo italiano è d’accordo su quanto forma oggetto della Nota sopra riportata..’. Il governo di allora era un governo provvisorio ed era capeggiato da Giovanni Leone. La cosa però fu tenuta segreta; né il Parlamento e né l’opinione pubblica ne furono informati. Circa un mese dopo, il 13 novembre 1963, il ministro delle Finanze Mario Martinelli inviò una circolare all’Associazione fra le Società italiane per Azioni e all’Associazione fra le Banche, ordinando di non dedurre il 30% dai dividendi delle azioni di proprietà della Santa Sede. Questo documento fu emanato però in queste circostanze: lo scambio di note tra il cardinale Cicognani e l’ambasciatore Migone non era stato approvato dal Parlamento che non ne sapeva nulla, e il governo si era dimesso otto giorni prima che Martinelli firmasse la circolare, quando cioè Martinelli non era più ministro delle Finanze. Quando poi Aldo Moro formò il nuovo governo, Roberto Tremelloni prese il posto di Martinelli al dicastero delle Finanze. Scoperta l’esistenza della circolare Tremelloni ne fu sdegnato e minacciò di dimettersi se non fosse stata immediatamente annullata. Allora Moro propose un compromesso per risolvere l’imbarazzante situazione; il Governo italiano avrebbe presentato al Parlamento un progetto di legge per ratificare lo scambio delle Note, rendendo così legale la circolare di Martinelli anche se con effetto retroattivo. Il Vaticano, da parte sua, avrebbe informato il Governo italiano dell’esatto ammontare dei titoli azionari in suo possesso affinché il Governo potesse sapere e riferire al Parlamento quali valori venivano esentati dal pagamento della ‘cedolare’. Il compromesso però non fu accettato né dal cardinale Cicognani, il quale si rifiutò di svelare l’ammontare degli investimenti del Vaticano, né dai socialisti al Governo. Nel giugno 1964, caduto il Governo, Moro formò una seconda coalizione di governo. Allora il Vaticano minacciò, se le cose non si risolvevano come voleva, di buttare sul mercato tutti i titoli azionari in suo possesso. E dato che in quel tempo la Borsa era in crisi, se il Vaticano avesse messo in pratica la minaccia, il suo gesto avrebbe avuto delle conseguenze disastrose per l’economia italiana. Il Governo allora fu costretto ad arrendersi (certamente il partito democristiano non si arrese di malavoglia), e nell’ottobre del 1964 venne preparato un progetto di legge, che doveva ratificare lo scambio di Note tra il Governo e il Vaticano, avvenuto un anno prima. La legge fu approvata dal Consiglio dei Ministri; ma la cosa finì lì perché quella legge non venne presentata al Parlamento per essere approvata, respinta o modificata. Il Vaticano intanto continuava a non pagare la tassa; la stampa di sinistra allora nel 1967 attaccò il Governo, voleva sapere perché il Vaticano non pagava la tassa, quanto non pagava e quanti titoli possedeva in Italia. Cominciarono così a uscire dei dati. Nel gennaio del 1968 il Presidente del Consiglio Giovanni Leone dichiarò in Senato: ‘Il Governo non proporrà il disegno di legge di ratifica e pertanto la Santa Sede pagherà l’imposta secondo quanto stabilito dalla legge’. Il Vaticano allora si rassegnò e fece sapere che avrebbe pagato la cedolare e chiese la rateizzazione delle quote arretrate. Ma quanti titoli azionari possedeva il Vaticano in Italia in quel tempo? Ne possedeva per un valore di circa cento miliardi. Nel febbraio del 1968 infatti il ministro delle Finanze Preti, nel corso di un dibattito alla Commissione Parlamentare per gli Affari Esteri, disse che la Santa Sede possedeva titoli azionari italiani per un valore di circa cento miliardi, con un dividendo che oscillava dai tre ai quattro miliardi l’anno. Va detto però che il Vaticano pur accettando di pagare la cedolare continuò a protestare in linea di principio sostenendo che l’esenzione gli era dovuta sia giuridicamente in quanto ente morale ed ente internazionale sia in base alla Legge sulle Guarentigie e al Concordato.

Confutazione

Cristo quando fondò la sua Chiesa, e gli apostoli in seguito non affermarono mai che i beni materiali della Chiesa e coloro che in essa svolgono una particolare opera hanno il diritto divino di essere esentati dal pagamento dei tributi allo Stato

 

Gesù disse: “Rendete dunque a Cesare quel ch’è di Cesare, e a Dio quel ch’è di Dio”.[1531] E si tenga presente che queste parole egli le disse ai Giudei che erano in quel tempo sotto la dominazione romana e perciò schiavi di un’altra nazione sul proprio territorio che Dio aveva dato ad Abrahamo come eredità perpetua.

Paolo inoltre ha scritto ai santi di Roma: “Rendete a tutti quel che dovete loro: il tributo a chi dovete il tributo; la gabella a chi la gabella...”.[1532]

Le cose sono chiare: tutti i credenti sono chiamati in qualunque nazione vivano a pagare allo Stato di cui fanno parte i tributi che esso impone loro. Questo obbligo si estende quindi anche ai ministri del Vangelo che sono a pieno tempo e quindi vivono del Vangelo non avendo un lavoro secolare. Nel loro caso però occorre tener presente la legislazione dello Stato in materia, perché in taluni casi lo Stato - quando il pastore (ecc.) di una Chiesa non avrà determinati requisiti, come quello di far parte di una chiesa riconosciuta da esso come ente giuridico - non esige il pagamento delle tasse sulle loro entrate (mi riferisco qui alle offerte o allo stipendio che riceve dalla chiesa in cui adempie il suo ministerio). Alla luce dell’insegnamento della Parola di Dio dunque, non vi è ministro del Vangelo nella Chiesa che può affermare di avere ricevuto da Dio il diritto di non pagare tasse sulle sue entrate per questo o per quell’altro motivo. Anche per quanto riguarda le proprietà che può possedere o ne entra in possesso il ministro del Vangelo, o una Chiesa, vale lo stesso discorso; non esiste un diritto basato sul Vangelo per cui queste proprietà hanno il diritto di essere esentasse. Considerando bene la cosa, dobbiamo dire che se Dio avesse dato questo diritto ad alcuni suoi servitori e alla sua Chiesa, il che avrebbe implicato che lo Stato aveva l’obbligo da parte di Dio di non imporre tasse ai ministri di Chiesa ed alle loro proprietà o alle proprietà della Chiesa (se questa ne fosse venuta in possesso), Egli si sarebbe reso colpevole di un’ingiustizia che avrebbe fatto biasimare la sua dottrina. Ma Dio è giusto e non può commettere ingiustizie di nessun genere; per questo non ha accordato ai suoi ministri ed alla sua Chiesa un tale diritto che si sarebbe rivelato nei confronti degli altri cittadini di una nazione una evidente ingiustizia. Errano dunque i teologi papisti nell’affermare che i ministri e le istituzioni della chiesa cattolica romana hanno il diritto di essere esentati dal pagare i tributi all’autorità civile in virtù di un privilegio concessogli da Dio. E come sempre avviene ogni qual volta degli uomini che si dicono Cristiani e ministri della Chiesa di Dio si arrogano nei confronti dello Stato dei diritti inesistenti, essi vengono biasimati. E difatti, per citare un esempio tra i tanti, in un libro che parla dei Patti Lateranensi, scritto da parte non cattolica, prima dell’inizio dell’esposizione del Trattato e del Concordato del 1929 si leggono queste parole di avvertimento: ‘Pochi italiani conoscono ancora i Patti Lateranensi. Quello che segue è il testo integrale. Le parti in neretto sono quelle particolarmente lesive per la Costituzione italiana ed evidenziano i grossi privilegi e le ingerenze della chiesa romana’. E tra le parti in neretto ci sono anche l’art. 17 e l’art. 20 del Trattato, e la lettera H dell’art. 29 del Concordato.

Per quanto riguarda le parole di Gesù a Pietro con cui il Signore affermò che i figli sono esenti dai tributi va detto che con quelle parole Gesù non conferì ai suoi discepoli nessun diritto di non pagare le tasse perché con quella risposta volle soltanto dire a Pietro che lui quale Figlio del Re d’Israele aveva il diritto di non pagare i tributi che ogni Israelita dai vent’anni in su doveva pagare per il mantenimento del culto a Dio. Ma questo diritto lo aveva solo lui, e non anche Pietro con lui. Ma pure, Gesù volle pagare il tributo impostogli dagli uomini per non scandalizzarli e per questo mandò Pietro al mare a gettare l’amo perché avrebbe trovato nella bocca del primo pesce pescato il denaro da dare a coloro che riscuotevano le didramme. E non solo il denaro che doveva pagare lui, ma anche quello che doveva pagare Pietro infatti Gesù gli disse: “... prendi il primo pesce che verrà su; e, apertagli la bocca, troverai uno statère. Prendilo, e dàllo loro per me e per te”.[1533] Bell’esempio questo di Gesù di cosa significa non essere d’intoppo agli uomini. Per quanto riguarda infine il fatto dei sacerdoti d’Egitto le cui terre non furono acquistate da Giuseppe per Faraone (essi ricevevano infatti da Faraone una provvisione e vivevano di essa, per questo non venderono le loro terre), per cui essi non furono obbligati a pagare la quinta parte del reddito delle loro terre, si tenga presente che ciò concerneva dei sacerdoti pagani. Essi erano mantenuti da Faraone che era anche lui pagano. In quel comportamento di Faraone verso quei sacerdoti non si ravvisa nessun diritto divino, per i ministri del Vangelo o per le chiese, di non pagare le tasse sui propri beni.

IL FURTO

La dottrina dei teologi papisti

 

Il furto in alcuni casi non è un’ingiustizia.

‘Il furto in caso di necessità o il diritto dei poveri - E’ un problema classico e rivela bene lo spirito del cristianesimo, il quale rifiuta di dare un carattere assoluto al diritto di proprietà. Viene chiamato anche il diritto dei poveri. Bisogna distinguere due casi: la miseria e la semplice povertà. a) Vi è miseria quando mancano i beni necessari alla sopravvivenza e indispensabili per la vita fisica. Chi si trova in questa situazione ha la vita in pericolo. In questo caso, se non ha altri modi per uscire dalla miseria, non solo può, ma deve prendere il bene di cui ha immediatamente bisogno là dove si trova, salvo ovviamente presso chi è altrettanto o più misero di lui, senza commettere né furto, né ingiustizia. Addirittura, in questo caso, una terza persona può aiutare il bisognoso con i beni di un altro’.[1534]

Confutazione

Il furto è in abominio a Dio

 

La Scrittura dice: “Non rubare”.[1535] Questo lo dice al ricco e al povero, al savio e all’ignorante, ai Giudei e ai Gentili, insomma a tutti. Se da questo ordine fossero dispensati i miseri Dio avrebbe dei riguardi personali nei confronti dei miseri, ma il comando è anche per loro e se lo infrangono peccano perché il peccato è la trasgressione della legge.

Certo, la Scrittura dice che “non si disprezza il ladro che ruba per saziarsi quand’ha fame”,[1536] ma attenzione, la Scrittura non lo giustifica, perché subito dopo dice che “se è còlto, restituirà anche il settuplo, darà tutti i beni della sua casa”.[1537] Questo significa che anche la coscienza di chi ruba per fame accusa il ladro; perché mai infatti egli sarebbe disposto a riparare il danno fatto restituendo il settuplo o tutti i beni della sua casa se venisse colto? Non è forse perché capisce, in virtù della voce della sua coscienza, che egli sta facendo qualcosa di male? E poi non dice forse la sapienza anche che “il pane frodato è dolce all’uomo; ma, dopo, avrà la bocca piena di ghiaia”?[1538] Quindi anche chi ruba il pane dell’altro per sfamarsi alla fine sentirà il rimorso della coscienza dentro di lui. E questo perché egli ha peccato contro Dio, ed il salario del peccato è la morte. Pensate a Gesù nel deserto dopo che ebbe passato quaranta giorni senza mangiare; egli ebbe fame. Secondo la teologia romana egli avrebbe potuto sfamarsi rubando a qualcuno quello che gli bisognava per sopravvivere senza commettere un’ingiustizia! Ma che fece Gesù? Confidò nel Padre suo e lo aspettò, ed Egli mandò i suoi angeli a servirlo. Gesù in quell’occasione non si sarebbe mai permesso di rubare neppure una briciola al suo prossimo perché egli temeva ed amava Dio. Se egli avesse ragionato come ragionano i papi egli avrebbe peccato e non avrebbe potuto redimerci.

Ma come abbiamo visto per la teologia papista è lecito a qualcuno anche rubare per aiutare i bisognosi con ciò che ha rubato, perché anche questo non è un’ingiustizia. Ed anche qui dobbiamo dire che questa dottrina è dal diavolo e non da Dio perché il comando di non rubare vale in ogni circostanza della vita. Non si può rubare a qualcuno per potere supplire ai bisogni degli altri con la refurtiva perché la Scrittura dice: “Chi rubava non rubi più, ma s’affatichi piuttosto a lavorare onestamente con le proprie mani, onde abbia di che far parte a colui che ha bisogno”.[1539] Notate che è lavorando onestamente che si deve venire incontro ai bisognosi e non rubando agli altri. L’apostolo dice pure in un altro luogo che “se c’è la prontezza dell’animo, essa è gradita in ragione di quello che uno ha, e non di quello che non ha”[1540] o che ha per averlo rubato agli altri. In altre parole se siamo pronti ad aiutare il nostro prossimo la nostra prontezza sarà gradita agli occhi di Dio in base a quello che abbiamo ma anche che abbiamo ottenuto onestamente. Se nella legge era vietato di portare nella casa di Dio la mercede di una meretrice perché l’offerta era contaminata dal peccato (in questo caso dal peccato di fornicazione), perché mai dovrebbe essere gradita a Dio un offerta fatta al nostro prossimo bisognoso con del denaro o con altro rubato? Non sarebbe questa una contraddizione in cui sarebbe caduto Dio? No, Dio non è caduto in nessuna contraddizione perché vieta il rubare in qualsiasi circostanza e per qualsiasi motivo. Il fine non giustifica i mezzi per il cristiano. Vuoi aiutare il tuo prossimo, dice Iddio? Fallo onestamente, con i tuoi beni e non andare a rubare quelli degli altri. La Parola di Dio è chiara e non lascia spazio a opinioni di nessun genere. Ma noi vorremmo domandare a questi teologi papisti? Ma non avete mai letto che Dio ha detto: “Ama il tuo prossimo come te stesso”[1541] ed ancora che “l’amore non fa male alcuno al prossimo”?[1542] O che noi dobbiamo fare agli altri tutto quello che vogliamo che gli altri facciano a noi?[1543] Come potete dunque dire che rubare a qualcuno per aiutare i bisognosi sia lecito? E poi ancora: Ma non vi rendete conto che tenendo una simile condotta, anche se il fine è buono, non si finisce che far biasimare la dottrina e il nome di Dio? Ravvedetevi, smettete di ragionare in questa maniera perversa.

IL MONACHESIMO

La dottrina dei teologi papisti

 

E’ cosa buona e meritevole isolarsi dal mondo per darsi alla vita monastica.

Per monachesimo si intende la vita ascetica in comune o vita cenobitica nata in Oriente nel secolo quarto la quale si diffuse quasi contemporaneamente anche in Occidente.

Inizialmente il monachesimo era poco o male organizzato ma con Benedetto da Norcia esso ricevette una regola ben precisa, la cosiddetta regola di Benedetto che contribuì molto a sviluppare il monache­simo sia maschile che femminile. Lo stesso Benedetto costruì un monastero a Montecassino attorno al 529. Da questo monte, secondo Urbano II ‘quasi da paradisiaca fonte scaturì la veneranda istitu­zione dell’Ordine monastico’. Nel Medioevo questo monte arrivò ad essere paragonato al monte Sinai. Per ciò che concerne la regola di Benedetto da Norcia essa dice che il monaco deve rinunciare ad ogni bene materiale privato, rimanere casto e vivere nella più profonda povertà personale. Inoltre, per ciò che concerne le sue attività giornaliere esse sono la preghiera, la lettura e il lavoro.

Confutazione

Il monachesimo non è in armonia con l’insegnamento di Gesù Cristo

 

Il monachesimo non è biblico perché i credenti, secondo l’insegnamento del Signore, non sono chiamati a fare una vita da eremiti, nel deserto o su un monte, lontano dalle persone, ma sono invece chiamati a vivere in mezzo a questa generazione peccatrice ri­splendendo come luminari.

Questo lo ha detto Gesù quando disse ai suoi: “Voi siete la luce del mondo; una città posta sopra un monte non può rimaner nascosta; e non si accende una lampada per metterla sotto il moggio; anzi la si mette sul candeliere ed ella fa lume a tutti quelli che sono in casa. Così risplenda la vostra luce nel cospetto degli uomini, affinché veggano le vostre buone opere e glorifichino il Padre vostro che è ne’ cieli”.[1544]

Gesù stesso che era la luce del mondo visse in mezzo alla gente di questo mondo, il suo ministerio non lo adempì in un cantuccio di questo mondo, ma pubblicamente in mezzo ai peccatori. Mangiò e bevve assieme ai pubblicani e ai peccatori, insegnò per le stra­de, per le piazze, sui monti, sulle rive del mare di Galilea, nelle sinagoghe e nel tempio che erano i luoghi dove i Giudei si radunavano per udire la legge e i profeti.

Qualcuno dirà: ‘Ma anche Gesù si appartò sul monte con Giacomo, Giovanni e Pietro, anche lui si ritirava nei luoghi deserti!’ Sì, è vero, ma è altresì vero che in questi luoghi deserti egli non ci rimase tutta la sua vita come i monaci o le monache di clausura. Lui si ritirava in luoghi deserti per pregare secondo che è scritto: “Si ritirava ne’ luoghi deserti e pregava”,[1545] e: “Si ritirò in disparte sul monte per pregare”,[1546] ma poco dopo tornava nei paesi e nelle città per predicare l’Evangelo e guarire coloro che avevano bisogno di guarigione.

Anche noi siamo persuasi che è cosa buona di tanto in tanto appartarsi in luoghi solitari, lontani dal frastuono della città o del paese, per pregare o meditare o leggere la Parola di Dio; ma sentiamo sempre di dovere tornare in mezzo alla gente che non conosce il Signore per testimoniargli con le nostre parole e con le nostre opere l’Evangelo di Dio.

A che serve la lampada se dopo essere stata accesa viene messa sotto il letto? A nulla. Nella stessa maniera, che utile ne avranno le persone del mondo se i discepoli di Cristo si rifugiano in qualche luogo sperduto della terra per vivere da eremiti? Nessuno.

Ricordiamo poi che sia nei monasteri dei monaci che nei conventi delle monache, il fatto che essi devono rinunciare a sposarsi per vivere da persone caste, alimenta sia la fornicazione che la sodomia. Vi sono abbondanti fatti che comprovano tutto ciò.

Questa è una delle nefaste conseguenze del monachesimo. Tutto ciò ci insegna che ogni qual volta si viola la Parola di Dio e si stabiliscono precetti umani che voltano le spalle alla verità i frutti non possono che essere velenosi.

COLLANE, ANELLI, ORECCHINI, ECC.

La dottrina dei teologi papisti

 

E’ lecito alla donna mettersi addosso collane, anelli orecchini, ecc.

‘E’ vero che la Bibbia proibisce l’uso di collane, anelli, orecchini e qualsiasi altro tipo di ornamento? Non è vero. La Bibbia proibisce solamente l’uso degli ornamenti, che possono favorire l’orgoglio personale e il disprezzo dei poveri (Cfr Gn 41,42; Gdt 10,4)’.[1547] Il passo citato dal libro di Giuditta dice: ‘Poi si mise (Giuditta) i sandali, si adornò di collane, di braccialetti, di anelli, di orecchini, di tutti i suoi gioielli; si fece così bella da invaghire ognuno che la guardasse’. Oltre a questi passi Amatulli cita - in favore dell’ornamento esteriore - il passo nel libro del Cantico dei cantici che dice: ‘Le tue guance sono belle in mezzo alle collane, e il tuo collo è bello tra i filari di perle”;[1548] e quello che in Luca dice che il padre del figliuol prodigo al suo ritorno ordinò che si rivestisse con la veste più bella e gli si mettesse un anello al dito.[1549]

Confutazione

La Scrittura ordina che l’ornamento della donna non deve essere quello esteriore; perciò ella deve rigettare anelli, collane, orecchini, braccialetti, ecc.

 

L’apostolo Paolo dice a Timoteo: “Similmente che le donne si adornino d’abito convenevole, con verecondia e modestia: non di trecce e d’oro o di perle o di vesti sontuose, ma d’opere buone, come s’addice a donne che fanno professione di pietà”,[1550] e l’apostolo Pietro dice alle mogli: “Il vostro ornamento non sia l’esteriore che consiste nell’intrecciatura dei capelli, nel mettersi attorno dei gioielli d’oro, nell’indossar vesti sontuose, ma l’essere occulto del cuore fregiato dell’ornamento incorruttibile dello spirito benigno e pacifico, che agli occhi di Dio è di gran prezzo. E così infatti si adornavano una volta le sante donne speranti in Dio...”.[1551]

Come si può vedere Dio vuole che le donne non si mettano addosso né gioielli d’oro e né perle, e quindi condanna l’indossare collane, orecchini, braccialetti, anelli e così via.

Non è abbastanza chiara la Scrittura a tale riguardo? Sono proprio questi ornamenti (collane, orecchini, anelli, braccialetti ecc.) che favoriscono l’orgoglio secondo che è scritto nel libro del profeta Ezechiele: “La bellezza dei loro ornamenti era per loro fonte d’orgoglio”.[1552]

Perciò, o donne che professate la religione cattolica romana, sappiate che quando una donna si ravvede dai suoi peccati e crede in Gesù Cristo, diventa una figlia di Sara, ed ella deve smettere di indossare ogni sorta di gioielli; anche l’anello nuziale, il cui uso, oltre tutto, si basa su una superstizione.

CAPELLI, PANTALONI, VELO, INSEGNAMENTO

La dottrina dei teologi papisti

 

La donna può mettersi i pantaloni, e può insegnare, e non è obbligata a mettersi il velo sul capo quando prega.

‘Perché nella chiesa Cattolica le donne fanno cose che non vanno d’accordo con la Bibbia, come per esempio tagliarsi i capelli, usare i pantaloni, non coprirsi la testa con il velo, predicare, ecc.? Non tutto quello che si trova nella Bibbia è dottrina. La Bibbia contiene anche usanze, che non siamo obbligati a osservare’.[1553]

Confutazione

La Scrittura dice che la chioma è un onore per la donna, che si deve vestire da donna e con modestia e verecondia, che si deve coprire il capo quando prega o profetizza e che non le è permesso insegnare

 

Dalla risposta di Amatulli si evince chiaramente perché tutte quelle cose che le donne fanno nella chiesa cattolica romana e che sono vietate dalla Scrittura sono tranquillamente accettate.

La Scrittura insegna che la chioma per la donna è un onore e quindi il tagliarsi i capelli è un disonorarsi, come per l’uomo è disonorarsi farsi crescere la chioma sul capo.[1554] La Scrittura dice che la donna deve avere sul capo, a motivo degli angeli, un segno dell’autorità da cui dipende, e che questo segno è il velo.[1555] Per questo è scritto che la donna che prega o profetizza a capo scoperto disonora il suo capo.[1556] Se l’uomo disonora il suo capo, cioè Cristo, pregando o profetizzando con il capo coperto; così la donna disonora il suo capo, cioè l’uomo, se prega o profetizza con il capo scoperto.

La Scrittura insegna inoltre che la donna si deve vestire con verecondia e modestia; i pantaloni sono dei vestimenti indecenti per le donne. Nella legge è scritto che la donna non si deve vestire come l’uomo.[1557]

La Scrittura insegna infine che alla donna non è permesso insegnare infatti Paolo dice che non permette alla donna d’insegnare.[1558] Ricordiamo che Gesù scelse e mandò a predicare dodici uomini, e poi settanta; e non delle donne. Le donne lo seguivano e lo servivano.[1559] Chi ha orecchi da udire oda.

IL FUMO

La dottrina dei teologi papisti

 

Fumare non è peccato fino a che non si abusa del fumo.

‘E’ peccato fumare? Nella misura in cui il fumare causa danno alla salute, è peccato. Dire che non si può fumare nemmeno una sigaretta, è un’esagerazione, che serve soltanto per ‘favorire il proprio orgoglio’.[1560]

In altre parole, per la chiesa cattolica romana abusare del fumo è peccato, non abusarne non è peccato. Questo è confermato anche dal catechismo che dice: ‘La virtù della temperanza dispone ad evitare ogni sorta di eccessi, l’abuso dei cibi, dell’alcool, del tabacco e dei medicinali’.[1561]

Confutazione

Fumare, o poco o tanto, è peccato

 

Questo insegnamento cattolico è falso perché Paolo dice ai Corinzi: “Non sapete voi che siete il tempio di Dio, e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno guasta il tempio di Dio, Iddio guasterà lui; poiché il tempio di Dio è santo; e questo tempio siete voi”,[1562] ed ancora: “E non sapete voi che il vostro corpo è il tempio dello Spirito Santo che è in voi, il quale avete da Dio, e che non appartenete a voi stessi? Poiché foste comprati a prezzo; glorificate dunque Dio nel vostro corpo”.[1563] Un credente dunque si deve astenere totalmente dal fumare per non contaminare e danneggiare il suo corpo che è il tempio dello Spirito Santo. Dire che un credente almeno una sigaretta al giorno la può fumare, ma cinquanta sigarette non le può fumare è come dire che una bugia al giorno la si può dire, ma cinquanta no, insomma che mentire è lecito ma abusare della menzogna no.

IL BALLO

La dottrina dei teologi papisti

 

Il ballo in un clima di sano divertimento è ammesso.

E’ vero che è peccato ballare?’ Tutto dipende di che tipo di ballo si tratta. Se si realizza in un clima di disordine morale, è peccato; se si fa in un clima di sano divertimento, è buono’,[1564] dopo di che viene citato il passo della Scrittura in cui si dice che Davide e tutto Israele danzavano dinanzi a Dio a tutto potere.

Confutazione

Il ballo in un clima di ‘sano’ divertimento è una concupiscenza carnale da cui i santi si devono astenere

 

Questa risposta di Amatulli fa chiaramente capire che il ballo fatto in un clima di ‘sano’ divertimento è consentito dalla chiesa cattolica romana.

Ma che cosa si intende per clima di sano divertimento? Ritengo che basta osservare il clima che in un qualsiasi paese d’Italia regna quando arriva il giorno della festa del ‘patrono’ del paese per rendersene conto. Non è forse vero che in quei giorni i Cattolici respirano aria di sano divertimento? Certo che è così. Basta recarsi o dentro le sale parrocchiali o in altri casi fuori da esse in luoghi vicini al luogo di culto della chiesa cattolica e si vedranno le feste con ballo organizzate dalla chiesa cattolica romana con i soldi raccolti nel paese in onore del loro cosiddetto santo patrono. Per alcuni giorni musicisti e cantanti si alternano in questo clima di sano divertimento per intrattenere gli abitanti del paese con musiche di ogni genere; e sulla pedana montata davanti a loro una folla di Cattolici romani, giovani e vecchi, ballano al suono delle loro musiche. Ecco dunque il ballo fatto in un clima di sano divertimento di cui parla Amatulli Flaviano. Ma noi diciamo: Ma come si fa a paragonare il ballo di Davide e del popolo d’Israele davanti a Dio compiuto in quell’occasione del trasporto dell’arca dell’Eterno con questo ballo a cui si abbandonano i Cattolici romani? Si deve essere per forza di cose ciechi per farlo. Quel ballo compiuto da Davide e dal popolo era un ballo che esprimeva la loro gioia, ma anche la loro riconoscenza verso Dio perché l’arca dopo molto tempo veniva trasportata a Gerusalemme. E che quel ballo fosse qualcosa di gradito a Dio lo si capisce anche dal fatto che a motivo del fatto che Mical, moglie di Davide, disprezzò Davide perché lo vide saltare e danzare davanti a Dio, Dio punì Mical privandola di figli fino alla sua morte.[1565] Ma la stessa cosa non si può dire del ballo a cui si abbandonano i Cattolici romani in queste feste patronali. Esso infatti è un ballo prodotto dalla lascivia e dalla lussuria, insomma dalle concupiscenze carnali, per nulla espressione di gioia e di lode a Dio. Questo ballo lo si può paragonare un po’ alle danze a cui si abbandonarono gli Israeliti quando si fecero il vitello d’oro secondo che è scritto che Mosè quando scese dal monte “vide il vitello e le danze”.[1566] Sì perché come quelle danze erano fatte in onore del loro idolo così anche le danze dei Cattolici romani sono fatte in onore dei loro idoli; che però non hanno la forma del vitello d’oro, ma la forma di un personaggio umano che è diverso a secondo del luogo.

Come gli Israeliti si adagiarono per mangiare e bere e poi si alzarono per divertirsi, così fanno i Cattolici in queste occasioni; mangiano e bevono e poi si mettono a danzare a suon di musica rock, o disco, o altro, insomma si divertono come fecero gli Israeliti. Tutto ciò è in abominio a Dio perché non glorifica Dio.

Per ballo in clima di sano divertimento tollerato dalla chiesa cattolica romana si deve intendere anche quello che ha fatto recentemente un prete di Napoli. Eccone il resoconto tratto da un periodico cattolico: ‘Altri preti vanno in discoteca per parlare di Dio con i giovani; lui ha preferito trasformare il salone parrocchiale in una sala da ballo, per sottrarre i ragazzi ai rischi del sabato sera e per avvicinarli alla vita della comunità. Padre Mario Rega, 58 anni, religioso dei Pii Operai Catechisti Rurali, è l’inventore di questa nuova strategia pastorale per superare la barriera tra Chiesa e nuove generazioni: un’idea che - assicura - ha già prodotto frutti insperati, riportando tra i banchi della chiesa o nelle sale della catechesi decine di ragazzi e ragazze che prima rimanevano a debita distanza dalle porte del tempio. Siamo nel centro di Napoli, in via Toledo, nella storica chiesa di San Nicola alla Carità. Zona di confine tra la city degli affari e i ‘Quartieri spagnoli’, priva di luoghi di aggregazione per i giovani ma densa di pericoli per chi dispone soltanto della strada come passatempo. ‘Vedevo i ragazzi trattenersi per ore sulle panchine’, racconta il sacerdote, ‘e mi chiedevo come poter stabilire con loro un contatto’. Poi l’intuizione: usare il salone parrocchiale per fare trascorrere ai giovani delle serate di divertimento sicure, lontano da droga, alcol, incidenti stradali. Padre Rega acquista le luci e l’impianto di amplificazione, chiede aiuto per l’organizzazione ai ragazzi che frequentano assiduamente la parrocchia. A fine novembre la discoteca debutta, ed è subito successo...’.[1567] Ancora una volta dobbiamo constatare che per i preti vale sempre la massima dei Gesuiti ‘il fine giustifica i mezzi’. Mi pare che ogni confutazione sia superflua!

Con questo nostro discorso abbiamo voluto dimostrare che la differenza tra i due tipi di balli che fa Amatulli Flaviano non esiste; è solo un sofisma per giustificare i balli organizzati dalla chiesa cattolica romana. Sia quelli in onore del loro ‘santo patrono’ di turno e sia quelli organizzati alla maniera di quel prete di Napoli e sia altri.

D’altronde, la chiesa cattolica romana si deve pur cattivare in qualche maniera l’amicizia e il favore dei suoi fedeli che amano divertirsi, altrimenti questi non si faranno più vedere nei suoi luoghi di culto con grave danno economico per le sue casse. Quindi alla radice di questi vani ragionamenti c’è ancora una volta l’amore del denaro.

 

LE PRESCRIZIONI DELL’ASSEMBLEA DI GERUSALEMME

La dottrina dei teologi papisti

 

Le decisioni prese dall’assemblea di Gerusalemme sono cadute da sé e perciò non sono più valide.

La chiesa cattolica romana insegna che la delibera dell’assemblea di Gerusalemme di doversi astenere dal sangue, dalle cose soffo­cate e dalle cose sacrificate agli idoli oggi non è più valida.

Nel 1442 il concilio di Firenze ha infatti deliberato quanto segue: ‘Anche la proibizione degli apostoli delle cose immolate ai simulacri, del sangue e delle carni soffocate era adatta al tempo in cui dai giudei e gentili, che prima vivevano praticando diversi riti e secondo diversi costumi, sorgeva una sola chiesa. In tale modo giudei e gentili avevano osservanze in comune e l’occasione di trovarsi d’accordo in un solo culto e in una sola fede in Dio, e veniva tolta materia di dissenso (...) Ma quando la religione cristiana si fu talmente affermata da non esservi più in essa alcun Giudeo carnale, ma anzi tutti d’accordo erano passati alla chiesa, condividendo gli stessi riti e cerimonie del Vangelo, persuasi che per quelli che sono puri ogni cosa è pura, allora venne meno la causa di quella proibizione, e perciò anche l’effetto’.[1568]

A questa dichiarazione aggiungiamo le seguenti conferme.

Nel periodico Alleluja Francis A. Sullivan (teologo del movimento carismatico cattolico) dopo avere esposto gli articoli di fede della Chiesa Cristiana Evangelica Penteco­stale così come sono esposti nel periodico Risveglio Pentecosta­le del Novembre 1953, tra i cui articoli vi è il seguente: ‘Noi crediamo che è necessario astenersi dalle cose sacrificate agli idoli, dal sangue, dalle cose soffocate e dalla fornicazione, in ossequio a quanto decretato dallo Spirito santo nel primo Concilio di Geru­salemme’, facendo notare le divergenze più importanti che esisto­no tra la fede pentecostale e quella cattolica afferma: ‘L’insi­stenza dei pentecostali sulla obbligatorietà permanente dei ‘decreti’ del Concilio di Gerusalemme è un esempio di interpreta­zione ‘fondamentalistica’ della Sacra Scrittura. Tali prescrizio­ni hanno avuto ragione nella situazione della chiesa primitiva, quando c’erano molti cristiani convertiti dal giudaismo che ancora osservavano la Legge Mosaica. Cambiata la situazione, non hanno più ragione o forza per quanto riguarda le prescrizioni dietetiche’.[1569]

Nella Bibbia cattolica (Ediz. Paoline del 1971) in una nota che parla dell’assemblea di Gerusalemme si legge: ‘Giacomo, dopo avere confermato le parole di Pietro con la Scrittura (Am. 9,11-12), propone delle prudenziali misure disciplinari che, avendo il fine provvisorio di rendere più facili le relazioni fra i Gentili e i Giudei, caddero da sé, quando la fusione fu completa’. Notate che in questo caso anche l’astensione dalla fornicazione è inclusa tra le misure disciplinari che caddero da sé; mentre nelle parole di Sullivan sopra esposte la fornicazione resta tuttora valida.

Nella New Catholic Encyclopedia (1967) alla voce ‘Gerusalemme, Concilio di’ si legge a riguardo delle ingiunzioni date a quel Concilio quanto segue: ‘Fuori dagli Atti nessuna menzione di esse è fatta; Paolo non si riferisce mai ad esse (cf. 1 Cor 8.1-10.30) nelle sue Epistole, un indicazione che esse erano solo di impor­tanza locale e temporanea’.

Quindi, per ricapitolare; quello che parve bene allo Spirito Santo e agli apostoli e agli anziani di imporre a noi Gentili per il nostro bene non è più valido oggi perché le circostanze sono cambiate.

Confutazione

Le decisioni dell’assemblea di Gerusalemme devono essere ancora osservate da tutti i santi di fra i Gentili

 

L’insegnamento papista sopra esposto è falso; questo significa fare dire alla Parola di Dio quella che essa non dice. Ma che c’è da meravigliarsi di tutto ciò? La chiesa cattolica ci ha abituato a questo.

Quello che fa indignare è che la decisione di un’assemblea che sappiamo con certezza essere giusta perché fu lo Spirito Santo a fargliela prendere venga reputata sorpassata (è da tenere presente che molti teologi papisti per la fornicazione da cui bisogna astenersi secondo l’assemblea di Gerusalemme intendono il matrimonio tra parenti prossimi o tra consanguinei),[1570] mentre le decisioni dei loro passati e più recenti concili pieni di intrighi di ogni genere e da dove sono scaturite eresie di ogni genere quelle vengono proclamate ai quattro venti come infallibili, come stabili nei secoli dei secoli e vengono accompagnate dagli anatemi contro chi ardirà trasgredirle o disconoscerle. Basta prendere il testo del conci­lio di Trento che viene ancora citato a più non posso per rendersi conto di questo. Ecco quello a cui si assiste nella chiesa cattolica!

Ma veniamo alla confutazione di quest’altra eresia della chiesa cattolica romana. Risponderemo punto per punto alle loro obbie­zioni per dimostrare quanto vane esse siano.

1) Queste misure disciplinari caddero da sé quando la fusione fra Giudei e Gentili fu completa.

Noi domandiamo: ‘E quando la fusione fu completa?’ E’ bene ricor­dare che la fusione tra Giudei e Gentili era già completa quando ci fu l’assemblea di Gerusalemme. Con ciò vogliamo dire che c’erano già chiese formate da Giudei convertiti e Gentili conver­titi che con la grazia di Dio andavano avanti nelle vie di Dio. E questo perché Cristo mediante la sua morte aveva fatto dei due popoli uno solo ed aveva abbattuto il muro di separazione che c’era tra Giudei e Gentili con l’abolire nella sua carne la causa dell’inimicizia, la legge fatta di comandamenti in forma di precetti. Non è che si dovette aspettare l’assemblea di Geru­salemme per vedere Giudei credenti e Gentili credenti andare d’accordo; perché questo accordo c’era già in Cristo: essi erano fratelli membri di uno stesso corpo. Ad Antiochia di Siria per esempio c’erano sia Giudei che Gentili che avevano creduto;[1571] come anche ad Antiochia di Pisidia[1572] ed Iconio[1573] dove erano stati a predicare Paolo e Barnaba nel loro viaggio missionario.

Ma allora per quale ragione si riunì quell’assemblea a Gerusalemme? Perché dopo che Paolo e Barnaba erano tornati ad Antiochia dalla loro missio­ne in cui Dio aveva aperto la porta della fede ai Gentili, dei Giudei venuti dalla Giudea si misero a insegnare che senza la circoncisione secondo il rito di Mosè non si poteva essere salva­ti; al che ne nacque una grande discussione tra Paolo e Barnaba e costoro: il motivo è evidente. Insegnare la circoncisione signi­ficava annullare la grazia di Dio perché la salvezza non era più per grazia ma per opere. Fu deciso allora che Paolo e Barnaba e altri fratelli salissero a Gerusalemme per discutere la questione con gli apostoli e gli anziani. Allora in quell’incontro fu deciso che ai fratelli di fra i Gentili non si doveva imporre né la circoncisione e né l’osservanza della legge per esser salvati perché questo avrebbe significato tentare Dio, e porre sul collo dei discepoli un giogo pesante insopportabile al posto del giogo leggero di Gesù Cristo. Ma quantunque non fu imposta ai Gentili l’osservanza della legge per la loro salvezza, pure parve bene allo Spirito Santo imporre loro di astenersi dalla fornicazione, dove per fornicazione si intende il rapporto carnale illecito con una donna che non è la propria moglie,[1574] dalle cose soffocate, dalle cose sacrificate agli idoli e dal sangue; che erano tutte cose che erano contenute nella legge di Mosè. Vorrei fare notare che queste prescrizioni furono deliberate dallo Spirito Santo innanzi tutto perché gli apostoli dissero: “E’ parso bene allo Spirito Santo ed a noi...”,[1575] il che fa chiaramente capire che quelle prescrizioni non possono essere un giogo pesante per coloro che sono sotto la grazia, e difatti non lo sono. Noi Gentili di nascita non abbiamo nessuna difficoltà a riconoscerlo.

Va notato poi che il fatto che furono date ai Gentili solo queste prescrizioni contenute nella legge, non significa che altre pre­scrizioni come per esempio quella di non consultare gli spiriti, o gli indovini, ed altre di natura comportamentale o morale non dovessero essere osservate dai Gentili, ma solo che in quell’oc­casione lo Spirito Santo volle porre l’attenzione su quelle prescrizioni necessarie, probabilmente perché esse erano tra le più trasgredite fra i Gentili e perciò quando i Gentili si con­vertivano a Cristo erano tentati a continuare a trasgredirle con molta facilità.

Ma c’è ancora qualcosa da dire: Prendiamo anche solamente le prescrizioni che riguardano l’alimentazione, dato che alcuni commentatori cattolici intendono la fornicazione bandita dall’assemblea come la intendiamo noi e riten­gono perciò che il suo divieto sia ancora valido, per quale motivo oggi non dovrebbero essere più valide quando ancora oggi ci sono Giudei che credono e Gentili che credono e in qualsiasi Chiesa dove si trovano assieme possono sempre insinuarsi dei Giudei che dicono che se i Gentili non si fanno circoncidere e non osservano la legge di Mosè non possono essere salvati e si ripresenterebbero così le stesse circostanze che si verificarono ad Antiochia e a Gerusalemme? Non è forse questo un motivo per cui è errato ritenere cadute quelle prescrizioni dietetiche quando quelle stesse circostanze possono ripresentarsi in ogni tempo? Ed ancora: Ma perché ritenerle cadute quando ancora oggi molti tra i Gentili in tutto il mondo uccidono gli animali soffo­candoli, sacrificano carni e altri cibi agli idoli, e mangiano il sangue esattamente come facevano i Gentili ai giorni degli apo­stoli? E’ vero che quelle prescrizioni dietetiche furono date ufficialmente ai Gentili in quella circostanza particolare per appianare la via dato che era venuto a crearsi quel grave proble­ma ma forse che lo Spirito Santo volle dare quelle prescrizioni solo per un tempo in attesa di tempi ‘migliori’? Affatto; se fosse stato così lo avrebbe detto. Anche gli apostoli avrebbero sottolineato con forza che quelle prescrizioni dietetiche non avrebbero più avuto forza o ragione di essere quando Giudei e Gentili si sarebbero ben amalgamati. Ma ecco che sono arrivati i teologi cattolici romani e con un sofisma hanno cancellato la validità di quelle prescrizioni. Siamo fondamentalisti per loro perché interpretiamo la Scrittura in maniera fondamentalistica; ma se è per questo allora siamo in buona compagnia perché lo erano anche gli apostoli dei ‘fondamentalisti’. L’osservanza delle prescrizioni dietetiche date a Gerusalemme non è neppure qualcosa lasciata alla volontà dei credenti o come dicono altri ‘una questione di libertà cristiana’; perché esse non sono facoltative per cui chi vuole le può osservare e chi non vuole no; essa ci è imposta dallo Spirito Santo. Qui non si tratta di considerare personalmente la carne di coniglio impura e di astenersi da essa, o di non volere bere vino per delle opinioni personali, perché in questi casi uno è libero di agire in base alla sua convinzione personale e non deve essere giudicato (sempre che non lo imponga ad altri); qui si tratta di trasgredire dei comandamenti dati per mezzo dello Spirito Santo, che pur concernendo cibi sono molto importanti tanto che vengono messi assieme alla prescrizione di astenersi dalla fornicazione. Nessuno dunque vi inganni fratelli.

2) Quelle prescrizioni dietetiche avevano valore solo localmente.

E’ vero che la lettera che gli apostoli e gli anziani scrissero fu indirizzata ai fratelli di fra i Gentili che si trovavano in Antiochia, in Siria e in Cilicia perché così dice il testo;[1576] ma questo non significa che il suo contenuto avesse valore solo per i credenti che abitavano in quelle zone. Sarebbe come dire che l’epistola di Paolo ai Colossesi era valida solo per i credenti di Colosse o quella ai Romani solo per i santi di Roma solo perché non c’è scritto che esse erano rivolte a tutti i santi sulla faccia della terra. E’ chiaro che quelle lettere furono scritte in una particolare circostanza a Chiese specifiche, ma il loro messaggio è valido per tutti i credenti di tutte le età: la stessa cosa va detta di quella lettera scritta a quei credenti di quelle zone sopra menzionate. E che sia così è con­fermato dal fatto che dopo che quella lettera fu portata ad Antiochia e letta là; quando Paolo e Sila partirono per visitare i fratelli nelle città dove erano stati precedentemente Paolo e Barnaba è scritto che “Passando essi per le città, trasmisero loro, perché le osservassero, le decisioni prese dagli apostoli e dagli anziani che erano a Gerusalemme”.[1577] Per quali città? Derba, Listra, Iconio, Antiochia di Pisidia, ed altre che non facevano parte né della Siria e né della Cilicia che sono le zone di cui si parla nella lettera redatta da quei di Gerusalemme. Abbiamo un’ulteriore conferma che quelle prescrizioni erano valide anche per i credenti di altre zone nel fatto che nella Chiesa di Tiatiri vi era una donna di nome Jezabel che insegnava e seduceva i servitori del Signore affinché mangiassero cose sacrificate agli idoli,[1578] e nella Chiesa di Pergamo quelli che professavano la dottrina di Balaam insegnando a mangiare le cose sacrificate agli idoli;[1579] in ambedue questi casi il Signore riprova il mangiare le cose sacrificate agli idoli da parte di suoi discepoli. E badate che Tiatiri e Pergamo erano delle città dell’Asia,[1580] e non della Siria o della Cilicia.

Le ragioni che adducono dunque i Cattolici per questo ‘cadere da sé’ delle prescrizioni dietetiche sono esse che non hanno forza, sono esse che non hanno ragione di essere. Ribadisco con forza che noi credenti in Cristo Gesù di fra i Gentili in ubbidienza allo Spirito Santo dobbiamo osservare e fare osservare ancora oggi le prescrizioni date per noi Gentili perché esse sono ancora valide, tali e quali come erano ai giorni dell’assemblea di Gerusalemme. Ma anche che in ubbidienza allo Spirito Santo dobbiamo rigettare tutti quei precetti dietetici e non dietetici che si oppongono alla Parola di Dio presi da tutti i concili della storia del cristianesimo, che sono tanti.

3) L’apostolo Paolo nelle sue epistole non si riferisce mai alle prescrizioni dietetiche dell’assemblea di Gerusalemme perciò esse debbono essere ritenute decadute. In particolare i sostenitori di questa tesi fanno presente il fatto che quando Paolo parla ai Corinzi delle cose sacrificate agli idoli egli permette ai credenti di quella città di mangiarle il che va apertamente contro il decreto di Gerusalemme.

Ma le cose non stanno affatto così; perché leggendo attentamente le parole di Paolo ai Corinzi su questa specifica questione si noterà che egli non voleva che i credenti mangiassero le cose sacrificate agli idoli. Per confermare ciò facciamo notare le seguenti affermazioni di Paolo.

-  “Alcuni, abituati finora all’idolo, mangiano di quelle carni com’essendo cosa sacrificata a un idolo; e la loro coscienza, essendo debole, ne è contaminata”.[1581] Quindi nella Chiesa di Corinto c’erano alcuni credenti che continuavano a mangiare delle cose sacrificate agli idoli e la loro coscienza ne veniva contaminata da questo atto.

-  “Io dico che le carni che i Gentili sacrificano, le sacrificano ai demonî e non a Dio; or io non voglio che abbiate comunione coi demonî”;[1582] quindi Paolo era persuaso che per un credente mangiare delle carni sacrificate agli idoli significava avere comunione con i demoni perché quelle carni erano contaminate.

Per quanto riguarda le affermazioni di Paolo secondo le quali i credenti potevano mangiare tutto ciò che vendevano al macello e tutto quello che veniva posto davanti a loro dagli increduli se invitati presso di loro,[1583] diciamo questo: con esse Paolo non ha contrastato affat­to il decreto di Gerusalemme perché egli ha detto solo di mangia­re ciò che viene venduto al macello o che ci viene messo davanti da persone del mondo senza fare inchieste; notate il “senza fare inchieste”;[1584] e quindi quand’anche quelle carni fossero state sacri­ficate agli idoli, noi non sapendo nulla di ciò, non abbiamo comunione con i demoni, perché ci accostiamo a quelle carni non come se fossero cose sacrificate agli idoli ma come un qualsiasi tipo di cibo.

Altra cosa invece è se noi sapendo che quelle carni sono sacrificate agli idoli ci accostiamo ad esse ritenendo che quelle carni se mangiate possano esserci di qualche utilità spirituale; allora in quel caso noi avremmo comunione con i demoni e provocheremmo Dio a gelosia. Perciò è sbagliato pensare che Paolo con quelle parole abbia voluto dimostrare che il decre­to di Gerusalemme riguardante le carni sacrificate agli idoli era stato solo circoscritto ad un tempo e ad un luogo.

LA CREAZIONE DELL’UOMO

La dottrina dei teologi papisti

 

L’uomo discende dai bruti.

Pio XII (1939-1958) nell’enciclica Humani Generis (1950) affermò quanto segue: ‘Il Magistero della Chiesa non proibisce che in conformità dell’attuale stato delle scienze e della teologia, sia oggetto di ricerche e discussioni, da parte dei competenti in tutti e due i campi, la dottrina dell’evoluzionismo, in quanto cioè essa fa ricerche sull’origine del corpo umano, che proverreb­be da materia organica preesistente (la fede cattolica ci obbliga a ritenere che le anime sono state create immediatamente da Dio)’. Come potete vedere in questa enciclica l’evoluzione non venne affatto condannata, ma venne implicitamente ammessa sia pure come ipotesi e con prudenza. Il fatto che anche i teologi furono incoraggiati a fare delle ricerche e a discuterne dimostrò certa­mente un certo favore della chiesa cattolica verso questa teoria dell’evoluzione. Sono passati quasi cinquanta anni da quella enciclica; come stanno oggi le cose? Stanno che la chiesa cattolica romana insegna l’evoluzione dell’uomo cioè che l’uomo deriva da esseri inferio­ri o da bruti. Ma non è un evoluzione che esclude l’atto creativo di Dio ma un evoluzione che presuppone la creazione. Ecco infatti quanto ha affer­mato Giovanni Paolo II in un Simposio su Fede cristiana e teoria dell’evoluzione: ‘Una fede rettamente compresa nella creazione e un insegnamento rettamente inteso dell’evoluzione non creano ostacoli (...) L’evoluzione infatti presuppone la creazione; la crea­zione si pone nella luce dell’evoluzione come un avvenimento che si estende nel tempo - come una creatio continua - in cui Dio diventa visibile agli occhi del credente come creatore del cielo e della terra’.[1585] Questo tipo di evoluzione sostenuto dalla chiesa romana è chiamato evoluzionismo antropologico mitigato e si differenzia dall’evoluzionismo antro­pologico radicale di Lamarck, di Darwin e di Haeckel e professato da molti biologi, perché esso afferma che l’evoluzio­ne è ristretta solo all’origine del corpo umano (giacché l’anima è creata direttamente da Dio) mentre quello radicale afferma che l’evolu­zione dell’uomo comprende anche l’anima. Ma nella sostanza che cosa dice questo tipo di evoluzionismo sostenuto dalla chiesa romana? Questo; che Dio mediante uno speciale intervento sia causa principale del corpo umano, ma si è servito di un bruto come di materia e strumento. In altre parole, come dice Fiorenzo Facchini, ‘l’uomo è frutto, a un tempo, dell’evoluzione biologica e di un concorso particolare creativo di Dio’, perché si è evolu­to da un essere inferiore creato da Dio. Uno studioso cattolico, per spiegare questo concetto, ha affermato: ‘Non discendiamo dai bruti, ma ascendiamo da essi’. Quindi a distanza di circa mezzo secolo dall’enciclica Humani Generis di Pio XII l’evoluzione non è più una semplice ipotesi ma una verità da abbracciare a braccia aperte che non si deve mettere in dubbio: ecco come recentemente Giovanni Paolo II ha posto fine ad ogni dubbio: ‘L’Enciclica Humani generis considerava la dottrina dell’‘evoluzionismo’ un’ipotesi seria, degna di una ricerca e di una riflessione approfondite al pari dell’ipotesi opposta (...) Oggi, circa mezzo secolo dopo la pubblicazione dell’Enciclica, nuove conoscenze conducono a non considerare più la teoria dell’evoluzione una mera ipotesi. E’ degno di nota il fatto che questa teoria si sia progressivamente imposta all’attenzione dei ricercatori, a seguito di una serie di scoperte fatte nelle diverse discipline del sapere’.[1586]

Confutazione

L’uomo fu fatto da Dio a sua immagine e somiglianza, e quindi non fu mai un bruto

 

Siamo veramente disgustati nel vedere come questa chiesa, che si dice cristiana ed afferma di avere nel suo magistero un’interprete infallibile della Scrittura, cerchi di conci­liare le ipotesi scientifiche con la Parola di Dio finendo così per dare un altro significato alla creazione dell’uomo così come è descritta ed insegnata dalla sacra Scrittura.

Questo atteggia­mento della chiesa cattolica romana nei confronti di questa dot­trina diabolica che è l’evoluzionismo è l’ennesima dimostrazione del disprezzo che essa nutre verso la Parola di Dio. Passiamo ora alla distruzione di questi ragionamenti che si elevano contro la conoscenza di Dio.

Nel libro della Genesi è scritto: “E l’Eterno Iddio formò l’uomo dalla polvere della terra, gli soffiò nelle narici un alito vitale, e l’uomo divenne un’anima vivente... L’Eterno Iddio prese dunque l’uomo e lo pose nel giardino d’Eden perché lo lavorasse e lo custodisse. E l’Eterno Iddio diede all’uomo questo comandamento: Mangia pure liberamente del frutto d’ogni albero del giardino; ma del frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male non ne mangiare; perché, nel giorno che tu ne mangerai, per certo morrai... E l’Eterno Iddio avendo formato dalla terra tutti gli animali dei campi e tutti gli uccelli dei cieli, li menò all’uomo per vedere come li chiamerebbe, e perché ogni essere vivente portasse il nome che l’uomo gli darebbe. E l’uomo dette de’ nomi a tutto il bestiame, agli uccelli dei cieli e ad ogni animale dei campi..”.[1587]

La Scrittura è chiara; Dio il sesto giorno fece l’uomo dalla polvere della terra. Non può essere vero quindi in nessuna manie­ra che l’uomo si sia evoluto con il tempo da dei bruti innanzi creati da Dio fino a diventare quell’essere che oggi noi cono­sciamo perché in questo caso Dio avrebbe formato l’uomo da della materia vivente e non più da materia inorganica come dice la Scrittura. In altre parole l’uomo non può essere il frutto di un evoluzione biologica da materia vivente perché la materia da cui Dio trasse l’uomo non era materia organica ma semplice polvere (ed in quella torna l’uomo quando muore secondo che disse Dio: “Mangerai il pane col sudore del tuo volto, finché tu ritorni nella terra donde fosti tratto; perché sei polvere, e in polvere ritornerai”).[1588] Inoltre va notato che benché anche gli animali della terra, e quindi anche tutte le specie di scimmie, furono anch’essi creati il sesto giorno l’uomo fu formato il sesto giorno con un atto creativo ben distinto; quindi la scimmia fu fatta scimmia, e l’uomo fu fatto uomo. A ciò aggiungiamo il fatto che Dio quando creò l’uomo disse: “Facciamo l’uomo a nostra immagine e a nostra somiglianza...”;[1589] perché anche questo conferma che l’uomo non può in nessuna maniera derivare da un essere inferiore animale, perché appunto fu fatto ad immagine e somiglianza di Dio subito, all’istante. Non è quindi che prima Dio formò la scimmia e poi la fece evolvere, nel corso di non si sa quanti millenni o milioni di anni, fino a farla diventare uomo fatto a sua immagine e somiglianza; no, Dio fece subito l’uomo a sua immagine e somiglianza.

Ed infine aggiungiamo che Dio quando fece l’uomo gli parlò, quindi l’uomo aveva la facoltà di intendere, e poi che gli menò gli animali affinché lui li chiamasse per nome il che ci fa capire che egli era dotato di intelligenza. Questo ancora esclude qualsiasi forma di evoluzione. Ma veniamo al nocciolo della questione: perché voler negare che Dio abbia creato distintamente dagli esseri animali un essere umano tale e quale a quello che noi conosciamo oggi traendolo dalla polvere della terra in un tempo breve se non in pochi istanti? Perché volere affermare questa ‘creatio continua’? Noi riteniamo che la ragione per cui la chiesa cattolica romana si sia aperta alla teoria evolutiva è perché quello che è scritto nella Genesi sulla creazione dell’uomo è diventato all’improvviso, dinanzi alle ricerche scientifiche, troppo semplice per essere vero, ed in aperto contrasto con quello che dicono gli scienziati sulla origine dell’uomo, così in netto contrasto che se avesse conti­nuato ad insegnare una creazione dell’uomo che escludeva qualsia­si forma di evoluzionismo avrebbe finito coll’essere dichiarata contraria alla ragione umana ed alla scienza, e così via. Perciò essa ha cercato il compromesso; che consiste da un lato in una negazione parziale dell’evoluzionismo (cioè di quello che dice che l’anima deriva dalla materia e non è stata infusa nell’uomo da Dio) e dall’altro nell’affermazione che Dio ha creato un essere inferiore, un bruto, da cui col tempo ha fatto evolvere l’essere umano; e tutto questo finisce coll’annullare il chiaro insegnamento della Parola di Dio. Ennesima chiara prova questa che quando si cerca di piacere agli uomini anziché a Dio, quando si decide di conformarsi al presente secolo, si finisce col mettersi contro la Parola di Dio e quindi contro Dio. Badate dunque a voi stessi fratelli affinché anche voi non cadiate nello stesso errore; rimanete attaccati alla Parola di Dio. Non cercate di adeguarla alle teorie degli uomi­ni; ma credetela anche se le cose che essa dice vi paiono andare contro la ragione e contro la logica umana.

I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE

La dottrina dei teologi papisti

 

I sei giorni della creazione sono ere geologiche.

‘Non dobbiamo già credere che Dio abbia creato il mondo in una settimana, che nel sesto giorno di questa settimana abbia creato l’uomo; Dio non creò il mondo in un attimo come ora lo vediamo, ma dopo creata la materia la fece ordinare e disporre nel corso di secoli innumerevoli, lunghi periodi geologici’.[1590]

Confutazione

I sei giorni della creazione sono giorni di 24 ore

 

Anche questo insegnamento papista è falso perché la Scrittura ci dice chia­ramente che i giorni della creazione sono letterali infatti essa dice alla fine di ognuno dei sei giorni: “Così fu sera, poi fu mattina”,[1591] e non lunghe ere geologiche. Che poi le cose stanno così lo fece capire chiaramente Dio quando promulgò l’ordine di osservare il sabato; egli disse infatti: “Lavora sei giorni e fà in essi ogni opera tua; ma il settimo è giorno di riposo, sacro all’Eterno, ch’è l’Iddio tuo; non fare in esso lavoro alcuno.... poiché in sei giorni l’Eterno fece i cieli, la terra, il mare e tutto ciò ch’è in essi, e si riposò il settimo giorno...”.[1592]

IL RITORNO DI CRISTO

La dottrina dei teologi papisti

 

Al ritorno di Cristo i credenti viventi morranno e risorgeranno assieme a coloro che erano già morti, e non inizierà nessun regno millenario.

Nel Nuovo Manuale del Catechista si legge: ‘Gesù Cristo tornerà visi­bilmente su questa terra alla fine del mondo per giudicare i vivi e i morti, ossia tutti gli uomini, buoni e cattivi (...) Insegnandoci che nostro Signore Gesù Cristo verrà a giudicare tutti, i vivi ed i morti, il Catechismo ci spiega pure che per morti qui intende i cattivi, e per vivi i buoni’.[1593]

Che cosa significa tutto ciò? Che secondo la dottrina cattolica quando Cristo tornerà, non inizierà il millennio durante il quale i santi regneranno con lui sulla terra; e difatti essi rigettano il millennio come periodo di mille anni durante il quale Cristo regnerà sulla terra con i suoi santi. Pasquale Lorenzin in Teologia dogmatica, parlando del millenarismo sorto nei primi tempi della Chiesa, lo chiama eresia.[1594]

Ma c’è un’altra cosa attorno al ritorno di Cristo che rigettano i Cattolici è cioè il fatto che al ritorno di Cristo i credenti viventi sulla terra non morranno. Ecco come si esprime Pasquale Lorenzin nel suo libro: ‘Tutte le ipotesi circa il tempo della venuta di Gesù sono senza fondamento. Una sola cosa è certa: alla venuta di Gesù non vi saranno uomini viventi in terra (..) Non vi è dubbio quindi che tutti i nati di Adamo pagheranno il tributo alla morte, e dalle ceneri dell’uomo disciolto, l’onnipotenza divina farà rinascere la nuova e gloriosa vita’.[1595]

Quindi alla venuta di Cristo per i teologi papisti tutti i credenti moriranno fisicamente.[1596] E per sostenere ciò essi si appoggiano su Agostino che disse: ‘Riteniamo che anche quanti il Signore troverà vivi in quel breve spazio di tempo subiranno la morte e acquisteranno l’immortalità..’.[1597]

Confutazione

Quando Gesù tornerà i santi viventi non morranno ma saranno mutati, ed inizierà su questa terra un regno millenario

 

Nella lettera di Paolo ai Tessalonicesi è scritto: “Poiché questo vi diciamo per parola del Signore: che noi viventi, i quali saremo rimasti fino alla venuta del Signore, non precedere­mo quelli che si sono addormentati; perché il Signore stesso, con potente grido, con voce d’arcangelo e con la tromba di Dio, scenderà dal cielo, e i morti in Cristo risusciteranno i primi; poi noi viventi, che saremo rimasti, verremo insiem con loro rapiti sulle nuvole, a incontrare il Signore nell’aria; e così saremo sempre col Signore”.[1598]

Ed in una lettera ai Corinzi si legge: “Non tutti morremo, ma tutti saremo mutati, in un momento, in un batter d’occhio, al suon dell’ultima tromba”.[1599] E’ chiaro quindi come la luce del sole che alla venuta di Cristo i morti in Cristo risusciteranno, e i credenti viventi che saranno rimasti fino alla sua venuta non vedranno la morte ma saranno solo mutati. E’ decretato quindi che alla venuta di Cristo ci sia una parte della Chiesa di Dio che non gusterà la morte fisica. La venuta di Cristo precederà e darà inizio al millennio, cioè ad un regno millenario sulla terra durante il quale Cristo e i suoi regneranno. Nel libro dell’Apocalisse è scritto infatti: “E vidi le anime di quelli che erano stati decollati per la testimonianza di Gesù e per la parola di Dio, e di quelli che non aveano adorata la bestia né la sua immagine, e non aveano preso il marchio sulla loro fronte e sulla loro mano; ed essi tornarono in vita, e regnarono con Cristo mille anni. Il rimanente dei morti non tornò in vita prima che fosser compiti i mille anni. Questa è la prima risurrezione. Beato e santo è colui che partecipa alla prima risurrezione. Su loro non ha potestà la morte seconda ma saranno sacerdoti di Dio e di Cristo e regneranno con lui quei mille anni”.[1600] Dopo il millennio (durante il quale Satana sarà legato) Satana sarà sciolto e sedurrà le nazioni che si raduneranno contro il campo dei santi e la città diletta ma il fuoco di Dio scenderà dal cielo e le consumerà. Poi ci sarà la risurrezione degli empi che saranno giudicati secondo le loro opere.[1601]

I NUOVI CIELI E LA NUOVA TERRA

La dottrina dei teologi papisti

 

Questo cielo e questa terra non saranno annichiliti, ma solo trasformati.

I teologi papisti negano la distruzione di questo cielo e di questa terra difatti affermano; ‘Il mondo presente non sarà distrutto, ma rinnovato, per essere degna sede degli eletti... ‘.[1602] A sostegno di questa dottrina citano ancora una volta Agostino che ha detto: ‘Una volta compiuto questo giudizio, allora questo cielo e questa terra cesseranno d’esistere e cominceranno ad esistere un cielo nuovo e una terra nuova; infatti questo mondo passerà per una trasformazione delle cose, non per un totale annientamento’.[1603]

Confutazione

Questo cielo e questa terra si dissolveranno e al loro posto Dio ne creerà altri migliori

 

La Scrittura dice invece: “Ma il giorno del Signore verrà come un ladro; in esso i cieli passeranno stridendo, e gli elementi infiammati si dissolveranno, e la terra e le opere che sono in essa saranno arse. Poiché dunque tutte queste cose hanno da dissolversi, quali non dovete voi essere, per santità di condotta e per pietà, aspettando e affrettando la venuta del giorno di Dio, a cagion del quale i cieli infocati si dissolveranno e gli elementi infiammati si struggeranno? Ma, secondo la sua promessa, noi aspettiamo nuovi cieli e nuova terra, ne’ quali abiti la giustizia”.[1604] Quindi, questi cieli e questa terra, secondo Pietro, scompariranno un giorno perché verranno distrutti dal fuoco di Dio e ciò è in accordo con le parole di Gesù: “Il cielo e la terra passeranno...”;[1605] essi si dissolveranno e al loro posto Dio farà venire all’esistenza un nuovo cielo e una nuova terra che rimar­ranno stabili in eterno. Giovanni in visione li vide difatti dice: “Poi vidi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il primo cielo e la prima terra erano passati, e il mare non era più”.[1606] E noi aspettiamo l’adempimento di questa visione avuta da Giovanni sull’isola di Patmo. Ecco perché noi diciamo assieme a Paolo che “abbiamo lo sguardo intento non alle cose che si vedono,[1607] ma a quelle che non si vedono: poiché le cose che si vedono sono solo per un tempo, ma quelle che non si vedono sono eterne”.[1608] A Dio sia la gloria in eterno. Amen.

CONCLUSIONE

 

Alla fine di questo capitolo dedicato alla confutazione di queste altre strane dottrine cattoliche non si può non riconoscere per l’ennesima volta che la chiesa cattolica romana ha in avversione la Parola di Dio. Quindi, oltre a predicare un altro Vangelo, la chiesa cattolica romana insegna altre dottrine che si oppongono al consiglio di Dio. Il quadro che emerge quindi è tragico, deprimente. Non si può proprio andare d’accordo con i Cattolici né sulla salvezza, né sui sacramenti, né sulla Chiesa e neppure su molte altre parti del consiglio di Dio. Ma ancora una volta, e non temo di ripetermi, voglio domandare agli ecumenici: ‘Ma come pensate di mettervi d’accordo con i Cattolici anche sulla creazione del mondo, dell’uomo, sul fumo, sulle prescrizioni dell’assemblea di Gerusalemme, sull’omicidio per ‘legittima difesa’, e gli altri punti sopra esposti? Vorrei una risposta anche a tale riguardo.

 


Capitolo 9

 

LA TRADIZIONE

 

La dottrina dei teologi papisti

 

La tradizione è parte della rivelazione di Dio e perciò va rispettata al pari della Scrittura.

‘La tradizione è l’inse­gnamento di Gesù Cristo e degli Apostoli, fatto a viva voce, e dalla Chiesa trasmesso fino a noi senza alterazione’;[1609] ‘Fonti prin­cipali della Tradizione sono i Concilii della Chiesa,[1610] i Libri liturgici, gli Atti dei Martiri, le antiche iscrizioni sulle tombe e sui monumenti, le preghiere pubbliche, le opere dei Padri e dei Dottori della Chiesa. - Il titolo di Padri si dà agli Scrittori sacri fino al secolo XII; quello di Dottore si dà tanto ai Padri quanto ad altri Scrittori eminenti, specialmente Santi la cui dottrina é approvata dalla Chiesa e generalmente seguita’.[1611] Quindi, secondo la chiesa papista la loro tradizione è costituita da precetti che Gesù diede a voce ai suoi apostoli, che a loro volta trasmisero a voce ad altri fedeli servitori del Signore che a loro volta sempre oralmente l’hanno fatta pervenire inalterata a loro che sono, secondo loro, la vera e unica chiesa depositaria di tutta la rivelazione divina! In sostanza la tradizione è parte della rivelazione di Dio e come tale quindi va rispettata al pari della Scrittura: Perardi afferma infatti che ‘noi dobbiamo avere per la dottrina trasmessaci per Tradizione, lo stesso rispetto e la stessa fede che abbiamo per la dottrina della Sacra Scrittura, poiché l’una e l’altra sono verità rivelate da Dio’.[1612]

I teologi papisti per sostenere che tutta la loro tradi­zione, benché non sia scritta nella Scrittura, deve essere accet­tata nella stessa maniera in cui è accettata la Scrittura perché anch’essa è stata rivelata da Dio fanno un discorso tutto particolare appoggiandosi a certi passi della Scrittura. Noi adesso vi proporremo questo loro discorso così come lo troviamo nel catechismo del Perardi. Una sola volta è dichiarata utile la sacra Scrittura, vale a dire quando Paolo dice a Timoteo: “Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile ad insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, affinché l’uomo di Dio sia compiuto, appieno fornito per ogni opera buona”.[1613] Ma non è dichiarata utile per i fedeli ma ‘per i sacri ministri come aiuto a loro per insegnare, educare e correggere (...) Utile e non già necessaria’.[1614] Ed ancora: ‘Non solo non si impone mai la lettura della Bibbia, ma si insiste perché si ricordino, si conservino e si tramandino gl’insegnamenti appresi oralmente, che divengono Tradizione viva della Chiesa’,[1615] e cita i seguenti versi della Scrittura per confermare ciò: “Or io vi lodo perché vi ricordate di me in ogni cosa, e ritenete i miei insegnamenti quali ve li ho trasmessi”;[1616] “Così dunque, fratelli, state saldi e ritenete gli insegnamenti che vi abbiam trasmessi sia con la parola, sia con una nostra epistola”;[1617] “Ordina queste cose e insegnale... Attendi finché io torni, alla lettura, all’esortazio­ne, all’insegnamento... Bada a te stesso e all’insegnamento; persevera in queste cose”;[1618] “Attienti con fede e con l’amore che è in Cristo Gesù al modello delle sane parole che udisti da me. Custodisci il buon deposito per mezzo dello Spirito Santo che abita in noi”;[1619] “Tu dunque, figliuol mio, fortificati nella grazia che è in Cristo Gesù, e le cose che hai udite da me in presenza di molti testimoni, affidale ad uomini fedeli, i quali siano capaci d’insegnarle anche ad altri”.[1620] E a riguardo di Timoteo il Perardi dice: ‘Timoteo non scrisse le cose udite da S. Paolo, le insegnò secondo l’ordine di lui e le trasmise per tradizione’.[1621]

La teoria del germe.

Il cardinale Newman (1801-1890) nel suo libro Lo svi­luppo della dottrina cristiana, per difendere la tradizione, ha propugnato la teoria del germe. Seconda questa teoria la tradi­zione della chiesa cattolica romana quantunque non sia contenuta tale e quale negli insegnamenti di Gesù pure vi era contenuta in forma di germe; poi col passare del tempo essa si è sviluppata fino a prendere le dimensioni e la forma che possiede oggi. In altre parole, per questo cardinale vi è stata una evoluzione della dottrina di Cristo, evoluzione rappresentata dalla tradi­zione, tutto qua. Ecco alcune sue parole tratte da questo libro che fanno capire molto bene questa teoria del germe: ‘E ancora nello stesso capitolo di san Marco si legge: ‘Il Regno dei Cieli è simile ad un uomo che getta il seme in terra e dorme e si alza di giorno e di notte e il seme germoglia e cresce ed egli non sa come; perché la terra produce frutto da sola’. Si indica qui una forza vitale interiore, sia essa un principio o una dottrina, piuttosto che una semplice manifestazione esteriore. Inoltre, osserviamo che qui si fa intendere il carattere spontaneo e insieme progressivo della crescita (...) La parabola del Regno dei Cieli descrive anche lo sviluppo della dottrina sotto un altro aspetto e cioè indica il suo potere attivo, che si traduce in un processo di integrazione e di interpretazione (....) Tenendo fermo che il cristianesimo viene da Dio, da Dio viene necessariamente anche tutto quello che è in esso in modo implicito e ciò che da esso si sviluppa (...) Dalla dottrina della Mediazione consegue quella dell’espiazione, della messa, dei meriti dei santi e dei martiri, le invocazioni loro rivolte e il loro culto (....) Fra i sacramenti, poi, il battesimo si sviluppa da una parte nella cresima e poi nella dottrina della penitenza, del purgatorio e delle indulgenze. E l’eucarestia si sviluppa nella dottrina della Presenza reale, nell’adorazione dell’Ostia, nella risurrezione dei corpi e nella virtù delle reliquie (...) Questi singoli sviluppi poi non si pongono in modo indipendentemente l’uno dall’altro, ma si intrecciano l’uno con l’altro e, pur venendo da un solo germe crescono insieme’.[1622]

Confutazione

La tradizione cattolica romana non può procedere da Cristo perché annulla la Parola di Dio e perciò va rigettata

 

Ora, i teologi papisti affermano che la loro tradizione procede da Cristo; ma allora, come si spiega il fatto che questa loro tradizione annulla palesemente le cose che Gesù Cristo prima e gli apostoli poi hanno insegnato e che noi troviamo scritte così chiaramente nella Scrittura? Come mai questa loro tradizione è amara al nostro palato mentre la Parola di Dio scritta è più dolce del miele? Come mai la loro tradizione è storta mentre la Parola di Dio è diritta? La ragione può essere ed è una sola; essa non procede da Dio. Ma allora da chi procede? Dal nemico di Dio, dal diavolo che è bugiardo e padre della menzogna: non può essere altrimenti. Per questo non si deve avere per essa nessun rispetto ma solo odio, e in essa non bisogna riporre nessuna fiducia. La tradizione cattolica romana assomiglia per molti versi alla tradizione che avevano gli scribi e i Farisei al tempo di Gesù; infatti come quella tradizione, di cui gli scribi e i Farisei andavano orgogliosi, annullava la legge di Mosè, ossia la legge che Dio aveva dato al suo popolo sul monte Sinai (vi ricordo che gli scribi e i Farisei dicevano, tra le altre cose, che se uno diceva a suo padre o a sua madre: Quel con cui potrei assisterti è offerta a Dio, egli non era più obbligato ad onorare suo padre e sua madre, mentre la legge dice: Onora tuo padre e tua madre, e chi maledice padre e madre sia punito di morte);[1623] così la tradizione della chiesa cattolica romana, di cui i papi e i suoi seguaci sono così fieri di avere, annulla l’Evangelo di Cristo ossia la parola della grazia che Dio ci ha trasmesso per mezzo del suo Figliuolo. E questo lo abbiamo ampiamente dimostrato nel corso della nostra confutazione. Ma che fece Gesù nel constatare che gli scribi e i Farisei con la loro tradizione avevano annullato la Parola di Dio, ed avevano così serrato il regno dei cieli dinanzi alla gente impedendogli di entrarvi? Egli li riprese severamente, come meritavano. Egli disse loro infatti : “Ipocriti, ben profetò Isaia di voi quando disse: Questo popolo mi onora con le labbra, ma il cuor loro é lontano da me. Ma invano mi rendono il loro culto, insegnando dottrine che son precetti d’uomini”.[1624] Queste sono le parole di Cristo che tuonano contro tutti coloro che sono a capo di questa pseudochiesa i quali preferiscono osservare e fare osservare agli altri dei precetti umani che voltano le spalle alla verità, anziché la Parola di Dio. Ma oltre a riprendere gli scribi e i Farisei Gesù mise in guardia i suoi discepoli dalla dottrina dei Farisei che aveva annullata la Parola di Dio dicendo ai suoi discepoli: “Guardatevi dal lievito de’ Farisei”,[1625] e così ancora oggi egli ci comanda di guardarci dal lievito della chiesa romana per non corromperci. “Un pò di lievito fa lievitare tutta la pasta”,[1626] dice la Parola, perciò state attenti a non assimilare nessuna delle eresie della chiesa romana. Fratelli, “io vi ho scritto non perché non conoscete la verità, ma perché la conoscete, e perché tutto quel ch’é menzogna non ha che fare colla verità”.[1627]

La teoria del germe del Newman è una menzogna al pari della teoria dell’evoluzione di Darwin

 

Gesù ha detto un giorno spiegando la parabola del seminatore che “il seme è la parola di Dio”;[1628] quindi lui paragonò il suo insegnamento alla semenza seminata dal semi­natore. Ora, siccome che tutto l’insegnamento di Gesù è buono, si deve dire che tutto il seme di cui lui parlò era in tutto e per tutto buono, privo di qualsiasi germe malvagio. E quindi dal suo puro insegnamento non potevano e non possono scaturire dottrine che contrastano e annullano le sue stesse parole, cioè delle eresie. Vogliamo dire con questo che Gesù non ha seminato della semenza contenente all’interno dei germi malvagi che poi col tempo si sono sviluppati fino a diventare delle piante velenose. No, affatto. Ma col passare del tempo degli uomini o nella loro ignoranza senza rendersene conto o in mala fede per sedurre gli altri, nella buona semenza vi hanno immesso dei germi malvagi, rappre­sentati dalle loro interpretazioni false, dalle loro opinioni errate, e da dottrine strane, che a loro volta hanno fatto scatu­rire inevitabilmente altre perversità perché “un abisso chiama un altro abisso”[1629] e perché “un pò di lievito fa lievitare tutta la pasta”.[1630] Questa fu un opera del diavolo, che è il seduttore di tutto il mondo, chiamato “il nemico”[1631] da Gesù perché ha in avversione la verità, che riuscì quindi a poco a poco a immettere in mezzo al Vangelo delle strane dottrine, facendole passare per tradizio­ni apostoliche, le quali hanno finito coll’annullare il Vangelo della grazia di Dio. E così la verità ha cominciato ad essere seminata assieme a tanti errori. Ma mentre la verità, il buon seme della Parola di Dio, ha continuato a fare del bene a quelli che l’hanno accettata così come è, cioè priva di ogni adulterazione, l’errore (il germe malvagio intro­dotto dal diavolo con la sua astuzia) ha generato tanti altri errori che sono appunto i precetti della tradizione cattolica romana che hanno causato danni e delitti in numero infinito durante i secoli. Basta prendere il diabolico precetto che impe­disce ai preti di sposarsi (sviluppatosi anche in seguito ad una errata interpretazione data alla cena del Signore) per rendersi conto delle nefaste conseguenze che esso ha avuto sulla società e su loro stessi; ma la stessa cosa si può dire della messa (sviluppatosi anch’essa dall’errato significato dato alla cena del Signore), delle indulgenze (alla cui origine c’è un errato significato dato alle parole di Gesù: “A chi rimetterete i peccati, saranno rimessi”[1632] che ha dato vita al sacramento della penitenza), e di tutte le altre eresie della chiesa romana. Quindi, la tradizione cattolica romana che annulla il Vangelo della grazia non era per nulla contenuta in germe nell’insegnamento di Gesù; perché essa è derivata dai germi malvagi e ingannatori scaturiti dai cuori di vescovi, papi, cardinali, e tanti altri. E’ dunque in questi germi che bisogna ricercare le origini delle tradizioni della chiesa cattolica romana che non sono, secondo la curia romana, esplicitamente contenute nella Parola di Dio, e non nella Parola di Dio, pura d’ogni scoria. E difatti non è nella Parola di Dio che io ho trovato le tradizioni della chiesa cattolica romana che ho sin qui confuta­to, ma nelle interpretazioni errate date dai suoi cosiddetti padri e papi; leggendo la Parola di Dio guidati dallo Spirito della verità non si può minimamente intravedere in essa la tradi­zione cattolica romana, neppure contenuta in germe. Ma allora come mai i Cattolici riescono a vederci invece la tradizione? Perché loro non si fanno guidare dallo Spirito di Dio nella lettura della Parola, ma bensì dal magistero della chiesa catto­lica che sa come mutare la luce in tenebre, e fare dire a Gesù e agli apostoli quello che essi non hanno mai detto. Per un certo verso questa teoria del germe avanzata dal Newman assomiglia alla teoria di Darwin che ‘affermò che l’uomo era legato alla vita animale per mezzo di tipi ancestrali comuni’, cioè che discendeva da animali. Il che noi sappiamo non può essere vero perché la Scrittura insegna che l’uomo è una creatura di Dio formata da Dio a sua immagine e somiglianza mentre gli animali non sono stati fatti a sua immagine e somiglianza, e perché l’uomo fu formato separatamente dagli animali e susseguen­temente a loro. Non c’è dunque nessuna connessione tra l’uomo e gli animali; come anche non c’è nessuna connessione tra la Parola di Dio e la tradi­zione perversa della chiesa cattolica romana. Affermare che la tradizione cattolica romana si sia spontaneamen­te sviluppata dal seme della Parola di Dio è come affermare che la verità può generare la menzogna; che la Parola di Dio ha il potere di sviluppare dottrine diaboliche. Ma che ha da fare la menzogna con la verità? Nulla. Gesù Cristo è la verità, lui è la Parola di Dio ed un giorno disse riferendosi al diavolo, che è padre della menzogna: “Esso non ha nulla in me”;[1633] quindi è impos­sibile pensare che dalle parole di Gesù siano potute in seguito uscire fuori - cioè svilupparsi - il purgatorio, la messa, il papato, le indulgenze, il culto a Maria e ai santi, le preghiere per i morti (per citare solo alcune); tutte dottrine che contra­stano la Parola di Dio perché sono state generate dal diavolo che è bugiardo e padre della menzogna. Se fosse altrimenti dovremmo affermare che nella verità che era Cristo Gesù c’era nascosta anche la menzogna!! Insomma che il diavolo avesse qualcosa in Gesù!! E’ quindi diabolico il ragionamento di Newman; perché anch’esso si oppone alla verità. Nessuno v’inganni fratelli con i suoi sofismi.

Il discorso fatto con le Scritture a sostegno della tradizione è falso

 

Come abbiamo visto il Perardi afferma che una sola volta la Scrittura è dichiarata utile e poi che essa è dichiarata utile per i sacri ministri e non per tutti i fedeli e poi che essa è utile e non necessaria. Come replichiamo noi? Così. Innanzi tutto diciamo che è falso che solo una volta la Scrittura è dichiara­ta utile, perché Paolo a Tito verso la fine dell’epistola gli dice: “Queste cose sono buone ed utili agli uomini”.[1634] Quali sono queste cose utili di cui Paolo parla se non le cose che gli ha scritto? E poi bisogna dire che vi sono molti altri passi che fanno capire chiaramente che le cose che sono state scritte per ispirazione dello Spirito Santo sono utili; tra questi citiamo questo: “Perché tutto quello che fu scritto per l’addietro, fu scritto per nostro ammaestramento, affinché mediante la pazienza e mediante la consolazione delle Scritture, noi rite­niamo la speranza”.[1635] Come potete vedere il discorso di Perardi è vano. Veniamo ora alla questione che il passo a Timoteo si riferisce ai ministri di Dio e non a tutti i fedeli; ma che significa questo? Che per quelli che hanno ricevuto un ministero da Dio, come lo aveva ricevuto Timoteo, la Scrittura è utile mentre per quelli che non hanno un ministero non è utile? Ma questa è follia. Paolo dice ai Romani che “tutto quello che fu scritto per l’addietro, fu scritto per nostro ammaestramento”,[1636] quindi per ammaestrare non solo i ministri di Dio ma anche quelli che non hanno un ministero, insomma per tutti i membri del corpo di Cristo. E citando ancora le parole di Paolo a Tito “queste cose sono buone ed utili agli uomini”,[1637] egli non dice ‘sono utili agli uomini di Dio’, ma “agli uomini” in generale senza nessuna distinzione. Ma che vanno cianciando codeste guide cieche? Il fatto poi che il Perardi dica che la Scrittura è utile ma non neces­saria, è l’ennesima prova di quanto astuti siano i teologi papisti nell’esporre le loro dottrine. Ma allora se la Scrittura non è necessaria perché mai Dio ha voluto che fosse scritta? Ma allora la Scrittura per i teologi romani è solo un aiuto per gli uomini e niente di più! Ma allora ci spieghino come mai Mosè disse al popolo: “Questa non è una parola senza valore per voi: anzi, è la vostra vita”![1638] E’ chiaro che il loro discorso tende a non fare apparire la Scrittura come l’unica Parola di Dio esistente sulla terra!

Veniamo adesso alle affermazioni del Perardi secondo cui non si impone mai la lettura della Bibbia ma si devono ricordare conservare e tramandare gli insegnamenti appresi oralmente, (e per fare ciò cita i passi che abbiamo visto) che costituiscono la tradizione della chiesa. Le cose non stanno affatto così come dice lui. Innanzi tutto è sbagliato dire che non si impone la lettura della Bibbia, perché è scritto nella legge riguardo al re: “E quando s’insedierà sul suo trono reale, scriverà per suo uso in un libro, una copia di questa legge secondo l’esemplare dei sacerdo­ti levitici. E terrà il libro presso di sé, e vi leggerà dentro tutti i giorni della sua vita, per imparare a temere l’Eterno, il suo Dio, a mettere diligentemente in pratica tutte le parole di questa legge e tutte queste prescrizioni, affinché il cuor suo non si elevi al disopra de’ suoi fratelli, ed egli non devii da questi comandamenti né a destra né a sinistra, e prolunghi così i suoi giorni nel suo regno, egli coi suoi figliuoli, in mezzo ad Israele”.[1639] Sempre nella legge è scritto che Mosè, dopo avere scritto in un libro la legge dell’Eterno, la diede ai sacerdoti levitici e diede loro quest’ordine: “Alla fine d’ogni settennio, al tempo dell’anno di remissione, alla festa delle Capanne, quando tutto Israele verrà a presentarsi davanti all’Eterno, al tuo Dio, nel luogo ch’egli avrà scelto, leggerai questa legge dinanzi a tutto Israele, in guisa ch’egli l’oda”.[1640]Dio disse a Giosuè: “Questo libro della legge non si diparta mai dalla tua bocca, ma meditalo giorno e notte, avendo cura di mettere in pratica tutto ciò che v’è scritto; poiché allora riuscirai in tutte le tue imprese, allora prospererai”.[1641] Il profeta Isaia dice: “Cercate nel libro dell’Eterno, e leggete”.[1642] Il profeta Geremia dopo avere scritto per ordine di Dio le parole che Dio gli aveva rivelato, per ordine di Dio disse a Baruc: “Io sono impedito, e non posso entrare nella casa dell’Eterno; per­ciò, và tu, e leggi dal libro che hai scritto a mia dettatura, le parole dell’Eterno, in presenza del popolo, nella casa dell’Eter­no...”.[1643] L’apostolo Paolo scrisse ai Colossesi: “E quando questa epistola sarà stata letta fra voi, fate che sia letta anche nella chiesa dei Laodicesi...”;[1644] e ai Tessalonicesi disse: “Io vi scongiuro per il Signore a far sì che questa epistola sia letta a tutti i fratelli”.[1645]E Giovanni dice: “Beato chi legge e beati coloro che ascoltano le parole di questa profezia e serbano le cose che sono scritte in essa, poiché il tempo è vicino!”.[1646]

Dopo avere citato tutti questi passi che ordinano la lettura (pubblica e privata) della Bibbia per il nostro bene e le parole di Giovanni che affermano che chi la legge è beato, si comprende il perché nella chiesa romana vige una grandissima ignoranza delle Scritture; perché essi trascurano la lettura privata e pubblica della Parola di Dio. A cominciare dal cosiddetto papa, e poi proseguendo con i cardinali, coi vescovi, coi preti, coi frati, colle suore ed infine i semplici membri della chiesa romana tutti giacciono nell’ignoranza della Parola di Dio perché trascurano la lettura della Bibbia. Sì, è vero che oggi la lettura della Bibbia non è più vietata al popolo come una volta; ma rimane il fatto che la sua lettura è pilotata dalla curia romana che sa come renderla inefficace. Nelle Bibbie cattoliche si trovano infatti tante note ‘esplicative’ che hanno come fine quello di annullare molti e molti versi della Parola di Dio[1647] scritti così chiaramente che distruggono le pretese della chiesa romana. Prova eloquente questa che la curia romana nella realtà non ama la Parola di Dio e non vuole che gli uomini la leggano per intenderla rettamente ma solo al fine di ritenere i suoi falsi insegnamenti che menano alla perdizione chi li accetta. Ma allora perché adesso essa permette la lettura della Bibbia al popolo sia pure con note, col pericolo sempre però che qualcuno non si appoggi su di esse per capirla? Se essi adesso permettono la lettura della Bibbia ai loro membri è perché non hanno potuto fare altrimenti dopo la Riforma; sono stati costretti loro malgrado a permetterla per non apparire malvagi. Che figura avrebbero fatto se no i papi davanti alla divulgazione della Bibbia operata dai Protestanti? Ma rimane il fatto che costoro detestano la Bibbia come la dete­stavano secoli e secoli fa al tempo delle inquisizioni. Sembrerà un controsenso tutto ciò ma è così; questo è il comportamento degli ipocriti. Ma noi vogliamo levare la nostra voce affinché i Cattolici leggano la Parola di Dio e la intendano rettamente affinché possano essere liberati dalle catene di questa religione e pervenire alla conoscenza della verità che è in Cristo Gesù. O Cattolici romani, vi scongiuriamo a leggere la Parola di Dio (senza appoggiarvi sulla spiegazione fuorviante del vostro magistero) perché essa parla della grande salvezza che Cristo Gesù è venuto a dare agli uomini; Egli può salvarvi appieno se voi aprite il vostro cuore all’amore della verità!

Ma veniamo ora ai passi che il Perardi prende per sostenere che la tradizione cattolica romana non è altro che l’insegnamento orale di cui si parla in essi. Ora, cominciamo col fare questa premessa; noi non escludiamo che Gesù o l’apostolo Paolo o altri apostoli, abbiano rivolto degli insegnamenti o detto delle cose che non sono scritte. Mi spiego meglio; noi non sappiamo con precisione quali furono le cose che Gesù disse ai suoi discepoli nei quaranta giorni che precedettero la sua ascensione; sappiamo che Gesù in quei giorni ragionò “delle cose relative al regno di Dio”;[1648] ma non possiamo dire di più. Anche quando è scritto che Gesù ammaestrava le turbe e basta noi non possiamo dire con certezza assoluta quali fossero i suoi insegnamenti particolari in quelle circostanze[1649] (anche se siamo persuasi che egli ripeté più volte gli insegnamenti che sono trascritti). E’ detto che Gesù, quando gli fu menata quella donna colta in adulterio, “chinatosi, si mise a scrivere col dito in terra”;[1650] ma non sappiamo fino al presente cosa egli abbia scritto. Giovanni dice che “Gesù fece in presenza dei discepoli molti altri miraco­li, che non sono scritti in questo libro”,[1651] ed anche che “vi sono ancora molte altre cose che Gesù ha fatte, le quali se si scrivessero ad una ad una, credo che il mondo stesso non potrebbe contenere i libri che se ne scriverebbero”;[1652] e siccome che quando Gesù operava dei miracoli o delle guarigioni spesso proferiva anche delle parole con la sua bocca, bisogna dire che noi non sappiamo quali furono queste parole che Gesù disse quando operò quei miracoli e quelle guarigioni che non sono scritte né da Matteo, né da Marco, né da Luca e né da Giovanni. Diverse volte è scritto che Gesù si ritirava da solo in luoghi deserti e pregava; ma non c’è scritto il contenuto di tutte le preghiere che Gesù rivolse al Padre suo.

Anche per quanto riguarda l’apostolo Paolo bisogna dire che non possiamo dire che nella Bibbia sono scritte tutte le cose che egli predicò, insegnò a voce e per iscritto, e fece; basta ricordare che lui dice ai Corinzi: “V’ho scritto nella mia epistola di non mischiarvi coi fornicatori”,[1653] e che questa epistola noi non la possediamo; o che dice ai Colossesi di leggere l’epistola “che vi sarà mandata da Laodicea”,[1654] che noi non possediamo, per inten­dere come queste due epistole di Paolo non sono parte del Canone perché non sono pervenute a noi. Possiamo aggiungere anche il fatto che lui ai Corinzi dice: “Le altre cose regolerò quando verrò”[1655] e noi non sappiamo quali fossero quelle cose e come lui le regolò perché ciò non è scritto. Il fatto che non sappiamo di cosa in particolare egli discorresse ad Efeso con i discepoli nella scuola di Tiranno,[1656] o quale fu il suo discorso che egli tenne ai credenti di Troas quella notte in cui Eutico cadde dal terzo piano.[1657] Ma di questi esempi ne potremmo fare molti altri.

Ma questo discorso da noi fatto esclude nella maniera più assoluta che Gesù o gli apostoli abbiano trasmesso a voce degli insegnamenti errati quali quelli che ha la chiesa romana. Mi spiego; anche se non sta scritto di cosa in specifico Gesù parlò ai suoi durante i quaran­ta giorni, o alle turbe quando è solo scritto che egli le ammae­strava, è da escludersi che Gesù abbia trasmesso ai suoi discepo­li o alle turbe il battesimo e la cena del Signore come la curia romana li insegna al popolo, e gli altri cinque sacramenti insegnati dalla curia romana, o la dottrina sul purgatorio, o quella di doversi rivolgere in preghiera agli angeli o a Maria sua madre o agli apostoli quando sarebbero morti, o quella del celibato forzoso per i ministri del Vangelo e così via; perché? Perché non sono verità! Anche per quanto riguarda Paolo non si può dire che in quelle cose che egli trasmise a voce ai fedeli di Tessalonica o di qualche altra città, o a Timoteo, ci fossero il purgatorio, le indulgen­ze, la transustanziazione, la Via Crucis, il culto a Maria, ai santi, agli angeli, e tante altre cose. Perché? Sempre per la stessa ragione: perché esse non sono verità che procedono da Dio, ma menzogne che procedono dal diavolo. Gesù non si è mai contraddetto, Paolo, Pietro e gli altri apostoli non si sono mai contraddetti da loro, né tra di loro, e non hanno mai contraddetto gli insegnamenti di Gesù; i loro insegnamenti formano un tutt’uno ben compatto. Quindi tutte quelle dottrine che vengono attribuite o a Gesù o agli apostoli, ma che contraddicono gli insegnamenti di Gesù stesso e degli apostoli vanno rigettati senza esitazione perché imposture. Il modo di parlare della curia romana attorno alla tradizione, cioè le loro parole che attribuiscono la loro tradizione agli apostoli, è molto simile a quello di taluni falsi dottori che sorsero in mezzo al popolo di Dio dopo la morte degli apostoli (vale a dire nei primi secoli dopo Cristo), i quali per sostenere le loro eresie di perdizione si attaccavano alla tradizione apostolica dicendo che benché le loro dottrine non erano nella Bibbia essi le avevano ricevute per tradizione da taluni che erano stati in contatto con gli apostoli di Cristo. Non c’è dunque nulla di nuovo sotto il sole; i fatti dimostrano che la chiesa romana, non potendo dimo­strare le sue dottrine non bibliche con le Scritture perché queste le condannano o non ne fanno menzione, ricorre al vecchio inganno cioè a dire di avere ricevuto queste sue dottrine non direttamente dagli aposto­li ma indirettamente da loro. E per sostenere l’autenticità delle sue eresie cita le stesse parole di Gesù che usavano i falsi dottori nei primi secoli dopo Cristo, ossia: “Molte cose ho ancora da dirvi; ma non sono per ora alla vostra portata; ma quando sia venuto lui, lo Spirito della verità... vi annunzierà le cose a venire”.[1658] Volendo con questo dire che Gesù non aveva detto tutto agli apostoli, infatti aveva loro promesso che per mezzo dello Spirito gli avrebbe rivelato altre cose, tra cui appunto ci sono le sue tradizioni. Ma noi confutiamo questa loro asserzione dicendo questo: sì, è vero che lo Spirito della verità avrebbe rivelato agli apostoli altre cose; ed in verità lo ha fatto e per rendersi conto di questo basta leggere le epistole degli aposto­li: ma essi dimenticano che lo Spirito è la verità, e che avrebbe detto ciò che avrebbe udito da Gesù infatti avrebbe preso del suo e glielo avrebbe annunziato.[1659] Mentre le cose che essi dicono non possono essere state rivelate dallo Spirito della verità, perché sono menzogne che procedono dal diavolo. L’avversario contrasta la verità, lui contraddice ciò che è scritto; lui ha comunicato ai teologi Cattolici romani le eresie che hanno spacciato per Parola di Dio.

Alla curia romana che contrasta la verità come fecero Jannè e Jambrè sono rivolte queste parole da parte dello Spirito: “Gente di collo duro e incirconcisa di cuore e d’orecchi, voi contrastate sempre allo Spirito Santo; come fecero i padri vostri, così fate anche voi”;[1660] ed anche queste: ‘O pieni d’ogni frode e d’ogni furberia, figliuoli del diavolo, nemici d’ogni giustizia, non cesserete di pervertire le diritte vie del Signore?’

A voi uomini e donne che siete trascinati dietro all’arida e micidiale tradizione cattolica romana che mena alla perdizione viene detto: “Non camminate secondo i precetti de’ vostri padri, non osservate le loro prescrizioni, e non vi contaminate mediante i loro idoli”;[1661] non andate a Lourdes, non salite a Fatima, non vi recate a Loreto perché di certo questi viaggi non vi menano alla salvezza, questi luoghi saranno colpiti dal furore di Dio e distrutti; “cercate il Signore, e voi viverete”,[1662] circoncidete i vostri cuori affinché il furore di Dio non vi consumi a motivo della vostra idolatria. Vi scongiuriamo o uomini ad uscire da questa organizzazione nella quale siete rinchiusi affinché non siate partecipi dei suoi peccati e non abbiate parte alle sue piaghe. Oggi, se udite la sua voce non indurate i vostri cuori!

Quello che hanno detto alcuni cosiddetti padri della chiesa su ciò che non è espressamente scritto

 

Come abbiamo visto gli scritti di quelli che la chiesa cattolica romana chiama padri della chiesa sono parte della sua tradizione. Essi sono così altamente considerati che il concilio di Trento nella sua quarta sessione ha dichiarato che nessuno deve osare di interpretare la Scrittura ‘contro l’unanime consenso dei padri’. Ora, siccome che la chiesa romana afferma che la verità non è contenuta solo nella Bibbia ma anche nella tradizione, e siccome che noi sappiamo che la tradizione cattolica romana non è soste­nuta dalla Scrittura, vogliamo vedere quello che alcuni di questi antichi scrittori che essa chiama padri della Chiesa e che tiene in grandissima stima hanno detto doversi fare a proposito di ciò che non può essere confermato dalla Scrittura o che non fa parte della Scrittura e contraddice la Scrittura.

-  Basilio (330-379) disse: ‘Rigettare alcuna cosa che si trova nelle Scritture, o ricevere alcune cose che non sono scritte, è un segno evidente d’infedeltà, è un atto di orgoglio... il fedele deve credere con pienezza di spirito tutte le cose che sono nelle Scritture senza togliere o aggiungere nulla’;[1663]

-  Ambrogio (340 ca. -397) disse: ‘Chi ardirà parlare quando la Scrittura tace?... Noi nulla dobbiamo aggiungere al comando di Dio; se voi aggiungete o togliete alcuna cosa siete rei di prevaricazione’.[1664]

-  Girolamo (347 ca. - 419-20 ca.) disse: ‘Se voi volete chiarire le cose in dubbio, andate alla legge e alla testimonianza della Scrittura; fuori di lì siete nella notte dell’errore. Noi ammettiamo tutto ciò che è scritto, rigettiamo tutto ciò che non lo è. Le cose che si inventano sotto il nome di tradizione apostolica senza l’autorità della Scrittura sono colpite dalla spada di Dio’.[1665]

-  Cipriano (200 ca. - 258) disse: ‘Che orgoglio e che presunzione è l’uguagliare delle tradizioni umane alle ordinanze divine...!’;[1666]

-  Giustino Martire (morto nel 165 ca.) disse: ‘Non abbiamo alcun comandamento di Cristo che ci faccia obbligo di credere alle tradizioni e alle dottrine umane, ma soltanto a quelle che i beati profeti hanno promulgate e che Cristo stesso ha insegnate, ed io ho cura di rife­rire ogni cosa alle Scritture e chiedere ad esse i miei argomenti e le mie dimostrazioni’.[1667]

-  Tertulliano (160 ca. - 220 ca.) disse: ‘Ci mostri la scuola di Ermogene che ciò ch’essa insegna sta scritto: se non è scritto, tremi in vista dell’anatema fulminato contro coloro che aggiungono alla Scrittura, o ne tolgono alcuna cosa’.[1668]

Ora, leggendo tutte queste dichiarazioni si deduce che gli stessi scrittori che la chiesa romana prende per sostenere alcune delle sue false dottrine (perché in effetti i sopra citati scrittori hanno insegnato anche delle dottrine false, contraddicendosi) erano contro quelle dottrine e pratiche che non potevano essere dimostrate con le Scritture e che venivano fatte passare per tradizione apostolica (ribadiamo però con forza che sempre costo­ro si sono contraddetti accettando e insegnando dottrine che non sono provabili con la Scrittura e vanno apertamente contro di essa, e questo lo dimostreremo più tardi).

Quindi, la chiesa cattolica romana non si attiene neppure essa in tutto e per tutto a quello che hanno detto i suoi padri perché non rigetta tutto ciò che non è scritto nelle sacre Scritture come suggeriscono (contraddicendosi però nella pratica) di fare questi suoi padri.

Essa, per l’ennesima volta si contraddice (come hanno fatto i suoi padri) perché da un lato dice che bisogna interpretare le Scrit­ture per mezzo dei padri e poi che bisogna accettare le tradizio­ni nella stessa maniera in cui si accetta la Scrittura (il concilio Vaticano II ha dichiarato infatti che la Scrittura e la tradizione ‘devono essere accettate e venerate con pari sentimento di pietà e rispetto’)[1669] il che va apertamente contro il consenso di questi suoi padri. Come mai dunque la chiesa romana parla ed agisce in questa maniera con­traddittoria? La ragione è perché essa non vuole assolutamente rigettare e rinnegare la sua tradizione. Rigettarla infatti significherebbe dovere rinunziare al potere temporale e ad una inesauribile sorgente di denaro.

La chiesa romana rigetta l’insegnamento del millennio dei suoi cosiddetti padri

 

Secondo la Scrittura Gesù Cristo quando tornerà sulla terra instaurerà un regno millenario difatti Giovanni dice: “E vidi le anime di quelli che erano stati decollati per la testimonianza di Gesù e per la parola di Dio, e di quelli che non aveano adorata la bestia né la sua immagine, e non aveano preso il marchio sulla loro fronte e sulla loro mano; ed essi tornarono in vita, e regnarono con Cristo mille anni. Il rimanente dei morti non tornò in vita prima che fosser compiti i mille anni. Questa è la prima risurrezione. Beato e santo è colui che partecipa alla prima risurrezione. Su loro non ha potestà la morte seconda ma saranno sacerdoti di Dio e di Cristo e regneranno con lui quei mille anni”.[1670] Questa dottrina fu creduta e proclamata da alcuni di questi cosiddetti padri della chiesa, come per esempio Papia, Ireneo, Tertulliano, Giustino martire, Lattanzio, Melitone e Metodio (Agostino prima l’accettò e poi la rigettò).

Ma la chiesa romana la rigetta perché la considera una eresia; si legge infatti nell’Enciclopedia Cattolica alla voce millenarismo: ‘Errore escatologico, secondo cui Gesù Cristo deve regnare visi­bilmente mille anni su questa terra, alla fine del mondo’.[1671] Così dicendo essa va contro quegli stessi scrittori che essa considera i padri della chiesa. Così facendo contraddice i suoi padri e si contraddice da se stessa. Questo sta a dimostrare che se la curia romana decide di rigettare qualcosa di giusto che ha detto Ireneo o Lattanzio o Giustino Martire o Tertulliano, ella lo fa con la stessa disinvoltura con la quale accetta le loro false dottrine senza curarsi di apparire contraddittoria.

A questo punto è lecito domandarsi: come fanno essi a dichiarare che le Scritture si devono interpretare secondo il consenso dei padri e poi ella stessa rigetta apertamente delle loro giuste interpreta­zioni date a riguardo delle parole di Giovanni nell’Apocalisse a riguardo del millennio (qui mi riferisco all’interpretazione di un regno millenario visibile, e non a loro convinzioni fantasiose a proposito del millennio)? La risposta è che essa della sua cosid­detta venerabile e autorevole tradizione ritiene quello che gli fa comodo (di Papia per esempio accetta che Pietro è venuto a Roma ma non il millennio) ma rigetta quello che gli si rivolta contro. E’ assurdo dunque sentirle dire che la tradizione è anch’essa Parola di Dio e lei stessa mostra in alcuni casi di non tenerla per nulla in considerazione. Come fa essa dunque a dire ai Cattolici di venerare una tradizione che lei stessa sprezza quando vuole? E come fanno i Cattolici a fidarsi di una tradizione che non solo si contrad­dice con se stessa ma è contraddetta dall’attuale chiesa cattoli­ca romana? Perché dunque i Cattolici dovrebbero accettare la tradizione quando le loro stesse guide dimostrano di rigettarne una parte?

O Cattolici romani, è ora che riflettiate su questo modo di agire delle vostre guide cieche; è ora che rientrate in voi stessi e che rigettiate in blocco questa tradizione che annulla la Parola di Dio ma che vi viene fatta passare per infallibile Parola di Dio.

Casi in cui i cosiddetti padri vanno contro la tradizione catto­lica romana

 

Vediamo adesso di vedere come dei cosiddetti padri erano contro alcune delle dottrine che oggi sono parte della tradizione roma­na.

-  Ireneo (150 ca.- 200 ca.) riprovò il culto delle immagini infatti affermò che i primi ad introdurre nella Chiesa il culto delle immagini furono gli Gnostici: ‘Si denominano gnostici ed hanno alcune immagini dipinte, altre fabbricate anche con altro materiale, dicendo che sono l’immagine di Cristo fatta da Pilato nel tempo in cui Gesù era con gli uomini. E le incoronano e le espongono con le immagini dei filosofi del mondo, cioè con l’im­magine di Pitagora, di Platone, di Aristotele e degli altri, e riservano ad esse tutti gli altri onori, proprio come i pagani’.[1672]

-  Atenagora (II sec.) era contro l’offrire incenso a Dio: ‘L’artefice e il padre di questo universo non ha bisogno né di sangue, né di grasso, né di profumo di fiori o di aromi..’.[1673]

-  Tertulliano (160 ca. - 220 ca.) era contro il primato del vescovo di Roma sostenuto dalla chiesa romana, infatti scrivendo al vescovo di Roma che si era appellato al “Tu sei Pietro” per sostenere la propria autorità dice: ‘Chi sei tu che (in tal modo) sovverti e deformi l’intenzione manifesta del Signore, che conferiva tale potere personalmente a Pietro?’;[1674] Tertulliano era contro la perpetua verginità di Maria infatti egli sosteneva che Maria non rimase vergine dopo avere partorito Gesù.[1675] E sempre Tertulliano era contrario alla dottrina della transustanziazione infatti affermò: ‘Dopo avere dichiarato, dunque, di desiderare di fare la cena di Pasqua in quanto Gli apparteneva, - ché sarebbe stato indegno se Dio avesse desiderato qualcosa che non gli apparteneva - prese il pane e lo distribuì ai suoi discepoli e fece di esso, il suo corpo, dicendo: ‘Questo è il mio corpo’, cioè ‘la forma del mio corpo’. Ma non sarebbe potuto essere la forma del corpo, se non ci fosse stato il corpo di realtà. Del resto, una cosa vuota, cioè un fantasma, non avrebbe potuto ammettere una raffigurazione. O se Cristo si raffigurò il corpo nel pane per questo motivo, che mancava della realtà del corpo, allora avrebbe dovuto dare il pane per noi’.[1676] Tertulliano era pure contro l’uso dell’incenso nel culto: ‘La nostra offerta non consiste già in grani di incenso di poco prezzo, in lacrime di pianta arabica...’;[1677] e contro il farsi le statue e le immagini: ‘Il diavolo ha introdotto nel mondo gli artisti che fanno le statue e le immagini e tutte le altre rappresentazioni (...) dicendo Dio: tu non farai alcuna somiglianza delle cose che sono sul cielo né sulla terra né nel mare, ha proibito ai suoi servi in tutto il mondo di abbandonarsi all’esercizio di coteste arti’.[1678] Egli era anche contro il battesimo dei neonati: ‘Per questo, pur tenendo conto delle situazioni, delle disposizioni e anche dell’età di ogni persona, rimandare il battesimo presenta maggiori utilità, soprattutto quando si ha a che fare con bambini. Se non ci sono casi proprio gravi, che necessità c’è di mettere anche i padrini nel rischio di non poter neppure mantenere, in caso di morte, le promesse che hanno fatto o di trovarsi frustrati se quei bambini crescono poi con cattive tendenze? Certamente il Signore ha detto: Non impedite ai bambini di venire a me (Mt 19,14). Vengano pure, ma quando saranno più grandi e potranno essere istruiti, vengano pure quando potranno sapere dove vanno; diventino pure cristiani, quando saranno in grado di conoscere Cristo! Perché mai bambini innocenti dovrebbero aver tanta fretta di ricevere il perdono dei peccati? Per gli affari della nostra vita ordinaria nel mondo ci comportiamo con prudenza assai più guardinga; ad un bambino nessuno affida l’amministrazione di beni terreni, perché allora affidargli la responsabilità di beni divini? Imparino pure anche loro a chiedere la salvezza perché si veda con chiarezza che tu la salvezza la dai a chi la chiede!’.[1679]

-  Origene (185 ca. - 254) era contro il primato di Pietro: ‘Se tu immagini che solo su Pietro sia stata fondata la Chiesa che cosa potresti tu dire di Giovanni, il figlio del tuono, o di qualsiasi altro apostolo? Chiunque fa sua la confessione di Pietro può essere chiamato un Pietro’.[1680]

-  Cipriano (200 ca. - 258) era contrario ad attribuire il primato a Pietro a motivo delle parole che gli rivolse Gesù infatti scrisse: ‘Gesù parlò a Pietro, non perché gli attribuisse una autorità speciale, ma solo perché rivelandosi ad uno solo fosse visibile il fatto che la chiesa dev’essere tutta unita nella fede di Cristo. Pietro è solo il ‘simbolo’, il ‘tipo’ di tutti gli apostoli e di tutti i vescovi’.[1681]

-  Eusebio (260 ca. - 340) era contro l’immacolata concezione di Maria infatti disse: ‘Niuno è esente dalla macchia del peccato originale, neanche la madre del Redentore del mondo. Gesù solo è esente dalla legge del peccato, benché nato da una donna sottopo­sta al peccato’.[1682]

-  Ambrogio (340 ca. -397) di Milano era contrario al primato di Pietro infatti disse: ‘Pietro... ottenne un primato, ma un prima­to di confessione e non d’onore, un primato di fede e non di ordine’.[1683] Ambrogio era anche contro l’immacolata concezione di Maria infatti affermò: ‘Gesù è il solo che i lacci del peccato non abbiano avvinto; niuna creatura concepita per l’accoppiamento dell’uomo e della donna, è stata esente dal peccato originale; ne è stato esente Colui solo il quale è stato concepito, senza quell’accop­piamento, da una Vergine per opera dello Spirito Santo’.[1684]

-  Lattanzio (sec. III-IV) era contro le statue e le immagini: ‘Quindi non c’è dubbio che dovunque c’è una statua o un immagine non c’è religio­ne. Perché se la religione consiste di cose divine, e se non c’è niente di divino eccetto che in cose che sono celesti, le immagi­ni mancano di religione, dato che non ci può essere niente di cele­ste in quello che è fatto di terra’.[1685]

-  Epifanio (nato dopo il 310 e morto nel 403), vescovo di Cipro, era contro le immagini infatti nella sua lettera al vescovo Giovanni afferma: ‘Io vi trovo un velo sospeso alle porte di questa medesima chiesa, il quale era colorato e dipinto, esso aveva un’immagine, l’immagine di Cristo può essere o di qualche santo; io non ricordo più chi essa rappresentasse. Io dunque avendo veduto questo sacrilegio; che in una chiesa del Cristo, contro l’autorità delle Scritture, l’immagine di un uomo era sospesa, lacerai quel velo’.[1686] Ed egli era anche contro il culto a Maria infatti, nel confutare la setta delle Colliridiane che aveva cominciato a offrire un culto a Maria, egli scrisse: ‘Non si deve onorare i Santi oltre il loro merito, ché Iddio è Colui cui dobbiamo servire. La Vergine non è stata proposta alla nostra adorazione, poiché ha adorato ella stessa Colui il quale secondo la carne nacque da essa. Nessuno dunque adori Maria. A Dio solo, Padre, Figlio e Spirito Santo, appartiene questo miste­ro, e non a qualsiasi uomo o donna. Laonde, cessino certe donnic­ciuole dal turbare la Chiesa, smettano dal dire: Noi onoriamo la Regina del cielo’, perciocché con questi discorsi e coll’offrirle le loro focacce, adempiono ciò che è stato preannunziato: ‘Alcuni apostateranno dalla fede, dandosi in braccio a spiriti seduttori e alle dottrine dei demoni’. No, quest’errore del popolo antico non prevarrà su noi, per farci scostare dal Dio vivente ed adora­re le creature’.[1687]

-  Giovanni Crisostomo (344-407) affermò: ‘S. Paolo ha scritto per turare la bocca agli eretici che condannano il matrimonio, e per mostrare che il matrimonio non solo è cosa innocente, ma ezian­dio è così onorevole che con esso si può diventare vescovo’;[1688] quindi Crisostomo era contrario al vietare il matrimonio ai vescovi. Crisostomo era anche contrario alla confessione auricolare infat­ti nella nona Omelia della penitenza, commentando le parole di Davide: “Io ho peccato contro te, contro te solo”,[1689] disse: ‘A Dio solo dunque manifesta il tuo peccato e quello ti sarà perdonato’ e nell’Ome­lia 20 sulla Genesi scrisse: ‘Se Lamec non isdegnò di confessare i propri peccati alle sue mogli, come saremo noi degni di perdono, se non vorremo confessarli a Colui che conosce i delitti nostri i più occulti?’. E sempre Crisostomo era contro la transustanziazione infatti scrisse: ‘Prima della consacrazione lo chiamiamo pane, ma poi... perde il nome di pane e diventa degno che lo si chiami il Corpo del Signore, sebbene la natura del pane continui tale in esso’.[1690] Infine Crisostomo era contro il primato di giurisdizione di Pietro: ‘Ebbe perciò Pietro un primato? Sì! poiché fu il primo a confessare il Cristo, divenne anche il primo apostolo all’inizio della Chiesa’.[1691]

-  Agostino (354-430) non riteneva affatto per cosa certa che Pietro fosse la pietra sulla quale è stata edificata la Chiesa di Cristo come invece asserisce la chiesa papista. Egli ebbe infatti a dire: ‘In un certo luogo del libro, parlando dell’Apostolo Pietro, dissi che la Chiesa è basata in lui come sulla pietra, come è cantato anche da molti, nei versi del beatissimo Ambrogio, dove dice del gallo: Con il canto di questo la stessa pietra della Chiesa pianse la sua colpa. Ma in seguito però ho esposto spessissimo le parole dette dal Signore: Tu sei Pietro e sopra questa pietra edificherò la mia Chiesa; come se per, sopra questa, si dovesse intendere quello che Pietro ha affermato quando ha esclamato: Tu sei il figlio di Dio vivo; e che Pietro ha preso nome da questa pietra, perché raffigura la persona della Chiesa edificata sopra questa pietra, ed ha ricevuto le chiavi del regno dei cieli. Non gli è stato detto infatti: Tu sei pietra, ma Tu sei Pietro; pietra era il Cristo, e Simone che lo aveva riconosciuto come lo riconosce tutta la Chiesa, fu detto appunto Pietro. Il lettore scelga qual’è la più probabile delle due sentenze’.[1692]

Agostino era contro la transustanziazione: parafrasando le parole di Gesù affermò: ‘Comprendete in senso spirituale quello che vi dissi: Non mangerete questo corpo che vedete, e non berre­te questo sangue che sarà sparso da quelli che mi crocifiggeran­no. Vi ho raccomandato un sacramento che vi darà la vita, se lo intendete spiritualmente, e quand’anche sia necessario celebrarlo in modo visibile, bisogna tuttavia intenderlo spiritualmente’.[1693]

Agostino era anche contro il permettere un nuovo matrimonio al marito o alla moglie mentre ambedue erano ancora vivi perché per lui il vincolo matrimoniale si spezzava solo con la morte di uno dei due. Egli scrisse: ‘... alla donna non è permesso di sposare un’altr’uomo finché è vivo il marito dal quale si separò,...’,[1694] ed ancora: ‘...l’uomo è legato finché la moglie è nella vita corporale (...) se una donna si separa da un adultero, non si unisca a un altro: infatti resta legata al marito, finché egli vive, e non si libera dalla legge del marito se non quando egli è morto; allora non diventa adultera, se si lega con un altro’.[1695] Per cui lui, anche nel caso uno dei due coniugi diventava un cristiano e l’infedele lasciava il fedele a motivo della sua fede, non permetteva che il cristiano passasse a nuove nozze. ‘..il risposarsi dopo avere lasciato il proprio coniuge, non è lecito, né all’uomo né alla donna, neppure per qualsivoglia forma di fornicazione, sia della carne, sia dello spirito, e in quest’ultima bisogna intendere anche la mancanza di fede. Infatti il Signore senza fare nessuna eccezione dice: Se la moglie lascia il proprio marito e ne prende un altro, è adultera, e: Ogni uomo che ripudia la propria moglie e ne prende un’altra, è adultero’.[1696] La chiesa cattolica romana lo contraddice apertamente perché, come abbiamo visto, il suo capo ritiene di poterlo sciogliere e dare l’autorizzazione per un nuovo matrimonio in diversi casi, tra cui c’è anche quello del privilegio della fede (chiamato erratamente privilegio paolino).[1697]

-  Gelasio I (fu papa dal 492 al 496), che è annoverato anche tra i papi, affermò contro i Manichei che è sbagliato comunicarsi sotto una sola specie: ‘Abbiamo scoperto che alcuni prendono solamente il sacro corpo e si astengono dal sangue sacrato, bisogna che costoro o ricevano ambedue le parti o sien privi di ambedue, poiché la divisione d’un solo e medesimo sacramento non può farsi senza un gran sacrilegio’.[1698] Quindi la dottrina che priva i laici del cali­ce, dottrina che fu promulgata dal concilio di Costanza nel 1415, era considerata da Gelasio un sacrilegio. Sempre Gelasio non accettava la transustanziazione infatti scris­se: ‘Il sacramento del corpo e del sangue di Cristo è veramente cosa divina; ma il pane e il vino vi rimangono nella loro sostanza e natura di pane e vino’.[1699]

-  Gregorio di Nissa (335 ca. - 394 ca.) denunciò con forza, in una delle sue episto­le, la vanità e follia dei pellegrinaggi ai luoghi santi.[1700]

-  Girolamo (347 ca. - 419-20 ca.) non reputava il pellegrinaggio a Gerusalemme un atto meritevole: in una sua lettera a Paolino afferma infatti: ‘Non è un titolo di onore il fatto di essere stati a Gerusalemme (...) I credenti vengono apprezzati, personalmente, non in base al diverso posto in cui risiedono, ma in base al merito della loro fede. I veri adoratori non adorano il Padre né a Gerusalemme né sul monte Garizim, perché Dio è Spirito, ed è necessario che i suoi adoratori lo adorino in spirito e verità’.[1701]

-  Arnobio (vissuto nel IV secolo) era contro l’offrire incenso: ‘Rimane da dire qualcosa, senza troppe lungaggini, dell’incenso e del vino che sono unti e fanno parte delle cerimonie e vengono molto usati per il culto. Innanzi tutto, proprio riguardo all’incenso, vi domandiamo donde e in che tempo avete potuto conoscerlo per ritenere a ragione che si deve offrirlo agli dèi e che riesce molto gradito ai loro gusti’.[1702]

-  Leone I (fu papa dal 440 al 461) era contro l’immacolata concezione di Maria: ‘Cristo solo tra gli uomini è stato innocente, perché Egli solo è stato conce­pito senza la sozzura e la cupidigia carnale’.[1703]

-  Gregorio Magno (fu papa dal 590 al 604) non accettava come canonico il libro dei Maccabei infatti, citando un passo dei Maccabei, avver­te ch’egli cita ‘un libro non canonico, ma scritto solamente per la edificazione dei fedeli’. Egli era anche contro l’assunzione del titolo di vescovo universale da parte di un qualsiasi vescovo infatti affermò: ‘Colui che vuol farsi chiamare pontefice universale diventa per il suo orgoglio il precursore dell’anticristo; nessun cristiano deve prendere questo nome di bestemmia...’;[1704] e scrivendo a Giovanni, patriarca di Costantinopoli, che si era proclamato vescovo universale, gli disse: ‘..che dirai tu Giovanni a Cristo che è capo della Chiesa universale nel rendimento dei conti il giorno del giudizio finale? Tu che ti sforzi di preporti a tutti i tuoi fratelli vescovi della Chiesa universale e che con un titolo superbo vuoi porti sotto i piedi il loro nome in paragone del tuo? Che vai tu facendo con ciò, se non ripetere con Satana: Ascenderò al cielo ed esalterò il mio trono al di sopra degli astri del cielo di Dio? Vostra fraternità mentre disprezza (gli altri vescovi) e fa ogni possibile sforzo per assoggettarseli, non fa che ripetere quanto già disse il vecchio nemico: Mi innalzerò al di sopra delle nubi più eccelse (...) Possa dunque tua Santità riconoscere quanto sia grande il tuo orgoglio pretendendo un titolo che nessun altro uomo veramente pio si è giammai arrogato’.[1705]

-  Teodoreto, vescovo di Ciro (393-458), era contro la transustan­ziazione infatti affermò: ‘I simboli mistici (il pane e il vino) non abbandonano la loro natura dopo la consacrazione, ma conser­vano la sostanza e la forma in tutto come prima’.[1706]

-  Vigilio (fu papa dal 537 al 555), era contro la transustanziazione infatti affermò: ‘Quando la carne di Gesù Cristo era sulla terra, essa certamente non era nel Cielo; ed ora ch’essa è nel Cielo, non è sicuramente sulla terra’.[1707]

Ecco dunque le prove che questi cosiddetti padri sopra citati erano contrari ad alcune delle dottrine che la chiesa cattolica romana insegna oggi. Qualcuno domanderà allora: Ma allora quale è il criterio che usa la chiesa cattolica romana nell’accettare alcune tradizioni e nel rigettarne altre dei suoi cosiddetti padri? Come fa dunque a definire tradizioni apostoliche delle cose a cui erano contrari persino dei suoi cosiddetti padri? Come mai in questi casi non considera autorevoli questi suoi padri come invece fa in altri casi? Le risposte si possono riassumere in questa frase: quando i cosiddetti padri affermano delle cose gradite alla chiesa romana allora sono degni di fiducia ma quando si discostano dalla sua linea e gli vanno apertamente contro allora non devono essere ascoltati ma rigettati. In questi casi occorre dire che la chiesa romana talvolta cerca di nascondere queste contraddizioni dei suoi padri, e altre volte invece dà loro delle spiegazioni strane, adducendo altri loro passi in cui sembra che dicessero un’altra cosa. Questo si può ben constatare leggendo i loro libri di controversia. E’ per questo che quando si devono confutare le eresie della chiesa cattolica romana non è affatto consigliabile citare contro di loro i loro stessi padri perché essi a loro volta prendono - in alcuni casi - altri loro passi in cui fanno vedere che essi non volevano dire quello che hanno detto. E bisogna dire che talvolta si deve davvero ricono­scere che questi loro padri erano ambigui nel parlare. La Scrit­tura, solo la Scrittura si prenda per distruggere i loro vani ragionamenti; perché essa non è ambigua, non si contraddice su nessun punto, e non può essere da loro presa a sostegno delle sue eresie.

Per concludere questa parte diciamo questo: una delle fonti da cui la chiesa romana ha attinto la sua tradizione, vale a dire i suoi cosiddetti padri, non può da essa essere citata in tutto e per tutto a sostegno di tutte le sue dottrine perché taluni di loro erano nettamente contrari ad alcune di esse. Perciò quando si sente dire alla chiesa romana che la sua tradizione si fonda sui padri non bisogna pensare affatto che tutti quegli scrittori erano d’accordo con tutto quello che essa oggi dice a riguardo di Maria, dell’eucarestia, del battesimo, del purgatorio, del primato di Pietro, del primato del vescovo di Roma, della confessione, delle preghiere per i morti, del culto delle immagini e di tante altre cose, perché in effetti su diverse di queste dottrine alcuni di loro parlarono rettamente confutandole e non sono affatto da riprendere ma piuttosto da imitare.

Casi in cui i cosiddetti padri hanno insegnato dottrine false non accettate dalla chiesa cattolica romana oggi

 

Abbiamo più volte accennato al fatto che i cosiddetti padri della chiesa insegnarono anche delle dottrine false. Questi esempi lo confermano:

-  Ireneo insegnava che i santi non vanno subito in cielo appena morti perché vi entreranno solo dopo la risurrezione: ‘Poiché il Signore ‘se n’è andato in mezzo all’ombra della morte’, dove erano le anime dei morti, poi è risorto corporalmente e dopo la risurrezione è stato elevato al cielo, è chiaro che anche le anime dei suoi discepoli, per i quali il Signore ha fatto queste cose, andranno nella regione invisibile, assegnata loro da Dio, e lì dimoreranno fino alla risurrezione, aspettando la risurrezione; poi riprenderanno i loro corpi e risusciteranno integralmente, cioè corporalmente, come risuscitò il Signore, e così andranno al cospetto di Dio. (...) Come dunque il nostro Maestro non se n’è andato appena si fu allontanato dal corpo, ma fu elevato al cielo dopo avere atteso il tempo della sua risurrezione stabilito dal Padre, il tempo indicato precedentemente per mezzo di Giona, ed essere risuscitato dopo tre giorni, così anche noi dobbiamo attendere il tempo della nostra risurrezione stabilito da Dio e preannunziato dai Profeti per poi risuscitare ed essere elevati al cielo, quelli che il Signore giudicherà degni di questo’.[1708]

-  Giovanni Damasceno (VII - VIII sec.) annoverava i cosiddetti Canoni apostolici (una collezione di 85 canoni, la maggior parte di essi discipli­nari e presi da locali concili Orientali del quarto secolo) tra i libri ispirati del Nuovo Testamento.[1709]

-  Origene affermò la preesistenza delle anime cioè che l’anima dell’uomo non è stata creata assieme al corpo ma prima del corpo e poi è stata inserita nel corpo dall’esterno. Egli quindi soste­neva che gli uomini sulla terra venivano premiati o puniti da Dio in base a dei loro meriti o demeriti della loro precedente vita. Nei Principi affermò a riguardo di Giacobbe ed Esaù: ‘Allora, dopo avere esaminato più a fondo le scritture riguardo a Giacobbe ed Esaù, troviamo che non dipende da ingiustizia di Dio che prima di essere nati e di avere fatto alcunché di bene o di male - cioè in questa vita -, sia stato detto che il maggiore avrebbe servito al minore; e troviamo che non è ingiusto che nel ventre della madre Giacob­be abbia soppiantato suo fratello (...), se crediamo che per i meriti della vita precedente a ragione egli sia stato amato da Dio sì da meritare di essere preposto al fratello..’.[1710] Origene insegnava anche che tutti i peccatori, il diavolo e i demoni un giorno saranno salvati, infatti, parlando del fatto che un giorno tutti i nemici di Cristo saranno posti sotto i suoi piedi disse: ‘In che modo i nemici del salvato­re siano posti dal padre come sgabello dei suoi piedi, conviene intenderlo degnamente, secondo la bontà di Dio (...) Infatti non dobbiamo credere che Dio ponga i nemici di Cristo come sgabello dei suoi piedi nello stesso modo in cui i nemici sono posti sotto i piedi dei re terreni che li sterminano (...) Invece Dio pone i nemici di Cristo come sgabello dei suoi piedi non per la loro distruzione ma per la loro salvezza (...) Vedi perciò che per tutti costoro soggezione significa salvezza dei sottomessi’.[1711] Questa dottrina è denominata apocatastasi.[1712] E sempre Origene sosteneva che le pene per i malvagi non sono eterne. Per lui alla fine anche i peccatori, dopo un periodo di purificazione, saranno salvati.

-  Gregorio di Nissa insegnava l’apocatastasi come Origene; ecco quanto egli disse commentando le parole di Paolo : “Affinché nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio nei cieli, sulla terra e sotto la terra”:[1713] ‘A mio parere l’Apostolo divino, tenendo presen­ti nella sua profonda sapienza queste tre condizioni che si notano nelle anime, ha voluto alludere all’accordo nel bene che un giorno si stabilirà tra tutte le nature razionali (...) Con queste sue parole egli allude al fatto che, una volta distrutto il male dopo un lunghissimo periodo di tempo, non rimarrà altro che il bene. Anche queste nature, infatti, riconosceranno concordemente la signoria di Cristo’,[1714] ed in un altro luogo dice: ‘Il proposito di Dio è uno solo: rendere possibile a tutti la partecipazione ai beni che si trovano in lui non appena il numero naturale di noi uomini avrà raggiunto la sua pienezza - parlo sia degli uomini che si sono purificati dal vizio già in questa vita, sia di quelli che, dopo questa vita, sono stati curati dal fuoco per un periodo di tempo conveniente, sia di quelli che in questa vita non hanno conosciuto né il bene né il male’.[1715]

-  Ilario di Poitiers (nato tra il 310 e il 320 e morto nel 367) affermò che Gesù Cristo sulla croce non sentì dolore: ‘Su questa sua umanità, sebbene cadessero le per­cosse o giungessero le ferite o si avvolgessero i nodi o il corpo fosse appeso, tutte queste cose mostravano la violenza della passione, tuttavia non producevano il dolore della passione (..) il corpo di Cristo, per sua virtù, subì la violenza dei maltratta­menti che gli erano inflitti senza avvertire il dolore’.[1716]

-  Arnobio insegnava che Dio non era il creatore delle anime: ‘E poi? Solo noi ignoriamo, non conosciamo chi creò le anime, chi le formò...?’[1717] e diceva che le anime dei peccatori erano mortali: ‘E invero sono precipitate giù e, ridotte al nulla, scompaiono per l’azione vanificante di una distruzione irrimediabile. Sono infatti di media qualità come si sa per l’insegnamento di Cristo, tali cioè che possono morire se non conoscono Dio (..) l’anima, ignorando Dio, sarà consumata mediante tormenti di lunghissima durata dal fuoco tremendo... Non c’è motivo, quindi, che ci inganni, non c’è motivo che ci faccia concepire speranze infondate quel che si dice da taluni pensatori recenti e fanatici per l’eccessiva stima di se stessi che, cioè, le anime sono immortali...’.[1718]

-  Giustino Martire insegnava che le anime dei credenti alla morte non vanno subito in cielo: ‘Che se voi vi siete imbattuti in sedicenti Cristiani che non facciano questa confessione, ma osino anche vituperare il Dio d’Abramo, il Dio d’Isacco e il Dio di Giacobbe, e neghino la risurrezione dei morti, sostenendo invece, che all’atto del morire, le loro anime siano assunte in cielo, non riteneteli per Cristiani’.[1719] Giustino Martire insegnava pure che le pene per i dannati non saranno eterne, perché dopo un certo periodo di tempo saranno annichiliti.

-  Taziano (II sec.) insegnò un generale dissolvimento di tutto l’uomo tra la morte e la risurrezione;

-  Clemente d’Alessandria (II-III sec.) disse che la filosofia conduceva alla conoscenza di Dio infatti dopo avere citato alcune dichiarazioni di alcuni filosofi disse: ‘Bastano anche queste affermazioni scritte da pagani per ispirazione di Dio e da noi scelte, per condurre alla conoscenza di Dio chi è capace anche in piccola misura di scoprire la verità’.[1720] Sempre lui affermò che Gesù non ebbe né fame né sete perché se egli mangiò e bevve lo fece solo per dimostrare la sua natura umana e non per necessità, ecco cosa dice infatti nel suo libro Stromata: ‘Lo ‘gnostico’ è tale che soggiace soltanto alle passioni che sono in funzione del mantenimento del corpo, come fame, sete e simili. Quanto al Salvatore, invece, sarebbe ridicolo pensare che il corpo, in quanto corpo, richiedesse i necessari servigi per il mantenimento; non è che Egli mangiasse a causa del corpo, che era tenuto in vita da una santa potenza, ma perché in chi lo frequen­tava non si insinuassero falsi pensieri intorno a Lui, come in effetti alcuni poi credettero che Egli si fosse manifestato solo in apparenza. In realtà Egli era assolutamente immune da passio­ne; nessun moto di passione penetrava la sua persona, né piacere né dolore’.[1721] Clemente diceva anche che gli apostoli alla loro morte evangeliz­zarono le anime nell’Ades: ‘..gli apostoli, seguendo il Signore, evangelizzarono anche quelli che si trovavano nell’Ade; eviden­temente era necessario che i migliori discepoli diventassero imitatori del Maestro anche là..’.[1722] Un’altra strana dottrina di Clemente era quella che sosteneva che il peccato che commisero i nostri progenitori nel giardino d’Eden, fu di natura sessuale.

-  Tertulliano insegnava il traducianesimo materialista, ossia la teoria secondo la quale le anime vengono trasfuse ai figli dai genitori mediante il seme materiale. Ecco la sua dichiarazione: ‘In che modo dunque è stato concepito l’essere vivente? Essendosi formata insieme la sostanza sia del corpo che dell’anima o for­mandosi prima una di queste due? Noi affermiamo che entrambe queste sostanze vengono concepite, fatte e portate a compimento nello stesso momento, proprio come nello stesso momento vengono anche fatte uscire, e diciamo anche che non vi è alcun momento all’atto del concepimento in cui venga stabilito un ordine di precedenza (...) L’anima inseminata nell’utero insieme con la carne riceve insieme con essa anche il sesso..’.[1723] La chiesa cattolica romana rigetta questa dottrina infatti afferma: ‘..un cattolico non può sostenere nessuna specie di traducianesi­mo: quello materialista perché eretico (esso nega infatti la spiritualità dell’anima)...’.[1724] Sempre Tertulliano insegnava che solo le anime dei fedeli morti martiri andavano subito in cielo, le anime degli altri invece scendevano negli inferi e precisamente nel seno d’Abramo. Ecco quello che egli disse: ‘Finché la terra è intatta, per non dire chiusa, essa non apre a nessuno il cielo. Il regno dei cieli infatti verrà aperto con la fine del mondo (...) Quanti sperimentano questa nuova morte in nome di Dio, violenta appunto come quella di Cristo, sono accolti in un luogo diverso e particolare (...) La sola chiave del paradiso è il tuo sangue. Vi è anche un mio libro sul paradiso, in cui ho mostrato che tutte le altre anime riman­gono negli inferi fino al giorno della seconda venuta del Signo­re’.[1725] Tertulliano affermava che per i credenti l’omicidio, l’idolatria, la frode, l’adulterio e la fornicazione e qualsiasi altra profa­nazione del tempio di Dio sono peccati imperdonabili.[1726] Tertulliano affermava che tutti coloro che non si erano ancora sposati dovessero rimandare il battesimo: ‘Per motivi non meno seri dovrebbero rimandare il loro battesimo tutti quelli che non si sono ancora sposati; molti pericoli e molte prove stanno davanti a loro, si tratti di gente ancora vergine che sta cre­scendo negli anni o di gente vedova che non sa ancora che pesci pigliare..; costoro dovrebbero rimandare il battesimo fino a quando non si siano decisi o a sposarsi o a impegnarsi con corag­gio nella castità’.[1727]

-  Agostino affermò che i bambini che non si comunicavano sotto le due specie non potevano essere salvati; ‘Nessuno senza il Batte­simo ed il sangue del Signore può sperare la salvezza e la vita eterna; invano, senza questi sacramenti, la vita eterna è promes­sa ai bambini’.[1728] Agostino sosteneva il traducianesimo spiritualista, che si diffe­renziava da quello materialista di Tertulliano in quanto secondo esso l’anima del figlio deriverebbe dall’anima del genitore. Ecco come si espresse: ‘Come una fiaccola ne accende un’altra senza che la fiamma comunicante perda nulla della sua luce, così l’ani­ma si trasmette dal padre al figlio’.[1729] Anche questo tipo di traducianesimo è rigettato dalla chiesa cattolica romana: ‘..un cattolico non può sostenere nessuna specie di traducianesimo... quello spiritualista (sia che faccia derivare l’anima del figlio da un seme spirituale, sia che attri­buisca all’azione dei genitori un’attività creatrice) perché erroneo’.[1730]

Agostino insegnava che le relazioni carnali in ambito matrimoniale erano legittime solo se avevano il fine di pro­creare altrimenti costituivano dei peccati. Egli infatti ebbe a dire: ‘Quanto al fatto che i coniugati cedano alla concupiscen­za usando il loro rapporto matrimoniale al di là di quello che è necessario per la procreazione dei figli, anche questo lo pongo tra le cose per le quali ogni giorno noi preghiamo: Perdona le nostre offese come noi perdoniamo a chi ci ha offeso’,[1731] ed anche: ‘...rendere il debito coniugale non è affatto una colpa, esigerlo oltre la necessità di procreare è un peccato veniale’.[1732] La chiesa papista attualmente contraddice il suo padre Agostino perché non reputa peccato le relazioni carnali che non hanno come fine la procreazione (mentre Agostino come abbiamo visto le considerava dei peccati) ed è a favore del controllo delle nascite (a cui Agostino si opponeva perché era per la procreazione a tutti i costi). Però di un controllo delle nascite che non si basa su mezzi come l’aborto, l’interruzione dell’atto, sterilizzazione e antifecondativi chimici e meccanici (questi mezzi sono dichiarati da essa illeciti), ma su altri mezzi come l’astensione dell’atto coniugale per sempre (continenza assoluta) o per un tempo determinato (continenza temporanea) o soltanto periodicamente nelle presunte epoche di fecondibilità. Questi mezzi, quando sono accompagnati da ‘motivi morali sufficienti e sicuri, rendono lecita una regolazione della prole’.[1733]

-  Atenagora definì adulterio le seconde nozze: ‘La norma della nostra vita non consiste nell’esercizio delle parole ma nel dimostrare ed insegnare con le opere: si rimane come si è nati oppure ci si accontenta di un solo matrimonio. Le seconde nozze non sono altro che un decoroso adulterio (...) E chi si separa dalla prima moglie, anche se questa è morta, è un adultero dissimulato e agisce contro la mano di Dio perché Dio al principio plasmò un solo uomo e una sola donna, trasgredisce in tal modo la comunione di carne con carne, secondo l’unità che si realizza nell’unione delle persone’.[1734]

-  Lattanzio negò la divinità di Cristo. Nel suo libro Istituzio­ni divine fece le seguenti affermazioni: ‘Dio, che è il Modella­tore e il Fondatore delle cose, come abbiamo detto nel secondo libro, prima di intraprendere questa opera del mondo, generò il santo e incorruttibile spirito che Egli chiamò Suo Figlio. E nonostante Egli dopo ne creò innumerevoli altri, che noi chiamiamo angeli, questo solo è il Suo Primogenito Figliuolo, degno dell’appellativo del Divino Nome, cioè, Egli possiede il potere e la maestà del Padre’;[1735] ‘In primo luogo noi atte­stiamo che Egli nacque due volte; prima, nello spirito, più tardi, nella carne’;[1736] ‘Perché nella prima nascita spiri­tuale Egli fu senza una madre dato che fu generato da Dio il Padre solamente, senza la funzione di una madre. Nella seconda, quella secondo la carne, Egli fu senza un padre, dato che fu formato in un seno vergine senza la funzione di un padre...’.[1737] Lattanzio insegnava anche che dopo la morte tutte le anime ‘sono trat­tenute in una custodia comune, fino a che giungerà il tempo in cui il Grande Giudice terrà l’esame dei meriti’.[1738]

-  Girolamo per scoraggiare una vedova di nome Furia dal risposarsi le scrisse: ‘Quante spine porti con sé il matrimonio, l’hai constatato a tue spese durante la vita matrimoniale. Te ne sei saziata fino alla nausea, come gli Ebrei della carne di quaglia. Il tuo palato ha provato l’amarezza infinita del fiele, hai vomitato cibi acidi e malsani, hai mitigato l’arsura dello stomaco; perché vorresti ancora ingerire cose che ti sono state di danno? proprio come un cane che ritorna ai cibi vomitati, o un maiale al fango dove s’è voltolato? Persino gli animali che non hanno la ragione, compresi gli uccelli migratori, non vanno a ricadere nelle medesime trap­pole e reti! (...) L’uomo che una madre porta in casa ai figli non è un padrigno ma un nemico; è tutt’altro che un padre; è un tiran­no (....) Confessa apertamente i tuoi desideri poco puliti! Nessuno, giustamente, va a marito per non dormire poi col marito’.[1739] Ecco con che termini dispregiativi si esprimeva Girolamo attorno al matrimonio che voleva contrarre una vedova. Sempre Girolamo nel commento ai Galati disse che Paolo quando rimproverò Pietro dicendogli: “Se tu, che sei Giudeo, vivi alla Gentile e non alla giudaica, come mai costringi i Gentili a Giudaizzare?”[1740] usò una menzogna strategica. Per confermare questo citiamo una affermazione dello stesso Girolamo presa da una sua lettera scritta ad Agostino: ‘In secon­do luogo mi chiedi perché nei Commentari sulla lettera ai Galati ho detto che Paolo non ha potuto riprendere Pietro per un fatto compiuto pure da lui stesso, cioè riprendere un altro di simula­zione, di cui egli stesso era colpevole. Tu invece sostieni che il rimprovero dell’Apostolo non fu finto, ma autentico e che perciò io non dovrei insegnare che lì si tratta di menzogna, ma che tutto ciò che sta scritto nella Bibbia deve essere inteso come sta scritto’.[1741] Ma Girolamo, per difendere la condotta di Pietro ad Antiochia, si spinge ad accusare Paolo di avere simulato anche lui, in altre parole di avere agito in alcune circostanze anche lui come Pie­tro, e perciò egli non doveva rimproverare Pietro come fece, infatti dopo avere citato i passi della Scrittura dove Luca racconta che Paolo tornato a Gerusalemme, dietro consiglio dei fratelli, prese quattro fratelli che avevano fatto un voto e, dopo essersi purificato, entrò nel tempio annunziando di volere compiere i giorni della purificazione, fino alla presentazione dell’offerta per ciascuno di loro, Girolamo afferma: ‘Oh, Paolo! Anche a proposito di questo fatto ti domando: ‘Perché mai ti facesti radere la testa? Perché mai hai fatto la processione a piedi nudi secondo il rito giudaico? Perché mai avresti offerto sacrifici e per te sarebbero state immolate vittime prescritte dalla Legge mosaica?’ Certamente risponderai: ‘Perché non si scandalizzassero i Giudei convertiti’. Ti fingesti dunque Giudeo per salvare i Giudei. E questa simulazione ti fu insegnata da Giacomo e dagli altri seniori: eppure non riuscisti a scamparla (...) Abbiamo visto che Pietro e Paolo finsero l’uno come l’altro d’osservare i precetti della Legge per paura dei Giudei. Con quale faccia, allora, con quale ardire ha potuto Paolo biasimare l’altro di una mancanza commessa pure da lui stesso?’.[1742] In altre parole, per Girolamo, Pietro ad Antiochia fece solo finta di osservare la Legge per non fare allontanare i Giudei dalla fede in Cristo (e quindi si comportò bene), e Paolo usò una bugia strategica per calmare gli animi perché anche lui altre volte faceva finta di osservare la legge per non scandaliz­zare i Giudei credenti.[1743]

Ora, queste strane dottrine qui sopra citate neppure la chiesa cattolica romana le accetta, ma rimane il fatto che esse erano proclamate da quelle stesse persone che lei prende per sostenere la sua tradizione. Quindi la tradizione dei suoi padri, secondo lei, si suddivide in una parte buona e in una cattiva; in una parte vera e in un altra mendace; la prima è da accettare la seconda no. Quindi neppure lei venera la sua tradizione al pari delle Scritture, perché non accetta tutto quanto quello che i suoi padri hanno detto. E questo naturalmente essa è costretta a farlo perché riconosce le contraddizioni che ne deriverebbero se dovesse accettare tutto quello che essi hanno detto. Ha deciso perciò di accettare solo quei loro insegnamenti che piacciono a lei e che le servono a confermare le sue presenti tradizioni. Il fatto è però che anche quegli insegnamenti dei cosiddetti padri che lei ha preso per sostenere la sua tradizione sono mendaci e sono da rigettare, ma lei li ritiene e li venera perché sono per lei una fonte di guadagno.

Per ciò che ci riguarda, le eresie dei cosiddetti padri sopra citate ci mostrano come quegli uomini non si possono citare affatto come autorità, come invece viene fatto dalla chiesa romana, e non sono per nulla degni di fiducia come lo sono invece i profeti e gli apostoli. Certo, è vero che non tutto quello che essi dissero è falso ma rimane il fatto che non ci si deve per nulla appoggiare a loro nella comprensione delle Scritture se non si vuole rimane­re ingannati dai loro errori così tanto diffusi nei loro scritti. Ricordatevi che i Cattolici romani sono rimasti ingannati non dalle Scritture, perché esse non ingannano nessuno, ma dalle interpretazioni arbitrarie date alle Scritture dai loro cosiddet­ti padri. Perciò vi esorto ad essere molto prudenti nel caso doveste leggere gli scritti di Agostino, di Girolamo, di Tertul­liano, di Clemente d’Alessandria, di Origene e degli altri cosiddetti padri della chiesa.

Casi in cui le dottrine false dei cosiddetti padri sono accetta­te dalla chiesa cattolica romana oggi

 

Facciamo ora alcuni esempi di dottrine false insegnate dai cosid­detti padri che la chiesa romana accetta.

-  Ireneo.

La superiorità della chiesa di Roma. Egli disse: ‘Ma poiché sarebbe troppo a lungo in quest’opera enumerare le successioni di tutte le Chiese, prenderemo la Chiesa grandissima e antichissima e a tutti nota, la Chiesa fondata e stabilita a Roma dai due gloriosissimi apostoli Pietro e Paolo. Mostrando la tradizione ricevuta dagli Apostoli e la fede annunciata agli uomini che giunge fino a noi attraverso le successioni dei vescovi confondiamo tutti coloro che in qualunque modo, o per infatuazione o per vanagloria o per cecità e per errore di pensiero, si riuniscono oltre quello che è giusto. Infatti con questa Chiesa, in ragione della sua origine più eccellente, deve necessariamente essere d’accordo ogni Chiesa, cioè i fedeli che vengono da ogni parte - essa nella quale per tutti gli uomini sempre è stata conservata la tradizione che viene dagli Apostoli’.[1744]

-  Tertulliano.

La tradizione. Dopo avere detto che ai suoi giorni per consuetu­dine si battezzava per triplice immersione, che dopo il battesimo i credenti mangiavano un miscuglio di latte e miele e che a partire da quel giorno non si facevano il bagno per tutta la settimana successiva, che le oblazioni per i defunti venivano fatte nell’anniversario della loro morte e che digiunare o adora­re Dio in ginocchio di domenica veniva reputato un’empietà e che ‘tutte le volte che iniziamo o terminiamo qualcosa, tutte le volte che entriamo o usciamo di casa, quando ci vestiamo, ci mettiamo i calzari, andiamo al bagno, ci mettiamo a tavola, accendiamo le lucerne, andiamo a letto, ci sediamo, qualsiasi sia l’occupazione alla quale ci accingiamo, facciamo sovente sulla nostra fronte un piccolo segno di croce’, egli dice: ‘Per queste e altre simili prassi della disciplina cristiana, se tu pretendi delle norme bibliche, non ne troverai nessuna. Alla loro fonte ti saranno invece mostrate la tradizione che ne ha causato l’origine, la consuetudine che ne ha motivato la continuità e la fedeltà che spinge ad osservarle’.[1745] Queste parole di Tertulliano (che come potete vedere contraddicono le sue stesse parole citate prima) vengono prese dalla curia romana a sostegno della tradizione non scritta.

Per loro naturalmente sono una conferma che una cosa per essere accettata dai credenti non ha bisogno di essere per forza di cose scritta nella Bibbia. Per noi invece esse confermano che già ai tempi di Tertulliano molti credenti si erano messi a fare certe cose per tradizione senza preoccuparsi del fatto che esse erano pratiche non scrittu­rali, e ad esse naturalmente se ne aggiunsero molte e molte altre con i secoli che finirono coll’annullare il Vangelo. Bisogna fare notare però a proposito di queste cosiddette tradizioni apostoliche riferite da Tertulliano nei suoi scritti che la chiesa cattolica romana molte oggi non le accetta, il che significa smentire uno dei suoi padri e cadere nell’ennesima contraddizione. Infatti essa dice che la tradizione apostolica è Parola di Dio da rispet­tarsi come la Scrittura ed essa ne rigetta alcune parti!

-  Agostino.

Perpetua verginità di Maria. Egli disse: ‘Vergine concepì, vergine partorì, vergine rimase’[1746] e: ‘Quando pertanto sentite parlare di fratelli del Signore, pensate a consanguinei di Maria, non v’immaginate una prole venuta da ulteriore parto di lei. Come infatti nel sepolcro ove fu posto il corpo del Signore, non giacque né prima né dopo alcun morto, così il grembo di Maria né prima né poi concepì alcun essere mortale’.[1747]

La messa come ripetizione del sacrificio di Cristo. Egli disse: ‘Cristo non s’è forse immolato da se stesso una sola volta? Eppure nel miste­ro liturgico s’immola per i fedeli non solo ogni ricorrenza pasquale, ma ogni giorno. E non mentisce di certo chi, interroga­to se Cristo veramente s’immola, risponde di sì’.[1748]

Il digiuno eucaristico. ‘Da ciò si può comprendere che fu lui (Paolo) a stabilire il digiuno eucaristico che non è modificato da alcuna diversità di usanze’.[1749]

La tradizione. ‘Quanto invece alle prescrizioni non scritte ma che noi conserviamo trasmesse per via della tradizione e sono osser­vate in tutto il mondo, ci è facile capire che sono mantenute in quanto stabilite e raccomandate dagli stessi Apostoli o dai Concili plenari, la cui autorità è utilissima alla salvezza della Chiesa; di tale genere sono le feste celebrate nella ricorrenza anniversaria della Passione, Risurrezione e Ascensione del Signo­re, la discesa dello Spirito Santo, e simili altre ricorrenze che si osservano dalla Chiesa Cattolica ovunque essa è diffusa’.[1750]

Negazione che la prima risurrezione nell’Apocalisse è la risur­rezione corporale dei giusti e negazione del regno millenario di Cristo sulla terra alla sua venuta. ‘Vi sono due risurrezioni: la prima, che avviene ora ed è la risurrezione delle anime, che non permette di cadere nella seconda, che non avviene ora ma avverrà alla fine del mondo, e che non riguarda le anime, ma i corpi (...) L’evangelista Giovanni ha parlato di queste due risurrezioni nel libro dell’Apocalisse in modo che la prima delle due, non compresa da taluni dei nostri, fu scambiata per una ridicola favoletta (...) Coloro che sulla base delle parole di questo libro hanno ipotizzato che la prima risurrezione sarà la risurrezione del corpo, fra l’altro sono stati soprattut­to colpiti dal numero di mille anni (...) egli ha parlato di mille anni per indicare precisamente tutti gli anni di questo mondo, volendo evidenziare con un numero perfetto la stessa pienezza del tempo (...) perciò il numero mille indica la totalità, poiché è il quadrato di dieci che diventa un solido’.[1751] In altre parole, la prima risurrezione di cui parla Giovanni nell’Apocalisse è la risurrezione spirituale che secondo Agostino si sperimenta col battesimo; i mille anni sono il periodo di tempo che intercorre tra la prima venuta di Cristo e il suo ritorno, e la seconda risurrezione è la risurrezione corporale.

Negazione del fatto che non tutti morranno. ‘..riteniamo che anche quanti il Signore troverà vivi in quel breve spazio di tempo subiranno la morte e acquisteranno l’immortalità...’.[1752]

Negazione della distruzione di questo cielo e di questa terra. ‘Una volta compiuto questo giudizio, allora questo cielo e questa terra cesseranno d’esistere e cominceranno ad esistere un cielo nuovo e una terra nuova; infatti questo mondo passerà per una trasformazione delle cose, non per un totale annientamento’;[1753] ‘Quanto poi alle parole: Il mare non c’era più (....) Allora infatti non ci sarà questo mondo agitato e burrascoso, che è la vita dei mortali, indicato con il nome di mare’.[1754]

Il battesimo degli infanti. ‘Il bambino quindi è reso fedele non da un atto volontario della fede simile a quello dei fedeli adulti, ma dal sacramento della stessa fede. Poiché, allo stesso modo che il padrino risponde ch’egli crede, così pure si chiama fedele non col dare l’assenso personale della sua intelligenza, ma col ricevere il sacramento della stessa fede. Quando poi egli comincerà a capire, non avrà bisogno di un nuovo battesimo, ma comprenderà il sacramento ricevuto e si conformerà, col consenso della volontà, alla realtà spirituale da esso rappresentata’.[1755]

Il battesimo cancella i peccati. ‘Il sacramento del Battesimo, istituito contro il peccato originale, affine di cancellare, mediante la rigenerazione spirituale, la macchia della generazione carnale, cancella anche i peccati attuali che trova in noi e che avremo potuto commettere con pensieri, con parole e con opere’.[1756]

Il potere di rimettere i peccati del battesimo di sangue in assenza di quello con acqua. ‘Anche se non si è ricevuto il lavacro di rigenerazione, la morte dovuta alla professione di fede in Cristo ha lo stesso potere di rimettere i peccati che l’acqua del santo battesimo’.[1757]

Il purgatorio. ‘Se il fanciullo ha ricevuto i sacramenti del Mediatore, se cioè verrà trasferito dalla potestà delle tenebre nel regno di Cristo, anche se morirà in quell’età, non solo eviterà le pene eterne, ma non soffrirà neppure le pene del purgatorio’;[1758] ‘Secondo questa opinione, nell’intervallo di tempo che corre dalla morte di questo corpo fino a quando si giungerà al giorno in cui avver­rà la resurrezione dei corpi - giorno dell’estremo giudizio nel quale si pronunzierà la sentenza del premio o del castigo - le anime dei defunti che, durante la loro vita terrena, non hanno avuto costumi e affetti tali da meritare di essere consumati come legna, fieno e paglia, non subiranno il fuoco che brucerà quelle anime che non vissero in tale modo. Queste saranno afflitte dal fuoco di una tribolazione passeggera che brucerà a fondo le costruzioni di legno, fieno e paglia, non meritevoli di eterna condanna; e le brucerà o su questa terra, o quaggiù e nell’aldi­là, o solo nell’altra vita. A questa opinione non mi oppongo perché forse è un opinione vera’.[1759]

Le preghiere per i morti. ‘La stessa preghiera della Chiesa o di qualche uomo pio a favore di alcuni defunti è esaudita, ma sol­tanto per quelli che, rigenerati in Cristo, non hanno condotto nel loro corpo una vita tanto cattiva da essere giudicati indegni di questa misericordia, ma neppure una vita così buona da non avere bisogno di quella misericordia’.[1760]

Il suffragio in favore dei morti. ‘Dobbiamo ammettere che le anime dei trapassati possono ricevere qualche sollievo dalla pietà dei parenti, quando per esse offrono il santo Sacrificio del Mediatore, ovvero distribuiscono elemosine ai poveri. Ma questi suffragi profitteranno soltanto a coloro i quali, durante la loro vita, avranno meritato che queste opere buone possano essere loro applicate. Vi sono degli uomini la cui vita non è stata né abbastanza buona da non avere bisogno di suffragi, né abbastanza cattiva da non potere ricevere alcun sollievo. Ve ne sono degli altri così santi da non averne bisogno, o così cattivi da non potere trarne nessun profitto’ (...) A coloro cui possono essere di giovamento, essi ne ricavano questo vantaggio: o ricevono piena ed intera remissione delle loro colpe, o certamente qualche sollievo nel rigore delle loro pene’.[1761]

I santi martiri che sono in cielo fanno miracoli. ‘Quei martiri, dunque, che ora possono impetrare tali grazie dal Signore per il cui nome furono uccisi, morirono per la fede nella risurrezione; per essa soffrirono con ammirabile pazienza, e ora possono manifestare una simile potenza nell’ottenere miracoli (...) Crediamo dunque ad essi che dicono la verità e che compiono tanti miracoli, poiché i martiri morirono proclamando la verità ed è per questo che possono fare i miracoli che noi vediamo’.[1762]

Il riconoscimento della canonicità dei libri apocrifi. Nel suo libro L’Istruzione cristiana Agostino enumerando i libri canonici dell’Antico Patto vi include anche Tobia, Giuditta, i due libri dei Maccabei e l’Ecclesiastico e la Sapienza.[1763] Quindi quando si sente dire che Agostino diceva di sottomettersi ai libri canonici si deve tenere presente che tra di essi per lui - a differenza di Girolamo - c’erano pure i libri apocrifi.

L’autorità della chiesa. ‘Non crederei al Vangelo se a ciò non mi movesse l’autorità della Chiesa Cattolica’.[1764]

-  Giovanni Damasceno.

L’adorazione delle immagini. ‘Succ­ede certamente sovente che alcune volte quando non abbiamo la Passione del Signore nella mente noi possiamo vedere l’immagine della sua crocifissione e, ricordandoci così la sua Passione redentrice, ci prostriamo e adoriamo. Ma non è il materiale che noi adoriamo, ma quello che è rappresentato (...) Questa è la tradizione scritta, come lo è l’adorare rivolti a oriente, adorare la croce, e così molte altre cose simili’;[1765] ‘Questo legno davvero prezioso e degno di venerazione, perciò, sul quale Cristo si sacrificò per noi, deve giustamente divenire oggetto della nostra adorazione, giacché fu come santifi­cato dal contatto con il santissimo corpo e sangue del Signore’.[1766]

L’assunzione in cielo di Maria. ‘Gli angeli assieme agli arcangeli ti hanno trasportato (...) Le potenze celesti ti si fanno incontro con sacri cantici ed un festoso rituale, dicendo press’a poco: Chi è costei che s’avanza come l’aurora, bella come la luna, eletta come il sole? (...) Il re ti ha fatto entrare nella sua stanza, dove le potestà vegliano su di te, i principati ti benedicono, i troni ti fan festa, i cherubini rimangono interdetti per la gioia e lo stupore, i serafini canta­no le lodi per te, che fosti realmente la madre del Signore (...) Il tuo corpo, immacolato ed esente da qualsiasi contaminazione, non è stato lasciato sulla terra, ma tu, o regina, signora e padrona, vera madre di Dio, sei stata assunta nella regale dimora celeste. Il cielo ha attirato a sé colei la cui grandezza era superiore a quella dei cieli’.[1767]

-  Girolamo.

Perpetua verginità di Maria. Nella sua lettera contro Elvidio egli sostiene che Maria dopo avere partorito Gesù è rimasta vergine e che quelli che la Scrittura chiama fratelli e sorelle di Gesù non erano figli partoriti da Maria.

Celibato sacerdotale. In una lettera a Gioviniano il quale criticava la vita monastica e il celibato sacerdotale, Girolamo parlò del matrimonio con disprezzo. Egli citò, per difendere il celibato sacerdotale, un passo di Teofrasto che diceva tra le altre cose: ‘L’uomo saggio non prenderà mai moglie...E’ da stolti prendere moglie per procreare figliuoli onde il nostro nome sopravviva nel mondo, abbia soste­gni la nostra vecchiaia...’. Bisogna dire che nei suoi scritti sovente si avverte questa sua avversione al matrimonio; non che lo vieta (nel suo scritto Verginità e matrimonio ha affermato che lui non condanna le nozze), ma certamente ne parla con di­sprezzo più di una volta al fine di invogliare gli uomini e le donne a non sposarsi e a darsi alla vita monastica alla quale si era dato lui stesso. Per questa ragione Girolamo va annoverato tra coloro che hanno contribuito con i loro scritti, esaltanti all’inverosimile il celibato, a vietare il matrimonio ai sacer­doti cattolici. E difatti la chiesa cattolica romana lo prende per sostenere il suo celibato sacerdotale e la vita monastica.

Venerazione delle reliquie. In una sua lettera a Ripario gli dice a proposito di un certo Vigilanzio che era contro la venerazione delle reliquie: ‘Mi dici che Vigilanzio (...) ha riaperto la sua bocca schifosa, che sta vomitando un letamaio di putridume contro le reliquie dei santi martiri, e che noi - che ne ammettiamo il culto - ci chiama cinerari e idolatri, perché - dice - veneriamo le ossa di uomini che sono morti. Che uomo disgraziato! Bisognerebbe dar sfogo a tutte le sorgenti di lacrime per piangerlo! Ma è possibile che non capisca che, dicendo queste cose, è tale e quale un samaritano o un giudeo? Sono persone, queste, che ritengono immondi i cadaveri umani, e sospettano persino di contaminazione gli oggetti che si trovano nella loro casa. Ma sì! vanno dietro alla lettera che uccide, e non allo spirito che vivifica! (...) Le reliquie dei martiri le onoriamo per adorare il Dio per il quale essi si sono fatti martiri! (...) Se le reliquie dei martiri non bisogna onorarle, come mai leggiamo; E’ preziosa agli occhi del Signore, la morte dei suoi santi?’[1768]

Il vescovo di Roma è il successore di Pietro. In una lettera a Damaso, vescovo di Roma, gli dice: ‘Per questo ho deciso di consultare la Cattedra di Pie­tro, dove si trova quella fede che la bocca di un Apostolo ha esaltato; vengo ora a chiedere un nutrimento per la mia anima lì, dove un tempo ricevetti il vestito di Cristo (...) La tua grandezza, a dire il vero, mi mette in soggezione, ma la tua bontà m’atti­ra (...) Metti da parte ciò che è invidiabile, sottraiti un momento al fasto dell’altissima dignità romana; è col successore del pescatore e con un discepolo della croce che desidero parlare. Io non seguo altro primato che quello di Cristo; per questo mi metto in comunione con la tua Beatitudine, cioè con la cattedra di Pietro. So che su questa pietra è edificata la Chiesa’.[1769]

-  Cipriano.

Il battesimo rigenera. ‘L’acqua deve essere prima purificata e santificata dal sacerdote, perché possa cancellare con il battesimo i peccati di chi viene battezzato’.[1770]

-  Crisostomo.

Le preghiere per i morti. ‘Piangiamo i nostri defunti, che si sono dipartiti nei peccati, veniamo loro in aiuto con tutte le forze. Come ed in che modo? Pregando noi stessi per loro e pregando altri di pregare per essi, e donando incessantemente per essi ai poveri’.[1771]

I cosiddetti padri l’uno contro l’altro

 

Ora, da come parlano i teologi cattolici romani della loro tradi­zione i loro padri sono degni di fiducia e quindi sono arbitri della fede degli uomini. Molti quindi, nella loro ignoranza, si fanno l’idea che essi erano tutti di pari consentimento. Noi adesso dimostreremo invece che gli amati padri della chiesa romana non andavano d’accordo neppure tra loro su diverse cose (alcune di queste divergenze che citeremo si evincono dalle loro citazioni fin qui viste) e scrissero l’uno contro l’altro.

Policarpo (70 ca. - 155) affermava che la Pasqua andava celebrata il quattordi­cesimo giorno del mese di Nisan non importa che giorno della settimana fosse, mentre Aniceto (II sec.) vescovo di Roma affermava che la Pasqua andava celebrata la domenica più vicina al quattordici del mese di Nisan.

Cipriano affermava che il battesimo degli eretici non era valido infatti disse: ‘Abbiamo decretato che il battesimo stabilito nella Chiesa cattolica deve rimanere unico. Per questo motivo noi non ribattezziamo, ma battezziamo coloro che provengono da un’acqua adultera e profana, perché costoro devono essere lavati e santificati dall’acqua vera che dona la salvez­za’,[1772] ma Agostino non era d’accordo con Cipriano sul ribattezzare gli eretici: ‘..ribattezzare un eretico il quale abbia ricevuto quel carattere di santità che è stato tramandato dalla dottrina cristiana, è indubbiamente una colpa...’,[1773] ed afferma che Cipriano era nel torto infatti disse: ‘Ma che Cipria­no avesse avuto del battesimo un’opinione contraria alla norma e alla pratica della Chiesa, si riscontra non già nelle Scritture canoniche, ma nelle opere scritte da lui e in una sua lettera indi­rizzata ad un concilio’,[1774] ed ancora: ‘...tra il battesimo di Cristo conferito dall’Apostolo e il battesimo di Cristo conferito da un eretico non v’è differenza di sorta poiché, per quanto grande possa essere la differenza di coloro che li amministrano, l’essenza dei Sacramenti è sempre la medesima’.[1775] E con Cipriano non era d’accordo neppure Stefano (che era vescovo di Roma) il quale non voleva che gli eretici fossero ribattezzati infatti diceva: ‘Se dunque degli eretici vengono a noi, da qualsiasi setta, non si faccia alcuna innovazione, ma si segua solo la tradizione, imponendo loro le mani per riceverli a penitenza, visto che gli eretici stessi, da una setta all’altra, non battezzano affatto secondo il loro rito particolare quelli che passano alla loro parte, ma li ammettono semplicemente alla comunione’.

Veniamo alle discordie tra Girolamo e Agostino. Girolamo afferma­va che Paolo quando riprese Pietro ad Antiochia usò una bugia strategica mentre Agostino affermava che Paolo non fece uso di nessun tipo di bugia ma rimproverò giustamente Pietro per il suo comportamento infatti in una lettera a Girolamo gli dice: ‘Nel tuo Commento all’Epistola dell’apostolo Paolo ai Galati ho trovato un particolare che mi ha sconcertato assai. Se infatti nella Sacra Scrittura si ammettessero delle bugie per così dire officiose, quale autorità potrebbe essa ancora avere? (...) applicati con ardore a correggere quel tuo lavoro ed emendalo dagli errori e poi - come suol dirsi - canta la palinodia (ritrattazione)’,[1776] ed in un altra ancora: ‘Ecco perché dice la verità quando dice d’essersi accorto che Pietro non procedeva rettamente secondo la verità del Vangelo e d’esserglisi perciò opposto apertamente, perché obbligava i pagani a osservare i riti giudaici’.[1777] Ora, noi siamo d’accordo con Agostino nel dire che Paolo non usò una bugia strategica nel riprendere Pietro, perché Pietro sbagliò e fu da lui ripreso giustamente, perché questa è la verità. Ma come può un Cattolico romano, a cui viene detto di interpretare la Scrittura appoggiandosi al parere di questi due eminenti padri, riuscire a interpretare rettamente le parole di Paolo? Sarà impossibile perché le inter­pretazioni sono contrastanti! Non è questa la dimostrazione che non è cosa per nulla sicura appoggiarsi sulla guida dei cosiddet­ti padri per comprendere le Scritture? Un altra cosa in cui Agostino e Girolamo non si trovarono d’ac­cordo fu sulla traduzione della Bibbia fatta da Girolamo in Latino (chiamata la Vulgata). Ad Agostino non piaceva infatti gli disse: ‘Quanti poi pensano ch’io sia geloso dei tuoi utili lavo­ri, capiscano una buona volta (se pur sarà possibile) perché non voglio che venga letta nelle chiese la tua versione dall’ebraico: non voglio ch’essa venga introdotta come una novità contro l’au­torità dei Settanta e si vengano in tal modo a turbare con un grave scandalo i fedeli Cristiani’.[1778] Va detto poi a tale proposito che il concilio di Trento si è schierato contro il suo padre Agostino in questo caso perché ha decretato: ‘Lo stesso sacrosanto sinodo, considerando, inoltre, che la chiesa di Dio potrebbe ricavare non piccola utilità, se si sapes­se quale, fra tutte le edizioni latine dei libri sacri, che sono in uso, debba essere ritenuta autentica, stabilisce e dichiara che questa stessa antica edizione volgata, approvata nella chiesa dall’uso di tanti secoli, si debba ritenere come autentica nelle pubbliche letture, nelle dispute, nella predicazione e che nessu­no osi o presuma respingerla con qualsiasi pretesto’.[1779] A chi deve credere dunque il Cattolico romano, ad Agostino o al concilio di Trento che hanno idee opposte sulla Volgata? Un’altra divergenza tra questi due ‘padri’ è questa. Girolamo non riteneva canonici il libro di Tobia, quello di Giuditta, dei Maccabei, della Sapienza e dell’Ecclesiastico[1780] mentre Agostino li enumerava tra i libri canonici dell’Antico Patto.[1781]

Tertulliano diceva che Maria non era rimasta vergine dopo il parto mentre Agostino e Girolamo dicevano il contrario.

Papia, Ireneo, Tertulliano, Giustino Martire e Lattanzio credevano nel regno millenario di Cristo sulla terra mentre Agostino no, perché, come abbiamo visto, lui interpretò il millennio allegoricamente. Anche Origene non credeva nel millennio, infatti lo combatté.

Ireneo diceva che le anime dei Cristiani alla morte non salgono subito in cielo perché in cielo ci andranno solo alla risurrezione dei corpi,[1782] mentre Tertulliano affermava che il cielo si apriva subito solo per le anime dei Cristiani morti martiri.[1783]

Origene e Gregorio di Nissa sostenevano che alla fine saranno salvati tutti gli uomini e il diavolo e i demoni, mentre Agostino condannava questa dottrina.[1784]

Ireneo e Lattanzio erano contro il culto delle immagini mentre Giovanni Damasceno lo sosteneva con forza.

Epifanio era contro il culto a Maria mentre Giovanni Damasceno lo predicava con forza.

Lattanzio negava la divinità di Cristo mentre Atanasio, Agostino ed altri cosiddetti padri la difendevano.

Tertulliano, Lattanzio, Teodoreto di Ciro e Cirillo d’Alessandria affermavano che l’adulterio era causa di divorzio e permettevano un altro matrimonio; mentre Girolamo, Clemente Alessandrino, Origene e Agostino erano contro il nuovo matrimonio in caso di adulterio.[1785]

Atenagora considerava le seconde nozze (dei vedovi) un adulterio,[1786] mentre Clemente Alessandrino, Origene e Agostino le difendevano.

Lattanzio era contrario al ricorrere all’uso della forza per difendere la dottrina cristiana infatti scrisse: ‘Bisogna difendere la religione non uccidendo ma morendo per essa, non con la crudeltà ma con la pazienza, non con il delitto, ma con la fede (...) Poiché se tu vuoi difendere la religione con il sangue, con i tormenti e con il dolore, questo non sarà un difenderla, ma uno sporcarla e oltraggiarla’;[1787] e così anche Tertulliano che affermò: ‘Tuttavia è un diritto umano ed una esigenza naturale che ciascuno veneri la Divinità di cui è convinto; le convinzioni religiose di uno non portano ad altri né danni né vantaggi. Inoltre la religione esige di per sé il rifiuto di ogni coazione in materia religiosa, la religione deve essere accettata con spontaneità e non per la violenza, dal momento che anche le vittime da offrire in sacrificio si pretende che vengano presentate con sincerità e di buon grado’.[1788] Ma Agostino di Ippona era favorevole all’uso della forza per costringere i pagani ad accettare il Vangelo e gli eretici a tornare nel seno della Chiesa, e per difendere la Chiesa contro i suoi nemici: egli ebbe ad affermare infatti: ‘Dapprima ero del parere che nessuno dovesse essere condotto per forza all’unità di Cristo, ma si dovesse agire solo con la parola, combattere con la discussione, convincere con la ragione, per evitare d’avere tra noi come finti cattolici coloro che avevamo già conosciuti tra noi come critici dichiarati. Questa mia opinione però dovette cedere di fronte a quella di coloro che mi contraddicevano non già a parole, ma che mi portavano le prove dei fatti. Mi si adduceva innanzitutto in contrario l’esempio della mia città natale che, mentre prima apparteneva interamente al partito donatista, s’era poi convertita alla Chiesa cattolica per paura delle sanzioni imperiali’[1789] (citerò altre sue parole a tale proposito in appresso).

Agostino diceva che si poteva giurare infatti affermò: ‘Il Signore, dunque, non comandò di non giurare, come cosa del tutto illecita, ma, acciocché alcuno non appetisca il giurare, come se fosse per sé stesso bene, e acciocché nessuno giuri facilmente senza necessità, e cada nello spergiurare per la consuetudine del giurare. Non dobbiamo riguardare il giuramento in sé stesso come un bene, ma come una cosa che si può adoperare per necessità e di cui dobbiamo servirci soltanto quando si vede che gli uomini sono restii a credere ciò che è loro utile credere, se non sia confermato dal giuramento’,[1790] mentre Crisostomo insegnava apertamente che non si deve mai giurare perché il giuramento è qualcosa di malvagio: ‘Ma come, - voi direte, - che male c’è nel giurare? Certo che è male giurare, da quando regna la perfezione evangelica; ma prima non lo era’.[1791]

Ecco alcuni dei tanti esempi di contraddizioni tra padri che si possono citare. Noi domandiamo a questo punto: Come si possono mettere le parole di questi cosiddetti padri sullo stesso livello delle parole di Cristo o degli apostoli quando essi non erano concordi tra loro? Come può essere degna di essere ascoltata come Parola di Dio una tradizione che al suo interno ha simili contraddizioni? La teolo­gia romana fa passare i padri per custodi della tradizione apo­stolica, ma come si spiega che essi si scontrano l’uno con l’al­tro affermando da ambo i lati di rifarsi alla tradizione?

Quindi, per concludere questo discorso, il fatto che la Scrittura non si contraddice su nessun punto mentre questa cosiddetta tradizione apostolica dei cosiddetti padri si contraddice al suo interno in moltissimi punti sta a dimostrare che la Scrittura è la Parola di Dio pienamente affidabile e degna di assoluta fidu­cia, mentre la tradizione non è altro che un’insieme di dottrine che, all’infuori di quando sono scritturali, sono in contraddizio­ne tra di loro e apportano confusione nella mente di coloro che le seguono. Quindi, mentre dobbiamo dire della Parola di Dio che la somma di essa è verità, della tradizione (l’insegnamento dei cosiddetti padri) dobbiamo dire che è un miscuglio di verità e di menzogna; la verità è costituita da tutte quelle affermazioni veraci di Tertulliano, di Agostino, di Ambrogio, di Girolamo, di Gregorio Magno e di tutti gli altri, la menzogna invece da tutte quelle dottrine ed affermazioni che non hanno nulla a che fare con la verità essendo solo dottrine d’uomini che voltano le spalle alla verità. La regola da seguire dunque quando si leggono gli scritti di questi cosiddetti padri - come anche gli scritti di chiunque altro - è questa: esaminare accuratamente ciò che essi hanno detto mediante le Scritture e scartare senza esitazione ciò che non ha fondamen­to nella Scrittura. Seguendola non ci si può smarrire dietro dottrine d’uomini.

I concili: le loro eresie e le loro contraddizioni

 

Secondo i teologi papisti i concili sono parte della loro tradi­zione, e difatti per essi costituiscono del continuo dei punti di riferimento per ciò che riguarda la dottrina della chiesa romana. Essi attribuiscono ai decreti dei concili uguale importanza che alla Parola di Dio, e questo perché ritengono che i loro concili si siano riuniti nello Spirito Santo. Per loro sono infallibili perché il concilio Vaticano II ha decretato quanto segue: ‘L’infallibi­lità promessa alla chiesa risiede pure nel corpo episcopale, quando questi esercita il supremo magistero col successore di Pietro’.[1792] Ora, dimostreremo con alcuni esempi come i concili hanno decreta­to cose contrarie alla Parola di Dio oppure hanno decretato delle cose che prima o dopo furono condannate da altri concili o da cosiddetti padri o da papi stessi. Facciamo questo affinché chi legge comprenda come i concili non possono essere messi sullo stesso piano né dell’assemblea di Gerusalemme né della Scrittura come invece vogliono i Cattolici perché hanno insegnato anch’essi (come fecero i loro padri) delle eresie (così non fece l’assemblea di Gerusalemme e così non fa la Scrittura) e si sono contraddetti l’uno con l’altro nella maniera più sfacciata (mentre la Parola di Dio non si contraddice su nessun punto).

-  Eresie insegnate dai concili.

I concili di Tiro (335), Antiochia (340), di Milano (355) e di Rimini (359) approvarono l’eresia di Ario che negava la divinità di Cristo.

Il concilio di Efeso (431) dichiarò Maria ‘madre di Dio’.

Il terzo concilio di Costantinopoli ordinò che i matrimoni contratti cogli eretici si dovevano sciogliere.

Il quarto concilio Laterano (1215) decretò la transustanziazione e la confessione al prete di tutti i peccati da farsi almeno una volta all’anno e che gli eretici dovevano essere sterminati.

Il concilio di Costanza (1415) decretò la soppressione del cali­ce e che fosse lecito non mantenere il giuramento fatto agli eretici.

Il concilio di Firenze (1439-1443) proclamò ufficialmente l’esistenza del purgatorio.

Il concilio di Trento (1545-1563) aggiunse ai libri canonici i libri apocrifi, dichiarò che la tradizione deve essere riverita al pari della sacra Scrittura, e definì l’istituzione di tutti i sacramenti da parte di Cristo e il loro numero settenario.

Il concilio Vaticano del 1870 decretò l’infallibilità del papa.

-  Contraddizioni tra concili stessi e con i cosiddetti padri e papi.

Il concilio di Elvira (306) impose il celibato ai preti (o almeno la completa astensione dai rapporti coniugali), mentre quello di Costantinopoli del 692 (che va sotto il nome di Quinisextus in Trullo o semplicemente Trullano) decretò che i preti possono continuare a vivere nel matrimonio celebrato prima della loro ordinazione, astenendosi dai rapporti coniugali solo nel giorno del loro servizio sacro, mentre negli altri giorni possono convivere come marito e moglie con la propria sposa.

Il concilio di Nicea del 325 condannò l’eresia di Ario, ma dieci anni dopo il concilio di Tiro, che si trasferì a Gerusalemme, decretò contro la decisione di Nicea e ristabilì Ario e proclamò dottrina della Chiesa l’eresia condannata dal concilio niceno. Il concilio di Antiochia (340) riconfermò la decisione di Tiro, mentre quello di Sardica del 343 condannò di nuovo la dottrina di Ario. In seguito il concilio di Milano (355) e quello di Rimini (359) decretarono di nuovo a favore dell’eresia di Ario.

Il concilio di Efeso del 431 condannò la dottrina di Eutiche ma quello del 449 l’approvò, e poi quello di Calcedonia (451) la condannò di nuovo.

Il terzo concilio Costantinopolitano ordinò, nel secondo canone, che si ribattezzassero coloro che erano stati battezzati dagli eretici; mentre il loro padre Agostino e il loro papa Stefano avevano dichiarato che non si doveva ribattezzarli.

Il concilio di Costantinopoli (754) condannò espressamente il culto delle immagini raffiguranti Cristo, Maria e i santi. Nel documento finale di questo concilio sono scritte queste parole: ‘Noi possiamo inoltre dimostrare il nostro sentimento per mezzo delle sante Scritture e dei padri. Infatti si legge nella Scrit­tura: “Iddio è spirito; e quelli che l’adorano, bisogna che l’adorino in ispirito e verità”; e: “Non ti fare scultura alcuna né immagine alcuna delle cose che sono lassù nei cieli o quaggiù sulla terra”; anche Dio ha parlato agli Israeliti dal mezzo del fuoco e dalla cima della montagna e non gli ha mostrato nessuna immagine; in un altro passaggio: “Hanno mutato la gloria dell’in­corruttibile Iddio in immagini simili a quelle dell’uomo corrut­tibile..e hanno adorato e servito la creatura invece del Creato­re” (...) Noi dunque appoggiandoci sulla santa Scrittura e sui Padri, dichiariamo unanimemente, in nome della santa Trinità, che noi condanniamo, rigettiamo ed allontaniamo con tutte le nostre forze dalla Chiesa cristiana qualsiasi immagine di qualsiasi maniera che sia fatta con l’arte della pittura’. Ma il concilio di Nicea del 787 negò l’ecumenicità del concilio del 754 e approvò una definizione di fede sulla legittimità delle immagini e la natura del culto relativo che si concludeva con quattro condanne degli iconoclasti. Nel documento finale si leggono le seguenti parole: ‘Noi definiamo con ogni accuratezza e diligenza che, a somiglian­za della preziosa e vivificante Croce, le venerande e sante immagini sia dipinte che in mosaico, di qualsiasi altra materia adatta, debbono essere esposte nelle sante chiese di Dio, nelle sacre suppellettili e nelle vesti, sulle pareti e sulle tavole, nelle case e nelle vie; siano esse l’immagine del Signore e Dio e Salvatore nostro Gesù Cristo, o quella della immacolata Signora nostra, la santa madre di Dio, degli angeli degni di onore, di tutti i santi e pii uomini. Infatti, quanto più continuamente essi vengono visti nelle immagini, tanto più quelli che le vedono sono portati al ricordo e al desiderio di quelli che esse rappre­sentano e a tributare ad essi rispetto e venerazione’. Non è finita qui, perché nel concilio di Francoforte del 794 venne condannato di nuovo il culto delle immagini che era stato appro­vato al concilio di Nicea del 787. Infine questo culto delle immagini venne approvato dal concilio di Trento.[1793]

Il concilio di Costantinopoli (754) negò la presenza reale e la transustanziazione perché chiamò il pane e il vino della santa cena ‘l’immagine del corpo vivificante di Cristo’, mentre il concilio Laterano IV e quello di Trento dichiararono la presenza reale e la transustanziazione.

Il concilio di Costanza nel 1415 dichiarò il concilio superiore al papa infatti disse: ‘Chiunque, di qualunque condizione e dignità, compresa quella papale, è tenuto ad obbedirgli...’,[1794] mentre il concilio Lateranense V (1512-1517) affermò il contrario dicen­do: ‘Il romano pontefice, in quanto ha un’autorità superiore a tutti i concili, ha pieno diritto e potestà di indire, trasferi­re, sciogliere i concili’.[1795] Sempre il concilio di Costanza decretò la soppressione del calice ma quello di Basilea ne decretò la restituzione ai Boemi (restituzione abolita in seguito da Pio V).

Il concilio di Trento nel 1546 dichiarò canonici i libri apocrifi includendoli nel canone; con questa decisione il concilio di Trento annullò la decisione che il concilio di Laodicea, tenutosi nella seconda metà del IV secolo, aveva preso a riguardo del libro di Giuditta, di quello di Tobia, della Sapienza, dell’Ecclesiastico, e dei libri I e II Maccabei, che era stata quella di non dichiararli canonici. In altre parole il concilio di Trento dichiarò nulla la decisione di non includere questi libri nel canone presa dal concilio di Laodicea. La prova che questi libri apocrifi da quel concilio di Laodicea non furono riconosciuti ispirati da Dio la si trova nel canone n° 60 dove è enumerato il catalogo dei libri dell’Antico Patto che è privo del libro di Giuditta, di quello di Tobia, della Sapienza, dell’Ecclesiastico e dei Maccabei.

Riteniamo che questi esempi siano sufficienti per fare comprende­re quali eresie i concili hanno introdotto nella chiesa cattolica romana e in quali contraddizioni sono caduti pure i concili nel corso del tempo.[1796] Come si può quindi reputare anche la tradizione derivata dai concili Parola di Dio quando essa contraddice in molti punti la Sacra Scrittura e si contraddice essa stessa? Dagli esempi dei concili sopra citati apparirebbe che Dio abbia rinnegato la sua parola spesso, e prima diceva una cosa poi ne diceva un’altra totalmente diversa sullo stesso soggetto e poi ci ripensava tornando a dire la cosa da lui dichiarata interdetta. E’ evidente dunque che le decisioni dei concili non possono essere accettate come Parola di Dio perché molte di esse contrastano apertamente la Parola di Dio e perché gli stessi concili si annullano a vicenda. E’ molto meglio affidarsi totalmente alla Scrittura che è la Parola di Dio che non si contraddice su nessun punto, benché sia formata da libri scritti nell’arco di più di mille anni da autori diversi, e che in tutti questi secoli si è rivelata infallibile e immutabile. La Scrittura è l’infallibile e autorevole Parola di Dio capace di guidare gli uomini sulla via santa senza farli inciampare! La Scrittura è la Parola di Dio che può salvare gli uomini dalle tenebre dove si trovano e menarli alla luce. Ma per quanto riguarda molti decreti dei concili che si sono tenuti nel corso dei secoli essi sono precetti umani che contribuiscono a mantenere nel buio della superstizione e dell’incredulità le persone che li accettano e che mantengono le persone in uno stato di aperta ribellione a Dio.

Alcune considerazioni finali sui cosiddetti padri e sui concili

 

Abbiamo visto alcune delle eresie di alcuni di quelli che la chiesa cattolica romana chiama padri della chiesa e di alcuni dei tanti concili tenutisi nel corso dei secoli, ed alcune delle contraddizioni esistenti tra di loro; ma come abbiamo anche potuto vedere nel mezzo di tante eresie e contraddizioni vi sono pure delle affermazioni giuste. E come ho citato solo una parte delle eresie e contraddizioni così ho citato solo una parte delle affermazioni giuste fatte dai cosiddetti padri e dai concili. Voglio dire quindi questo: nessuno pensi o si metta a dire che nulla di giusto o vero si trovi negli scritti degli scrittori ecclesiastici antichi o nei concili antichi perché questo non è affatto vero.

Adduciamo ulteriori prove - oltre a quelle già citate qua e là nel libro - per confermare che quegli antichi scrittori ecclesia­stici non solo fecero delle affermazioni errate introducendo o confermando dottrine o pratiche pagane, ma anche difesero alcuni punti dottrinali fondamentali.

Per ciò che riguarda i cosiddetti padri, questi pochi esempi.

Ignazio mise in guardia i credenti dalle dottrine gnostiche e docetiste; un esempio di ciò lo abbiamo nella sua epistola a Smirne dove scrive ai credenti di quella città di guardarsi dall’eresia dei Doceti.

Ireneo si oppose agli Gnostici; il suo libro Adversus Haereses (Contro le eresie) contiene la confutazione delle dottrine degli Gnostici[1797] (ma in esso ci sono alcune sue affermazioni errate).

Atanasio si oppose alla dottrina di Ario che negava l’eternità e divinità di Cristo (dando però alcune interpretazioni sbagliate ad alcuni passi della Scrittura).

Tertulliano si oppose allo gnostico Marcione e ai suoi seguaci scrivendo contro di loro (anche lui però nel difendere la verità disse delle cose sbagliate).

Agostino si oppose con i suoi scritti ai Pelagiani che negavano la dottrina del peccato originale (ma nel confutarli attribuì al battesimo il potere di cancellare i peccati).

Anche per quanto riguarda i concili, bisogna dire che determinate delibere di alcuni di essi furono nettamente in difesa del Vange­lo; anche qui vogliamo citare alcuni esempi per confermarlo.

Il concilio di Nicea del 325 condannò l’eresia di Ario che affer­mava che Cristo non era coeterno con il Padre perché anch’egli fu creato dal nulla.

Il concilio di Costantinopoli del 381 condannò l’eresia di Mace­donio che affermava che lo Spirito Santo era una creatura subor­dinata al Padre ed al Figlio: lo stesso concilio condannò l’ere­sia di Apollinare che sosteneva che Cristo era stato dotato di un vero corpo e di una vera anima, ma che il suo spirito era stato sostituito dal Logos (la Parola).

Il concilio di Efeso del 431 condannò la dottrina di Nestorio (che diceva che Cristo era in effetti solo un uomo perfetto moralmente legato alla divinità); questo stesso concilio condannò le idee di Pelagio che sosteneva che l’uomo nasce non contaminato dal peccato.

Ci è parso giusto e necessario fare questo discorso per evitare che qualcuno si metta erratamente a pensare che nessuno degli antichi scrittori da noi menzionati e dei concili si levarono in favore della verità su nessuna parte del consiglio di Dio.

E’ vero che la chiesa cattolica romana cita i suoi padri e i concili come se essi fossero stati d’accordo con tutto quello che essa insegna oggi, ma ciò non è affatto vero perché come abbiamo potuto vedere nel corso della nostra esposizione essi dissero pure delle cose giuste che si oppongono a lei stessa; e difatti essa si trova in grande imbarazzo nel constatare questo, ed è impossibilitata a dimostrare il contrario.

CONCLUSIONE

 

Per concludere noi diciamo che ci vogliamo attenere all’autorità della sacra Scrittura - autorità che essa possiede già in sé stessa e che non prende dalla Chiesa - che sappiamo essere una guida infallibile e sicura. Gli scritti di Tertulliano, Giustino Martire, Agostino, Ambrogio ed altri invece non si possono citare nella stessa maniera degli Scritti sacri perché imperfetti, pieni di errori e di contraddizioni. Accettiamo le cose giuste che essi hanno detto perché conformi alla Scrittura, e ci rallegriamo nel leggerle, ma rigettiamo decisamente tutto ciò che di falso essi hanno detto perché costituisce lievito malvagio. Che dunque nessuno si lasci trarre in inganno dal fatto che essi sono insigniti - a torto - del titolo di padri della chiesa e si metta ad accettare tutto quello che essi hanno detto perché si metterebbe contro la verità e rimarrebbe confuso perché essi stessi si contraddicono da loro stessi e tra di loro. Un discorso simile - anche se un pò diver­so - si potrebbe fare pure sui ‘riformatori’, Lutero e Calvino, per citare solo alcuni; anche i loro scritti contengono delle affer­mazioni e delle dottrine errate che noi credenti non possiamo accettare perché contrastano la verità. Lutero per esempio inse­gnava il battesimo dei fanciulli contraddicendosi,[1798] ed insegnava anche la presenza reale nel pane e nel vino (consustanziazione)[1799] ma negava la transustanziazione degli elementi, e definì l’epistola di Giacomo una epistola di paglia, per citare solo alcune sue errate affermazioni. Per quanto riguarda Calvino, egli insegnava il battesimo degli infanti, sosteneva che un credente non può in nessuna maniera perdere la grazia da cui la dottrina ‘una volta salvati sempre salvati’, che Dio aveva cessato di operare miracoli tramite dei suoi servi infatti disse che Dio ‘non manifesta più quella potenza né i miracoli che si compivano per mano degli apostoli in quanto quel dono è stato limitato nel tempo ed è scomparso in parte anche a causa dell’ingratitudine degli uomini’,[1800] e che fosse lecito alla Chiesa fare ricorso alle autorità civili per punire gli eretici o i disordinati e difatti fu il Concistoro di Ginevra, con lui a capo, che sentenziò la morte di Serveto che era antitrinitario, ed inoltre egli permetteva in caso di adulterio che il coniuge innocente passasse a nuove nozze.

Eppure quantunque ciò, noi riconosciamo che Dio si usò di quegli uomini per scuotere la chiesa cattolica romana e per portare l’Evangelo della grazia a molte anime. E noi siamo grati a Dio per quello che di giusto e di vero quegli uomini dissero ai loro giorni. E della loro opera noi vediamo ancora i frutti dopo più di quattro secoli. Rimanga fermo però che ciò che di falso e ingiusto hanno detto o fatto pure Lutero o Calvino noi lo riget­tiamo al pari di quello che di falso e di ingiusto hanno detto o fatto Agostino, Girolamo o Ambrogio ed altri. Lungi da noi il mostrare riguardi personali nei confronti di essi.

Personalmente sono giunto a questa conclusione dopo avere letto alcuni scritti di questi cosiddetti padri e gli atti di diversi concili dell’antichità (mi riferisco in particolare ai cosiddetti padri e ai concili dei primi sei-sette secoli); che il Signore anche durante quei secoli durante i quali sorsero molti falsi dottori in seno alla sua Chiesa che introdussero molte false dottrine e pratiche superstiziose continuò ad avere in ogni luogo coloro che lo amavano e lo adoravano in ispirito e verità e si opponevano alle eresie che spuntavano fuori una dietro l’altra. Il fatto è che però alcuni di coloro che si opposero a certe eresie vi si opposero facendo uso anche di errate dottrine. In altre parole, non sempre gli scrittori eccle­siastici antichi si opposero a delle eresie come si conveniva, cioè con una dottrina pura di ogni scoria.

Un’altra cosa che si può riscontrare nei discorsi di quegli scrit­tori è che ci sono alcune parti integre, cioè pure, dalla cui lettura si rimane edificati ma ci sono delle altre che sono contaminate dalla menzogna, dalla superstizione che si rimane meravigliati nel dovere constatare come dalla stessa fonte uscis­sero verità e menzogna. Un esempio per tutti, Gregorio Magno; disse anche delle cose vere, ma nei suoi Dialoghi vi sono delle storie profane e da vecchie che lui rac­conta per sostenere il purgatorio. Fu lui infatti uno dei padri del purgatorio. Non ci si può non rattristare e indignare nel leggere quelle favole. Oltre a ciò fece un cattivo uso dell’al­legoria dando interpretazioni fantasiose a molti passi della Scrittura. Questa cosa la si può riscontrare ancora oggi nell’am­bito del cattolicesimo; ci sono scrittori cattolici romani che riescono a dimostrare con le Scritture che i Testimoni di Geova - prendo loro come esempio - dicono il falso quando affermano che Gesù non è Dio o che non esiste l’inferno o che l’uomo non ha un’anima, o che lo Spirito Santo non è una persona; e lo fanno abbastanza efficacemente, e siamo d’accordo con questi loro discorsi, ma nello stesso tempo i loro libri di controversia sono pieni di discorsi in favore della salvezza per meriti, del purgatorio, del culto a Maria e così via. Insomma contengono il grano e la pula; la verità e la menzogna. Una parte di essi sono in favore della verità, un’altra parte contro la verità. Non si possono quindi rigettare totalmente, ma neppure accettare totalmente. Le cose si ripetono a distanza di tanti secoli. Che cosa si apprende da tutto ciò? Che la chiesa cattolica romana, benché abbia nel corso dei secoli introdotto ogni sorta di menzogne e superstizioni - che formano la sua tradizione - che hanno annullato la grazia, pure ha continuato ad affermare la Trinità, che Cristo è Dio, (escludendo alcuni periodi remoti in cui aveva approvato l’eresia ariana) che egli portò i nostri peccati, che risuscitò il terzo giorno, che apparve e fu assunto in cielo, che la Scrittura è ispirata da Dio. E Dio ha continuato a vigilare su questa parte sana del suo messaggio (ossia sulla sua parola così come è scrit­ta nella Bibbia) facendo capire a tanti suoi membri che il Cristo di cui avevano sentito parlare aveva già compiuto ogni cosa per la loro salvezza e che non rimanevano opere meritorie da compiere per ottenerla ma solo di ravvedersi e di credere in lui. E quindi che la maniera per ottenere la giustificazione, la salvezza e la vita eterna di cui parlavano le loro guide era falsa. Questo in effetti è quello che è successo a molti Cattolici romani nel corso dei secoli; illuminati da Dio sul significato di alcune parole della Buona Novella che leggevano o sentivano dai loro stessi superiori si sono ravveduti ed hanno creduto in Cristo ottenendo gratuitamente da Dio la salvezza della loro anima. In questo vediamo la dimostrazione della potenza e della saggezza di Dio che in mezzo ad una chiesa idolatra qual è la chiesa cattoli­ca romana è riuscito fino a questo giorno ad illuminare molte anime ed a salvarle dai loro peccati. Possiamo dire che la chiesa cattolica romana è sorta per volere di Dio perché Dio aveva deciso di mostrare all’umanità che non importa quanto gli uomini corrotti e riprovati quanto alla fede cercheranno di oscurare la luce del Vangelo, non importa quanto gli uomini cercheranno di proibire la lettura del Vangelo o il suo ascolto, Lui continuerà a regnare sul suo trono, e le sorti dell’uomo sono nelle sue mani e non nelle mani degli uomini, e quando ha deciso di salvare un’anima lo farà come e quando vuole senza che alcuno glielo possa impedire. Lancino gli anatemi i concili, lancino le loro scomuniche i papi, Dio regna! Dicasi fra le nazioni: Il nostro Dio governa l’universo, da Lui dipendono le vie dei papi, dei cardinali, dei vescovi e dei preti e di tutti i Cattolici romani. Lui continuerà a strappare dalla potestà delle tenebre tanti Cattolici romani, quelli cioè che lui ha preconosciuto e prede­stinato. Costoro crederanno alla verità del Vangelo così come è scritta; anche se per un certo tempo - più o meno lungo - rimar­ranno legati alla superstizione ed alla menzogna, viene il giorno in cui Dio farà vedere a tutti chi egli è e che le sue pecore non rimarranno per sempre nelle mani di questi uomini malvagi.

 


Capitolo 10

 

FALSIFICAZIONI ED IMPOSTURE PERPETRATE DALLA CHIESA CATTOLICA ROMANA

 

Nel corso dei secoli la chiesa cattolica romana si è resa colpe­vole di tante imposture e falsificazioni. Essa, oltre ad avere introdotte dottrine perverse di ogni genere (il primato del vescovo di Roma, la sua infallibilità, l’immacolata concezione di Maria, il purgatorio, per citare solo alcune delle tante), ha fabbricato documenti di vario genere, ha introdotto dei libri non ispirati nel canone della Scrittura, ha falsificato passi della Scrittura, ha falsificato i dieci comandamenti nel suo catechismo, gli atti dei concili, gli scritti dei cosid­detti padri, ha inventato reliquie di ogni genere, ha inventato ogni sorta di leggenda, ogni sorta di miracoli e di rivelazioni. Tutto ciò per potere sostenere il suo potere temporale, il suo primato universale, e i suoi dogmi.

Vediamole da vicino queste imposture e falsificazioni.

LE FALSE DECRETALI (O DECRETALI PSEUDO-ISIDORIANE)

 

Le false decretali sono formate da una collezione di decreti di un certo numero di papi (da Clemente I a Gregorio II) e di concilii su punti dottrinali e di disciplina che avevano come scopo quello di ingrandire e sostenere l’autorità papale. Furono fatte da un certo Isidoro Mercatore ma furono falsamente attribuite a Isidoro vescovo di Siviglia. Introdotte nel nono secolo, di esse fece uso per la prima volta l’ambizioso Nicola I (858-867) per provare la sua autorità pontificia. Da queste decretali risultava che il papa ha la supremazia su tutti i vescovi, che i vescovi posti sotto accusa hanno il diritto di appellarsi al papa, che il papa ha la ‘piena potestà’ sulla Chiesa, che la chiesa di Roma, in base ad un unico privilegio, ha il diritto di aprire e chiudere le porte del paradiso a chi essa vuole. Queste decretali furono riconosciute false dalla chiesa cattolica romana nel 1789 per mezzo di Pio VI, ma rimane il fatto che fino a quando non vennero riconosciute false furono dichiarate autentiche e che nel medioevo contribuirono ad accrescere l’autorità papale. Dunque il papato che noi oggi vediamo si è formato anche con l’aiuto di questi falsi documenti.

LA DONAZIONE DI COSTANTINO

 

Eccoci ad un altra impostura papale, la cosiddetta donazione di Costantino che servì ai papi per rivendicare l’aumento di terri­tori, l’autonomia politica e il predominio sull’Occidente. Questo documento (che costituisce una parte delle decretali prima citate), redatto secondo alcuni sotto il pontificato di Stefano II (752-757), comparve verso la metà del secolo nono e per tutto il medioevo fu ritenuto genuino. Fu dimostrato falso dall’umanista Lorenzo Valla, un assistente del papa, nel 1440. Vediamo in breve il contenuto di questo falso: nel 314 un prete di nome Silvestro fu consacrato vescovo di Roma. In quel tempo l’imperatore Costantino aveva bandito la persecuzione contro i Cristiani e lo stesso Silvestro era dovuto fuggire e rifugiarsi in una grotta nei pressi del monte Soratto. Qui lo raggiunse la notizia che l’imperatore era stato colpito dalla lebbra. L’imperatore malato di lebbra fu allora consigliato dai maghi dell’impero di immergersi in una vasca piena di sangue spremuto dal ventre di bambini appena nati, ma egli rifiutò di accettare il loro consiglio. Ed in quella stessa notte vide in sogno Pietro e Paolo che gli diedero l’indirizzo di Silvestro. L’imperatore, credendo che fosse un medico, lo mandò a chiamare, e Silvestro arri­vato presso di lui gli parlò della fede cristiana e lo battezzò nel palazzo Lateranense. Quando l’imperatore riemerse dalla vasca nella quale era stato calato era completamente guarito. La persecuzione allora fu da lui fatta cessare e il cristianesimo reso religione ufficiale dell’impero. Quando poi Costantino abbandonò Roma per recarsi a Bisanzio, lasciò la giurisdizione civile dell’Occidente a Silvestro e successivamente riconobbe la supre­mazia del vescovo di Roma sui patriarcati di Alessandria e Anti­ochia, Gerusalemme e Costantinopoli. Il pontefice ottenne pure il manto purpureo, lo scettro e la scorta a cavallo. Ciò gli confe­riva l’autorità temporale sull’impero d’Occidente e lo rendeva indipendente da quello d’Oriente.

LA LETTERA DI STEFANO II A PIPINO RE DEI FRANCHI

 

Quando Astolfo, re dei Longobardi, assediò Roma attorno alla metà dell’ottavo secolo l’allora papa Stefano II (752-757) chiese aiuto ai Franchi affinché venissero a liberare Roma dai Longobardi. In una lettera diretta al re dei Franchi Pipino, egli scrisse a nome dell’apostolo Pietro. Ecco le parole: ‘Io Pietro, apostolo di Dio, che vi tengo per miei figli adottivi per difendere dalle mani dei nemici questa città di Roma e il popolo affidatomi da Dio e il tempio in cui riposa il mio corpo, vi scongiuro a strap­pare dalla contaminazione delle genti e a liberare la Chiesa di Dio a me affidata dalla divina potenza soprattutto per le gravi afflizioni che soffriamo da parte della pessima razza dei Longo­bardi’.[1801] Ogni confutazione è superflua.

FALSIFICAZIONI APPORTATE ALLA BIBBIA

 

Una delle accuse che è stata sempre fatta dai Cattolici romani ai Protestanti sin dai tempi della Riforma è quella di avere falsi­ficato la Bibbia per sostenere le loro dottrine sbagliate! Questa è la ragione per cui la curia romana aveva dato ordine ai suoi seguaci di non leggere Bibbie ‘protestanti’, e di gettarle nel fuoco nel caso entrassero in possesso di esse. Questa naturalmen­te era ed è una calunnia per tenere il popolo lontano dalle Bibbie tradotte fedelmente, ma anche per evitare ai Cattolici di leggere Bibbie che non portassero ai margini le note cosiddette esplicative - ma che in effetti sono fuorvianti - poste dai traduttori cattolici per ordine del papa nelle loro Bibbie. Ora, con questo, non vogliamo dire che le Bibbie tradotte dai Protestanti (uso questo termine solo per distinguerle dalle Bibbie cattoliche) siano delle traduzioni perfette, ma solo che non è vero che esse siano state contorte per sostenere eresie. Ma vediamo ora di dimostrare come siano stati invece i Cattolici a falsificare la Bibbia e non i Protestanti. Innanzi tutto farò riferimento ad alcune Bibbie cattoliche di alcuni secoli fa. Quella pubblicata a Bordeaux nel 1686 per comando dell’arcivescovo e col consenso dei dottori in Teologia della Università di quella città, e quella di monsignor De Sacy. E poi quella italiana, chiamata di Antonio Marti­ni, arcivescovo di Firenze, che porta la data del 1799. Qualcuno dirà: ‘Ma perché ricor­darle?’ Per far capire come la chiesa cattolica romana, per mantenere il popolo nell’ignoranza e lontano dalla verità e affossato nelle tenebre delle sue eresie, nei secoli passati ha fatto ricorso anche alla manomissione delle Scritture come hanno fatto nel corso dei secoli tanti e tanti scellerati a loro perdizione.

-  Versione pubblicata a Bordeaux nel 1686, e quella di De Sacy.

>In Luca si legge: ‘Son père et sa mère faisaient chaque année un pelerinage à Jérusalem’ ossia ‘Suo padre e sua madre facevano tutti gli anni un pellegrinaggio a Gerusalemme’; mentre il testo dice: “Or i suoi genitori andavano ogni anno a Gerusalemme...”.[1802] E’ evidente che i Cattolici che leggevano queste parole pensavano che i pellegrinaggi che erano prescritti loro come opere di penitenza avevano una certa base biblica.

>Sempre in Luca si legge: ‘Tu serviras de latrie à lui seul’ ossia ‘Tu servirai di latria a lui solo’; mentre Gesù rispose a Satana: “Adora il Signore Iddio tuo, e a lui solo rendi il tuo culto”.[1803] Con questa manomissione ai Cattolici veniva fatto credere che solo Dio doveva essere servito con il culto di latria, mentre Maria e i santi no; questi potevano essere serviti ma con un altro culto! Maria con quello di iperdulia e i santi con quello di dulia, secondo i sofismi papisti.

>Negli Atti si legge: ‘Or, comme ils offroient au Seigneur le sacrifice de la messe, et ils jeùnoient, le S. Esprit leur dit...’ ossia ‘Ora mentre essi offrivano al Signore il sacrifi­cio della messa e digiunavano, lo Spirito Santo disse loro...’; mentre la traduzione fedele dice: “Mentre facevano il pubblico servigio del Signore, e digiu­navano, lo Spirito Santo disse:...”.[1804] Così i Cattolici pensavano che la messa era celebrata anche al tempo degli apostoli, quando questo è falso.

>Nella prima epistola ai Corinzi è scritto: ‘Si l’oeuvre de quelqu’un brule, il en portera la peine, mais il sera sauvé quant à luy, ainsi toute fois come par le feu du purgatoire’ ossia ‘Se l’opera di alcuno brucia, egli ne porterà il danno; ma sarà salvato in modo però, che sarà come per lo fuoco del purgatorio’; mentre il testo dice: “Se l’opera sua sarà arsa, ei ne avrà il danno; ma egli stesso sarà salvo; però come attra­verso il fuoco”.[1805] E così quei Cattolici che leggevano quel Nuovo Testamento credevano che l’apostolo Paolo credeva nel purgatorio della chiesa romana, quando ciò è falso.

>Sempre nella prima epistola ai Corinzi si legge: ‘A ceux qui sont conjoints par le sacrement du mariage je leur commande..’ ossia ‘A quelli che sono congiunti mediante il sacramento del matrimonio, io ordino loro...’; mentre il testo dice: “Ma ai coniugi ordino...”.[1806] Così i Cattolici credevano che Paolo riteneva il matrimonio un sacramento, quando ciò non è vero.

>Nella seconda epistola ai Corinzi si legge: ‘Ne vous joignez point par sacrement du mariage avec les infidèles’ ossia ‘Non vi unite per nulla mediante il sacramento del matrimonio con gli infedeli’; mentre il testo dice: “Non vi mettete con gl’infedeli”.[1807]

>Nella prima epistola di Paolo a Timoteo si legge: ‘Or l’Esprit dit clairement qu’en derniers temps, quelques uns se separeront de la foy romaine, en se donnant aux esprits d’erreur et aux doctrines enseignées par les diables’ ossia ‘Or lo Spirito Santo dice chiaramente che negli ultimi giorni alcuni si separeranno dalla fede romana dandosi agli spiriti dell’errore e alle dottrine insegnate dai diavoli’; mentre il testo dice: ‘Ma lo Spirito dice espressamente che nei tempi a venire alcuni apostateranno dalla fede, dando retta a spiriti seduttori e a dottrine di demonî”.[1808]E così quei Cattolici che lessero quelle parole credettero che coloro che si erano separati dalla chiesa cattolica romana (perché questa insegnava un altro Vangelo), avevano dato retta a dottrine di demoni!! Più avanti si legge che uomini proferiranno menzogna segnati di un marchio nella loro coscienza ‘condamnant le sacrement du mariage’ ossia ‘condannando il sacramento del matrimonio’; mentre il testo dice; ‘I quali vieteranno il matrimonio”.[1809] In questa maniera i riformatori che non accettavano il matrimonio come sacramento venivano fatti passare come gli uomini ipocriti di cui aveva parlato Paolo.

>Nella lettera di Paolo ai Galati si legge: ‘O Galates insensés, qui vous a ensorcelés, pour faire que vous n’obéissiez pas à la verité? N’avez-vous pas Jésus Christ portrait devant vos yeux comme crucifix entre vous?’ ossia ‘O Galati insensati, chi vi ha ammaliati, per fare sì che voi non ubbidiate alla verità? Non avete voi Gesù Cristo dipinto davanti ai vostri occhi come crocifisso tra di voi?’; mentre il testo dice: “O Galati insensati, chi v’ha ammaliati, voi, dinanzi agli occhi de’ quali Gesù Cristo crocifisso è stato ritratto al vivo?”.[1810]La manomissione aveva come scopo quello di fare pensare che l’immagine dipinta di Cristo crocifisso era in uso presso le chiese fondate dall’apostolo Paolo.

>Nella lettera agli Ebrei si legge: ‘les murs de Jéricho tombèrent après une procession de sept jours’ ossia ‘‘le mura di Gerico caddero dopo una processione di sette giorni’; mentre il testo dice che “..le mura di Gerico caddero dopo essere state circuite per sette giorni”.[1811] Quindi oltre al pellegrinaggio che facevano Giuseppe e Maria ogni anno a Gerusalemme quei teologi fecero spuntare fuori pure una processione. Naturalmente per sostenere l’efficacia delle processioni cattoliche romane.

>Nella prima epistola di Giovanni si legge: ‘Il y a quelque péché qui n’est pas mortel, mais véniel’ ossia ‘C’è qualche peccato che non è mortale, ma veniale’; mentre il testo dice: ‘Ogni iniquità è peccato; e v’è un peccato che non mena a morte”.[1812] Questa manomissione aveva lo scopo di far credere che non tutti i peccati erano mortali, ma ce ne erano anche di veniali.

>Nell’epistola di Giuda si legge ‘..la foi qui a etè donnèe une fois aux saints par la tradition’ ossia ‘..la fede, che è stata donata ai santi una volta per tutte mediante la tradizione’; mentre il testo dice: “..la fede che è stata una volta per sempre tramandata ai santi”.[1813] Questa manomissione aveva lo scopo di fare credere quanto importante fosse la tradizione della chiesa cattolica romana.

>Nella lettera di Paolo a Filemone si legge: ‘je vous prie aussi de me préparer un logement. Car j’espére que Dieu me redonnera à vous encore une fois, par le mèrite de vòs prières’ ossia ‘Vi prego pure di prepararmi un alloggio, perché spero che Dio mi ridarà a voi ancora una volta, per il merito delle vostre preghiere’; mentre il testo dice: “Preparami al tempo stesso un alloggio, perché spero che, per le vostre preghiere, io vi sarò donato”.[1814] Per i Cattolici le preghiere che fanno acquistano meriti davanti a Dio, in altre parole essi sono dei mezzi tramite cui ci si guadagna la vita eterna; ecco il perché di quest’altra manomissione.

-  Vecchio e Nuovo Testamento secondo la Vulgata (Venezia 1799) tradotto da Antonio Martini.

>Nel Vangelo scritto da Matteo si legge: ‘Ed egli non la conosceva sino a quando partorì il suo figliuolo primogenito, e chiamollo per nome Gesù’; mentre il testo dice: “E non la conobbe finch’ella non ebbe partorito il suo figlio primogenito e gli pose nome Gesù”.[1815] L’infedeltà sta nel verbo che invece che al passato remoto è stato posto all’imperfetto.

>In Marco si legge: ‘Ma dopo che Giovanni fu messo in prigione, Gesù andò nella Galilea, predicando il Vangelo del Regno di Dio, e dicendo: è compito il tempo, e si avvicina il Regno di Dio fate penitenza, e credete al Vangelo’; mentre il testo dice: “Dopo che Giovanni fu messo in prigione, Gesù si recò in Galilea, predicando l’evangelo di Dio e dicendo: Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; ravvedetevi e credete all’evangelo”.[1816] “Ravvedetevi” è diventato ‘fate penitenza’ nella traduzione del Martini per persuadere le persone che Gesù esortava le persone ad andare a confessarsi come prescrive la chiesa cattolica romana in base al suo sacramento della penitenza. Ma oltre al fatto che Gesù non istituì affatto quel sacramento il verbo greco metanoeo non significa fare penitenza ma ‘pentirsi’ o ‘ravvedersi’.[1817]

>In Luca si legge: ‘Ed entrato l’Angelo da lei, disse: Dio ti salvi, piena di grazia: il Signore è teco’; e così Maria diventa piena di grazia ossia senza peccato e dispensatrice delle grazie. Ma il testo tradotto fedelmente dice: “E l’angelo, entrato da lei, disse: Ti saluto, o favorita dalla grazia; il Signore è teco”.[1818] Nel testo greco infatti c’è una parola che è un verbo passivo che significa ‘avere ottenuto grazia, favore’. E che Maria ottenne grazia da Dio è confermato dalle successive parole dell’angelo a Maria: “Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio”.[1819] Qui lo scrittore usa il verbo heurisko che significa ‘trovare’. Lo stesso verbo è usato da Paolo quando scrive a Timoteo: ‘Gli conceda il Signore di trovar misericordia presso il Signore in quel giorno”.[1820] L’espressione greca che significa ‘piena di grazia’ è invece presente in Giov. 1:14 dove si dice che la Parola fatta carne “ha abitato per un tempo fra noi piena di (la parola greca per ‘piena’ usata qui è pleres) grazia”.

>Negli Atti degli apostoli si legge: ‘E si adunarono gli Apostoli e i sacerdoti per disaminare questa cosa’; mentre il testo dice: “Allora gli apostoli e gli anziani si raunarono per esaminar la questione”.[1821] Poco dopo si legge: ‘Allora piacque agli Apostoli e ai sacerdoti con tutta la Chiesa...’; mentre il testo dice: “Allora parve bene agli apostoli e agli anziani con tutta la chiesa..”.[1822] Poco dopo si legge: ‘Ponendo nelle loro mani questa lettera: gli Apostoli e i sacerdoti fratelli, ai fratelli gentili...’; mentre il testo dice: “E scrissero così per loro mezzo: Gli apostoli e i fratelli anziani, ai fratelli di fra i Gentili”.[1823] Più avanti ancora si legge: ‘E passando di città in città raccomanda­vano di osservare le regole stabilite dagli Apostoli e dai sacer­doti che erano in Gerusalemme’; mentre il testo dice: “E passando essi per le città, trasmisero loro, perché le osservassero, le decisioni prese dagli apostoli e dagli anziani che erano a Geru­salemme”.[1824] Come potete vedere in questi passi la parola anziani è stata sostituita con sacerdoti. Il motivo è evidente; far credere che nella Chiesa primitiva c’erano i sacerdoti papisti.

Sempre negli Atti si legge: ‘Ma uomini timorati fecero il funerale di Stefano, e fecero gran pianto sopra lui’; mentre invece il testo dice: “E degli uomini timorati seppellirono Stefano e fecero gran cordoglio di lui”.[1825] La ragione di questa manomissione era per sostenere i pomposi e costosi funerali della chiesa cattolica romana che fruttavano non pochi soldi ai preti.

Sempre negli Atti si legge: ‘Or mentre essi offerivano al Signore i sacri misteri, e digiunavano, disse loro lo Spirito Santo...’; mentre il testo dice: “E mentre celebravano il culto del Signore e digiunavano, lo Spirito Santo disse...”.[1826] La manomissione di culto in sacri misteri fu fatta per fare credere ai Cattolici che ai tempi degli apostoli si celebrava la messa quando questo non è affatto vero.

>Ai Corinzi si legge: ‘Né solo questo ma è stato anche eletto dalle Chiese compagno del nostro pellegrinaggio per questa beneficenza..’; mentre il testo dice: “Non solo, ma egli è stato anche eletto dalle chiese a viaggiare con noi per quest’opera di carità...”.[1827] Così i Cattolici leggevano che gli apostoli erano dediti a un pellegrinaggio, e perciò erano incoraggiati a compie­re i pellegrinaggi prescritti dalla chiesa romana per ottenere il perdono dei loro peccati.

>Agli Efesini si legge: ‘Questo sacramento è grande; io però parlo riguardo a Cristo ed alla Chiesa’; mentre il testo dice: “Questo mistero è grande; dico questo, riguardo a Cristo ed alla Chiesa”.[1828] Questa falsificazione aveva l’intento di sostenere che il matrimonio era un sacramento.[1829] Nel greco c’è mysterion che significa ‘mistero’ e non sacramento. Lo stesso termine greco è usato da Paolo quando dice ai Colossesi: “...questo mistero fra i Gentili, che è Cristo in voi, speranza della gloria”.[1830]

>Ai Colossesi si legge: ‘Nessuno vi supplanti a suo capriccio per via di umiltà col superstizioso culto degli angeli...’; mentre il testo dice: “Nessuno a suo talento vi defraudi del vostro premio per via d’umiltà e di culto degli angeli...”.[1831] Mettendo supersti­zioso culto degli angeli il Martini cercò di fare capire ai Cattolici che c’era un culto reso agli angeli che era sbagliato, ma che ce n’era anche uno che era giusto; quello sbagliato era quello superstizioso mentre quello giusto era quello prescritto dalla chiesa cattolica romana perché sincero e verace e non superstizioso! Questo lo si deduce dalla nota del Martini che dice: ‘Prende di mira, i discepoli di Simone Mago, i quali anteponevano la mediazione degli Angeli a quella di G. C.’, il che significa che anteporre la mediazione di Gesù Cristo a quella degli angeli, quindi non escludendo quest’ultima, sia invece lecito!

>Nella prima epistola a Timoteo si legge: ‘Fa adunque di mestieri che il vescovo sia irreprensibile, che abbia preso una moglie sola’; mentre la traduzione fedele è: “Bisogna dunque che il vescovo sia irrepren­sibile, marito di una sola moglie”.[1832] ‘I diaconi abbiano preso una sola donna..’; mentre il testo dice: “I diaconi siano mariti di una sola moglie...”.[1833] E’ evidente il tentativo di annullare il fatto che i vescovi e i diaconi devono essere sposati per potere assumere l’ufficio nella Chiesa.

Sempre in questa epistola si legge: ‘I preti, che governano bene siano reputati meritevoli di doppio onore’; mentre il testo dice: “Gli anziani che tengon bene la presidenza, siano reputati degni di doppio onore”.[1834] Ed anche: ‘contro di un prete non ammettere accusa se non con due o tre testimoni’; mentre il testo dice: “Non ricevere accusa contro un anziano, se non sulla deposizione di due, o tre testimoni”.[1835] Il motivo per cui Martini al posto di anziani e anziano ha messo preti e prete è evidente; fare credere che essi esistevano ai giorni degli apostoli.

>In Tito si legge a proposito dell’anziano: ‘Uom, che sia senza taccia, che abbia avuto una sola moglie...’; mentre il testo dice: “Quando si trovi chi sia irreprensibile, marito d’una sola mo­glie,...”.[1836] Anche qui è evidente il tentativo di sostenere il celibato dei preti.

>Agli Ebrei si legge: ‘E non vogliate dimenticarvi della beneficenza, e della comunione di carità, imperocchè con tali vittime si guadagna Dio’; mentre il testo dice: “E non dimenticate di esercitar la beneficenza, e di far parte agli altri de’ vostri beni; perché è di tali sacrificî che Dio si compiace”.[1837] Ecco come il Martini falsificò questo passo per fare credere che con le opere buone ci si poteva guadagnare la vita eterna. Ma il testo non dice che con la beneficenza si guadagna Dio, ma che Dio prende piacere nella beneficenza e nel fare parte agli altri dei nostri beni essendo questi dei sacrifici spirituali a lui accet­tevoli.

>In Giacomo si legge: ‘Havvi egli tra voi chi sia ammalato? Chiami i preti della Chiesa...’; mentre il testo dice: “C’è qualcuno fra voi infermo? Chiami gli anziani della chiesa, e preghino essi su lui...”.[1838] Il greco presbyteros significa anziani e non preti, ma Martini ha messo preti perché volle fare credere che i preti esistevano ai giorni degli apostoli.

>Nell’epistola di Pietro si legge: ‘I sacerdoti adunque: che sono tra di voi, gli scongiuro, io consacerdote, e testimone dei patimenti di Cristo’; mentre il testo dice: “Io esorto dunque gli anziani che sono fra voi, io che sono anziano con loro (in greco: sympresbyteros) e testimone delle sofferenze di Cristo...”.[1839] Più avanti si legge ‘Parimenti voi, o giovani, siate soggetti ai sacerdoti’; mentre il testo dice: “Parimente, voi più giovani, siate soggetti agli anziani”.[1840] E così quei Cattolici d’allora credevano che la loro casta sacerdotale era stata ordi­nata da Dio. Ma la parola greca presbyteros - lo ripetiamo - non significa sacerdo­ti, ma anziani; quindi la traduzione del Martini è infedele.

Adesso vediamo alcune falsificazioni operate in Bibbie più recen­ti.

-  Nella Bibbia tradotta da Eusebio Tintori (Chieri 1957) diversi passaggi sono stati manomessi nella stessa maniera in cui ha fatto il Martini. Eccone alcuni: ‘Ed entrato da lei l’angelo, disse: Salute, o piena di grazia: il Signore è teco!’;[1841] ‘Fate penitenza, perché il Regno dei cieli è vicino’;[1842] ‘Da allora incominciò Gesù a predicare e a dire: Fate penitenza, ché il Regno dei cieli è vicino’;[1843] ‘Parimenti voi, o giovani, state soggetti ai sacerdoti’;[1844] ‘Gli apostoli e i sacerdoti allora si adunarono per esaminare questa cosa’;[1845] ‘I preti che governano bene sian reputati degni di doppio onore’;[1846] ‘Contro un prete non ricevere accuse, se non sono provate da due o tre testimoni’;[1847] ‘Si ammala qualcheduno tra di voi? Faccia chiamare i preti della chiesa, ed essi preghino sopra di lui, ungendolo coll’olio nel nome del Signore’;[1848] ‘Ma bisogna che il vescovo sia irreprensibile, non abbia sposato che una sola moglie...’;[1849] ‘I diaconi abbiano sposato una sola moglie...’;[1850] ‘Questo sacramento è grande io però parlo riguardo a Cristo ed alla Chiesa’;[1851] ‘Nessuno v’inganni a suo capriccio con affettazione di umile e superstizioso culto degli angeli...’.[1852]

-  Nel Nuovo Testamento tradotto da Fulvio Nardoni (Roma 1966) in Marco si legge: ‘Intanto giungono sua madre e i suoi cugini (greco: adelfòi) e, stando fuori, mandano a chiamarlo. Ora, una gran folla sedeva intorno a lui, e gli disse­ro: Ecco, tua madre e i tuoi parenti (il greco ha: i tuoi fra­telli) sono là fuori che ti cercano. Ma egli, rispondendo loro, disse: Chi sono mia madre e i miei parenti (greco: adelfòi)? Poi gettando uno sguardo sopra coloro che erano seduti in cerchio intorno a lui, disse: Ecco mia madre e i miei parenti (greco: adelfòi). Chiunque fa la volontà di Dio, egli è mio fratello (greco: adelfòs), mia sorella (adelphe) e mia madre’. Ma lo stesso testo tradotto fedelmente dice: ‘I suoi fratelli adunque, e sua madre, vennero; e, fermatisi di fuori, mandarono a chiamarlo. Or la moltitudine sedeva d’intorno a lui, e gli disse: Ecco, tua madre, e i tuoi fratelli son là di fuori, e ti cercano. Ma egli rispose loro, dicendo: ‘Chi è mia madre, o chi sono i miei fratelli? E, guardati in giro coloro che gli sedevano d’intorno, disse: Ecco mia madre, e i miei fratelli. Perciocchè, chiunque avrà fatta la volontà di Dio, esso, è mio fratello e mia sorella, e mia madre”.[1853] Come potete vedere il Nardoni ha tradotto il greco adelfos che significa ‘fratello’ in tre modi diversi, prima con cugini,[1854] poi con parenti ed infine con fratello a secondo della necessità. La ragione è evidente; non fare leggere che Gesù aveva dei fratelli e delle sorelle[1855] figli di Maria.[1856]

In Matteo si legge: ‘E senza che egli l’abbia conosciuta, diede alla luce un figlio, e lo chiamò Gesù’; mentre il testo dice: “E non la conobbe finch’ella non ebbe partorito il suo figlio primogenito e gli pose nome Gesù”.[1857] Il motivo della manomissione è quello di fare credere che Maria anche dopo avere partorito Gesù non fu conosciuta da Giuseppe.

In Luca si legge: ‘L’Angelo, essendo entrato presso di lei, le disse: ‘Ave, o piena di grazia, il Signore è con te’; mentre il testo dice: “E l’angelo, entrato da lei, disse: Ti saluto, o favorita dalla grazia: il Signore è teco”.[1858] Quel ‘pieno di grazia’ è stato messo per sostenere che Maria era nata senza peccato, ma come abbiamo già detto il greco smentisce questa traduzione. E’ chiaro che con queste parole (‘piena di’) che l’angelo Gabriele non disse mai a Maria, i Cattolici riescono a presentare Maria come una donna che aveva in sé ogni grazia, anche quella di essere senza peccato. Coloro che hanno adulterato queste parole dell’angelo Gabriele definendo Maria ‘piena di grazia’ hanno voluto così mettere Maria sullo stesso livello del Figliuolo di Dio (anche se a parole dicono che Maria aveva meno grazia di Gesù Cristo) e questo perché di Gesù Cristo è detto che egli era pieno di grazia secondo che é scritto in Giovanni: “E la Parola é stata fatta carne ed ha abitato per un tempo fra noi, piena di grazia e di verità”.[1859] Ecco perché milioni di persone in tutto il mondo sono convinte che Maria era piena di grazia e perciò anche senza peccato; ecco perché molti­tudini di pecore erranti la invocano dicendole: ‘Ave Maria, piena di grazia....’, con la speranza di essere esauditi! E se qualcuno fa notare loro che anche di Stefano è detto che era pieno di grazia? In questo caso rispondono che il ‘piena di grazia’ che l’angelo Gabriele gli disse ‘appare, in un certo modo, come un nome caratteristico che sta al posto di nome proprio; ed per questo che non si può ammettere alcuna somiglianza con S. Stefano (Atti 6,8)...’. Come potete vedere da voi stessi i teologi romani hanno un’astuta risposta da dare anche a questa domanda.

Nella prima lettera di Paolo a Timoteo si legge: ‘Bisogna però che il vescovo sia irreprensibile, non abbia preso moglie che una volta sola’; mentre il testo dice: “Bisogna dunque che il vescovo sia irreprensibile, marito di una sola moglie...”.[1860] Il Nardoni nella nota dice: ‘Qui bisogna intendere che il vescovo non deve essere un vedovo passato a seconde nozze’; ecco dunque il motivo per cui ha manomesso quel passo, per fare credere che nella Chiesa primitiva potevano essere eletti vescovi solo coloro che erano senza moglie, cioè i celibi o i vedovi non risposati. Il che noi sappiamo non corrisponde al vero. Va detto poi che la traduzione del Nardoni fa credere che Paolo abbia detto che i vescovi dovevano essere stati mariti di una moglie sola, per cui un credente che era rimasto vedovo due volte (cioè che era stato marito di due mogli) non poteva ambire all’ufficio di vescovo. Quindi siccome che lui di vescovi mai sposati non ne fa parola, si dovrebbe dedurre che anticamente per essere assunti come vescovi bisognava aspettare di diventare vedovi della prima moglie! Il che è una follia crederlo perché si fa credere che finché un credente era sposato non poteva assumere l’ufficio di vescovo.

Nella lettera di Paolo a Tito si legge: ‘Ma quando si è mostrata la bontà di Dio (Padre), nostro Salvatore, e il suo amore verso l’uomo, egli allora ci ha salvati, non per merito delle opere di giustizia, che noi potevamo avere fatte, ma per la sua misericordia, mediante il battesimo di rigenerazione, in cui lo Spirito Santo ci rinnova, (facendoci una nuova creatura, Spirito) che egli ha diffuso sopra di noi...’; mentre il testo dice: “Ma quando la benignità di Dio, nostro Salvatore, e il suo amore verso gli uomini sono stati manifestati, Egli ci ha salvati non per opere giuste che noi avessimo fatte, ma secondo la sua misericordia, mediante il lavacro della rigenerazione e il rinnovamento dello Spirito Santo, ch’Egli ha copiosamente sparso su noi...”.[1861] La ragione per cui Nardoni ha messo ‘il battesimo di rigenerazione in cui lo Spirito Santo ci rinnova’ è per avvalorare la dottrina papista che dice che l’acqua del battesimo ha dallo Spirito Santo la virtù di fare rinascere chi lo riceve.[1862]

-  Nella Bibbia cattolica, edizioni Paoline, del 1971 (Torino) si legge: ‘L’ange­lo, essendo entrato da lei, le disse: Ave, o piena di grazia..’ mentre in realtà si deve leggere che l’angelo le disse: “Ti saluto, o favorita dalla grazia....”.[1863]

In Matteo hanno messo: ‘E senza che egli la conoscesse, diede alla luce un figlio, e lo chiamò Gesù’ mentre il testo è: “E non la conobbe finch’ella non ebbe partorito il suo figlio primogenito e gli pose nome Gesù”.[1864]

Negli Atti hanno messo ‘Fate penitenza e ciascun di voi sia battezzato..’ al posto di: “Ravvedetevi, e ciascun di voi sia battezzato...”.[1865] Il greco metanoeo significa pentirsi o ravvedersi (il che implica un provare dispiacere verso il proprio modo di pensare o agire sbagliato) e non operare qualche opera di mortificazione corporale o qualche digiuno o qualche opera di penitenza prescritta dalla chiesa romana. Mettendo ‘fate penitenza’ al posto di ‘ravvedetevi’ la curia romana si è così preposta di fare credere ai lettori della loro Bibbia che per ottenere l’espiazione dei loro peccati devono fare appunto delle opere di penitenza, che abbiamo visto in che cosa consistono, e non che essi si devono solo pentire e credere nel Vangelo. Il fatto è però che mettendo ‘fate penitenza’ al posto di ravvedetevi essi si sono contraddetti da loro stessi, perché nella teologia papista la penitenza segue il battesimo e non lo precede, mentre in quella maniera risulta che la penitenza è prescritta prima del battesimo! Sempre negli Atti si legge: ‘Dopo avere pregato e digiunato, ordinarono dei sacerdoti per ciascuna Chie­sa..’; come potete vedere molti Cattolici leggono nelle loro Bibbie che per le chiese furono costituiti dagli apostoli dei preti e non degli anziani, e che essi non furono eletti con l’approvazione delle chiese come invece dice il testo originale: “E fatti eleggere per ciascuna chiesa degli anziani, dopo aver pregato e digiunato, raccomandarono i fratelli al Signore..”.[1866]

-  Nella Bibbia di Gerusalemme (Seconda ediz. 1974) queste parole di Matteo: “Non la conobbe finch’ella non ebbe partorito un figlio; e gli pose nome Gesù”[1867] sono state manomesse dai loro traduttori al fine di difen­dere la perpetua verginità di Maria, infatti i loro traduttori hanno reso il verso così: ‘Senza che egli la conoscesse, partorì un figlio, che egli chiamò Gesù’. Siamo d’accordo che Maria partorì Gesù senza avere conosciuto suo marito Giuseppe; ma non si può essere affatto d’accordo con una simile traduzione che nasconde ai Cattolici che per Maria il non essere conosciuta da Giuseppe fu un qualcosa che durò solo per un tempo dopo il suo matrimonio, cioè fino a quando ella non ebbe partorito Gesù, e non per sempre.

Sempre in questa Bibbia le parole di Pietro: “Sapendo prima di tutto questo: che nessuna profezia della Scrittura procede da vedute particolari”[1868] sono state cambiate in: ‘Sappiate anzitutto questo: nessuna scrittura profetica va soggetta a privata spiegazione’. Come potete vedere i traduttori di questa Bibbia cattolica hanno manomesso le Scritture infatti da come hanno tradotto queste parole di Pietro emerge che Pietro avrebbe detto che la Bibbia non la si può interpretare da sé perché l’interpretazione non può essere soggettiva (ma la si deve interpretare come la interpreta il magistero della Chiesa catto­lica!). Questa è la spiegazione che i teologi danno a questo contorto passo infatti la nota che spiega questo passo nell’edi­zione Paoline del 1971 dice: ‘Dunque i singoli fedeli non possono interpretare a capriccio la Bibbia, ma devono ricevere l’inter­pretazione della Chiesa’. Ma come abbiamo visto il suddetto passo dell’epistola di Pietro tradotto correttamente dice: ‘Sapendo prima di tutto questo: che nessuna profezia della Scrittura procede da vedute particolari”,[1869] il che significa che coloro che scrissero le profe­zie non le scrissero di loro volontà perché quelle loro profezie furono pronunziate dallo Spirito Santo per mezzo di loro quando e come e dove Egli volle. Quindi da come lo hanno tradotto i Cattolici il suo significato è: ‘L’interpretazione che il lettore dà alla Scrittura non deve essere soggettiva’ (ma deve essere quella data dal magistero); e non più quello originale, e cioè che la Scrittura non è il frutto di un interpretazione personale o di vedute particolari di coloro che l’hanno scritta. Attenzione; con questo discorso non vogliamo dire che le Scritture si possono interpretare a proprio piacimento, nel senso che uno è libero di interpretarle secondo le sue voglie; ma solo che i credenti possono con l’aiuto di Dio intendere rettamente le Scritture perché lo Spirito di Dio li guida in ogni verità.

-  Nella Bibbia edizioni Paoline del 1990 (Sesta ediz.) si legge: ‘Sappiate anzi­tutto questo: a nessuna profezia della Scrittura compete una interpretazione soggettiva’. Mentre come abbiamo poco fa detto la corretta traduzione è: “Sapendo prima di tutto questo: che nessuna profezia della Scrittura procede da vedute particolari”.[1870]

LA MANIPOLAZIONE DEI DIECI COMANDAMENTI

 

Questi sono i dieci comandamenti che Dio pronunziò sul monte Sinai e che scrisse con il suo dito sulle due tavole di pietra che diede al suo servo Mosè.

-  Il primo: “Io sono l’Eterno, l’Iddio tuo, che ti ho tratto dal paese d’Egitto, dalla casa di servitù. Non avere altri dii nel mio cospetto”.[1871]

-  Il secondo: “Non ti fare scultura alcuna né immagine alcuna delle cose che sono lassù ne’ cieli o quaggiù sulla terra o nelle acque sotto la terra; non ti prostrare dinanzi a tali cose e non servir loro, perché io, l’Eterno, l’Iddio tuo, sono un Dio geloso che punisco l’iniquità dei padri sui figliuoli fino alla terza e alla quarta generazione di quelli che mi odiano, e uso benignità, fino alla millesima generazione, verso quelli che m’amano e osservano i miei comandamenti”.[1872]

-  Il terzo: “Non usare il nome dell’Eterno, ch’è l’Iddio tuo, in vano; perché l’Eterno non terrà per innocente chi avrà usato il suo nome in vano”.[1873]

-  Il quarto: “Ricordati del giorno del riposo per santificarlo. Lavora sei giorni e fà in essi ogni opera tua; ma il settimo é giorno di riposo, sacro all’Eterno, ch’è l’Iddio tuo; non fare in esso lavoro alcuno, né tu, né il tuo figliuolo, né la tua fi­gliuola, né il tuo servo, né la tua serva, né il tuo bestiame, né il forestiero ch’è dentro alle tue porte; poiché in sei giorni l’Eterno fece i cieli, la terra, il mare e tutto ciò ch’è in essi, e si riposò il settimo giorno; perciò l’Eterno ha benedetto il giorno del riposo e l’ha santificato”.[1874]

-  Il quinto: “Onora tuo padre e tua madre, affinché i tuoi giorni siano prolungati sulla terra che l’Eterno, l’Iddio tuo, ti dà”.[1875]

-  Il sesto: “Non uccidere”.[1876]

-  Il settimo: “Non commettere adulterio”.[1877]

-  L’ottavo: “Non rubare”.[1878]

-  Il nono: “Non attestare il falso contro il tuo prossimo”.[1879]

-  Il decimo: “Non concupire la casa del tuo prossimo; non concu­pire la moglie del tuo prossimo, né il suo servo, né la sua serva, né il suo bue, né il suo asino, né cosa alcuna che sia del tuo prossimo”.[1880]

La chiesa romana li ha mutilati e modificati e così con­torti li inculca ai suoi fedeli, piccoli e grandi. Ecco infatti come li troviamo scritti nel Nuovo Manuale del Catechista.

-  Il primo è: ‘Io sono il Signore Dio tuo. Non avrai altro Dio fuori di me’;[1881]

-  Il secondo: ‘Non nominare il nome di Dio invano’.[1882]

-  Il terzo: ‘Ricordati di santificare le feste’.[1883]

-  Il quarto: ‘Onora il padre e la madre’.[1884]

-  Il quinto: ‘Non ammazzare’.[1885]

-  Il sesto: ‘Non commettere atti impuri’.[1886]

-  Il settimo: ‘Non rubare’.[1887]

-  L’ottavo: ‘Non dire falsa testimonianza’.[1888]

-  Il nono: ‘Non desiderare la donna d’altri’.[1889]

-  Il decimo: ‘Non desiderare la roba d’altri’.[1890]

Il secondo comandamento la curia romana lo ha tolto dal decalogo per non fare apparire le cosiddette statue e immagini sacre come degli idoli in abominio a Dio. Così facendo ha trasgredito l’ordine divino: “Non aggiungerete nulla a ciò che io vi comando, e non ne toglierete nulla”.[1891]

Per ciò che riguarda invece il comandamento di Dio circa il giorno del riposo di sabato la curia romana ha pensato di modi­ficarlo in questa maniera: ‘Ricordati di santificare le feste’ e questo per fare ricordare ai suoi seguaci di osservare le feste di precetto che sono, oltre tutte le domeniche, ‘Natale, Circoncisione, Epifania, Ascensione, Corpus Domini; Immacolata e Assunzione di Maria Vergine, S. Giuseppe, i Santi Pietro e Paolo e Tutti i Santi’.[1892] Ora, Dio nella legge istituì delle feste; esse erano la festa di Pasqua, la festa di Pentecoste, la festa delle Capanne, e comandò agli Israeliti di osservarle, ma il comandamento di osservarle non fu messo da lui tra le dieci parole assieme al comandamento sul sabato, lo avrebbe potuto fare ma sta di fatto che non lo fece. (Tenete presente però che quelle feste istituite da Dio erano “l’ombra di cose che doveano avvenire”).[1893] Quindi se Dio non mise tra i dieci comandamenti il suo comandamento di osservare le feste da lui istituite, come si sono permessi i Cattolici di modificare il decalogo per introdurre il loro ordine di osservare le loro feste? Per certo coloro che hanno adulterato le dieci parole di Dio si sono resi colpevoli di una colpa davanti a Dio perché fanno dire a Dio quello che Lui non ha detto. Ma non solo Dio non disse nel decalogo agli Israeliti: ‘Ricordati di santificare le feste’, ma Egli ora non comanda a nessuno di santificare le feste isti­tuite dalla chiesa romana (si tenga presente che viene comandato ai Cattolici di onorare Dio con atti di culto esterno dei quali l’atto essenziale è la messa). Perché mai si dovrebbe santificare un giorno in onore della menzogna come l’immacolata concezione, o l’assunzione di Maria in cielo? O perché mai si dovrebbe onorare la festa del Corpus Domini in cui viene fatto credere che un pezzo di pane è Dio e perciò va adorato? O perché mai si dovrebbe onorare il 25 Dicembre come data di nascita di Gesù quando questa festa ha origini pagane? O la festa della circoncisione, o dell’epifania, o dell’ascensione, o di Giuseppe, di Pietro e Paolo, e di tutti i santi? Perché la chiesa romana lo ordina? Ma queste sono feste che fanno parte della tradizione che non trovano nessuna conferma nella Scrittura e perciò vanno rigettate. Fratelli, astenetevi dal partecipare a queste feste istituite dalla chiesa romana per non contaminarvi e non provocare a gelo­sia il Signore.[1894]

Ma i Cattolici romani non hanno solo fatto scomparire il secondo comandamento dal decalogo e modificato il quarto, perché a ri­guardo del comandamento di non usare il nome di Dio in vano e quello di onorare il padre e la madre non li insegnano come essi sono scritti perché ne hanno tolto una parte. Per quanto riguarda infatti il terzo comandamento Dio disse: “Non usare il nome dell’Eterno, ch’è l’Iddio tuo, in vano; perché l’Eterno non terrà per innocente chi avrà usato il suo nome in vano”,[1895] mentre i Cattolici (per loro è il secondo comandamento) lo insegnano così: ‘Non nominare il nome di Dio in vano’, omettendo la seconda parte. Ma oltre a ciò è bene che sappiate quale è il significato che essi danno alle parole ‘nome di Dio’. Essi dicono che con la parola nome di Dio ‘s’intende non solo il nome di ‘Dio’ ma anche ogni altro nome con cui Egli possa venire chiamato e ogni altra persona e cosa che abbia relazione diretta con Lui, come Sacra­mento, Madonna, Santi, Anima, ecc.’.[1896] Come potete vedere per i Cattolici questo comandamento si riferi­sce non solo al nome santo di Dio ma anche a nomi di altre perso­ne e di determinate cose. Questo significa veramente interpretare la Parola di Dio arbitrariamente; così fanno pensare alle persone che il nome di Maria e dei loro santi è santo quanto quello di Dio. Noi non vogliamo dire con questo che sia lecito usare il nome di Maria o quello di qualcuno dei loro cosiddetti santi per imprecare, affatto! ma solo che non si deve far dire alla Parola di Dio quello che essa non dice. I Cattolici così hanno fatto leva anche su questo ordine di Dio per esaltare a loro piacimento e secondo le loro voglie Maria e i loro santi. Bisogna riconoscere che dove possono e quando possono ce lo mettono sempre il nome di Maria e quello dei loro santi.

Per quanto riguarda invece il quinto comandamento che dice: “Onora tuo padre e tua madre, affinché i tuoi giorni siano pro­lungati sulla terra che l’Eterno, l’Iddio tuo, ti dà”,[1897] che come dice Paolo, è “il primo comandamento con promessa”,[1898] i Cattolici lo hanno modificato e mutilato perché lo insegnano così: ‘Onora il padre e la madre’. Anche qui la modifica e la mutilazione sono state fatte per uno scopo ben preciso; e questo si capisce quando si legge nel loro catechismo che questo comandamento non comanda di ubbidire solo ai propri genitori ma anche di ubbidire ai propri superiori ecclesiastici quali il papa, il vescovo e il parroco. Li chiamano padre, e perciò li devono onorare come i propri genitori: la chiesa romana è la loro madre e perciò di conseguenza la devono onorare sottomettendosi ad essa. Bisogna dire quindi che essi anche in questo caso fanno dire alla Parola di Dio quella che essa non dice; e così la curia romana per assoggettarsi le popolazioni ha fatto ricorso proprio a tutto. In verità non c’é timore di Dio dinanzi agli occhi loro. I Cattolici devono sottoporsi innanzi tutto alla Parola di Dio; così facendo intenderanno come i loro superiori ecclesiastici non sono degni di essere ubbiditi perché essi stessi rifiutano in tutto e per tutto di ubbidire a Dio. Tutti coloro che nel loro mezzo hanno deciso di ubbidire alla Parola di Dio anziché agli uomini sono usciti dalla chiesa romana perché hanno capito, grazie a Dio, che l’ubbidienza che pretendeva da loro la curia romana consisteva nel disubbidire a Dio ed ai suoi comandamenti.

LA NEGAZIONE DELLA BIBBIA AL POPOLO

 

Ci fu un tempo in cui la Bibbia venne da parte della curia romana negata agli uomini. Nel concilio di Tolosa del 1229 fu deliberato infatti quanto segue: ‘Proibiamo ancora che sia permesso ai laici di avere i libri del Vecchio e Nuovo Testamento, tranne il Saltero, o il Breviario per dire l’Ufficio divino, o le Ore della Beata Vergine a chi desidera averle per devozione; però proibiamo strettamente che quei libri siano in lingua volgare’.[1899] Ma perché questo divieto? Perché gli uomini del volgo non veniva­no reputati degni di leggerla; il cardinale Osio, nel libro De Verbo Dei affermò infatti: ‘Permettere ai laici la lettura delle sante Scritture, è lo stesso che dare le cose sante ai cani, e gittare le perle dinanzi ai porci’.[1900] Ed anche perché veniva asserito che la Bibbia era troppo difficile per essere compresa dal popolo igno­rante, ed alcuni leggendola potevano male interpretarla ed essere indotti all’errore. E così per diversi secoli la lettura della sacra Scrittura fu reputata una cosa nociva alla Chiesa e per questo la curia romana studiò i modi per frenare la sua diffusio­ne fra il popolo; una evidente prova di ciò è il seguente fatto storico. Nel 1553 Gian Maria Ciocchi del Monte (Giulio III: 1550-1555) incaricò tre dei più dotti vescovi del tempo: Vincenzo De Durantibus, Egidio Falceta e Gherardo Busdrago, di studiare i mezzi per frenare la diffusione della Riforma. Nel documento conclusivo i tre prelati così si esprimevano: Finalmente - fra tutti i consigli che noi possiamo dare a Vostra Beatitudine, abbiamo lasciato per ultimo il più necessario... - debbono farsi tutti gli sforzi acciocché si permetta il meno possibile la lettura del Vangelo, specialmente in lingua volgare, in tutti i paesi sotto la Vostra giurisdizione. Basti quel po­chissimo che suol leggersi nella messa, né più di quello sia permesso di leggere a chicchessia. Finché gli uomini si contenta­rono di quel poco, gli interessi della Santità Vostra prosperaro­no, ma quando si volle leggere di più, allora cominciarono a decadere. Quel libro, insomma (il Vangelo), è quello che più di ogni altro ha suscitato contro di noi quei turbini e quelle tempeste per le quali è mancato poco che non fossimo interamente perduti. Ed invero, se qualcuno lo esamina interamente e diligen­temente, e poi confronta le istruzioni della Bibbia con quello che si fa nelle nostre chiese, si avvedrà subito della discordan­za e vedrà che la nostra dottrina è molte volte diversa e più spesso ancora ad essa contraria: la qual cosa se si comprendesse dal popolo, non cesserebbe di reclamare contro di noi, fino a tanto che tutto non sia divulgato, ed allora diverremmo oggetto di dispregio e di odio in tutto il mondo. Perciò bisogna sottrar­re la Bibbia alla vista del popolo, ma con grande cautela per non suscitare tumulti’.[1901] Ecco dunque perché la curia romana vietò la lettura della Bibbia al popolo, perché temeva che il popolo leggendola si accorgesse degli abusi e delle eresie presenti nella chiesa cattolica romana e si sollevasse contro di essa.

Un altra prova attestante quanto i papi avessero in avversione che la Bibbia fosse letta da tutti è la bolla Unigenitus di Clemente XI nel 1713 nella quale venivano condannate come ‘false, scandalose, perniciose, sediziose, empie, blasfeme ed eretiche’ le seguenti proposizioni riguardanti la lettura della Bibbia: la proposizione 79, che dice che è utile e necessario in ogni tempo e in ogni luogo a tutte le persone di studiare ed imparare lo spirito, la santità e i misteri delle Sacre Scritture; la proposizione 80, che dice che la lettura della Scrittura è per tutti; la proposizione 84, che dice che togliere dalle mani dei cristiani il Nuovo Testamento, o tenerglielo chiuso togliendogli i mezzi per comprenderlo, significa chiudere la bocca di Cristo; la proposizione 85, che dice che vietare ai Cristiani la lettura delle Sacre Scritture, specialmente dei Vangeli, è vietare ai figli della luce l’uso della luce, ed è gettarli in una sorta di scomunica.

E siccome che il papato allora considerava cosa empia che tutti leggessero le sacre Scritture esso considerava anche cosa empia la loro traduzione nella lingua del popolo per cui i traduttori di esse gli erano in abominio. Una prova di questo odio che il papato nutriva verso i traduttori di Bibbie in lingua volgare l’abbiamo nelle seguenti parole di Barnaba Chiaramonti (Pio VII 1800 - 1823): ‘Dichiaro che le associazioni formate nella maggiore parte d’Europa, per tradurre in lingua volgare e spandere la legge di Dio, mi fanno orrore, che esse tendono a rovesciare la fede cristiana fin dalle sue fondamenta, che bisogna distruggere questa peste con tutti i mezzi possibili, e svelare le empie macchinazioni di questi manovratori’.[1902] E per concludere questa carrellata di condanne e proibizioni ricordiamo che nel 1820 fu messo all’indice (dalla Congregazione dell’Indice) persino un Nuovo Testamento tradotto da un Cattolico e precisamente ‘il Nuovo Testamento di monsignor Martini’; la ragione era perché non possedeva le note.

Nessuno dunque v’inganni dicendovi che la chiesa cattolica romana un tempo proibì al popolo di leggere solo le Bibbie cosiddette false tradotte dai Protestanti in lingua volgare dopo che venne la Riforma perché abbiamo dimostrato che la proibizione di legge­re la Bibbia risale a secoli prima della Riforma (a quel tempo era vietata dunque al popolo la lettura delle Bibbie tradotte dai Cattolici) e poi perché nel 1820 come abbiamo provato fu messo all’indi­ce un Nuovo Testamento di un famoso traduttore cattolico (che essendo privo delle note costituiva un serio pericolo per il papato).

Ma oggi, come stanno le cose? Oggi, la traduzione e la diffusione della sacra Scrittura da parte della chiesa romana sono incorag­giate perché il concilio Vaticano II ha decretato che “è necessa­rio che i fedeli abbiano largo accesso alla Sacra Scrittura’,[1903] ma nonostante oggi la chiesa romana non impedisce la divulgazione della Bibbia fra le persone e neppure la sua lettura, essa conti­nua mediante il suo magistero a dare errate interpretazioni a molti e molti passi della Scrittura riuscendo così con la sua abituale frode ed astuzia a nascondere la verità ai Cattolici. Ma grazie siano rese a Dio perché anche in questa generazione Dio ha illuminato le menti di tanti Cattolici romani facendogli comprendere rettamente la Parola di verità e li ha riscattati dal giogo opprimente di questa religione abilmente costruita dal diavolo. Oggi, essi sono nostri fratelli ed assieme ci rallegria­mo e lodiamo Dio, per averci fatto conoscere la verità; quella verità che ci ha resi liberi dal peccato.

L’INTRODUZIONE DEI LIBRI APOCRIFI NEL CANONE DELLA BIBBIA

 

Nella sessione del 8 Aprile 1546 del concilio di Trento furono dichiarati canonici, oltre ai sessantasei libri da cui é formata la Bibbia, anche altri libri che portano questi nomi: Tobia, Giuditta, Sapienza, Eccle­siastico, Baruc e 1 e 2 Maccabei. Inoltre furono fatte delle aggiunte al libro di Ester e a quello di Daniele perché furono anch’esse ritenute Scritture ispirate. Nel documento redatto in quel concilio, a proposito di questa loro decisione, sono scritte tra le altre cose queste parole: ‘Se qualcuno, poi, non accetterà come sacri e canonici questi libri, interi con tutte le loro parti, come si é soliti leggerli nella chiesa cattolica e come si trovano nell’edizione antica della volgata latina e disprezzerà consapevolmente le predette tradi­zioni, sia anatema’.[1904] Questi libri aggiunti sono apocrifi (da apokryphos, termine greco che significa ‘nascosto’)[1905] e sono chiamati dalla chiesa romana deuterocanonici ossia aggiunti al canone.

Ora, i Cattolici ci accusano di avere mutilato la Bibbia toglien­dogli i libri qui sopra enumerati con le aggiunte a Ester e a Daniele, ma questo non è affatto vero perché noi non abbiamo tolto alcunché al canone delle Scritture. La verità è che loro hanno adulterato il canone delle Scritture aggiungendovi i libri che hanno voluto e ci accusano di averli tolti perché non ci siamo conformati alla decisione del concilio di Trento. In altre parole loro non sopportano che noi ci siamo astenuti dall’inclu­dere nel canone dei libri che sin da quando comparvero non furono dichiarati canonici!

Le ragioni per cui noi non riconosciamo i libri apocrifi come canonici, cioè come parte del canone delle Scritture, sono le seguenti.

-  Essi sono pieni di contraddizioni e di errori, e di ciò ci sono le seguenti prove.

>Nel libro di Ester è scritto a proposito di quando Ester si presentò dopo il digiuno al re: “Il re era assiso sul trono reale nella casa reale, di faccia alla porta della casa. E come il re ebbe veduta la regina Ester in piedi nel cortile, ella si guada­gnò la sua grazia; e il re stese verso Ester lo scettro d’oro che teneva in mano; ed Ester s’appressò, e toccò la punta dello scettro. Allora il re le disse: Che hai regina Ester? che doman­di? Quand’anche tu chiedessi la metà del regno, ti sarà data”.[1906]Nelle aggiunte fatte a questo libro troviamo scritto a proposito dello stesso episodio queste parole: ‘Varcate tutte le porte, si presentò davanti al re, che stava assiso sul suo trono, rivestito di tutti gli ornamenti della sua maestà, fulgente d’oro e di pietre preziose: il suo aspetto era imponente. Or, appena egli ebbe alzato il capo scintillante di splendore, e lanciato uno sguardo ardente di collera, la regina cambiò colore, svenne e si appoggiò sulla spalla della damigella che l’accompagnava’.[1907] Come potete vedere la descrizione fatta nell’aggiunta contrasta quella autentica del libro ispirato, perché nella prima è detto che Ester si guadagnò il favore del re mentre nella seconda è detto che il re lanciò uno sguardo di collera verso Ester e che ella per giunta svenne.

>Nel libro di Tobia, che è pieno di favole, riscontriamo una menzogna che lo scrittore fa dire a un angelo di Dio di nome Rafael.

Prima troviamo scritto che Tobia uscì in cerca di un uomo pratico della strada, che lo accompagnasse nella Media, e appena uscito, si vide davanti Rafael, l’angelo, ma non sapeva che era un angelo di Dio, poi quando Tobit, suo padre, gli chiese: Fratello, potresti dirmi di qual famiglia e di qual tribù tu sei?, questi gli rispo­se: ‘Io sono Azaria, figlio di Anania il grande, uno dei tuoi fratelli’.[1908] Gli angeli di Dio sono santi e non si mettono a mentire quando parlano perché essi fanno e dicono tutto ciò che Dio vuole. Se l’angelo si chiamava Rafael avrebbe dovuto rispondere che si chiamava Rafael; come mai allora disse di essere Anania?

Sempre in questo libro riscontriamo anche la superstizione inse­gnata niente di meno che da un angelo di Dio! E’ scritto infatti in esso che una notte Tobia scese verso il fiume Tigri per lavar­si i piedi, ed ad un tratto un grosso pesce balzò fuori dall’ac­qua per divorare il piede del ragazzo che si mise a gridare. L’angelo allora gli disse di afferrare il pesce e di trargli fuori il fiele, il cuore e il fegato che possono essere utili come farmaci, e di buttare via gli intestini. Dopo che Tobia ebbe arrostito una parte del pesce e l’ebbe mangiata, si misero in cammino e durante il cammino il giovane domandò all’angelo che farmaco ci può essere nel cuore e nel fegato e nel fiele del pesce. L’angelo allora gli rispose: ‘Quanto al cuore e al fegato del pesce, se ne fai salire il fumo davanti a un uomo o a una donna, che subiscono un attacco da parte di un demonio o di uno spirito malvagio, cesserà ogni attacco contro di loro e non ne resterà più traccia alcuna’.[1909] Ma come si può accettare per ispirato un libro dove gli angeli si mettono pure a insegnare la superstizione?

>Nel libro di Giuditta si fa risalire la storia di questa donna a poco dopo il rientro dei Giudei dalla cattività dei Babilonesi, e in un passo viene detto: ‘I figli d’Israele, che abitavano in Giudea, venuti a sapere quello che Oloferne, generale in capo di Nabucodonosor, re d’Assiria, aveva fatto a quei popoli, e come avesse spogliato i loro santuari e li avesse distrutti, temettero grandemente al vederselo davanti e si sentirono angosciati per Gerusalemme e per il tempio del Signore loro Dio, perché da poco avevano fatto ritorno dalla schiavitù ed era cosa recente la riunificazione di tutto il popolo della Giudea, la purificazione dei vasi sacri e del Tempio, che era stato profanato’.[1910] In queste poche parole ci sono diverse menzogne perché quando i Giudei tornarono dalla cattività in Giudea non esisteva più il re Nebucodonosor, re di Babilonia, perché morto da molti anni, e sul regno dei Medi e dei Persiani in quel tempo regnava Ciro re di Persia il quale era stato lui a rimandare liberi gli esuli Ebrei affinché tornassero in Giudea a costruire il tempio di Dio.

>Lo scrittore del secondo libro dei Maccabei termina con queste parole: ‘Se la disposizione della materia è stata buona e come si conviene alla storia, é quello che ho desiderato. Se poi é medio­cre e di scarso valore, é quanto ho potuto fare’.[1911] Uno scrittore ispirato da Dio non avrebbe mai scritto delle parole simili perché Dio non si può scusare con nessuno di non avere potuto fare del suo meglio, e perché nello Scritto ispirato tutto é buono e tutto ha valore perché ciò che vi é scritto é Parola di Dio.

Sempre in questo libro troviamo una menzogna che consiste in questo: lo scrittore dice che il profeta Geremia se ne andò al monte dove Mosè era salito per vedere la terra promessa e presso questo monte in una caverna nascose il tabernacolo e l’arca e l’altare dei profumi, e poi che aveva detto ad alcuni che il luogo sarebbe rimasto ignoto fino a quando Dio avrebbe riunito nuova­mente il suo popolo infatti in quel tempo Dio avrebbe rivelato dove erano quegli oggetti sacri.[1912] Ma le cose non possono essere vere perché nel libro del profeta Geremia è scritto che all’arca del patto dell’Eterno non vi si sarebbe più pensato quando Dio li avrebbe ricondotti in Sion infatti è scritto: “E vi ricondurrò a Sion; e vi darò dei pastori secondo il mio cuore, che vi pasceranno con conoscenza e con intelligenza. E quando sarete moltiplicati e avrete fruttato nel paese, allora, dice l’Eterno, non si dirà più: ‘L’arca del patto dell’Eterno!’ non vi si penserà più, non la si menzionerà più, non la si rimpiangerà più, non se ne farà un’altra”.[1913] Come potete vedere anche questa aperta contraddizione fa capire come questo libro non può essere ispirato da Dio.

Altra contraddizione che fa dei libri dei Maccabei dei libri inaffidabili è la descrizione della morte di Antioco Epifane che è riportata in tre maniere completamente diverse l’una dall’al­tra. Difatti in un passo è scritto: ‘Al sentire tali notizie, il re restò abbattuto e, preso da profonda agitazione, si gettò sul letto, e s’ammalò per la gran tristezza, perché le cose non erano andate secondo i suoi desideri. Egli rimase così per molti gior­ni, e siccome la sua tristezza andava crescendo, si sentì vicino a morire’[1914] (e più avanti si dice che morì); in un altro passo si dice che lo stesso re morì lapi­dato in Persia nel tempio della dea Nanea infatti troviamo scrit­to che i sacerdoti di Nanea ‘massacrarono il condottiero e i suoi compagni a sassate, tagliarono loro le membra e la testa’;[1915] ed infine in un altro passo troviamo scritto che morì roso dai vermi ad Ecbatana perché Dio lo colpì con una piaga.[1916]

Abbiamo dimostrato alcuni dei numerosi errori che esistono in questi libri i quali ci fanno comprendere che gli scrittori che scrissero quelle cose non furono sospinti dallo Spirito Santo.

Nei libri apocrifi ci sono anche delle storie che servono di base ad alcune dottrine perverse presenti nella chiesa romana. Per esempio nei Maccabei ci sono dei passi che parlano di preghiere per i morti e di un sacrificio espiatorio offerto per dei morti[1917] e di preghiere fatte da un sacerdote morto e dal profeta Geremia (morto anch’egli) per i vivi sulla terra.[1918]

Sì, é vero dell’esistenza nei libri della Sapienza e dell’Eccle­siastico, per esempio, di alcune cose vere che non possono essere annullate, ma non per questo i libri apocrifi possono essere considerati canonici.

-  Lo Spirito della verità che dice la verità, non attesta per nulla in noi figliuoli di Dio che essi sono Parola di Dio perché ci fa sentire in maniera inequivocabile che essi non devono essere accettati come Parola di Dio. Le pecore del Signore conoscono la sua voce ed essa non può confondersi con un altra; e la voce con cui parlano questi libri non é quella del Pastore delle anime nostre.

-  Né Gesù Cristo e neppure gli apostoli fecero mai riferimento a questi libri apocrifi, e questo loro silenzio sta a dimostrare che essi non erano considerati da loro Parola di Dio. Una cosa possiamo dirla: che se gli Ebrei avessero tolto dai libri canoni­ci quelli che secondo i teologi romani sono canonici, si sarebbe­ro resi colpevoli anche di questa colpa davanti a Dio, e Gesù Cristo, Colui per mezzo del quale sono tutte le cose, non avrebbe mancato di riprenderli severamente anche per questo loro atto iniquo.

-  Gli Ebrei prima e poi anche i Cristiani dei primi secoli dopo Cristo non li riconobbero mai come canonici.

Gli Ebrei, a cui (non lo dimentichiamo questo) “furono affidati gli oracoli di Dio”[1919] non riconobbero mai come canonici quei libri e quelle aggiunte ad Ester e a Daniele; è per questo infatti che nella Bibbia ebraica (che contiene solo i libri dell’Antico Patto) essi sono assenti. La Chiesa primitiva negò la canonicità di questi libri infatti non li mise mai allo stesso livello di quelli sacri. E dato che la chiesa cattolica romana si appoggia così tanto ai suoi cosiddetti antichi padri facciamo presente ai Cattolici romani che ci sono diverse testimonianze di alcuni di loro vissuti nei primi secoli dopo Cristo che dicono che quei libri ai loro giorni non venivano considerati canonici. Uno di questi, Girolamo, tenuto in grandissima stima dalla chiesa cattolica, affermò: ‘La Chiesa legge il libro di Tobia, di Giuditta, dei Maccabei, di Baruc, di Susanna, della Sapienza, dell’Ecclesiasti­co, l’inno dei tre giovani e le favole di Belo e del Dragone; ma essa non li riceve affatto nel novero delle Scritture autentiche’.[1920] Il concilio di Trento dunque, riconoscendo per canonici gli apocrifi ha contrastato anche Girolamo che è l’autore della traduzione latina detta Vulgata che il concilio di Trento ha dichiarato dovere essere accettata come la sola autentica tra tutte le versioni. E’ vero che Girolamo disse pure delle cose perverse e che la traduzione da lui fatta conte­neva molti errori ma in quelle sue parole sopra citate afferma chiaramente che la Chiesa ai suoi tempi non accettava come cano­nici gli stessi libri aggiunti dalla chiesa romana al canone. Perché dunque Girolamo in questo caso non è accettato dalla curia romana come invece lo è quando sostiene che è cosa buona la venerazione delle reliquie dei santi martiri, o che il vescovo di Roma è il successore di Pietro? La ragione è evidente; essa prende quello che gli fa comodo dai suoi padri; quello che di giusto essi hanno detto invece e che non sostiene la loro tradizione è rigettato.

Infine, vogliamo citare le seguenti Scritture che attestano che è vietato sia aggiungere che togliere alcunché alla Parola di Dio:

-  “Ogni parola di Dio è affinata col fuoco... Non aggiunger nulla alle sue parole, ch’egli non t’abbia a riprendere, e tu non sia trovato bugiardo”;[1921]

-  “Non aggiungerete nulla a ciò che io vi comando, e non ne toglierete nulla..”;[1922]

-  “Io lo dichiaro a ognuno che ode le parole della profezia di questo libro: Se alcuno vi aggiunge qualcosa, Dio aggiungerà ai suoi mali le piaghe descritte in questo libro; e se alcuno toglie qualcosa dalle parole del libro di questa profezia, Iddio gli torrà la sua parte dell’albero della vita e della città santa, delle cose scritte in questo libro”.[1923]

Quindi coloro che hanno fatto queste aggiunte alla Parola di Dio ne porteranno la pena per l’eternità, perché si sono permessi di fare passare alle moltitudini delle parole d’uomini e delle favole per Parola di Dio.

LE FALSIFICAZIONI DEI LIBRI DEI COSIDDETTI PADRI

 

Dopo che scoppiò la Riforma il papato vedendo che la Riforma si andava sempre più diffondendosi nelle nazioni, e che i Protestanti per confermare le loro dottrine anticattoliche facevano appello oltre che alla Scrittura talvolta anche agli scritti dei cosiddetti padri, il che faceva apparire persino i cosiddetti padri contro certe dottrine papiste, promulgò l’Index librorum expurgandorum ossia ‘L’Indice dei libri da espurgarsi’ in cui oltre ai libri dei cosiddetti padri furono messi anche certi libri di autori cattolici in cui c’erano dei passi non graditi ai papi perché andavano a favore dei Protestanti. In questi libri in base agli ordini degli inquisitori dovevano essere fatte delle cancellazioni e delle interpolazioni.

Ecco alcuni esempi di come sono stati falsificati alcuni scritti dei cosiddetti padri.

Nel libro di Cipriano intitolato De Unitate Ecclesiae dove egli dice: ‘Il resto degli apostoli erano eguali in potere ed onore a Pietro’ i papisti hanno aggiunto ‘E il primato fu dato a Pietro’; e dove egli dice: ‘Colui che si oppone e resiste alla chiesa crede egli stesso di essere nella chiesa?’ hanno messo: ‘Colui che abbandona la sedia di Pietro sulla quale la chiesa fu fondata, crede egli stesso di essere nella chiesa?’[1924] Le suddette manomissioni avevano lo scopo di fare credere l’origine divina del primato di Pietro sulla Chiesa, e che chi si opponeva alla sede di Roma non poteva più dirsi membro della Chiesa di Dio.

Un altra distorsione è stata apportata alle seguenti parole di Gregorio Magno. Il testo originale dice: ‘Il re dell’orgoglio è vicino; e (che è una malvagità pronunciare) un intero esercito di sacerdoti è procurato per presenziare alla sua venuta (Sacer­dotum ei preparatur exercitus)’; ma i papisti lo hanno modificato in questa maniera: ‘Il re dell’orgoglio è vicino; e, (che io aborro a dire) quando egli verrà i sacerdoti saranno condannati e messi a morte’ (Sacerdotum est proeparatus exitus).[1925] La manomissione aveva lo scopo di non fare credere che - secondo Gregorio Magno - quando sarebbe venuto l’anticristo molti sacerdoti lo avrebbero acclamato e difeso, ma che alla sua venuta i sacerdoti sarebbero stati messi a morte.

In una edizione delle opere di Agostino fatta in Venezia nel 1584, gli editori confessano apertamente di avere tolto tutti quei passi che potevano favorire le dottrine dei Protestanti: in qua curavimus removeri ea omnia quae fidelium mentes haeretica pravitate possent inficere.[1926]

LA FALSIFICAZIONE DEI CANONI DEI CONCILI

 

Per quanto riguarda la falsificazione dei canoni conciliari vogliamo ricordare questi fatti storici. Nel 419 al concilio di Cartagine (Africa) si discuteva il caso di Apiario, un prete di Sicca, che a motivo della sua cattiva condotta era stato deposto dal suo vescovo e si era perciò appellato a Zosimo (417-418) vescovo di Roma (quantunque in base alle leggi dei sinodi africani egli non potesse appellarsi al vescovo di Roma)[1927] il quale aveva accettato con gioia di prendere la sua difesa e lo aveva rimandato in patria con alcuni suoi legati. I legati di Bonifacio I (il successore di Zosimo che era da poco morto) a Cartagine presentarono dunque a nome del loro papa dei canoni del concilio generale (quindi che obbligava sia le chiese d’Occidente che quelle d’Oriente) di Nicea (325) che attribuivano al vescovo di Roma il diritto di ricevere appello da parte dei vescovi delle altre chiese (quando in realtà quei canoni erano del concilio locale di Sardica del 343 che non era stato accettato dalle chiese d’Oriente). Ma i più di duecento vescovi che formavano il concilio (tra i quali c’era pure Agostino di Ippona) mandarono a consultare gli atti originali di quel concilio di Nicea (negli archivi di Alessandria, Antiochia e Costantinopoli) e trovarono che quei canoni del concilio di Nicea asseriti da Bonifacio I erano inesistenti. Quindi scrissero una lettera a Bonifacio I in cui si lamentavano del tentativo di frode compiuto nei loro confronti dai suoi legati (che si erano presentati in suo nome). Nella lettera era scritto: ‘Noi speriamo che per divina misericordia, fin quando la Santità Vostra presiederà la Chiesa Romana, non dovremo più soffrire una simile arroganza e che verranno usati a nostro riguardo modi tali di agire da non essere più obbligati a protestare’.

Questo illecito uso dei canoni di Sardica fu fatto anche da Celestino (422-432), successore di Bonifacio I, cinque anni dopo, nel 424, sempre nel caso di Apiario. Costui si era ancora comportato male e si era preso un altra scomunica. Si appellò di nuovo a Roma, il papa lo ascoltò e, come riconoscono persino alcuni storici cattolici, ‘disgraziatamente’ prese le sue difese e lo mandò a Cartagine con un suo legato. In un concilio plenario, il vescovo di Cartagine, riprese l’esame della causa. Vennero riferite le lagnanze degli abitanti di Tabraca (presso cui era stato Apiario), ma ciò nonostante il legato papale difendeva con arroganza Apiario. Ma dopo alcuni giorni di discussioni, successe l’imprevisto; Apiario confessò i suoi propri misfatti. A questo punto il legato papale fu costretto ad abbandonare la sua difesa. La causa era ormai già giudicata; furono inviati a Celestino gli atti del concilio e una lettera in cui ‘il papa veniva esortato a non accogliere più tanto facilmente i querelanti venuti dall’Africa, tanto più che i decreti di Nicea prescrivevano ai vescovi di rispettare le sentenze dei loro colleghi ed esigevano che i processi ecclesiastici fossero condotti a termine sul posto. Nessun concilio autentico permetteva al papa di inviare legati, come aveva fatto; i canoni allegati a tal fine non erano canoni di Nicea, come le inchieste avevano esaurientemente provato. Nella Chiesa del Cristo bisogna agire con semplicità ed umiltà, senza ricorrere ai modi arroganti del secolo’.

I FALSI MIRACOLI EUCARISTICI

 

I teologi papisti, talvolta, per confermare la dottrina della transustanziazione, ossia per confermare che il pane e il vino nelle mani del prete dopo la benedizione diventano il vero corpo ed il vero sangue del Signore Gesù Cristo, citano diver­si miracoli eucaristici. Secondo loro ‘il miracolo eucaristico, particolarmente volto a confermare la fede nel mistero della reale presenza, è pertanto fuori discussione quanto alla sua possibilità ed alla sua efficacia probativa, ma è soggetto a tutte le cauzioni, che una sana critica storica impone’.

Ora, noi per brevità non vogliamo trascrivere tutti questi mira­coli eucaristici avvenuti. Ne citeremo solo due che sono tra i più conosciuti dai Cattolici romani. Il primo, che è citato anche dal teologo Perardi nel suo catechismo, è il seguente: ‘Nel 1453 venne saccheggiato il paese di Exilles (circondario di Susa), e fu rapito un ricco Ostensorio col SS. Sacramento, e messo a fascio con altri oggetti entro un sacco. Giunti a Torino il 6 Giugno, i ladri attraversavano la piazza S. Silvestro, quando, il giumento cadde; le corde che legavano il sacco si sciolsero, l’involto si sfasciò e l’Ostensorio si levò in alto, a vista di tutti. Il popolo accorse ad adorare Gesù Cristo. Il vescovo Ludovico dei marchesi di Romagnano, radunò il Capitolo, il Clero, e ordinata una processione, mosse verso il luogo del miracolo. Giunto il Vescovo, ecco un nuovo prodigio: l’Ostensorio si apre e cade a terra, mentre l’Ostia rimane sola, librata in aria, splendente di luce vivissima. A tale vista pianti, grida, voci di preghiera dei fedeli che supplicano e adorano: il Vescovo elevando un calice verso l’Ostia, scongiura il Signore di scendere tra i suoi fedeli, ripetendo le parole dei discepoli di Emmaus: Mane nobiscum, Domine. E l’Ostia scende a poco a poco fino a posarsi nel calice, lasciando dietro di sé una striscia luminosa. Il luogo dove avvenne il miracolo fu coperto da una lapide che ricorda il fatto: nella piazza fu poi edificata la ricca chiesa del Corpus Domini. Nella chiesa, il posto in cui avvenne il miracolo e la lapide che lo ricorda, sono circondati da una ricca cancellata’.[1928]

L’altro cosiddetto miracolo eucaristico che vogliamo citare è quello avvenuto a Bolsena nel 1263. Questo in sintesi è quello che viene narrato ai Cattolici romani: al tempo in cui Berengario arcidiacono di Angers (Francia) sosteneva che nell’eucaristia non vi fosse la presenza reale del corpo di Cristo, Pietro da Praga, un sacerdote di origine boema, assalito da dubbi, decise di recarsi a Roma per implorare sulla tomba di Pietro la risposta al suo angoscioso problema. Durante il viaggio sostò a Bolsena, diocesi di Orvieto, dove si mise a celebrare la messa. Dopo la consacrazione il prete versò sbadatamente una goccia di vino sul corporale e cercò di sfregarla via, ma la goccia si diffuse per tutto il corporale trasformandosi in macchie sanguigne tondeg­gianti in forma di ostia. In seguito si è detto che le gocce di sangue fossero uscite dall’ostia quando il prete l’aveva rotta o quando lui l’aveva elevata; e si aggiunto pure che l’ostia si fosse trasformata in carne e che le macchie di sangue siano scese anche sopra le pietre dell’altare. Il sacerdote, visto quello che era accaduto, fu preso da terrore, coprì il calice con la patena, vi pose sopra il corporale, portò tutto in sacrestia e fuggì via. In seguito a questo fatto il papa Urbano IV nel 1264 istituì la festa detta del Corpus Domini,[1929] con la quale i Cattolici romani pretendono onorare il sacramento dell’Eucarestia. Il nome Corpus Domini significa ‘il corpo del Signore’, e siccome che la dottrina cattolica dice che l’ostia è il corpo del Signore in quel giorno particolare l’ostia è oggetto di una particolare adorazione da parte dei Cattolici.

I qui sopra citati prodigi non procedono da Dio, ma sono o storie inventate o se veramente le cose sono andate in questa maniera dei prodigi bugiardi operati da demoni per ingannare le persone. Non possiamo accettare questi prodigi come prodigi di Dio perché essi non fanno altro che confermare una menzogna, vale a dire la dottrina secondo la quale quando il prete fa la benedizione dell’ostia essa miracolo­samente diventa anima, corpo sangue e divinità di Cristo.

Per dimostrarvi che ogni miracolo che Dio compie ha come fine di fare credere alle persone la verità e non la menzogna, citiamo il miracolo della risurrezione di Lazzaro. Quando Gesù si trovò davanti al sepolcro dove era stato posto il corpo di Lazzaro, prima ordinò di togliere la pietra e poi, “alzati gli occhi in alto, disse: Padre, ti ringrazio che m’hai esaudito. Io ben sapevo che tu mi esaudisci sempre; ma ho detto questo a motivo della folla che mi circonda, affinché credano che tu m’hai manda­to. E detto questo, gridò con gran voce: Lazzaro vieni fuori! E il morto uscì, avendo i piedi e le mani legati da fasce, e il viso coperto d’uno sciugatoio. Gesù disse loro: Scioglietelo, e lasciatelo andare. Perciò molti de’ Giudei che eran venuti da Maria e aveano veduto le cose fatte da Gesù, credettero in lui”.[1930] Come potete vedere questo miracolo che Dio operò tramite Cristo Gesù portò molti Giudei che lo videro a credere che Gesù era stato mandato da Dio: non una menzogna quindi, ma la verità, perché in verità Gesù Cristo non venne da sé stesso in questo mondo ma fu mandato dall’Iddio e Padre suo. Ma questo miracolo servì pure per confermare nella fede gli stessi discepoli di Gesù perché Gesù aveva detto ai suoi discepo­li: “Lazzaro è morto; e per voi mi rallegro di non essere stato là, affinché crediate..”.[1931]

Un altro miracolo che ci fa comprendere come ogni miracolo che Dio compie in Cristo porta a credere nella verità e non nella menzogna perché Colui che lo opera è verità, è quello di Cana di Galilea, ossia il mutamento dell’acqua in vino. Infatti dopo che Cristo operò il miracolo è scritto che “Gesù fece questo primo de’ suoi miracoli in Cana di Galilea, e manifestò la sua gloria; e i suoi discepoli credettero in lui”.[1932]

Ho voluto parlarvi anche di questi cosiddetti miracoli eucaristi­ci per farvi capire come la chiesa cattolica possiede anche racconti di prodigi bugiardi per indurre le persone a credere che l’ostia consacrata è Cristo stesso. Se siano successi per opera del diavolo o siano solo una invenzione dei preti poco importa: falsi rimangono.

LE FALSE STORIE SUI LORO SANTI

 

La chiesa cattolica romana possiede il culto dei santi. Abbiamo visto che lei invoca sia i veri santi che sono morti ed andati in cielo con il Signore, che quelli falsi che avevano solo l’appa­renza della santità perché in realtà erano solo dei peccatori e perciò adesso sono all’inferno. In ambedue i casi comunque questo loro culto è condannato dalla Scrittura.

Ora, essa, per sostenere questo culto pagano che le frutta tanto denaro, ha inventato ogni sorta di storia su quello o quell’altro loro santo; così si racconta che Dionigi fece il giro di Parigi colla sua testa mozzata, che Gesù ruppe due costole a Filippo Neri per dare maggiore spazio al suo cuore che era troppo pieno dell’amore divino, che Antonio da Padova era contemporaneamente in due posti differenti, che suora Maria Francesca mentre stava vestendo un Gesù bambino di legno gli disse: Caro mio, se non stendi la gamba non ti posso mettere la calza’ ed immediatamente il bambino di legno allungò la gamba, e tante altre.

Ma di storielle i preti ne raccontano anche per sostenere altre loro eresie: così per sostenere il culto degli angeli raccontano che Pietro Fabro ‘ogni volta che entrava in una città implorava il soccorso degli Angeli protettori di quella terra affinché gli prestassero aiuto a salvare le anime’;[1933] e che mentre Isidoro ‘si tratteneva in chiesa ad ascoltare la S. Messa, l’Angelo lavorava in suo luogo i campi, ne guardava il gregge e pascolava i giumenti’.[1934] Per sostenere l’adorazione dell’ostia raccontano che Antonio da Padova ‘si presenta col SS. Sacramento ad una mula affamata mentre altri le presentano la biada, ed essa s’inginocchia ed adora il SS. Sacramento’.[1935]

Queste storie mendaci che i preti insegnano sono chiamate dall’apostolo Paolo “favole profane e da vecchie”[1936] e noi credenti le dobbiamo schivare secondo il comandamento divino. Al bando queste ciance generate dal diavolo, padre della menzogna!!

I MIRACOLI FALSI OPERATI DALLE RELIQUIE DEI LORO SANTI

 

Secondo il catechismo romano la chiesa cattolica romana prima di canonizzare uno dei suoi membri deve prima riconoscere ‘due miracoli operati dopo la morte di tale servo di Dio’,[1937] e dopo averlo beatificato riconoscerne altri due; in tutto quattro quindi.

Che succede dunque? Che all’improvviso si sentono raccontare dei miracoli operati da quello o da quell’altro morto (che spesso vengono attribuite alle reliquie del morto). Queste storie di miracoli mai avvenuti hanno tutto l’interesse a propagandarle proprio coloro che hanno domandato la canonizzazione del defunto (che possono essere un ordine, una famiglia, o una diocesi); perché essi sanno che senza miracoli non può avvenire la sua canonizza­zione, e perciò non può essere proposto ufficialmente alla invo­cazione pubblica. Naturalmente, oltre che i miracoli falsi occor­rono anche tanti soldi per la canonizzazione ma questo non preoccupa i falsari perché sanno che alla fine tutto quello che hanno speso lo ritroveranno. Non mancheranno infatti folle di pellegrini che attirati al santuario dove vengono conservate le miracolose reliquie del loro santo porteranno denaro nelle loro casse. Questa dunque della constatazione di almeno quattro miracoli da parte del morto per essere canonizzato santo è un eresia che genera delle imposture perché noi sappiamo che i morti non possono fare miracoli. Ma intanto il diavolo tramite questa eresia continua a sedurre milioni e milioni di persone per tutto il mondo facendogli credere che Tizio, Caio e Sempronio fanno miracoli dopo morti per cui meritano di essere prima beatificati e poi canonizzati. Quando invece essi sono nell’Ades a piangere e a stridere i denti dal dolore perché sulla terra avevano riposto la loro fiducia nelle eresie della chiesa cattolica romana e morirono nei loro peccati. Beati quelli che hanno occhi e vedono, orecchie e sentono; perché essi hanno conosciuto la verità che li ha resi liberi da queste menzogne papiste.

LE FALSE APPARIZIONI DI MARIA

 

Quando si parla di Maria e del culto che i Cattolici romani le rivolgono non si può non accennare a queste apparizioni di Maria di cui tanti di loro parlano. I Cattolici romani ci tengono particolarmente a queste apparizioni di Maria perché esse confer­mano le loro dottrine e particolarmente quella dell’intercessione di Maria. In altre parole queste visioni per loro costituiscono un sostegno per le loro false dottrine fra cui il loro culto a Maria. Per questa ragione dunque esse devono essere considerate delle imposture scaturite dalla mente carnale di coloro che dicono di averle avute. Qualcuno dirà: ma allora non credete alle visioni? Sì che crediamo nelle visioni, ma in quelle di Dio che confermano pienamente la verità proclamata dalla Scrittura e non in quelle inventate dai devoti di Maria per fare rimanere gli uomini nell’idolatria ed al servizio della superstizione e delle svariate eresie della chiesa romana. Difatti, se consideriamo bene il contenuto di queste apparizioni di Maria si giunge alla conclusione che esse servono a radicare nel cuore dei Cattolici il culto a Maria, e la loro vana fiducia in questa santa donna morta e sepolta da secoli, e a farli rimanere attaccati alle false dottrine della chiesa romana.

Vediamo adesso di esaminare alcune di queste apparizioni di Maria al fine di dimostrare quanto sin qui detto.

Lourdes e Medjugorje

 

Secondo una giovane di nome Bernardet­ta, l’11 febbraio 1858 le apparve a Lourdes una donna vestita di bianco con un rosario tra le mani e pareva recitasse questa preghiera poiché si vedevano i grani scorrere a vicenda tra le sue dita. Ella non le disse nulla, si fece il segno della croce e scomparve. Seguirono altre apparizioni di questa donna. In una di queste, avvenuta il 25 Marzo di quello stesso anno questa figura le apparve sempre con un rosario e questa volta alla domanda della giovane che voleva sapere chi ella fosse questa figura le disse: ‘Io sono l’Immacolata concezione’. Ma come si possono credere tali apparizioni quando Maria si definì sulla terra “l’ancella del Signore”[1938] e quando anche lei era nata col peccato originale e non immacolata, tanto che chiamò Dio “mio Salvatore”?[1939] Come si possono accettare tali apparizioni quando farsi il segno della croce non è biblico e neppure tenere tra le mani il rosario? Come si può credere in una tale apparizione nel sentire che quella donna recitava il rosario? E per giunta a se stessa, dato che dicono che quella figura era Maria! Come potete vedere le parole attribuite a Maria da quella giovi­netta, messe a confronto con la Scrittura, dimostrano di essere false. Ma poi, è assurdo che ella abbia detto: ‘Sono l’Immacolata concezione’, perché Immacolata concezione non é di per sé stesso neppure un nome ma un attributo, per giunta falso dato a Maria. Sarebbe come dire che un uomo appare a qualcuno e gli dice: ‘Io sono l’infallibilità del papa’! Che senso avrebbe la frase? Eppure ci sono milioni di persone che credono che a Lourdes Maria sia veramente apparsa a quella giovane e le abbia detto quelle cose. Risultato? Lourdes, come ben sapete, è diven­tato un luogo molto frequentato, dove le persone vanno a chiedere a Maria miracoli, guarigioni e ogni tipo di grazia. Tutto questo naturalmente per la gioia della curia romana che vede in Lourdes una conferma all’immacolata concezione di Maria e alla sua inter­cessione.

Ecco invece quello che Maria avrebbe detto in alcune delle sue apparizioni a Medjugorje.

-  6 Agosto 1981: ‘Io sono la Regina della pace’.[1940] Falso; non c’è la regina della pace, ma solo il Principe della pace che è Cristo Gesù. Se Maria è la Regina della pace questo significa che lei dona la pace agli uomini; e questo non può essere perché va contro quello che ha detto Gesù: “Io vi lascio pace; vi do la mia pace...”.[1941] Ma quando mai Maria mentre era in terra dette la pace a qualcuno? Mai; come mai dunque adesso che è in cielo (non con il corpo) è in grado di dare pace? Come potete vedere le suddette parole non reggono dinanzi alla verità che è in Cristo Gesù.

-  15 Novembre 1981: ‘Il mondo sta ricevendo grandi favori da parte mia e da parte di mio Figlio..’.[1942] Quindi le grazie non vengono più dispensate solo da Dio e da Cristo Gesù, ma pure da Maria. Anche questo è falso perché Maria non accorda favori proprio a nessuno; lei non ha il benché minimo potere di accordare alcun favore agli uomini sulla terra. Come d’altronde non ce l’aveva quando era ancora sulla terra. Pietro chiama Dio “l’Iddio d’ogni grazia”;[1943] Paolo saluta i santi dicendogli: “Grazia a voi e pace da Dio nostro Padre e dal Signor Gesù Cristo”,[1944] e quindi ogni grazia ci è concessa da Dio e dal suo Figliuolo. Maria non c’entra proprio nulla.

-  13 Maggio 1982 (dopo l’attentato contro Giovanni Paolo II): ‘I suoi nemici volevano ucciderlo, ma io l’ho protetto’.[1945] Falso; Maria non protegge proprio nessuno. La Scrittura dice: “All’Eter­no, al Signore, appartiene il preservar dalla morte”;[1946] quindi se Giovanni Paolo II non morì in quell’attentato è perché Dio non ha permesso che il suo attentatore riuscisse ad ucciderlo. Fu Dio quindi a proteggerlo e ad impedire che morisse in quel giorno perché ancora il suo tempo non era ancora giunto. E lui deve quindi ringraziare Dio, e non Maria.

-  21 Luglio 1982: ‘Nel purgatorio ci sono molte anime. Ci sono anche persone consacrate a Dio: sacerdoti e religiosi. Pregate per loro, almeno 7 ‘Pater’, ‘Ave’ e ‘Gloria’ e il ‘Credo’. Ve lo raccomando. Molte anime sono in purgatorio da molto tempo, perché nessuno prega per loro’.[1947] Falso; il purgatorio non esiste e lo abbiamo dimostrato ampiamente con le Scritture. Di conseguenza anche le dottrine ad esso collegate sono false.

-  24 Luglio 1982: ‘...Chiunque ha fatto molto male durante la vita può andare diritto in cielo se si confessa, rinnega ciò che ha fatto e si comunica alla fine della vita’.[1948] Falso; chi è schiavo del peccato se vuole andare in cielo non deve confessarsi al prete e neppure prendere l’eucarestia prima di morire; ma deve ravveder­si dei suoi peccati e confessarli a Dio che ha il potere di rimetterglieli. Il ladrone sulla croce prima di morire non si andò a confessare a nessun sacerdote, e non prese la cena del Signore eppure Gesù gli assicurò che in quel giorno stesso sareb­be andato in paradiso. La Scrittura dice che “chiunque avrà invocato il nome del Signore, sarà salvato”;[1949] quindi anche questa rivelazione mariana si palesa un’impostura a confronto con la sacra Scrittura.

-  28 Maggio 1983: ‘E’ molto bello fermarsi il giovedì per l’ado­razione di mio Figlio nel santissimo Sacramento dell’altare. E’ anche bello venerare la croce ogni Venerdì....’.[1950] Falso; l’adora­zione dell’ostia che i Cattolici chiamano santissimo Sacramento è una cosa abominevole agli occhi di Dio come anche la venerazione della croce; quindi non sono cose belle ma brutte.

-  11 Novembre 1983: ‘....Mettete un’immagine dei Cuori di Gesù e di Maria nelle vostre case’.[1951] Questo è un istigazione all’idola­tria; la Scrittura dice di non farsi immagine di cosa alcuna e di non prostrarsi dinanzi ad essa e di non servirla.

Come vedete Maria dopo avere vissuto sulla terra una vita al servizio di Dio, una volta che i Cattolici l’hanno fatta risusci­tare e ascendere in cielo si sarebbe corrotta ed avrebbe comin­ciato ad apparire agli uomini per confermargli che l’idolatria è cosa bella, che lei protegge gli uomini, concede favori, che esiste il purgatorio e che bisogna pregare per le anime che vi sono e via di seguito. Questa è la ragione per cui noi rigettiamo in blocco queste cosiddette apparizioni di Maria, perché esse si oppongono alla verità. Avete notato? In tutte queste apparizioni Maria non ha mai detto a nessuno di non pregarla, di distruggere le statue che la raffi­gurano, di bruciare le sue immagini, e neppure di pregare Dio senza la sua intercessione, di adorare solo Dio in ispirito e verità, e di invocare Cristo Gesù per la salvezza dell’anima loro perché lei non può fare nulla per loro lassù in cielo, ed infine non ha mai detto di uscire dalla chiesa romana! Per certo se qualcuno dicesse che Maria gli è apparso e gli ha detto tutte queste cose sarebbe subito reputato uno che si inventa le cose per fare apostatare i Cattolici dalla fede!

Qual’è il fine delle visioni che Dio da a coloro che non lo conoscono

 

Sappiate fratelli che tutte le visioni che Dio dà a coloro che ancora non lo conoscono contribuiscono a salvarli e non a farli rimanere nella via della perdizione. Questo è confermato dalle parole di Elihu a Giobbe: “Iddio parla, bensì, una volta ed anche due, ma l’uomo non ci bada; parla per via di sogni, di visioni notturne, quando un sonno profondo cade sui mortali, quando sui loro letti essi giacciono assopiti; allora egli apre i loro orecchi e dà loro in segreto degli ammonimenti, per distoglier l’uomo dal suo modo d’agire e tener lungi da lui la superbia; per salvargli l’anima dalla fossa, la vita dal dardo mortale”.[1952] (Faccio notare che le visioni possono essere anche diurne e non solo notturne). Come si possono quindi accettare le apparizioni di Maria quando queste ‘visioni’ non servono affatto a distogliere i Cattolici o i mariani dal culto a Maria ma anzi a fortificare le loro mani in quest’opera iniqua, quando esse non servono ad allontanare da loro la super­bia di cui sono pieni ma a gonfiarli ancora di più di orgoglio, quando esse non contribuiscono alla salvezza dell’anima loro ma bensì a farli rimanere nella fossa di perdizio­ne? Non sarebbe una follia farlo? Certo, che lo sarebbe perché ci metteremmo a credere che Dio da delle visioni per fare rimanere i Cattolici romani sotto il peccato a servire gli idoli muti anziché per riscattarli dal peccato e farli smettere di servire gli idoli. Badate dunque a voi stessi e nessuno vi seduca.

Per farvi comprendere ora come le visioni che dà Dio contribuiscono alla salvezza di chi le riceve voglio citarvi l’esempio scritturale di Corne­lio. Quest’uomo era un centurione; “era pio e temente Iddio con tutta la sua casa, e faceva molte elemosine al popolo e pregava Dio del continuo. Egli vide chiaramente in visione, verso l’ora nona del giorno, un angelo di Dio che entrò da lui e gli disse: Cornelio! Ed egli guardandolo fisso, e preso da spavento, rispo­se: Che v’é, Signore? E l’angelo gli disse: Le tue preghiere e le tue elemosine son salite come una ricordanza davanti a Dio. Ed ora, manda degli uomini a Ioppe, e fà chiamare un certo Simone, che è soprannominato Pietro. Egli alberga da un certo Simone coiaio, che ha la casa presso al mare”.[1953] Cornelio fece come l’an­gelo del Signore gli aveva detto in visione e mandò a chiamare l’apostolo Pietro, il quale si recò presso di lui, annunziò a lui e alla sua casa il Vangelo ed essi credettero e furono battezza­ti. E’ vero che Cornelio, quando ricevette la visione dell’angelo era ancora perduto, ma è altresì vero che l’angelo gli disse di mandare a chiamare Pietro il quale gli avrebbe parlato di cose per le quali sarebbe stato salvato lui e la sua casa; e difatti poi successe proprio quello che l’angelo gli aveva detto.

Alcuni sogni e alcune visioni dati dal nostro Dio a uomini e donne per affrancarli dal giogo della chiesa cattolica romana

 

Sono a cono­scenza di alcune testimonianze di persone che mentre erano nella chiesa cattolica romana sono state visitate da Dio sia con dei sogni che con delle visioni in cui Dio gli ha fatto comprendere in una maniera o nell’altra che esse erano perdute in mezzo alla chiesa romana ed avevano bisogno di essere salvate. Ed in seguito a questi sogni e a queste visioni esse sono state salvate dai loro peccati e sono usciti dalla chiesa romana e si sono uniti ai santi. Queste testimonianze confermano quanto detto prima, e cioè che quando Dio da un sogno o una visione a qualcuno che è ancora sotto il giogo del peccato lo fa per salvarlo. Vi assicuro quindi che quando un Cattolico romano riceve un sogno o una visione da Dio, egli comprende in una maniera o in un altra di essere nell’errore, e cessa di sentirsi al sicuro nella chiesa romana e comincia sia a cercare il Signore che i santi da lui salvati. Non importa se gli appare Gesù stesso, un angelo, o Dio stesso gli parla con la sua voce, o vede qualcosa d’altro; egli comprenderà di essere perduto anche se è stato battezzato da fanciullo, anche se ha ricevuto la cresima e prende la comunione, si confessa al prete ecc. E sentirà la necessità di riconciliar­si con Dio e di invocare lui direttamente affinché lo perdoni e lo tiri fuori dalla chiesa romana.

Ecco le testimonianze.

Il fratello Giovanni, ora deceduto, raccontava che era un fervente Cattolico assetato di conoscere il Signore, e che per cercare di dissetare questa sete aveva deciso di farsi prete e perciò era entrato in un istituto salesiano. Egli pregava sempre, pregava Maria, pregava tanto Luigi e tanti altri santi. Si andava a confessare dai frati e si studiava di confessare tutti i suoi peccati essendo in questo molto scrupoloso. Ma nonostante tutto ciò nulla cambiava nella sua vita, cioè non vedeva nessun cambiamento in lui, e a motivo di ciò era scoraggiato. Ma una notte ebbe questo sogno. Gli apparvero due uomini giganteschi, molto alti e robusti i quali gli domandarono: Che cosa stai facendo là? Lui stava contemplando il mare, dove c’era molta gente, e lo guardava da lontano. E quegli uomini gli dissero ancora: ‘Perché te ne stai qui? Andiamo a divertirci, uniamoci alla folla. Ma lui rispose loro: Non vengo, non posso venire. Allora quei due uomini lo hanno preso, uno di qua e l’altro di là, e lo hanno cominciato a trascinare con violenza verso quel posto. Allora apparve dal cielo un angelo del Signore con una spada fiammeggiante, con un viso raggiante e glorioso, e vibrò un colpo alla sua destra e un altro alla sua sinistra e quei due colossi scomparvero e lui non li vide più. Rimasto solo con l’angelo, gli disse: ‘Abbi pietà di me’, e l’angelo gli rispose: Non temere, stai tranquillo, da qui a poco tempo sarai salvato. E così avvenne perché poco tempo dopo incontrò a Roma alcuni fratelli che gli parlarono del nome del Signore e lui credette ottenendo il perdono dei suoi peccati. Questo avvenne nel 1936 quando in Italia infieriva la persecuzione fascista contro i santi.

La sorella Olga invece racconta che lei era molto cattolica e non desiderava lasciare la sua religione. Suo marito era già un credente e la invitò al culto. Mentre si trovava nel locale di culto di questa Chiesa evangelica vide in visione un chiarore molto forte che illuminò tutto, uno splendore che non aveva mai visto prima. E vide un popolo santo, molto bello, le persone avevano dei visi come d’angeli, avevano dei capelli e degli occhi splendenti, e tutti lodavano e glorificavano Dio dicendo sempre: Alleluia. Allora ella disse: ‘Dio mio che cosa è questo che vedo? E subito una voce potente, ma molto soave le disse: E’ vita! Si voltò per vedere chi le aveva parlato, ma voltatasi non vide nessuno. Pochi giorni dopo si trovava nel luogo di culto della chiesa cattolica ad assistere alla messa, quando all’improvviso vide tutto scurirsi come quando si fa notte, e vide degli uomini e delle donne magri con dei vestiti sporchi e vecchi, con dei visi pallidi come se fossero state delle persone sul letto d’infermità. Impaurita disse: ‘Dio mio che cosa è questo che vedo? La stessa voce che aveva sentito nel locale di culto della Chiesa evangelica le rispose: ‘E’ morte!’. Quando ella udì quella voce cominciò a piangere e alzò gli occhi in alto, e vide in mezzo a quell’oscurità delle teste di persone che erano come delle piccoli luci. Quelle piccole luci erano i santi in questo mondo di tenebre. Dopo queste rivelazioni lei si convertì al Signore e si unì ai santi del Signore.

La sorella Maria, che prima era una cattolica devota soprattutto al ‘sacro cuore di Gesù’, dopo che le era stato parlato del Signore, in una visione sotto una tenda di evangelizzazione vide inizialmente il Signore Gesù che soffriva sanguinante sulla croce, dopodiché le fu mostrato a poca distanza da lei un immagine idolo che aveva sulla testa una corona (per mostrarle cosa lei aveva adorato nella sua ignoranza), e nel mentre lei chiedeva perdono al Signore per tutti i suoi peccati. Dopodiché, sempre nella visione, si trovò in cielo a cantare dei cantici al Signore assieme ad una moltitudine di giovani festanti. Molti anni prima di questa visione ella aveva sognato di trovarsi in una basilica cattolica, e mentre si trovava nel confessionale sentì una voce tuonante e rimbombante che le disse: Io sono il Signore Iddio tuo, non avrai altro dio all’infuori di me. Dopodiché, mentre lei si accingeva ad andare dal prete a prendere la comunione, vide camminare sopra il prete una grossa bestia spaventosa con una lunga coda.

Il fratello Chiniquy (deceduto alla fine del secolo scorso) racconta che dopo che egli si rifiutò di sottoscrivere un atto di sottomissione al suo vescovo in cui egli doveva dichiarare di sottomettersi, assieme ai fedeli della sua parrocchia, al vescovo e fare qualsiasi cosa egli avrebbe ordinato loro, e il vescovo gli rispose che stando così le cose egli non poteva più essere un prete cattolico romano, partì e se ne andò all’hotel dove stava ed entrato nella stanza chiuse la porta e si buttò in ginocchio alla presenza di Dio per considerare quello che egli aveva fatto poco prima. Comprese che la chiesa cattolica romana non poteva essere la Chiesa di Cristo perché era nemica della Parola di Dio e quindi egli non poteva più rimanere nel suo mezzo. E chiese a Dio dove fosse la sua Chiesa, e dove doveva andare per essere salvato. Per più di un ora pregò Dio piangendo senza una risposta. Pensava quindi che Dio lo avesse abbandonato. Pensò pure alla guerra che il papa, i vescovi e i preti gli avrebbero fatto per questa sua decisione. Quindi, nella disperazione pensò che la cosa migliore fosse morire; prese un coltello per tagliarsi la gola ma Dio gli impedì di suicidarsi perché fermò il suo braccio e il coltello cadde sul pavimento. Continuò a gridare a Dio chiedendo aiuto. All’improvviso si ricordò di avere un Nuovo Testamento con lui e pensò che la risposta l’avrebbe trovata in quel libro. Lo aprì a casaccio e i suoi occhi si posarono sulle parole di Paolo ai Corinzi: “Voi siete stati riscattati a prezzo; non diventate schiavi degli uomini”.[1954] Leggendo quelle parole trovò sollievo all’anima sua perché comprese che Gesù lo aveva comprato con il suo sangue e perciò la sua salvezza non dipendeva dalle sue preghiere a Maria, ai santi, dalle sue confessioni e dalle indulgenze. Ma improvvisamente le tenebre avvolsero la sua anima. Ecco cosa lui racconta a questo punto: ‘Nonostante quelle tenebre fossero profonde, un oggetto ancora più scuro si presentò davanti alla mia mente. Era una montagna molto alta: ma non una montagna composta di sabbia o di pietre, era la montagna dei miei peccati. Io li vidi tutti davanti a me. E fui ancora più inorridito quando la vidi muoversi verso di me come se con una potente mano volesse schiacciarmi. Cercai di scappare, ma invano. Mi sentii legato al pavimento, e il momento dopo, sarebbe caduta su di me. Mi sentii come schiacciato sotto il suo peso; perché era pesante come il granito. Potevo a mala pena respirare! La mia unica speranza era di gridare a Dio per aiuto. Con una voce forte, che fu sentita da molti nell’hotel, gridai: ‘O mio Dio, abbi misericordia di me! I miei peccati mi stanno distruggendo! Sono perduto, salvami! Ma sembrava che Dio non mi potesse sentire. La montagna era nel mezzo ed impediva che le mie grida lo raggiungessero e gli nascondeva le mie lacrime. Improvvisamente pensai che Dio non avrebbe voluto avere niente a che fare con un tale peccatore, ma avrebbe solo aperto le porte dell’inferno per gettarmi in quella ardente fornace preparata per i suoi nemici e che io avevo così riccamente meritato! Ma mi ero sbagliato; dopo circa otto o dieci minuti di indicibile agonia, i raggi di una nuova e bella luce cominciarono a penetrare attraverso la nuvola scura che pendeva su di me. In quella luce, io vidi chiaramente il mio Salvatore. Era là, piegato sotto il peso della sua pesante croce. La sua faccia era coperta di sangue, la corona di spine era sulla sua testa e i chiodi erano nelle sue mani. Egli mi guardava con una espressione di compassione, di amore che nessuna lingua può descrivere. Venendo a me, egli disse: ‘Ho sentito le tue grida, ho visto le tue lacrime, vengo a offrirti me stesso come DONO. Ti offro il mio sangue e il mio corpo fiaccato come DONO per pagare i tuoi debiti; mi vuoi dare il tuo cuore? Vuoi prendere la mia Parola per la sola lampada ai tuoi piedi e la sola luce per il tuo sentiero? Io ti porto la vita eterna, come dono! Io risposi: ‘Caro Gesù, come sono dolci le tue parole all’anima mia! Parla, parla ancora! Sì, amato Salvatore, io voglio amarti; ma non vedi la montagna che mi sta schiacciando? Oh, rimuovila! Togli i miei peccati! Non avevo finito di parlare quando vidi la sua potente mano stesa. Egli toccò la montagna, ed essa scivolò nell’abisso e scomparve. Nello stesso momento, io sentii come se una doccia di sangue dell’Agnello cadesse su di me per purificare la mia anima. Ed improvvisamente la mia umile stanza fu trasformata in un paradiso reale. (..) Con una gioia ineffabile io dissi al mio Salvatore: Caro Gesù, il DONO di Dio, io ti accetto! Tu hai offerto il perdono dei miei peccati come un dono, io accetto il dono. Tu mi hai portato la vita eterna come dono! Io l’accetto (...) Questa improvvisa rivelazione della meravigliosa verità della salvezza come un DONO, mi aveva così completamente trasformato che io mi sentii completamente un uomo nuovo. L’indicibile angoscia della mia anima era stata cambiata in una gioia ineffabile. Le mie paure erano andate via per essere rimpiazzate da un coraggio e da una forza tali che non avevo mai sperimentato’.[1955]

Conclusione

 

Alla luce delle sacre Scritture e degli esempi sopra citati concludiamo dicendo questo. Tutte quelle visioni o sogni che tanti Cattolici dicono di avere ma li portano a restare nella chiesa romana ad osservare la tradizione di questa religio­ne con più zelo, non possono provenire da Dio perché Dio ama la giustizia; Egli ama la verità e vuole che le persone la conoscano e non che rimangano a dibattersi nel fango delle eresie della madre delle meretrici e delle abominazioni della terra. Se la chiesa romana fosse la vera Chiesa o come essi dicono la Madre delle chiese, di certo Dio non avrebbe dato e non darebbe tuttora delle visioni e dei sogni a molti dei suoi membri per tirarli fuori da essa perché egli non è diviso contro se stesso; perciò anche le visioni e i sogni che tanti nostri fratelli e sorelle hanno avuto prima di unirsi a noi mentre erano ancora tra i Cattolici stanno a dimostrare che i Cattolici romani sono nell’errore.

Ma se da un lato Dio vuole trarre i Cattolici romani dal carcere nel quale sono, dall’altro c’é l’avversario che cerca in tutte le maniere di tenerli rinchiusi nelle segrete e di non fargli vedere la luce. E come fa? Concedendo a diversi membri della chiesa romana delle false apparizioni nelle quali fa vedere soprattutto una figura femminile che si presenta con il nome di Maria, papi che sono morti nei loro peccati, familiari morti nei loro peccati che guarda caso fanno tutti comprendere loro in una maniera o nell’altra che o Maria è la porta del cielo e perciò bisogna invocarla per la propria salvezza, o che il falso profeta che ha la sua residenza nella città del Vaticano è il capo della Chiesa, o che devono compiere opere buone per meritarsi il paradiso. Insomma il diavolo con la sua astuzia riesce a sedurre i Cattolici servendosi anche di manifestazioni soprannaturali che lui ha il potere di concedere. Le visioni che costoro hanno di Maria sono come le visioni che avevano i falsi profeti al tempo di Geremia perché servono a fortificare le mani ai peccatori e se fosse possibile a sedurre anche gli eletti. Dio tramite Geremia disse al popolo: “Non ascoltate le parole de’ profeti che vi profetizzano; essi vi pascono di cose vane; vi espongono le visioni del loro proprio cuore, e non ciò che procede dalla bocca dell’Eterno”;[1956] e noi vi diciamo la stessa cosa o Cattolici, non date retta alle parole di queste persone che dicono che Maria gli é apparsa e gli ha detto questa o quell’altra cosa incoraggiandoli a praticare l’idola­tria, perché esse proferiscono delle menzogne e non la verità che procede da Dio. Date invece ascolto alla Parola di Dio e uscite dalla chiesa romana! A voi invece diletti fratelli diciamo, state in guardia e guar­date che nessuno faccia di voi sua preda mediante le sue proprie visioni per farvi allontanare dal Signore e dalla fratellanza. Riprovate con forza queste opere infruttuose delle tenebre che la chiesa romana sbandiera per il mondo intero. L’apostolo Paolo disse: “Riprendetele; poiché egli è disonesto pur di dire le cose che si fanno da costoro in occulto”;[1957] fatelo in difesa del Vangelo, alla gloria di Dio.

LA FRODE DELLE RELIQUIE

 

I Cattolici romani si vantano di possedere reliquie di ogni genere, e che ne abbiano di ogni genere è cosa vera che nessuno può smentire. Ora menzioneremo alcune di queste reliquie facendo presente i casi in cui esse sono moltiplicate.

Il corpo di Andrea apostolo si trova in diversi luoghi, la sua testa pure.

Giacomo, il fratello del Signore, ha diversi corpi in altrettanti luoghi, e diverse teste.

La testa di Giovanni Battista si trova in diversi luoghi.

Ci sono anche diversi ombelichi di Gesù, e in giro ci sarebbe persino il prepuzio di Gesù, (o meglio i prepuzi di Gesù perché anche questo si è moltiplicato). Ma di Gesù ci sarebbe pure un suo dente da latte, e dei suoi capelli, le unghie, una lacrima. Inoltre ci sono diverse reliquie che hanno una qualche relazione con Gesù: un pezzo di pane che avanzò nel miracolo della moltiplicazione dei pani alle cinquemila persone, la culla, le fasce in cui fu avvolto quando era bambino, e un pezzetto di pane avanzato alla cena del Signore, l’asciugamano col quale asciugò i piedi agli apostoli. Le reliquie della croce su cui fu crocifisso Gesù, che la chiesa romana asserisce di possedere qua e là nei suoi templi di idoli e che vengono venerate specialmente il ‘Venerdì Santo’, sono così numerose che se si unissero assieme formerebbe­ro decine di croci. La chiesa cattolica romana dice di possedere anche gli scalini del pretorio di Pilato che Gesù avrebbe salito (formano la ‘scala santa’) la corona di spine che fu messa dai soldati sul capo di Gesù (le spine della corona sparse per tutto il mondo sono così numerose che mettendole assieme verrebbero fuori centinaia di corone); la canna che fu data in mano a Gesù dopo che fu vestito di porpora; i chiodi con cui fu crocifisso Gesù (non meno di ventinove centri europei affermano di possedere un sacro chiodo); la lancia con cui il soldato trafisse il costato di Gesù sulla croce (diversi luoghi ce l’hanno); la spugna con cui gli dettero da bere i soldati sulla croce; il lenzuolo dove sarebbe stato avvolto il corpo di Gesù (la cosiddetta sacra sindone custodita e venerata a Torino), e persino il sangue e l’acqua uscito dal suo costato trafitto!

Qui in Italia esiste pure la casa di Maria a Nazareth (dove le fu annunciata la nascita di Gesù); gli angeli l’avrebbero trasportata dalla terra d’Israele in Italia e precisamente a Loreto (nel 1295) dopo averla fatta sostare prima in Dalmazia e poi a Recanati![1958] Ma di Maria esiste pure il suo latte, dei suoi capelli, il suo velo, l’anello sposalizio, il pettine e diverse immagini miracolose venute dal cielo.

Dell’apostolo Paolo la chiesa romana possiede il corpo, alcuni peli della sua barba, e tante e tante ossa; oltre che la colonna sulla quale gli fu tagliata la testa e la sciabola che lo decapitò!

Dell’apostolo Pietro il corpo è a Roma; in altri luoghi ci sono il bastone, una sua pantofola, la spada con la quale tagliò l’orecchio al servo del sommo sacerdote, la cattedra ossia la seggiola dalla quale lui predicava, la croce su cui fu crocifisso, e le catene con cui fu incatenato in Palestina e in Roma (di queste catene si dice che un giorno venute a contatto si saldarono miracolosamente formando una catena unica); ed anche una pietra, conservata nel loro luogo di culto dedicato a ‘S. Francesca Romana al Foro’ sulla quale sarebbero rimaste impresse le ginocchia di Pietro mentre pregava Dio di punire la superbia di Simon Mago che s’innalzava nell’aria!

La chiesa cattolica romana ha pure le pietre con cui fu lapidato Stefano, e le monete che ricevette Giuda dal sinedrio in cambio di Gesù, il laccio con cui Giuda si impiccò, e il respiro che Giuseppe marito di Maria mandò mentre spaccava la legna (lo avrebbe raccolto in una bottiglia un angelo)!

Che dire di tutte queste reliquie? Imposture, solo imposture che le servono a tirare fuori dalle tasche di tante persone tanti soldi, e a fare apparire la chiesa cattolica romana come una sorte di custode delle ‘prove’ dell’autenticità del cristianesimo.

Sulle false reliquie che possiede la chiesa cattolica romana si potrebbe scrivere molto di più. Noi però ce ne asteniamo. Questo basta.[1959]

CONCLUSIONE

 

Abbiamo visto alcune delle falsificazioni ed imposture perpetrate dalla curia romana nel corso dei secoli; naturalmente queste non sono che una piccolissima parte di quelle che sono state dimo­strate come tali. Ma molte di esse rimangono ancora celate in attesa di quel giorno quando Dio le farà venire alla luce davanti a tutti. Che dire? Diremo per l’ennesima volta - anche se forse non ce n’è il bisogno - che il papato si fonda sulla menzogna e sulla frode. Quantunque ciò però, ci sono centinaia di milioni di persone nel mondo che ripongono la loro fiducia in questa pseudochiesa pensando che essa possa aprire loro le porte del cielo se si atterranno in tutto e per tutto ai suoi precetti. Ah! in che inganno sono cadute tutte queste anime! Loro pensano di avere il successore di Pietro, il vicario di Cristo, mentre non sanno che colui a cui essi hanno affidato la loro vita è un ministro di Satana travestito da ministro di Cristo. Sì, un ministro di Satana il cui potere spirituale si fonda sulla menzogna e sulla frode, e il cui potere temporale è il frutto di tanti e tanti intrighi, di tante e tante frodi. Ma tutto ciò è celato agli occhi di quelli che lo osannano perché essi hanno occhi e non vedono. Confesso che nel leggere tutte queste falsificazioni ed imposture della chiesa cattolica romana, mi sono infiammato d’ira ma altre­sì sono stato mosso a compassione verso quelle persone che hanno creduto a tutte queste menzogne in buona fede e che se la prendono con noi quasi che noi volessimo distoglierli dalla verità! Ma dopo un attento esame di tutte queste falsificazioni ed imposture sono giunto a questa conclusione. Ci dovevano essere; Dio aveva stabi­lito che le cose andassero in questa maniera. Qualcuno dirà: ‘Che dici?’ Dico che tutto questo faceva parte del piano di Dio affin­ché Egli traesse gloria per il suo nome già sulla terra traendo dalle fauci del papismo tante anime, e difatti coloro che Dio ha visitato nella chiesa cattolica romana e che ne sono usciti stanno del continuo a glorificare Dio per avere avuto pietà di loro e averli tratti dalla fossa del papi­smo. E siamo certi che Dio tirerà fuori dal papismo tutti coloro che egli ha preconosciuto e predestinato ad essere adottati come suoi figliuoli. Ma Dio trarrà ancora maggiore gloria dai suoi fedeli quando in quel giorno paleserà nel cospetto di tutte le genti tutte le imposture e le falsificazioni, e le eresie della chiesa cattolica romana per mostrare a tutti che Egli è Dio e che di Lui nessuno si può fare beffe. Ma oltre a manifestare queste cose, Egli giudicherà con giustizia tutti coloro che le hanno intro­dotte e coloro che ci hanno creduto. In quel giorno dovremo ancora una volta riconoscere che per la menzogna dei papi, dei cardinali, dei vescovi, dei preti e di tanti altri, la verità di Dio è abbondata a sua gloria; che la ingiustizia degli uomini mette in risalto la giustizia di Dio. Noi, suo popolo, avremo quindi l’opportunità di contemplare con i nostri occhi la fine che faranno tutti coloro che hanno amato la menzogna invece della verità, le tenebre invece che la luce. Ma mentre siamo ancora in vita avvertiamo queste anime ingannate affinché in quel giorno Dio non abbia a domandarci conto del loro sangue e il loro sangue ricada sulle loro teste. Al Giudice dei vivi e dei morti, immortale ed invisibile, che a suo tempo farà venire in giudizio ogni opera, sia la gloria ora e in eterno. Amen.


Capitolo 11

 

IL MOVIMENTO CARISMATICO CATTOLICO

 

Nella parte dedicata alla Chiesa (cap. 3) ho accennato al movimento carismatico presente nella chiesa cattolica romana; e dato che di esso si sente molto parlare anche in alcuni ambienti evangelici, ritengo opportuno esporvi brevemente la storia di questo movimento (chiamato anche in ambito cattolico il Rinnovamento carismatico cattolico) ed alcune sue dottrine e caratteristiche, al fine di farvi comprendere cosa sia e cosa divulghi. Trarrò le notizie riguardanti la storia e la dottrina di questo movimento da due riviste; quella dal titolo Alleluja del Rinnovamento carismatico cattolico, e quella dal titolo Tempi di Restaurazione del movimento Comunione e Restau­razione (movimento evangelico pentecostale con sede a Caserta che si è messo a collaborare con i carismatici cattolici).[1960]

LA STORIA

 

‘Il Rinnovamento carismatico cattolico (denominazione oggi cor­rente per designare il neo-pentecostalismo in ambito cattolico) ha avuto inizio nel 1967. Due studenti cattolici dell’Università Duquesne a Pittsburg, partecipando a un’assemblea di preghiera organizzata da Pentecostali protestanti, fecero l’esperienza tipica di cui abbiamo parlato,[1961] mentre il gruppo pregava e imponeva loro le mani. Poco dopo, durante un ritiro di fine settimana per studenti all’Università Duquesne, questi due ‘battezzati nello Spirito’ condivisero la loro esperienza con altri: si formava il primo gruppo neo-pentecostale cattolico per il fatto che numerosi studenti cominciarono ugualmente a parlare in lingue. Da questa università, il movimento raggiunse quella di Notre Dame e altre; altrettanto rapidamente si aggiunsero adepti nelle parrocchie, conventi e monasteri, un pò dovunque negli Stati Uniti. Il ‘Pent­ecostalismo cattolico’, come fu chiamato, passò sollecitamente in Canada, nell’America Latina e in Europa; prese piede anche in alcuni paesi dell’Asia e dell’Africa, grazie a missionari reduci da una vacanza nel Nord-America o in Europa (...) Per la maggiore parte dei cattolici in questione, la partecipazione al Rinnova­mento carismatico suppone che siano membri di un gruppo di pre­ghiera che si riuniscono ordinariamente per un’ora e mezzo o due una volta alla settimana. In molti gruppi l’assemblea di preghie­ra settimanale è preceduta o seguita da una celebrazione eucari­stica che non sostituisce la celebrazione parrocchiale della domenica. Ciò che distingue l’uno dall’altro i gruppi di preghie­ra del Rinnovamento carismatico cattolico sono elementi quali: la propor­zione dei non cattolici che vi prendono parte; il grado di parte­cipazione del clero cattolico locale; la loro direzione da parte del laicato o del clero; il loro rapporto con la parrocchia locale (vale a dire l’appartenenza dei loro membri a una o più parrocchie); il luogo scelto per la riunione (eventualmente collegato con una chiesa parrocchiale, una casa religiosa, una università ecc.). Benché numerosi preti abbiano parte attiva in questi gruppi di preghiera, tuttavia il ruolo prevalente nella diffusione del Rinnovamento nella Chiesa viene svolto dal laica­to. In molti casi, dei gruppi di preghiera sono stati avviati da laici e soltanto in seguito hanno trovato un prete desideroso di farne parte’.[1962] Per quanto riguarda la sua diffusione nel mondo ed in particolare in Italia si legge in Tempi di Restaurazione: ‘Fino al 1990 il Rinnovamento carismatico si è diffuso in 240 paesi dei cinque continenti fra 82 milioni di cattolici romani (...) Il Rinnovamento Carismatico cattolico ha un Consiglio Internazionale denominato ICCRS (International Catholic Charismatic Renewal Services, riconosciuto dalla Santa Sede, sul piano giuridico-canonico, come Associazione privata di fedeli della Chiesa Cattolica di Diritto Pontificio con un suo ufficio ospitato presso la Cancelleria del Vaticano (...) In Italia si è diffuso da due centri; a Roma presso la Pontificia Università Gregoriana ad opera di due Padri Gesuiti, Francis Sullivan e Carlo Maria Martini, ora Arcivescovo Cardinale di Milano, e a San Mauro Pascoli, in Romagna, ad opera del mis­sionario canadese P. Valerien Gaudet che aveva fatto l’esperienza all’Università di Notre Dame a South Bend (Indiana) (...) Il numero complessivo dei gruppi carismatici italiani è 1200, mentre esisto­no una ventina di comunità di varia spiritualità (...) Il numero totale dei membri del Rinnovamento nello Spirito in Italia è di circa 250 mila, fra laici, sacerdoti e vescovi’.[1963]

Il papa e il movimento carismatico

 

Il movimento carismatico cattolico è sotto il comando e la guida del papa. Paolo VI durante il suo pontificato incaricò il cardi­nale Suenens di vigilare sul rinnovamento carismatico in tutto il mondo; questo mandato fu confermato a Suenens[1964] anche da Wojtyla. Il biso­gno di vigilare su questo movimento è dovuto al fatto che questo movimento per molti Cattolici tradizionali rappresenta un perico­lo. Perché un pericolo? Perché temono che gli adepti di questo movimento diventino dei fondamentalisti, ossia che si mettano a interpretare certi testi della Scrittura in modo troppo letterale o arbitrario (secondo loro naturalmente). Detto in altre parole temono che essi studiando le Scritture si mettano ad interpretare la Parola di Dio rettamente e comprendano che nella chiesa cattolica romana ci sono troppe cose storte che annullano la Parola di Dio e perciò se ne separino come hanno fatto già milioni di Cattolici in questi ultimi decenni. Ma il papa teme anche ‘il falso ecume­nismo’ ossia che i carismatici cattolici minimizzino le differen­ze tra ‘cristiani’ negligendo quello che nella fede e nella prassi è propriamente cattolico; anche qui è evidente che il cosiddetto papa teme che i carismatici cattolici frequentando ‘i Protestanti pentecostali’ siano indotti a pensare che la messa, il culto a Maria, la dottrina del purgatorio e tante altre dot­trine propriamente cattoliche comincino ad essere reputate da loro un nulla e se ne escano dalla chiesa cattolica romana.

Per farvi comprendere come i carismatici cattolici romani siano sotto il pieno controllo del papa il quale con le sue lusinghe fa di tutto per farli rimanere attaccati alla tradizione cattolica romana senza distaccarsene in niente, perché si rende conto quale innovazioni ha apportato in certi ambienti della chiesa cattolica romana questo movimento, e che di questo passo, se non fossero frenati, potrebbero pure intendere le Scritture come i Cristiani evangelici, propongo alla vostra attenzione delle affermazioni fatte da Giovanni Paolo II, dal cardinale Suenens, e da altri. Per innovazioni mi riferisco al fatto che gli adepti a questo movimento cantano molti dei nostri cantici, pregano in maniera spontanea, battono le mani, taluni leggono maggiormente le Scrit­ture, altri ricercano l’effusione dello Spirito Santo e il parla­re in altre lingue, tanti cosiddetti laici si mettono a pregare per gli ammalati nel nome di Gesù con l’imposizione delle mani, e diverse altre cose che erano impensabili nella chiesa cattolica romana fino ad alcuni decenni fa.

-  Giovanni Paolo II nel 1981 disse: ‘Il prete ha un ruolo unico e indispensabile da esercitare nel e per il rinnovamento carismati­co così come per l’insieme della comunità cristiana..’; e in un discorso pronunciato il 15 Novembre 1986 nella basilica di S. Pietro a circa quindicimila partecipanti al convegno del Rinnova­mento dello Spirito egli disse tra le altre cose: ‘Aderire alla Chiesa, rimanere a lei uniti, condividere la sua fede, obbedire alle sue leggi, collaborare alla sua missione - anche nell’ambito delle diocesi e delle parrocchie in cui si distribuisce la fami­glia dei credenti in Cristo - è la via sicura per giungere al cuore della economia della grazia e attingere alla fonte dello Spirito Santo le energie capaci di operare il rinnovamento delle persone e delle comunità. La vostra presenza, carissimi fratelli e sorelle, accanto al Successore di Pietro, capo visibile della Chiesa universale, e le ripetute attestazioni di comunione since­ra e operosa con lui e con i Vescovi delle vostre chiese locali, significano che voi avete ben compreso ciò che il Vangelo inse­gna, ciò che lo Spirito Santo presente nei cuori ispira come principio centrale della ‘Legge Nuova’, come regola fondamentale dell’azione e della preghiera ecclesiale, come segreto sicuro di ogni rinnovamento e di ogni progresso; essere al servizio del regno di Cristo secondo le indicazioni dello Spirito in comunione di fede, di pensiero e di disciplina con i Pastori della Chiesa. Su questa strada vi auguro di perseverare e di progredire, mentre sulle vostre perso­ne, sulle vostre aspirazioni al bene, sui vostri propositi e il vostro lavoro invoco la benedizione divina, di cui sia pegno la mia benedizione!’.[1965]

-  Il cardinale Suenens all’incontro del 24 Giugno 1979 al santua­rio della Madonna di Oropa ha detto: ‘Ora vorrei dire perché la Chiesa è una speranza per il rinnovamento. Perché il rinnovamento non sarà e non vivrà se non nell’ambito della Chiesa, nella piena integrazione nella Chiesa, nella mediazione della Chiesa...’;[1966] Suenens ad Oropa ha affermato anche ‘la necessità di studiare attentamente che cosa è l’ecumenismo e che cosa è il carismatico autentico, per non lasciarsi fuorviare dai numerosi testi pente­costali circolanti, basati su una teologia non accettabile da noi cattolici’;[1967] e lo stesso cardinale nel suo libro Ecumenismo e Rinnovamento afferma che ‘dichiarare come fondamentale un Cri­stianesimo che accetta il Cristo ma non la Chiesa; la Parola di Dio e non la Tradizione vivente che la sostiene pur essendole sottomessa; i carismi dello Spirito ma non la struttura ministe­riale e sacramentale della Chiesa, significa, fin dal principio, domandare a un cattolico di negare punti essenziali della sua fede e portare il dialogo ecumenico a un impasse’. Come potete vedere da voi stessi questi discorsi parlano molto chiaro; i carismatici cattolici secondo la curia romana devono rimanere nella chiesa cattolica, stare attaccati alla sua tradi­zione, e stare attenti a non lasciarsi ‘traviare’ dai libri pentecostali perché si fondano su una teologia che i Cattolici non possono accettare in nessuna maniera. Ogni commento è super­fluo!.

Maria nel movimento carismatico

 

Sembrerà strano; eppure coloro che tra i Cattolici dicono di avere ricevuto il battesimo con lo Spirito Santo e di parlare in lingue, di pregare per i malati, di avere cominciato a vivere in maniera diversa dal loro incontro con il Signore, dico costoro pregano ed adorano Maria.

Citerò a tale riguardo prima alcune affermazioni del cardinale Suenens su Maria e poi altre di alcuni membri di questo movimen­to.

Suenens ad Oropa disse: ‘Come Maria è beata per avere creduto, così vorrei dire a ciascun cristiano: beati quelli che credono nello Spirito Santo operante in Maria: beati quelli che credono nella mediazione di Maria come strumento dello Spirito Santo (...) Ma nell’ordine spirituale il Signore ci invita ad entrare nel miste­ro della dipendenza spirituale. Ha detto Gesù a Nicodemo: ‘Non si entra nel Regno dei cieli se non si nasce di nuovo’ e Nicodemo non capiva. E’ il segreto, direi mistico, di entrare in questa dipendenza, di pregare con la preghiera di Maria, di avere sempre Maria come mediatrice di tutti i nostri moti spirituali, di vedere con i suoi occhi, di pregare con le sue labbra, di procedere con il suo cuore (...) beato il rinnovamento se oggi e nei tempi futuri rimane fedele a Maria per essere fedele allo Spirito Santo operan­te (...) La presenza di Maria è indispensabile, come lo era nel Cenacolo nel giorno in cui fu impresso l’impulso apostolico alla Chiesa (...) Che ciascun di voi torni da questo pellegrinaggio con l’anima piena di Spirito Santo, con la forza della Pentecoste; e che Maria sia il sorriso, la dolcezza della vostra vita’.[1968]

Maria Cristina di Milano ha scritto su Alleluja un articolo sul pellegrinaggio del Rinnovamento carismatico svoltosi a Lourdes dal 29 giugno al 3 luglio; a riguardo delle parole degli oratori che maggiormente toccarono il cuore dei presenti cita pure queste su Maria: ‘Ella c’invita a celebrare ecumenicamente la Pentecoste in una comunione fraterna che ci consente di dire a tutti i fratelli, quale che sia la loro denominazione, la parola dell’Angelo a Giuseppe: Non temere di prendere con te Maria, perché ciò che è nato in lei è opera dello Spirito Santo’.[1969]

Uno scrittore anonimo membro del Rinnovamento dello Spirito Santo ha scritto su Alleluja: ‘Come la Chiesa è sotto la protezione di Maria, così lo è anche il mio matrimonio e tutta la mia vita di relazione con il prossimo. Inizio dunque la seconda parte della mia preghiera con una Ave Maria e, tramite l’intercessione della Vergine, chiedo al Signore un secondo brano perché mi metta sulle labbra una preghiera adatta alla mia situazione (....) Quando un fatto mi turba, o provo una forte emozione, mi rivolgo a Maria con una Ave, con lo scopo di confidare a lei i miei sentimenti e chiederle di intercedere per me....’.[1970]

LA DOTTRINA E LA PRASSI

 

1) Il battesimo con lo Spirito Santo

‘Battesimo nello Spirito’ - Possiamo descriverlo come un’espe­rienza religiosa che dà una coscienza indubbiamente nuova della presenza e dell’azione di Dio nella vita di chi lo riceve: questa azione è in genere accompagnata da uno o più doni carisma­tici (.....) ‘I battezzati’ prendono coscienza di avere una forza nuova per vivere cristianamente e per testimoniare il Vangelo; inoltre, di possedere un dono che consente loro di pregare Dio e di servire il prossimo in maniera più agevole ed efficace. Questi due ordini di cambiamenti corrispondono esattamente alle due caratteristiche del rinnovamento: ‘pentecostale’ e ‘carismatico’. (...) Se è vero che Luca ha distinto il rito battesimale e la discesa dello Spirito come due atti o momenti distinti nell’iniziazione cristiana, nondimeno tutto quanto ha detto porta a congiungerli strettamente l’uno all’altro; manca un sostegno reale per affer­mare che il modo normale per i cristiani del Nuovo Testamento fosse di essere stati battezzati in acqua, rimanendo poi in attesa e in preghiera in vista d’una second blessing che avrebbe finalmente fatto di loro dei ‘cristiani pieni di Spirito’. La testimonianza di Paolo è ancora più radicale: egli non riconosce nessuno come cristiano se non ha ricevuto lo Spirito Santo e non ammette alcuna iniziazione cristiana indipendentemente dal dono dello Spirito. Quando i Cattolici cominciarono a condividere l’esperienza pente­costale, compresero di dovere spiegare chiaramente come tale esperienza non fosse affatto in contrasto con la dottrina catto­lica, secondo la quale lo Spirito Santo è già dato nell’inizia­zione cristiana. Dovevano evitare soprattutto di dare l’impres­sione di considerare il sacramento del battesimo come semplice ‘battesimo in acqua’ e che soltanto attraverso un’esperienza pentecostale si riceveva effettivamente lo Spirito. La soluzione più comunemente proposta nella letteratura del rinnovamento carismatico cattolico è stata di considerare i sacramenti unico ‘luogo’ del ‘dono’ o dell’effusione dello Spirito. In effetti, parlare d’una nuova effusione dello Spirito prescindendo dalla ricezione di un sacramento non sarebbe conforme alla teologia cattolica. Questa soluzione spiega il ‘battesimo nello Spirito’ pentecostale non già come un dono nuovo dello Spirito, bensì come una presa di coscienza vissuta della sua presenza preliminare o come una liberazione della sua forza, accordata di fatto nei sacramenti, ma non ancora sperimentata. Donde la distinzione tra ‘battesimo nello Spirito’ in senso teologico (dove lo Spirito è effettivamente donato, cioè nei sacramenti) ed esperienza vissuta (presa di coscienza della potenza dello Spirito già ricevuto)’.[1971] Lo stesso Sullivan ha detto pure: ‘Quello che è chiamato ‘battesimo nello Spirito’ non è in alcun modo necessaria­mente legato alla glossolalia[1972] 1). E’ chiaro che questo non è un rifiuto del dono delle lingue come una manifestazione dello Spirito, bensì un rifiuto di quello che è stato, e con ragione, chiamato ‘la legge delle lingue’ 2). Non è nemmeno un rifiuto dell’idea che ci dovrebbe essere qualche evidenza concreta per dimostrare che una persona è stata realmente ‘battezzata nello Spirito’. D’altronde i cattolici, a differenza dei pentecostali, accettano una varietà considerevole di segni, e non necessaria­mente le lingue, come evidenza che lo Spirito santo ha cominciato ad essere presente e a lavorare in una maniera nuova nella vita di una persona’.[1973]

2) Il pregare e cantare in altra lingua

‘Ci sono senza dubbio molti pentecostali che spiegherebbero le ‘lingue’ come un’attitudine soprannaturale di parlare in qualche idioma reale ma sconosciuto. Nondimeno, oggi si ammette sempre più che si tratta piuttosto di una messa in moto di un’attitudine latente naturale a emettere spontanea­mente dei suoni simili a un linguaggio e ciò non necessariamente ad opera dello Spirito Santo. Né è limitata all’esperienza cristiana: il medesimo fenomeno è attestato in altre religioni. Lo si considera tuttavia un carisma,[1974] quando si manifesta come un dono ordinato alla preghiera, particolarmente di lode. Il suo valore sembra consistere nel fatto che un tale dono libera le profondità dello spirito umano per esternare mediante la voce, in maniera udibile (cioè con il corpo come parte integrante del ‘io’) ciò che non può essere espresso in un linguaggio concettua­le (...) Possiamo accostare il dono delle lingue a quello delle lacrime (..) In entrambi i casi non si tratta di un dono che conferisca un’attitudine fisica dapprima inesistente; e come non tutti i modi di piangere possono assimilarsi al dono delle lacrime, così non si può rapportare al dono delle lingue ogni forma di glossolalia. Piangere è ‘dono delle lacrime’ quando significa e, insieme, intensifica l’atteggiamento interiore di contrizione, di compassione o di gioia (e quindi con una sorta di efficacia quasi sacramentale)...’.[1975]

3) L’interpretazione delle lingue

‘Coloro che parlano in lingue per lo più fanno uso di questo dono nella preghiera di lode sia privata sia comunitaria. Ma a volte in un’assemblea, capita che, mentre gli altri tacciono, qualcuno parli per esprimere quello che sembra non tanto una preghiera in lingue quanto la trasmissione d’un messaggio. In genere, a questo segue un tempo di silenzio, dopo di che qualcuno nel gruppo può formulare ciò che in altre circostanze si definirebbe una ‘profe­zia’, ma che in questo caso è l’interpretazione del messaggio trasmesso in lingue. Qui non si può parlare di traduzione, come se il primo avesse usato una lingua straniera tradotta dal secon­do in linguaggio corrente; la migliore spiegazione sembra che il parlare in lingue è stato una specie di segnale dato al gruppo per richiamarne l’attenzione in attesa di una profezia imminente; in altri termini, che il ‘parlare in lingue’ e la successiva ‘interpretazione’ costituiscono due momenti di una medesima profezia’.[1976] Sullivan conferma questo concetto anche in un altro suo scritto dicendo: ‘Il parlare in lingue è un segnale che il Signore ha una parola da dire al gruppo, e l’interpretazione è la parola che il Signore desidera che il gruppo senta. Essa è ricevuta e pronunciata nella stessa maniera che una profezia è ricevuta e pronunciata. Uno domanderà: se ‘l’interpretazione’ è realmente uguale alla profezia, per quale ragione ha bisogno di essere preceduta dal parlare in lingue? Secondo me, la ragione è che l’anteriore parlare in lingue crea un’atmosfera di intenso ascolto interno, di aspettativa per una parola dal Signore. Esso avverte quelli del gruppo che profetizzano ad essere pronti a ricevere un ispirazione per quello che il Signore vuole che il gruppo senta, ed avverte tutto il gruppo ad essere pronto ad ascoltarlo. Naturalmente, questa spiegazione delle lingue con l’interpretazione dà per scontato che non c’è fra il messaggio in lingue e il messaggio che segue il tipo di corrispondenza che ci sarebbe nel caso l’interpretazione delle lingue fosse veramente una traduzione’.[1977]

4) La profezia

‘La profezia è intesa nel Rinnovamento come un messaggio del Signore al gruppo e non già come una comunicazione ritenuta buona da chi la trasmette; dunque come un messaggio scaturente da una sorta di ispirazione divina. Ciò implica prima di tutto che chi parla presenti al gruppo il suo dire come profezia solamente se è convinto che il messaggio viene realmente dal Signore e non dalle sue riflessioni personali, inoltre, implica che la sua convinzio­ne soggettiva sia controllata dal discernimento del gruppo’.[1978]

5) La preghiera di guarigione

La preghiera di guarigione è praticata da tutte le assemblee di preghiera neo-pentecostali. Quel che è notevole in una preghiera di questo genere è la fede viva nella potenza che Dio ha di guarire tutti i nostri mali, sia fisici sia spirituali, ritenuti curabili normalmente o incurabili (...) La reiterata esperienza di guarigioni straordinarie di persone per le quali hanno pregato, ha indotto alcuni a considerarsi come dei chiamati da Dio in modo speciale a un ministero di preghiera per la guarigione. In certi casi, l’esercizio di questo ministero è contrassegnato dal feno­meno definito come ‘riposo nello Spirito’: la persona per la quale si prega cade a terra e vi resta per un pò in una specie di letargo’.[1979] A proposito del ricorrere al Signore per ottenere la guarigione dalla malattia il Sullivan però, che pure afferma di credere che il Signore guarisce tuttora, afferma quanto segue: ‘E’ ovvio, quindi, che Dio vuole che noi ricorriamo a qualsiasi aiuto medico è disponibile quando noi siamo malati, e che sarebbe presuntuoso rifiutare tale aiuto sul fondamento che questo mostrerebbe una mancanza di fede nella potenza di Dio affinché ci guarisca. Noi non abbiamo alcuna maniera, in nessun particolare caso, di sapere se Dio intende operare un segno della sua potenza sopra la morte guarendoci senza l’aiuto medico. Il rifiuto dell’aiuto medico è veramente una maniera per cercare di forzare Dio a venire con un miracolo - e questa non è un’attitudine di una fede religiosa genuina, ma un tentativo di manipolare Dio’.[1980]

Questa trascrizione particolareggiata di quello che insegnano quelli del Rinnovamento carismatico cattolico, forse ad alcuni è parsa troppo lunga o inutile ma noi abbiamo ritenuto necessario farla perché oggi molti, in seno alle Chiese, non sanno cosa in effetti insegnano quelli del movimento carismatico cattolico sul battesimo con lo Spirito Santo e su alcuni doni collegati al battesimo con lo Spirito Santo. Stanno al sentito dire; e così si fanno l’idea che insegnano in tutto e per tutto quello che viene insegnato nel nostro mezzo. Ma come voi stessi avete potuto constatare nel leggere le dichia­razioni di Sullivan, che è un’importante esponente del Rinnovamento carisma­tico, essi non insegnano affatto dirittamente attorno a diverse cose concernenti il battesimo con lo Spirito Santo e la manifestazione dello Spirito Santo. Passiamo quindi a dimostrare mediante le Scritture la falsità di certi insegnamenti trasmessi in seno a questo movimento cattolico.

CONFUTAZIONE

Il battesimo con lo Spirito Santo si riceve non quando si nasce di nuovo ma dopo essere nati di nuovo; quindi è una esperienza distinta dalla nuova nascita

 

Il battesimo con lo Spirito Santo è un esperienza che si fa dopo avere creduto; quando diciamo dopo avere creduto però non inten­diamo dire per forza di cose dopo essere stati battezzati in acqua perché il caso di Cornelio sta a dimostrare che taluni possono essere battezzati con lo Spirito Santo anche prima di essere battezzati in acqua. Qualcuno dirà: ‘Dopo avere creduto che cosa?’ Dopo avere creduto che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e che egli è morto sulla croce per i nostri peccati, che fu seppellito, e che dopo tre giorni fu risuscitato mediante la gloria del Padre, ed apparve a coloro che egli aveva scelto come suoi testimoni. Ora, siccome che quando si crede con il proprio cuore in ciò che ho qui sopra detto avviene che si riceve la remissione di tutti i peccati secondo che è scritto: “Chiunque crede in lui riceve la remission de’ peccati mediante il suo nome”;[1981] si viene giustifi­cati cioè resi giusti da Dio perché è scritto: “Col cuore si crede per ottener la giustizia”[1982] ed anche: “Giustificati dunque per fede, abbiamo pace con Dio”;[1983] si viene vivificati dallo Spirito di Dio perché lo Spirito Santo entra in noi portando la vita in luogo della morte perché Giovanni dice: “Affinché, credendo, abbiate vita nel suo nome”;[1984] si riceve la vita eterna perché Gesù ha detto che “chi crede ha vita eterna”;[1985] e si diventa figliuoli di Dio secondo che è scritto: “Ma a tutti quelli che l’hanno ricevuto egli ha dato il diritto di diventare figliuoli di Dio; a quelli, cioè, che credono nel suo nome; i quali non sono nati da sangue, né da volontà di carne, né da volontà d’uomo, ma son nati da Dio”;[1986] dico, in virtù di tutte queste cose affermiamo che quando si crede si nasce da Dio. D’altronde non ha forse detto Giovanni: “Chiunque crede che Gesù è il Cristo, è nato da Dio?”;[1987] quindi perché meravigliarsi nel sentire dire che si nasce di nuovo quando si crede nel nome del Figliuolo di Dio? Va poi detto che quando si diventa figliuoli di Dio, mediante appunto la nuova nascita, si è certi di essere tali per questa ragione scritta da Paolo ai Romani: “Avete ricevuto lo spirito d’adozione, per il quale gridiamo: Abba! Padre! Lo Spirito stesso attesta insieme col nostro spirito, che siamo figliuoli di Dio”:[1988] perciò in coloro che credono c’è lo Spirito di Dio altrimenti non potrebbero essere sicuri di essere figli di Dio e di appartenere a Cristo. In altri termini una persona che ha creduto da pochi attimi ha lo Spirito di Cristo in lui e mediante di esso sa di appartenergli. Di certo se egli non avesse lo Spirito di Cristo non potrebbe affermare di essere un figlio di Dio lavato nel prezioso sangue dell’Agnello e di essere un membro del corpo di Cristo, e di certo Dio stesso non potrebbe chiamarlo suo figliuolo; e neppure noi potremmo chiamarlo nostro fratello perché Paolo dice che “se uno non ha lo Spirito di Cristo, egli non è di lui”.[1989] Dicendo ciò escludiamo che lo Spirito Santo si riceva quando si viene battezzati in acqua perché Esso si riceve quando ci si ravvede e si crede nel Signore, ovvero quando si nasce di nuovo (prima di essere battezzati in acqua). Ma dicendo ciò escludiamo anche che lo Spirito Santo venga a dimorare nel bambino quando il prete versa la cosiddetta acqua santa sul capo del bambino, e questo perché il neonato non ha per nulla la fede nel Signore, non avendo ancora la capacità di credere; l’acqua del prete non ha il potere di nettarlo dal peccato perché è solo mediante la fede che i peccati vengono cancellati dalla coscienza umana. Ma noi sappiamo anche che lo Spirito Santo i fanciulli non lo ricevono neppure con la cresima; e i motivi li ho esposti quando ho parlato della cresima. Quindi Sullivan erra quando afferma che lo Spirito Santo si riceve nell’iniziazione cristiana, cioè quando si ricevono il battesimo e la cresima. Questa è la ragione per cui i carismatici cattolici parlano di nuova effusione dello Spirito Santo in rela­zione al battesimo con lo Spirito Santo, perché essi sostengono che lo Spirito Santo è già in coloro che sono stati battezzati da fanciulli e poi cresimati (nella cresima secondo la teologia romana si riceve la pienezza dello Spirito), ma col battesimo con lo Spirito Santo si prende coscienza della potenza dello Spirito già ricevuto. Tutto questo lo dicono per cercare di conciliare il battesimo con lo Spirito Santo con la teologia cattolica romana; conciliazione che non può esserci. Come potete vedere dalle parole di Sullivan si evince chiaramente che il Rinnovamento carismatico cattolico rimane pur sempre attaccato alla teologia cattolica e non se ne distacca nei suoi punti cardini.[1990] Quanto poi alla sua affermazione secondo la quale manca un soste­gno reale per affermare che il modo normale per i Cristiani del Nuovo Testamento fosse di essere stati battezzati in acqua, rimanendo poi in attesa e in preghiera per essere riempiti di Spirito Santo, essa non è da accettare perché il sostegno c’è: è quello dei discepoli in Gerusalemme. Che fecero infatti essi dopo che Gesù fu assunto in cielo, loro che erano stati battezzati in acqua? Non pregavano forse assieme e aspettavano di ricevere lo Spirito Santo? La Scrittura dice che gli apostoli “perseveravano di pari consentimento nella preghiera, con le donne, e con Maria, madre di Gesù, e coi fratelli di lui”;[1991] e questo avvenne nei giorni prima che fossero battezzati con lo Spirito Santo. Non aspettaro­no forse di essere battezzati con lo Spirito Santo? Certo, infat­ti Gesù aveva detto loro di non dipartirsi da Gerusalemme “ma di aspettarvi il compimento della promessa del Padre”.[1992]

Anche il caso dei credenti di Samaria conferma che il battesimo con lo Spirito Santo lo si riceve normalmente (le eccezioni ci sono) dopo avere creduto ed essere stati battezzati in acqua infatti prima è scritto: “Ma quand’ebbero creduto a Filippo che annunziava loro la buona novella relativa al regno di Dio e al nome di Gesù Cristo, furon battezzati, uomini e donne”,[1993] e poi che gli apostoli Pietro e Giovanni “essendo discesi là, pregarono per loro affinché ricevessero lo Spirito Santo; poiché non era ancora disceso sopra alcuno di loro, ma erano stati soltanto battezzati nel nome del Signor Gesù. Allora imposero loro le mani, ed essi ricevettero lo Spirito Santo”.[1994]

Anche nel caso dei circa dodici discepoli di Efeso essi furono battezzati con lo Spirito Santo dopo essere stati battezzati in acqua infatti è scritto: “Udito questo, furon battezzati nel nome del Signor Gesù; e dopo che Paolo ebbe loro imposto le mani, lo Spirito Santo scese su loro, e parlavano in altre lingue, e profetizzavano”.[1995]

Ed infine citiamo le parole che Pietro il giorno della Pentecoste rivolse a quei Giudei che furono compunti nel cuore: “Ravvedete­vi, e ciascun di voi sia battezzato nel nome di Gesù Cristo, per la remission dei vostri peccati, e voi riceverete il dono dello Spirito Santo”.[1996]

Quindi, da tutte queste Scritture si comprende che il battesimo con lo Spirito Santo è una esperienza contraddistinta dalla nuova nascita perché si riceve dopo avere creduto, e che solitamente, tranne che in alcuni casi, esso si riceve dopo essere stati battezzati in acqua.

Dopo avere ciò detto è inevitabile che qualcuno domandi: ‘Ma se quando le persone nascono di nuovo lo Spirito Santo viene a dimorare in loro, perché è necessario che esse preghino e aspet­tino di essere battezzati con lo Spirito Santo?’ La ragione è per essere rivestiti di potenza, infatti bisogna sempre ricordare che quando Gesù Cristo battezza con lo Spirito Santo chi ha creduto in lui, costui viene rivestito di potenza perché Gesù disse: “Voi riceverete potenza quando lo Spirito Santo verrà su voi, e mi sarete testimoni e in Gerusalemme, e in tutta la Giudea e Samaria, e fino all’estremità della terra”.[1997] Questa è la ragione per cui Gesù disse ai suoi discepoli di non dipartirsi da Gerusalemme ma di aspettarvi il compimento della promessa del Padre, cioè di aspet­tarvi di essere battezzati con lo Spirito Santo. Sia ben chiaro: i discepoli prima di essere battezzati con lo Spirito Santo il giorno della Pentecoste avevano una misura di Spirito Santo infatti quando Gesù gli apparve disse loro: “Ricevete lo Spirito Santo”,[1998] però essi non erano ancora rivestiti di potenza altrimenti Gesù non avrebbe detto loro di aspettare di essere rivestiti di potenza e che essi avrebbero ricevuto potenza quando lo Spirito Santo sarebbe venuto sopra di loro. Quindi il battesimo con lo Spirito Santo corrisponde al rivesti­mento di potenza.

Ma vi è un’altra questione a cui rispondere ed è questa: ‘Se i discepoli prima del giorno della Pentecoste avevano lo Spirito Santo, perché si dice che essi furono battezzati con lo Spirito Santo il giorno della Pentecoste? Non è questa una contraddizio­ne? Ora, per comprendere la differenza che ci fu tra la ricezione dello Spirito che essi sperimentarono quando Gesù apparve loro e la ricezione del battesimo con lo Spirito Santo che essi speri­mentarono il giorno della Pentecoste bisogna tenere presente che il battesimo con lo Spirito Santo è il riempimento di Spirito Santo del credente. In altri termini i discepoli quando Gesù disse loro: “Ricevete lo Spirito Santo”,[1999] ricevettero una certa misura di Spirito Santo senza esserne riempiti, ma quando essi furono battezzati con lo Spirito Santo il giorno della Pentecoste essi ne furono ripieni secondo che è scritto: “E tutti furon ripieni dello Spirito Santo...”.[2000] Come potete vedere non c’è nessuna contraddizione tra i due eventi, perché il battesimo con lo Spirito Santo non è altro che la ricezione di una misura maggiore di Spirito Santo da parte del credente.

Il parlare in altra lingua è strettamente collegato al battesimo con lo Spirito Santo perché è il segno esteriore che ne attesta l’avvenuta ricezione

 

Veniamo ora alla così tanto dibattuta questione sul segno delle lingue. Sullivan afferma che quello che è chiamato battesimo con lo Spirito Santo non è necessariamente legato alla glossolalia, cioè al parlare in altre lingue. Questo è falso perché la Scrittura insegna che il battesimo con lo Spirito Santo e il parlare in altre lingue sono due cose che non si possono scindere l’una dall’altra; vogliamo dire con questo che non c’è un battesimo con lo Spirito Santo senza il relativo e consequenziale parlare in lingue, perché quando si viene battezzati con lo Spirito Santo si comincia a parlare in altre lingue perché lo Spirito Santo del quale si viene riempiti dà subito di parlare in altra lingua. Questo lo fa lo Spirito Santo automaticamente quando scende sul credente; per questo non c’è assolutamente bisogno di domandarsi: ‘Ma come farò a parlare in altra lingua?’ Lo Spirito Santo quando scende su un credente e lo riempie, si impossessa della bocca del credente e della sua lingua; e lo sospinge dal di dentro in maniera potente, ma nello stesso tempo incomprensibile, a proferire frasi incomprensibili con un suono e una sintassi tutta diversa da quella della sua lingua. Lo Spirito Santo lo fa parlare in una lingua straniera, senza che il credente l’abbia mai studiata: la lingua che gli fa parlare è perfetta, quindi sia il suono delle parole, la loro sintassi che la grammatica sono perfette e non difettano in nulla. Tutto ciò lo opera lo Spirito Santo, per questo non vi è difetto alcuno. Le Scritture che attestano che quando i credenti vengono battez­zati con lo Spirito Santo (tenete presente che si può dire anche ‘quando ricevono lo Spirito Santo’, ‘quando ricevono il dono dello Spirito Santo’, ‘quando lo Spirito Santo scende su loro’) si mettono subito a parlare in altra lingua per lo Spirito Santo sono queste:

-  “E tutti furon ripieni dello Spirito Santo, e cominciarono a parlare in altre lingue, secondo che lo Spirito dava loro d’esprimersi”;[2001]

-  “Mentre Pietro parlava così, lo Spirito Santo cadde su tutti coloro che udivano la Parola. E tutti i credenti circoncisi che erano venuti con Pietro, rimasero stupiti che il dono dello Spirito Santo fosse sparso anche sui Gentili; poiché li udivano parlare in altre lingue, e magnificare Iddio”;[2002]

-  “Udito questo, furon battezzati nel nome del Signor Gesù; e dopo che Paolo ebbe loro imposto le mani, lo Spirito Santo scese su loro, e parlavano in altre lingue, e profetizzavano”.[2003]

Come potete vedere in tutti questi tre casi in cui lo Spirito Santo scese su quei credenti essi si misero a parlare in altre lingue. Nel caso di Efeso si misero pure a profetizzare, il che conferma che quando si viene battezzati con lo Spirito Santo si possono ricevere anche dei doni di parola (questi doni dello Spirito Santo sono la diversità delle lingue, la interpretazione delle lingue, e il dono di profezia) oltre che anche altri doni dello Spirito Santo. Ma è bene a questo punto fare una distinzione nel campo delle lingue tra le lingue come segno e le lingue come dono. Il segno delle lingue comincia ad essere presente nel credente nel momento in cui viene battezzato con lo Spirito Santo, il dono delle lingue invece può riceverlo sia quando viene battezzato con lo Spirito Santo sia tempo dopo avere ricevuto il battesimo con lo Spirito Santo, ma può anche non riceverlo. Il dono della diversi­tà delle lingue è un dono dello Spirito Santo mediante il quale lo Spirito Santo dà al credente di parlare in più lingue stranie­re, e non è presente in tutti coloro che sono stati battezzati con lo Spirito Santo perché Paolo dice: “Parlan tutti in altre lingue?”[2004] (ossia ‘hanno tutti il dono della diversità delle lin­gue?’). Ricapitolando; tutti coloro che sono battezzati con lo Spirito Santo parlano in altra lingua (almeno una), ma non tutti sono in grado di parlare in più lingue straniere.

Esaminiamo ora la descrizione del pregare in altre lingue fatta dal Sullivan: ‘Una messa in moto di un’attitudine latente natura­le a emettere spontaneamente dei suoni simili a un linguaggio e ciò non necessariamente ad opera dello Spirito Santo’. E’ conforme all’insegnamento della Scrittura questa definizione? No, perché nel parlare in altre lingue, sia che esso sia segno che dono, non c’è nulla di naturale perché esso è so­prannaturale; questa è la ragione per cui non si può comprendere appieno e perché l’uomo naturale lo considera una pazzia. Le cose che il credente dice in altra lingua, quantunque lui non le comprende, sono cose vere, cose giuste dette in una lingua stra­niera sconosciuta. Non si tratta di frasi senza senso, dette e fabbricate dall’uomo a suo piacimento appunto perché è lo Spiri­to che parla per bocca del credente. C’è una evidente prova di questo nel parlare in lingue dei discepoli il giorno della Pentecoste infatti la Scrittura dice che quando la moltitudine di quei Giudei presenti in Gerusalemme per la festa si radunò presso la casa dove si trovavano i discepoli del Signore che stavano parlando in lingue straniere sospinti dallo Spirito Santo, “fu confusa, perché ciascuno li udiva parlare nel suo proprio linguaggio. E tutti stupivano e si maravigliavano, dicendo: Ecco, tutti costoro che parlano non son eglino Galilei? E com’è che li udiamo parlare ciascuno nel nostro proprio natìo linguaggio? Noi Parti, Medi, Elamiti, abitanti della Mesopotamia, della Giudea e della Cappadocia, del Ponto e dell’Asia, della Frigia e della Panfilia, dell’Egitto e delle parti della Libia Cirenaica, e avventizî Romani, tanto Giudei che proseliti, Cretesi ed Arabi, li udiamo parlar delle cose grandi di Dio nelle nostre lingue”.[2005] Notate che quegli uomini Ebrei sentirono parlare i discepoli del Signore, anch’essi Ebrei ma provenienti dalla Galilea, nelle loro lingue delle cose grandi di Dio. Altro dunque che suoni simili ad un linguaggio; si trattava di vere e proprie lingue straniere ben parlate da quegli uomini Galilei che non le avevano studiate e ben comprese da coloro che venivano dal posto dove esse erano parlate.

Noi comprendiamo bene cosa voglia dire Sullivan quando dice suoni simili a un linguaggio; lui vuole dire in definitiva parole inventate dall’uomo che non hanno nessun significato, ma che appaiono lingue straniere. Queste sono cose che non hanno nulla a che fare con la manifestazione dello Spiri­to e perciò le rigettiamo. Noi sappiamo che quando lo Spirito prega per i santi lo fa con sospiri ineffabili, che non sono affatto ‘una messa in moto di un’attitudine latente naturale’; ma un imperscrutabile opera dello Spirito Santo. Al bando quindi tutti quei discorsi che tendono a fare apparire il parlare in altre lingue come un qualcosa di naturale e non di soprannatura­le. Naturalmente questo tipo di insegnamento errato ha prodotto i suoi effetti nell’ambito del movimento carismatico cattolico; tanti e tanti Cattolici romani dicono di avere ricevuto lo Spirito Santo ma non hanno ricevuto proprio niente; sì, proferiscono sillabe e parole che apparente­mente danno l’impressione che essi sono stati battezzati con lo Spirito Santo, ma in effetti non è la manifestazione dello Spiri­to perché lo Spirito è assente, e perciò sono assenti anche la potenza, la santità, la verità, il frutto dello Spirito. Che c’è dunque da meravigliarsi se tanti Cattolici di questo movimento dicono di avere ricevuto lo Spirito Santo, dicono di avere rice­vuto ‘la Pentecoste’ nella loro vita, ma nello stesso tempo si mantengono più che mai attaccati al loro papa, al culto a Maria, alla tradizione della chiesa cattolica romana? Dicono che lo Spirito Santo da quando è venuto in loro in questa ‘maniera nuova’ li ha convinti maggiormente dell’infallibilità del papa, dell’efficacia dell’intercessione di Maria, e di tante altre menzogne; non è affatto così, perché se essi avessero ricevuto lo Spirito Santo da tempo non sguazzerebbero più nell’idolatria e nelle menzogne dei loro papi e dei loro concili, ma se ne sareb­bero usciti da esse, mentre il fatto che loro ci stanno bene in mezzo al fango della chiesa cattolica romana vuole dire che ancora non sono nati di nuovo.

L’interpretazione delle lingue non è una profezia perché chi parla in altra lingua parla a Dio e non agli uomini

 

Per quanto riguarda poi l’interpretazione delle lingue occorre dire che siccome Paolo dice che “chi parla in altra lingua non parla agli uomini, ma a Dio”,[2006] di conseguenza anche l’interpretazione deve corrispondere ad un parlare a Dio e non può essere una profezia perché la profezia è un parlare agli uomini. Vediamo altre Scritture che confermano che chi parla in altra lingua parla a Dio e non sta profetizzando in altra lingua per cui l’interpretazione non è una profezia.

-  Paolo dice ai Romani: “Parimente ancora, lo Spirito sovviene alla nostra debolezza; perché noi non sappiamo pregare come si conviene; ma lo Spirito intercede egli stesso per noi con sospiri ineffabili; e Colui che investiga i cuori conosce qual sia il sentimento dello Spirito, perché esso intercede per i santi secondo Iddio”;[2007]

-  Paolo dice ai Corinzi: “Se prego in altra lingua, ben prega lo spirito mio, ma la mia intelligenza rimane infruttuosa. Che dunque? Io pregherò con lo spirito, ma pregherò anche con l’in­telligenza; salmeggerò con lo spirito, ma salmeggerò anche con l’intelligenza. Altrimenti, se tu benedici Iddio soltanto con lo spirito, come potrà colui che occupa il posto del semplice udito­re dire ‘Amen’ al tuo rendimento di grazie, poiché non sa quel che tu dici? Quanto a te, certo, tu fai un bel ringraziamento; ma l’altro non è edificato”;[2008]

-  Paolo dice agli Efesini: “Orando in ogni tempo, per lo Spirito, con ogni sorta di preghiere e di supplicazioni”.[2009]

-  Giuda dice: “Ma voi, diletti, edificando voi stessi sulla vostra santissima fede, pregando mediante lo Spirito Santo, conservatevi nell’amor di Dio”.[2010]

Ricapitolando; chi parla in altra lingua prega Dio, canta a Dio, rende grazie a Dio, e perciò l’interpretazione corrisponde allo specifico parlare a Dio da lui proferito per lo Spirito in quel momento. L’interpretazione non può consistere in una profezia perché altrimenti la Scrittura sarebbe annullata.

Qualcuno allora dirà: che dire allora delle seguenti parole di Paolo: “Chi profetizza è superiore a chi parla in altre lingue, a meno ch’egli interpreti, affinché la chiesa ne riceva edificazione”?[2011]Diremo che con queste parole Paolo non ha per nulla detto che il parlare in lingue interpretato corrisponde ad una profezia. Perché? Perché Paolo precedentemente ha spiegato che chi parla in altra lingua parla non agli uomini ma a Dio, mentre chi profetizza parla agli uomini, per cui - spiega sempre Paolo - “chi parla in altra lingua edifica se stesso; ma chi profetizza edifica la chiesa”.[2012] Ecco perché Paolo all’inizio del suo discorso dice di desiderare principalmente il dono di profezia. Ma pure, anche se chi parla in altra lingua parla a Dio e non agli uomini, ed edifica se stesso, la Chiesa può ricevere pure essa edificazione da quel parlare in lingue, e questo avviene quando chi parla in lingue interpreta pure, per lo Spirito, quanto detto in una lingua sconosciuta. Perché la Chiesa sarà edificata? Perché mediante l’interpretazione intenderà quanto lo Spirito ha proferito in altra lingua per bocca del credente. Se per esempio il parlare in altra lingua consisteva in una intercessione a favore di determinati fratelli che si trovavano in pericolo di morte in quel momento, o nella necessità di qualche cosa di materiale o di spirituale, la Chiesa sarà edificata nel sapere che lo Spirito ha pregato per quei santi a loro sconosciuti in base al loro bisogno. Se poi lo Spirito ha fatto salmeggiare il credente, la Chiesa intenderà il salmo innalzato in altra lingua dal credente. In questo caso quindi, mediante l’interpretazione la Chiesa sarà edificata. Quello che purtroppo molti non hanno ancora capito è che la Chiesa per essere edificata non deve per forza di cose sentire una profezia, ma può sentire pure l’interpretazione di un parlare in lingua. O meglio, che la Chiesa viene edificata anche nel sentire una preghiera o un salmo interpretato, anche se sappiamo che la preghiera e i salmi vengono rivolti a Dio. Come noi siamo edificati nel leggere le suppliche e i cantici di Davide, che ricordiamo furono da lui innalzati per lo Spirito in ebraico (attenzione, per evitare fraintesi, Davide non parlava in altre lingue) e che qualcuno ha tradotto per noi, così saremo edificati quando dopo che qualcuno ha parlato in altra lingua a Dio, lui o qualcun altro interpreteranno, per lo Spirito, quel suo parlare. Di certo è così.

Ma c’è da dire qualcosa d’altro nella nostra confutazione, e cioè che da come parla Sullivan il parlare in altre lingue che precede ‘l’interpretazione’ non sarebbe altro che un segnale che avverte l’uditorio che una profezia è imminente. In sostanza non un vero parlare in altra lingua che ha bisogno di essere seguito dalla relativa interpretazione per essere reso intelligibile, ma una sorta di avvertimento sonoro che non ha in sé nessun significato non essendo una vera e propria lingua. E questo si collega alla sua affermazione secondo cui il parlare in lingue consiste in ‘una messa in moto di un’attitudine latente naturale a emettere spontanea­mente dei suoni simili a un linguaggio e ciò non necessariamente ad opera dello Spirito Santo’. Quindi occorre dire che nell’ambiente carismatico cattolico quella che viene chiamata interpretazione delle lingue per loro non è l’interpretazione del messaggio dato in un altra lingua ma una profezia che viene data dopo il ‘segnale di avvertimento’. Tutto ciò è inaccettabile alla luce delle sacre Scritture perché come abbiamo visto il parlare in altre lingue è un vero parlare in una o più lingue straniere compiuto per opera dello Spirito Santo per bocca del credente; il parlare è rivolto a Dio e quindi, se c’è chi interpreta, l’interpretazione corrisponderà non in un messaggio diretto agli uomini ma in una preghiera o in un ringraziamento. E poi perché chi profetizza non ha bisogno di dare un segnale o che altri diano un segnale che avverta l’imminente profezia, perché il dono di profezia si manifesta indipendentemente dal parlare in lingue, e perciò quand’anche non ci fosse chi parla in altra lingua in una riunione, chi ha il dono di profezia quando lo Spirito Santo lo sospinge a profetizzare lo fa senza nessun problema e si mette a profetizzare anche se prima non c’è stato nessun parlare in lingue. Quindi, per parlare alla maniera di Sullivan, diciamo che il parlare in lingue e la successiva interpretazione non costituiscono affatto due momenti di una medesima profezia.

Un ultima cosa infine; se il parlare in lingue non consiste in un parlare in un idioma reale ma sconosciuto ma solo in un emissione di suoni simili ad un linguaggio e ciò non necessariamente ad opera dello Spirito Santo, non solo non si può definire parlare in altre lingue, ma neppure l’interpretazione delle lingue si può chiamare così, perché non sarebbe per nulla l’interpretazione di un reale parlare in lingue. Se infatti esso consiste nell’emissione di suoni simili ad un linguaggio come si può parlare di interpretazione di una o più lingue? Quindi, quando si sente dire ai Cattolici carismatici che parlano in altre lingue e che interpretano, occorre tener presente qual’è il reale insegnamento che viene loro dato a proposito del parlare in lingue e dell’interpretazione; insegnamento che si distacca profondamente da quello dato dall’apostolo Paolo. Certo, forse non tutti i carismatici cattolici accettano gli insegnamenti di Sullivan, ma rimane il fatto che molti li accettano e perciò non si attengono alla verità neppure in questo. State molto attenti fratelli, perché nell’ambiente carismatico cattolico c’è parecchia confusione, e molti termini biblici che usano non hanno per nulla il significato che gli è proprio.

La profezia è un parlare agli uomini da parte di Dio e quindi non un parlare lusinghevole che incoraggia le persone a rimanere attaccati all’idolatria e alla menzogna

 

Per quanto riguarda l’insegnamento sulla profezia esistente in seno al movimento carismatico cattolico, occorre dire che, prescindendo dal fatto che essi dicono che prima di essere pronunciata ha bisogno dell’avvertimento sonoro che è costituito dal (loro) ‘parlare in lingue’ (il che abbiamo visto non è qualcosa che corrisponde al vero), e quantunque esso abbia delle parti integre e delle parti confuse (per esempio talvolta la parola di sapienza e la parola di conoscenza vengono definite profezia), bisogna dire che se veramente quel parlare profetico presente nell’ambiente carismatico cattolico procedesse dallo Spirito Santo, certamente sarebbe pieno di esortazioni a fuggire l’idolatria presente nella chiesa cattolica, le superstizioni, e molte altre cose in abominio a Dio. Questo perché sappiamo che quando si manifesta il dono di profezia il popolo, se è dato al peccato e alla menzogna, verrà esortato dal Signore a tornare a lui e a fare frutti degni del ravvedimento. Per rendersi conto di ciò basta leggere i libri dell’Antico Testamento dove viene detto qual’era il messaggio dei profeti al popolo d’Israele quando questo correva dietro gli idoli muti. Alcuni esempi di profezie di questo genere chiariranno questo concetto: Isaia disse: “Costoro profondono l’oro dalla loro borsa, pesano l’argento nella bilancia; pagano un orefice perché ne faccia un dio per prostrarglisi dinanzi, per adorarlo. Se lo caricano sulle spalle, lo portano, lo mettono al suo posto, ed esso sta in piè, e non si muove dal suo posto; e benché uno gridi a lui, esso non risponde, né lo salva dalla sua distretta. Ricordatevi di questo, e mostratevi uomini! O trasgressori, rientrate in voi stessi!”.[2013] Geremia disse: “Come il ladro è confuso quand’è còlto sul fatto, così son confusi quelli della casa d’Israele: essi, i loro re, i loro capi, i loro sacerdoti e i loro profeti, i quali dicono al legno: ‘Tu sei mio padre’, e alla pietra: ‘Tu ci hai dato la vita!’. Poich’essi m’han voltato le spalle e non la faccia; ma nel tempo della loro sventura dicono: ‘Lèvati e salvaci!’. E dove sono i tuoi dèi che ti sei fatti? Si lèvino, se ti posson salvare nel tempo della tua sventura? Perché, o Giuda, tu hai tanti dèi quante città”.[2014]

Non si possono dunque accettare come vere profezie quelle che inducono i carismatici cattolici a rimanere attaccati all’idolatria ed alla superstizione ed alle altre menzogne papiste? Non si può, perché in questo caso si dovrebbe arrivare alla conclusione che lo Spirito Santo non brama più alla gelosia i figliuoli di Dio, che rimane indifferente davanti all’idolatria a cui si dà il popolo di Dio, per cui essi possono continuare benissimo a fare ciò che è in abominio a Dio. Ecco perché noi definiamo quelle loro profezie delle false profezie in cui usano il nome del Signore per incoraggiare le persone a mantenersi attaccati all’idolatria e alla menzogna. In questo si può dire che coloro che tra loro profetizzano al popolo fanno quello che facevano i falsi profeti ai giorni antichi: “Dicono del continuo a quei che mi sprezzano: ‘L’Eterno ha detto: Avrete pace’; e a tutti quelli che camminano seguendo la caparbietà del proprio cuore: ‘Nessun male v’incoglierà”.[2015] Possiamo anche dire che costoro se fossero veramente ispirati da Dio farebbero udire le parole di Dio ai carismatici cattolici, “e li avrebbero stornati dalla loro cattiva via e dalla malvagità delle loro azioni”.[2016]

Nessuno s’inganni fratelli, perché lo Spirito di Dio quando ancora oggi sospinge qualcuno a profetizzare gli fa proclamare la verità che si può chiaramente leggere nella Scrittura; Egli non può quindi incoraggiare le persone a continuare a credere nel purgatorio, o nel potere di cancellare i peccati che avrebbe la cosiddetta acqua benedetta del prete, o nella transustanziazione, o nella messa come ripetizione del sacrificio di Cristo, o nell’intercessione di Maria e dei santi in cielo, o nel primato del cosiddetto papa sulla Chiesa universale, o nell’utilità delle cosiddette immagini e statue sacre che i Cattolici hanno un po' da per tutto e a cui rendono il culto, ed in tutte le altre menzogne ed imposture papiste. Quel loro ‘così parla il Signore’ è dunque falso. Lo ripeto, nessuno di voi si lasci ingannare dall’apparenza.

Il ricorrere nella malattia esclusivamente al Signore per essere guariti è una semplice manifestazione della propria fiducia nella Parola di Dio

 

Come abbiamo visto, Sullivan ritiene che quando si è malati è una presunzione non ricorrere ad alcun aiuto medicinale per aspettarsi di essere guariti dal Signore; e si tenga presente che la presunzione secondo il dizionario della lingua italiana è ‘ogni giudizio dedotto da indizi incerti e non da prove sicure; esagerata opinione di sé; arroganza; tracotanza’. Ma è proprio come dice Sullivan? Ossia è veramente una presunzione nella malattia aspettare che il Signore ci guarisca senza ricorrere a nessuna medicina?

No, non è affatto presunzione. Perché? Perché il credente che rifiuta l’aiuto medico perché ha riposto tutta la sua fiducia nella potenza di Dio e vuole che sia Dio a guarirlo non fa altro che mettere in pratica la Parola di Dio e noi sappiamo che il mettere in pratica la Parola di Dio non è affatto una presunzione. Anzi possiamo dire che chi è presuntuoso non mette in pratica la Parola di Dio appunto perché è arrogante. Ma quale parola divina mette in pratica il credente non ricorrendo affatto a medici e medicine nella sua malattia, ma solo al Signore? Quella che dice: “Confidate in perpetuo nell’Eterno...”[2017] e quella che dice: “Confidati in lui, ed egli opererà”.[2018] Che farà quindi nella pratica il credente malato che aspetta che sia il Signore a ristabilirlo? Farà quello che dice di fare Giacomo nella sua epistola, chiamerà gli anziani della Chiesa, i quali pregheranno su di lui ungendolo d’olio nel nome del Signore, e la preghiera della fede lo salverà e il Signore lo ristabilirà.[2019] Egli non chiamerà i medici, ma gli anziani della Chiesa; si appoggerà anziché sulle medicine sul suo Dio; e non saranno le medicine a ristabilirlo ma sarà la sua fede nel Signore, e quindi una volta guarito non raccomanderà agli altri questa o quell’altra medicina, questo o quell’altro medico, ma indirizzerà i malati al Signore.

Termino questa parte ricordando una Scrittura dell’Antico Patto che ci mostra come Dio non si compiace di coloro che nella loro malattia ricorrono ai medici anziché a Lui. “Il trentanovesimo anno del suo regno, Asa ebbe una malattia ai piedi; la sua malattia fu gravissima; e, nondimeno, nella sua malattia non ricorse all’Eterno, ma ai medici”.[2020]

Beati coloro che nella malattia, come in qualsiasi altro bisogno, ricorrono al Signore, avendo fiducia che Lui li libererà dalla loro distretta.

Il cadere nello Spirito non è scritturale

 

Per quanto riguarda il pregare per gli ammalati occorre precisare che il cosiddetto ‘riposo nello Spirito’ di cui parla Sullivan, detto anche ‘il cadere nello Spirito’, non fa parte della manife­stazione dello Spirito Santo, perché in effetti non è altro che una caduta prodotta dalla suggestione che taluni predicatori sanno esercitare sull’uditorio, e in molti casi da vere e proprie spinte di chi prega per gli ammalati (che solitamente è assistito da alcune persone addestrate a prendere dal di dietro chi viene spinto affinché cadendo non si faccia male). A sostegno del ‘cadere nello Spirito’ come essi lo chiamano, non ci sono conferme nella Scrittura perciò lo rigettiamo. Riteniamo comunque che in taluni casi gli uomini possano cadere a terra sotto la potenza di Dio perché questo è confermato dalla Parola di Dio.

CONCLUSIONE

 

Abbiamo visto che il movimento carismatico cattolico, quantunque parli del battesimo con lo Spirito, del parlare in lingue, della preghiera della guarigione ecc., continua ad essere un movimento ancorato alla tradizione cattolica romana. Quindi quando si incontrano gli aderenti a questo movimento bisogna annunciargli il ravvedimento dalle opere morte e la remissione dei peccati nel nome di Gesù Cristo. Nessuna alleanza è possibile con loro, nessuna comunione perché essi giacciono ancora nelle tenebre. Non illudetevi fratelli; non fatevi ingannare dall’apparenza o da quei pastori corrotti che collaborano con loro.


Capitolo 12

 

L’ECUMENISMO[2021]

 

IL CAMBIAMENTO DI ATTEGGIAMENTO DELLA CHIESA CATTOLICA NEI CONFRONTI DELL’ECUMENISMO

 

Nell’enciclica Mortalium Animos (1928) di Pio XI (1922-1939) si legge: ‘Ma dove sotto l’apparenza di bene si cela più facilmente l’inganno è quando si tratta di promuovere l’unità tra tutti quanti i cristiani. Non forse è giusto - si sente dire - anzi non è doveroso che quanti invocano il nome di Cristo si astengano dalle recriminazioni mutue e si uniscano una volta tanto con un poco di carità vicendevole? E chi può asseverare di amare Cristo, se non fa il possibile per andare incontro ai desideri di Lui, che pregava il Padre affinché i discepoli fossero ‘una cosa sola’? (...) Lo stesso Gesù non volle forse che i Suoi discepoli conservassero come una caratteristica e come un distintivo, l’amore tra di loro? (...) Se tutti i cristiani - si aggiunge - divenissero un giorno ‘una cosa sola’, sarebbero così più forti a respingere la peste dell’empietà, che, serpeggiando e diffondendosi ogni giorno più, si apparecchia a indebolire l’Evangelo. Discorsi come i precedenti o simili si fanno con grandi arie dai cosiddetti pancristiani; gente questa più numerosa assai di quel che non si creda, se è vero che formano gruppi speciali e società di larga diffusione, sotto la guida di persone le quali, o la pensino in un modo o nell’altro, quello che è certo, per lo più non sono cattoliche. L’impresa è condotta così attivamente, che sta guadagnandosi per cento vie l’opinione pubblica; e tenta e lusinga anche parecchi cattolici, coll’idea che l’unione da ottenere non disdirà alla Santa Madre Chiesa e ai suoi desideri se si pensa che non ha avuto mai cosa tanto a cuore quanto di richiamare e ricondurre nel suo grembo gli sviati (...) i cattolici sappiano cosa pensare e come regolarsi, davanti alle iniziative di riunire in una maniera qualunque e in un solo corpo quanti si chiamano cristiani (...) Ciò posto, è evidente che la Sede Apostolica non può in nessuna maniera prendere parte ai loro congressi, e in nessuna maniera devono i cattolici aderire o tenere mano a simili tentativi; altrimenti vengono a dar autorità a una pretesa religione cristiana, che è lontana le mille miglia dalla sola Chiesa di Cristo (...) E allora come si può pensare a una Confederazione cristiana, i cui membri, anche in materia di fede, possono ritenere ciascuno quel che gli pare e piace, quand’anche gli altri hanno idee e sentimenti opposti? E in che maniera, se è lecito, posson fare parte di una medesima confederazione di fedeli persone che la pensano diversamente? persone, per esempio, che affermano essere la tradizione fonte genuina della divina rivelazione, con persone che ciò negano? persone che credono istituita da Dio la gerarchia con Vescovi, preti e ministri, e persone che la dicono introdotta via via in diverse circostanze di tempo e di fatti? persone che adorano Cristo presente realmente nella SS. Eucarestia in virtù di quella mirabile conversione del pane e del vino che ha il nome di transustanziazione, e che vi riconoscono la natura di sacrificio e di Sacramento, e persone che non la ritengono che una memoria, un ricordo della Cena del Signore? persone che ritengono buono ed utile invocare devotamente i Santi che regnano con Cristo e prima di tutti Maria Madre di Dio, e venerarne le immagini, e persone che sostengono non potersi prestare questo culto, perché lesivo dell’onore di Gesù Cristo? (...) Con una disuguaglianza tale di opinioni, non sappiamo come si possa tener buona via verso l’unità della Chiesa, se questa unità non può nascere che da unico magistero, unica legge del credere ed unica fede dei cristiani (...) Cosicché, Venerabili Fratelli, sarà ora chiaro perché la Sede Apostolica mai abbia permesso ai suoi fedeli d’intervenire ai congressi degli acattolici: la riunione dei cristiani non si può favorire in altro modo che favorendo il ritorno dei dissidenti all’unica vera Chiesa di Cristo, dalla quale, precisamente, un giorno ebbero l’infelice idea di staccarsi: a quella unica vera Chiesa di Cristo, diciamo, che è visibile a tutti, e che tale, per volontà del suo Fondatore, resterà, quale Egli stesso la fondò per la salvezza di tutti (...) Tornino dunque i figli dissidenti alla Sede Apostolica (...) ma tornino (...) per darsi al suo magistero e governo (...)’.[2022]

Ecco come la pensava il papato sull’ecumenismo settanta anni fa. In sostanza esso riteneva difficile, anzi impossibile, un unione con coloro che negavano gran parte dei dogmi essenziali della chiesa cattolica, e quindi riteneva che ogni tentativo di mettersi assieme sarebbe stato vano e perciò i Cattolici dovevano astenersi dal partecipare ad iniziative che non potevano dare alcun risultato. Adesso però le cose sono notevolmente cambiate, nel senso che ora è la chiesa cattolica stessa ad incoraggiare iniziative ecumeniche per la riunificazione di tutti i Cristiani (questa svolta si è verificata con il concilio Vaticano II che fu convocato da Giovanni XXIII, 1958-1963, e poi proseguito da Paolo VI, 1963-1978). Quindi essa non reputa più inutili i tentativi in vista della unificazione delle chiese come allora faceva il suo capo Pio XI. Unificazione poi che in sostanza consiste nel portare i cosiddetti dissidenti nel suo grembo, sotto la guida del suo magistero, in altri termini, in un ritorno all’‘ovile’ di coloro che si sono allontanati da esso (anche se oggi la si sente parlare raramente del grande ritorno perché adesso parla non più di assorbimento delle chiese separate ma di una loro unità con Roma nella diversità e nel rispetto delle particolarità storiche, liturgiche e dottrinali di ciascuna chiesa). Dinanzi a questo suo nuovo atteggiamento mi trovo dunque costretto, fratelli, a parlarvi dell’ecumenismo da essa sbandierato (e purtroppo anche da talune Chiese evangeliche) al fine di avvertirvi sui pericoli che si nascondono dietro di esso e affinché sappiate come rispondere a coloro che in finti sembianti e con parole dolci vengono a voi a proporvi questo ecumenismo.

Il decreto del concilio Vaticano II sull’ecumenismo

 

Propongo ora alla vostra attenzione alcuni passaggi del decreto su l’ecumeni­smo del concilio Vaticano II datato 21 Novembre 1964, decreto che per molti costituisce una svolta storica della chiesa romana perché essa per mezzo di esso si è dichiarata aperta al dialogo con ‘le altre chiese cristiane’ per ristabilire l’unità dei Cristiani abbandonando così la sua posizione passata. Anche da parte nostra riconosciamo che una svolta si è realmente verificata nell’ambito della chiesa cattolica perché essa si è messa a dialogare con quelli che ella ora chiama ‘i fratelli separati’; ma tutto qui, perché nella sostanza la chiesa romana non ha affatto rotto con il passato ma è rimasta la stessa dei secoli passati. Per questo siamo d’accordo con le seguenti parole del cardinale Gabriel-Marie Garrone (che partecipò al concilio Vaticano II) da lui dette nel 1985, secondo le quali quanto emerge dal Vaticano II talora ‘non sottolinea in modo adeguato l’elemento di continuità con il passato. Qualcuno vi potrebbe leggere addirittura un rifiuto delle concezioni precedenti. Mentre non vi è nulla di più falso che leggere il Concilio in chiave di rottura con il passato’.[2023] Ma veniamo alle parole del decreto su l’ecumenismo.[2024]

‘Il ristabilimento dell’unità da promuoversi fra tutti i cristia­ni è uno dei principali intenti del sacro concilio ecumenico Vaticano secondo. Da Cristo Signore la chiesa è stata fondata una e unica, eppure molte comunioni cristiane propongono se stesse agli uomini come la vera eredità di Gesù Cristo; tutti asserisco­no di essere discepoli del Signore, ma la pensano diversamente e camminano per vie diverse, come se Cristo stesso fosse diviso. Tale divisione contraddice apertamente alla volontà di Cristo, ed é di scandalo al mondo e danneggia la santissima causa della predicazione del vangelo a ogni creatura. Il Signore dei secoli, che con sapienza e pazienza persegue il disegno della sua grazia verso di noi peccatori, in questi ultimi tempi ha incominciato a effondere con maggiore abbondanza nei cristiani tra loro separati l’interiore ravvedimento e il deside­rio dell’unione. Moltissimi uomini in ogni parte del mondo sono stati toccati da questa grazia, e anche tra i nostri fratelli separati è sorto, per impulso della grazia dello Spirito santo, un movimento ogni giorno più ampio per il ristabilimento dell’unità di tutti i cristiani. A questo movimento per l’unità, chiamato ecumenico, partecipano quelli che invocano la Trinità e professano la fede in Gesù signore e salvatore, e non solo singo­le persone separatamente ma anche riunite in gruppi, nei quali hanno ascoltato il vangelo e che i singoli dicono essere la chiesa loro e di Dio. Quasi tutti però, anche se in modo diverso, aspirano alla chiesa di Dio una e visibile, che sia veramente universale e mandata a tutto il mondo, perché il mondo si conver­ta al vangelo e così si salvi per la gloria di Dio[2025] (...) E il Fi­glio, prima di offrirsi vittima immacolata sull’altare della croce, pregò il Padre per i credenti, dicendo: “Perché tutti siano uno, come tu, o Padre, sei in me e io in te, anch’essi siano uno in noi, cosicché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv. 17:21), e istituì nella sua chiesa il mirabile sacramento dell’eucarestia, dal quale l’unità della chiesa é simboleggiata e prodotta (...) Per stabilire dovunque fino alla fine dei secoli questa sua chiesa santa, Cristo affidò al collegio dei dodici la funzione di insegnare, di reggere e di santificare. Tra di loro scelse Pietro, sopra il quale, dopo la sua confessione di fede, decise di edificare la sua chiesa; a lui promise le chiavi del regno dei cieli e, dopo la sua professione di amore, affidò tutte le sue pecore perché le confermasse nella fede e le pascesse nella perfetta unità, restando lo stesso Cristo Gesù la somma pietra angolare e il pastore delle anime nostre in eterno. Gesù Cristo per mezzo della fedele predicazione del Vangelo, dell’am­ministrazione dei sacramenti e del governo esercitato nell’amore da parte degli apostoli e dei loro successori, cioè i vescovi con a capo il successore di Pietro, sotto l’azione dello Spirito santo, vuole che il suo popolo cresca e sia perfezionata la sua comunione nell’unità: nella confessione di una sola fede, nella comune celebrazione del culto divino e nella fraterna concordia della famiglia di Dio (.....) In questa chiesa di Dio una e unica sono sorte fino dai primissimi tempi alcune scissioni, che l’apo­stolo riprova con gravi parole come degne di condanna; ma nei secoli posteriori sono nati dissensi più ampi e comunità non piccole si sono staccate dalla piena comunione della chiesa cattolica, talora non senza colpa di uomini d’entrambi le parti. Quelli poi che ora nascono e sono istruiti nella fede in Cristo in tali comunità non possono essere accusati del peccato di separazione, e la chiesa cattolica li abbraccia con fraterno rispetto e amore. Quelli infatti che credono in Cristo e hanno ricevuto debitamente il battesimo sono costituiti in una certa comunione, sebbene imperfetta, con la chiesa cattolica. Non v’è dubbio che, per le divergenze che in vari modi esistono tra loro e la chiesa cattolica, sia nel campo della dottrina e talora anche della disciplina, sia circa la struttura della chiesa, impedimenti non pochi, e talvolta proprio gravi, si oppongono alla piena comunione ecclesiastica, al superamento dei quali tende appunto il movimento ecumenico. Nondimeno, giustificati nel battesimo della fede, sono incorporati a Cristo e perciò sono a ragione insigniti del nome di cristiani e dai figli della chiesa cattolica sono giustamente riconosciuti come fratelli nel Signo­re (....) Perciò le stesse chiese e comunità separate, quantunque crediamo che abbiano delle carenze, nel mistero della salvezza non sono affatto spoglie di significato e di peso. Poiché lo Spirito di Cristo non ricusa di servirsi di esse come di strumen­ti di salvezza, il cui valore deriva dalla stessa pienezza della grazia e della verità che è stata affidata alla chiesa cattolica. Tuttavia i fratelli da noi separati, sia presi singolarmente sia le loro comunità e chiese, non godono di quella unità, che Gesù Cristo ha voluto elargire a tutti quelli che ha rigenerato e vivificato insieme per un solo corpo e per una vita nuova; unità che le sacre scritture e la veneranda tradizione della chiesa apertamente dichiarano. Infatti, solo per mezzo della cattolica chiesa di Cristo, che è lo strumento generale della salvezza, si può ottenere tutta la pienezza dei mezzi di salvezza. In realtà al solo collegio apostolico con a capo Pietro crediamo che il Signore ha affidato tutti i beni della nuova alleanza, per costi­tuire l’unico corpo di Cristo sulla terra, al quale bisogna che siano pienamente incorporati tutti quelli che già in qualche modo appartengono al popolo di Dio (...) Per ‘movimento ecumenico’ si intendono le attività e le iniziative che, a seconda delle varie necessità della chiesa e l’opportunità dei tempi, sono suscitate e ordinate a promuovere l’unità dei cristiani, come sono: in primo luogo, tutti gli sforzi per eliminare parole, giudizi e opere che non rispecchiano con equità e verità la condizione dei fratelli separati e perciò rendono più difficili le mutue rela­zioni con essi; poi, nei congressi che si tengono con intento e spirito religioso tra i cristiani di diverse chiese o comunità, il ‘dialogo’ avviato tra esponenti debitamente preparati, nel quale ognuno espone più a fondo la dottrina della propria comuni­tà e ne presenta con chiarezza le caratteristiche. Infatti con questo dialogo tutti acquistano una conoscenza più vera e una più giusta stima della dottrina e della vita di entrambe le comunio­ni, e inoltre quelle comunioni conseguono una più ampia collabo­razione in qualsiasi servizio richiesto da ogni coscienza cri­stiana per il bene comune e, nel modo come è permesso, si raduna­no per pregare insieme (...) I fedeli cattolici nell’azione ecumenica devono senza dubbio essere solleciti dei fratelli separati, pregando per loro, comunicando a loro le cose della chiesa, facendo i primi passi verso di loro. Ma innanzi tutto devono essi stessi con sincerità e diligenza considerare ciò che deve essere rinnovato e fatto nella stessa famiglia cattolica, affinché la sua vita renda una testimonianza più fedele e più chiara della dottrina e delle istituzioni tramandate da Cristo per mezzo degli apostoli. Benché infatti la chiesa cattolica sia stata arricchita da Dio di tutta la verità rivelata e di tutti i mezzi della grazia, tuttavia i suoi membri non se ne servono per vivere con tutto il dovuto fervore, per cui il volto della chiesa meno rifulge davan­ti ai fratelli da noi separati e al mondo intero e la crescita del regno di Dio ne è ritardata. Perciò tutti i cattolici devono tendere alla perfezione cristiana e sforzarsi, ognuno secondo la sua condizione, perché la chiesa, portando nel suo corpo l’umiltà e la mortificazione di Cristo, vada di giorno in giorno purifi­candosi e rinnovandosi, fino a che Cristo se la faccia comparire innanzi risplendente di gloria, senza macchia né ruga.[2026](...) Ecumeni­smo vero non c’è senza interiore conversione; poiché il desiderio dell’unità nasce e matura dal rinnovamento della mente, dall’ab­negazione di se stessi e dalla liberissima effusione della cari­tà (...) In alcune speciali circostanze, come sono le preghiere che vengono indette ‘per l’unità’, e nei congressi ecumenici è leci­to, anzi desiderabile che i cattolici si associno nella preghiera con i fratelli separati. Queste preghiere in comune sono senza dubbio un mezzo molto efficace per impetrare la grazia dell’uni­tà, sono una genuina manifestazione dei vincoli, con i quali i cattolici sono ancora uniti con i fratelli separati (....) I cattoli­ci debitamente preparati devono acquistare una migliore conoscen­za della dottrina e della storia, della vita spirituale e litur­gica, della psicologia religiosa e della cultura, propria dei fratelli. A questo scopo molto giovano i congressi, con la parte­cipazione di entrambe le parti, per discutere specialmente su questioni teologiche, dove ognuno tratti da pari a pari, purché quelli che vi partecipano sotto la vigilanza dei vescovi siano veramente competenti (.....) Inoltre nel dialogo ecumenico i teologi cattolici, restando fedeli alla dottrina della chiesa, nell’inve­stigare con i fratelli separati i divini misteri devono procedere con amore della verità, con carità e umiltà. Nel mettere a con­fronto le dottrine si ricordino che esiste un ordine o ‘gerarchia’ nelle verità della dottrina cattolica, essendo diverso il loro nesso col fondamento della fede cristiana. Così si preparerà la via, nella quale, per mezzo di questa fraterna emulazione, tutti saranno spinti verso una più profonda conoscenza e una più chiara manifestazione delle insondabili ricchezze di Cristo.[2027](...) Le comuni­tà ecclesiali da noi separate, quantunque manchi la loro piena unità con noi derivante dal battesimo e quantunque crediamo che esse, specialmente per la mancanza del sacramento dell’ordine, non hanno conservata la genuina e integra sostanza del mistero eucaristico, tuttavia, mentre nella santa cena fanno memoria della morte e della risurrezione del signore, professano che nella comunione di Cristo è significata la vita e aspettano la sua venuta gloriosa. Bisogna quindi che la dottrina circa la cena del Signore, gli altri sacramenti, il culto e i ministeri della chiesa costituiscano l’oggetto del dialogo’.[2028]

Come potete vedere noi ci troviamo davanti ad un documento dove l’errore è mescolato abilmente alla verità; e dove le menzogne, la falsità e le ipocrisie sono presentate con dolcezza e lusinghe dalla curia romana. Notate come nelle suddette parole venga ribadito che la chiesa cattolica romana è la Chiesa costituita da Cristo perché possiede il successore di Pietro e i successori degli apostoli, cioè i vescovi; e poi anche perché possiede tutti i mezzi della grazia, cioè i sacramenti tramite cui viene conferita la grazia agli uomini, e che l’unità dei Cristiani passa obbligatoriamente per essa. Questo basta per capire che in effetti la chiesa cattolica romana è la stessa di secoli fa, perché - anche se talvolta in maniera un pò diversa di quanto faceva un tempo - continua a ritenere di essere il punto di riferimento per tutti i Cristiani, e che quindi in realtà essa non è per nulla a favore dell’ecumenismo vero, ma è solo intenta a procacciare il suo dominio temporale e ad imporre la sua volontà agli altri. Lei è la madre delle chie­se, tutte le altre sono sue figlie e perciò quest’ultime si devono riconciliare con essa e tornare a farsi allattare da lei perché questa, secondo loro, è la volontà di Dio! E questa ricon­ciliazione - naturalmente - può avvenire solo riconoscendo l’au­torità papale, il magistero cattolico, i suoi sacramenti, e tutta la sua tradizione; questo è in sostanza il messaggio di fondo che porta avanti la chiesa cattolica romana in questo sforzo ecumeni­co, dal 1964 in poi. Alcuni Evangelici però ritengono che la chiesa cattolica romana si sia aperta con questo decreto sull’ecumenismo; ma noi diciamo; ‘Ma che cosa ha aperto? Di certo i Cattolici non hanno aperto il cuore all’amore della verità per essere salvati; ma hanno aperto una fossa ben profonda e ben camuffata nella quale fare cadere i semplici; ecco che cosa hanno aperto i Cattolici davanti a noi.

Ora, ho già confutato in precedenza le affermazioni fatte da parte cattolica secondo le quali il papa è successore di Pietro, e la chiesa romana lo strumento di salvezza per il genere umano; perciò qui mi limiterò a fare delle considerazioni alla luce delle Scritture sull’unità di cui parla la Scrittura; ritengo doveroso farle, sapendo che il Vaticano sta intensificando i suoi sforzi per instaurare un dialogo sempre più ‘fruttuoso’ con molti credenti, che ha come fine quello di farli scadere dalla grazia, farli sviare dalla verità, e corromperli. In verità bisogna dire che il diavolo sta tentando più che mai in questi ultimi termini dei tempi di fare apostatare i credenti dalla fede, e noi ricono­sciamo che uno dei mezzi di cui si sta usando per compiere ciò è appunto questo ecumenismo così come lo intende la chiesa romana e purtroppo anche alcune Chiese evangeliche che si sono lasciate sedurre dalle sue lusinghe. Quello a cui noi assistiamo é questo, e cioè che mentre quando ci fu la Riforma protestante la chiesa romana infuriata oltremodo nel constatare che tanti suoi membri uscivano da essa perché persuasi che le cose che essa insegnava e praticava erano contrarie all’insegnamento di Cristo e degli apostoli, cercò con la sua brutale forza (l’Inquisizione) di fare rientrare nel suo mezzo quelli che essa aveva perduto, oggi essa ha cambiato tattica. Essa ha smesso di usare la spada materiale - ossia l’Inquisizione - contro i figliuoli di Dio ed ha imbracciato la spada dello Spirito, cioè la Parola di Dio ma sempre col fine di farci cadere nel peccato. Non c’é da meravigliarci del fatto che essa cerca di farci entrare a fare parte di essa (ripeto che questo è il suo pensiero e scopo finale, anche se il suo parlare talvolta può non essere così esplicito su questo punto) servendosi proprio della Parola di Dio (che essa detesta perché nei fatti l’ha annullata svuotandola della sua efficacia). Perché? Perché anche Satana, il tentatore, quando tentò Gesù per farlo peccare si usò della Parola di Dio. E chi può dire che il Diavolo ami la Parola di Dio? Sta di fatto però che ne fece uso, ma al solo fine di indurre Gesù Cristo a disubbidire al Padre suo! Ma noi non ignoriamo le macchinazioni di Satana ordite contro la Chiesa dell’Iddio vivente, colonna e base della verità, per questo rispondiamo ai Cattolici, che ci sbandierano i passi della Scrit­tura concernenti l’unità della Chiesa, nella stessa maniera in cui fece Gesù nei confronti del diavolo; noi diciamo loro: “Egli è altresì scritto...”.[2029] Ora, essi dicono che è scritto che Gesù Cristo, il Signore pregò per l’unità della Chiesa, e questo è vero; ma è altresì scritto che Gesù ha detto: “Perché mi chiamate Signore, Signore, e non fate quel che dico?”.[2030] Quindi, perché essi chiamano Gesù, Signore, capo della Chiesa, ma rifiutano di piegare il collo sotto di lui ma lo tengono ben rigido? Con la bocca riconoscono la Signoria di Cristo ma con le loro opere rinnegano le loro parole perché mostrano di non avere nessuna intenzione di rinunciare a tutte le loro eresie di cui si vantano pure di essere custodi. Come dice il profeta Ezechiele essi ascoltano le parole di Dio ma non le mettono in pratica perché con la bocca fanno mostra di molto amore, ma il loro cuore va dietro alla cupidigia,[2031] il loro cuore va dietro agli idoli.

Essi devono innanzi tutto riconoscersi dei peccatori e non più i membri della Chiesa di Dio; devono poi implorare la misericordia di Dio affinché Egli abbia pietà di loro; e poi devono fare dei frutti degni del ravvedimento i quali sono ancora del tutto assenti in loro. Ora, noi sappiamo che quando un Cattolico romano si ravvede e crede nel Vangelo smette subito di adorare e pregare Maria, smette di pregare Paolo, Pietro, Giovanni, Luigi, Giuseppe ecc., e gli angeli; egli smette di partecipare alla messa, smette di tenersi appesi addosso ed in casa crocifissi, immagini ed idoli di qualsiasi tipo e grandezza, smette di andare in pellegrinaggio a qualsiasi santuario, smette di chiamare il papa ‘padre santo’, e di considerarlo il capo della Chiesa sulla terra, smette di partecipare alle funzioni religiose di ogni tipo e genere tenute nei luoghi di culto della chiesa cattolica romana, smette in sostanza di osserva­re la tradizione cattolica romana e di credere in tutte le sue eresie. E tutto ciò avviene in lui perché Cristo viene a dimorare in lui e gli rinnova la mente. Egli comincia a stimare la Parola di Dio come la sola guida della sua vita mettendo al bando ogni tradizione di uomini che si oppone ad essa; per lui la Parola di Dio non è più un libro qualsiasi o un libro che deve essere messo allo stesso livello dei decreti conciliari del Vaticano o della secolare tradizione della chiesa romana; e per questo comincia ad amarla ed a rispettarla come mai aveva fatto prima. Questo è quello che è successo in tutti i nostri fratelli che hanno trova­to il Signore e sono usciti dal seno di questa organizzazione religiosa; quindi noi siamo persuasi che questi Cattolici romani che ancora non hanno smesso e non hanno nessuna intenzione di smettere di professare la religione cattolica romana - perché di fatto ci vogliono rimanere attaccati a tutti i costi -, benché parlino della signoria di Cristo e della sua preghiera per l’uni­tà dei credenti, ancora non si sono ravveduti e non hanno creduto nel nome di Cristo Gesù, e di conseguenza ancora non fanno parte del corpo di Cristo e con essi non possiamo avere comunione di spirito. Sia ben chiaro quindi: fino a quando il papa dei Cattolici romani e i suoi vescovi e tutti i loro seguaci si mostreran­no sordi alla voce del Signore nostro Gesù Cristo rifiutando di convertirsi dai loro idoli al Signore e rifiutando di riconoscere nella sola Scrittura la sola ed unica regola di fede mettendo al bando la loro perversa tradizione secolare non ci potrà essere nessuna comunione tra di noi e loro, come non ci può essere comunione tra uno che adora Dio e uno che adora Satana. ‘Ma pro­prio nessuna?’ qualcuno dirà. Sì, proprio nessuna. Siete certi? Sì, siamo certi. Voi ci direte allora: ‘Ma perché non smettete di essere così rigidi e diventate più flessibili e più ragionevoli? Non lo vedete che questa vostra presa di posizione impedisce la comunione con i Cattolici? Ma non lo vedete che questo vostro modo di parlare impedisce una qualsiasi forma di dialogo con loro? Perché non riconoscete anche voi nella chiesa cattolica romana una chiesa consorella che è pure essa nella verità quantunque permangono in essa delle tradizioni umane? Perché dunque non riconoscete anche voi i suoi sacramenti e l’autorità del papa nella Chiesa?’ No; noi non scenderemo a nessun compromesso, non acconsentiremo a mettere da parte nessuna parte del consiglio di Dio perché amiamo la verità che ci ha reso liberi, ma con fermezza e con forza ribadi­remo loro sino alla fine tutto il consiglio di Dio affinché i Cattolici romani tornino a noi. Essi torneranno a noi, ma noi non torneremo a loro, perché sappiamo che essi tutti giacciono nelle tenebre e in un pantano fangoso fatto di precetti d’uomini che voltano le spalle alla verità. A loro che ci accusano di non osservare la loro tradizione diremo ancora quello che Gesù disse ai Farisei: “E voi, perché trasgredite il comandamento di Dio a motivo della vostra tradizione?”[2032] Ma allora - ci diranno alcuni - non vi importa nulla dell’ecumenismo che vuole la chiesa cattoli­ca romana? No, della loro amicizia non ci importa nulla, della loro cosiddetta comunione neppure, di dialogare con i sordi neppure, perché sappiamo bene che per ottenere queste cose biso­gna accondiscendere in qualche cosa ad essa, bisogna attenersi alle sue direttive! E quali direttive? Evitare la polemica, evitare i giudizi contro le loro false dottrine che possono compromettere il dialogo, stimarli fratelli e non nemici della verità, e così via. Con questo vogliamo dire che noi facciamo benissimo a meno dell’amicizia e dell’apparente e falsa comunione che ci offrono i Cattolici romani, ma non possiamo fare a meno né di fare dimorare in noi la verità che è in Cristo Gesù perché da essa dipende il bene della nostra anima in questo nostro pelle­grinaggio terreno e la sua salvezza eterna, e né dal combattere in sua difesa come hanno fatto gli apostoli prima di noi perché questo nostro combattimento è utile alla salvezza delle anime e all’edificazione della Chiesa. Dichiarateci pure fanatici, di­chiarateci pure settari; ricordatevi però che quelli che in questa nazione ci hanno preceduto per farci pervenire il messag­gio della salvezza per grazia mediante la fede hanno dovuto soffrire molte cose proprio dai Cattolici romani; sì proprio da loro che dicono di essere Cristiani. E che se loro fossero scesi a qualche compromesso con la curia romana ci avrebbero annunziato non il vero Vangelo che si fonda sulla grazia di Dio, ma quello sovvertito dalla curia romana fondato sulle opere meritorie che non può recare nessuna salvezza a chi lo accetta. Svegliatevi dunque!

L’UNITA’ DELLA CHIESA SECONDO LA SCRITTURA

 

Vediamo ora alcune Scritture che ci mostrano cosa intende Dio per unità. Ma prima di fare ciò, vi ricordo che l’unità di cui parlò Gesù ed anche gli apostoli si riferisce ad una unità nell’ambito della fratellanza, e non di una unità che i credenti devono procacciare con coloro che ancora non sono nati di nuovo. Dico questo per farvi comprendere che è impossibile procacciare unità con i Cattolici romani o parlare di unità con loro perché loro ancora si devono ravvedere e credere nel Vangelo come invece abbiamo già fatto noi. Il fatto é però che se fossero i Buddisti o gli Induisti a chiamarsi Cristiani e a cercare di unirsi a noi o di farci unire a loro, subito molti risponderebbero che non si può dialogare con loro in alcun modo fino a che non si saranno convertiti dagli idoli all’Iddio viven­te, ma siccome che questa cosiddetta unità e questo cosiddetto dialogo fraterno con noi li cercano i Cattolici romani che si dicono Cristiani perché parlano anche loro di Gesù, dicono di credere in Gesù, nella sua divinità, nella sua morte e nella sua risurrezione, (ma nei fatti rinnegano il Vangelo perché sono dati all’idolatria e schiavi del peccato nella stessa maniera di tanti altri pagani), allora pare che molti fra noi abbiano perso il discernimento perché hanno cominciato a chiamare fratelli gli idolatri e i peccatori. Ora, fino a quando sono i Cattolici romani a chiamarci fratelli separati è comprensibile perché sono ciechi e pensano di essere la unica e vera famiglia di Dio illudendosi, ma quando sono alcuni di fra noi che cominciano a chiamarli fratelli allora la cosa é molto preoccupante perché è segno che alcuni non sanno neppure cosa si intende con il termine fratello. Gesù un giorno disse: “Mia madre e miei fratelli son quelli che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica”;[2033] quindi non si possono chiamare fratelli di Gesù persone che non si sono ravvedute ancora dai loro peccati, che non hanno creduto nel Vangelo e rifiutano di osservare i comandamenti di Cristo. E dato che non sono ancora fratelli di Gesù Cristo, non sono neppure nostri fratelli perché non facenti parte della famiglia di Dio. Ma ditemi? Come facciamo a chiamare fratelli i Cattolici romani quando essi nei fatti antepongono la loro tradizione alla Parola di Dio, calpestando la Parola di Dio in ogni maniera? Come facciamo a chiamare fratelli persone che dicono di credere ma nello stesso tempo dicono di non avere la vita eterna? Non ha forse detto Gesù: “Chi crede ha vita eterna”?[2034] Allora come mai essi affermano di non possedere la vita eterna come invece l’af­fermiamo noi per la grazia di Dio? La ragione è perché essi non hanno ancora creduto nel Vangelo! Hanno sentito parlare del Vangelo, alcuni di loro lo insegnano pure, ma sta di fatto che ancora non ci hanno creduto. Come mai siamo accusati da loro di essere dei presuntuosi perché diciamo di avere la vita eterna e che il Signore ci ha salvati e che quando moriremo andremo a vivere con Gesù Cristo nel paradiso di Dio? La ragione é sempre la stessa: essi ancora non hanno né gustato e né visto la bontà di Dio come invece l’abbiamo vista e gustata noi per la grazia di Dio. (Sia ben chiaro però anche questo: non si possono chiamare fratelli neppure tutti quegli Evangelici che frequentano il locale di culto ma non sono ancora nati di nuovo).

Basterebbe questo discorso sin qui fatto per giungere alla con­clusione che è totalmente sbagliato chiamare fratelli quelli che ancora sono schiavi del peccato e che non se ne parla neppure di procacciare l’unità con loro che sono nell’errore, ma voglio proseguire in questo esame scritturale sull’unità tra i credenti di cui parla la Parola affinché nessuno vi tragga in errore. Citerò a riguardo alcuni passi che sono sovente citati dai teologi papisti quando parlano di unità tra i Cristiani.

-  Gesù nella notte in cui fu tradito disse al Padre: “Io non prego soltanto per questi, ma anche per quelli che credono in me per mezzo della loro parola: che siano tutti uno; che come tu, o Padre, sei in me, ed io sono in te, anch’essi siano in noi; affinché il mondo creda che tu mi hai mandato. E io ho dato loro la gloria che tu hai dato a me, affinché siano uno come noi siamo uno; io in loro, e tu in me; acciocché siano perfetti nell’unità, e affinché il mondo conosca che tu m’hai mandato, e che li ami come hai amato me”.[2035]

Innanzi tutto Gesù pregò per dei futuri credenti, ed in partico­lare per coloro che avrebbero creduto in lui per mezzo della parola predicata dai suoi apostoli; quindi questa unità che lui chiese al Padre la chiese per dei figliuoli di Dio. Egli non pregò affinché i credenti e gli increduli fossero uniti cioè affinché andassero d’accordo perché questo è impossibile che avvenga dato che non c’é comunione alcuna tra la luce e le tene­bre. Questo è quello che ancora alcuni tra di noi non hanno capito, e cioè che coloro che hanno veramente creduto non possono andare d’accordo con quelli che non hanno ancora creduto, e perciò ogni tentativo di mettersi d’accordo è tempo sprecato. Spiego questo concetto in questa maniera: Gesù non cercò di mettersi d’accordo con gli scribi e i Farisei attorno ai precetti della legge che essi avevano annullato con la loro tradizione, per non apparire uno che non voleva l’unità dei Giudei, ma li riprese chiamandoli ciechi, stolti, razza di vipere, ipocriti perché questo essi meritavano. Essi avevano annullato la Parola di Dio e Gesù non avrebbe potuto compiacere agli scribi ed ai Farisei nel mostrarsi d’accordo con i loro comandamenti per mezzo dei quali avevano annullato la Parola di Dio. Non cercò minimamente di mostrarsi tollerante verso di loro ma li riprese severamente. Gesù non compiacque neppure ai Sadducei che non credevano nella risurrezione dei morti, infatti li ammonì dicendo loro che essi erravano perché non conoscevano le Scritture e né la potenza di Dio e gli turò così la bocca. Nella stessa maniera noi suoi discepoli non possiamo metterci a barattare la verità con l’unità che ci offrono queste guide cieche della chiesa romana; ma con forza dobbiamo riprenderli come fece Gesù verso i Farisei e i Sadducei esortandoli a ravve­dersi e a credere nel Vangelo. Ho dimostrato innanzi come la chiesa romana abbia annullato in moltissimi punti la Parola di Dio e come essa rifiuta di credere in tutto il consiglio di Dio, e come le loro guide insegnano ai loro seguaci molte cose storte e malvagie: come si può quindi pensare di collaborare o di metter­si a discutere con loro che partono col presupposto di avere ragione e che la loro chiesa é quella fondata da Cristo, quella che possiede la verità, la retta interpretazione delle parole di Gesù e degli apostoli? Non è forse il caso di ammonirli come fece Gesù in verso i Farisei e i Sadducei? Certo, questo dobbiamo fare.

E’ chiaro, leggendo il decreto del concilio Vaticano, che noi credenti siamo da loro considerati come i seguaci di coloro che hanno deciso di uscire dal loro mezzo, ma i fatti sono altri. Noi siamo seguaci di Cristo Gesù perché in lui abbiamo creduto, lui seguiamo e lui amiamo; il nostro capo o fondatore non é Calvino, né Lutero, e né nessun altro all’infuori di Cristo Gesù. Venendo considerati come delle persone che si sono separate da loro e facendoci apparire agli occhi dell’opinione pubblica come persone in un certo senso ribelli all’ordine di Cristo perché rifiutiamo di sottostare al presunto successore di Pietro, é inevitabile che siamo fatti passare come quelli che ancora devono capire che la unica e vera Chiesa é quella cattolica romana e che fuori di essa non c’é speranza di essere salvati! (A proposito, sappiate che essi stanno pregando per noi affinché torniamo alla chiesa madre!) Ma d’altronde questo è il trattamento che attende tutti coloro che decidono di ubbidire al Vangelo, ma noi ci rallegriamo quando sentiamo dire ai Cattolici che siamo dei settari che hanno perdu­to il senno e che non capiamo nulla perché questo è un vituperio che subiamo a motivo di Cristo. Ci sentiamo chiamare ‘i fratelli separati’, come se fossimo membri della stessa famiglia ma viviamo per conto nostro. Ma noi non siamo i loro fratelli separati e non sentiamo affatto il bisogno di riconciliarci con loro. La coscienza di tutti coloro che si sono separati da loro non li riprende per nulla, ma gli attesta per lo Spirito Santo che hanno fatto bene a separarsi da loro. Loro si devono prima riconciliare con Dio; altro che ecumenismo! Qui a loro si deve ancora parlare di ravvedimento dalle opere morte, gli si deve dire di convertir­si dagli idoli muti all’Iddio vivente e vero!

Adesso, leggendo le suddette parole che Gesù rivolse in preghiera al Padre per coloro che avrebbero creduto in lui per mezzo della parola degli apostoli, non possiamo non riconoscere che noi siamo tra coloro che hanno creduto in Cristo Gesù per mezzo della parola degli apostoli, perché anche se non abbiamo conosciuto personalmente gli apostoli del Signore pure è stato mediante le parole scritte anche da Matteo, da Giovanni e da Pietro che noi abbiamo creduto nel Signore. Dopo avere detto ciò domandiamoci: Fu esaudita la preghiera di Gesù? Certo che fu esaudita perché in effetti noi credenti for­miamo un corpo unico, siamo membri di una sola famiglia, e fac­ciamo parte di una sola casa. Il fatto che tra di noi esistano diverse denominazioni che portino nomi diversi ed abbiano delle convinzioni diverse su alcune cose relative al regno di Dio (che bisogna dire non annullano la giustificazione per fede) non significa che i fratelli facenti parte di una denominazione cessano a motivo di questo di essere membri del corpo di Cristo o membri della fami­glia di Dio. Affatto, e questo perché noi continuiamo ad avere in comune la stessa speranza, lo stesso battesimo, lo stesso Spiri­to, la stessa fede, lo stesso Dio e lo stesso Signore. Nella realtà c’é una sola Chiesa sulla terra, che è la Chiesa di Dio, di cui fanno parte tutti coloro che sono nati di nuovo mediante l’azione dello Spirito Santo e della Parola di Dio. Certo, riconosciamo che in Cristo siamo uno secondo che é scritto ai Galati: “Siete tutti figliuoli di Dio, per la fede in Cristo Gesù. Poiché voi tutti che siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo. Non c’é qui né Giudeo né Greco; non c’é né schiavo né libero; non c’é né maschio né femmina; poiché voi tutti siete uno in Cristo Gesù”,[2036] ma riconosciamo anche che tra di noi persistono delle divergenze dottrinali per cui non possiamo dire che siamo perfettamente uniti in una medesima mente e in un medesimo parlare e sentire. I motivi per cui esistono queste divergenze che alcune volte sono marginali, altre volte più sostanziose, sono di svariato genere. Non mi metterò ad esaminarli in quest’occasione; sta di fatto che queste diverse convinzioni dottrinali che hanno gli altri non sono tali da farceli disconoscere come fratelli. Sarà bene ricordare che anche la Chiesa di Corinto era una Chiesa di Dio al tempo degli apostoli, però come é noto nel suo seno vi erano delle divisioni difatti vi erano coloro che dicevano: “Io sono di Paolo”, ed altri: “Io sono di Apollo”, ed altri ancora: “Io di Cefa”. Ma che fece l’apostolo quando scrisse loro? Smise forse di chiamarli fratelli, o non riconobbe più in loro dei fratelli? Affatto; tanto é vero che si indirizza a loro ancora come a dei fratelli chiamandoli appunto fratelli. A conferma di ciò ecco le seguenti espressioni di Paolo: “Ora, fratelli, io v’esorto, per il nome del nostro Signor Gesù Cristo, ad aver tutti un medesimo parlare, e a non aver divisioni fra voi, ma a stare perfettamente uniti in una medesima mente e in un medesimo sentire. Perché, fratelli miei, m’é stato riferito intorno a voi da quei di casa Cloe, che vi son fra voi delle contese”;[2037] “Ed io, fratelli, non ho potuto parlarvi come a spirituali, ma ho dovuto parlarvi come a carnali, come a bambini in Cristo”;[2038] “Io vi scrivo queste cose non per farvi vergogna, ma per ammonirvi come miei cari figliuoli”.[2039] Fu proprio ai Corinzi nel cui mezzo vi erano delle divisioni che Paolo disse: “Or voi siete il corpo di Cristo, e membra d’esso, ciascuno per parte sua”;[2040] quindi non perché vi erano quelle diver­genze tra quei credenti essi non erano più figliuoli di Dio. Ma essi avevano creduto; essi erano nati di nuovo! Ma nel caso della chiesa romana ci troviamo davanti non a uomini che hanno come fondamento Cristo Gesù ma il papato, la tradizione che annulla la Parola di Dio, il culto a Maria, agli angeli e ai loro santi, quindi non si possono definire fratelli. Come si possono definire membri della Chiesa di Dio persone che dicono che il paradiso ce lo si deve guadagnare facendo del proprio meglio? O che dopo morti si deve andare in purgatorio a espiare la pena dei nostri peccati che il sangue di Cristo non ha potuto cancellare?

-  Gesù disse: “Ho anche delle altre pecore, che non son di quest’ovile; anche quelle io devo raccogliere, ed esse ascolte­ranno la mia voce, e vi sarà un solo gregge, un solo pastore”.[2041]

Anche queste parole sono prese dalla curia romana quando parla di ecumenismo; ma il significato che danno ad esse è veramente arbitrario infatti secondo loro il solo gregge è ‘la chiesa cattolica romana’, ed il solo pastore è il capo dello Stato del Vaticano. Si sbagliano grandemente dandogli questa interpretazione; sì sono delle pecore pure loro, ma sono perdute infatti essi seguono la loro propria via ed hanno bisogno di tornare al Sommo Pastore che è Cristo Gesù. Ma quello che costoro dimenticano o fanno finta di ignorare é che Gesù ha detto delle sue altre pecore che avrebbe raccolto di fra i Gentili: “Ed esse ascolteranno la mia voce”,[2042] quindi una pecora del Signore si riconosce dal fatto che essa ascolta la voce di Cristo Gesù. Non ha forse detto Gesù più avanti: “Le mie pecore ascoltano la mia voce”?[2043] Non mi pare proprio che i Cattolici ascoltino la voce del Signore Gesù; essi ascoltano la voce del loro magistero, del loro capo, dei loro sacerdoti ma non ascoltano quella di Gesù perché non la conoscono. Mi sbaglio forse? No, perché i fatti parlano molto più chiaro di quanto faccia il decreto del concilio Vaticano. Ora, non é difficile ascoltare membri (anche influenti) della chiesa romana farci questo discorso: ‘Ma che cosa sono queste divisioni che ci sono fra noi? Non siamo forse tutti Cristiani? Perché dunque essere divisi se abbiamo uno stesso Padre?’ Quello che essi nella sostanza ci propongono é di metterci con loro e di mettere da parte certe nostre convinzioni. Ma come rispondiamo noi a queste loro proposte lusinghevoli? Noi rispondiamo che non acconsentiremo affatto a mettere in un can­tuccio o a soffocare la verità per amore di unità; ben inteso, la loro unità. No, noi non ci metteremo con tutti coloro che pure dicendosi Cristiani sono idolatri perché Dio ce lo ha ordinato per mezzo dell’apostolo Paolo con queste parole: “V’ho scritto di non mischiarvi con alcuno che, chiamandosi fratello, sia un... idolatra..”,[2044] e: “Non vi mettete con gl’infedeli sotto un giogo che non è per voi; perché qual comunanza v’è egli fra la giustizia e l’iniquità? O qual comunione fra la luce e le tene­bre? E quale armonia fra Cristo e Beliar? O che v’è di comune tra il fedele e l’infedele? E quale accordo fra il tempio di Dio e gl’idoli?”.[2045] L’ecumenismo proclamato dalla chiesa romana non é un giogo per i santi; come tanti credenti che si sono uniti in matrimonio con degli infedeli, dopo non molto tempo, se non subito, hanno abban­donato la comune adunanza e si sono gettati dietro alle spalle i comandamenti di Dio perché trascinati dalle parole dolci e lusin­ghiere del loro coniuge incredulo, così tanti credenti essendosi uniti in un matrimonio spirituale con gli infedeli che hanno la parvenza di fedeli, si sono corrotti e pian piano sono tornati a voltolarsi nel fango delle eresie cattoliche romane. Hanno com­messo adulterio davanti a Dio, perciò sono gente adultera; parla­no ed agiscono come gli adulteri, infatti per loro bisogna cerca­re di stare assieme ai Cattolici romani a tutti i costi, anche a costo di mettere da parte una parte del consiglio di Dio. No, noi non siamo disposti a scendere a nessun compromesso né con loro e né con altri. Si ravvedano prima dalle loro opere morte, credano nel Vangelo e facciano frutti degni del ravvedimento. Il papa, i vescovi, i cardinali, i monsignori, i preti e le suore e tutti i loro consoci si ravvedano e dimostrino con i fatti di essere diventati dei Cristiani: di parole ne sentiamo molte, ma di frutti degni del ravvedimento da parte di questi che parlano tanto di ecumenismo e di unità dei Cristiani non ne vediamo. Vogliono veramente unirsi a noi o che noi ci uniamo a loro? Ebbene, si convertano dagli idoli all’Iddio vivente credendo nel Vangelo della grazia, (il che significa riconoscere che la salvezza si ottiene per sola fede in virtù dei meriti di Cristo senza nessuna opera meritoria); e poi distruggano tutti i loro idoli raffiguranti Maria, Giuseppe, Pietro e tutti gli altri, tutte le loro immagini cosiddette sante, li riducano in frantumi e vadano a buttarle all’immondezzaio; smettano di adorare e pregare Maria, di adorare la croce, di venerare le reliquie, di fare processioni, pellegrinaggi e di compiere qualsiasi pratica che si oppone al Vangelo; insomma smettano di osservare la loro tradizione, e poi potremo metterci assieme per pregare, per adorare Iddio, per servire Iddio. Ma essi non vogliono fare questo, vogliono tenersi i cadaveri dei loro idoli, e rimanere attaccati alla loro tradizione, perciò non si può in nessuna maniera chiamarli fratelli e collaborare con loro. Lo Spirito che Dio ha fatto abitare in noi ci brama fino alla gelosia fratelli, sappiatelo questo, perciò non vi lasciate trarre in inganno da coloro che in finti sembianti vengono a voi a parlarvi di ecumenismo ma non vogliono sentire parlare di tutto il consiglio di Dio. Sì, parlano di unità, e fanno sfoggio pure di versetti della Scrittura che parlano di unità; ma noi crediamo nell’unità della Chiesa, ma in quella fondata sulla verità, e non in quella fondata su un miscuglio fatto di verità e di eresie che proclama la chiesa romana, perché quella non è unità ma confusione. Diletti, rimanete attaccati alla fedele Parola di Dio, rimanete uniti al Signore per camminare uniti a lui fino alla fine; nessuno vi tragga in errore con i suoi dolci discorsi. Ricordatevi che nella Chiesa si sono sempre insinuati dei ministri di Satana travestiti da ministri di Cristo al fine di portare eresie di perdizione e confusione; “anche Satana si traveste da angelo di luce”,[2046] dice Paolo. Il serpente antico sedusse Eva con la sua astuzia infatti le disse che non sarebbero morti se avessero mangiato il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male; esso non le disse esplicitamente: ‘Mangia il frutto dell’albero della cono­scenza del bene e del male per disubbidire a Dio ed allontanarti da lui’, ma: “No, non morrete affatto”. E le seguenti parole di Paolo VI: ‘Noi apriamo le braccia a tutti coloro che si glorifi­cano del nome di Cristo, li chiamiamo col dolce nome di fratelli; sappiano che troveranno in noi comprensione e benevolenza, che troveranno in Roma la casa paterna che valorizza ed esalta con nuovo splendore i tesori della loro storia, del loro patrimonio culturale, della loro eredità spirituale’,[2047] tendono nella sostanza proprio a farci fare la stessa cosa che il serpente antico con le sue dolci parole indusse Eva a fare, cioè farci disubbidire a Dio mettendoci con gli infedeli e farci così morire spiritualmente.

L’ENCICLICA UT UNUM SINT DI GIOVANNI PAOLO II

 

Adesso voglio commentare l’enciclica di Giovanni Paolo II intitolata Ut unum sint (Che siano tutti uno) datata 25 Maggio 1995 e che ha come tema l’impegno ecumenico della chiesa cattolica, i frutti del dialogo tra la chiesa cattolica romana e le altre chiese ed anche la maniera in cui si può raggiungere l’unità visibile tra la chiesa cattolica e le altre chiese. Il fine che mi propongo con questo esame, fratelli, è quello di farvi capire che cosa intende per ecumeni­smo e per unità delle chiese la chiesa cattolica romana, che questa unità che essi stanno procacciando apparentemente con le Chiese evangeliche è una trappola, e come parlare con loro signi­fica parlare con persone che hanno orecchi ma non odono e perciò è inutile cercare di dialogare con loro. Prima di cominciare questo esame, voglio fare questa premessa; nell’enciclica di Giovanni Paolo II ci sono tanti riferimenti al decreto sull’ecumenismo del concilio Vaticano II (di cui ho citato alcune parti innanzi); inoltre di volta in volta sarò costretto a ripe­tere, quantunque in maniera diversa, concetti già spiegati innanzi. Avverto il lettore che non prenderò tutta l’enciclica ma solo una parte di essa, che pur essendo consistente, ritengo sia necessario trascrivere e confutarla pubblicamente al fine di palesare a tutti l’astuzia di questo uomo.

-  ‘Assieme a tutti i discepoli di Cristo, la chiesa cattolica fonda sul disegno di Dio il suo impegno ecumenico di radunare tutti nell’unità. Infatti la chiesa non è una realtà ripiegata su se stessa bensì permanentemente aperta alla dinamica missionaria ed ecume­nica, perché inviata al mondo ad annunciare e testimoniare, attualizzare ed espandere il mistero di comunione che la costi­tuisce: raccogliere tutti e tutto in Cristo; a essere per tutti ‘sacramento inseparabile di unità’. Già nell’Antico Testamento, riferendosi a quella che era allora la situazione del popolo di Dio, il profeta Ezechiele, ricorrendo al semplice simbolo di due legni prima distinti, poi accostati l’uno all’altro, esprimeva la volontà divina di ‘radunare da ogni parte’ i membri del suo popolo lacera­to: ‘Io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Le genti sapranno che io sono il Signore che santifico Israele (cf. 37,16-28). Il Vangelo giovanneo, da parte sua, e di fronte alla situa­zione del popolo di Dio a quel tempo, vede nella morte di Gesù la ragione dell’unità dei figli di Dio: ‘Doveva morire per la nazio­ne e non per la nazione soltanto, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi’ (11,51-52). Infatti, spiegherà la Lettera agli Efesini, ‘abbattendo il muro di separazione, (...) per mezzo della croce, distruggendo in se stesso l’inimicizia’, di ciò che era diviso egli ha fatto una unità (cf. 2,14-16). L’unità di tutta l’umanità lacerata è volontà di Dio. Per questo motivo egli ha inviato il suo Figlio, perché, morendo e risorgendo per noi, ci donasse il suo Spirito d’amore. Alla vigilia del sacrifi­cio della croce, Gesù stesso chiede al Padre per i suoi discepo­li, e per tutti i credenti in lui, che siano una cosa sola, una comunione vivente. Da ciò deriva non soltanto il dovere, ma anche la responsabilità che incombe davanti a Dio, di fronte al suo disegno, su quelli e quelle che per mezzo del battesimo diventano il corpo di Cristo, corpo nel quale debbono realizzarsi in pie­nezza la riconciliazione e la comunione. Come è mai possibile restare divisi, se con il battesimo noi siamo stati ‘immersi’ nella morte del Signore, vale a dire nell’atto stesso in cui, per mezzo del Figlio, Dio ha abbattuto i muri della divisione? La divisione contraddice apertamente alla volontà di Cristo, ed è di scandalo al mondo e danneggia la santissima causa della predicazione del Vangelo a ogni creatura’.[2048]

Giovanni Paolo II, da come parla, sembra che abbia il cuore affranto nel constatare che le chiese cristiane sono divise tra loro; naturalmente tra le chiese cristiane c’è pure la chiesa cattolica romana, e non potrebbe essere altrimenti, perché essa si reputa la Madre delle chiese. Egli afferma che Dio tramite Ezechiele fece conoscere la sua volontà che era quella di radunare il suo popolo da ogni parte, e tramite Giovanni di radunare i figliuoli di Dio dispersi tramite la morte del suo Figliuolo; e che Cristo morendo ha abbattuto il muro della divisione per fare una unità. Poi passa a dire che Dio vuole radunare tutta l’umanità lacerata da queste divisioni, e che Gesù pregò per l’unità dei suoi disce­poli e dei credenti. Da qui il dovere, secondo lui, che hanno tutti coloro che mediante il battesimo diventano membri del corpo di Cristo, di cercare la riconciliazione all’interno dei creden­ti. E poi dice che la divisione è di scandalo al mondo e danneg­gia la causa di Cristo. Lui dunque include la chiesa cattolica tra le chiese cristiane; noi invece non la includiamo perché essa con la sua tradizione ha annullato la parola di Cristo mettendosela sotto i piedi. Lo abbiamo visto questo quando abbiamo confutato le sue dottrine; quindi è superfluo che io mi dilunghi più di tanto su questo aspetto della questione. Si dicono figliuoli di Dio perché hanno ricevuto il battesimo per infusione da bambini; ma noi sappiamo che non si diventa figli di Dio in quella maniera, ma ravvedendosi e credendo nel nome del Figlio di Dio. Essi pensano di essere entrati a fare parte del corpo di Cristo mediante quel rito battesimale; il che non è vero. Inoltre, loro assieme a noi formano, secondo lui, il corpo di Cristo, seppellito nella morte di Cristo; perciò è contradditto­rio che ci siano nel nostro mezzo delle divisioni quando Gesù è morto per riunire in uno i figliuoli di Dio. La divisione è di scandalo, lui dice. Ma a questo punto bisogna fare questa precisazione: i nostri fra­telli prima di noi, non hanno dato affatto motivo di scandalo uscendo dalla chiesa cattolica romana; anzi ne sono usciti per volere di Dio. Ma non sono usciti dal corpo di Cristo, o separati da esso; ma si sono ritirati da idolatri, da superstiziosi, da persone che hanno in abominio la santa Parola di Dio. In altre parole essi sono stati riscattati da una assemblea pseudocri­stiana, quale è la chiesa cattolica romana; al pari di quei nostri fratelli che prima erano tra i cosiddetti Testimoni di Geova, o fra i Mormoni. Ma per essere ancora più chiari, noi riteniamo che tra i nostri fratelli che sono usciti dalla chiesa cattolica romana e quelli che sono usciti dal Buddismo o dall’In­duismo, o dallo Scintoismo, l’unica differenza è che essi si sono ritirati da persone che si dicono Cristiani (cosa che non dicono di essere i Buddisti, gli Induisti e gli Scintoisti), perché nella realtà sono idolatri come i Buddisti, gli Induisti e gli Scintoisti perché vanno anch’essi dietro agli idoli muti. Con questo noi vogliamo dire che la divisione che si è venuta a creare tra la chiesa cattolica romana e tutti coloro che hanno conosciuto la verità e ne sono usciti, non è affatto qualcosa di contraddittorio, ma qualcosa di inevitabile, di giusto, che rien­tra nella volontà di Dio. Anche quando al tempo degli apostoli si convertivano dei Giudei avveniva una divisione tra i Giudei che ritenevano che si veniva giustificati per le opere della legge e quelli invece che dicevano che si viene giustificati per la fede soltanto, senza le opere della legge. Abbiamo un esempio di ciò, in quello che avvenne ad Efeso: “Ma siccome alcuni s’indurivano e rifiutavano di credere dicendo male della nuova Via dinanzi alla moltitudine, egli ritiratosi da loro, separò i discepoli, discor­rendo ogni giorno nella scuola di Tiranno”;[2049] ed anche in quello che avvenne ad Antiochia di Pisidia: “E dopo che la raunanza si fu sciolta, molti de’ Giudei e de’ proseliti pii seguiron Paolo e Barnaba”.[2050] Ecco la divisione inevitabile! Ma tutto ciò è normale, perché i credenti in ogni età sono chiamati a separarsi dagli increduli secondo che è scritto: “Uscite di mezzo a loro e sepa­ratevene, dice il Signore...”.[2051] Ma qual’è lo scandalo di cui quei Giudei credenti si resero colpevoli separandosi da quei Giudei duri di cuore, che contraddicevano la parola di verità? E così, qual’è lo scandalo di cui si sono resi colpevoli quelli che avendo creduto tra i Cattolici si sono separati da loro? Nessuno, perciò al bando la definizione di scandalo data alla divisione che si è venuta a creare tra la chiesa cattolica romana e tutte quelle chiese che si attengono al Vangelo della grazia; perché questa non è un’opera della carne, ma un opera potente compiuta dal nostro Dio. Noi possiamo dire di essa: “Ciò è stato fatto dal Signo­re, ed è cosa maravigliosa agli occhi nostri”.[2052] Nel decreto sull’ecumenismo è scritto: ‘Quelli poi che ora nasco­no e sono istruiti nella fede in Cristo in tali comunità non possono essere accusati del peccato di separazione, e la chiesa cattolica li abbraccia con fraterno rispetto e amore’.[2053] Questo vuole dire che quelli che si separarono anticamente dalla chiesa cattolica romana a motivo della loro fede, possono essere accusa­ti del peccato di separazione. No, non è affatto così, perché Lutero e molti altri quando si separarono dalla chiesa cattolica non commisero alcun peccato di separazione; in questo, dobbiamo dire, essi non operarono uno scandalo. Lo scandalo semmai lo operava la chiesa cattolica romana con a capo i suoi ministri che si abbandonavano alla dissolutezza, che invece che pascere il gregge pascevano se stessi, vendendo indulgenze e appropriandosi dei beni del popolo in ogni maniera. Per quanto riguarda poi questo fraterno rispetto e amore con cui la chiesa cattolica dice di abbracciarci, noi non lo vediamo; anzi vediamo il contrario. Vediamo sia nei preti, che nelle loro pecore una particolare avversione verso noi figliuoli di Dio. Lusinghe, falsità, ipocrisie; ecco che cosa sono tali frasi. Non è la divisione che si è venuta a creare tra Cattolici e Evangelici ciò che scandalizza le persone, ma sono piuttosto il lusso, l’arroganza, l’amore per il potere e l’amore per il denaro che ci sono nella chiesa cattolica romana; cominciando dal suo capo carismatico. Ho voluto così mettere le cose in chiaro, prima di proseguire l’esame di questo discorso; affinché nessuno pensi che noi pro­viamo o dobbiamo provare qualche senso di colpa per la nostra avversione al papato, alla tradizione cattolica romana. Ma quale senso di colpa? Noi anzi proviamo una grande gioia nel difendere il Vangelo confutando le eresie della chiesa cattolica romana; abbiamo la grazia di potere combattere per l’Evangelo come l’han­no avuta prima di noi molti altri; e questo faremo fino a che avremo un’alito di vita.

-  ‘...La chiesa cattolica accoglie con speranza l’impegno ecume­nico come un imperativo della coscienza cristiana illuminata dalla fede e guidata dalla carità. Anche qui si può applicare la parola di san Paolo ai primi cristiani di Roma: L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo’, così la nostra ‘speranza non delude’ (Rm. 5,5). Questa è la speranza dell’unità dei cristiani, che nell’unità trinitaria del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo trova la sua fonte divina’.[2054]

La chiesa cattolica, da come parla Giovanni Paolo II, desidera ardentemente l’unità visibile di tutte le chiese; questo è il suo disegno ed il suo papa si è fatto portavoce e promotore di questo ecumenismo; ma essa non vedrà giammai realizzarsi questo disegno di unità visibile che sta con gran vigore perseguendo; la sua speranza in questa unità sarà frustrata perché il suo è un astuto disegno che tende a fare confluire i figliuoli di Dio nella chiesa cattolica romana sotto il loro papa, e Dio farà sì che quelli che hanno conosciuto la verità non rimangano ingannati dalle lusinghe papali. Egli “sventa i disegni degli astuti sicché le loro mani non giungono ad eseguirli”,[2055] dice la Parola, per questo siamo fiduciosi che l’astuto disegno della curia romana andrà in fallimento. Rimarranno grandemente delusi, ne siamo sicuri; Dio ha sempre avuto in ogni tempo dei servi fedeli che si sono rifiutati di accondiscendere alla menzogna e all’idolatria. Al tempo di Elia, benché il popolo avesse abbandonato il patto di Dio e molti di coloro che parlavano da parte di Dio erano stati messi a morte dal popolo ribelle, pure Dio si era conservato un residuo di settemila uomini che non aveva piegato il loro ginoc­chio davanti a Baal e non lo aveva baciato. E così nel popolo di Dio benché alcuni apostateranno dalla fede e si lasceranno sedurre dalle lusinghe papali pure rimarranno sempre coloro che rifiuteranno fino alla fine di piegare il loro ginocchio davanti al papa e di baciargli il piede o la mano. Alcuni diranno: ‘Ma perché parli così? Il papa ci vuole bene e si sta impegnando grandemente per mettere assieme tutti i Cristiani!’ Io dico: Voi non sapete quello che dite; fra poco potrete da voi stessi constatare che costui, che voi dite che ci vuole bene, benché parli con voce graziosa ha sette abominazioni in cuore suo ed un grande odio verso la verità che però riesce a camuffare molto bene. Lui dice che l’amore di Dio è stato sparso nei loro cuori median­te lo Spirito Santo; ma la Scrittura dice che: “Questo è l’amor di Dio: che osserviamo i suoi comandamenti”,[2056] e noi quest’osser­vanza di comandamenti da parte loro non la vediamo. Essi hanno lasciato i comandamenti di Dio per amore della loro tradizione, e poi prendono le parole di Paolo per sostenere che nei loro cuori c’è l’amore di Dio. Ma quale amore di Dio hanno? Quello finto certamente, perché se avessero quello vero osserverebbero la Parola di Dio e noi avremmo comunione con loro. Nessuno v’inganni fratelli, Giovanni dice: “Chi dice: Io l’ho conosciuto e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo, e la verità non è in lui”.[2057] Quello che cerca di fare Giovanni Paolo II non è di unire, ma di sedurre per via di lusinghe coloro che non fanno parte della chiesa cattolica romana affinché ne entrino a fare parte, o almeno si alleino con essa per servire assieme ad essa gli idoli muti per i quali va in delirio. Lo vedremo in appresso qual’è il disegno e il desiderio di Giovanni Paolo II; altro che unità, altro che disegno di Dio; altro che verità, altro che amore di Dio!

-  ‘...Passando dai principi, dall’imperativo della coscienza cri­stiana, alla realizzazione della via ecumenica verso l’unità, il Concilio Vaticano II mette soprattutto in rilievo la necessità della conversione del cuore. L’annuncio messianico ‘il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino’ e l’appello conseguente ‘convertitevi e credete al Vangelo’ (Mc 1,15) con cui Gesù inaugura la sua missione, indicano l’elemento essenziale che deve caratterizzare ogni nuovo inizio; la fondamentale esigenza dell’evangelizzazione in ogni tappa del cammino salvifico della chiesa. Ciò riguarda, in modo particolare, il processo al quale il concilio Vaticano II ha dato avvio, inscrivendo nel rinnova­mento il compito ecumenico di unire i cristiani tra loro divisi. Ecumenismo vero non c’è senza interiore conversione. Il concilio chiama sia alla conversione personale sia a quella comunitaria. L’aspirazione di ogni comunità cristiana all’unità va di pari passo con la sua fedeltà al Vangelo. Quando si tratta di persone che vivono la loro vocazione cristiana, esso parla di conversione interiore, di un rinnovamento della mente. Ciascuno deve dunque convertirsi più radicalmente al Vangelo e, senza mai perdere di vista il disegno di Dio, deve mutare il suo sguardo. Con l’ecume­nismo la contemplazione delle ‘meraviglie di Dio’ (mirabilia Dei) si è arricchita di nuovi spazi nei quali il Dio trinitario susci­ta l’azione di grazie: la percezione che lo Spirito agisce nelle altre comunità cristiane, la scoperta di esempi di santità, l’esperienze delle ricchezze illimitate della comunione dei santi, il contatto con aspetti insospettabili dell’impegno cri­stiano (.....) Così la vita intera dei cristiani è contrassegnata dalla preoccupazione ecumenica ed essi sono chiamati a farsi come plasmare da essa (...) Per quanto riguarda la chiesa cattolica, a più riprese, come ad esempio in occasione dell’anniversario del battesimo della Rus, o del ricordo, dopo undici secoli, dell’opera di evangelizzazione dei santi Cirillo e Metodio, ho richiamato tali esigenze e prospettive. Più recentemente, il Direttorio per l’applicazione dei principi e delle norme sull’ecumenismo, pub­blicato con la mia approvazione dal Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, le ha applicate al campo pastorale. Per quanto riguarda gli altri cristiani, i principali documenti della Commissione ‘Fede e costituzione’ e le dichiarazio­ni di numerosi dialoghi bilaterali hanno già fornito alle comuni­tà cristiane utili strumenti per discernere ciò che è necessario al movimento ecumenico e alla conversione che esso deve suscita­re. Tali studi sono importanti sotto una duplice angolatura: essi mostrano i notevoli progressi già raggiunti e infondono speranza perché costituiscono una base sicura per la ricerca che va prose­guita e approfondita...’.[2058]

Adesso, Giovanni Paolo II passa a parlare delle cose che occorro­no per raggiungere il vero ecumenismo; comincia a parlare della conversione interiore e del rinnovamento della mente perché, secondo lui, senza di essi non si può raggiungere la perfetta unità tra le chiese. Ma in cosa consistono nella pratica questa conversione interiore e rinnovamento della mente? Consistono, per i Cattolici, nel met­tersi a pensare che bisogna cercare strenuamente l’unità visibile con tutte le chiese; e perciò devono darsi da fare per cercare il dialogo con gli altri Cristiani, come ci chiamano loro. Naturalmente questo dialogo essi lo devono cercare, come vedremo anche dopo, rimanendo attaccati alla loro Tradizione; quindi all’idolatria, alla menzogna e alla superstizione. Quindi in effetti, i Cattolici non vogliono un vero ecumenismo ma un falso ecumenismo; perché loro partono dal presupposto di essere nella verità e che si devono convertire più radicalmente all’Evangelo, il che significa che essi pensano di essersi già convertiti al Vangelo ma questa conversione deve essere più radicale. Noi, dal canto nostro, diciamo che essi ancora non si sono per nulla convertiti al Vangelo, e di questo ne abbiamo le seguenti prove inconfutabili. Pregano e adorano Maria, pregano e adorano i santi (quelli veri e quelli falsi) e gli angeli, si prostrano davanti a statue e immagini; partecipano alla messa che per loro è la ripetizione del sacrificio di Cristo, credono in ogni specie di superstizio­ne; non credono nel Figlio di Dio perché dicono di non essere certi di avere la vita eterna e di essere stati salvati dal Signore. In effetti, loro per avere comunione con noi devono ravvedersi dai loro peccati, credere nel Vangelo e abbandonare la loro tradizione, ed ogni sorta di idolatria; ma questo per i Cattolici, è chiaro, non rientra affatto nelle cose necessarie al raggiungimento di questo ecumenismo, anzi per loro, di queste cose non si deve neppure parlare se si vogliono avere dialoghi fruttosi con loro. Quindi; che dialogo ci può essere con i sordi? Naturalmente questa conversione interiore e questo rinnovamento della mente deve essere reciproco, secondo Giovanni Paolo II, il che significa che noi, secondo lui, dovremmo convertirci alla causa dell’ecumenismo, ma a quell’ecumenismo come lo intendono loro. Ma questa non sarebbe una conversione più radicale al Vangelo per noi, ma un vero e proprio traviamento; in altre parole noi siamo convinti, che se cominciassimo a vedere le cose come le vedono i Cattolici ci svieremmo e danneggeremmo noi stessi. Perché questo? Perché da come parlano i Cattolici romani, noi se vogliamo l’ecumenismo non dobbiamo polemizzare con loro; detto in altre parole, non dobbiamo riprovare le loro eresie di perdizione, la loro idolatria e tante altre cose storte, perché questo non si addice a persone che cercano di stare assieme. Ma allora questo significa che noi dovremmo smettere di combattere il buon combattimento che la Scrittura ci dice di combattere! allora noi non dovremmo più difendere il Vangelo, ma accondiscen­dere alle loro eresie per amore di unità visibile. Ma allora ci dovremmo mettere a tavola con loro e dirgli: ‘Rispettiamoci reciprocamente, noi rispettiamo le vostre dottrine e voi rispet­tate le nostre!’ Ma io domando a voi: ‘Ma Gesù quando si trovò a tavola con i Farisei che fece? Disse forse: ‘Sentite, cerchiamo di metterci d’accordo sulla legge, voi dite questo ma io dico quest’altro su questi comandamenti; però abbiamo in comune Mosè, la religione giudaica, quindi non diamo motivo di scandalo ai Gentili; stiamo assieme ma non polemizziamo; io non giudico voi, ma voi neppure dovere giudicare me’? Affatto, ma li rimproverò per la loro ipocrisia, e perché essi avevano annullato la Parola di Dio con la loro tradizione. Ecco che cosa devono fare i disce­poli di Cristo che amano la verità; ammonire coloro che pur dicendosi Cristiani hanno annullato con la loro tradizione i comandamenti di Dio. Altro che non polemizzare; altro che non essere anticattolici! Noi siamo anticattolici; perché sappiamo che le dottrine della chiesa cattolica romana fino adesso hanno menato nel fuoco dell’inferno moltitudini di persone. Esse sono là nei tormenti, e noi dovremmo cercare di riconoscere le dottri­ne cattoliche che li hanno condotti là? Non può essere; ci perse­guitino pure, ci guardino pure male; noi continueremo a distrug­gere i vani ragionamenti della curia romana. Ma su questo fatto del dialogo torneremo più avanti, perché c’è altro da dire.

-  ‘...Riprendendo un’idea che lo stesso papa Giovanni XXIII aveva espresso in apertura del concilio, il decreto sull’ecumenismo menziona il modo di esporre la dottrina tra gli elementi della continua riforma. Non si tratta in questo contesto di modificare il deposito della fede, di cambiare il significato dei dogmi, di eliminare da essi delle parole essenziali, di adattare la verità ai gusti di un’epoca, di cancellare certi articoli del Credo con il falso pretesto che essi non sono più compresi oggi. L’unità voluta da Dio può realizzarsi soltanto nella comune adesione all’integrità del contenuto della fede rivelata. In materia di fede, il compromesso è in contraddizione con Dio che è verità. Nel corpo di Cristo, il quale è ‘via, verità e vita’ (Gv 14,6), chi potrebbe ritenere legittima una riconciliazione attuata a prezzo della verità? (...) Uno ‘stare insieme’ che tradisse la verità sarebbe dunque in opposizione con la natura di Dio che offre la sua comunione e con l’esigenza di verità che alberga nel più profondo di ogni cuore umano...’.[2059]

In questo brano Giovanni Paolo II dice in sostanza che da parte loro non si deve modificare il deposito della fede, i dogmi dei papi, quali quello dell’immacolata concezione, dell’infallibilità papale, e così via, perché l’unità dei Cristiani si può realizzare solo con l’adesione all’in­tegrità della fede rivelata, in altre parole aderendo a tutte le loro tradizioni (ricordatevi che essi reputano la tradizione come verità rivelata da Dio al pari della Scrittura). Quindi, ancora una volta, essi reputano la loro tradizione verità; e dicono in sostanza che l’unità deve essere fondata su questa verità. Ma noi credenti abbiamo edificato la nostra vita sulla verità e non abbiano nessuna intenzione di cambiare il fondamento vero con uno falso. Se la tengono la loro ‘verità’, si pascano delle loro menzogne; noi di certo non ci metteremo a barattare la verità che abbiamo conosciuto con le loro falsità. Ma come possono pensare di eliminare l’abisso che ci separa da loro senza punto ravvedersi e senza abbandonare la loro tradizio­ne? Sembrerà incredibile, ma questo è quello che stanno cercando di fare. Ci sono due modi di comportarsi nei confronti dei Cattolici. Il primo è quello di abbandonare la verità che abbiamo conosciuto e aderire alle loro menzogne; il secondo è quello di predicare loro il ravvedimento dalle opere morte e la remissione dei peccati mediante la fede nel nome di Gesù, e pregare Dio che conceda loro di ravvedersi, in questo caso i ravveduti smet­terebbero di essere membri della chiesa romana per unirsi a noi. Noi siamo per il secondo che è quello che fa infuriare il papato; d’altronde noi sappiamo in chi abbiamo creduto, e che questa nella quale siamo è la via che mena alla vita, mentre quella che battono loro è la via che mena alla perdizione. E non paia ad alcuno che seguire questo comportamento non è segno di amore verso i Cattolici romani; perché le cose stanno proprio al contrario. Solamente dicendo ai Cattolici romani di ravvedersi e di credere nel Signore e fare frutti degni di ravvedimento, si mostra vero amore verso di loro. Lusingandoli e cercando di venire a compro­messo con loro, invece, è segno di non volere la loro salvezza ma solo di volere la loro amicizia. L’apostolo ha detto: “Siccome siamo stati approvati da Dio che ci ha stimati tali da poterci affidare l’Evangelo, parliamo in modo da piacere non agli uomini, ma a Dio che prova i nostri cuori”;[2060] sia questo il sentimento di tutti coloro che sono stati approvati da Dio e chiamati alla predicazione del Vangelo. Certo, i Cattolici non gradiscono che noi parliamo contro le loro dottrine e pensano che noi li odiamo; ma questo è l’inevitabile reazione di chi giace ancora nell’erro­re contro chi gli mostra la via della salvezza senza lusingarlo.

-  ‘...Così credeva nell’unità della chiesa papa Giovanni XXIII e così egli guardava all’unità di tutti i cristiani. Riferendosi agli altri cristiani, alla grande famiglia cristiana, egli costa­tava: E’ molto più forte quanto ci unisce di quanto ci divide’.[2061]

Vorrei soffermarmi brevemente su quest’ultime parole; ma io dico: ‘Ma come fanno a dire tali cose quando fra noi e loro non c’è niente che ci unisce? Noi domandiamo come l’apostolo Paolo: “Perché qual comunanza v’è egli fra la giustizia e l’iniquità? O qual comunione fra la luce e le tenebre? E quale armonia fra Cristo e Beliar? O che v’è di comune tra il fedele e l’infedele? E quale accordo fra il tempio di Dio e gl’idoli?”[2062] Ma vogliamo pure rispondere a queste domande dicendo che non c’è nessuna comunanza tra la giustizia e l’iniquità, nessuna comunio­ne tra la luce e le tenebre, nessuna armonia fra Cristo e Beliar, e niente di comune tra il fedele e l’infedele, e nessun accordo tra il tempio di Dio e gli idoli. Quindi, fratelli, non vi la­sciate trascinare pure voi a dire che con i Cattolici è più forte quello che ci unisce che quello che ci divide; perché questo è falso. Tra noi e loro non c’è nulla in comune,[2063] tra noi e loro non c’è accordo, e neppure comunione, come non ce n’è con i Buddisti, gli Induisti e i Mussulmani; anche se apparentemente parrebbe il contrario. Non guardate all’apparenza; non giudicate dall’appa­renza.

-  ‘...Quando i fratelli che non sono in perfetta comunione tra loro si riuniscono insieme per pregare, il Concilio Vaticano II defi­nisce la loro preghiera anima dell’intero movimento ecumenico. Essa è un mezzo molto efficace per impetrare la grazia dell’uni­tà, ‘una genuina manifestazione dei vincoli, con i quali i catto­lici sono ancora uniti con i fratelli separati’. Anche quando non si prega in senso formale per l’unità dei cristiani, ma per altri motivi, come, ad esempio, per la pace, la preghiera diventa di per sé espressione e conferma dell’unità. La preghiera comune dei cristiani invita Cristo stesso a visitare la comunità di coloro che lo implorano: Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro (Mt. 18,20). Quando si prega insieme tra cristiani, il traguardo dell’unità appare più vicino (...) Sulla via ecumenica verso l’unità, il primato spetta senz’altro alla pre­ghiera comune, all’unione orante di coloro che si stringono insieme attorno a Cristo stesso. Se i cristiani, nonostante le loro divisioni, sapranno sempre di più unirsi in preghiera comune attorno a Cristo, crescerà la loro consapevolezza di quanto sia limitato ciò che li divide a paragone di ciò che li unisce. Se si incontreranno sempre più spesso e più assiduamente davanti a Cristo nella preghiera, essi potranno trarre coraggio per affron­tare tutta la dolorosa e umana realtà delle divisioni, e si ritroveranno insieme in quella comunità della chiesa che Cristo forma incessantemente nello Spirito Santo, malgrado tutte le debolezze e gli umani limiti (...) La preghiera ‘ecumenica’ è a servizio della missione cristiana e della sua credibilità. Per questo essa deve essere particolarmente presente nella vita della chiesa e in ogni attività che abbia lo scopo di favorire l’unità dei cristiani (...) E’ motivo di gioia il constatare come i tanti incontri ecumenici comportino quasi sempre la preghiera e anzi culminino con essa (...) In questi anni, tanti degni rappresen­tanti di altre chiese e comunità ecclesiali mi hanno fatto visita a Roma e con loro ho potuto pregare, in circostanze pubbliche e private’.[2064]

Ora, Giovanni Paolo II mette molta enfasi sulla preghiera per l’unità dei Cristiani; secondo lui questa preghiera ecumenica è molto importante per raggiungere l’unità. Il Direttorio per l’ecumenismo, organo cattolico, costituito per dirigere i cattolici in questa via dell’ecumenismo incoraggia i cattolici a partecipare a delle riunioni di preghiera con i membri delle Chiese evangeliche. Naturalmente, a tale riguardo, esso dà loro delle chiare direttive come per esempio queste: A) ‘Tale preghiera dovrebbe essere preparata di comune accordo, con l’apporto dei rappresentanti di chiese, comunità ecclesiali o altri gruppi. E’ insieme che converrebbe precisare il ruolo degli uni e degli altri e scegliere i temi, le letture bibliche, gli inni e le preghiere da utilizzare’; B) ‘Sebbene la propria chiesa sia il luogo in cui una comunità ha l’abitudine di celebrare normalmente la propria liturgia, le celebrazioni comuni, di cui si è ora parlato, possono avere luogo nella chiesa dell’una o dell’altra delle comunità interessate, con il consenso di tutti i partecipanti. Qualunque sia il luogo di cui ci si serve, occor­re che sia a tutti gradito, che possa essere convenientemente sistema­to e che favorisca la devozione’; C) E’ necessario che si presti sempre seria attenzione tanto a ciò che è stato detto sul riconoscimento delle reali differenze di dottrina che esistono, quanto all’insegnamento e alla disciplina della chiesa cattolica sulla condivisione sacramentale’; D) Dato che la celebrazione dell’eucarestia nel giorno del Signore è il fondamento e il centro di tutto l’anno liturgico, i cattolici, fatto salvo il diritto delle chiese orientali, hanno l’obbligo di partecipare alla messa la domenica e nei giorni di precetto. Per questo motivo si scon­siglia di organizzare servizi ecumenici la domenica e si ricorda che, anche quando dei cattolici partecipano a servizi ecumenici e a servizi di altre chiese e comunità ecclesiali, nei giorni suddetti rimane l’obbligo di partecipare alla messa’.[2065]

Qual’è la nostra convinzione a riguardo di questa preghiera ecumenica con i Cattolici che il loro papa tanto incoraggia? Questa; che noi non possiamo metterci a pregare con i Cattolici romani affinché Dio ci unisca a loro; perché preghiamo per loro affinché siano salvati e diventino così dei Cristiani. E’ vera­mente assurdo mettersi a pregare con degli increduli affinché Dio unisca noi con loro quando bisogna invece pregare per la loro salvezza. Paolo era Giudeo di nascita, ma non se ne andava a pregare con i Giudei disubbidienti che contrastavano alle cose che lui diceva, ma pregava per la loro salvezza infatti disse ai Romani: “Fratelli, il desiderio del mio cuore e la mia preghiera a Dio per loro è che siano salvati”.[2066] Per questo anche noi non ci pensiamo a riunirci con il papa, i vescovi, i preti, le suore e gli altri Cattolici romani per pregare con loro per la nostra unità; perché sappiamo che essi sono perduti e preghiamo Dio affinché li salvi. E dato che siamo in tema di preghiera, ricordiamo la famosa giornata mondiale di preghiera organizzata da Giovanni Paolo II ad Assisi nel 1986. In quel giorno, lui dice, che ‘i cristiani delle varie chiese e comunità ecclesiali hanno invocato con una sola voce il Signore della storia per la pace nel mondo. In quel giorno, in modo distinto ma parallelo, hanno pregato per la pace anche gli ebrei e i rappresentanti delle religioni non cristiane, in una sintonia di sentimenti che hanno fatto vibrare le corde più profonde dello spirito umano’.[2067] In quel giorno si riunirono i capi di 62 religioni per pregare; i Pellerossa, i Buddisti, gli Induisti, i Mussulmani e tanti altri con in mezzo Giovanni Paolo II si misero a pregare. Che confusione! Altro che vibrazione delle corde più profonde dello spirito umano; qui abbiamo assistito ad una manifestazione di ipocrisia. In quel giorno tutte quelle personalità riunite a pregare ci hanno ricordato le parole di Gesù: “E quando pregate, non siate come gl’ipocriti; poiché essi amano di fare orazione stando in piè nelle sinagoghe e ai canti delle piazze per esser veduti dagli uomini. Io vi dico in verità che cotesto è il premio che ne hanno”.[2068] E questa sarebbe la preghiera ecumenica che lui ritiene efficace per l’unità dei Cristiani e per la pace nel mondo? Ma per quanto riguarda in specifico la preghiera dei Cattolici per l’unità bisogna dire pure che essi s’appoggiano sulla mediazione di Maria quando pregano per l’unità infatti si legge nella rivi­sta Alleluja: ‘Maria prega per l’unità delle chiese, conducendoci a suo figlio per pronunciare insieme il nome di Gesù. Ella ci invita a celebrare ecumenicamente la Pentecoste in una comunione fraterna....’.[2069]

Quindi concludendo, il fatto che essi si mettono a pregare con i Mussulmani, con i Buddisti, con gli Induisti, e con tanti altri pagani, e il fatto che essi si appoggiano sulla mediazione di Maria confermano chiaramente che essi sono sotto la potestà delle tenebre, e che è impensabile mettersi a pregare con loro. Giovanni Paolo II dice di essere contento che tante riunioni ecumeniche terminano con la preghiera comune; noi dal canto nostro siamo rattristati nel constatare non soltanto che taluni dei nostri, illusi dalla chiesa cattolica romana, si sono messi a dialogare con i rappresentanti cattolici per raggiungere non sappiamo quale accordo con costoro che non hanno nessuna inten­zione di rinunciare alle loro eresie, ma anche che si mettono pure a pregare con loro.

-  ‘...Se la preghiera è l’anima del rinnovamento ecumenico e dell’aspirazione all’unità, su di essa si fonda e da essa trae sostentamento tutto ciò che il concilio definisce ‘dialogo (...) il dialogo non è soltanto uno scambio di idee. In qualche modo esso è sempre uno ‘scambio di doni’. Per questo motivo, anche il decreto conciliare sull’ecumenismo pone in primo piano tutti gli sforzi per eliminare parole, giudizi e opere che non rispecchiano con equità e verità la condizione dei fratelli separati e perciò rendono più difficili le mutue rela­zioni con essi. Questo documento affronta la questione dal punto di vista della chiesa cattolica e si riferisce al criterio che essa deve applicare nei confronti degli altri cristiani. Vi è però in tutto questo un’esigenza di reciprocità. Attenersi a tale criterio è impegno di ciascuna delle parti che vogliono fare dialogo ed è condizione previa per avviarlo. Occorre passare da una posizione di antagonismo e di conflitto a un livello nel quale l’uno e l’altro si riconoscono reciprocamente partner. Quando si inizia a dialogare, ciascuna delle parti deve presup­porre una volontà di riconciliazione nel suo interlocutore, di unità nella verità. Per realizzare tutto questo, le manifestazio­ni del reciproco contrapporsi debbono sparire. Soltanto così il dialogo aiuterà a superare la divisione e potrà avvicinare all’unità (....) Il dialogo ecumenico ha un importanza essenziale. Infatti con questo dialogo tutti acquistano una conoscenza più vera e una più giusta stima della dottrina e della vita di en­trambe le comunioni, e inoltre quelle comunioni conseguono una più ampia collaborazione in qualsiasi dovere richiesto da ogni coscienza cristiana per il bene comune e, nel modo come è permes­so, si radunino per pregare assieme’.[2070]

Eccoci al dialogo a cui ho accennato prima, e che il Vaticano considera molto importante tenere con noi. Innanzi tutto bisogna dire che il Vaticano ha deciso, per rendere fruttuosi i suoi dialoghi con alcune chiese cristiane evangeli­che, di eliminare dai suoi discorsi tutte quelle parole e giudizi e comportamenti che rendono più difficile il suo dialogo con esse; infatti è da notare che quando parla ufficialmente dei Protestanti non li definisce né sette e neppure eretici e apostati; ma li chiama ‘fratelli separati’, ‘gli altri cristiani’, ‘comunità ecclesiali’, e ‘le altre chiese’ che sono tutti termini che fanno apparire la chiesa cattolica romana gioiosa per la nostra esistenza, e fanno credere che essa ci riconosce come Cristiani anche se non facciamo parte di essa. Certo, a differen­za di molti papi del passato, Giovanni Paolo II è uno di quelli che usa belle parole verso noi. Però, quantunque la chiesa romana usi questi termini verso noi essa afferma che le stesse chiese e comunità separate, hanno delle carenze perché, come dice il decreto sull’ecumenismo, ‘solo per mezzo della cattolica chiesa di Cristo, che è lo strumento generale della salvezza, si può ottenere tutta la pienezza dei mezzi di salvezza’. E qui cade di nuovo in contraddizione! Ma che cosa vuole dire con queste parole? Che noi non possediamo tutta la pienezza dei mezzi di salvezza, perché questa la possiede solo lei! Ma allora siamo perduti? Affatto, perché noi abbiamo conosciuto Cristo Gesù, il Salvatore del mondo. Egli dimora in noi e della sua pienezza noi abbiamo ricevuto e grazia sopra grazia. In lui noi abbiamo tutto pienamente; perché “Cristo è ogni cosa e in tutti”.[2071] Certo, noi non possediamo i sette sacramenti che ha la chiesa cattolica e che essa definisce i mezzi della salvezza, ma vogliamo ricorda­re che la salvezza si ottiene per mezzo di una persona, Cristo Gesù, che è lo strumento della salvezza di Dio. E’ la fede in lui che salva, non la pratica dei sacramenti cattolici. Ma veniamo a questo dialogo. Giovanni Paolo II fa chiaramente capire che il dialogo con ‘le altre chiese’, per essere fruttuo­so, esige che anche ‘gli altri cristiani’ eliminino parole e giudizi che possono urtare gli animi dei Cattolici e rendere difficile il dialogo. Che significa questo? Significa che noi se vogliamo metterci a dialogare con loro dobbiamo metterci a chia­marli fratelli, Chiesa di Dio; non dobbiamo dirgli che la dottri­na del purgatorio è un’eresia, che il culto a Maria è idolatria, che il papa non è né il capo della Chiesa e neppure il successore di Pietro; che la salvezza è impossibile ottenerla per mezzo dei loro sacramenti e tante altre cose. Insomma ci dovremmo mettere a discutere delle cose relative al regno di Dio alla loro maniera, dicendogli che hanno ragione pure loro e che noi riconosciamo che anche in loro c’è la verità, e perché? Per non urtarli, e per non porre ostacoli al dialogo!! Sia ben chiaro fratelli; con i Cattolici non si può e non si deve mai passare da una posizione di antagonismo ad un livello nel quale si accettano come fratelli o si riconoscono i loro sacra­menti o altre loro eresie. Chi si mette a farlo si corrompe; chi lo fa diventa sale insipido che non serve più a nulla. Badate dunque a voi stessi. Non vi lasciate trarre in inganno da questi loro sofismi. La verità è una; e non si trova nei riti e nelle dottrine della chiesa cattolica; quindi c’è poco da dialogare. Bisogna esortarli a ravvedersi e a credere nel Vangelo! Noi non siamo affatto disposti ad abbassare la guardia e a smettere di contrapporci all’arroganza e alle menzogne della chiesa cattolica romana. Paolo disse a Timoteo: “Ti ripeto l’esortazione che ti feci quando andavo in Macedonia, di rimanere ad Efeso per ordinare a certuni che non insegnino dottrina diversa né si occupino di favole e di genealogie senza fine, le quali producono questioni, anziché promuovere la dispensazione di Dio, che è in fede”;[2072] ed a Tito disse che il vescovo deve essere “attaccato alla fedel Parola quale gli è stata insegnata, onde sia capace d’esortare nella sana dottrina e di convincere i contraddittori. Poiché vi son molti ribelli, cianciatori e seduttori di menti... ai quali biso­gna turar la bocca..”;[2073] quindi ogni ministro di Dio è chiamato a convincere i contraddittori, e a turare la bocca a coloro che insegnano cose perverse per amore di disonesto guadagno. Non mi sembra che Paolo abbia detto a Timoteo o a Tito di mettersi a dialogare attorno ad un tavolo con i ribelli per cercare un accordo con loro, e per conoscere meglio le loro dottrine per essere arricchito spiritualmente! Quando il proconsole Sergio Paolo, chiamati a sé Barnaba e Saulo, chiese di udire la Parola di Dio, è detto che Elima, un falso profeta Giudeo, cercava di stornare il proconsole dalla fede. Ma che fece Paolo? Gli disse fraternamente: ‘Ascolta caro fratello Elima, cerchiamo di dialogare, e così capirai che noi stiamo dicendo il vero? Affatto, ma gli disse: “O pieno d’ogni frode e d’ogni furberia, figliuol del diavolo, nemico d’ogni giustizia, non cesserai tu di pervertir le diritte vie del Signore? Ed ora, ecco, la mano del Signore è sopra te, e sarai cieco, senza vedere il sole, per un certo tempo. E in quell’istante, caligine e tenebre caddero su lui; e andando qua e là cercava chi lo menasse per la mano”.[2074] Quando Stefano parlò davanti al Sinedrio, disse loro: “Gente di collo duro e incirconcisa di cuore e d’orecchi, voi contrastate sempre allo Spirito Santo; come fecero i padri vostri, così fate anche voi. Qual dei profeti non perseguitarono i padri vostri? E uccisero quelli che preannunziavano la venuta del Giusto, del quale voi ora siete stati i traditori e gli uccisori; voi, che avete ricevuto la legge promulgata dagli angeli, e non l’avete osservata”.[2075] Ecco come si espressero degli uomini pieni di Spirito Santo verso coloro che contrastavano lo Spirito Santo. Elima pervertiva le diritte vie del Signore e cercava di stornare il proconsole dalla fede; e il Sinedrio contrastava lo Spirito Santo, tutte cose che fa pure la curia romana; perché anch’essa cerca di stornare le persone dalla fede e contrasta lo Spirito Santo e perverte le diritte vie del Signore; e noi che faremo? Lasceremo che essi dicano tutto quello che vogliono, senza levare la nostra voce di protesta contro di loro? Così, non sia! Non ci tacceremo; non smetteremo di contrapporci a costoro; ma con la grazia di Dio vogliamo turare la loro bocca affinché le persone comprendano di essere state ingannate da essi.

Badate a voi stessi, o ministri del Vangelo perché la chiesa cattoli­ca romana cerca con le sue dolci parole in tutte le maniere di renderci malleabili; per dirigere le cose nella direzione che essa vuole. Sappiate che voi siete nella verità e loro sono nell’errore; voi siete nella luce e loro nelle tenebre; voi siete salvati e loro perduti; voi potete arricchire loro ma loro posso­no solo derubarvi la vostra ricchezza! Portate il messaggio dell’Evangelo ai Cattolici; ma con ogni franchezza; senza celare loro nulla; non lusingateli altrimenti Dio chiederà conto del loro sangue alla vostra mano. Sono loro che devono riconoscere che noi siamo nella verità; sono loro che devono tornare a noi e non noi a loro. Sono loro che devono riconoscere i nostri ordina­menti e non noi i loro sacramenti! Noi lo diciamo chiaramente: noi conosciamo già a fondo le dottri­ne cattoliche, e non abbiamo bisogno di dialogare con loro per acquistare una conoscenza più vera di esse, e meno che meno per acquistare una più giusta stima di esse. Ma io domando a coloro che sono in favore di questi dialoghi ecumenici: ‘Ma quale più giusta stima pensate si può acquistare delle eresie della chiesa cattolica romana che hanno menato nel soggiorno dei morti decine e decine di milioni di persone di tutto il mondo fino a questo presente giorno? No, noi non possiamo acquistare nessuna stima delle eresie della chiesa cattolica romana; possiamo e dobbiamo solo confutarle e riprovarle privatamente e pubblicamente. Non ci sono alternative!

-  ‘...Il dialogo è anche strumento naturale per mettere a con­fronto i diversi punti di vista e soprattutto esaminare quelle divergenze che sono di ostacolo alla piena comunione dei cristia­ni tra di loro. Il decreto sull’ecumenismo si sofferma, in primo luogo, a descrivere le disposizioni morali con le quali vanno affrontate le conversazioni dottrinali: Nel dialogo ecumenico i teologi cattolici, restando fedeli alla dottrina della chiesa, nell’investigare con i fratelli separati i divini misteri devono procedere con amore della verità, con carità e umiltà... ‘.[2076]

Continuiamo a parlare di questo dialogo che la chiesa cattolica romana dopo il concilio Vaticano II ha instaurato con molte Chiese evangeliche, tra cui anche diverse chiese pentecostali (il dialogo con i Pentecostali è iniziato ufficialmente nel 1972 e prosegue tuttora). Come potete vedere a distanza di trenta anni dal concilio Vaticano II (che ha segnato l’inizio dello sforzo ecumenico cattolico) il capo della chiesa cattolica romana si esprime a riguardo di questo dialogo dicendo che i teologi romani devono rimanere fermi nella dottrina cattolica romana in questo dialogo con i ‘fratelli separati’. Questo significa che non devono cedere su nessun punto, ma portare avanti le loro dottrine senza vacillare; e sono passati ben trent’anni dalla fine del concilio Vaticano II! Ma allora è inevitabile domandarsi; ‘Ma se parlano in questa maniera perché cercano in tutte le maniere il dialogo con le Chiese evangeliche? Le conoscono bene quali siano le abissali divergenze dottrinali che ci separano da loro; quindi, secondo noi, è falsa la loro affermazione secondo la quale essi cercano il dialogo con noi per conoscere meglio quello che noi insegniamo e per acquista­re una più giusta stima della dottrina che professiamo. Giovanni Paolo II ha definito anche il dialogo con i Cristiani evangelici uno scambio di doni; ma quali sono questi doni che durante questi ultimi tre decenni hanno preso dagli Evangelici? Nessuno; difatti nel Catechismo della chiesa cattolica del 1993, a cura di Rino Fisichella, che è presentato ai Cattolici da lui stesso ci sono le stesse dottrine che ci sono sul Nuovo manuale del catechista di Giuseppe Perardi del 1939. I fatti parlano chiaro; hanno tenuto tanti e tanti dialoghi e sono rimasti fermi su tutti i loro punti dottrinali! Non è questo un segno sufficiente per capire che questo loro dialogo che vogliono avere con gli Evangelici ha come fine quello di strappare loro delle concessioni e di offrirgli la loro amicizia e ‘fraternità’ a condizione che essi facciano un qualche compromesso? Facciamo un esempio per fare comprendere ciò; il Vaticano vuole il reciproco riconoscimento dei battesimi difatti lo stesso Giovanni Paolo II ha detto: ‘Il Direttorio per l’applicazione dei principi e delle norme sull’ecumenismo auspica un reciproco e ufficiale riconoscimento dei battesimi. Ciò che va ben al di là di un atto di cortesia ecumenica e costituisce una basilare affermazione ecclesiologi­ca’.[2077] Che significa tutto ciò? Significa che se noi riconosciamo il loro battesimo essi riconosceranno ufficialmente anche il nostro; ma per riconoscere il loro battesimo per infusione dovremmo non solo dare un altro significato al battesimo perché dovremmo dire che esso cancella i peccati, ma dovremmo pure affermare che esso può essere ministrato agli infanti e per infusione perché è valido lo stesso. Quindi è da escludersi nella maniera più assoluta che noi ci mettiamo a barattare la verità sul battesimo in cambio della ‘fraternità’ cattolica. Ma non tutti sono disposti a disconoscere il battesimo per infusione della chiesa cattolica romana, perché sanno che il dialogo ecumenico in questo caso si interromperebbe o subirebbe un grave colpo. Tra costoro c’è Cecil M. Robeck Jr. che è un membro di spicco delle Assemblee di Dio americane che da anni dialoga a livello ufficiale con la chiesa cattolica romana. In un suo scritto (redatto assieme a Jerry L. Sandidge che ora è morto ma che al tempo era membro anche lui delle Assemblee di Dio americane) afferma quanto segue: ‘Noi crediamo che i paralleli che esistono fra la pratica Pentecostale della dedicazione degli infanti e la pratica Cattolica Romana del battesimo degli infanti possiedono una grande promessa per l’apprezzamento e la comprensione reciproci (hold great promise for mutual understanding and appreciation). Noi suggeriamo quindi che il battesimo dei credenti (sia esso dei bambini di età appropriata che degli adulti) continui ad essere affermato nella teologia e nella pratica Pentecostale e che il battesimo degli infanti compiuto in un’altra famiglia confessionale Cristiana può essere visto come un alternativa accettabile ed equivalente basata su considerazioni storiche e teologiche. Così, se una persona che si unisce a una chiesa Pentecostale era stata battezzata da infante o da bambino e se quel battesimo è stato vivificato e reso pieno di significato attraverso un susseguente e incontro spirituale con Cristo, i Pentecostali non hanno bisogno di insistere sul battesimo in acqua da adulti’.[2078] E allora che faranno? Lo vedremo presto; perché la chiesa cattolica romana sta facendo forza affinché le Chiese evangeliche con cui dialoga riconoscano il suo battesimo e la sua dottrina sul battesimo. Ma comunque non importa se alcune Chiese evangeliche riconosceranno il battesimo cattolico; noi continueremo a ribadire che il battesimo cattolico romano è nullo. Ma il fatto è che se la chiesa cattolica romana strapperà a certe Chiese evangeliche il riconoscimento del suo battesimo, allora sarà incoraggiata a proseguire su questa linea, e cercherà subito di strappare un altro riconoscimento ancora più importante per lei che è quello della sua messa. Voi sapete che la messa, o eucaristia, secondo la dottrina cattolica è la ripetizione del sacrificio di Cristo; quindi se qualche Chiesa evange­lica riconoscerà la sua messa vuole dire che riconoscerà in essa la ripetizione del sacrificio di Cristo, il che significa dire ‘amen’ ad una bestemmia. Non vi illudete voi che siete per l’ecumenismo con la chiesa cattolica romana; perché il fine che si propone il Vaticano è quello di portare gli Evangelici a riconoscere la sua messa e a parteciparvi. Lo ha detto chiaramente lo stesso Giovanni Paolo II quando ha detto: ‘E’ come se noi dovessimo sempre ritornare a radunarci nel cenacolo del Giovedì santo, sebbene la nostra presenza insieme, in tale luogo, attenda ancora il suo perfetto compimento, fino a quando, superati gli ostacoli frapposti alla perfetta comunione ecclesiale, tutti i cristiani si riuniranno nell’unica celebrazione dell’eucaristia’.[2079] Quindi non vi lasciate trarre in inganno dalle loro dolci parole; perché questa loro cosiddetta fraternità che essi sbandierano e vi offrono ha un prezzo: la verità. Che farete dunque? Venderete la verità in cambio della loro amicizia, o direte: ‘No, noi non possiamo spostare i limiti posti dagli apostoli’? Io vi dico: Non vendete la verità; difendetela strenuamente anche dinanzi ai Cattolici: disconosce­te tutte le loro eresie; turategli la bocca e ritiratevi da questo dialogo che avete intrapreso con loro inutilmente.

-  ‘Quanto detto sopra a proposito del dialogo ecumenico dalla conclusione del concilio in poi induce a rendere grazie allo Spirito di verità promesso da Cristo Signore agli apostoli e alla chiesa (cf. Gv 14,26). E’ la prima volta nella storia che l’azione in favore dell’unità dei cristiani ha assunto propor­zioni così grandi e si è estesa a un ambito tanto vasto. Ciò è già un immenso dono che Dio ha concesso e che merita tutta la nostra gratitudine (..) Uno sguardo d’insieme sugli ultimi trent’anni fa meglio comprendere molti dei frutti di questa comune conver­sione al Vangelo di cui lo Spirito di Dio ha fatto strumento il movimento ecumenico. Avviene ad esempio che - nello stesso spiri­to del discorso della montagna - i cristiani appartenenti a una confessione non considerino più gli altri cristiani come nemici o stranieri, ma vedano in essi dei fratelli e delle sorelle. D’al­tro canto, persino all’espressione fratelli separati, l’uso tende a sostituire oggi vocaboli più attenti a evocare la profondità della comunione - legata al carattere battesimale - che lo Spiri­to alimenta malgrado le rotture storiche e canoniche. Si parla degli ‘altri cristiani’, degli ‘altri battezzati’, dei ‘cristiani delle altre comunità’. Il Direttorio per l’applicazione dei principi e delle norme sull’ecumenismo designa le comunità alle quali appartengono quei cristiani come ‘chiese e comunità ecclesiali che non sono in piena comunione con la chiesa cattolica’ (...) In una parola, i cristiani si sono convertiti a una carità fraterna che abbraccia tutti i discepoli di Cristo’.[2080]

In questa parte del suo discorso, Giovanni Paolo II mostra la sua gioia per i progressi che si sono fatti in questo dialogo ecume­nico con molte Chiese evangeliche incominciato trent’anni fa circa. Egli ha ragione nel dire che ‘è la prima volta nella storia che l’azione in favore dell’unità dei cristiani ha assunto proporzio­ni così grandi e si è estesa a un ambito tanto vasto’, perché in effetti non ci sono mai state così tante chiese cristiane evange­liche di tutte le denominazioni, comprese anche delle denomina­zioni pentecostali, che hanno intrattenuto questo dialogo ecume­nico con i Cattolici romani, come ci sono oggi. All’inizio erano poche, ma adesso sono veramente tante. Noi siamo grandemente rattristati invece nel vedere ciò, ma anche preoccupati per molti nostri fratelli i cui pastori li trascinano in questa fossa dell’ecumenismo con i Cattolici romani. Ma questo segno non è altro che uno degli albori della apostasia che deve esserci prima della venuta del Signore; devono avvenire queste cose; perciò non ce ne meravigliamo. Paolo ha detto che “un pò di lievito fa lievitare tutta la pasta”;[2081] per questo non c’è da meravigliarsi se questo cancro dell’ecumenismo si è diffuso così tanto nel corpo di Cristo. Ora, noi consideriamo un dato molto preoccupante che i Cattolici, a livello ufficiale, si siano messi a chiamare molti Cristiani evangelici ‘fratelli separati’; e non più eretici, o apostati; perché questo sta a dimostrare come molti di coloro che si rifanno nei punti cardini della loro dottrina alla Riforma, hanno smesso di protestare contro la chiesa cattolica romana, hanno smesso di combattere per l’Evangelo come fecero alcuni secoli fa i riformatori. Ma perché siamo giunti a questa conclu­sione? Perché al tempo della Riforma, cioè circa quattrocento anni fa, in Europa e nel mondo i papi non chiamavano ‘fratelli separati’ Calvino, Lutero e molti altri, ma li chiamavano con ogni sorta di appellativo spregevole! Basta andare a rispolverare alcuni dei libri dei teologi cattolici di quel tempo, o anche leggere di­scorsi dei papi d’allora per rendersene conto. Come mai allora questo cambiamento di espressioni da parte cattolica, quando le sue dottrine di demoni sono rimaste nella sostanza le stesse, anzi ve ne sono aggiunte molte altre e noi ci atteniamo ancora in diversi punti alle dottrine proclamate dai riformatori? E’ sem­plice; perché molti di quelli che essa chiama Protestanti, non protestano più contro di essa, come facevano i loro predecessori! Ma il motivo è anche un altro; la chiesa cattolica romana col passare del tempo si è resa conto che molte persone uscivano da essa per unirsi a noi, e che con la forza non riuscivano a farli tornare nel suo seno; quindi ha cambiato tattica. Oggi usa le lusinghe, i riconoscimenti e tante altre astuzie ad essi collega­ti per fare tornare in essa quelli che l’hanno lasciata. Non è qualche cosa da sottovalutare questo cambiamento di atteggiamento formale da parte della chiesa cattolica, perché con esso, in molti casi, è riuscita ad ammorbidire e talvolta a fare scomparire la protesta di molti Cristiani evangelici. Questo lo si può constatare anche dal fatto che oggi molti, proprio perché la chiesa cattolica romana apparentemente si umilia e dice di riconosce in noi dei Cristiani, non vogliono più polemizzare con essa, ossia non vogliono che si confutino con vigore e con ogni franchezza le sue dottrine, come si faceva una volta; perché questo potrebbe raffreddare il dialogo che hanno instaurato con i ribelli. Dove sono oggi i libri dove vengono messe a nudo le eresie della chiesa romana e vengono annullate mediante la Scrit­tura? Dove sono oggi i predicatori che denunciano dal pulpito con ogni fran­chezza le dottrine di questa organizzazione come facevano secoli addietro i riformatori? Si possono veramente contare; perché si fanno sempre più rari col tempo. Ecco una delle cose che ha prodotto questo dialogo ecumenico!

Ma a questo punto, bisogna dire anche che è molto preoccupante e rattristante constatare che molti di quelli che si dicono Cristiani evangelici si sono messi a chiamare i Cattolici, ‘cristia­ni’, ‘fratelli’; perché? Perché allora viene di domandarsi: Ma allora non c’è più bisogno di predicare il ravvedimento e la fede ai Cattolici, se essi sono tutti dei nostri fratelli? Sono già salvati; quindi che bisogno c’è di scongiurarli a salvarsi? Ma qui il fatto è che bisogna predicare il ravvedimento e la fede a quei cosiddetti Cristiani evangelici che o non sono mai nati di nuovo o che hanno perduto il discernimento. A voi che portate il nome di Cristiani evangelici ma che non siete affatto dei Cristiani, io vi dico; Ravvedetevi e credete al Vangelo per ottenere la remissione dei vostri peccati e scampare all’ira a venire’; e a voi fratelli che invece siete stati ingannati dalle lusinghe papali diciamo invece: Ravvedetevi e tornate al Signore dal quale vi siete allontanati per cercare il favore dei Cattolici romani.

-  ‘...Accade sempre più spesso che i responsabili delle comunità cristiane prendano insieme posizione, in nome di Cristo, su problemi importanti che toccano la vocazione umana, la libertà, la giustizia, la pace, il futuro del mondo. Così facendo essi ‘comunicano’ in uno degli elementi costitutivi della missione cristiana; ricordare alla società, in un modo che sappia essere realista, la volontà di Dio, mettendo in guardia le autorità e i cittadini perché non seguano la china che condurrebbe a calpe­stare i diritti umani (....) Numerosi cristiani di tutte le comuni­tà, a motivo della loro fede, partecipano insieme a progetti coraggiosi che si propongono di cambiare il mondo nel senso di fare trionfare il rispetto dei diritti e dei bisogni di tutti, specie dei poveri, degli umiliati e degli indifesi. Nella lettera enciclica Sollicitum rei socialis ho constatato con gioia questa collaborazione, sottolineando che la chiesa cattolica non può sottrarvisi (...) Oggi constato con soddisfazione che la già vasta rete di collaborazione ecumenica si estende sempre più. Anche per influsso del Consiglio ecumenico delle chiese si compie un grande lavoro in questo campo’.[2082]

Cambiare il mondo per fare trionfare la giustizia! questo è dunque il progetto della chiesa cattolica romana, e in questo suo progetto ha trascinato e sta trascinando pure molte Chiese evangeliche. Cominciamo col dire che è un inganno pensare che si può cambiare questo mondo e far trionfare la giustizia in esso; Gesù quando venne in questo mondo non cambiò il mondo, nel senso che ai suoi giorni continuarono ad esserci i poveri, i perseguitati a cagione di giustizia, e quelli che subivano ogni sorta di soprusi, e di conseguenza continuarono ad esserci coloro che procacciavano il male del loro prossimo. Anche ai giorni degli apostoli, il mondo continuò ad essere lo stesso; difatti continuarono ad esserci le ingiustizie sociali. Ma sia Gesù che gli apostoli non si impegna­rono nella lotta sociale per fare trionfare la giustizia sociale. Loro predicarono l’Evangelo e molti si ravvidero e credettero in esso, fecero del bene agli uomini; ma non si misero in testa che potevano cambiare il mondo e fare trionfare il rispetto dei diritti di tutti. Loro stessi erano poveri e furono perseguitati a motivo di giustizia; subirono ogni sorta di ingiustizie, furono nel bisogno, abbandonati e derisi dai loro nemici; eppure sop­portarono tutto ciò con pazienza sapendo di essere stati chiamati a questo. Ed anche noi non ci illudiamo; se vogliamo seguire le orme di Cristo e quelle degli apostoli, anche i nostri diritti saranno calpestati dagli uomini; anche noi subiremo ingiustizie di ogni genere dagli uomini che non conoscono Dio perché Gesù ha detto: “Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi”,[2083] e Paolo ha detto che “tutti quelli che voglion vivere piamente in Cristo Gesù saranno perseguitati”.[2084] La Chiesa di Dio che vuole condursi in modo degno del Vangelo sarà perseguitata; non può essere altrimenti. Queste sono le ragioni per cui noi crediamo che, in qualsiasi caso, non ci si deve mettere in testa il pensiero che se ci mettiamo tutti assieme, potremo levare la nostra voce in favore della giustizia in maniera più forte e trasformare questo mondo di tenebre. Ma questo è proprio quello che la chiesa romana vuole fare pensare agli altri. State attenti perché questo modo di parlare della chiesa romana ha come fine quello di distrarvi dal buon combattimento e coinvolgervi nella politica. Sì, nella politica a cui essa da molti secoli si dà; non dimenticate che la chiesa romana è politica. Noi credenti non abbiamo nessuna intenzione di darci alla politi­ca o di fare politica per cercare di fare trionfare il diritto in questo mondo. Noi, la politica la lasciamo fare a quelli che Dio a preposti a farla, e per loro preghiamo affinché Dio li guidi e li aiuti.

Giovanni Paolo II è a capo di un impero temporale; quindi parla e si comporta da uomo potente della terra; per questo non parla e non vive come Gesù Cristo o come l’apostolo Pietro di cui si dice il successore. Ed essendo capo di uno Stato anche lui cerca di salvaguardare gli interessi del suo Stato, e di estendere in una maniera o nell’altra il suo potere nel mondo; esattamente quello che hanno fatto i suoi predecessori durante i secoli passati. Quindi è comprensibile che lui parli di lotta sociale e di ini­ziative che hanno come fine quello di persuadere le autorità di uno Stato a fare o non fare qualche cosa. Ha il potere di farlo e lo fa. Ma il fatto è che lui sta cercando di coinvolgere in questa lotta politica, perché tale è, anche noi che dalla politi­ca ce ne dobbiamo stare fuori e lontano per non corromperci. Ma badate che il fine che egli si propone non è quello di fare trionfare il rispetto dei diritti; ma il rispetto verso di lui e verso la chiesa cattolica romana. E’ manifesto questo, chi ha gli occhi aperti lo vede bene tutto ciò. Quello che invece noi vogliamo fare è annunciare il ravvedimento e la parola della fede alla chiesa cattolica romana e denunciare le sue eresie, le sue ipocrisie, le sue falsità, che tengono milioni di persone lontano dalla giustizia di Dio che è in Cristo Gesù. Questa è la lotta che noi perseguiamo. Certo, sappiamo che non tutta la chiesa cattolica romana si convertirà al Signore; comunque vogliamo fare di tutto affinché molti suoi carcerati vengano alla conoscenza della verità e siano così liberati dal giogo di questa religione organizzata. Quindi, per concludere; il papa dei Cattolici è contento che molte Chiese evangeliche si impegnano, come fa lui ed assieme a lui, a livello politico per fare trionfare il rispetto dei dirit­ti; o meglio per estendere il loro potere temporale sulla terra dimenticando che il regno di cui Cristo, il capo della Chiesa, è a capo non è di questo mondo. Noi perciò siamo rattristati nel constatare che anche delle Chiese evangeliche vogliono costituire il loro papato sulla terra, e riproviamo questo loro comportamen­to fatto di compromessi, di interessi personali, di menzogne e di ipocrisie. La Chiesa di Dio deve predicare il Vangelo agli uomini e pregare per la loro salvezza; perché solo se gli uomini accettano il Vangelo potranno mettersi a procacciare la giustizia e il bene altrui.

-  ‘I progressi della conversione ecumenica sono significativi anche in un altro settore, quello relativo alla Parola di Dio. Penso prima di tutto a un evento così importante per svariati gruppi linguistici come le traduzioni ecumeniche della Bibbia (....) Tali traduzioni, opera di specialisti, offrono general­mente una base sicura alla preghiera e all’attività pastorale di tutti i discepoli di Cristo. Chi ricorda quanto abbiano influito sulle divisioni, specie in Occidente, i dibattiti attorno alla Scrittura, può comprendere quale notevole passo in avanti rappre­sentino tali traduzioni comuni’.[2085]

Eccoci ora ad un altro argomento importante, che è quello delle traduzioni della Bibbia fatte tra Cattolici e Protestanti. Giovanni Paolo II parla di progressi, di passo in avanti e si mostra soddisfatto per queste traduzioni; ma noi dal canto nostro non possiamo parlare affatto di progressi perché constatiamo che queste traduzioni ecumeniche portano l’impronta del cattolicesimo romano, innanzi tutto perché contengono i libri apocrifi che non sono ispirati, poi perché la Parola di Dio risulta adulterata in molti punti, e poi perché contengono note esplicative ambigue in taluni casi, e confermanti le dottrine cattoliche in altri. Insomma sono delle Bibbie di compromesso inaffidabili. Ma d’altronde che cosa ci si poteva aspettare da una traduzione fatta tra i traduttori Cattolici che sono specializzati sia nell’adulterare la Parola di Dio e sia nel mettere le note espli­cative del magistero romano, e persone di Chiese evangeliche che per portare avanti questo dialogo ecumenico sono disposti a fare compromessi a scapito della Parola di Dio e della sana dottrina? Per farvi comprendere perché Giovanni Paolo II si mostri soddi­sfatto per le traduzioni ecumeniche sottopongo ora alla vostra attenzione alcuni passi (con o senza le note esplicative di alcuni di essi) di alcune di queste traduzioni.

T.O.B (Torino 1976).

A) ‘Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa, la quale, senza che egli la conoscesse, partorì un figlio, che egli chiamò Gesù’.[2086] La nota dice che ‘il testo non permette di affermare che Maria abbia avuto in seguito rapporti con Giuseppe’. E ci credo che il testo non lo permette; è stato adulterato! Il testo originale dice: “E non la conobbe finch’ella non ebbe partorito un figlio; e gli pose nome Gesù”;[2087] da questo testo si apprende che Giuseppe dopo che Maria partorì Gesù la conobbe, cioè ebbe delle relazioni carnali con lei. Il che poi è conferma­to dal fatto che egli ebbe dei figli e delle figlie da Maria.

B) ‘Mentre egli parlava ancora alla folla, sua madre e i suoi fratelli, stando fuori in disparte, cercavano di parlargli’.[2088] La nota dice: ‘Nella Bibbia, come ancora oggi in Oriente, la parola fratelli può indicare i figli della stessa madre, ma anche i parenti prossimi (Cf Gn 13,8; 14,16; 29,15; Lv 10,4; I Cr 23,22). Qui, il discorso nella nota è giusto perché in effetti talvolta nella Bibbia il termine fratelli indica anche dei parenti prossi­mi come cugini nipoti ecc., ma è evidente che una tale nota non s’addice affatto in riferimento ai fratelli di Gesù; perché? Perché noi siamo sicuri che i fratelli di Gesù di cui Matteo parla in questo passo sono i figli di sua madre e non suoi cugini o nipoti; e non ci mettiamo a pensare neppure per un attimo che questi fratelli potessero essere dei suoi parenti prossimi. Una tale nota posta in questo passo fa comprendere ancora una volta quanto lo spirito ecumenico possa influire negativamente non solo nella traduzione ma anche nel commento alle note. In questa nota, nessuno si sbilancia; nessuno prende posizione, si lascia al lettore di pensare che i fratelli di Gesù potevano essere i figli di sua madre ma anche che potevano essere i suoi parenti prossi­mi. Ecco una forma di compromesso ecumenico che tende a soffocare la verità che Maria non è rimasta vergine perché Giuseppe, dopo che nacque Gesù, ebbe da lei dei figli.

C) ‘Quando però si sono manifestati la bontà di Dio, salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini, egli ci ha salvati non in virtù di opere di giustizia da noi compiute, ma per sua miseri­cordia mediante un lavacro di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito Santo’.[2089] La nota in riferimento al lavacro di rige­nerazione dice: ‘Allusione al battesimo’. Perché? Per accontenta­re i Cattolici che affermano che il battesimo degli infanti rigenera. Ma le parole di Paolo a Tito non fanno allusione al battesimo, ma alla rigenerazione compiuta in noi dall’acqua della Parola di Dio.

D) ‘Perciò, fratelli, state saldi e mantenete le tradizioni che avete appreso così dalla nostra parola come dalla nostra lette­ra’.[2090] La nota dice: ‘Si può pensare alla prima lettera canonica. Ma Paolo, per mezzo di Timoteo, ha avuto altre occasioni di comu­nicare con i tessalonicesi. Le tradizioni sono le verità riguar­danti la fede e la vita cristiana, che Paolo ha ricevuto dalla Chiesa primitiva e che insegna, a sua volta, alle comunità da lui fondate’. Perché questa nota dice questo? Per sostenere la tradizione cattolica che, secondo la curia romana, è l’insegnamento degli apostoli trasmesso a voce ma non scritto. Nella nota c’è una menzogna perché Paolo non ricevette verità riguardanti la fede e la vita cristiana dalla Chiesa primitiva perché lui l’Evangelo non lo ricevette e non lo imparò da nessun uomo ma lo ricevette per rivelazione di Gesù Cristo. Basta ricordare, per confermare ciò, che a riguardo della cena del Signore l’apostolo non ha detto di averla trasmessa come l’aveva ricevuta dagli apostoli ma come l’aveva ricevuta dal Signore stesso!

E) ‘Ora, mentre essi mangiavano, Gesù prese il pane e, pronun­ziata la benedizione, lo spezzò e lo diede ai discepoli...’.[2091] La nota dice: ‘Matteo presuppone, senza dirlo esplicitamente come Lc (22,19) o Paolo (I Cor 11,24), che i discepoli devono fare questo in memoria di Gesù. Su iniziativa di Gesù non si tratta soltanto di ricordarsi di questo fatto o di ripetere la Cena, ma di attua­lizzare il gesto sacrificale compiuto da Gesù sulla croce e di anticipare il banchetto escatologico’. Ecco spuntare pure la messa cattolica (la cosiddetta ripetizione del sacrificio di Cristo) sotto le parole ‘attualizzare il gesto sacrificale compiuto da Gesù sulla croce’!

Questi qui sopra citati sono solo alcune delle note fuorvianti che compaiono in questa traduzione ecumenica fatta da ‘speciali­sti’!

Parola del Signore (Roma 1976).

A) E Gesù le disse (a sua madre): ‘Donna, perché me lo dici? L’ora mia non è ancora giunta’.[2092] Perché non mettere “che v’è fra me e te?”?[2093] E’ chiaro il motivo, per non fare apparire così severa la riprensione di Gesù nei confronti di sua madre. E quindi per innalzare in una certa maniera Maria.

B) ‘Gesù le dice (alla donna samaritana): ‘Dio è spirito. Chi lo adora deve lasciarsi guidare dallo Spirito e dalla verità di Dio’.[2094] Perché non mettere “bisogna che l’adorino in ispirito e verità”[2095]? E’ evidente; perché la vera traduzione rende meglio l’idea che Dio non deve essere affatto adorato con l’ausilio di statue e di immagini, ma solo in ispirito perché Egli è spirito.

Parola del Signore (Torino 1986).[2096]

A) ‘Perciò nessuno può spiegare con le sue sole forze le profezie che ci sono nella Bibbia’.[2097] Perché non mettere: “..poiché non è dalla volontà dell’uomo che venne mai alcuna profezia”[2098]? Perché in questo caso il lettore avrebbe capito che la Scrittura non procede da vedute particolari perché gli uomini che la scrissero non scrissero di loro volontà perché furono sospinti dallo Spirito Santo. Mentre nel testo ‘ecumenico’ c’è ampio posto per metterci la guida ‘infallibile’ nella comprensione della Scrittura del magistero papista.

B) L’angelo entrò in casa e le disse: - Ti saluto, Maria! Il Signore è con te: egli ti ha colmata di grazia’.[2099] Come mai i traduttori non hanno messo “o favorita dalla grazia”[2100] o “tu cui grazia è stata fatta”?[2101] Perché così i Cattolici possono sempre spiegare la immacolata concezione di Maria e il fatto che ella durante la sua vita non commise mai peccato.

C) ‘Fate attenzione; nessuno vi inganni con ragionamenti falsi e maliziosi. Sono frutto di una mentalità umana...’.[2102] Come mai i traduttori hanno fatto sparire la filosofia e la tradizione degli uomini secondo che è scritto: “Guardate che non vi sia alcuno che faccia di voi sua preda con la filosofia e con vanità ingannatrice secondo la tradizione degli uomini...”?[2103] E’ chiaro il perché: per non fare apparire dannose la filosofia e la tradizione umana presenti ampiamente nella chiesa cattolica romana.

D) ‘Se qualcuno di voi è malato, chiami i responsabili della comunità’.[2104] Come mai i traduttori hanno fatto sparire “gli anziani della chiesa” secondo che è scritto: “C’è qualcuno fra voi infermo? Chiami gli anziani della chiesa”[2105] ed hanno messo i responsabili della comunità? Perché così i Cattolici possono dire che i responsabili della comunità di cui parla Giacomo sono i preti (che però ministrano l’estrema unzione) e i Protestanti possono dire che si tratta del pastore o degli anziani. Ma la parola greca presbyteros va tradotta con anziani e non con responsabili della comunità; anche se gli anziani sono i responsabili della comunità.

E) ‘Avete ricevuto lo Spirito Santo quando siete diventati cristiani?’[2106] Come mai i traduttori non hanno messo “quando credeste”? E’ semplice; perché per i Cattolici si diventa Cristiani e perciò si riceve lo Spirito Santo quando da infanti si riceve il battesimo, mentre per gli Evangelici si diventa Cristiani quando si crede da adulti e perciò si riceve lo Spirito Santo (qui mi riferisco ad una misura di Spirito Santo e non alla pienezza che si riceve dopo avere creduto) da adulti. E così la traduzione accontenta ambedue le parti, ma soprattutto i Cattolici perché in questa maniera gli Evangelici non possono dire che si riceve lo Spirito Santo solo da adulti quando si crede, mentre i Cattolici possono dire che il neonato riceve lo Spirito Santo senza credere!!!

F) ‘Per questo io ti dico che tu sei Pietro e su di te, come su una pietra, io costruirò la mia Chiesa’.[2107] Perché i traduttori hanno messo ‘su di te’ e non “su questa pietra”? Superfluo dirlo, perché secondo i Cattolici la Chiesa di Cristo ha come pietra fondamentale Pietro!!! Anche se la nota esplicativa cita pure questa traduzione e fa presente che le chiese non sono concordi nella spiegazione del testo, bisogna dire che quel ‘su di te’ odora fortemente di cattolicesimo. E’ un compromesso, non c’è dubbio.

G) ‘Fratelli, vi ho parlato di me e di Apollo per darvi un esempio. Imparate a non andare oltre certi limiti’.[2108] Il testo rivisto da Luzzi afferma invece: “Or, fratelli, queste cose le ho per amor vostro applicate a me stesso e ad Apollo, onde per nostro mezzo impariate a praticare il ‘non oltre quel che è scritto”.[2109] Come mai quindi non hanno messo ‘il non oltre quel che è scritto’ ma ‘oltre certi limiti’? Perché così i Cattolici possono mettere i limiti che vogliono loro e noi non possiamo più dirgli che non si deve praticare oltre quello che sta scritto (e quindi che non si deve osservare la loro tradizione che non è parte della Scrittura).

-  ‘...Il fine ultimo del movimento ecumenico è il ristabilimento della piena unità visibile di tutti i battezzati. In vista di questa mèta, tutti i risultati raggiunti sinora non sono che una tappa, anche se promettente e positiva (..) Da tale unità fondamentale, ma parziale, si deve ora passare all’unità visibile necessaria e sufficiente, che si iscriva nella realtà concreta, affinché le chiese realiz­zino veramente il segno di quella piena comunione nella chiesa, una, santa, cattolica e apostolica che si esprimerà nella conce­lebrazione eucaristica. Questo cammino verso l’unità visibile necessaria e sufficiente, nella comunione dell’unica chiesa voluta da Cristo, esige ancora un lavoro paziente e coraggioso..’.[2110]

Eccoci adesso all’ultima parte del discorso di Giovanni Paolo II. Come potete vedere in queste parole il papa dei Cattolici parla del fine che si propone il movimento ecumenico che consiste nel ristabilimento visibile di tutti i battezzati, cioè, secondo lui, di quelli che sono stati battezzati da adulti dopo essersi ravve­duti e di quelli che sono stati battezzati da bambini senza essere mai nati di nuovo. E questo ristabilimento dell’unità si concretizzerà, secondo lui, nella celebrazione della messa; ossia nella celebrazione della cosiddetta ripetizione del sacrificio di Cristo! Il papa dei Cattolici riconosce che ancora ci sono molte diver­genze dottrinali che separano i Cattolici dalle chiese cristiane evangeliche, ma nonostante ciò si mostra ottimista visti i pro­gressi che si sono compiuti sulla via dell’ecumenismo e incorag­gia i suoi seguaci e quelli che lui chiama ‘gli altri cristiani’ a proseguire per questa via. Che dire? Diremo per l’ennesima volta che noi credenti non dob­biamo in nessuna maniera metterci a dialogare con persone che con dolci e lusinghiere parole, con il pretesto di volere l’unità di tutte le chiese, non vogliono fare altro che portare tutti sotto il dominio del papato a celebrare quell’atto abominevole che è la messa! Attenti fratelli, perché questo papa dei Cattolici è una volpe! Qualcuno dirà: ‘Ma che dici fratello?’ Dico che questa unità visibile di tutte le chiese è un disegno malefico che il papato ha ben preparato nelle sue camere segrete per fare sviare i credenti dalla verità. Non vi lasciate ingannare da questi lupi camuffati da pecore!

-  ‘...Tra tutte le chiese e comunità ecclesiali, la chiesa catto­lica è consapevole di aver conservato il ministero del successore dell’apostolo Pietro, il vescovo di Roma, che Dio ha costituito quale perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità, e che lo Spirito sostiene perché di questo essenziale bene renda partecipi tutti gli altri. Secondo la bella espressione di papa Gregorio Magno, il mio ministero è quello di servus servorum Dei. Tale definizione salvaguarda nel modo migliore dal rischio di separare la potestà (e in particolare il primato) dal ministero, ciò che sarebbe in contraddizione con il significato di potestà secondo il Vangelo: ‘Io sto in mezzo a voi come colui che serve’ (Lc 22,27), dice il Signore nostro Gesù Cristo, capo della chie­sa. (...) La missione del vescovo di Roma nel gruppo di tutti i pastori consiste nel vegliare (episkopein) come una sentinella, in modo che, grazie ai pastori, si oda in tutte le chiese parti­colari la vera voce di Cristo-Pastore. Così, in ciascuna delle chiese particolari loro affidate si realizza l’una, sancta, catholica et apostolica ecclesia. Tutte le chiese sono in comu­nione piena e visibile, perché tutti i pastori sono in comunione con Pietro, e così nell’unità di Cristo. Con il potere e l’auto­rità senza i quali tale funzione sarebbe illusoria, il vescovo di Roma deve assicurare la comunione di tutte le chiese. A questo titolo, egli è il primo tra i servitori dell’unità. Tale primato si esercita a svariati livelli, che riguardano la vigilanza sulla trasmissione della Parola, sulla celebrazione sacramentale e liturgica, sulla missione, sulla disciplina e sulla vita cristia­na. Spetta al successore di Pietro di ricordare le esigenze del bene comune della chiesa, se qualcuno fosse tentato di dimenti­carlo in funzione dei propri interessi. Egli ha il dovere di avvertire, mettere in guardia, dichiarare a volte inconciliabile con l’unità di fede questa o quella opinione che si diffonde. Quando le circostanze lo esigono, egli parla a nome di tutti i pastori in comunione con lui. Egli può anche - in condizioni ben precise, chiarite dal concilio Vaticano I - dichiarare ex cathe­dra che una dottrina appartiene al deposito della fede. Testimo­niando così della verità, egli serve l’unità.[2111] (...) Sono convinto di avere a questo riguardo una responsabilità particola­re, soprattutto nel costatare l’aspirazione ecumenica della maggiore parte delle comunità cristiane e ascoltando la domanda che mi è rivolta di trovare una forma di esercizio del primato che, pur non rinunciando in nessun modo all’essenziale della sua missione, si apra a una situazione nuova (....) La chiesa cattoli­ca, sia nella sua praxis sia nei testi ufficiali, sostiene che la comunione delle chiese particolari con la chiesa di Roma, e dei loro vescovi con il vescovo di Roma, è un requisito essenziale - nel disegno di Dio - della comunione piena e visibile. Bisogna, infatti, che la piena comunione, di cui l’eucaristia è la suprema manifestazione sacramentale, abbia la sua espressione visibile in un ministero nel quale tutti i vesco­vi si riconoscano uniti in Cristo e tutti i fedeli trovino la conferma della propria fede. La prima parte degli Atti degli apostoli presenta Pietro come colui che parla a nome del gruppo apostolico e serve l’unità della comunità - e ciò nel rispetto dell’autorità di Giacomo, capo della chiesa di Gerusalemme. Questa funzione di Pietro deve restare nella chiesa affinché, sotto il suo solo capo, che è Cristo Gesù, essa sia visibilmente nel mondo la comunione di tutti i suoi discepoli.[2112] (...) Io, Giovanni Paolo, umile servus servorum Dei, mi permetto di fare mie le parole dell’apostolo Paolo, il cui martirio, unito a quello dell’apostolo Pietro, ha conferito a questa sede di Roma lo splendore della sua testimonianza, e dico a voi, fedeli della chiesa cattolica, e a voi, fratelli e sorelle delle altre chiese e comunità ecclesiali, ‘tendete alla perfezione, fatevi coraggio a vicenda, abbiate gli stessi sentimenti, vivete in pace e il Dio dell’amore e della pace sarà con voi... La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi (2 Cor 13,11.13)’.[2113]

Per concludere il suo lungo discorso il papa dei Cattolici non poteva essere più chiaro sul ruolo che lui pensa di avere in questo ristabilimento dell’unità tra le chiese e quale è il suo proposito. Abbiamo capito; lui, in sostanza, dice che non ci può essere unità senza di lui perché lui è il fondamento visibile di questa unità a cui Cristo ha affidato il compito di sorvegliare pecore e pastori; e poi fa chiaramente capire che lui vuole riunire tutti sotto di lui, affinché tutti ascoltino la vera voce di Cristo che parla in lui naturalmente! Ecco perché noi dichiariamo l’ecumenismo papale nient’altro che una macchinazione del diavolo per fare tornare nel seno della chiesa cattolica quelli che per la grazia di Dio ne sono usciti! Che non ci venite a dire dunque che siamo spietati, senza amore fraterno e settari nel non volere accettare di dialogare con la curia romana e in generale con i Cattolici al fine di procacciare la loro unità; perché questo non è vero. La verità è che noi amiamo la verità e vogliamo che essa non venga messa sotto i piedi per amore di questa cosiddetta unità; ma coloro che cercano a tutti i costi di mettersi d’accordo con la curia romana, quando è impossibile farlo senza soffocare la verità, non amano la verità e non cercano neppure la gloria che viene da Dio ma cerca­no la gloria che viene dagli uomini. Non ci importa come siamo catalogati a motivo di questa nostra presa di posizione; sappiamo però di non avere nessun rimorso e che la nostra coscienza non ci riprende. Chi ha orecchi da udire oda.

IL DIALOGO CATTOLICO/PENTECOSTALE

A livello internazionale

 

Dopo alcune discussioni preliminari iniziate nel 1970, discussio­ni che ebbero come interlocutori da una parte il Segretariato per l’Unione dei Cristiani fondato da Giovanni XXIII nel 1960 e dall’altra singoli membri di chiese pentecostali, nel 1972 iniziarono i dialoghi internazionali tra Cattolici e Pentecostali. Originariamente, la delegazione pentecostale fu scelta personalmente da David Du Plessis,[2114] il quale era stato invitato anni prima a partecipare come osservatore al concilio Vaticano II,[2115] e più tardi da suo fratello Justus, ma gradualmente alcune denominazioni pentecostali hanno cominciato a mandare dei delegati ufficiali. Per quanto riguarda le Assemblee di Dio degli Stati Uniti occorre dire che non è ufficialmente rappresentata, benché a questo dialogo vi parteci­pano alcuni suoi membri come Cecil Robeck, Gary McGee e Del Tarr, ministri ordinati della denominazione americana. Prima che iniziasse il dialogo fu detto che lo scopo di questo dialogo non era ‘interessarsi ai problemi di un’unione struttura­le imminente’, ma era che ‘la preghiera, la spiritualità e la riflessione teologica diventino una preoccupazione a livello internazionale, sotto la forma di un dialogo tra il Segretariato per l’Unione dei Cristiani della Chiesa cattolica e i capi di alcune chiese pentecostali e alcuni partecipanti ai movimenti carismatici nelle Chiese protestanti e anglicane’.

Durante il primo quinquennio di dialoghi furono discussi questi argomenti: battesimo con lo Spirito Santo (1972, Horgen, Svizze­ra); il rapporto tra il battesimo con lo Spirito Santo e i riti d’iniziazione, e il ruolo dello Spirito Santo e i doni dello Spirito Santo nella tradizione mistica (1973, Roma, Italia); teologia dell’iniziazione cristiana, natura dell’attività sacra­mentale e battesimo dei bambini e degli adulti (1974, Schloss Craheim, Germania Federale); culto pubblico, con particolare riferimento alla celebrazione eucaristica, e dimensione umana nell’esercizio dei doni spirituali e discernimento degli spiriti (1975, Venezia, Italia); preghiera e lode (1976, Roma, Italia).

Durante il secondo quinquennio (nel 1978 non fu tenuto nessun incontro a motivo della morte di Paolo VI) furono invece discussi i seguenti argomenti; parlare in altre lingue e la relazione dell’esperienza con la fede (1977, Roma, Italia); relazione tra Scrittura e tradizione, e il ministerio di guarigione nella chiesa (1979, Roma, Italia); chiesa come comunità adorante e tradizione e tradizioni (1980, Venezia, Italia); il ruolo di Maria, cioè la sua intercessione, la sua venerazione, la sua maternità ecc. (1981, Vienna, Austria); a proposito di questo incontro occorre dire che Jerry L. Sandidge afferma che la loca­zione di questo dialogo ‘costituiva una particolare preoccupazio­ne per i Pentecostali. Fu deciso di trasferirsi fuori dall’Italia per favorire le Assemblee di Dio italiane, che si erano opposti ad esso perché sia in Roma che in Italia’.[2116] L’ultimo incontro di questa seconda serie di incontri fu tenuto a Collegeville nel Minnesota, nel 1982 e fu discusso il ministero nella chiesa.

Durante il terzo quinquennio furono discussi i seguenti soggetti; la comunione dei santi (1985, Riano, Roma); ‘lo Spirito Santo e la visione neotestamentaria della koinonia’ (1986, Sierra Madre, California, U.S.A.); ‘Koinonia, Chiesa e Sacramenti’ (1987, Vene­zia, Italia); ‘Koinonia e battesimo’ (1988, Emmetten, Svizzera); Koinonia, la Chiesa come comunione (1989, Roma).

Nel quarto quinquennio i temi discussi sono stati: l’evangelizza­zione (1990, Emmetten, Svizzera); il biblico e sistematico fonda­mento dell’evangelizzazione (1991, Venezia, Italia); evangelizza­zione e cultura (1992, Rocca di Papa, Roma); evangelizzazione e giustizia sociale (1993, Parigi); evangelizzazione, testimonianza e proselitismo (1994, Kappel am Albis, Svizzera); testimonianza comune (1995, Brixen, Italia).

Il dialogo prosegue dunque da più di venti anni e quantunque da parte pentecostale (come anche da parte cattolica) ci sia il riconoscimento che permangono, dopo più di venti anni di dialo­ghi, delle grandi divergenze dottrinali su diversi punti, esso non dà per nulla segno di fermarsi. E’ veramente preoccupante dunque constatare che da parte di questi membri influenti di queste chiese pentecostali non ci sia la risoluzione ad abbandonare questo dialogo; ma come è possibile che non abbiano ancora capito che con questo dialogo non si possono e non si potranno mai mettere d’accordo con i Cattolici perché essi sono nemici della verità e non amici di essa? Ma non hanno ancora capito che le menzogne insegnate dalla chiesa cattolica romana non hanno nulla a che fare con la verità che dimora in noi? Ma non hanno ancora capito che se vogliono andare d’accordo con i Cattolici devono rinunciare prima o poi alla verità e farsi nemici di Dio con tutte le nefaste conseguenze che da ciò ne vengono? No, pare proprio che non lo abbiamo ancora capito molti di loro, anzi non lo vogliono per nulla capire perché sono divenuti duri d’orecchi e di cuore ingannati dai sorrisi e dalle lusinghe dei Cattolici romani. Vogliono a tutti costi stare in buoni rapporti con i Cattolici, vogliono a tutti costi guadagnarsi la loro amicizia e il loro rispetto; anziché esortarli a ravvedersi e uscire dal mezzo di questa chiesa idolatra. Ah, come sono privi di discerni­mento questi credenti che hanno intrapreso questo sforzo ecumeni­co con la chiesa cattolica romana!

Da parte cattolica si continua a sentir dire che ‘lo scopo del dialogo è l’approfondimento del reciproco rispetto e della reci­proca comprensione, non un organica o una strutturale unità’, ma dobbiamo ancora una volta dire che da parte di coloro che si mettono a parlare con i Cattolici romani se da un lato ci deve essere il rispetto in verso la persona, sia esso prete, vescovo o cardinale, dall’altro non ci può essere e non ci deve essere nessun rispetto e nessuna pietà nei confronti delle eresie della chiesa romana che hanno già scaraventato e stanno ancora scara­ventando milioni di persone all’inferno! Le eresie bisogna di­struggerle facendo uso della Parola di Dio; bisogna riprovarle con tutte le forze, e le si devono chiamare con il loro vero nome, cioè eresie, dottrine di demoni, e non con qualche altro nome, come per esempio, opinioni differenti, vedute differenti, per non urtare l’animo dei Cattolici romani! No, non è l’appro­fondimento del reciproco rispetto o della reciproca comprensione lo scopo di questo dialogo che la chiesa romana ha voluto anche con le chiese pentecostali dopo il concilio Vaticano II, perché il vero scopo è quello di indurre i Pentecostali (la cui evange­lizzazione ‘aggressiva’ preoccupava e preoccupa la chiesa catto­lica romana perché ha allontanato da essa decine di milioni di persone in tutto il mondo) a riconoscere i suoi sacramenti e le sue dottrine, e a distoglierli così dall’evangelizzare i suoi membri. Insomma, questa cosiddetta reciproca comprensione e questo cosiddetto reciproco rispetto che hanno sin qui cercato di approfondire i Cattolici con questo dialogo sono solo dei prete­sti di cui essa si serve per distoglierli dal confutare con vigore le sue dottrine (cosa che col passare del tempo, sia in Europa che in America e sud America, si è notevolmente affievoli­ta rispetto a decenni fa), e strappargli ulteriori membri dalle sue fauci. Forse - o meglio, sicuramente - questo nostro atteggiamento verrà considerato settarismo o dimostrazione di non volere l’unità della Chiesa ma la sua distruzione, ma in effetti non è così perché la vera unità della Chiesa la si può procacciare solo camminando nella verità, e quindi rimanendo attaccati a tutto il consiglio di Dio così come esposto nella Scrittura e camminando con tutti coloro che dopo avere conosciuto la verità sono decisi a dimorare nella verità, a costo di perdere la propria vita e la stima e l’amicizia di coloro che prima li stimavano e amavano, insomma con coloro che di puro cuore invocano il Signore, e non con delle persone che hanno messo la verità non nel loro cuore ma sotto i loro piedi e la calpestano invece di difenderla.

Perché mettersi a chiamare fratelli e amici coloro che contrasta­no e annullano con le loro eresie le dottrine portanti del cri­stianesimo quali la giustificazione per sola fede, il battesimo per immersione come simbolo della rigenerazione ottenuta per fede, la mediazione unica e sufficiente di Cristo, la signoria di Cristo sulla Chiesa, e così facendo serrano il regno dei cieli davanti a loro stessi e davanti a coloro che ammaestrano? Ma non è questa una follia? Eppure questo è quello che avviene in questi dialoghi e negli incontri ecumenici da parte pentecostale verso i Cattolici! E’ ora che questi Pentecostali vengano di nuovo evangelizzati, è ora che si ravvedano pure loro per tornare a camminare per sentieri diritti perché con questo loro comporta­mento dimostrano in maniera inequivocabile di essersi incamminati per vie tortuose.

Adesso, oltre che di dialogare costoro parlano persino di mettersi a evangelizzare con i Cattolici romani; infatti a proposito del dialogo cattolico-pentecostale tenutosi a Brixen (Italia) dal 15 al 22 Luglio 1995, dove si è discusso dell’Evangelizzazione in comune, si legge nella rivista Information Service: ‘Il tema di questa fase del dialogo è l’Evangelizzazione. La discussione di una comune testimonianza ha rivelato il bisogno da parte del mondo di sentire il Vangelo, e le difficoltà dei Cristiani a testimoniare assieme a causa delle loro divisioni. Nello stesso tempo fu fatto notare che ci sono casi in differenti posti dove la testimonianza comune fra Cristiani, inclusi Pentecostali e Cattolici Romani, si sta già sviluppando. Tutti e due i documenti presentavano un numero di suggerimenti che offrono opportunità per vie possibili di testimoniare per il Vangelo assieme nel futuro. Le discussioni furono condotte in uno spirito di candore, reciproca fiducia e apprezzamento’. E chi erano i Pentecostali che hanno partecipato a questo cordiale incontro che si è studia­to di gettare le basi per una futura evangelizzazione assieme ai Cattolici romani? Li voglio citare così come li leggo nella rivista sopra citata: ‘Rev. Cecil M. Robeck, Jr. (Assemblies of God,[2117] Pasadena, California, U.S.A) (...) Rev. Cheryl Bridges Johns (Church of God,[2118] Cleveland, Tennessee, U.S.A.); Rev. Ronald Kydd (Pentecostal Assemblies of Canada,[2119] Keene, Ontario, Canada), Rev. Gary McGee (Assemblies of God); Rev. Francois Moller (Apostolic Faith Mission);[2120] Rev. Steve Overman (International Church of the Foursquare Gospel,[2121] Eugene, Oregon, U.S.A.); Rev. Raymond M. Pruitt (Church of God of Prophecy,[2122] Cleveland, Tennessee, U.S.A.); Rev. Del Tarr (Assemblies of God).[2123] Dalla lista ho omesso i parte­cipanti da osservatori. Che dire? Bisogna dire che di questo passo andrà a finire che molti smetteranno di evangelizzare i Cattolici romani, per mettersi assieme a loro nell’evangelizza­zione![2124] Qui, siamo all’apostasia. Ma noi vorremmo domandare a questi Pentecostali che hanno partecipato a questo incontro a Brixen: ma avete mai letto i libri di catechismo della chiesa romana? Ma avete mai letto qualcuno dei suoi libri di teologia dogmatica? Ma sapete che cosa è il cattolicesimo? Ma avete mai letto la storia della Riforma e della controriforma? Ma non sapete che oggi la chiesa romana per sostenere le sue eresie, dopo più di quattro secoli dalla Riforma, cita ancora il concilio di Trento che fu tenuto per controbattere alla Riforma, come lo citava cento o duecento anni fa? Ma non vi rendete conto che nulla è cambiato nella chiesa romana dai giorni della Riforma fino ad adesso? Voi direte: ‘E’ cambiato qualcosa nella forma, nella liturgia, e nell’atteggiamento ufficiale che essa tiene in verso le Chiese evangeliche sorte dalla Riforma’. Sì, è vero questo, ma nella sostanza tutto è rimasto come era prima, perché le eresie di cinque secoli fa ci sono ancora tutte, anzi sono aumentate. Il lupo ha cambiato il colore del pelo, ma è sempre lupo e non è diventato una pecora. Quand’anche voi diceste che quello che viene chiamato papa, i cardinali, i vescovi e i preti fossero delle pecore, perché li sentite parlare con una voce dolce e li vedete amichevoli, errereste grandemente, perché dietro quel loro abito di pecora rimangono lupi rapaci, come lo erano i loro predecessori nei secoli passati. Non v’illudete. Ma forse, alcuni di voi diranno che ci sono vescovi e preti e tanti ‘laici’ cattolici che parlano anche loro in altre lingue! Ma noi dicia­mo: ‘Ma se essi hanno per davvero ricevuto lo Spirito della verità come fanno a rimanere attaccati alle dottrine cattoliche romane che annullano la verità e stanno conducendo nelle fiamme dell’inferno centinaia di milioni di persone in tutto il mondo? Come fanno a rimanere nella chiesa romana, in mezzo all’idola­tria, quando ancora in questa generazione tanti preti e Cattolici romani che sono usciti dal suo mezzo per unirsi ai santi hanno dichiarato in svariate, ma inequivocabili maniere, che per loro dopo che hanno conosciuto la verità non è stato più possibile rimanere in mezzo a questa chiesa idolatra e anticristiana? Che dovremmo dire dunque di tutti questi ex-Cattolici romani? Che mentono quando dicono che Dio li ha tirati fuori da questa fossa di perdizione che è la chiesa romana? O forse dovremmo dirgli di ritornare nel grembo della chiesa romana perché anche là per loro è possibile dimorare nella verità perché ci sono alcuni che parlano in lingue? No, nulla di tutto ciò; noi crediamo che essi abbiano piena ragione nel dichiararsi liberati, per la grazia di Dio, dal giogo della religione cattolica romana e che essi debbano rimanere assieme a noi fuori da essa e cercare con l’aiuto di Dio di fare sì che tanti altri escano, per la potenza di Dio, da sotto la potestà del papismo.

Che dunque? Che tutti coloro che dicono di avere ricevuto lo Spirito Santo escano immediatamente dalla chiesa romana dimo­strando così con i fatti di possedere in loro lo Spirito di Dio che brama i figliuoli di Dio fino alla gelosia! E se vengono visti dubbiosi o riluttanti a farlo siano scongiurati dai mini­stri del Vangelo a farlo senza stare punto in dubbio, ma non vengano per nulla incoraggiati a rimanere nel grembo di questa chiesa che si prostituisce da secoli con i re e i popoli della terra per non essere partecipi delle sue piaghe quando l’ira di Dio si rivelerà contro di essa. Non vogliono assolutamente farlo questi Cattolici romani che dicono di avere ricevuto lo Spirito Santo questo passo di uscire dalla chiesa romana, perché ritengono che la chiesa romana sia nella verità perché ha il capo visibile della Chiesa, ossia il cosiddetto successore di Pietro? Questo significa che essi non hanno ricevuto proprio nulla da Dio, ma si sono inganna­ti credendo di avere ricevuto lo Spirito Santo.

Ma torniamo alla questione dell’evangelizzazione in comune tra Cattolici e Pentecostali; una cosa è certa, di questo passo, nel futuro molti credenti nelle Chiese pentecostali cominceranno ad essere mal visti e perseguitati proprio dai loro fratelli con i quali andavano al culto e ad evangelizzare assieme, e tutto ciò perché si rifiuteranno di collaborare nell’evangelizzazione con i Cattolici. I pastori che dovevano pascerli con assennatezza, li scacceranno dalla loro presenza, perché riterranno che essi siano d’impedimento all’evangelizzazione; saranno considerati di scan­dalo e di intoppo perché rifiuteranno di associarsi ai Cattolici romani nell’evangelizzazione. Sicuramente questo già succede in quei casi dove dei pastori di chiese pentecostali si sono messi a evangelizzare con i preti. Si adempie così la parola del profeta Ezechiele: “Voi mi profanate fra il mio popolo per delle manate d’orzo e per de’ pezzi di pane, facendo morire anime che non devono morire, e facendo vivere anime che non devono vivere, mentendo al mio popolo, che dà ascolto alle menzogne... avete contristato il cuore del giusto con delle menzogne, quand’io non lo contristavo, e avete fortificate le mani dell’empio perché non si convertisse dalla sua via malvagia per ottenere la vita...”.[2125] Ma a suo tempo Dio farà ricadere l’ingiustizia di questi pastori dati a questo falso ecumenismo sulle loro teste; loro porteranno la pena di questo loro comportamento. Essi seminano vento e mieteranno tempesta; pensano di seminare grano ma mieteranno spine e triboli a motivo della loro caparbietà di cuore. Sì, sono caparbi; rifiutano di ascoltare i precetti di Dio per seguire il loro cuore ingannato dalla curia romana. Hanno tutto l’interesse a farlo, perché questo loro comportamento compiacente nei con­fronti dei Cattolici romani accresce il loro prestigio tra i Cattolici romani, e gli permette di arricchirsi perché ecumenismo oggi è sinonimo di guadagno. La chiesa cattolica romana infatti costituisce una vasta clientela per questi cianciatori e specula­tori; libri, video cassette e audio cassette, conferenze ed altro. Non sono questi per loro un buon motivo per proseguire questo sforzo ecumenico? Ecco dunque che cosa spinge costoro a cercare la collaborazione dei Cattolici; l’amore di fama e di denaro. Altro che amore della verità, altro che desiderio di unità!

In Italia

 

‘Il tutto iniziò quando l’oratore, il pastore Giovanni Traettino, impostò il suo discorso sulla Pentecoste come necessità di ritro­varsi nel Cenacolo in unità e concordia e nel servizio amorevole e, a simbolo del servizio che i cristiani devono rendersi nell’amore gli uni agli altri, lavò i piedi a un frate (....) Quello che abbiamo colto è il significato spirituale; che attraverso l’umiliazione di Giovanni, è iniziato un processo di guarigione tra le due chiese. Da questo gesto infatti è iniziato il dialogo ufficiale. E’ accaduto in quel momento qualcosa che ha cambiato e cambierà il corso della storia. Vi sono delle grosse ferite tra evangelici e cattolici, provocate reciprocamente; basta ricordare quelle impartite ai pentecostali nel periodo del fascismo e postfascismo (...) Ma lì nello stadio di Bari, con quel gesto ci è sembrato cogliere come se il mondo evangelico perdonasse i propri persecutori’[2126]; sono le parole di Matteo Calisi, responsabile nazionale del RnS (Rinnovamento nello Spirito Santo) per il dialogo ecumenico, intervistato da Ernesto D. Bretscher. Ecco dunque come è iniziato ufficialmente il dialogo tra i Cattolici e i Pentecostali in Italia; tramite la lavanda dei piedi fatta da Giovanni Traettino (pastore di una Chiesa in Caserta) ad un frate allo stadio San Nicola di Bari davanti ad una folla di migliaia di Cattolici. Ma lasciamo parlare lo stesso Traettino[2127] su questo ‘storico’ incontro del 1992 a cui lui accettò di partecipare come oratore e su questo gesto da lui compiuto davanti a così tanti Cattolici: ‘Giovanni, vorremmo onorare il debito che abbia­mo con i nostri fratelli pentecostali. Le nostre radici sono nel movimento pentecostale evangelico. Puoi venire a parlare al 25° anniversario mondiale del Rinnovamento nello Spirito Santo? Crediamo che il modo migliore sia quello di invitarti nella qualità di pastore pentecostale per ministrare a tutti noi. Allora il Signore mi disse: ‘Alzati...ammazza e mangia. Le cose che Dio ha purificate non farle tu impure... Alzati, và con loro, senza fartene scrupolo, perché li ho mandati io’ (Atti 10:13-15,20). I miei fratelli confermarono che la guida era dal Signore, e che bisognava rispondere all’invito. ‘Entra per la porta che il Signore apre, ed Egli confermerà’. La vigilia di Pentecoste, a Bari, Dio mi incontrò ancora. ‘Domani laverai i piedi a uno dei responsabili del Rinnovamento carismatico’. ‘Signore - risposi - non è possibile! Cosa significa? Cosa capiranno i cattolici e come l’intenderanno i miei fratelli evangelici? Tu lo sai, Signo­re, che non è lecito a un evangelico conservatore nel nostro paese associarsi ai cattolici (cfr. Atti 10:28), e che già solo questo sarà oggetto di discussione e causa di confusione. Ora mi chiedi perfino di lavare loro i piedi?!’. ‘Sono io che te lo chiedo, figlio mio’ mi disse allora il Signore. Cercai di resi­stere al Signore, ma Egli mi avvolse della Sua presenza e della Sua forza di convinzione, e mi espugnò. Mi vinse ed io mi lasciai vincere. ‘Tu sei mio servo, ama col mio cuore... riconosci la mia azione nella loro vita: la nuova nascita, il battesimo nello Spirito Santo...’. Chi ama suo fratello rimane nella luce e non c’è nulla in lui che lo faccia inciampare’ (1° Gv. 2:10). La guari­gione, una guarigione profonda era all’opera nella mia anima e nel mio spirito. Lo Spirito di Dio mi stava toccando, guarendo, illuminando, il mio cuore era intensamente riscaldato dentro di me ed ero avvolto dal senso tangibile della presenza di Dio. ‘In verità comprendo che Dio non ha riguardi personali; ma che in qualunque nazione (ed io pensai: quanto più se è una denominazio­ne cristiana’), chi lo teme e opera giustamente gli è gradito’ (Atti 10:34-35) Quando fui davanti alla folla variopinta dello stadio di S. Nicola di Bari in quel pomeriggio assolato del giorno di Pentecoste del ‘92, lo Spirito di Dio scese sopra di me. ‘La Pentecoste è frontiera; lo Spirito Santo è spirito di frontiera. Il movimento pentecostale evangelico e cattolico è alle sue radici e nella sua natura più profonda movimento di frontiera..’. La folla era in piedi ed acclamava Gesù Signore e Re della vita personale e della Chiesa. Le mie mani ora lavavano i piedi di frate Antonio. Le lacrime mi riempivano gli occhi attoniti mentre avvertivo il calore delle braccia del mio fratello intorno alle mie spalle e il suo volto poggiato sul mio capo. Piangeva... Come piangeva! Fu un attimo lunghissimo. Ci trovavamo abbracciati, intensamente uniti nel cuore. La folla magnificava Dio nello Spirito e Lo lodava applaudendo con tutto il cuore. Fu un appun­tamento divino, Eravamo entrati per la porta che lo Spirito aveva aperto. La sua presenza tangibile e l’opera profonda di guarigio­ne operati in tutti noi furono chiaro segno della Sua approvazio­ne. ‘Se dunque Dio ha dato a loro lo stesso dono che ha dato anche a noi che abbiamo creduto nel Signore Gesù Cristo, chi ero io da potermi opporre a Dio?’ (Atti 11:17)’.[2128]

Quindi secondo le parole di Traettino il tutto è opera di Dio; la porta che si è aperta tra i Cattolici gliel’ha aperta Dio; notate infatti quante volte usa il nome del Signore dicendo che lui gli ha parlato di fare determinate cose tra cui anche di lavare i piedi ad un responsabile del RnS! Ed oltre a ciò egli si usa del racconto di Luca sul come Dio chiamò Pietro a casa di Cornelio per annunziargli la Parola, come similitudine, a sostegno del suo andare dai Cattolici carismatici. Da allora, cioè dal 1992, si sono cominciati a tenere annualmente degli incontri ufficiali tra membri del RnS e pastori di Chiese evangeliche. Oltre a ciò delegazioni di pastori di Chiese evangeliche si recano dietro invito alle conferenze del RnS. Vogliamo adesso riferire delle impressioni di Ernesto D. Bretscher (uno dei pastori a favore del dialogo instauratosi) sulla Convocazione nazione del Rinnovamento nello Spirito svoltasi a Rimini dal 22 al 25 Aprile 1994, per fare capire quale sentimento aleggia in mezzo a costoro: ‘Il padre Emiliano Tardif, dopo una breve ri­flessione sulla misericordia di Dio espressa attraverso Gesù in cui cita Isaia 53, pone l’enfasi sul pentimento, trasformando il convegno in una grande riunione di umiliazione davanti a Dio. I corridoi si riempiono di persone, molte delle quali in lacrime, che vanno a confessare i loro peccati ai tanti sacerdoti mobili­tati per l’occasione. La delegazione evangelica rimane commossa nell’osservare questi sacerdoti che abbracciano, pregano, conso­lano, impongono le mani e pronunciano l’assoluzione, mentre il coro continua ad adorare il Signore (...) La teologia è essenzialmen­te evangelica e cristocentrica. Per usare le parole di Giovanni Traettino, ‘ritrovo un pezzo di evangelismo pentecostale in un contesto cattolico e non posso non sentirmi come a casa mia’ (...) Faremo bene a mettere da parte le nostre diffidenze e il nostro spirito anticattolico...’.[2129]

Che dire? Diremo che anche qui in Italia le cose hanno preso una brutta piega anche sul fronte delle relazioni tra i credenti e i Cattolici. Certamente Traettino e coloro che sono d’accordo con lui nel mettersi a dialogare e a pregare e a collaborare con i Cattolici romani sono una piccola frazione della fratellanza sparsa in questa nazione; ma pure bisogna prendere atto di questo loro atteggiamento nei confronti dei Cattolici carismatici e riconoscere che il cattoli­cesimo ha fatto breccia anche in mezzo al popolo di Dio. Difatti questo dialogo che si è instaurato non è una porta aperta per la Parola in mezzo ai Cattolici, ma uno spiraglio aperto al cattoli­cesimo in mezzo al popolo di Dio.

Dopo avere esposto queste cose vogliamo innanzi tutto dire que­sto. Noi non crediamo in quello che dice Traettino quando dice che il Signore gli ha parlato e gli ha detto tutte quelle cose; perché se veramente fosse stato il Signore a chiamarlo là in quello stadio, come chiamò Pietro a casa di Cornelio, egli avreb­be predicato agli astanti il ravvedimento e la remissione dei peccati mediante la sola fede nel nome di Gesù (perché questo è il messaggio da portare ai Cattolici romani), e non un messaggio ecumenico. Che fece infatti Pietro a casa di Cornelio? Gli annun­ciò la parola della croce e la remissione dei peccati nel nome di Gesù; perché egli sapeva che essi erano ancora perduti (quantun­que Cornelio temesse Dio con tutta la sua casa) ed avevano biso­gno di esser salvati dai loro peccati.[2130] L’apostolo non andò ad una riunione di fratelli, ma andò a predicare a persone che divennero fratelli in seguito; quando credettero nel suo messaggio.[2131] Si contraddice da sé dunque Traettino quando parla in quella maniera volendo far intendere che gli avvenne qualcosa di simile a quello che era avvenuto a Pietro. Per quanto riguarda la sua lavanda di piedi fatta al frate; essa è frutto della sua immaginazione e non un comando divino. Senza nulla togliere al gesto della lavanda dei piedi che è un gesto di umiltà che pure Gesù fece nei confronti dei suoi discepoli; noi vediamo in quell’atto, un gesto astuto da lui compiuto per acca­parrarsi le simpatie dei Cattolici. Gesto che gli è stato contraccambiato dai Cattolici alla XIX Convocazione Nazionale del Rinnovamento nello Spirito, tenutasi a Rimini nell’aprile 1996, con il bacio dei piedi.[2132]

Per quanto riguarda infine le parole di Bretscher diciamo che il fatto che la delegazione evangelica si sia commossa nel vedere i Cattolici andare a confessarsi dai preti e ricevere da loro l’assoluzione in quella convocazione, ci fa soltanto disgustare. Ma come si può rimanere commossi nel vedere persone che invece di andare direttamente da Dio a chiedere perdono dei loro peccati vanno da degli altri peccatori che ritengono di essere dei media­tori tra Dio e gli uomini? Ma che si vadano a leggere cosa dice la teologia romana sul sacramento della confessione! Anzi che si ravvedano di essersi commossi dinanzi alla pratica di una delle abominazioni cattoliche romane che tiene legate al peccato e fa illudere centinaia di milioni di persone in tutto il mondo. Che si sveglino dal sonno nel quale sono caduti!! Quanto poi alla esortazione di Bretscher di mettere da parte le nostre diffidenze e la nostra avversione verso il cattolicesimo romano, non se ne parla nemmeno; perché così facendo inganneremmo noi stessi. Come possiamo abbandonare le nostre diffidenze e la nostra avversione nei confronti del cattolicesimo romano dopo avere letto i loro catechismi ed altri loro libri? Come si può fare ciò nel constatare che la chiesa cattolica romana è la stessa nella sostanza di quella dei tempi di Lutero e Calvino? Che anche costui rientri in se stesso e si svegli dal sonno in cui è caduto e allora non parlerà più così.

Così Traettino e la sua squadra si sono messi ufficialmente con i Cattolici romani trasgredendo all’ordine di Paolo: “Non vi mette­te con gl’infedeli sotto un giogo che non è per voi; perché qual comunanza v’è egli fra la giustizia e l’iniquità? O qual comunio­ne fra la luce e le tenebre? E quale armonia fra Cristo e Beliar? O che v’è di comune tra il fedele e l’infedele? E quale accordo fra il tempio di Dio e gl’idoli?”.[2133] Fratelli, guardatevi da costo­ro e non lasciatevi ingannare dai loro vani ragionamenti. Perché dietro a tutti questi proclami d’amore fraterno si nascondono dei compromessi e tante cose nascoste e vergognose.

Concludiamo dicendo che noi non escludiamo che tra i carismatici cattolici di tutto il mondo ci possano essere persone che abbiano veramente gustato la bontà di Dio e siano state salvate dai loro peccati e neppure persone che abbiano veramente ricevuto il battesimo con lo Spirito Santo; perché il Signore si fa trovare da tutti quelli che lo cercano con tutto il cuore in mezzo a tutte le chiese, anche in quelle pseudocristiane come nel caso della chiesa cattolica. E questo perché lui è giusto, senza riguardi personali. Ma una cosa è certa; queste persone saranno sospinte dallo Spirito Santo fuori dal cattolicesimo romano, perché lo Spirito brama a gelosia i figliuoli di Dio e non vuole che essi continuino a recitare il Rosario, a confessarsi dai preti, a partecipare alla messa ed altre cose abominevoli nel cospetto di Dio. Questa è l’opera dello Spirito Santo che hanno potuto avvertire nella loro vita tutti quei Cattolici visitati da Dio in seno alla chiesa cattoli­ca romana. Bisogna dunque dire a questi carismatici cattolici di uscire dalla chiesa cattolica romana; per il loro bene, esclusivamente per il bene dell’anima loro.

Attenzione a non dire quello che ha detto Geoffrej Allen: ‘..la mia speranza non è che i carismatici escano dalla Chiesa Cattolica, piuttosto che il cattolicesimo, per tutti gli aspetti in cui non è biblico, esca dai carismatici!’.[2134] Perché questo è un parlare contraddittorio dato che se uno vuole che il cattolicesimo non biblico (che è la massima parte) esca dai carismatici certamente vuole che essi escano dalla chiesa catto­lica romana e che non vi rimangano. Mentre se uno vuole che il cattolicesimo non biblico esca dai carismatici, ma contemporanea­mente non vuole che essi escano dalla chiesa cattolica romana; allora egli vuole che il cattolicesimo non biblico rimanga in loro, perché non è possibile rimanere nella chiesa cattolica romana senza aderire - se non proprio a tutte - a molte delle dottrine diaboliche che ci sono in essa.

E per rendersi conto di questo si veda di quante dottrine diaboliche è formato il catto­licesimo romano, e come esse sono strettamente collegate tra di loro in maniera da non lasciare alternativa; o rimanere e dare retta al magistero, o uscire.

IL PROGETTO ‘UNITÀ ATTRAVERSO LA DIVERSITÀ’ DI OSCAR CULMANN

 

Oscar Culmann, eminente teologo luterano, ha scritto un libro dal titolo Unità attraverso la diversità. In questo libro parla di come secondo lui sia possibile avere comunione (in greco koinonia) con i Cattolici romani infatti afferma: ‘..abbiamo constatato la necessità di rispondere affermativamente alla questione di sapere se questa comunione è possibile in via di principio’.[2135] In altre parole, per lui è possibile l’unità con la chiesa romana attraverso la diversità. Certo, lui riconosce nel suo libro che permangono delle divergenze dottrinali non indiffe­renti tra la chiesa cattolica romana e quella luterana (questo si può dire anche in relazione alle altre chiese ‘protestanti’) che impediscono ancora una unità visibile e specialmente strutturale, ma pure è convinto che questa unità nella diversità (come lui la chiama) è possibile e suggerisce nel capitolo secondo come attua­re praticamente questa unità da lui propugnata. Esamineremo i punti fondamentali di questo suo discorso per queste ragioni; innanzi tutto per dimostrare come dopo cinque secoli dalla Riforma che portò uno dei suoi protagonisti principali, ossia Lutero, con molti e molti altri a separarsi dalla chiesa cattolica romana a motivo della corruzione e della menzogna che essa perpetrava a danno degli uomini, ci siano oggi uomini, nella Chiesa cosiddetta luterana cioè a quella Chiesa che dice di rifarsi agli insegnamenti di Lutero (alcuni dei quali però sono errati) e che al tempo della Riforma fu scomunicata e perseguitata dalla chiesa romana perché affermava che la giustificazione si ottiene soltanto mediante la fede senza le opere, e non accettava il primato del ‘papa’, e il valore delle indulgenze, e l’invocazione di Maria e dei santi ed altre dottrine cattoliche, che oggi a differenza di Lutero, che un giorno affermò che loro si ritenevano ‘separati per l’eternità’ dalla chiesa cattolica romana, dicono che si può e si deve collaborare con i Cattolici romani (mantenendo questi tutti i loro insegnamenti falsi) perché sono anche loro dei Cristiani. Ma c’è un altro motivo per cui vogliamo esaminare e confutare questo discorso di Culmann; ed è quello di mettere in guardia i credenti che si trovano nelle diverse ‘denominazioni’ cristiane da simili discorsi vani. Occorre dire infatti che il discorso che fa Culmann lo fanno, con qualche variante, tanti altri teologi e non teologi anche in altre chiese protestanti; il che costituisce una spinta in verso questa cosiddetta unità nella diversità, come viene chiamata, che in effetti, in base all’inse­gnamento biblico, non è per nulla una unità vera, ma solo una trappola, una rete, un laccio, un qualcosa di malefico che ha come fine di fare dimenticare a molti credenti che la salvezza si ottiene soltanto credendo in Cristo Gesù e non facendo opere buone, cioè il messaggio principale da portare agli uomini, e di farli alleare con quelli che sono dei nemici dichiarati della giustificazione per sola fede, cioè con la chiesa romana. Siamo persuasi che questo nostro discorso, in questo tempo in cui si parla tanto di ecumenismo, scandalizzerà molti o li farà rimanere perplessi, ma non possiamo parlare altrimenti. I fatti parlano chiaro come parlavano altresì chiaramente cinque secoli fa in Europa; la chiesa cattolica romana è idolatra, fonda la sua esistenza sull’impostura, sulla superstizione, sulla menzogna e con essa i veri credenti non possono e non devono in nessuna forma e misura allearsi per non corrompersi anche loro e sviarsi dalla semplicità e dalla purità rispetto a Cristo. Ma veniamo ora alle parole di Oscar Culmann.

-  ‘L’unità nella diversità si può realizzare visibilmente in due modi: anzitutto grazie a una cooperazione ecumenica in certi ambiti particolari, senza che vi sia un’organizzazione della comunione delle chiese; secondariamente grazie a una struttura speciale (...) questa cooperazione dovrà essere continuamente inten­sificata e le manifestazioni individuali di solidarietà dovranno essere sempre più numerose’.[2136] E tra le forme di questa solidarietà che devono essere intensificate Culmann ricorda i dialoghi teolo­gici ecumenici allo scopo di redigere testi comuni, ricerche bibliche comuni, liturgie e culti comuni, istituti comuni, atti­vità sociali comuni; ma si sofferma in particolare sui dialoghi teologici e le celebrazioni ecumeniche. Poi dice che ‘nel campo della teologia i maggiori progressi ecumenici sono stati compiuti nel campo della scienza biblica’ e ci sono ‘delle importanti collane di commenti pubblicate in comune. Le società scientifiche di studi dell’Antico e del Nuovo Testamento comprendono indiffe­rentemente esegeti delle tre confessioni cristiane. L’elaborazio­ne di traduzioni ecumeniche della Bibbia ha dato risultati molto positivi’,[2137] e subito dopo parla della traduzione ecumenica della Bibbia, la TOB (Traduction oecuménique de la Bible, Paris 1975), di cui lui parla con soddisfazione.

Anche in questo caso, si deve constatare un errore di fondo che è comune a tutti questi teologi quando parlano dei Cattolici roma­ni, che è quello di considerarli fratelli in Cristo. A parte il fatto che secondo noi se uno, anche se dice di fare parte di una Chiesa evangelica, si mette a chiamare fratelli i Cattolici romani dati all’idolatria e alla superstizione che affermano che dire di avere la vita eterna è presunzione, deve lui stesso ancora nascere di nuovo, perché morto nei suoi falli e nelle sue trasgressioni, infatti ciò significa che anche lui è ancora un figlio della disubbidienza al pari dei Cattolici romani. Ma noi diciamo a costoro che parlano come parla Culmann: ‘Ma come mai al tempo della Riforma queste forme di solidarietà con la chiesa romana non erano per nulla ricercate dai riformatori? Come mai Lutero o qualcun altro riformatore non avrebbe mai pensato di instaurare un dialogo con i Cattolici romani per dopo redigere un testo comune e neppure mettersi a tradurre la Bibbia assieme ai Cattolici, o di studiare la Bibbia assieme ai Cattolici romani? Non è forse perché la chiesa romana li scomunicava e li insultava dichiarandoli eretici e figli della perdizione, e li paragonava alla peste? E perché avveniva questo? Perché i riformatori, con tutti i loro difetti e quantunque talvolta affermarono delle cose sbagliate, erano dati alla confutazione delle eresie cattoliche romane che stavano menando in perdizione le anime, e desideravano far avere al popolo delle traduzioni della Bibbia nella loro lingua, cosa che la chiesa romana non faceva e non voleva fare perché reputava la Bibbia molto pericolosa nelle mani del popolo da lei conside­rato ignorante. E il loro lavoro portò molto frutto, infatti molti, leggendo i libri di controversia di questi riformatori e la Bibbia in lingua volgare, si resero conto che la salvezza era per grazia e non bisognava fare nulla per meritarla, e che quindi la chiesa romana era nell’errore e seduceva le anime. Non esistevano i dialoghi ecumenici con la stesura di testi comuni come oggi; non esisteva e non veniva procacciata nessuna collaborazione con i Cattolici romani da parte protestante, e questo perché i rifor­matori erano affaticati nell’intento di strappare dalle fauci del papismo più anime possibili. Oggi invece, quantunque la chiesa cattolica romana è la stessa se non peggio di come era nel sedi­cesimo secolo, molti di coloro che hanno beneficiato dell’opera di quei coraggiosi riformatori che per la loro opera esposero la loro vita alla morte, si sono messi in testa che si deve cercare la maniera di unirsi in qualche maniera alla chiesa cattolica romana. Quindi, il messaggio di costoro ai Cattolici romani non è più quello antico, e cioè: ‘Convertitevi dagli idoli all’Iddio vivente e uscite da essa’, ma: ‘Fratelli, le nostre chiese si devono unire perché siamo fratelli’; quindi rimanete dove siete, perché siete al sicuro. Ecco, a quale punto sono giunti le cose oggi; ma io dico: ‘Ma se Lutero o Calvino ed altri fossero vivi oggi, cambierebbero il loro messaggio nei confronti della chiesa roma­na? Non credo affatto. E così la Riforma dopo secoli, rimane per molti solo un evento storico che alla fin fine non insegna proprio nulla; i riformatori sono solo delle persone il cui messaggio contro la chiesa romana oggi non è più valido! Il messaggio da portare ai Cattolici, per molti Protestanti, è un altro oggi! E’ triste constatare tutto questo, quando ci si ricorda delle sofferenze e dei sacrifici che hanno dovuto compiere tanti uomini nei secoli passati qui in Europa per porta­re l’Evangelo ai Cattolici romani! Eppure, e questo lo voglio ribadire con forza, la chiesa cattolica romana, è la stessa di allora!! Eppure, gli anatemi del concilio di Trento contro tutti coloro che non accetteranno i loro sacramenti, i libri apocrifi come canonici, la loro tradizione come rivelazione di Dio, e tante altre imposture vengono ancora citati dai teologi romani per sostenere le loro dottrine!! Eppure, se si leggono i libri di teologia di Bellarmino che combatté molto contro i riformatori, e i libri dei moderni teologi non c’è alcuna differenza (quanto alla sostanza ben inteso perché il linguaggio si è mitigato)!! Ma allora cosa c’è che non va? C’è che molti di quelli che si dicono Protestanti o Evangelici sono ancora morti nei loro falli, e non hanno mai sperimentato la nuova nascita, non si sono mai convertiti a Cristo come i Cattolici romani e perciò stanno bene assieme. Si sa d’altronde che i perduti stanno bene assieme!

-  ‘Quanto ai culti comuni, quelli che sono incentrati sulla predi­cazione non fanno problema al fine di manifestare la comunione delle chiese. E’ con questo spirito che papa Giovanni Paolo II ha predicato a fianco del pastore luterano nella piccola chiesa luterana di Roma. Attualmente esiste uno scambio di predicatori tra numerose comunità. Occorre certamente vegliare, a questo riguardo, perché la predicazione proclami le verità cristiane fondamentali che uniscono tutti i cristiani ed eviti di offendere gli uni o gli altri’,[2138] prosegue Culmann.

Che vergogna, che follia! noi diciamo. Ma qualcuno dirà: questo accade solo tra i Luterani. No, non è vero che lo scambio di predicatori c’è solo tra loro. Io poco dopo essermi convertito ho partecipato ad un congresso del ‘pieno Evangelo’ a Lugano organizzato dall’associazione Uomini Nuovi, dove fu invitato a predicare un prete cattolico romano. La ragione della sua presenza era da ricercarsi nell’abbondanza di carismatici cattolici romani presenti a quel congresso i quali dovevano anche loro avere un loro rappresentante e non sentirsi a loro disagio. Ci sono inoltre diverse Chiese evangeliche che permettono ai preti e ai vescovi di parlare nei loro locali di culto anche in questa nazione. Quello che una volta era scandalo oggi per molti non lo è; e naturalmente questo scambio di predi­catori può avvenire solo perché la parte non cattolica ha rinun­ciato a denunciare le false dottrine della chiesa romana. ‘Sono più le cose che ci uniscono, che quelle che ci dividono’, si sente sovente ripetergli. ‘No, semmai è il contrario’ rispondiamo noi. E poi, in effet­ti, che cosa unisce costoro? Che cosa c’è alla base di questa alleanza? L’amore del denaro; ecco la colla che li unisce. Certa­mente non è l’amore della verità o della giustizia, perché chi ama la verità e la giustizia non può allearsi con un prete o un vescovo o con un cardinale o con il cosiddetto papa.

-  Culmann, facendo poi notare come ancora, dato che permangono divergenze dottrinali sul significato della cena del Signore con la chiesa romana, non è possibile celebrare l’eucaristia assieme a loro dice: ‘Dal momento che oggi non è possibile un’intercomu­nione generale, vorrei tornare su un suggerimento da me già altra volta avanzato: quello di riprendere un uso della chiesa antica reintroducendo, a fianco della celebrazione dell’eucaristia, l’antica celebrazione delle ‘agapi’ alle quali possono partecipa­re le chiese separate (...) Queste agapi dovrebbero svolgersi nelle sale parrocchiali, o meglio ancora, possibilmente in case private e a turno tra cattolici e protestanti’.[2139]

E quindi, secondo costui, noi credenti dovremmo organizzare delle agapi con i Cattolici romani perché essi sono nostri fratelli. Non abbiamo nulla contro l’agape in se stessa, ma noi non ci sentiamo di invitare i Cattolici romani che adorano statue e immagini ad un agape perché Paolo dice: “Quel che v’ho scritto è di non mischiarvi con alcuno che, chiamandosi fratello, sia un ... idolatra (...) con un tale non dovete neppur mangiare”.[2140] Altra cosa invece è l’invitare un Cattolico romano a mangiare perché è nel bisogno, con lo scopo naturalmente di guadagnarlo a Cristo.

-  Passando poi ad esaminare la questione se ‘una comunione degna di questo nome è possibile senza un minimo di struttura’,[2141] Culmann afferma: ‘..la comunità di chiese che progettiamo, benché non sia a sua volta una chiesa, dovrebbe essere dotata di una soprastrut­tura, più o meno flessibile, rispettosa delle strutture partico­lari delle chiese accolte nel suo seno. Anche qui: unità nella diversità’.[2142] Ma c’è un problema, ed è quello del papa che si ritiene il garante dell’unità delle chiese cristiane perché secondo i Cattolici Dio ha costituito il successore di Pietro, ossia il vescovo d Roma, ‘perpetuo e visibile principio e fonda­mento dell’unità’. Come risolvere questa questione molto compli­cata? In altre parole Culmann domanda: ‘In che modo la chiesa cattolica, senza abbandonare la sua pretesa di possedere già nel ministero petrino la garanzia dell’unità, può trovare il posto che le compete in seno a una comunità nella quale le chiese membri ricercano insieme una unità?’[2143] Ed egli dà pure la risposta: ‘A meno di rinunciare definitivamente ad accogliere la più grande delle chiese cristiane, non è possibile nessuna struttura comune senza una concessione reciproca: da una parte la concessione delle chiese non cattoliche nella forma di una accettazione limitata di certi elementi costitutivi della chiesa cattolica per la creazione di una soprastruttura, alla condizione che ciò non sia in contrasto con la loro fede; dall’altra parte la concessio­ne della chiesa cattolica sotto la forma di un riconoscimento di questa limitazione, senza abbandono dei propri dogmi’.[2144]

E’ chiaro dunque il progetto di Culmann; cercare di formare una superstrut­tura facendo delle concessioni, cioè riconoscendo in un certo limite il papa, e da parte cattolica fare la concessione di accettare questa limitazione! E tutto questo per quale motivo? Per non perdere la più grande delle chiese cristiane! Errore, grave errore quello di Culmann nel definire Chiesa cristiana la chiesa cattolica romana. Questo significa che lui ha dimenticato che cosa è il cristianesimo e che cosa fa cristiana una chiesa, e non solo, egli ha pure dimenticato che la chiesa cattolica romana nel definire il suo papa segno visibile dell’unità e principio e fondamento dell’unità, non fa altro che dire, o riconoscete il papa e vi sottomettete a lui perché costituito da Dio per mante­nere unita la Chiesa di Cristo, o altrimenti non avrete mai l’unità delle chiese. Insomma, senza il papa, l’unità non è possibile, il suo servizio è indispensabile!! Ma, a prescindere che il cosiddetto successore di Pietro, è un impostore, da quando in qua nella Scrittura si legge che Pietro fosse il prin­cipio e il fondamento dell’unità, come se fosse Pietro che teneva unita la Chiesa intera al suo tempo? E’ l’amore e non il papa che tiene legati i credenti l’uno all’altro infatti Paolo pregando per i Colossesi dice: “affinché siano confortati nei loro cuori essendo stretti insieme dall’amore...”.[2145] Quindi non c’è proprio bisogno di questo cosiddetto servizio petrino per rimanere uniti ai credenti delle altre chiese; basta amarli come Cristo ci ha comandato di fare. Sì, i fratelli quando mediante l’amore servono gli uni gli altri si mantengono uniti, e non hanno bisogno di Giovanni Paolo II e neppure dei suoi prossimi successori. E poi, i papi hanno sempre cercato il loro interesse; la storia ce lo insegna; sono avidi di potere dal primo all’ultimo; ma che servizio possono giammai rendere alla Chiesa di Dio? Semmai, cercano di distrug­gerla, ma non cercano proprio di edificarla! Questo ancora oggi, nel ventesimo secolo. Molti Protestanti oggi nei loro discorsi ecumenici dicono: ‘Con Pietro, ma non sotto Pietro’; volendo così dire che sono disposti a collaborare assieme al cosiddetto successore di Pietro ma non a riconoscere in lui il capo della Chiesa per un suo particolare diritto divino accordatogli da Dio. Noi riteniamo che in base all’insegnamento biblico, questa volpe non debba essere fatta entrare nella vigna di Dio perché con la sua astuzia e il suo potere la guasterebbe; è uno di quelli di fuori. Il suo posto non è in mezzo al popolo di Dio riscattato con il sangue di Cristo, ma in mezzo agli idolatri, ai superstiziosi, ai figli della disubbidienza come lui. Si ravveda, e creda nel Vangelo, ed esca dalla chiesa romana abbandonando la sua posizione, allora, e solo allora lo potremo accogliere come un nostro fratello, ma non prima. Qualcuno dirà: ‘Ma che dici? Guarda che il papa vuole il bene della Chiesa’. No, lui non vuole il nostro bene, come non lo hanno voluto i suoi predecessori. Da che cosa si comprende questo? Dal fatto che lui nell’ovile delle pecore cerca di en­trarci non per la porta ma da un’altra parte. E Gesù ha detto: “In verità, in verità io vi dico che chi non entra per la porta nell’ovile delle pecore, ma vi sale da un’altra parte, esso è un ladro e un brigante”.[2146] E chi è la porta? Cristo. Ma lui questa porta la ignora; egli ha un’altra porta ed è Maria, la ‘porta del cielo’. Seguendo lei però, nella maniera in cui prescrive la chiesa romana, non si entra né nella Chiesa di Dio e neppure nel cielo, ma si rimane nel buio e si va all’inferno.

Per concludere; noi riteniamo che è impossibile avere comunione con i Cattolici romani perché noi siamo luce nel Signore mentre loro sono tenebre e non v’è comunione tra la luce e le tenebre. Come fanno dunque alcuni credenti a pensare di potere avere comu­nione con le tenebre? Noi abbiamo parlato con molti Cattolici romani fino adesso, ma con nessuno di essi abbiamo sentito comu­nione. Il fatto dunque che alcuni ci stiano bene assieme a loro è segno che essi o prima camminavano nella luce e poi si sono corrotti perché le tenebre gli hanno accecato gli occhi o altri­menti sono nelle tenebre e non hanno mai visto la luce nella loro vita. Quantunque siamo contro l’ecumenismo, pure siamo per la verità e cerchiamo il bene dei Cattolici romani; il nostro desiderio infatti, nello scrivere contro questo falso ecumenismo, è che i Cattolici romani vengano salvati e vengano alla conoscenza della verità. Diletti, ho voluto esporvi brevemente queste cose per mettervi in guardia da coloro che cercano di sedurvi con le loro dolci parole ecumeniche; affinché perseveriate nella fede, e riteniate ferma­mente fino alla fine quello che avete udito dal principio per ottenere in quel giorno dal Signore la corona di giustizia.

COSE PASSATE DA NON DIMENTICARE

Le persecuzioni contro i Valdesi, gli Ugonotti, gli Anabattisti e i Pentecostali

 

A questo punto fratelli voglio parlarvi di diverse cose che il papato nel corso dei secoli passati ed anche in questo nostro secolo ha fatto e detto contro coloro che si separarono dalla chiesa cattolica a motivo della loro fede nel Vangelo. Il tempo verrebbe meno se dovessi mettermi a parlare di tutte le persecuzioni che secoli fa i papi qui in Europa perpetrarono contro tanti uomini che predicarono la parola della fede, che predicarono contro la tradizione della chiesa papista, che fecero di tutto per fare avere al popolo le Scritture tradotte nella loro lingua. Mi limiterò quindi a parlare solo di alcune di queste persecuzioni eccitate da papi sanguinari, violenti e spietati. Ma prima di iniziare a parlarne voglio citare alcune parole di Agostino di Ippona perché è su di esse che la chiesa cattolica romana si è perlopiù basata nel corso dei secoli per sostenere che è giusto perseguitare coloro che ancora non fanno parte di essa affinché si convertano al cattolicesimo e coloro che escono dal suo seno per farli tornare nel suo grembo. In sostanza, secondo queste parole di Agostino è giusto da parte della Chiesa - per mezzo delle autorità statali - fare perseguitare gli increduli affinché si convertano al cristianesimo e fare perseguitare gli eretici, ossia coloro che si sviano dalla verità per andare dietro ad eresie, per farli tornare nel seno della Chiesa. Ecco le sue affermazioni a tale proposito: ‘Tu pensi che nessuno deve essere costretto alla virtù, sebbene tu legga che il padre di famiglia disse ai servi: Costringete ad entrare tutti quelli che troverete. Pensi così, sebbene tu legga come Saulo, che poi divenne Paolo, fu spinto a conoscere ed abbracciare la verità con un atto di forza compiuto da Cristo, che ve lo co­strinse (...) E tu pensi che non si devono usare i mezzi coercitivi con le persone, perché si liberino dalla calamità dell’errore, men­tre, dagli esempi incontestabili surriferiti, vedi che agisce in questo modo proprio Dio, di cui nessuno ci ama in modo più van­taggioso per noi’;[2147] ‘E’ comunque certo che i cattivi hanno sempre perseguitato i buoni, ed i buoni i cattivi, gli uni nocendo con l’ingiustizia, gli altri giovando con le sanzioni disciplinari; agendo gli uni inumanamente, gli altri moderatamente; servendo gli uni alla cupidigia, gli altri all’amore. Voglio dire: il carnefice non bada al modo con cui strazia, il medico invece bada al modo con cui taglia; questi infatti cerca di ottenere la sanità, quello invece la cancrena. Gli empi uccisero i Profeti, ma pure i Profeti uccisero degli empi. I Giudei flagellarono Cristo, ma anche Cristo flagellò i Giudei (...) Sia nel Vangelo, sia negli scritti degli Apostoli, non si ri­scontra alcun caso in cui ai re della terra sia stato chiesto l’intervento a difesa della Chiesa contro i suoi nemici. Chi lo nega? Bisogna però tenere presente che ancora non si era avverata la profezia che dice: E adesso, o re, fate giudizio; ravvedetevi, o giudici della terra; servite il Signore con timore! Ancora infatti si avverava quanto si legge poco prima nel medesimo salmo: Perché mai le genti si sono agitate e i popoli hanno medi­tato vani disegni? Sono insorti i re della terra, i principi hanno cospirato contro il Signore e contro il suo Cristo. D’altra parte però, se i fatti narrati dai Libri profetici erano figure di quelli che sarebbero accaduti in futuro, nel monarca chiamato Nabucadonosor erano pure raffigurati due periodi della storia: il periodo cioè trascorso dalla Chiesa sotto gli Apostoli e quello prefigurato nel periodo in cui il summenzionato re costringeva i buoni e i giusti ad adorare la propria statua e faceva gettare nel fuoco quelli che vi si rifiutavano. Adesso invece si avvera quello che accadde nel periodo successivo, prefigurato nel mede­simo re, quando cioè egli, convertitosi al culto del vero Dio, decretò che se uno nel suo regno avesse bestemmiato il Dio di Sidrac, Midrac e Abdenago, venisse punito coi meritati castighi. Il primo periodo di quel re indica perciò il primo atteggiamento dei re pagani, in cui i Cristiani furono perseguitati invece degli infedeli; il periodo successivo di quel re, invece, prefi­gurò i tempi dei re posteriori, già fedeli, nei quali invece dei Cristiani, vengono perseguitati gli infedeli. Ma senza dubbio verso quei Cristiani che errano perché sono stati sedotti dagli eretici, si usa una severità temperata, e di preferenza la man­suetudine (...); mediante le pene dell’esilio e di multe cerchiamo di richiamarli a considerare che cosa e per qual causa essi le subiscono, in modo che imparino a preferire alle chiacchiere e alle calunnie umane le Sacre Scritture da essi lette’.[2148] Ecco cosa insegnava colui che i Cattolici romani chiamano il santo dottore o il più grande dei dottori della Chiesa e che persino tanti credenti tengono in alta stima! Questa è una eresia (una delle sue tante) che si oppone nettamente alle parole di Cristo e degli apostoli. I figliuoli di Dio non devono per nulla ricorrere alle autorità statali per convertire con la forza gli increduli o per fare tornare nel loro mezzo coloro che si sono sviati dalla verità; ma essi devono predicare loro il Vangelo, dimostrare loro ogni mansuetudine e pregare per loro nella speranza che Dio dia il ravvedimento ad ambedue. Paolo scongiurava Giudei e Gentili a ravvedersi e a credere nel Signo­re Gesù Cristo, e per loro pregava, lasciandoci così l’esempio; ma mai insegnò a fare uso o lui stesso fece uso direttamente o indirettamente della persecuzione per convertirli, perché egli sapeva che Dio dice: “Non per potenza né per forza, ma per lo Spirito mio...”.[2149] L’apostolo sapeva che il ravvedimento è Dio a concederlo secondo il beneplacito della sua volontà a chi vuole e che la fede non è qualcosa che un uomo può imporre con la forza al suo simile perché essa è il dono di Dio. E la stessa cosa vale per coloro che si sono sviati dalla verità: Egli dice infatti a Timoteo come deve comportarsi con loro: “Or il servitore del Signore non deve contendere, ma dev’essere mite inverso tutti, atto ad insegnare, paziente, correggendo con dolcezza quelli che contraddicono, se mai avvenga che Dio conceda loro di ravvedersi per riconoscere la verità; in guisa che, tornati in sé, escano dal laccio del diavolo, che li avea presi pri­gionieri perché facessero la sua volontà”.[2150] Nessuna forza quindi è lecito usare alla Chiesa - né direttamente, e né indirettamente ricorrendo al braccio secolare - per persuadere e convertire gli increduli o gli sviati. E potrei prendere molte e molte altre Scritture per dimostrare che Agostino ha detto il falso quando dice che la Chiesa fa bene a perseguita­re gli infedeli e gli eretici al fine di bene cioè al fine di persuaderli che sono nell’errore e farli volgere alla verità. Ma io dico: ma non è forse vero che Gesù ha detto di amare i nostri nemici e di fare del bene a quelli che ci odiano (i quali naturalmente non sono d’accordo con noi in materia di fede e dottrina), e che lui stesso ci ha lasciato l’esempio per­fetto di cosa significa amare i propri nemici e pregare per coloro che sono nemici, e che questo esempio noi dobbiamo seguire? Che hanno a che fare dunque i ‘castighi meritati’, che Agostino dice è giusto infliggere ai pagani e agli eretici appoggiandosi sull’autorità statale, con il Vangelo? Niente. Come la notte non ha nulla a che fare con il giorno, come l’iniquità non ha nulla a che fare con la giustizia. Che dire allora dei ragionamenti fatti da Agostino a sostegno dell’uso della forza da parte della Chiesa contro i suoi nemici? Essi sono vani, diabolici, follia.[2151] Il suo modo di ragionare in sostanza è questo: ‘Il fine buono, cioè la conversione degli increduli e quella degli eretici, giustifica la persecuzione da parte dei credenti (e quindi il male compiuto) nei loro confronti’. Ma la Parola di Dio non dice così; essa condanna coloro che la pensano in questa maniera. Paolo disse ai santi di Roma a riguardo di coloro che attribuivano a lui e ai suoi collaboratori la massima: “Perché non facciamo il male affinché ne venga il bene? La condanna di quei tali è giusta”.[2152] Perciò al bando i sofismi di Agostino, i suoi perversi ragionamenti che nel corso dei secoli sono serviti al papismo, per perseguitare e torturare - con le sue mani o per mezzo delle mani delle autori­tà - i non Cattolici per farli diventare Cattolici, e quelli che esso chiamava ‘eretici’ per farli tornare nel suo seno. Chi vuole accertarsi di persona quali siano state le nefaste conseguenze dell’errata interpretazione agostiniana alle parole di Gesù: “Costringili ad entrare”,[2153] si vada a leggere la storia del papato da Agostino in poi e soprattutto la storia dell’Inquisizione (che fece centinaia di migliaia di morti). Ma, dicono ora i Cattolici, il medioevo fece male a giustificare i suoi abusi con la dottrina agostiniana e di certo se Agostino fosse stato vivo non li avrebbe approvati quegli abusi. Quindi, la dottrina agostiniana è retta per i Cattolici romani, ma la chiesa del medioevo compì l’errore di usarla per difendere i suoi abusi! Ma qui non si tratta di stare a dire che gli abusi del medioevo furono a torto giustificati con la dottrina agostiniana, il fatto è che la dottrina agostiniana è storta in ogni caso, sia che venga usata per giustificare degli abusi o per giustificare quelli che non vengono definiti abusi. La forza umana, la mole­stia, la paura e il terrore di essere torturati o messi a morte da altri uomini, ed ogni tipo di persecuzione non devono essere usati da parte della Chiesa di Dio in nessuna misura contro gli increduli o contro coloro che si sviano dalla verità. Chi lo fa è corrotto, riprovato quanto alla fede; e benché dica di essere da Dio è dal diavolo.[2154]

Ma vediamo ora quali sono state alcune conseguenze pratiche di questo perverso e diabolico modo di pensare della curia romana (che lo ripeto si basa molto sulle parole di Agostino), che personalmente ritengo sia ancora presente nei cuori di coloro che sono ai vertici della chiesa romana per il semplice motivo che i decreti contro gli eretici emanati dai concili ecumenici (che citeremo fra breve) sono considerati irreformabili e non possono essere smentiti perché pronunciati sotto l’assistenza infallibile dello Spirito Santo (e poi se la chiesa cattolica dichiarasse quei decreti malvagi dovrebbe di conseguenza mettersi contro i suoi ‘santi’ papi, il che non ritengo proprio essi siano disposti a farlo, e poi risulterebbe che la chiesa ha errato nel passato e perciò non è infallibile come dice di essere, il che andrebbe contro l’immagine che dà la chiesa papista agli ignoranti). In sostanza io ritengo che se essi potessero cioè se le circostanze fossero uguali a quelle di un tempo, ci imprigionerebbero, ci torturerebbero e ci metterebbero a morte bruciandoci vivi o impiccandoci o tagliandoci la testa, appoggiandosi ancora sulle parole di Agostino, come hanno fatto verso molti altri nei secoli addietro. Lo so che passo da grande pessimista dicendo queste cose in questo periodo di intenso ecumenismo, ma non posso parlare altrimenti dopo avere studiato il comportamento della chiesa cattolica romana nel corso dei secoli passati.

-  La persecuzione contro i Valdesi.

Nel 1179 il concilio del Laterano, sotto Alessandro III, affermò contro gli eretici: ‘...tutti i fedeli devono opporsi energicamente a questa peste (catari, ecc.) ed anche prendere le armi contro di essi. I beni di questa gente saranno confiscati e sarà permesso ai principi di ridurli in schiavitù. Chiunque, seguendo i consigli dei vescovi, ecc., prenderà le armi contro di essi, avrà una remissione di due anni di penitenza e sarà, come tutti i crociati, posto sotto la protezione della Chiesa’.[2155] E nel 1208 per ordine di Innocenzo III, che si rifece al suddetto canone, ci fu una dura persecuzione contro i Catari e gli Albigesi nel sud della Francia: le vittime secondo alcuni ammontarono ad oltre sessantamila persone.[2156] E’ vero che i Catari e gli Albigesi, quantunque dicevano di basarsi sul Nuovo Testamento, insegnavano delle eresie (affermavano per esempio che il vero Dio non si era incarnato in Cristo e condannavano il matrimonio) ma questo non giustifica affatto il comportamento verso di loro della chiesa papista perché non è questo l’atteggiamento che, in base alla Scrittura, si deve avere verso gli eretici. Che poi non si può dire che furono dei Cristiani a perseguitare quegli eretici, ma altri eretici cioè i Cattolici romani di allora.[2157]

Ma tra coloro che furono oggetto della persecuzione del 1208 ordinata da Innocenzo III contro gli eretici, ci furono anche i Valdesi che eretici non erano (quantunque qualche residuo di cattolicesimo l’avevano ancora). Il movimento Valdese aveva fatto la sua comparsa in Francia durante l’ultimo quarto del dodicesimo secolo. Esso aveva preso il nome da Pietro Valdo, un ricco mercante di Lione che convertitosi al Vangelo verso il 1176 organizzò una compagnia nota col nome di ‘Poveri di Lione’. Egli voleva assieme ai suoi seguaci predicare l’Evangelo rimanendo ‘laico’, ma questo gli fu vietato dal papa che scomunicò sia lui che i suoi seguaci perché essi si rifiutarono di smettere di predicare. Molti di loro, in seguito alla grande persecuzione che ci fu nel sud della Francia sotto Innocenzo III, si ritirarono nell’Italia settentrionale; so­prattutto nelle valli del Piemonte. Ma anche qui continuarono ad essere visti di malocchio dal papato; e furono periodicamente perseguitati dalle autorità che venivano incitate contro di loro dal clero romano che voleva estirparli dal Piemonte. Durante la persecuzione che essi subirono in alcune valli Piemon­tesi nel 1655 (per citare solo una delle tante), essi furono minacciati di morte e di confisca dei beni dalle autorità nel caso non avessero abiurato la ‘Religione riformata’ e non fossero tornati alla chiesa roma­na. Ma essi preferirono fuggire e lasciare i loro beni anziché rinnegare la loro fede; ecco come viene descritta questa loro fuga in un libro che parla delle loro persecuzioni subite nel 1655: ‘Abbandonarono le loro case con mogli e figli, grandi e piccoli, sani e malati, trasci­nandoli sotto la pioggia, la neve, nel gelo e nella miseria, tra singhiozzi e lamenti, come ognuno può immaginare. Tutte queste migliaia di persone, povere e mal vestite, costrette a fuggire sulle montagne e nelle caverne per cercare un riparo, senza poter portare quasi nulla dei loro beni, si raccomandavano tuttavia a Dio ed erano risolute a giungere fino all’estremo pure di non cambiare Religione. Il coraggio che Dio dette loro di abbandonare piuttosto i beni terreni che non quelli celesti, fu di grande consolazione per le altre chiese e meravigliò gli avversari: tanto più che ognuno conosce i grandi vantaggi che vengono offerti in quelle terre a tutti coloro che abiurano la Religione riformata, vale a dire la grazia per i criminali, la liberazione per i prigionieri, l’esenzione dalla taglia ed ogni altra imposta ed aggravio reale e personale per la durata di cinque anni dal giorno dell’abiura’.[2158]

Ma ci furono anche coloro che furono trucidati dalle truppe di S.A.R, da sei Reggimenti dell’esercito francese, dalla milizia del Piemonte ed anche da banditi e malfattori liberati dalle prigioni. Nel libro appena citato viene detto anche che ‘i confessori, poi, per infervorare il più possibile il popolo perché accorresse a questa crociata, avevano distribuito dei biglietti stampati con la promessa di indulgenza plenaria a chiunque si rendesse utile per la distruzione di quei pretesi eretici’.[2159]

Nel racconto dello stermi­nio di quelle persone in alcuni paesi troviamo le seguenti paro­le: ‘L’indomani 22 (Aprile 1655), gli incendiari e i massacratori non rimasero certo inerti: un monaco dell’ordine di San Francesco ed un prete, che hanno voluto avere l’onore di essere i principali incendiari, potendo agire con le loro armi speciali in tutta tranquillità, appiccarono il fuoco al tempio di San Giovanni e a quasi tutto ciò che rimaneva in piedi di case a Torre e a parte di Angrogna. Là dove trovavano ancora qualche angolo risparmiato dai primi incendi, il prete non faceva altro che sparare un colpo della sua carabina incendiaria per completare la distruzione. E i soldati, implacabili, corsero fin sui punti più alti delle montagne, in posti che sembravano inaccessibili, per sgozzare tutte le creatu­re che incontravano, benché non opponessero alcuna resistenza (anzi, avrebbero dovuto con le loro lacrime fare cadere le armi dalle mani dei più barbari cannibali). Nel solo Tagliaretto, paese posto su una delle colline più alte di Torre, dopo avere fatto mille obbrobri a 150 donne e bambini, tagliarono loro la testa. Ne hanno fatto cuocere altre e ne hanno mangiato il cer­vello, ma poi hanno smesso dicendo che era troppo scipito e avrebbe fatto loro male allo stomaco: di questo si è vantato un uomo di Cumiana in presenza di tre persone del Delfinato degne di fede. Molti poi sono stati fatti a pezzi ed i carnefici se li gettavano l’un l’altro. Ad una povera donna che è sfuggita loro e vive ancora, benché sia stata orribilmente mutilata, hanno preso il bimbo in fasce e sono andati a sbatacchiarlo sull’orlo di un precipizio; altri fanciulli sono stati schiacciati contro le rocce, altri uccisi crudelmente sotto gli occhi delle loro madri. Molti sono stati dilaniati e tagliati a metà. Infatti due soldati prendevano una di queste creature innocenti, uno da una parte e uno dall’altra, tiravano ognuno dalla sua parte e poi se la scagliavano l’un l’altro. Hanno spogliato interamente molte persone senza distinzione né di età, né di sesso, ne hanno ta­gliuzzato i corpi in modo da fare fremere al solo sentirlo rac­contare, vi hanno poi sparso del sale e della polvere, li hanno rivestiti con camicie imbevute di alcol e, appiccatovi il fuoco, le hanno fatte bruciare su quei poveri corpi martoriati. Ad altri sono stati conficcati dei chiodi e dei cunei nella testa, altri sono stati legati nudi, la testa fra le gambe, e fatti rotolare da precipizi senza risparmiare un tale Pierre Simond di Angrogna, centenario, né sua moglie novantacinquenne. Molti sono stati bruciati nelle loro case, senza prima averli voluti uccidere, cosa che essi invocavano come una grazia. Per esempio a San Giovanni, in una frazione chiamata i Brunerols, i soldati fecero irruzione da Maria di Praviglielmo e da Margherita della Carret­tera, che, per la debolezza della loro età ed altre infermità, non avevano potuto fuggire: dopo averle sollecitate ad andare alla messa, cosa che esse rifiutarono tenacemente, le bruciarono vive insieme alle loro case. Fecero lo stesso a ‘Madona’ Lena della Torre, ottantenne cieca, a ‘Magna’ Jeanne, novantenne, ed a molti altri sia uomini che donne. Ad alcuni è stato squarciato il petto, ad altri sono state strappate le viscere e tagliate le parti vergognose; dopo avere abusato di alcune donne hanno con­ficcato loro nel ventre molte pietre e in questa posizione sono state trascinate finché non hanno esalato l’ultimo respiro’.[2160] E tutto questo avvenne perché il clero romano aveva fatto pres­sione sulle autorità piemontesi affinché distruggesse i Valdesi.

-  La persecuzione contro gli Ugonotti in Francia.

Gli effetti della Riforma iniziata in Germania si fecero sentire anche in Francia, dove molte migliaia di persone adottarono i principi della Riforma dando importanza alla Bibbia in questioni di fede e di morale ed alla dottrina della giustificazione per fede. Anche costoro, come tutti quelli che adottarono questi prin­cipi, furono chiamati dalla curia romana Protestanti. Essi in seguito furono chiamati Ugonotti. Contro di loro furono ordite persecuzioni da parte di Francesco I e di Carlo IX. A proposito della persecuzione ordita da Carlo IX contro gli Ugonotti ci sono le prove che fu l’allora papa Pio V (1566-1572) a fomentarla e ad incorag­giarla. Le prove sono queste lettere che lo stesso Pio V scrisse. In una di queste egli eccita il re Carlo IX ‘ad esterminare tutti quei scellerati eretici, a massacrare tutti i prigionieri di guerra, senza avere riguardo per alcuno, senza rispetto umano, e senza pietà; imperocchè non vi poteva né vi doveva mai essere pace fra Satana e i figli della luce’. Essi dovevano essere intieramente sterminati, ‘affinché la razza degli empi non pullulasse di nuovo, ed anche per piacere a Dio, il quale preferisce ad ogni altra cosa che si perseguitino aperta­mente e piamente i nemici della religione cattolica’. In un altra lettera allo stesso re, Pio V dice: ‘E questo otter­rai (cioè di ristabilire la Francia nel suo splendore), se niun riguardo di persone o di cose potrà giammai indurti a perdonare ai nemici di Dio (...) imperciocchè in niun altro modo potrai placare Iddio, se non punirai severessimamente, con le pene dovute, le ingiurie che questi uomini scelleratissimi fanno a Dio’. Temendo che il re Carlo IX non fosse abbastanza crudele, Pio V scrisse alla regina madre: ‘Ci è stato detto che costì vi sieno alcuni i quali si adoperano acciò sieno liberati alcuni di quegli eretici prigionieri, e cerchino rimandarli impuniti. Tu adunque devi fare di tutto acciò cotali scelleratissimi uomini sieno puniti coi dovuti supplizi’, ed in un altra lettera: ‘Guardati bene, carissima figlia in Cristo, dal credere che si possa fare qualche cosa più cara e più accetta a Dio, fuori di quella di distruggere i suoi nemici per amore della religione cattolica’. Fu in questa maniera che Pio V (il quale è annoverato tra i santi della chiesa romana e come santo è venerato e pregato) preparò la strage di migliaia di Ugonotti detta della notte di Bartolomeo, avvenuta a Parigi nelle notti del 23 e 24 Agosto 1572.[2161] Vediamo ora come fu accolta a Roma la notizia dell’avvenuta strage. Giacomo Augusto de Thou Presidente del parlamento di Parigi, autore cattolico, nel libro 53 della sua Storia Universale, racconta la gioia che fu dimostrata dalla corte di Roma al primo annunzio della strage eseguita. Ecco le parole di de Thou: ‘Giu­nta in Roma la notizia del massacro di Parigi, la gioia che essa vi arrecò fu al di là di quanto possa dirsi. Le lettere del Nunzio furono lette il 6 Settembre nel concistoro; e tosto fu risoluto che il papa (che era Gregorio XIII succeduto a Pio V morto nel mese di maggio del 1572) accompagnato dai cardinali andrebbe alla Chiesa di S. Marco per ringraziare Dio solennemente della grazia singolare che aveva fatto alla S. Sede ed a tutta la cristianità: che il lunedì seguente si canterebbe una messa di ringraziamento alla Minerva colla assistenza del papa e cardinali, e che si pubblicherebbe un giubileo universale; perché i nemici della verità e della Chiesa erano stati massacrati in Francia’. Oltre a ciò il papa fece dipingere i principali episodi della strage dal celebre pittore Vasari, nella sala dei re al Vaticano, e fece coniare una medaglia col busto del papa da un lato, e dall’altro un angelo colla spada nella destra, e una croce nella sinistra, in atto di uccidere gli Ugonotti, col motto UGONOTTORUM STRAGES 1572.[2162] Leggendo queste cose ci vengono alla mente le parole di Gesù Cristo: “L’ora viene che chiunque v’ucciderà, crederà di offrir servigio a Dio. E questo faranno, perché non hanno conosciuto né il Padre né me”.[2163]

-  La persecuzione contro gli Anabattisti.

Furono chiamati inizialmente Anabattisti perché ribattezzavano coloro che erano stati battezzati da fanciulli non considerando valido il battesimo dei neonati. Comparvero in Europa nel primo ventennio del sedicesimo secolo; erano, oltre che contro il pedobattesimo e le altre imposture del papato, contro il prestare giuramento, erano antimilitaristi e contrari a qualsiasi uso di forza o per offesa o per difesa.[2164] E per queste ragioni essi furono crudelmente perseguitati dalla chiesa papista.[2165] Molti di loro furono annegati nei fiumi, sepolti vivi, bruciati vivi ed altri decapitati. Tra le tante testimonianze dei martiri di questi nostri fratelli che si trovano nel libro Storia popolare dei Battisti trascrivo queste: ‘Due giovinette, da poco battezzate a Bamberg furono arrestate, incarcerate e severamente torturate. Ma esse non cedettero davanti alle sofferenze. Quando furono menate alla morte portavano in testa delle corone di paglia, poste loro per derisione. ‘Giacché Cristo - disse una di loro alla sua compagna - portò una corona di spine per noi, perché non dobbiamo noi in onore suo portare queste corone di paglia? Il nostro Dio fedele, al posto di queste ci metterà in testa una bella corona d’oro, e di fiori che non appassano’. Così andarono con gioia al rogo’;[2166] ‘Filippo II, figlio dell’imperatore Carlo V, rinnovò l’editto del 1550, coll’aggiunta di alcuni articoli nel 1560 e di nuovo nel 1563. Un riassunto di esso farà comprendere la condizione pericolosa dei credenti di quell’epoca nei Paesi Bassi: ‘Nessuna persona doveva lasciare le Fiandre e l’Olanda senza permesso dei sacerdoti e dei magistrati. Ogni immigrante era obbligato a dare le prove del battesimo dei suoi figliuoli, secondo il rito della chiesa di Roma. Le levatrici, sotto giuramento, dovevano assicurare il battesimo di ogni neonato, alla cui nascita assistevano, e dare rapporto ai magistrati in ogni caso di trascuranza. Le riunioni protestanti dovevano essere proibite e soppresse. I genitori dovevano mandare i loro figliuoli in Chiesa ed alla scuola. I negozi dei librai, come i fagotti dei rivenditori ambulanti, dovevano essere perquisisti in cerca di pubblicazioni ereticali. Ognuno era obbligato ad assistere alla Messa ogni Domenica ed ogni festa di precetto. L’assenza di un mese portava una pena a discrezione dei giudici. Nessuno sospetto di eresia poteva occupare un posto di fiducia. Oltre a tutto questo rimasero in vigore tutti i provvedimenti riguardo alla distruzione degli eretici, col fuoco, colla decapitazione, coll’annegamento, ecc.’;[2167] ‘Nell’anno 1551 Jeronimus Segerson ed un altro furono bruciati ad Anversa. Le lettere di Segerson, scritte mentre era in carcere, dimostrano uno spirito di profonda pietà e di virile fermezza: ‘Preferirei - egli disse - essere torturato dieci volte al giorno, ed essere infine arrostito sulla graticola, anziché rinunziare alla fede che io ho confessata’. La moglie di lui fu annegata. La storia del suo martirio è così interessante che conviene riprodurla qui. (...) Essa apertamente e con grande coraggio confessò la sua fede davanti al tribunale, nella presenza dei magistrati e della moltitudine. Fu interrogata innanzi tutto sul battesimo. Essa disse: Io riconosco un sol battesimo, quello che era praticato da Cristo e dai suoi discepoli, e che è stato trasmesso a noi’. ‘Che cosa ritenete voi riguardo al battesimo dei neonati?’ domandò lo sceriffo. A cui Lysken rispose: ‘E’ null’altro che un’istituzione umana!’ Allora i magistrati si levarono per consultarsi insieme, mentre Lysken spiegava al popolo la ragione della sua fede (...) Mentre era condotta via dal tribunale essa disse al popolo: ‘Sappiate che io non soffro per disonestà, né per omicidio, né per qualsiasi peccato, ma solo per la incorruttibile Parola di Dio!’ Quando fu di nuovo racchiusa nel carcere i frati tentarono invano di distoglierla dalla sua fede. La mattina dopo soffrì il martirio (...) condussero quella pecora al fiume Scheldt, la misero in un sacco, e l’annegarono...’.[2168]

Spero vivamente che queste testimonianze servano a risvegliare dal sonno coloro che in mezzo alle Chiese evangeliche hanno intenzione di riconoscere il pedobattesimo cattolico per amore della cosiddetta unità cristiana sbandierata dalla chiesa papista.

-  La persecuzione contro i Pentecostali in Italia.

Il movimento pentecostale italiano sin dal suo ‘sorgere’ all’inizio di questo secolo incontrò la forte opposizione della chiesa papista. Certo, anche gli altri movimenti evangelici nei primi decenni di questo secolo in Italia incontravano la forte ostilità del clero romano; perché anch’essi predicavano la parola della fede e riprovavano le eresie della chiesa romana (ricordiamo quello battista, quello metodista e quello della Chiesa dei Fratelli). Ma qui vogliamo sof­fermarci brevemente sulla persecuzione che, a cominciare dal 1935, subirono quei nostri fratelli che venivano chiamati Pentecostali perché accettavano e predica­vano il battesimo con lo Spirito Santo che gli antichi discepoli ricevettero il giorno della Pentecoste; ed anche ‘tremolanti’ perché, sotto la potenza dello Spirito Santo taluni venivano visti tremare. Diciamo dal 1935 in poi, perché fu in quell’anno che uscì da parte del Ministero degli Interni del governo fascista capeggiato da Mussolini, la circolare n. 600/158 che vietava l’esercizio del culto pentecostale, e che la persecuzione contro i nostri fratel­li si fece molto più dura. La circolare venne diramata dal sottosegretario Buffarini-Guidi ai prefetti del Regno, e in essa l’autorità diceva che il culto professato dai Pentecostali si concretava ‘in pratiche religiose contrarie all’ordine sociale e nocive all’integrità fisica e psichica della razza’, e pertanto si doveva provvedere subito alla chiusura delle sale di riunione, allo scioglimento delle associazioni in parola dei pentecostali, e si doveva vigilare ‘allo scopo di evitare che ulteriori riunioni e manifestazioni di attività religiosa da parte degli adepti possano avere luogo in qualsiasi altro modo o forma’. Qualcuno dirà: ‘Ma che cosa c’entra la chiesa cattolica romana in tutto questo’’ C’entra, perché nel 1929 vi era stato il concordato tra la chiesa cattolica romana e lo Stato, mediante il quale avveniva la rappacificazione tra lo Stato Italiano e la Curia romana, e mediante il quale il governo Italiano si impegna­va ad assecondare i desideri e gli scopi della chiesa romana. E tra questi desideri e scopi della chiesa romana vi era pure quello di impedire ai Protestanti di diffondere tra il popolo cattolico romano quelle che essa chiama le idee della Riforma avvenuta secoli addietro, ma che noi chiamiamo semplicemente la Buona novella della pace. A conferma che la chiesa cattolica romana fece pressione sul regime fascista affinché questo frenasse la propaganda pentecostale in questa nazione esibiamo le seguenti dichiarazioni contenute in un fascicolo a stampa, di distribuzione riservata, sul tema Il proselitismo dei protestanti in Italia che il Vaticano trasmise al governo italiano nel 1934: ‘Particolare segnalazione meritano i pentecostali o tremolanti. Nelle loro adunanze, gli adepti sono eccitati fino al parossismo, con grande pericolo soprattutto per le donne e i bambini. Per accertarsi basterà inviare un medico psichiatra a fare, senza preavviso e cautamente, un sopralluogo nella loro sede di via Adige 20, in Roma. Gli stessi protestanti non approvano il loro sistema (...). E’ bene tenere presente che la legge italiana ammette culti diversi dalla religione cattolica, ‘purché non professino principi e non seguano riti contrari all’ordine pubblico e al buon costume’. Quindi non si comprende come il culto pentecostale continui ad essere ammesso in Italia’,[2169] ed ancora: ‘Sua Eccellenza il capo del governo, nel gran discorso alla seconda assemblea quinquennale del regime del 18 Marzo ultimo scorso, ha dichiarato: ‘L’unità religiosa è una delle grandi forze di un popolo. Comprometterla e anche soltanto incrinarla è commettere un delitto di lesa nazione’. Questa categorica affermazione, che vuol essere un programma di condotta per tutte le autorità dello stato, resterebbe sterile se ad un delitto così grave e così autorevolmente qualificato non corrispondessero nella legislazione misure convenienti a prevenirlo e a reprimerlo. Per tutti gli altri delitti di lesa maestà, di leso regime, di lesa nazione, la legge italiana ha proporzionati rimedi’.[2170] Dinanzi a queste chiare affermazioni contro i Pentecostali e queste richieste fatte dal Vaticano a Mussolini appare chiaro che la circolare Buffarini-Guidi, emanata l’anno seguente dal regime fascista contro i Pentecostali, non fu altro che la misura legislativa tanto desiderata da parte vaticana contro di loro al fine di punirli per il loro delitto. E qual’era il loro delitto? Compromettevano l’unità religiosa dello Stato italiano oltre che professavano riti contrari al buon costume!![2171] La storia si è ripetuta; come nei secoli addietro molti re e principi per avere l’appoggio del papato favorirono il più possi­bile i disegni della chiesa romana tra cui anche quello di di­struggere i credenti che erano usciti da essa, vale a dire quelli che essa chiama i Protestanti (non si deve mai dimenticare che la chiesa romana nel corso dei secoli in Europa si è usata dei governi degli Stati per perseguitare tanti fratelli), così il governo fascista incitato dalla chiesa cattolica si scagliò con veemenza contro i nostri fratelli. Ma esaminando da vicino questo modo di agire del governo fascista contro i nostri fratelli, si riscontrerà pure una forte somi­glianza con il comportamento di Ponzio Pilato nei confronti di Gesù. Voglio dire con questo che Ponzio Pilato sentenziò che Gesù fosse flagellato e condannato per soddisfare il desiderio del popolo giudaico che era quello di togliere di mezzo Gesù infatti è scritto che Ponzio Pilato “sentenziò che fosse fatto quello che domandavano”,[2172] ed anche: “Pilato, volendo soddisfare la moltitudi­ne, liberò loro Barabba; e consegnò Gesù, dopo averlo flagellato, per esser crocifisso”.[2173] Ma come fu nel piano di Dio che Ponzio Pilato accondiscendesse a quello che il popolo dei Giudei gli domandò di fare contro Gesù, così era nel piano di Dio che le autorità fasciste accondiscendessero a quello che la chiesa romana chiese loro di fare contro i nostri fratelli. E come dalla morte di Cristo ne è derivato tanto bene, così pure dalla perse­cuzione dei santi è scaturito tanto bene, e questo perché Dio converte il male in bene. A Lui sia la gloria in eterno. Amen.

Ma veniamo alla persecuzione che la chiesa romana per mano dell’autorità fascista fomentò contro i nostri fratelli, per vedere quali furono le sofferenze che i credenti sopportarono per amore del Vangelo durante gli anni che seguirono la diramazione della circolare Buffarini-Guidi. (Questa circolare rimase in vigore fino al 1955). Citiamo a tale proposito delle parole del fratello Roberto Bracco: ‘Intere famiglie sono vissute smembrate per anni ed anni; decine e centinaia di fratelli si sono consumati nell’esilio o nelle prigioni. Posizio­ni sociali rovinate, salute distrutta, affetti calpestati; queste sono state le conseguenze della persecuzione (...) Diversi fratelli, forniti di bicicletta, si misero alla ricerca, nelle zone estremamente perife­riche della città, di campagne deserte, cave, grotte, boschi che comunque avessero potuto accoglierci (...) Non posso nascondere che il disagio e la fatica erano notevoli. Ogni sera bisognava af­frontare gli stessi pericoli e la medesima fatica e dopo le riunioni, se si riusciva a rientrare nelle nostre abitazioni, si doveva constatare che avevamo sorpassata notevolmente la mezza­notte (...) Anche in questi vari luoghi eravamo raggiunti sistemati­camente dalle autorità esecutive ed arrestati e imprigionati’.[2174] Ma oltre a queste parole del fratello Bracco, vogliamo dire altre cose a proposito del trattamento che i nostri fratelli ricevevano dai Cattolici negli anni in cui era in vigore la circolare Buffarini-Guidi.

Queste sono le cose che noi che apparteniamo a questa generazione e che non abbiamo vissuto quegli anni abbiamo sentito dai fratelli anziani che vissero in quel periodo.

Chi si convertiva dagli idoli all’Iddio vivente, cioè chi abban­donava la chiesa romana dopo essersi ravveduto e dopo avere creduto nel Vangelo, veniva messo al bando nel suo paese o nel suo quartiere perché veniva considerato un apostata, uno che aveva dato retta al diavolo, senza parlare degli insulti e dei torti che riceveva nella sua vita privata dai preti e dai loro fedelissimi seguaci. Gli stessi parenti li trattavano come se fossero stati degli appestati capaci di trasmettergli una malattia infettiva morale. Quando li sentivano parlare in altre lingue dicevano che avevano il diavolo ed altre diavolerie. I bambini venivano mandati dai preti a disturbare le riunioni di culto che si tenevano nelle case dei credenti lanciando le pietre contro le porte di casa o sul tetto; talvolta questi piccoli emissari lanciavano gli insulti che il prete gli comandava di lanciare contro i cosiddetti evangelisti. In quei tempi le nostre Bibbie erano messe al bando infatti i preti ordinavano a tutti coloro che ne entravano in possesso di non leggerle, ma di bruciarle o di portarle a loro.

Le torture, le prigionie, e le sentenze capitali inflitte ‘nel nome di Dio’ dall’Inquisizione

 

Ho accennato innanzi all’Inquisizione. Vediamo di spiegare brevemente che cosa era e come agiva. L’Inquisizione era uno speciale tribunale ecclesiastico che aveva come scopo quello di combattere e sopprimere l’eresia.[2175] Il papato lo istituì quando constatò la sua impotenza dinanzi ai progressi dei Catari e dei Valdesi. Il papa che la istituì fu Gregorio IX (1227-1241) il quale tra il 1231 e il 1234 istituì per l’Europa dei tribunali d’Inquisizione, presieduti da degli inquisitori permanenti, i quali esercitavano i loro poteri entro determinate circoscrizioni.[2176] A tale scopo Gregorio IX scelse i Francescani e i Domenicani, i quali dapprima furono designati a tale ufficio dai loro superiori e più tardi dal papa stesso. Questo papa pubblicò una decretale che diventò il fondamento della legislazione inquisitoriale nei tempi posteriori; in questa decretale egli affermava che gli eretici che venivano condannati come tali, dovevano essere abbandonati al braccio secolare per ricevere un castigo esemplare, mentre coloro che facevano ritorno alla chiesa cattolica dovevano essere condannati alla prigione a vita. Nel 1252 Innocenzo IV (1243-1254) con la bolla Ad Extirpanda confermò l’Inquisizione autorizzando la tortura contro tutti gli eretici. Nel 1480 su licenza papale venne istituita l’Inquisizione in Spagna, che nel corso dei secoli sterminò migliaia e migliaia di persone (tra cui pure tanti Ebrei che, secondo la chiesa cattolica, dopo essersi convertiti al cattolicesimo apostatarono tornando al giudaismo).[2177] Nel 1542 Paolo III (1534-1549) con la bolla Licet ab initio istituì l’Inquisizione romana, che doveva combattere l’eresia in ogni luogo,[2178] ponendo su basi amministrative centralizzate la vecchia Inquisizione medioevale. Ecco uno dei passi salienti di questa bolla: ‘Noi, mentre aspettiamo il giorno del Concilio testè indetto, volendo provvedere intanto perché tutto non vada in rovina, e non potendo portare a termine tutto quanto occorre da soli, occupati come siamo, da gravi compiti, nominiamo e deputiamo, in base all’autorità apostolica e al valore del presente decreto, i nostri diletti figli cardinali: Giovanni Pietro, Giovanni, Pietro Paolo, Bartolomeo, Dionigi e Tommaso, commissari inquisitori generali e generalissimi in vece nostra e della sede apostolica, in materia di fede in ogni singola città, villaggio, terra e luogo della cristiana repubblica, sia al di qua sia al di là dei monti, ovunque, compresa l’Italia e la Curia romana. E abbiamo fiducia nella fede, nella dottrina e nella virtù dei predetti nostri diletti figli cardinali; Giovanni Pietro di San Clemente, Giovanni di San Sisto, Pietro Paolo di Santa Balbina, Bartolomeo di San Cesareo, Dionigi di San Marcello, e Tommaso del titolo di San Silvestro. Diamo ad essi il potere d’investigare contro quanti si allontaneranno dalla via del Signore e dalla fede cattolica, o la intendano in modo errato, o siano in un modo qualunque sospetti d’eresia (‘alias quomodolibet de haeresi suspectos’), e contro i seguaci, fiancheggiatori, e difensori, e contro chi presta loro aiuto, consiglio e favori, sia apertamente che di nascosto, a qualunque stato, grado, ordine, condizione e rango appartenga. E ciò anche indipendentemente dagli ordinari del luogo, nelle stesse cause in cui questi debbano intervenire di diritto. Conferiamo, inoltre: il potere di procedere con il sistema dell’inquisizione o dell’investigazione, o altrimenti anche d’ufficio; d’incarcerare chiunque risulterà colpevole o sospetto in base agli indizi suddetti; di procedere contro di loro, compresa la sentenza finale; di punire chi è stato trovato colpevole; con pene adeguate in conformità alle sanzioni canoniche; e di confiscare, a norma di legge, i beni dei condannati alla pena di morte’. L’Inquisizione romana presentava delle novità rispetto a quella medievale: esse erano le seguenti. Innanzi tutto mentre nel medioevo l’azione penale era affidata ai vescovi che ne restavano i titolari anche quando erano aiutati dagli inquisitori delegati, ora invece il potere di inquisire e giudicare è trasferito totalmente agli inquisitori generali nominati dal papa. In secondo luogo questa Inquisizione può procedere contro i vescovi, gli arcivescovi, i metropoliti e persino i cardinali (questo lo affermerà con chiarezza Pio IV nella sua bolla Romanus pontifex). Altra novità era l’universalità della sfera di competenza di questa Inquisizione, perché mentre nel medioevo i vescovi potevano inquisire solo nell’ambito della loro diocesi e gli inquisitori solo nel territorio fissatogli dal papa adesso gli inquisitori generali avevano giurisdizione su tutto il mondo. L’Inquisizione fu confermata in seguito da Gregorio XIII e Sisto V.

Vediamo ora come procedeva l’Inquisizione contro gli ‘eretici’. Bastava un sospetto, una denuncia, un accusa per fare sì che l’inquisitore citasse le persone compromesse davanti a lui o farle trarre in arresto sia dalle autorità civili che dai propri dipendenti (sergenti, messaggeri, notai, carcerieri). Erano sufficienti due testimoni per stabilire la colpevolezza dell’imputato (faccio notare che i ‘maestri’ dell’Inquisizione lo chiamavano reo perché per loro egli era già colpevole dal momento che veniva accusato e doveva solo confessare le sue colpe); ma le accuse dei testimoni venivano notificate all’accusato solo quando gli era stata estorta la confessione oppure quando l’inquisitore riteneva che ormai l’accusato non avrebbe più confessato, e ciò avveniva senza fargli conoscere i nomi dei testimoni. Una volta davanti al tribunale dell’Inquisizione all’eretico per scampare alla morte rimaneva solo una via quella di confessare la sua eresia e di abiurarla. Va detto però che anche nel caso abiurasse egli non otteneva la libertà perché veniva condannato alla prigione a vita che veniva reputata dalla chiesa una penitenza da fargli scontare per la ‘salvezza’ dell’anima sua dato che era tornato, secondo loro, in seno alla vera Chiesa. Sia nel caso egli confessasse di rigettare dei dogmi della chiesa cattolica romana e di non volere abiurare le sue convinzioni, e sia nel caso egli non volesse confessare di essere un eretico, per lui c’era la morte perché veniva considerato un eretico impenitente. Nel caso l’imputato, interrogato dall’inquisitore (questa parte della procedura era chiamata ‘esame semplice’), non volesse confessare di essere un eretico il tribunale faceva ricorso contro di lui ad ogni mezzo per estorcergli la confessione; l’imputato veniva posto in celle strettissime senza luce, con i ceppi ai piedi e le catene ai polsi, gli veniva fatto mancare il cibo, non veniva fatto dormire, o se veniva fatto dormire veniva fatto dormire sulla nuda terra. Oltre a ciò egli veniva torturato con ogni sorta di torture fisiche perché la tortura (che veniva chiamata ‘esame rigoroso’) era reputata un mezzo lecito da usare in vista della ‘salvezza’ dell’accusato (ricordatevi sempre che il fine che la chiesa cattolica si proponeva con l’Inquisizione era quello di ‘purgare’ le anime dall’eresia per ‘salvarle’ dalla perdizione, per cui secondo lei ogni mezzo che potesse portare l’eretico a confessare i suoi errori e ad abiurare era lecito). Ecco cosa si trova scritto nel libro L’Arsenale della S. Inquisizione a proposito dell’utilità della tortura da infliggere: ‘Il reo (notate che ancora prima che sia stata emanata la sentenza l’individuo era definito colpevole), negando i delitti, ed essi non essendo provati, se nel tempo assegnato per le difese, non ha dato alcuna ragione convincente a sua discolpa, ovvero se, finite le difese, non si è purgato dagl’indizi che si hanno contro di lui nel processo, per trarre da lui la verità, è necessario venire contro di lui all’esame rigoroso; essendo stata inventata la tortura per supplire al difetto delle testimonianze, quando esse non bastano per fornire la prova intera contro il reo; e questo non è punto contrario né alla mansuetudine, né alla dolcezza ecclesiastica; anzi quando gli indizi sono legittimi, sufficienti, chiari e concludenti nel loro genere, l’inquisitore può e deve farlo senza alcun biasimo, acciò i rei, confessando i loro delitti, si convertano a Dio, e salvino l’anima loro’.[2179] Per quanto riguarda il modo di ministrare la tortura ecco le parole del Direttorio degl’inquisitori di Eymeric: ‘Appena pronunciata la sentenza di tortura, i ministri si dispongono a tormentare il reo: e mentre essi preparano l’occorrente, il Vescovo e l’Inquisitore, o personalmente, o per mezzo di altri uomini pii e zelanti nella fede, inducono il reo a confessare liberamente la verità: che se egli non confessa, ordinano ai ministri di spogliarlo (anche se è donna), ed essi ubbidiscono prontamente, non allegri, ma quasi turbati (non laeti, sed quasi turbati), e lo spogliano sollecitamente, e mentre lo spogliano lo inducono a confessare. Che se ancora è ostinato, sia bello e nudo tratto a parte da uomini probi, e gli si prometta salva la vita se confessa, purché giuri di non ricadere nello stesso delitto... che se né per promesse né per minacce vorrà confessare, allora sia tormentato ecc.’.[2180] La tortura durava mezz’ora e non si poteva ripetere, ma gli inquisitori riuscivano ad eludere la legge. Ecco cosa lo stesso Direttorio diceva infatti: ‘Che se, abbastanza tormentato, non vorrà confessare la verità, gli si facciano vedere tutti gli altri tormenti, e gli si dica che bisogna che li provi tutti fino a che non avrà confessato. Che se neppure in tal modo si spaventerà, allora si assegnerà l’indomani, o il giorno dopo per continuare la tortura, non per replicarla; perché essa non deve essere ripetuta, ma non è proibito di continuarla’. Tra le torture applicate c’erano quella della corda, quella del fuoco e quella dell’acqua. Quella della corda era compiuta in questa maniera: si disponevano le braccia dell’imputato dietro la schiena legandogli i polsi con una corda che scorreva per una carrucola fissata al soffitto. Tirando la fune si sospendeva il torturato per aria, e lo si lasciava in quella posizione per mezz’ora (così gli veniva provocata la slogatura delle braccia). La tortura del fuoco veniva applicata in questo modo. Dopo che il reo aveva sofferto la tortura della corda veniva portato davanti ad un camino pieno di carboni accesi e veniva saldamente legato ad un cavalletto in maniera che non potesse fare il più piccolo movimento. Vi veniva legato con i piedi nudi, unti con del lardo, ritenuti in ceppi e a patire per mezz’ora sul fuoco acceso. La tortura dell’acqua consisteva invece nello stendere la persona sopra una specie di cavalletto fatto a guisa di mangiatoia e legarvela fortemente. Poi un carnefice con una corda per mezzo di un randello stringeva le due gambe alle caviglie, ritenendo sempre in mano il randello; un altro stringeva nella stessa maniera i due polsi. Si portava un gran secchio d’acqua, ed un terzo carnefice, dopo avere con una specie di piccola tenaglia di legno chiuso bene il naso al torturato, poneva con la sinistra nella bocca del sofferente un imbuto, mentre con la destra attingeva con una tazza dal secchio l’acqua che versava nell’imbuto, e nel mentre gli altri due carnefici stringevano il randello.

Qualcuno forse si domanderà se in questo processo vi fossero gli avvocati? Sì gli avvocati esistevano ma di fatto non difendevano l’imputato perché collaboravano con gli inquisitori. Prima di tutto non venivano scelti dall’imputato ma dagli inquisitori e poi erano uomini di fiducia degli inquisitori. I loro compiti erano questi: parlare poco con l’imputato (e sempre in presenza dell’inquisitore) e poi convincerlo a confessare il suo crimine. Non potevano portare testimoni a difesa dell’imputato perché questo era proibito. E poi dovevano essere molto cauti nel ‘difendere’ l’imputato perché ogni affermazione in favore di un eretico poteva essere presa dall’Inquisizione come prova che anche loro fossero degli eretici e perciò dovevano essere processati anche loro per eresia. (Secondo l’inquisitore Bernardo Gui quegli avvocati che avessero il coraggio di difendere gli eretici si dovevano considerare come colpevoli del delitto di complicità nell’eresia). Ecco a che cosa si riduceva il ruolo dell’avvocato nell’Inquisizione.

Quando poi il tribunale ecclesiastico sentenziava la condanna dell’eretico e lo consegnava al braccio secolare (cioè all’autorità civile) faceva giurare questo di trattarlo con dolcezza, di risparmiare la sua vita e di non versare il suo sangue, ma risulta dai fatti che quel giuramento che veniva richiesto era un giuramento ipocrita. Il motivo per cui l’autorità ecclesiastica implorava la clemenza delle autorità civili sul condannato era che essa non voleva prendere parte apertamente all’esecuzione delle pene capitali perché ‘la chiesa aborrisce il sangue’. Perché essa nella realtà voleva la morte dell’eretico[2181] e voleva che l’autorità civile lo mettesse a morte infatti essa aveva introdotto nei codici le leggi più feroci contro gli eretici e obbligava i funzionari pubblici ad eseguirle sotto pena di essere considerati anche loro degli eretici. Nel 1244 il concilio di Narbona aveva dichiarato che nel caso una persona rivestita di potere temporale si fosse dimostrata pigra nel sopprimere l’eresia, sarebbe stata dichiarata come complice degli eretici, e quindi andava incontro alle medesime pene di costoro. La chiesa cattolica reputava il mettere a morte un eretico un atto pio tanto che concedeva l’indulgenza plenaria a coloro che portavano la legna per erigere il rogo. Dichiarare dunque, come fanno taluni che difendono l’Inquisizione, che l’esortazione alla clemenza fatta dal tribunale dell’Inquisizione fosse sincera e che la responsabilità della morte dell’eretico ricadesse tutta sul magistrato secolare, è totalmente falso, è un sofisma usato per fare credere che la chiesa cattolica romana fu sempre innocente del sangue degli eretici quando essa in realtà è sempre stata assetata del sangue di coloro che non si volevano sottomettere ad essa e quel sangue un giorno gli sarà domandato.

Condotto al luogo del supplizio, se il condannato dichiarava di pentirsi e di rinnegare i suoi errori il tribunale lo restituiva all’inquisitore, il quale lo sottoponeva ad un interrogatorio molto serrato nel quale il penitente doveva denunciare i suoi complici e rinnegare una per una le sue eresie. Dopodiché egli veniva condannato al carcere a vita. Nel caso invece il ‘reo’ rimanesse impenitente fino alla fine allora veniva bruciato o vivo o dopo essere stato ucciso pubblicamente.[2182] Voglio citare ora tre esempi di uomini bruciati per ordine dell’Inquisizione a motivo della loro fede in Cristo Gesù e che quindi vanno annoverati tra i martiri di Gesù, Giovanni Huss, Giaffredo Varaglia e Aonio Paleario.

Dell’esecuzione contro Huss, che fu condannato a morte dal concilio di Costanza nel 1415, un testimone oculare ha raccontato le seguenti cose. Huss fu costretto ad inginocchiarsi sopra un mucchio di fascine e venne legato saldamente con corde al palo; le corde lo tenevano strettamente avvinto alle caviglie, sotto le ginocchia, sopra le ginocchia, all’inguine, alla cintola e sotto le braccia. Gli fu passata anche una catena attorno al collo. Attorno a lui fu accumulata della legna mista a paglia, fino all’altezza del mento. Allora, il conte palatino Luigi, il quale sorvegliava l’esecuzione, si avvicinò in compagnia del maresciallo di Costanza ed invitò Huss a ritrattare. Essendosi egli rifiutato, si ritirarono e batterono le mani; questo era il segnale convenuto coi carnefici che aspettavano di accendere il rogo. Quando tutto fu consumato dal fuoco i carnefici distrussero completamente il corpo carbonizzato, il quale venne fatto a pezzi, le ossa furono spezzate, e i frammenti e le viscere buttati nuovamente sopra il rogo.

Della morte di Giaffredo Varaglia, un credente che fu presente alla sua morte scrisse le seguenti cose a delle chiese. ‘Carissimi fratelli, il portatore della presente, volendo visitare le vostre Chiese, non ho voluto mancare di darvi avviso di quanto ha piaciuto a Dio che sia accaduto questi giorni tra noi per l’avanzamento della sua parola, chiamando a se il nostro buon fratello e Ministro, M. Giaffredo Varaglia, per la croce del martirio. Il quale essendoli annunziata la morte da un collaterale della Corte, gli rispose che non la temeva, e disse ciò con una costanza mirabile senza turbarsi niente in quel primo incontro, contra la natura quasi di ogni uomo. Appresso, uscendo fuora della prigione, per andare al luogo del supplicio, un prete se gli accostò dicendoli et esortandolo che si convertisse. A cui egli rispose ridendo: Convertitevi voi ch’io sono per gratia di Dio già convertito. Era condotto legato con quell’altro buon huomo vecchio che conoscete; il quale anch’egli sofferse assai per la medesima querela essendo stato condannato di assistere alla esecutione dell’altro e di essere scopato, marcato della marca del Re, e bandito. Andava dunque M. Giaffredo consolando costui, e recitando ad alta voce il Salmo: In te Domine speravi. Ma essendo giunto al luogo, con volto ridente disse al suo compagno: non mancate di salutare in nome mio tutte le chiese dove passerete, voi restate qua, et io me ne vado alla gloria del mio Padre. Finalmente salito sopra il legnaio, havendo una corda al collo, cominciò così a dire: Fratelli carissimi, primieramente io perdono a tutti quelli che sono cagione della mia morte, molto volentieri, perciocchè in vero non sanno quel che si fanno, e priego Dio che gli voglia illuminare. In quanto poi alla causa, per la quale io sono posto a morte, è per tenere a fare una medesima confessione di fede, che ha tenuto e fatto S. Pietro e S. Paolo e tutti gli altri Santi Apostoli e Martiri per la diffensione dell’Evangelio del Signor nostro Giesù Christo, che vuol dire buona nuova, per la quale ci è annuntiata la remissione dei peccati per esso Signor Giesù, il quale Iddio ha costituito solo Avvocato, Mediatore et Intercessore fra lui e noi poveri peccatori. Quando servivo al Diavolo, io moriva ogni giorno per gli miei peccati enormi, bestemmiando il suo Santo nome, se io fossi morto a quel tempo sarei morto dannato. Ma ora io muoio per vivere eternalmente con lui; non già che io pensi che questa morte sia cagione della mia salute, consistendo nel solo sangue di Giesù Christo. E se qui si trova alcuno il quale habbia cognitione dell’Evangelio e tutti gli altri ancora, vi esorto a ricercare la S. Scrittura e governarvi secondo quella, che sola contiene la regola del ben vivere; lasciando i peccati come sono idolatrie e fornicationi, detrattioni, furti et altre simili enormità. La quale regola ho sempre seguitata da poi che Iddio mi ha illuminato et al presente la ratifico con la mia morte, aspettando il guiderdone da colui che mi ha fatto tanta gratia et onore che dopo essere stato Araldo della sua parola, mi ha ora fatto un tanto Cavaliero e dei suoi martiri. E sappiate che io credo alla S. Chiesa Cattolica e non ricevo nessuna inventione umana, ma mi appoggio alla sola parola di Dio. Alle quali humane inventioni vi priego non volere credere, perciocchè sono molto dannose. Appresso avere detto questo e qualche altra cosa per lo spatio di un quarto di hora, pregò tutta la moltitudine che si degnasse pregare Dio insieme con lui: poi inginocchiatosi, recitò l’oratione del Signore e gli articoli della fede in volgare italiano, et ad alta voce, distintamente, e senza apparenza alcuna di essere spaventato. Perciochè egli non era niente cambiato di colore, et havea sempre il viso giocondo e quasi ridente: di maniera che la più gran parte del popolo si maravigliò, dicendo: ei pare che vada a nozze. E quando recitava gli articoli di fede si levò un mormorio della moltitudine, dicendo alcuni: e come? si dicea che costui non credesse in Dio, e che dicea tanti mali della Vergine Maria? il che vediamo hora non esser vero. Donde viene questo? Appresso a tutte queste cose ei disse al manigoldo, che facesse il suo ufficio a suo piacere. Il quale domandogli perdono, egli disse: Amico mio, io ti ho di già perdonato, et ora di nuovo ti perdono con tutto il cuore. E così, havendo raccomandato lo spirito a Dio, fu dal boia strangolato et abruciato. Et in questa maniera è passato a miglior vita M. Giaffredo Varaglia fedel servo e martire del Signore a’ 29 di Marzo in Turino del 58’ (ossia 1558).

A proposito del supplizio di Aonio Paleario viene detto che dopo essere stato processato e condannato dal tribunale dell’Inquisizione qui a Roma,[2183] all’alba del 3 luglio 1570 fu portato dinanzi a Castel Sant’Angelo dove per lui era stata preparata una forca e il rogo.[2184] C’era molta gente; giunto a piè della forca un frate gli gridò: ‘Riconciliati con Dio, o eretico: l’ora della tua morte è arrivata!’. Il condannato lo guardò con uno sguardo severo e fu udito pronunciare queste parole con voce distinta: ‘Sentimi frate, io già mi sono riconciliato con Dio: né ho bisogno del tuo ufficio ond’egli mi ascolti!... Chi sei tu che ti poni tra il Creatore e la creatura? Polvere come me, umiliati... e prega! Poco dopo salì sul patibolo e fu messo a morte. Dopodiché il suo corpo fu gettato nelle fiamme.[2185]

Qualcuno dirà: ‘Ma oggi la chiesa cattolica romana come ne parla dell’Inquisizione? La condanna condannando coloro che la promossero? Affatto; quando ne parla o in un modo o nell’altro la giustifica (condannando solo certi comportamenti di taluni inquisitori che lei chiama ‘abusi’)[2186]. Nell’Enciclopedia Cattolica per esempio alla voce Inquisizione alla fine si leggono le seguenti parole: ‘I moderni hanno giudicato severamente l’istituzione dell’Inquisizione e l’hanno tacciata di essere contraria alla libertà di coscienza. Ma dimenticano che in passato si ignorava questa libertà e che l’eresia incuteva orrore nei ben pensanti, che erano certamente la grande maggioranza anche nei paesi più infetti di eresia’.[2187] Questo implicitamente significa che essa è ancora in favore dell’uso della forza contro coloro che non si vogliono sottomettere ad essa e che minacciano in una maniera o nell’altra il suo prestigio e il suo potere. E che sia così è confermato dal fatto che, come abbiamo visto, la chiesa cattolica romana è per l’uso della violenza nei confronti dell’aggressore. Se si considera infatti il loro insegnamento sulla legittima difesa si noterà che è permesso ad un gruppo di reagire con la violenza ad un aggressione. Ecco quanto si legge nel loro Dizionario di morale cattolica: ‘Fin qui si è esaminato il diritto di legittima difesa in termini individuali: ma ciò si applica ugualmente anche a un gruppo. Minacciato (...) nella sua identità culturale (distruzione del patrimonio culturale...).... un popolo può invocare il diritto di legittima difesa’.[2188] Facciamo un esempio: la chiesa cattolica romana (che non dimenticatevi oltre ad essere un organizzazione religiosa è un organizzazione politica, uno Stato come tanti altri) si sente minacciata dalla eresia, per cui il suo ‘patrimonio culturale’ è messo a repentaglio? Come reagire a questa minaccia? Con la violenza; che poi la chiesa cattolica romana farebbe un uso diretto della violenza o indiretto ricorrendo, come tante volte ha fatto, alle autorità civili, questo poco importa. L’importante per essa è fermare coloro che minacciano la sua esistenza. Pio IX (sotto cui fu proclamato il dogma dell’infallibilità papale) lo fece capire molto bene quando nel Sillabo degli Errori condannò come eretica la 24esima proposizione che dice: ‘La Chiesa non ha potestà di usare la forza, né alcuna temporale potestà diretta o indiretta’. Ma d’altronde come potrebbe il papato condannare l’Inquisizione quando essa fu istituita e confermata da degli ‘infallibili’ papi di cui alcuni sono pure stati fatti santi? Come potrebbe condannarla senza condannare con essa i suoi sostenitori il che significherebbe rinnegare l’infallibilità della chiesa cattolica nel corso dei secoli e perciò apparire contraddittoria?

Badate dunque a voi stessi fratelli, perché questo loro insegnamento sulla legittima difesa può essere da loro preso in qualsiasi momento per ritornare ad inquisire i suoi nemici, tra cui ci siamo tutti noi che rifiutiamo di sottoporci al papa e ai dogmi papisti. Non illudetevi perché essa possiede sempre qualche insegnamento con cui sostenere e giustificare un eventuale sua violenta reazione contro gli ‘eretici’. Anche perché, e qui mi ripeto, vi dovete ricordare che essa è uno Stato con tanto di ambasciatori (i nunzi) nel mondo.

L’astuzia e la malvagità usate dai Gesuiti per ‘la maggior gloria di Dio’

 

Quando si parla delle persecuzioni che tanti nostri fratelli subirono in Europa dopo che scoppiò la Riforma non si può non parlare dei Gesuiti, chiamati anche Compagnia di Gesù e a ragione soprannominati ‘gli uomini del papa’ per la loro cieca ubbidienza al papa. E questo perché essi furono coloro che più di altri si diedero da fare con il permesso del papa per estirpare il ‘protestantesimo’ da dove si era diffuso e convertire al cattolicesimo coloro che lo avevano abbandonato. Vediamo dunque di dare qualche cenno storico e dottrinale su questo ordine della chiesa cattolica romana tuttora esistente nel suo seno e tuttora molto influente in essa.

Il fondatore di questo ordine fu uno spagnolo di nome Ignazio Loyola (1491 ca. - 1556). Costui assieme a dieci suoi amici che egli aveva reclutato per formare un ordine che doveva avere come obbiettivo la conversione degli infedeli, dopo avere assieme a loro redatto gli statuti della loro Società ed averla chiamata ‘Compagnia di Gesù’ ne chiese l’approvazione a Paolo III il quale gliela accordò il 17 settembre del 1540. Ai tre voti ordinari di castità, di povertà e di obbedienza, la società ne aggiunse un altro. Essa giurava di ‘votare la sua vita al servizio costante di Cristo e dei papi, di combattere sotto la bandiera della Croce, di servire solo il Signore e il romano pontefice, suo vicario in terra; essa s’impegnava d’obbedire al papa ed i suoi successori in tutto quanto concerneva la salvezza delle anime e la propagazione della fede, qualunque fossero i paesi ove li avrebbero condotti gli ordini di Sua Santità’. Così il papa si trovò a sua disposizione un ordine pronto a tutto pur di difendere i suoi interessi che in quel tempo erano fortemente attaccati dai Protestanti le cui idee si erano diffuse per tutta l’Europa.

L’ordine era strutturato gerarchicamente. Al suo vertice c’era il generale. Egli aveva il diritto di fare le costituzioni e le regole, conferiva tutte le cariche, regolava ed ordinava a suo piacimento tutta la società; tutta l’autorità dei provinciali e degli altri superiori dipendeva da lui; poteva dispensare dalle costituzioni e dai voti; insomma era un monarca assoluto a cui tutti dovevano una obbedienza cieca. Il primo generale fu Ignazio Loyola.

Il corpo della compagnia era composto da quattro categorie o gradi. La prima categoria o grado era quella dei preti professi che avevano pronunciato i tre voti solenni di povertà, castità, e obbedienza e aveva fatto uno speciale voto di ubbidienza al papa. Anche se tutti i Gesuiti erano tenuti ad ubbidire al papa i preti professi facevano questo particolare voto. Solo i Gesuiti di questa categoria potevano accedere alla carica di generale e ai posti immediatamente inferiori.

La seconda categoria o grado era costituita da preti che prendevano i voti semplici, non solenni, e che non pronunciavano il quarto voto al papa. Erano chiamati coadiutori spirituali.

Il terzo grado era quello dei fratelli laici; questi non diventavano mai preti, ma prendevano i tre voti semplici ed erano incaricati del lavoro manuale nelle case: cucinare, pulire, ecc.

La quarta categoria era quella dei giovani allievi, generalmente chiamati scolastici perché la loro preparazione avveniva attraverso le varie scuole del sapere. Alla fine dei loro studi venivano ordinati preti e a secondo dei loro progressi entravano tra i professi o tra i coadiutori spirituali.

Per entrare nell’ordine occorreva prima seguire un periodo di noviziato che durava due anni durante il quale il novizio era sottoposto ad una dura disciplina perché doveva perdere la sua individualità e mettersi interamente nelle mani del suo superiore. Chi riusciva a superare il noviziato prendeva i tre voti semplici; alcuni restavano fratelli laici, altri continuavano come scolastici per diventare professi o coadiutori spirituali. Alla fine dell’istruzione pronunciavano i voti finali; i professi aggiungevano anche il quarto voto speciale.

Gli effettivi della compagnia erano organizzati in ‘provincie’ in cui si trovavano le diverse case dell’ordine che erano di sei tipi. Le residenze (per scrittori, studiosi, superiori locali, membri a riposo o malati); le case di studio (per giovani Gesuiti); un noviziato (dove venivano esaminati e preparati gli aspiranti della provincia); e poi c’erano scuole e collegi destinati all’educazione dei laici e case per il ritiro spirituale dove i laici andavano in cerca di aiuto spirituale o per compiere delle devozioni. Ogni casa aveva un superiore (sotto cui c’erano altri superiori intermedi), e al di sopra di tutti i superiori delle case della provincia c’era un provinciale e al di sopra di tutti i provinciali c’era un assistente che risiedeva a Roma con il generale.

Ad ogni Gesuita era richiesto di ubbidire incondizionatamente al suo superiore qualunque cosa egli gli ordinasse infatti nel libro delle regole dei Gesuiti dal titolo Regulae societatis Jesu alla costituzione numero 36 si legge: ‘Ciascuno persuada sé stesso, che coloro che vivono sotto la ubbidienza, sono condotti e diretti dalla divina provvidenza; e che perciò debbono lasciare che i superiori lo trattino come se fosse un cadavere, che si lascia far tutto senza lagnarsi; ovvero come il bastone di un vecchio, il quale colui che lo tiene in mano se ne serve quando, dove, ed in qualunque cosa egli vuole’. Il Gesuita doveva vedere nella persona del superiore Gesù stesso: nella regola n° 16 e 18 si legge: ‘Non guardate nella persona del superiore l’uomo soggetto ad errare, e sottoposto alle umane miserie; ma riguardate in lui la stessa persona di Cristo, che è somma sapienza, immensa bontà, e carità infinita, il quale né può essere ingannato, né può volere ingannare voi. E siate certi che seguendo la volontà del superiore, voi seguite con tutta certezza la divina volontà. Voi dovete fermamente credere che tutto quello che il superiore comanda è precetto e volere di Dio’. Con simili regole è chiaro che il Gesuita ritenesse il suo superiore infallibile e perciò disubbidirgli per lui avrebbe significato disubbidire a Dio. E poi che il superiore si trovava nei confronti di coloro che erano alle sue dipendenze in una posizione che gli permetteva di far fare loro tutto quello che avrebbe voluto senza essere contraddetto. Inoltre, affinché il superiore conoscesse bene i suoi schiavi alla costituzione n° 40 era prescritto al Gesuita che entrava nella compagnia che egli ‘debba manifestare al superiore tutta la sua coscienza con grande umiltà, purità e carità, non nascondendo nulla di quello col quale avesse potuto offendere Iddio, e renda ad esso, od a chi sarà da lui deputato, un intero conto della sua vita precedente; ed ogni sei mesi renda poi lo stesso conto incominciando dall’ultimo’. Il Gesuita aveva inoltre l’ordine di non riferire agli esterni le cose dell’ordine. Le regole comuni n° 38 e 39 dicono infatti: ‘Nessuno riferisca a quei di fuori quello che si fa o si pensa fare fra noi. Nessuno, senza espressa licenza del superiore, comunichi le nostre costituzioni, i nostri libri, ovvero scritti nei quali si contengono le nostre ordinazioni o privilegi. Nessuno dia o mandi fuori le istruzioni spirituali, le meditazioni, o gli esercizi della società’.

L’ordine si proponeva di convertire gli eretici e i pagani tramite la predicazione, l’insegnamento e la confessione. Esso affermava di fare tutto ad majorem Dei gloriam (a maggiore gloria di Dio) il che significava a maggiore gloria del papato perché per i Gesuiti glorificare il papa - per loro il vicario di Cristo sulla terra - significava glorificare Dio. Ecco perché diversi papi concessero loro tanti privilegi e li appoggiarono; perché la loro opera tendeva a consolidare ed estendere il dominio del papato nel mondo. Ma nello stesso tempo, e questo lo si deve ben tenere presente, l’ordine procacciava pure i suoi propri fini che erano quelli di voler dominare il mondo e arricchirsi.

Ma l’ordine affermava altresì che per raggiungere i propri obbiettivi erano leciti tutti i mezzi anche quelli illeciti (o come esso affermava tutti i mezzi erano indifferenti), e quindi la menzogna,[2189] l’astuzia,[2190] il furto,[2191] la frode[2192] e la violenza ecc. erano consentiti. Avevano una morale che giustificava il peccato con ogni sorta di sofismi, cosicché l’aborto, l’omicidio, l’adulterio, il furto, il duello, la menzogna, la doppiezza, l’idolatria, l’impurità, erano permessi in svariate circostanze e se non diventarono proprio delle virtù di certo venivano fatti passare per delle lievi colpe o per cose da nulla. Insomma il peccato nelle mani dei Gesuiti divenne irriconoscibile e nei loro libri introvabile. Per cui con le loro lusinghe si acquistarono il favore di coloro che prendevano piacere in ogni sorta di peccato. Perché questo era il loro scopo, volgere più persone dalla loro parte per dopo spogliarle dei loro beni se erano ricche e se in posti di autorità per usarsi di loro per estendere la compagnia nel loro paese. La diabolica massima il fine giustifica i mezzi era (ed è) l’essenza del gesuitismo. Si insediarono alle corti dei re e dei principi sia come predicatori che come confessori e riuscirono con la loro astuzia ad avere da loro il permesso di aprire collegi ed altre istituzioni e a persuaderli a distruggere quelli che per loro erano degli eretici. In Italia aprirono diversi collegi, furono protetti dai principi e presero parte ai massacri dei Valdesi sia al nord che al sud d’Italia. Anche nelle altre nazioni aprirono dei collegi, e si cattivarono l’amicizia di imperatori e principi (facendogli credere che cercavano il loro interesse) per indurli a favorire la loro società e sterminare i Protestanti.[2193] Quando qualche re dimostrava di favorire il protestantesimo a danno del cattolicesimo o di non gradire la ‘Compagnia di Gesù’ nel suo paese essi erano pronti a toglierlo di mezzo o ad incoraggiare altri a farlo. Perché anche questo era permesso ad majorem Dei gloriam. Suarez, uno dei loro teologi più conosciuti disse infatti che un re eretico prima può essere deposto, e dopo, se continua a regnare può essere legalmente ucciso come un tiranno. Ecco le sue parole: ‘Ma però data che è la sentenza, (il Sovrano) è decaduto dal trono, sicché per giustizia, non può più possederlo. Fin d’allora adunque può essere trattato come un Tiranno, e come tale da qualunque privato può essere ucciso’[2194] (questa diabolica dottrina si chiama regicidio). Alcuni esempi che confermano questo loro modo di agire sono i seguenti. Baldassare Gèrard, l’assassino di Guglielmo d’Orange, ‘confessò che aveva partecipato la sua intenzione al rettore del collegio dei Gesuiti di Trèves, il rettore la aveva approvata, gli aveva impartito la benedizione, assicurandolo che ove avesse perduto la vita eseguendo l’attentato, sarebbe stato compreso nel numero dei martiri’.[2195] Ma non sempre riuscirono i loro complotti contro i re; per esempio il re del Portogallo scampò all’attentato che i Gesuiti avevano ordito per ucciderlo[2196] e per questo vennero espulsi con la forza dal paese, imbarcati su navi reali e sbarcati sulle coste dello Stato della chiesa e tutte le loro proprietà furono confiscate (questo avvenne tra il 1759 e il 1761). Anche in Inghilterra un tentativo di assassinare il re non ebbe il risultato che essi volevano perché fu scoperta la mina che doveva fare saltare il parlamento alla sua apertura il 7 febbraio 1605. I tre Gesuiti che erano tra i congiurati fuggirono, ma furono presi, processati e condannati a morte.

L’ordine fu soppresso (anche se i Gesuiti nella pratica continuarono a sussistere in Prussia e in Russia) da Clemente XIV nel 1773[2197] ma fu restaurato da Pio VII nel 1814. E in mezzo a molte polemiche sussiste ancora in seno alla chiesa cattolica romana.[2198]

COME STANNO OGGI LE COSE

 

Ma oggi come stanno le cose? Ancora oggi in questa nazione benché per certi versi le cose sono diverse, nella sostanza le cose non sono cambiate da come erano allora. Perché? Perché la chiesa romana, benché ufficialmente abbia moderato il suo parlare contro di noi arrivando a definirci comunità ecclesiali (non vere chiese perché la sola vera Chiesa è lei), nei fatti ci detesta considerandoci delle sette formatesi per opera di alcuni usciti dal suo mezzo o dal mezzo del protestantesimo storico. Certo, contro di noi non ci sono persecuzioni a morte come ci furono contro tanti nostri fratelli nei secoli passati in Europa o il carcere o il confino, ma la persecuzione sussiste anche se è solo verbale nella massima parte dei casi; e non può essere altrimenti perché noi predichiamo la Parola di verità e riproviamo le eresie e le opere infruttuose della chiesa romana come fecero i nostri fratelli antichi. Ma noi non cesseremo di parlare in difesa del Vangelo e contro le false dottrine di questa organizzazione che conduce milioni di anime all’inferno. Siamo odiati, scherniti, reputati pazzi, fanatici, da persone che si chiamano ‘Cristiani facenti parte della santa chiesa apostoli­ca’; sì fratelli é così, ma siamo felici di subire questi loro oltraggi perché Gesù ha detto: “Beati voi, quando v’oltraggeran­no e vi perseguiteranno e, mentendo, diranno contro a voi ogni sorta di male per cagion mia. Rallegratevi e giubilate, perché il vostro premio é grande ne’ cieli; poiché così hanno persegui­tato i profeti che sono stati prima di voi”.[2199] Noi sappiamo che i profeti furono perseguitati dai Giudei disub­bidienti perché essi parlarono da parte del Signore. I profeti riprovarono tra le molte opere malvagie del popolo anche l’idola­tria a cui esso si era abbandonato e perciò furono perseguitati, perché parlarono contro quegli spauracchi dei loro idoli per i quali gli Israeliti andavano in delirio. Perché dunque meravi­gliarci se i Cattolici romani ci odiano e ci oltraggiano, e se potessero ci toglierebbero di mezzo con la forza perché parliamo contro quei cadaveri dei loro idoli che essi adorano, pregano e portano in spalle nelle loro processioni? Perché meravigliarci dei loro insulti come se ci avvenisse qualcosa di strano, quando secoli addietro delle altre persone per avere riprovato e confu­tate le loro eresie furono derisi, odiati, e messi a morte? Fra­telli, sappiate che é inevitabile che si venga perseguitati da coloro che giacciono nell’errore quando si dice loro la verità.

Infine vorrei dire - e qui torno a quello detto precedentemente - che benché oggi la chiesa cattolica romana ufficialmente non si rivolge più nei confronti di coloro che escono da lei nella stessa maniera in cui hanno parlato certi papi del passato e certi suoi dottori nei secoli passati (appog­giandosi sulle parole di Agostino), cioè dichiarando che bisogna usare la forza per fare ritornare gli apostati all’ovile o che gli eretici bisogna sterminarli in ogni maniera per estirpare così l’eresia, pure essa conserva in lei lo stesso sentimento di odio verso coloro che, dopo avere conosciuto il Signore escono dal suo mezzo e cominciano a riprovare le sue dottrine diaboliche e a cercare di strappare dalla sua bocca le anime. Basta che li guardiate negli occhi o li sentite parlare dopo avere loro detto che Maria non la si deve pregare e non gli si deve prestare alcun culto o che il papa non è il capo della Chiesa o che è inutile confessarsi al prete o fare battez­zare i fanciulli appena nati, per rendervi conto di questo. Solo che a differenza di secoli addietro, è impossibilitata ad usare la forza contro di loro per farli tornare nel suo mezzo - cioè non può mettere su l’Inquisizione come nei tempi addietro e incitare le autorità a perseguitarci o sterminarci - perché i tempi e le circostanze non glielo permettono. Ma io sono convinto che questa situazione sia solo temporanea, perché quando nel futuro le circostanze cambieranno per volere di Dio, allora i papi della chiesa cattolica romana torneranno a inebriarsi del sangue dei santi, facendoli trucidare o bruciare sui roghi, esattamente come fecero Innocenzo III o Giulio III. Nessuno si dimentichi che la Scrittura dice che “ciò che sarà è già stato, e Dio riconduce ciò ch’è passato”.[2200] Da questi millenari nemici della croce di Cristo ci si può aspettare solo male, e non del bene. Chi ha orecchi da udire oda. Qualcuno dirà forse: ‘Ma allora non credi che il rinnovamento in atto nella chiesa cattolica romana sfocerà nella loro conversione? No, non ci credo per nulla; solo un piccolo numero di loro si convertiranno, ma la maggioranza rimarrà quella che è sempre stata, attaccata alla tradizione pronta a difenderla anche con le armi facendo ricorso ad ogni compromesso e ad ogni astuzia. Dalla strada che la chiesa cattolica romana ha deciso di prendere, essa non tornerà indietro.

CONCLUSIONE

 

Fratelli, termino questo mio scritto contro la chiesa cattolica romana facendovi partecipi di alcune cose.

Un appello alla fratellanza

 

Siamo negli ultimi termini dei tempi, sappiamo che deve venire l’apostasia e che i suoi albori sono già apparsi, ma molti tra di noi pare che abbiano dimenticato da tanto tempo che se l’Evangelo è potuto giungere a noi come l’abbiamo ricevuto lo dobbiamo alla grazia di Dio, il quale nel corso dei recenti secoli passati ha illuminato degli uomini qui in Europa traendoli dalle fauci del papato; degli uomini coraggiosi che benché non sempre affermarono cose giuste e vere pure ebbero in comune tutti la dottrina della giustificazione per fede. Essi formarono un potente esercito contro il quale il papato si scagliò in ogni maniera; cercò prima di persuaderli che stavano affermando il falso, poi vedendo che si mantenevano saldi in questa dottrina li scomunicò e li perse­guitò. Sì, li perseguitò in ogni maniera perché li considerò eretici ed apostati, li maledisse, alcuni di loro li diede nelle mani del braccio secolare affinché fossero messi a morte. Anche coloro che cominciarono a tradurre la Bibbia nella lingua volgare per farla conoscere al popolo furono perseguitati dura­mente dal papato; e questo perché la curia romana non voleva che il popolo leggesse ciò che era scritto per paura che si accorges­se degli errori da essa insegnati e perpetrati. Diversi fatti storici attestano questo. Ma grazie siano rese a Dio perché nonostante questa dura opposi­zione del papato la Parola di Dio si divulgò sempre di più tra i Cattolici romani che mai prima di allora l’avevano letta; e molti di essi persuasi da essa che il papa non poteva essere il vicario di Cristo e i suoi vescovi non potevano essere i succes­sori degli apostoli si separarono dalla chiesa romana. Ma perché dico tutte queste cose? Per ricordarvi che in quel tempo quando ancora c’erano le inquisizioni contro coloro che rifiutavano di sottostare al papa e che proclamavano che si viene giustificati per la sola fede, ci furono coloro che non si la­sciarono intimidire affatto dalle minacce del papato ma con la forza che il Signore gli diede proclamarono il Vangelo e lo difesero. E se noi oggi abbiamo la grazia di leggere la Bibbia nelle nostre lingue è anche perché degli uomini nel corso dei secoli passati predicarono la Parola di Dio e la tradussero in lingua volgare quando infuriava contro di loro la persecuzione del papato. Essi dovettero affrontare tanti scherni, tante lotte, e tante persecuzioni dall’autorità papale perché difesero stre­nuamente il Vangelo, confutarono pubblicamente le eresie cattoli­che romane anche mediante dei loro scritti e non solo a parole. Oggi, però, da quello che vedo, in seno alla fratellanza qui in Italia le cose sono per certi versi cambiate perché troppo pochi fanno udire la loro voce di protesta in difesa del Vangelo e contro le eresie della chiesa cattolica romana. Eppure le eresie di perdizione della chiesa romana non sono né scomparse e né diminuite in questi secoli dopo la Riforma, anzi sono aumentate e non danno segno di diminuire. Vi esorto fratelli, a non abbassare la guardia, ma a vigilare in ogni cosa perché il diavolo va ancora attorno ai santi a guisa di leone ruggente cercando chi possa divorare; oggi come molti secoli fa il diavolo si usa anche della chiesa romana per sedurre le persone e per cercare di traviare i credenti. Per questo è necessario continuare a proclamare con ogni franchezza la parola della fede, e a difendere il Vangelo dai continui attacchi che la curia romana sferra contro di esso. Oggi, più che mai bisogna darsi da fare per predicare in ogni maniera la parola della croce ai Cattolici, e per confutare pubblicamente le loro dottrine malefiche che hanno ingannato centinaia di milioni di persone in tutto il mondo. Bisogna farlo senza paura e senza farsi ingannare da questi continui sforzi che essa sta facendo per farci avvicinare ad essa. Nonostante in alcuni casi hanno cambiato il vestito, ed alcuni loro atti ceri­moniali e nonostante molti di loro si mettono a cantare alcuni nostri stessi cantici, si mettono a pregare non più meccanicamente come una volta, nonostante nel suo seno è sorto il movimento carisma­tico i cui aderenti affermano di avere ricevuto lo Spirito Santo e di credere nelle guarigioni per mezzo del nome di Gesù, pure questa organizzazione rimane sempre la stessa nella sostanza. Si mantiene in piedi con tutto il suo bagaglio di eresie, con tutta la sua pompa e con tutto il suo potere temporale; la sua arrogan­za è la stessa di secoli fa, la sua astuzia pure.

Faccio appello alla vostra carità affinché se fino ad ora siete stati a guardare o ad ascoltare solamente vi leviate anche voi in difesa del Vangelo, se invece il vostro sforzo si é infiacchito vi esorto a fortificarvi nella grazia di Dio ed a perseguire in questa buona lotta con l’aiuto che viene da Dio. Se invece siete indifferenti a tutto ciò vi dico di svegliarvi dal vostro sonno. Considerate per un momento gli sforzi che fanno i Cattolici per diffondere le loro eresie di perdizione; ora, se loro che non si vergognano di proclamare tante cose storte si affaticano per diffonderle e difenderle strenuamente non dobbiamo noi che abbia­mo conosciuto la verità dimostrare più zelo ancora nel proclamare la verità? Se loro nella loro ignoranza cercano di confutare inutilmente la verità che noi proclamiamo, non dobbiamo noi che abbiamo ricevuto la conoscenza della verità fare di tutto per confutare le loro eresie? E’ una guerra fratelli; una guerra nella quale ciascuno mette in campo le sue armi. I nostri nemici carnali sedotti dai nostri nemici spirituali cercano con la menzogna di annientare la verità che annunciamo pensando di riuscirci dimenticando che nulla si può fare contro la verità, perché quello che si può fare è per la verità. Noi invece che siamo stati illuminati da Dio usiamo la parola della verità per distruggere i loro vani ragionamenti che si ergono contro la conoscenza di Dio; la vittoria è nostra perché siamo in Cristo Gesù. Non è inutile questa guerra, non è tempo sprecato combattere per il Vangelo cercando di persuadere i Cattolici romani delle cose relative al regno di Dio; il tempo lo si spreca quando si cerca il loro favore, non quando li si esorta a ravvedersi e a credere nel Vangelo. Alcuni però si vergognano di combattere questa guerra, quasi che si trattasse di andare in guerra contro dei fratelli! Ma quali fratelli? Altri ancora non vogliono polemizzare - questo è il verbo che usano - con i Cattolici (questo lo si sente ripetere purtroppo anche a RadioEvangelo qui a Roma). E qui mi trovo costretto a dire alcune cose. Ora, polemizzare significa, secondo il dizionario della lingua italiana, ‘discutere per il gusto di discutere, piuttosto che per arrivare ad una conclusione’ ed è un verbo che non è presente nella sacra Scrittura. Nondimeno va detto che se per non volere essere polemici si intende non volere litigare allora anche noi non vogliamo polemizzare con nessuno perché la Scrittura ci dice che il servo del Signore non deve contendere cioè non deve essere litigioso ma mite verso tutti. Ma se per non volere fare polemica si intende che non si vogliono confutare (che significa dimostrare la falsità di un’argomentazione) mediante le sacre Scritture (e la sapienza che Dio ci ha donato) pubblicamente o privatamente le tante dottrine papiste che stanno menando in perdizione milioni di anime allora noi vogliamo essere polemici o polemisti perché Gesù prima e gli apostoli poi hanno confutato le false dottrine dei loro tempi e lo fecero pure pubblicamente. Cioè essi hanno ribattuto ai loro avversari con le Scritture e con la sapienza di Dio per dimostrare che essi erravano. Anche Apollo fece ciò infatti di lui si dice che a Corinto confutava pubblicamente i Giudei. Ma perché costoro non vogliono polemizzare (inteso nel secondo senso)? Perché hanno paura del papato, di questo impero che qui in Italia ha la sua sede centrale e che ancora oggi è in grado di procurare delle ‘noie’ a coloro che gli danno apertamente fastidio perché basta una parola del papa (che qui in Italia ha quasi tutti ai suoi piedi) a qualche ministro del Governo per scatenare una ‘persecuzione’ (anche se solo verbale) contro di loro.[2201] E perciò essi si studiano di avere buoni rapporti di vicinato con il papato per non trovarsi il governo italiano contro di loro che potrebbe minacciarli di togliergli certi privilegi ottenuti dal governo (ottenuti naturalmente col permesso del papa), preferendo tacere o se non proprio tacere evitare termini o espressioni che potrebbero sembrare offensivi nei confronti della ‘santa chiesa cattolica apostolica romana’. Per esempio non dicono chiaramente che pregare Maria, la madre di Gesù, è idolatria e che quindi coloro che la pregano e invocano sono degli idolatri sulla via che mena all’inferno; che il papa definendosi vicario di Cristo bestemmia, e che in effetti non è un ministro di Cristo ma un ministro di Satana, che i pellegrinaggi, le processioni, e tante altre devozioni cattoliche sono delle menzogne, che il purgatorio è una dottrina di demoni, e che la messa è un sacrilegio perché pretende essere la ripetizione del sacrificio di Cristo, e così via. E se talvolta devono riprovare qualche cosa del cattolicesimo lo fanno o in tono scherzoso o superficialmente (di sfuggita) o indirettamente, ma mai con quella franchezza, gravità e pienezza di convinzione, che ci vogliono per fare capire ai Cattolici romani che ascoltano o che sono presenti nel locale di culto che rimanere attaccati al papa, a certe dottrine o devozioni significa andare all’inferno nelle fiamme. Ricordo che un giorno, durante il periodo in cui la statua di Maria a Civitavecchia si era messa improvvisamente a ‘piangere’ sangue, mi capitò di ascoltare un programma radiofonico a RadioEvangelo in cui si parlava di questi fenomeni ‘miracolosi’. Bene, quando si trattò di dovere fare riferimento alla statua di Maria di Civitavecchia non venne menzionata per nome, però ricordo che quando si trattò di fare riferimento ad un idolo dell’Oriente (di cui si diceva operasse prodigi) che aveva pure un nome molto complicato allora il nome fu fatto! La ragione mi sembra ovvia. Insomma, costoro vogliono procacciare quella che taluni definiscono erratamente ‘pacifica convivenza fraterna’. E si vedono le conseguenze negative di questo loro atteggiamento, infatti molti fratelli non sanno come confutare i Cattolici romani anzi - voglio dire - in molti casi non vogliono confutarli perché non devono ‘polemizzare’. Ah, se questi pastori, invece che riempire di battute e di barzellette le loro predicazioni, o se invece di presentare il Vangelo con discorsi persuasivi di sapienza umana, si mettessero a confutare pubblicamente le eresie papiste così tanto radicate nei cuori delle persone in questa nazione farebbero veramente una cosa lodevole ed utile.

Io, Giacinto, termino questo mio scritto dicendo questo. Io sono avverso a ogni dottrina perversa proclamata da questa organizzazione religiosa, che si definisce falsamente la Chiesa di Cristo, come lo furono prima di me e come lo sono tuttora molti altri in questa nazione e all’estero: e questa mia avversione l’ho manifestata in quest’occasione scrivendo contro le sue eresie con la speranza che voi fratelli nel Signore leggendo queste confutazioni possiate capire meglio cosa è il cattolicesimo, e confutarlo più efficacemente, e molti Cattolici leggendo queste confutazioni siano persuasi dal Signore stesso di essere stati ingannati e rientrando in loro stessi escano da questo carcere sotterraneo per unirsi ai santi che camminano alla luce della Parola di Dio.

Alcune cose che si imparano dalla chiesa cattolica romana

 

Certamente dallo studio della storia e delle dottrine della chiesa cattolica romana si traggono molti ammonimenti a cui noi tutti faremo bene di prestare ascolto per il nostro bene e quello degli altri. Io ne menzionerò solo alcuni; quelli che ritengo essere i principali.

1) La Chiesa di Dio non deve allearsi per nessuna ragione con lo Stato perché nel momento che stipula questa alleanza si svia dalla semplicità e dalla purità rispetto a Cristo. Lo abbiamo ben visto questo quando abbiamo parlato della storia del papato; quando la Chiesa si alleò con l’impero romano permettendo al potere civile di intromettersi negli affari interni alla Chiesa, in cambio di onori e privilegi di ogni genere, assunse un altro volto. Ed ancora oggi a distanza di tanti secoli ci sono molte chiese che si sono alleate con il potere civile in cambio di onori e privilegi, non tenendo in nessuna considerazione né la Parola di Dio e neppure la storia della Chiesa. Alleanza che anche per loro ha costituito l’inizio del declino spirituale, dell’inaridimento spirituale, ma più che l’inizio vorrei dire che è stata una tappa del loro traviamento iniziato ancora prima di stipulare l’alleanza con lo Stato, perché siamo pienamente persuasi che per volere mettersi a camminare a braccetto con lo Stato bisogna essere per forza di cose già traviati, già spiritualmente aridi. Ma vediamo quali sono gli effetti odierni che produce l’alleanza con lo Stato.

L’alleanza con lo Stato, che si chiama Intesa, provoca un insuperbimento nei credenti che la stipulano perché gli apporta privilegi e riconoscimenti di svariato genere di cui non possono usufruire coloro che non fanno parte del loro ‘gruppo’. Per esempio c’è il privilegio di sposare, di disporre dell’8 x 1000, di avere i diplomi delle proprie scuole bibliche riconosciuti dallo Stato, di avere la facoltà di chiedere il rinvio del servizio militare in caso si è iscritti alla scuola biblica di quella denominazione, di avere delle facilitazioni fiscali, di avere delle sovvenzioni statali in caso un locale di culto viene danneggiato da un terremoto, di avere facilmente permessi di svariato genere, di avere i propri locali di culto tutelati da delle leggi, ecc. E’ chiaro che i credenti facenti parte di questo gruppo si sentiranno protetti dallo Stato; non solo, potranno in qualunque momento invocarne l’aiuto nel caso qualcuno mettesse in discussione i loro privilegi o qualcuno cercasse di toglierglieli o nel caso in seno ad una Chiesa succedesse un tumulto in cui una fazione si impossessasse del locale di culto intestato all’Ente. Ma se da un lato la denominazione riesce ad ottenere dallo Stato dei privilegi dall’altro essa deve fare delle concessioni allo Stato perché quest’ultimo non da simili privilegi in cambio di nulla. Prima di tutto il governo esigerà il sostegno politico di coloro che fanno parte della denominazione oggetto dei privilegi; non importa se il governo sarà fascista, democratico o di qualche altra tendenza, esso vorrà l’appoggio politico. Quindi i capi della denominazione cercheranno in svariate maniere, più o meno esplicite, di indurre i credenti a votare per quello o per quell’altro partito politico a secondo che il partito in questione voglia o no mantenergli i suoi privilegi. Si metteranno insomma a fare politica; e tutto per mantenere intatti tutti i loro privilegi. Faccio un esempio: mettiamo caso che un partito politico di un certo peso nella vita politica di questa nazione voglia togliergli l’8 x 1000 o abolire sia il concordato con la chiesa cattolica che le intese con le denominazioni evangeliche ed incamerare i beni della chiesa cattolica e quelli delle denominazioni evangeliche. Subito i capi preoccupati si metteranno a invogliare tutti a votare contro quel partito. Siamo sicuri infatti che quand’anche quel partito volesse l’abolizione del concordato con la chiesa cattolica e togliergli il potere temporale essi si schiererebbero in questo caso assieme ai Cattolici contro quel partito. E perché questo? Perché le denominazioni evangeliche sono dei piccoli papati che hanno anche loro il loro ‘patrimonio’ che non chiamano però di San Pietro ma è pur sempre un patrimonio a cui ci tengono molto perché è il loro orgoglio e la loro forza; ed hanno anche loro i loro papi che sanno come muoversi nelle sfere politiche per tutelare i loro privilegi e gli ingenti beni ecclesiastici di cui sono rappresentanti davanti allo Stato. Loro sono in contatto con ministri, uomini politici di un certo spessore, e sanno come presentare la loro causa. Ecco alcune ragioni per cui i credenti non devono formare denominazioni perché esse portano coloro che ne fanno parte ad insuperbirsi e finiscono col diventare dei piccoli papati che si immischiano nelle questioni politiche per tutelare i loro interessi e i loro privilegi.

E poi non ci si deve mai dimenticare dell’ingerenza statale nelle chiese che fanno parte di una denominazione. Lo so che coloro che hanno fatto l’intesa con lo Stato affermano che lo Stato non si è ingerito negli affari spirituali delle ‘loro’ chiese, ma questo è falso e a dimostrazione di ciò basta leggere il loro statuto e il loro regolamento interno. Hanno messo infatti per iscritto, per compiacere allo Stato, tanti precetti e regole umane che annullano la Parola di Dio, contrastano e contristano lo Spirito Santo. Naturalmente bisogna conoscerla la Parola di Dio e camminare per lo Spirito per potere dire che quelle regole annullano la Parola di Dio e contrastano e contristano lo Spirito del Signore, altrimenti si finisce per non farci nessun caso. Dio volendo dimostreremo questo in un altra occasione; non adesso.

Ma d’altronde che cosa ci si può aspettare dall’autorità terrena di questo mondo che giace tutto quanto nel maligno? Che lasci la Chiesa di Dio organizzarsi seguendo in tutto e per tutto la Parola di Dio? No, ma che esiga da questa che è un organismo perfettamente strutturato e collegato da Dio in ogni parte che si conformi (se essa vuole acquisire la personalità giuridica) ad un suo schema ben preciso che è quello delle organizzazioni umane. Lo Stato avrà pure tutte le sue buone ragioni per offrire la personalità giuridica solo alle chiese che decidono di strutturarsi nella maniera in cui vuole esso, questo non glielo contestiamo. Ma la Chiesa di Dio deve rifiutare di volere diventare un ente giuridico perché non ha bisogno di questo riconoscimento per servire Dio in questo mondo. Essa può fare benissimo a meno di tale riconoscimento: basti considerare per esempio che in Italia sotto la persecuzione fascista quando le chiese erano definite dal governo delle sette pericolose e non avevano tutti questi privilegi e riconoscimenti di oggi riuscirono benissimo a continuare a riunirsi per offrire il culto a Dio, per ascoltare la predicazione della Parola, e facevano delle opere buone. Se poterono servire Dio quei nostri fratelli in mezzo a tutte quelle avversità che gli venivano dal governo perché mai oggi quando il governo non ci perseguita non potremmo servirlo anche noi senza essere riconosciuti ente giuridico dallo Stato, senza tutti quei privilegi che una volta era impossibile ricevere dallo Stato? Ah, dicono i sostenitori dell’Ente Morale, ma con il riconoscimento giuridico si riesce a servire meglio il Signore? No, vi sbagliate grandemente, perché non è con l’appoggio dello Stato che si serve meglio Dio ma con l’appoggio dell’Onnipotente quando c’è la sua testimonianza che conferma la nostra. Ossia quando Dio opera segni, prodigi e opere potenti svariate e distribuisce i suoi doni per confermare la sua parola. Ecco in quali condizioni si serve meglio il Signore e le anime vengono scosse dall’annuncio dell’Evangelo. Ma purtroppo oggi c’è nella maggiore parte la corsa dietro i riconoscimenti e i privilegi statali anziché lo struggente desiderio dei doni spirituali, della manifestazione dello Spirito Santo. E così molti hanno finito per dimenticarsi dell’utilità dei doni dello Spirito Santo, delle rivelazioni divine, dei segni e dei prodigi di Dio. Hanno finito per dimenticarsi che la Chiesa in Gerusalemme ai giorni dei dodici apostoli moltiplicava e prosperava non in virtù di riconoscimenti e favori statali, perché di questi non ne avevano anzi erano duramente perseguitati, ma in virtù della potenza di Dio che era con essa, in virtù dell’amore che regnava nel cuore dei fratelli per lo Spirito Santo. Ecco un altra cosa che non bisogna mai dimenticarsi faceva prosperare la Chiesa antica, l’amore vero e sincero presente nel cuore di quei poveri ed afflitti fratelli. Amore che era presente perché essi erano veramente ripieni di Spirito Santo e camminavano seguendo i suoi desideri. E qui ci tengo a dire che è solo quando si è ripieni di Spirito e si cammina per Esso che si può avere quell’amore abbondante verso il Signore e i fratelli. Ed oggi è proprio questo che manca nella maggiore parte; la pienezza dello Spirito e il camminare per lo Spirito, ecco qual è la causa della mancanza di amore che così tanto si sente in mezzo al popolo di Dio in questi tempi così difficili. No, non è quindi organizzandosi come vuole lo Stato che si servirà meglio il Signore; questa è un illusione, e di questa illusione ne raccolgono i frutti amari tutti coloro, sia anziani che giovani, che si appoggiano su questi vani ragionamenti. Nessuno vi seduca fratelli; tenetevi stretti all’insegnamento della Scrittura; seguite l’esempio degli apostoli e Dio sarà con voi. Ma non scendete in Egitto per ricevere il favore di Faraone, per rifugiarvi all’ombra delle sue ali; perché questo vostro atto vi tornerebbe a vostra confusione.[2202] Come la chiesa cattolica romana molte volte è rimasta confusa proprio da coloro sotto cui si era rifugiata e a cui aveva offerto denaro e appoggio spirituale per salvaguardare i suoi interessi patrimoniali, perché si sa che a capo di una nazione non vi rimane sempre lo stesso governo e persino lo stesso governo può revocare i favori concessi ad un gruppo di persone,[2203] così tutti coloro che hanno cercato il favore dello Stato di mezzo al popolo di Dio anche qui in Italia verrà il giorno che si vedranno voltare le spalle proprio dal loro alleato. Quando salirà al governo un uomo come Mussolini o Stalin vedrete cosa succederà di tutti i vostri privilegi e riconoscimenti. E questo lo farà Dio per correggervi e farvi capire come l’aiuto vero e duraturo che non verrà mai meno è il suo e non quello dello Stato in cui voi confidate.

2) La Chiesa di Dio deve vegliare del continuo per non cadere nelle trappole che il nemico gli prepara sulla sua strada.

Una delle maniere in cui il diavolo tenta la Chiesa è questa: cerca di fargli credere che la persecuzione da parte dello Stato sia un qualcosa di disonorevole per cui è necessario fare appello allo Stato affinché smetta di tenere questo atteggiamento nei loro confronti. Badate fratelli a voi stessi, perché da nessuna parte nella Parola di Dio si dice che sia un male per i santi essere perseguitati dal mondo, anzi l’apostolo Paolo diceva che egli si compiaceva in debolezze, in ingiurie, in persecuzioni, in necessità per amore di Cristo perché quando era debole allora era forte. Oggi invece molti fanno il contrario; si dispiacciono delle persecuzioni, delle necessità, delle ingiurie a motivo di Cristo perché pensano che non s’addice loro un tale trattamento da parte delle autorità (o da parte di coloro che non sono delle autorità). E così cercano di forzare il governo a emanare delle leggi in loro favore. E in questi tentativi applicano il motto dei Gesuiti: ‘il fine giustifica i mezzi’. La persecuzione contro di loro deve finire; anche loro vogliono avere la ‘libertà di culto’ che ha la chiesa cattolica romana, o i Maomettani o i Buddisti se sono in paesi mussulmani o buddisti. Questo è un grave errore in cui sono caduti molti nel corso dei secoli perché è proprio quando la Chiesa è perseguitata che si manifesta la potenza di Dio a favore dei suoi, quando tutti sono contro di lei, quando persino le autorità si schierano contro di essa allora Dio fa vedere i segni del suo favore a pro del suo popolo; miracoli, guarigioni, liberazioni di indemoniati, liberazioni dal carcere, liberazioni da pericoli di morte di svariato genere. E poi di solito quando imperversa contro la Chiesa la persecuzione i credenti hanno la possibilità di comparire davanti alle autorità a motivo delle accuse mosse contro di essi ed hanno la possibilità così di rendere testimonianza della loro fede davanti a persone che non potrebbero raggiungere in tempo di pace. E quand’anche qualcuno venisse ucciso a motivo della sua fede in Cristo, la sua morte porterebbe altri a credere in Cristo o i credenti a fortificarsi nel Signore. E poi la persecuzione contro la Chiesa è sempre un opportunità per la Chiesa di dimostrare al mondo che essa cerca il bene delle persone e non il loro male perché gli fornisce l’occasione di perdonare i nemici, di fare del bene a quelli che li perseguitano, il che va alla gloria di Dio da un lato e dall’altro ridonderà anche a lode dei perseguitati in quel giorno quando il Signore Gesù sarà manifestato. Ed inoltre la santa condotta dei perseguitati nei confronti dei loro nemici servirà a turare la bocca agli avversari che calunniano la loro buona condotta. Ma poi, e questo lo si tenga ben presente, la persecuzione alimenta sempre l’amore dei credenti perché li porta a cercarsi, ad aiutarsi, a stringersi invece che a disunirsi. Quello che non avviene nella maggior parte dei casi invece quando la Chiesa possiede riconoscimenti e privilegi: è un dato di fatto che nessuno può smentire.

Un altra delle trappole che il nemico prepara contro i credenti è quella di cercare di spingerli ad accettare dei precetti umani che voltano le spalle alla verità come si accetta la Parola di Dio. La reazione deve essere quindi quella di rigettare questi precetti, non importa da chi sono stati introdotti, non importa se per anni o decenni o per secoli si è fatto o pensato così, essi devono essere rigettati perché fanno parte di quelle tradizioni umane che annullano la Parola di Dio. Bisogna sradicarle per impedirgli di continuare a portare i loro frutti velenosi perché sono la rovina dei credenti. E non si dimentichi che le tradizioni umane hanno in loro un germe che li porta a moltiplicarsi automaticamente; la chiesa cattolica romana ce lo insegna questo abbondantemente. Quindi fratelli, se volete che la Parola di Dio non continui ad essere soffocata da questi precetti umani, dovete subito rigettarli. Se volete una riforma dei costumi, se volete vedere il popolo tornare al Signore, dovete quindi eliminare qualsiasi comportamento o modo di ragionare che non trova conferma nella Parola di Dio.

3) La Chiesa di Dio non deve adeguare il suo messaggio ai costumi della gente del mondo cominciando a tollerare questo o quell’altro peccato per accaparrarsi il loro favore e la loro amicizia.

Le persone del mondo giacciono tutte quante nel maligno che è il principe di questo mondo e perciò giacciono nelle tenebre. Solo il popolo di Dio giace nella luce e quindi esso deve illuminare il mondo, sia predicando loro la sana dottrina che praticandola senza per nulla mescolarla con le cose storte e perverse delle genti che sono tenebre. Se invece la Chiesa si conforma al mondo allora la Chiesa diventerà come una prostituta che genererà figli di prostituzione che porteranno le persone del mondo a maledire la Parola di Dio perché non la vedranno osservata neppure da quelli che si dicono l’assemblea degli eletti di Dio.

4) La Chiesa di Dio deve aborrire l’ignoranza delle sacre Scritture.

Questo lo deve fare perché la mancanza di conoscenza degli Scritti sacri costituisce per il diavolo un forte appoggio alla sua opera di seduzione perché tenendo nascosta la Parola di Dio ai credenti può fargli accettare se non tutte le sue menzogne almeno alcune, e vi assicuro che bastano anche poche menzogne del diavolo per mettere subbuglio nella Chiesa di Dio. Perciò fratelli vi esorto a investigare diligentemente le sacre Scritture e ad esaminare ogni cosa mediante di esse. Imparate a rigettare tutto quello che non è provabile con la Scrittura e ad accettare quello che è in armonia con l’insegnamento di essa.

5) La Chiesa di Dio non si deve organizzare come sono organizzate le organizzazioni umane, ossia gerarchicamente, in forma piramidale come si è organizzata la chiesa cattolica romana.

Quando la Chiesa si organizza sotto forma di denominazione con un presidente, un consiglio generale, dei comitati di zona ecc. diventa nel parlare un po' come la chiesa cattolica romana, nel senso che si mette a sprezzare coloro che non fanno parte della sua stessa denominazione dicendo o facendo capire che fuori dalla loro cerchia non c’è salvezza o che coloro che non sono dentro il loro gruppo denominazionale e non vogliono entrarvi a fare parte non sono dei fratelli ma solo degli amici (e talvolta arrivano a dire che neppure amici sono). Il presidente di una organizzazione pentecostale italiana si è permesso di dire ad un fratello che se loro non entravano nella loro denominazione non li avrebbe chiamati fratelli cristiani ma bensì amici cristiani. Non fa lo stesso la chiesa cattolica romana verso quelli che non sono al suo interno? Non ci chiama forse gli altri Cristiani ma facendo presente che non possediamo la pienezza dei mezzi di salvezza? Ma come nel caso della chiesa cattolica romana bisogna dire che in seno a queste denominazioni che così tanto si vantano della loro storia secolare o decennale avvengono cose orripilanti a tutti i livelli. Gli scandali non si contano più sia dei loro presidenti che dei pastori sotto la loro direzione. C’è un gran numero di persone che ragionano come i Gesuiti anche in seno alle ‘gerarchie ecclesiastiche’ delle denominazioni non importa se pentecostali, battiste, valdesi ecc. Il fine giustifica i mezzi; la menzogna, la falsità, la doppiezza, gli inganni, denaro dato sotto banco, la tolleranza degli omosessuali, dell’aborto, del divorzio e delle seconde nozze, e dei divertimenti sono tutte cose che si possono praticare basta che il fine sia quello di portare più persone nel locale di culto ad ascoltare la Parola di Dio, più offerte per portare avanti l’opera di Dio, ecc. I Gesuiti dicono di fare tutto ad majorem Dei gloriam, e loro dicono alla gloria di Dio. Ma come si può pensare di praticare il male alla gloria di Dio? Ah, questo gesuitismo che serpeggia in mezzo al popolo di Dio quanto danno ha fatto e continua a fare! Tutti sono avidi di guadagno, assetati di potere temporale e non di potere spirituale (doni dello Spirito Santo), sono in concorrenza tra di loro e si fanno ogni sorta di torto. Sgambetti, gomitate, sono tutte cose all’ordine del giorno nella vita di questi che corrono dietro il vento. Sì, perché alla fine la loro è una corsa dietro al vento perché dice Mosè che quel che ne fa l’orgoglio non è che travaglio e vanità. Guai a loro porteranno la pena della loro iniquità, della loro arroganza, della loro invidia, e della loro falsità. Di Dio nessuno può farsi beffe, perché la pietra torna addosso a chi la rotola, e chi scava una fossa vi cadrà dentro. Ma costoro pensano che così non avvenga. Si illudono, a danno della loro anima. Ma arriverà il giorno in cui il Signore metterà in luce le loro opere inique e allora tutti vedranno che Dio non ha mai approvato il modo di agire perverso di questi ‘Gesuiti evangelici’ anche se magari durante le loro riunioni qualcuno si è convertito sentendo la Parola di Dio e il locale di culto in cui presiedevano la Domenica era pieno o stracolmo. Tutto questo fa parte di quei frutti amari che porta l’organizzazione ecclesiastica quando questa rispecchia canoni umani e non la Parola di Dio. Quindi, si tenga presente questo: l’organizzazione nella Chiesa ci vuole altrimenti ognuno farebbe quello che gli pare e piace e regnerebbe l’anarchia e il disordine invece che l’ordine, l’unione e la pace. Ma questa organizzazione deve essere conforme all’organizzazione della Chiesa antica così come la troviamo scritta negli Atti, nelle epistole e nell’Apocalisse. Organizzazione che è confermata dallo Spirito Santo e quindi non lo contrasta e non lo contrista. Allontanarsi da quell’esempio significa fare compromessi di ogni genere e riempirsi di guai e di dolori. E credo che la chiesa cattolica romana faccia capire chiaramente quali sono le conseguenze amare dei compromessi fatti per difendere i propri interessi e privilegi terreni. Oggi molti riconoscono che ci vuole un risveglio in seno alle denominazioni pentecostali perché vedono che oramai regnano la formalità e la mondanità nel loro mezzo, e questo è un buon sentimento, se per risveglio non si intende solo più persone che si convertono e vengono al locale di culto ma anche la presenza della testimonianza di Dio in aggiunta a quella dei suoi servitori, cioè la presenza di segni, prodigi, opere potenti svariate e doni dello Spirito Santo, la presenza dell’amore di Dio fra i fratelli, della pratica della giustizia di Dio, della santificazione e dell’umiltà così tanto rarefatta oggi. Ma io vorrei domandare a costoro: ‘Ma non avete mai pensato che l’organizzazione denominazionale sia uno dei motivi che impediscono ai credenti di tornare a camminare per i sentieri antichi? Riflettete alle conseguenze che ha portato la denominazione con tutti i privilegi statali e vedrete che fino a quando non deciderete di rinunciare anche voi al vostro papato non potrà esserci nessun ritorno sincero al Signore perché questo ritorno sarà sbarrato da tanti e tanti impedimenti che trovano la loro radice nell’organizzazione umana. E quand’anche ci fosse un principio di ritorno al Signore in seno ad una denominazione da parte di una comunità di credenti questo non sarebbe ben visto dalla ‘curia evangelica’ perché un vero ritorno al Signore di una Chiesa significa perdere il controllo di essa. I vertici cercherebbero subito di soffocare il risveglio. Ma non ci riuscirebbero perché il vero risveglio è inarrestabile; potranno ostacolarlo ma non fermarlo. Il vento soffierà impetuoso; chi cercherà di fermarlo sarà definito un insensato. E così dovrete uscire dalla denominazione; non ci sarà altra scelta. Rimanere dentro significherebbe la rovina del risveglio. Ma vegliate affinché una volta usciti non cadiate nella stessa trappola da cui siete usciti; cioè badate a non formare voi un altra denominazione. Rimanete organizzati esclusivamente a livello locale, con un pastore, degli anziani e dei diaconi, e continuate a servire il Signore nella semplicità del cuore vostro senza il minimo desiderio di piacere a questo mondo perverso.

6) Come i papi hanno perseguitato coloro che mettevano in discussione la loro autorità temporale e quella spirituale (quando per esempio questi si arrogavano il diritto di poter deporre i re e sciogliere i sudditi dal giuramento di fedeltà verso i loro sovrani, o dicevano di essere infallibili e non giudicabili da parte di nessuno, ecc.) e si mettevano contro le dottrine che non hanno nessun fondamento nella Scrittura perché invenzioni umane e che la chiesa cattolica romana predicava, e riprovavano la loro condotta dissoluta, così anche oggi i presidenti delle denominazioni che sono dei piccoli papi fanno lo stesso verso coloro che riprovano la loro arroganza, che riprovano quelle dottrine da loro insegnate che non hanno fondamento nella Scrittura. Sono a capo di un impero terreno, hanno l’appoggio dell’autorità statale, e quindi si sentono al sicuro e liberi di potere diffamare o agire in altre maniere contro tutti coloro che gli danno fastidio, che secondo loro mettono a repentaglio con i loro scritti e le loro parole l’unione della Chiesa (un po' come quando i papi si scagliarono contro i riformatori accusati da loro di guastare la vigna di Dio). Ora, è vero che taluni sono contro la Chiesa perché predicano eresie di perdizione e dottrine che quantunque non siano di perdizione sono sempre malefiche, e perciò vanno ammoniti severamente. Ma è altresì vero che taluni non sono per nulla contro la Chiesa insegnando certe cose ma solo contro la menzogna, la falsità e l’arroganza, e la mondanità ma purtroppo agli occhi di taluni sono gente che provoca divisioni e che non amano i fratelli, quando non è così. Costoro naturalmente a chi danno fastidio? A coloro che vogliono che le cose rimangano in una certa maniera e vadano avanti in una precisa maniera per interessi personali e denominazionali. E perciò è inevitabile che essi siano perseguitati da questa categoria di persone. Considerate da vicino il comportamento dei papi e vedrete che anche in questo caso si trovano delle forti somiglianze con il comportamento di alcuni che si dicono Evangelici.

7) Dio è più grande dell’uomo e come a suo tempo strappa dalle fauci del papa cattolico coloro che lui ha predestinato ad essere giustificati, così a suo tempo strappa dalle mani di questi ‘papi evangelici’ coloro che lui ha deciso di illuminare per fargli capire che essi sono stati riscattati a prezzo per servire Dio nella semplicità del loro cuore seguendo i suoi comandamenti, e non per diventare di nuovo schiavi di uomini che hanno l’apparenza di servitori di Dio ma nella realtà sono servi del loro ventre perché provocano scandali di ogni genere e le dissensioni contro l’insegnamento che abbiamo ricevuto dai santi apostoli.

A Dio il nostro Salvatore che nella sua grazia ci ha tratto all’ubbidienza della fede e in essa ci rende saldi sia la gloria ora e in eterno. Amen.


INDICE

 

 

PREFAZIONE..................................................................................................................................................................................... 1

INTRODUZIONE................................................................................................................................................................................ 2

 

Capitolo 1

LA SALVEZZA...................................................................................................................................................................................... 4

LA DOTTRINA DEI TEOLOGI PAPISTI IN TERMINI GENERALI........................................................................................... 4

L’AFFRANCAMENTO DALLA SCHIAVITÙ DEL PECCATO.................................................................................................. 5

La dottrina dei teologi papisti................................................................................................................................................... 5

Confutazione................................................................................................................................................................................. 5

Si viene liberati dalla legge del peccato e della morte credendo in Gesù e quindi per grazia......................................................... 5

I riscattati devono compiere opere buone per rendere sicura e ferma la loro vocazione ed elezione............................................ 8

LA GIUSTIFICAZIONE..................................................................................................................................................................... 9

La dottrina dei teologi papisti................................................................................................................................................... 9

Confutazione................................................................................................................................................................................. 9

Si viene giustificati dai propri peccati mediante la fede in Gesù.................................................................................................. 9

Se è per grazia non è più per opere, e se è per opere non è più per grazia................................................................................. 12

Spiegazione delle parole di Giacomo sul valore delle opere buone............................................................................................. 13

Le parole di Giacomo non confermano la dottrina papista sulla giustificazione........................................................................ 15

LA REMISSIONE DEI PECCATI................................................................................................................................................... 15

La dottrina dei teologi papisti................................................................................................................................................ 15

Confutazione............................................................................................................................................................................... 15

La remissione dei peccati si ottiene credendo in Gesù............................................................................................................... 15

LA VITA ETERNA........................................................................................................................................................................... 15

La dottrina dei teologi papisti................................................................................................................................................ 15

Confutazione............................................................................................................................................................................... 15

La vita eterna é il dono di Dio che si ottiene credendo in Gesù.................................................................................................. 15

Il cristiano è certo che quando morirà andrà in paradiso con Gesù............................................................................................ 15

Il cristiano è certo che sarà salvato dall’ira a venire.................................................................................................................... 15

CONCLUSIONE................................................................................................................................................................................ 15

 

Capitolo 2

I SACRAMENTI.................................................................................................................................................................................. 15

La dottrina dei teologi papisti................................................................................................................................................ 15

Confutazione............................................................................................................................................................................... 15

Cristo ha istituito due ordinamenti che non conferiscono la grazia............................................................................................ 15

IL BATTESIMO................................................................................................................................................................................ 15

La dottrina dei teologi papisti................................................................................................................................................ 15

Confutazione............................................................................................................................................................................... 15

Il battesimo dev’essere ministrato a persone che hanno creduto e per immersione................................................................... 15

Il battesimo non rigenera l’uomo................................................................................................................................................ 15

I passi presi per sostenere il battesimo dei bambini non hanno il significato che gli danno i teologi papisti............................. 15

I peccati vengono cancellati e si diventa figliuoli di Dio quando si crede in Gesù Cristo e non quando si viene battezzati....... 15

Che cosa è, e cosa fa il battesimo secondo la Scrittura............................................................................................................... 15

Il limbo non esiste...................................................................................................................................................................... 15

Il battesimo di sangue e quello di desiderio non esistono........................................................................................................... 15

LA CRESIMA (O CONFERMAZIONE)........................................................................................................................................ 15

La dottrina dei teologi papisti................................................................................................................................................ 15

Confutazione............................................................................................................................................................................... 15

La cresima non fa ricevere al cresimando lo Spirito Santo perché non ha nulla a che fare con il battesimo con lo Spirito Santo promesso da Gesù Cristo, e con l’imposizione delle mani compiuta dagli apostoli sui credenti affinché ricevessero lo Spirito Santo................... 15

L’EUCARESTIA (LA MESSA)...................................................................................................................................................... 15

La dottrina dei teologi papisti................................................................................................................................................ 15

Confutazione............................................................................................................................................................................... 15

La cena del Signore va ministrata a tutti i credenti sia con il pane che con il calice.................................................................... 15

Quando si benedicono il pane e il calice del Signore non avviene nessun cambiamento di sostanza degli elementi................... 15

Spiegazione delle parole di Gesù: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha vita eterna”.............................................. 15

Gli effetti del mangiare il pane e del bere del calice del Signore secondo la Scrittura.................................................................. 15

L’adorazione dell’ostia è idolatria.............................................................................................................................................. 15

Il digiuno imposto ai comunicanti va contro la Parola di Dio..................................................................................................... 15

L’eucarestia non è affatto la ripetizione del sacrificio di Cristo e neppure un’offerta propiziatoria che il sacerdote cattolico offre a Dio per i peccati.................................................................................................................................................................................................... 15

Le messe per i morti sono funzioni vane.................................................................................................................................... 15

Le messe in onore dei santi sono funzione vane......................................................................................................................... 15

LA PENITENZA (O CONFESSIONE)............................................................................................................................................ 15

La dottrina dei teologi papisti................................................................................................................................................ 15

Confutazione............................................................................................................................................................................... 15

La Scrittura non conferma la confessione fatta al prete.............................................................................................................. 15

Spiegazione dei passi presi per sostenere il sacramento della penitenza................................................................................... 15

La confessione della specie, del numero e delle circostanze dei peccati è inutile....................................................................... 15

Noi ci siamo confessati a Dio ottenendo il perdono dei peccati................................................................................................. 15

La via per ottenere il perdono dei peccati da Dio sia per gli increduli che per i credenti........................................................... 15

Il Giubileo e la Via Crucis sono invenzioni umane..................................................................................................................... 15

La confessione fatta al prete è una scuola di perversione........................................................................................................... 15

L’ESTREMA UNZIONE.................................................................................................................................................................. 15

La dottrina dei teologi papisti................................................................................................................................................ 15

Confutazione............................................................................................................................................................................... 15

L’estrema unzione non corrisponde all’unzione dell’olio di cui parla il Nuovo Testamento..................................................... 15

Noi accettiamo l’unzione dell’olio così come ci è insegnata dalla Scrittura................................................................................ 15

L’ORDINE.......................................................................................................................................................................................... 15

La dottrina dei teologi papisti................................................................................................................................................ 15

Confutazione............................................................................................................................................................................... 15

Spiegazione delle Scritture prese a sostegno del sacramento dell’ordine.................................................................................... 15

I preti non possono essere i presbiteri di cui parla la Scrittura.................................................................................................. 15

La testimonianza di un ex-prete................................................................................................................................................. 15

La gerarchia ecclesiastica romana a confronto con la Scrittura................................................................................................... 15

Le accuse rivolteci confutate...................................................................................................................................................... 15

L’imposizione del celibato ai chierici è una dottrina di demoni.................................................................................................. 15

IL MATRIMONIO............................................................................................................................................................................ 15

La dottrina dei teologi papisti................................................................................................................................................ 15

Confutazione............................................................................................................................................................................... 15

Il matrimonio non è un ordinamento istituito da Cristo............................................................................................................. 15

Non è affatto vero che il matrimonio civile non è un vero matrimonio o è un matrimonio nullo............................................... 15

Il controllo delle nascite si oppone alla Parola di Dio perché Dio ha comandato all’uomo e alla donna di moltiplicare............ 15

Il vincolo matrimoniale si scioglie solo con la morte di uno dei due; solo allora l’uomo o la donna possono contrarre un altro matrimonio senza rendersi colpevoli di adulterio.................................................................................................................................................... 15

I matrimoni misti sono una trappola del diavolo per fare sviare dalla fede e dalla verità i santi................................................ 15

CONCLUSIONE................................................................................................................................................................................ 15

 

Capitolo 3

LA CHIESA.......................................................................................................................................................................................... 15

La dottrina dei teologi papisti................................................................................................................................................ 15

Confutazione............................................................................................................................................................................... 15

Quando si diventa membri della Chiesa di Dio secondo la Scrittura.......................................................................................... 15

La Chiesa di Dio secondo la Scrittura......................................................................................................................................... 15

I due ordinamenti istituiti da Cristo per la sua Chiesa............................................................................................................... 15

Chi c’è a capo della Chiesa......................................................................................................................................................... 15

Perché la chiesa cattolica romana non è una, santa, cattolica e apostolica.................................................................................. 15

Le accuse rivolteci confutate...................................................................................................................................................... 15

La salvezza non è in una chiesa ma è in Cristo Gesù................................................................................................................. 15

La vera Chiesa non si riconosce dal gran numero dei suoi aderenti............................................................................................ 15

Coloro che escono dalla chiesa cattolica romana perché accettano il Vangelo non sono eretici e neppure apostati................... 15

I loro oltraggi (passati e presenti) contro di noi; noi ci compiacciamo in essi............................................................................ 15

Alcuni precetti della chiesa romana confutati............................................................................................................................. 15

Cosa c’è alla radice dei loro insegnamenti................................................................................................................................... 15

I miracoli: segni che la chiesa cattolica romana è nella verità?.................................................................................................... 15

Alcune parole a proposito dell’imposizione delle mani fatta nel nome di Gesù sugli ammalati in seno alla chiesa cattolica romana  15

CONCLUSIONE................................................................................................................................................................................ 15

 

 

Capitolo 4

IL PAPATO.......................................................................................................................................................................................... 15

La dottrina dei teologi papisti................................................................................................................................................ 15

Confutazione............................................................................................................................................................................... 15

Colui che viene chiamato papa non è il vescovo universale....................................................................................................... 15

L’apostolo Pietro non fu costituito capo della Chiesa e non lasciò successori.......................................................................... 15

Spiegazione di alcuni passi presi per sostenere il primato di Pietro.......................................................................................... 15

Colui che viene chiamato papa non è il vicario di Cristo............................................................................................................ 15

Colui che viene chiamato papa non è infallibile ‘ex cathedra’.................................................................................................... 15

Le prove della fallibilità dei papi................................................................................................................................................ 15

Colui che viene chiamato papa non è affatto il santo Padre....................................................................................................... 15

Colui che viene chiamato papa non ha il potere di fare santo nessuno...................................................................................... 15

Colui che viene chiamato papa non ha le chiavi del regno dei cieli............................................................................................. 15

Il lusso, le ricchezze ed il potere temporale di colui che si dice il vicario di Cristo e il successore di Pietro confermano che egli non può essere un servo di Dio................................................................................................................................................................................ 15

L’apostolo Pietro non fondò la Chiesa di Roma e non ne fu vescovo........................................................................................ 15

Breve storia del papato.............................................................................................................................................................. 15

Come reagisce il papato quando un governo di una nazione si mette contro la chiesa cattolica romana togliendogli i suoi privilegi   15

Due sogni e una visione dati da Dio sul presente papa.............................................................................................................. 15

CONCLUSIONE................................................................................................................................................................................ 15

 

Capitolo 5

LA SACRA SCRITTURA.................................................................................................................................................................. 15

IL SUO CONTENUTO..................................................................................................................................................................... 15

La dottrina dei teologi papisti................................................................................................................................................ 15

Confutazione............................................................................................................................................................................... 15

La Scrittura contiene tutto ciò che è necessario sapere per essere salvati e per condurre una vita santa, giusta e temperata.... 15

LA SUA ISPIRAZIONE................................................................................................................................................................... 15

La dottrina dei teologi papisti................................................................................................................................................ 15

Confutazione............................................................................................................................................................................... 15

Gli Scritti del Nuovo Testamento, essendo stati scritti da uomini mossi dallo Spirito Santo, furono scritti per ordine del Signore   15

COME SI RICONOSCONO I LIBRI SACRI.................................................................................................................................. 15

La dottrina dei teologi papisti................................................................................................................................................ 15

Confutazione............................................................................................................................................................................... 15

I Libri sacri si fanno riconoscere da soli da tutti i credenti, come la luce si fa riconoscere (da coloro che ci vedono) in mezzo alle tenebre       15

LA SUA COMPRENSIONE............................................................................................................................................................ 15

La dottrina dei teologi papisti................................................................................................................................................ 15

Confutazione............................................................................................................................................................................... 15

E’ il Signore che fa comprendere rettamente gli Scritti sacri e non il magistero della chiesa cattolica romana............................ 15

CONCLUSIONE................................................................................................................................................................................ 15

 

Capitolo 6

IL PURGATORIO E DOTTRINE COLLEGATE............................................................................................................................ 15

IL PURGATORIO............................................................................................................................................................................. 15

La dottrina dei teologi papisti................................................................................................................................................ 15

Storia.......................................................................................................................................................................................... 15

Confutazione............................................................................................................................................................................... 15

Il purgatorio non esiste; i morti vanno o in cielo con il Signore se sono salvati o all’inferno nei tormenti se sono perduti....... 15

Spiegazione delle parole di Paolo: “Sarà salvo; però come attraverso il fuoco”......................................................................... 15

Spiegazione di altri passi presi per sostenere il purgatorio........................................................................................................ 15

Sapere che il purgatorio non esiste non ci fa apparire per nulla troppo limitata la misericordia di Dio e troppo spaventosa la sua giustizia    15

Il suffragio è un impostura papale che serve solo a fare arricchire la curia romana.................................................................... 15

La testimonianza di un ex prete sul suffragio............................................................................................................................. 15

L’altare privilegiato è un impostura........................................................................................................................................... 15

IL GIUDIZIO PARTICOLARE........................................................................................................................................................ 15

La dottrina dei teologi papisti................................................................................................................................................ 15

Confutazione............................................................................................................................................................................... 15

Appena morti non avviene nessun giudizio particolare............................................................................................................. 15

IL PECCATO..................................................................................................................................................................................... 15

La dottrina dei teologi papisti................................................................................................................................................ 15

Confutazione............................................................................................................................................................................... 15

Come i peccati vengono rimessi e l’unica distinzione esistente tra di essi secondo la Scrittura................................................. 15

LE PREGHIERE PER I MORTI (PARTE DEL SUFFRAGIO)...................................................................................................... 15

La dottrina dei teologi papisti................................................................................................................................................ 15

Confutazione............................................................................................................................................................................... 15

I morti non hanno bisogno delle nostre preghiere....................................................................................................................... 15

Noi dobbiamo pregare per i vivi................................................................................................................................................. 15

CONCLUSIONE................................................................................................................................................................................ 15

 

Capitolo 7

IL CULTO A MARIA, AI SANTI E AGLI ANGELI; LE STATUE E LE IMMAGINI; I PELLEGRINAGGI E LE PROCESSIONI              15

IL CULTO A MARIA...................................................................................................................................................................... 15

Confutazione delle eresie dette su Maria................................................................................................................................... 15

Le glorie di Maria....................................................................................................................................................................... 15

I mariani sono degli idolatri........................................................................................................................................................ 15

Ciò che dice la Scrittura di Maria............................................................................................................................................... 15

IL CULTO AI SANTI....................................................................................................................................................................... 15

La dottrina dei teologi papisti................................................................................................................................................ 15

Confutazione............................................................................................................................................................................... 15

I santi che sono in cielo non pregano per noi............................................................................................................................. 15

Il modo in cui i teologi papisti sostengono la loro devozione a Giuseppe è un esempio che mostra cosa significa interpretare arbitrariamente la Parola di Dio............................................................................................................................................................................... 15

Coloro che la chiesa cattolica romana fa santi non erano altro che dei peccatori che ora sono all’inferno................................. 15

I protettori dei Cattolici romani non proteggono proprio nessuno............................................................................................ 15

Il nostro protettore, guaritore e soccorritore.............................................................................................................................. 15

La venerazione delle reliquie è idolatria...................................................................................................................................... 15

Alcune parole a proposito dell’interpretazione data a certi passi della Scrittura per sostenere la venerazione delle reliquie.... 15

La seduzione perpetrata per mezzo delle reliquie...................................................................................................................... 15

IL CULTO AGLI ANGELI................................................................................................................................................................ 15

La dottrina dei teologi papisti................................................................................................................................................ 15

Confutazione............................................................................................................................................................................... 15

Gli angeli del Signore non vanno invocati................................................................................................................................... 15

LE STATUE E LE IMMAGINI........................................................................................................................................................ 15

La dottrina dei teologi papisti................................................................................................................................................ 15

Confutazione............................................................................................................................................................................... 15

Le cosiddette immagini e statue sacre sono degli idoli e la cosiddetta venerazione alle immagini e alle statue è idolatria.......... 15

I cherubini d’oro ed il serpente di rame non furono costruiti per essere serviti......................................................................... 15

Il culto del sacro cuore di Gesù è idolatria.................................................................................................................................. 15

Il culto della croce è idolatria...................................................................................................................................................... 15

I miracoli avvenuti davanti alle immagini procedono dal diavolo............................................................................................... 15

Passi della Scrittura che condannano il farsi statue e immagini ed il loro culto.......................................................................... 15

I PELLEGRINAGGI........................................................................................................................................................................... 15

La dottrina dei teologi papisti................................................................................................................................................ 15

Storia.......................................................................................................................................................................................... 15

Confutazione............................................................................................................................................................................... 15

La Scrittura non conferma affatto i pellegrinaggi cattolici.......................................................................................................... 15

Una parola al ‘pellegrino’ cattolico............................................................................................................................................ 15

LE PROCESSIONI............................................................................................................................................................................. 15

La dottrina dei teologi papisti................................................................................................................................................ 15

Confutazione............................................................................................................................................................................... 15

La processione non è una pratica scritturale ma una pratica di origine pagana.......................................................................... 15

CONCLUSIONE................................................................................................................................................................................ 15

 

Capitolo 8

DOTTRINE E PRATICHE VARIE.................................................................................................................................................... 15

LA FESTA DI NATALE.................................................................................................................................................................. 15

La dottrina dei teologi papisti................................................................................................................................................ 15

Storia del natale.......................................................................................................................................................................... 15

Confutazione............................................................................................................................................................................... 15

La festa di natale non va celebrata perché sotto la grazia noi non siamo chiamati a celebrare delle feste; oltre tutto la festa di natale non solo si fonda su una data di nascita di Gesù inventata ma è pure di origine pagana........................................................................................ 15

Il presepio è una forma di idolatria; e perciò non va fatto.......................................................................................................... 15

I SACRAMENTALI......................................................................................................................................................................... 15

La dottrina dei teologi papisti................................................................................................................................................ 15

Confutazione di alcuni di essi................................................................................................................................................. 15

IL GIURAMENTO............................................................................................................................................................................ 15

La dottrina dei teologi papisti................................................................................................................................................ 15

Confutazione............................................................................................................................................................................... 15

Sotto la grazia è proibito giurare................................................................................................................................................. 15

Il non mantenere un giuramento fatto ai propri nemici è un atto condannato dalla legge di Dio................................................ 15

Il giuramento con riserva è condannato da Dio........................................................................................................................... 15

L’OMICIDIO..................................................................................................................................................................................... 15

La dottrina dei teologi papisti................................................................................................................................................ 15

Confutazione............................................................................................................................................................................... 15

Uccidere il proprio aggressore è peccato.................................................................................................................................... 15

Il PAGAMENTO DEI TRIBUTI.................................................................................................................................................... 15

La dottrina dei teologi papisti................................................................................................................................................ 15

Confutazione............................................................................................................................................................................... 15

Cristo quando fondò la sua Chiesa, e gli apostoli in seguito non affermarono mai che i beni materiali della Chiesa e coloro che in essa svolgono una particolare opera hanno il diritto divino di essere esentati dal pagamento dei tributi allo Stato................................................ 15

IL FURTO.......................................................................................................................................................................................... 15

La dottrina dei teologi papisti................................................................................................................................................ 15

Confutazione............................................................................................................................................................................... 15

Il furto è in abominio a Dio........................................................................................................................................................ 15

IL MONACHESIMO........................................................................................................................................................................ 15

La dottrina dei teologi papisti................................................................................................................................................ 15

Confutazione............................................................................................................................................................................... 15

Il monachesimo non è in armonia con l’insegnamento di Gesù Cristo....................................................................................... 15

COLLANE, ANELLI, ORECCHINI, ECC....................................................................................................................................... 15

La dottrina dei teologi papisti................................................................................................................................................ 15

Confutazione............................................................................................................................................................................... 15

La Scrittura ordina che l’ornamento della donna non deve essere quello esteriore; perciò ella deve rigettare anelli, collane, orecchini, braccialetti, ecc..................................................................................................................................................................................................... 15

CAPELLI, PANTALONI, VELO, INSEGNAMENTO.................................................................................................................. 15

La dottrina dei teologi papisti................................................................................................................................................ 15

Confutazione............................................................................................................................................................................... 15

La Scrittura dice che la chioma è un onore per la donna, che si deve vestire da donna e con modestia e verecondia, che si deve coprire il capo quando prega o profetizza e che non le è permesso insegnare................................................................................................................ 15

IL FUMO............................................................................................................................................................................................ 15

La dottrina dei teologi papisti................................................................................................................................................ 15

Confutazione............................................................................................................................................................................... 15

Fumare, o poco o tanto, è peccato............................................................................................................................................. 15

IL BALLO.......................................................................................................................................................................................... 15

La dottrina dei teologi papisti................................................................................................................................................ 15

Confutazione............................................................................................................................................................................... 15

Il ballo in un clima di ‘sano’ divertimento è una concupiscenza carnale da cui i santi si devono astenere................................. 15

LE PRESCRIZIONI DELL’ASSEMBLEA DI GERUSALEMME................................................................................................ 15

La dottrina dei teologi papisti................................................................................................................................................ 15

Confutazione............................................................................................................................................................................... 15

Le decisioni dell’assemblea di Gerusalemme devono essere ancora osservate da tutti i santi di fra i Gentili............................. 15

LA CREAZIONE DELL’UOMO..................................................................................................................................................... 15

La dottrina dei teologi papisti................................................................................................................................................ 15

Confutazione............................................................................................................................................................................... 15

L’uomo fu fatto da Dio a sua immagine e somiglianza, e quindi non fu mai un bruto................................................................ 15

I SEI GIORNI DELLA CREAZIONE............................................................................................................................................... 15

La dottrina dei teologi papisti................................................................................................................................................ 15

Confutazione............................................................................................................................................................................... 15

I sei giorni della creazione sono giorni di 24 ore......................................................................................................................... 15

IL RITORNO DI CRISTO................................................................................................................................................................. 15

La dottrina dei teologi papisti................................................................................................................................................ 15

Confutazione............................................................................................................................................................................... 15

Quando Gesù tornerà i santi viventi non morranno ma saranno mutati, ed inizierà su questa terra un regno millenario........... 15

I NUOVI CIELI E LA NUOVA TERRA.......................................................................................................................................... 15

La dottrina dei teologi papisti................................................................................................................................................ 15

Confutazione............................................................................................................................................................................... 15

Questo cielo e questa terra si dissolveranno e al loro posto Dio ne creerà altri migliori............................................................ 15

CONCLUSIONE................................................................................................................................................................................ 15

 

Capitolo 9

LA TRADIZIONE................................................................................................................................................................................ 15

La dottrina dei teologi papisti................................................................................................................................................ 15

Confutazione............................................................................................................................................................................... 15

La tradizione cattolica romana non può procedere da Cristo perché annulla la Parola di Dio e perciò va rigettata................... 15

La teoria del germe del Newman è una menzogna al pari della teoria dell’evoluzione di Darwin............................................... 15

Il discorso fatto con le Scritture a sostegno della tradizione è falso........................................................................................... 15

Quello che hanno detto alcuni cosiddetti padri della chiesa su ciò che non è espressamente scritto......................................... 15

La chiesa romana rigetta l’insegnamento del millennio dei suoi cosiddetti padri........................................................................ 15

Casi in cui i cosiddetti padri vanno contro la tradizione cattolica romana................................................................................. 15

Casi in cui i cosiddetti padri hanno insegnato dottrine false non accettate dalla chiesa cattolica romana oggi........................... 15

Casi in cui le dottrine false dei cosiddetti padri sono accettate dalla chiesa cattolica romana oggi............................................. 15

I cosiddetti padri l’uno contro l’altro......................................................................................................................................... 15

I concili: le loro eresie e le loro contraddizioni........................................................................................................................... 15

Alcune considerazioni finali sui cosiddetti padri e sui concili.................................................................................................... 15

CONCLUSIONE................................................................................................................................................................................ 15

 

Capitolo 10

FALSIFICAZIONI ED IMPOSTURE PERPETRATE DALLA CHIESA CATTOLICA ROMANA...................................... 15

LE FALSE DECRETALI (O DECRETALI PSEUDO-ISIDORIANE).......................................................................................... 15

LA DONAZIONE DI COSTANTINO............................................................................................................................................ 15

LA LETTERA DI STEFANO II A PIPINO RE DEI FRANCHI................................................................................................... 15

FALSIFICAZIONI APPORTATE ALLA BIBBIA....................................................................................................................... 15

LA MANIPOLAZIONE DEI DIECI COMANDAMENTI........................................................................................................... 15

LA NEGAZIONE DELLA BIBBIA AL POPOLO......................................................................................................................... 15

L’INTRODUZIONE DEI LIBRI APOCRIFI NEL CANONE DELLA BIBBIA........................................................................... 15

LE FALSIFICAZIONI DEI LIBRI DEI COSIDDETTI PADRI..................................................................................................... 15

LA FALSIFICAZIONE DEI CANONI DEI CONCILI.................................................................................................................. 15

I FALSI MIRACOLI EUCARISTICI.............................................................................................................................................. 15

LE FALSE STORIE SUI LORO SANTI.......................................................................................................................................... 15

I MIRACOLI FALSI OPERATI DALLE RELIQUIE DEI LORO SANTI................................................................................... 15

LE FALSE APPARIZIONI DI MARIA.......................................................................................................................................... 15

Lourdes e Medjugorje................................................................................................................................................................. 15

Qual’è il fine delle visioni che Dio da a coloro che non lo conoscono........................................................................................ 15

Alcuni sogni e alcune visioni dati dal nostro Dio a uomini e donne per affrancarli dal giogo della chiesa cattolica romana....... 15

Conclusione................................................................................................................................................................................ 15

LA FRODE DELLE RELIQUIE........................................................................................................................................................ 15

CONCLUSIONE................................................................................................................................................................................ 15

 

Capitolo 11

IL MOVIMENTO CARISMATICO CATTOLICO........................................................................................................................ 15

LA STORIA....................................................................................................................................................................................... 15

Il papa e il movimento carismatico............................................................................................................................................. 15

Maria nel movimento carismatico.............................................................................................................................................. 15

LA DOTTRINA E LA PRASSI....................................................................................................................................................... 15

CONFUTAZIONE............................................................................................................................................................................ 15

Il battesimo con lo Spirito Santo si riceve non quando si nasce di nuovo ma dopo essere nati di nuovo; quindi è una esperienza distinta dalla nuova nascita......................................................................................................................................................................................... 15

Il parlare in altra lingua è strettamente collegato al battesimo con lo Spirito Santo perché è il segno esteriore che ne attesta l’avvenuta ricezione.................................................................................................................................................................................................... 15

L’interpretazione delle lingue non è una profezia perché chi parla in altra lingua parla a Dio e non agli uomini....................... 15

La profezia è un parlare agli uomini da parte di Dio e quindi non un parlare lusinghevole che incoraggia le persone a rimanere attaccati all’idolatria e alla menzogna............................................................................................................................................................................. 15

Il ricorrere nella malattia esclusivamente al Signore per essere guariti è una semplice manifestazione della propria fiducia nella Parola di Dio 15

Il cadere nello Spirito non è scritturale....................................................................................................................................... 15

CONCLUSIONE................................................................................................................................................................................ 15

 

Capitolo 12

L’ECUMENISMO................................................................................................................................................................................ 15

IL CAMBIAMENTO DI ATTEGGIAMENTO DELLA CHIESA CATTOLICA NEI CONFRONTI DELL’ECUMENISMO 15

Il decreto del concilio Vaticano II sull’ecumenismo................................................................................................................... 15

L’UNITA’ DELLA CHIESA SECONDO LA SCRITTURA......................................................................................................... 15

L’ENCICLICA UT UNUM SINT DI GIOVANNI PAOLO II........................................................................................................ 15

IL DIALOGO CATTOLICO/PENTECOSTALE............................................................................................................................ 15

A livello internazionale............................................................................................................................................................... 15

In Italia....................................................................................................................................................................................... 15

IL PROGETTO ‘UNITÀ ATTRAVERSO LA DIVERSITÀ’ DI OSCAR CULMANN............................................................. 15

COSE PASSATE DA NON DIMENTICARE................................................................................................................................ 15

Le persecuzioni contro i Valdesi, gli Ugonotti, gli Anabattisti e i Pentecostali.......................................................................... 15

Le torture, le prigionie, e le sentenze capitali inflitte ‘nel nome di Dio’ dall’Inquisizione......................................................... 15

L’astuzia e la malvagità usate dai Gesuiti per ‘la maggior gloria di Dio’.................................................................................... 15

COME STANNO OGGI LE COSE................................................................................................................................................... 15

CONCLUSIONE................................................................................................................................................................................ 15

Un appello alla fratellanza.......................................................................................................................................................... 15

Alcune cose che si imparano dalla chiesa cattolica romana........................................................................................................ 15

 

INDICE............................................................................................................................................................................................... 15

 



[1]Ho deciso di chiamare questa organizzazione religiosa com’essa si definisce ma faccio presente sin da ora che essa per noi non è la Chiesa di Dio cattolica, ossia universale, ma solo una delle tante pseudochiese esistenti sulla terra.

[2]Giuseppe Perardi, Nuovo Manuale del Catechista per l’insegnamento del catechismo della dottrina cristiana, Pubblicato per ordine di Pio X, XVII edizione rinnovata e in gran parte rifatta, Torino 1939, pag. 21 (il libro contiene l’Imprimatur). Per esporre le dottrine della chiesa cattolica romana ho deciso di usare in massima parte questo manuale. E’ vero che esso è ormai abbastanza vecchio ma questo è relativo perché il suo contenuto è confermato, tranne che in alcune piccole cose, dai catechismi della chiesa cattolica più recenti. I corsivi presenti nelle citazioni sono nel testo.

[3]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 35

[4]Ibid., pag. 38

[5]Ibid., pag. 40

[6]Ibid., pag. 42

[7]Ibid., pag. 43

[8]Ibid., pag. 44

[9]Ibid., pag. 45

[10]Ibid., pag. 48

[11]Ibid., pag. 65

[12]Ibid., pag. 67

[13]Ibid., pag. 70

[14]Ibid., pag. 129

[15]Ibid., pag. 142

[16]Ibid., pag. 147

[17]Ibid., pag. 156-157

[18]Ibid., pag. 161

[19]Ibid., pag. 164

[20]Ibid., pag. 119. Si tenga presente però che la chiesa cattolica romana da tutti gli uomini che hanno contratto il peccato originale esclude oltre che Gesù anche Maria: ‘... tra i figli di Adamo solo Maria SS. fu preservata dal peccato originale’ (Ibid., pag. 232).

[21]Ibid., pag. 109

[22]Ibid., pag. 176. Preciso però che il Perardi nella spiegazione per inferno intende oltre che l’Ades, dove noi sappiamo che vanno le anime dei peccatori, anche lo stagno ardente di fuoco e di zolfo o Geenna, dove noi sappiamo saranno gettati col corpo i peccatori alla risurrezione e dove verrà gettato anche l’Ades (cfr. Apoc. 20:13-15). E questo perché per i Cattolici i termini Ades e Geenna indicano lo stesso luogo, cioè l’inferno. Il Bartmann dice per esempio a proposito dell’inferno: ‘Alla parola inferno corrispondono nella Sacra Scrittura le espressioni: Ade, Tartaro, Sheol, Geenna, perdizione, morte’ (Bernardo Bartmann, Teologia dogmatica, vol. III, Alba 1959, pag. 423). Mentre noi quando usiamo il termine inferno ci riferiamo solitamente all’Ades che secondo la Scrittura è un luogo di tormento nel cuore della terra (dove soggiornano le anime dei peccatori in attesa della risurrezione) distinto dallo stagno ardente di fuoco e di zolfo (che è il luogo di tormento finale dove dimoreranno per sempre i peccatori anche con il loro corpo). I Cattolici comunque credono nell’esistenza di un luogo di tormento eterno dove i peccatori saranno tormentati per sempre, a differenza dei cosiddetti Testimoni di Geova e degli Avventisti. La parola inferno deriva dal latino infernus che significa ‘luogo inferiore, sotterraneo’.

[23]Ibid., pag. 253. Si tenga presente però che la chiesa cattolica non crede che quando Gesù tornerà ci sarà la risurrezione dei morti in Cristo (la prima risurrezione) e il mutamento dei credenti viventi e che inizierà il regno millenario di Cristo sulla terra, che sarà seguito dalla risurrezione di giudizio degli empi. Essa insegna infatti le seguenti cose: 1) la prima risurrezione è ‘una rinascita su questa terra ad una nuova vita, la rigenerazione alla vita soprannaturale dei Figli di Dio, che hanno poi perseverato nella fedeltà al Signore, sono morti nella sua amicizia, ed ora, godono della felicità celeste, come risorti ad una vita nuova, trasfigurata nel Regno di Cristo. Sono i martiri del Signore, che han dato la vita per lui (i decollati), o vissuti nella fedeltà ai suoi Comandamenti (quelli che non hanno adorato la bestia) e che dopo la morte han già raggiunto la felicità, prima ancora del ritorno di Cristo’; 2) il millennio rappresenta il periodo che intercorre tra la prima e la seconda venuta di Cristo; 3) ci sarà una sola risurrezione finale di tutti gli uomini, dei buoni e dei cattivi, che verranno separati dagli angeli prima del giudizio finale; 4) i cristiani viventi alla venuta di Cristo subiranno anche loro la morte.

[24]La Sacra Scrittura è la raccolta dei libri scritti per ispirazione di Dio nel Vecchio e nel Nuovo Testamento...’ (Ibid., pag. 373).

[25]Il termine eresia deriva dal greco hairesis che significa ‘eresia’ e nel Nuovo Testamento è presente per esempio nel seguente versetto: “Ci saranno anche fra voi falsi dottori che introdurranno di soppiatto eresie di perdizione” (2 Piet. 2:1). Esso indica una dottrina contrastante la Parola di Dio. Questo termine greco significa anche ‘setta’ o ‘fazione’ ed in questo senso è usato nei seguenti casi: “Abbiam dunque trovato che quest’uomo è una peste... ed è capo della setta de’ Nazarei” (Atti 24:5); “Ma questo ti confesso, che secondo la Via ch’essi chiamano setta, io adoro l’Iddio dei padri...” (Atti 24:14); “Quant’è a cotesta setta, ci è noto che da per tutto essa incontra opposizione” (Atti 28:22); “..perché bisogna che ci sian fra voi anche delle sètte...” (1 Cor. 11:19).

[26]Si tenga presente che quando la chiesa cattolica romana parla di buone opere non si riferisce soltanto alle elemosine fatte ai poveri, o allo sfamare gli affamati o al dissetare gli assetati, o ancora al vestire gli ignudi, visitare gli ammalati ecc. (tutte cose buone che approviamo), ma anche alla recitazione di preghiere a Maria o ai santi, ai pellegrinaggi, a offerte e preghiere fatte per i morti ed altre pratiche che non hanno nessun fondamento biblico e che sono perciò da rigettare.

[27]Ibid., pag. 71

[28]Ibid., pag. 71

[29]Per comprendere bene la dottrina papista sulla salvezza è indispensabile conoscere ciò che i teologi dicono sul battesimo e sulla confessione. Per questo vi invito a leggere attentamente l’esposizione dettagliata di questi loro due sacramenti. E’ una dottrina piuttosto complicata, di questo me ne rendo perfettamente conto fratelli, ma una volta capito il meccanismo, diventa più facile individuare gli errori papisti e confutarli.

[30]L’affrancamento dal peccato (che costituisce anche la liberazione dal presente secolo malvagio che giace nel maligno), la giustificazione, la remissione dei peccati e l’ottenimento della vita eterna (che implicitamente significa l’essere salvati dall’inferno) sono tutte cose strettamente connesse, perché secondo la Scrittura l’uomo viene affrancato dal peccato, giustificato, perdonato, ed ottiene la vita eterna (scampando alle fiamme dell’inferno perché l’ira di Dio viene rimossa da sopra lui) quando si ravvede e crede nel Signore. In effetti si può dire che queste cose sono tutti degli aspetti della salvezza di Dio che è in Cristo Gesù. Ecco perché quando diciamo che siamo stati salvati, diciamo nello stesso tempo più cose, e cioè che siamo stati liberati dal dominio del peccato e dal presente secolo malvagio, siamo stati giustificati, abbiamo ottenuto la remissione dei peccati, abbiamo ottenuto la vita eterna e siamo perciò sicuri di scampare alle fiamme dell’Ades quando moriremo. Io ho ritenuto trattare questi aspetti della salvezza separatamente per rendere più chiara possibile sia l’esposizione della dottrina cattolica romana che l’esposizione della dottrina di Dio. E dato che ho parlato della salvezza, non si dimentichi che un altro suo aspetto è la redenzione del nostro corpo che deve ancora compiersi secondo che dice Paolo ai Romani: “Anche noi stessi gemiamo in noi medesimi, aspettando l’adozione, la redenzione del nostro corpo” (Rom. 8:23). E questo perché, come dice Paolo subito dopo, “noi siamo stati salvati in isperanza” (Rom. 8:24). Questa redenzione corporale si compirà alla risurrezione che avrà luogo alla venuta di Cristo. Quindi quando diciamo che siamo stati salvati intendiamo dire anche che, dato che facciamo parte del numero degli eletti chiamati al regno e alla gloria, in quel giorno il nostro corpo sarà redento dalla corruzione, dalla debolezza, e dalla mortalità perché sarà reso simile al corpo della gloria di Gesù Cristo (cfr. Fil. 3:21); saremo in altre parole resi partecipi della gloria ottenuta da Cristo alla sua risurrezione. Gloria a Dio in eterno. Amen.

[31]Col. 1:24

[32]Si dovrebbe quindi arrivare alla conclusione che con il battesimo, la confessione, credendo e compiendo atti di pietà come dicono loro, uno può essere certo della sua salvezza: ma il fatto è che dopo avere seguito scrupolosamente tutte le loro prescrizioni il penitente continua inevitabilmente a dichiarare di non avere la certezza della salvezza. Anzi è costretto a dichiarare di non avere questa certezza per non essere colpito dall’anatema lanciato contro coloro che oseranno dire una tale cosa. Ci dev’essere quindi per forza di cose qualcosa che non va in questo sistema. Può essere mai che Gesù sia venuto per lasciare le persone che credono in lui nell’incertezza della loro salvezza?

[33]Giov. 8:34

[34]Quando si viene liberati dalla schiavitù del peccato si viene anche riscattati dal presente secolo malvagio e dalle mani di colui che domina questo mondo cioè il diavolo, per cui quando parlo dell’affrancamento dal peccato mi riferisco implicitamente anche al riscatto dal mondo e dalla potestà di Satana. Secondo la Parola di Dio infatti la liberazione dal dominio del peccato coincide con la liberazione dal presente secolo e dalla potestà di Satana. Paolo per esempio dice ai Galati che Cristo “ha dato se stesso per i nostri peccati affin di strapparci al presente secolo malvagio” (Gal. 1:4) e a Tito dice che Cristo ha dato se stesso per noi “affin di riscattarci da ogni iniquità..” (Tito 2:14) e ai Colossesi che “Egli ci ha riscossi dalla potestà delle tenebre e ci ha trasportati nel regno del suo amato Figliuolo” (Col. 1:13).

[35]Atti 16:30

[36]Atti 16:31

[37]Atti 11:13,14

[38]Rom. 6:17,18

[39]Rom. 1:16

[40]Ef. 2:8,9

[41]Rom. 3:27

[42]2 Tess. 2:13

[43]1 Cor. 15:1

[44]1 Cor. 15:11

[45]Tito 3:3-5

[46]2 Tim. 1:9,10

[47]Rom. 9:11,12

[48]Rom. 9:16

[49]Atti 15:11

[50]Luca 8:48; 7:50

[51]Luca 17:19; 18:42

[52]Rom. 10:8-13

[53]Matt. 14:29-31

[54]Rom. 10:13

[55]Col. 1:24

[56]Fil. 1:29

[57]Rom. 8:17

[58]Ef. 2:10

[59]Tito 2:14

[60]Giov. 15:16

[61]Giov. 15:8

[62]Matt. 5:16

[63]Matt. 19:21

[64]1 Tim. 6:18,19

[65]Giov. 15:5

[66]Giov. 15:4

[67]Bartmann Bernardo, Manuale di Teologia dogmatica, Alba 1949, vol. II, pag. 315

[68]Concilio di Trento, Sess. VI, cap. VII. Ricordiamo che il concilio di Trento (1545-1563) fu la risposta della chiesa cattolica romana ai riformatori che predicavano la giustificazione per la sola fede.

[69]Giac. 2:21-24

[70]Concilio di Trento, Sess. VII, can. 4. Il termine anatema deriva dal greco anathema che significa ‘maledetto’.

[71]Concilio di Trento, Sess. VI, can. 9.

[72]Va detto che i teologi papisti per cercare di difendersi dall’accusa di insegnare la giustificazione per opere condannata da Paolo affermano che le opere di cui loro parlano non sono quelle antecedenti alla fede ma quelle che seguono la fede di cui parla Giacomo. In sostanza essi dicono che quando Paolo dice che non si viene giustificati per le opere si riferisce alle opere della legge antecedenti alla fede in Cristo (cioè che non hanno per principio e radice la fede di Gesù Cristo), mentre quando Giacomo parla della giustificazione per le opere si riferisce alle opere che seguono la giustificazione cioè quelle che hanno la loro radice nella fede in Gesù. Ma questo discorso non regge perché, anche se ammettessimo che i Cattolici hanno creduto e che perciò le opere che fanno seguono la loro fede, si dovrebbe dire sempre che essi cercano di essere giustificati tramite di esse in base alla loro teologia. E perciò in questo caso sarebbero incorsi nello stesso errore dei Galati che dopo avere cominciato per lo Spirito volevano raggiungere la perfezione con la carne cioè con le opere buone, ed avevano rinunziato così a Cristo scadendo dalla grazia. L’apostolo Paolo fu chiaro nei loro confronti: “Voi che volete esser giustificati per la legge, avete rinunziato a Cristo; siete scaduti dalla grazia”. (Gal. 5:4) Quindi alla luce delle Scritture è un errore sia il cercare di essere giustificati mediante le opere della legge senza credere nell’Evangelo (come fanno i Giudei per esempio), e sia il cercare di essere giustificati per le medesime opere dopo avere creduto nell’Evangelo perché in questa maniera si rinunzia a Cristo e si scade dalla grazia. Quindi quei Cattolici che dicono di avere creduto (il che noi sappiamo però che non è così) e di compiere le opere buone per essere giustificati dovrebbero essere ripresi come i Galati in questa maniera: ‘Avete rinunziato a Cristo che è stato fatto nostra giustizia, siete scaduti dalla grazia: chi vi ha ammaliati o Cattolici insensati?’ Attenzione dunque ai sofismi dei teologi papisti!

[73]Prov. 3:32

[74]Rom. 5:1

[75]Rom. 3:23,24

[76]Rom. 5:8,9

[77]Rom. 5:17

[78]Rom. 10:4

[79]Gal. 2:16

[80]Gal. 3:24

[81]Gal. 3:8

[82]Gal. 3:21,22

[83]Hab. 2:4

[84]Rom. 3:30

[85]Gal. 2:16

[86]Gal. 2:16

[87]Gal. 3:10,11

[88]Rom. 3:20

[89]Cfr. Gen. 15:6

[90]Cfr. Gen. 12:4

[91]Cfr. Gen. 14:20

[92]Gen. 12:1

[93]Ebr. 11:8

[94]Rom. 4:3; Gen. 15:6

[95]Luca 18:13

[96]Luca 18:14

[97]Cfr. Rom. 3:20

[98]Cfr. Rom. 5:20

[99]Es. 23:19

[100]Deut. 22:1

[101]Deut. 15:2

[102]Deut. 24:19-21

[103]Is. 64:6

[104]Rom. 10:10

[105]Rom. 4:5

[106]Gal. 2:21

[107]1 Cor. 1:30

[108]Cfr. Ebr. 9:9,10; 10:1-4; Col. 2:16,17

[109]Giac. 2:21-24

[110]Giac. 2:1

[111]Gal. 2:16

[112]Ricordatevi che coloro a cui scrisse Giacomo erano credenti che uccidevano, invidiavano, contendevano, che erano diventati nemici di Dio perché avevano voluto diventare amici del mondo, credenti ricchi materialmente che calpestavano il diritto dei loro operai, credenti che avevano riguardo alla persona del ricco e disprezzavano il povero, e che mormoravano gli uni contro gli altri; quindi è perfettamente comprensibile il duro discorso di Giacomo.

[113]Giac. 2:14

[114]Giac. 2:20

[115]Gal. 5:6

[116]1 Cor. 7:19

[117]Mar. 3:11

[118]Mar. 1:24

[119]Luca 4:41

[120]Matt. 8:29

[121]Giac. 2:26

[122]Rom. 8:13

[123]Gen. 15:6

[124]Rom. 4:2

[125]Cfr. Ebr. 11:17-19

[126]Gen. 22:12

[127]Giov. 15:14

[128]2 Piet. 1:10,11

[129]Cfr. 2 Piet. 1:5-7

[130]Matt. 5:16

[131]Rom. 2:24

[132]Gal. 2:16

[133]Cfr. Gal. 5:4

[134]Cfr. Gal. 4:19

[135]Rom. 4:3

[136]Rom. 10:10

[137]Rom. 4:13

[138]Ebr. 11:33

[139]Gen. 22:16,17

[140]Gal. 3:18

[141]Rom. 4:14

[142]Va detto però che i teologi papisti, per accontentare un po’ tutti, con gli ennesimi sofismi accordano la giustificazione pure al morente senza battesimo e senza penitenza! Come? Con il battesimo di desiderio o quello di sangue, e l’olio santo (tutte cose che analizzeremo più avanti).

[143]Rom. 10:4

[144]1 Cor. 1:30

[145]Cfr. Atti 10:43

[146]Giov. 6:48

[147]Il termine deriva dal greco hairetikos che significa ‘scismatico’ o ‘settario’ e designa chi decide di separarsi dalla Chiesa per andare dietro a strane e diverse dottrine. Il termine ha dunque un significato negativo. Nel Nuovo Testamento questo termine è presente nel seguente versetto: “L’uomo settario (hairetikos), dopo una prima e una seconda ammonizione, schivalo, sapendo che un tal uomo è pervertito e pecca condannandosi da sé” (Tito 3:10,11). Diodati ha tradotto mettendo “L’uomo eretico...” e così anche i traduttori della King James Version (Versione di Re Giacomo) del 1611: “A man that is a heretic...”. I Protestanti furono sin dall’inizio definiti eretici.

[148]Concilio di Trento, Sess. VI, cap. IX

[149]Concilio di Trento, Sess. VI, can. 13

[150]Tobia 12:9

[151]Ecclesiastico o Siracide 3:29

[152]Luca 7:47

[153]Ef. 1:7

[154]1 Giov. 2:12

[155]2 Piet. 1:3

[156]Atti 26:18

[157]Atti 10:43

[158]Ebr. 9:13,14

[159]1 Giov. 1:7

[160]Atti 15:9

[161]Luca 7:50

[162]Atti 10:43

[163]Va detto però che i Cattolici romani quantunque dicano che stanno guadagnandosi il paradiso, alla fine devono andare sempre nel purgatorio (che è un luogo di tormento per loro) perché per loro in cielo ci vanno subito solo i santi, cioè coloro che sono puri da ogni macchia, e loro dato che non lo sono, perché dicono di essere dei poveri peccatori, devono prima andarsi a purgare dalle loro colpe in purgatorio per potere poi accedere puri da ogni scoria in paradiso.

[164]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 57-58

[165]Ibid., pag. 381

[166]Ibid., pag. 245

[167]Ibid., pag. 381

[168]Ibid., pag. 383

[169]Concilio di Trento, Sess. VI, cap. XVI

[170]Bellarmino, De Justif., lib. V, cap. 3, 17 e 18

[171]Rom. 6:23

[172]Rom. 4:4

[173]Rom. 11:35

[174]Luca 17:10. Queste parole di Gesù annullano la dottrina sul merito de condigno propugnata dalla chiesa papista perché mettono in chiaro come le opere buone non possono fare meritare la vita eterna al credente. Ma ragionate: perché mai dopo avere ricevuto il dono della vita eterna nel momento in cui crede, il credente se la dovrebbe meritare nel corso della vita facendo opere buone? Se è chiamata il dono di Dio non è un controsenso affermare che dopo averlo ricevuto si deve meritare? Non è piuttosto il caso di dire che una volta ricevuto questo dono è necessario conservarlo per non perderlo? Non ha forse detto Paolo a Timoteo: “Afferra la vita eterna” (1 Tim. 6:12) e non ‘guadagnati la vita eterna con i tuoi meriti’? In effetti cercare di meritarsela significherebbe cercare di pagare a Dio il prezzo del suo acquisto pagato da Cristo Gesù il che costituisce un offesa a Cristo! Sarebbe come dire: Vediamo di pagare a Dio il regalo da lui ricevuto!

[175]Giov. 6:48

[176]Giov. 6:40

[177]Giov. 3:14-16

[178]Num. 21:6-9

[179]Giov. 3:36

[180]1 Tim. 1:16

[181]1 Giov. 5:13

[182]1 Giov. 5:10,11,12

[183]1 Giov. 1:2

[184]1 Giov. 5:12

[185]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 245

[186]Giov. 11:25,26

[187]Giov. 12:26

[188]2 Cor. 4:13

[189]2 Cor. 5:8

[190]Concilio di Trento, Sess. VI, can. 30

[191]Luca 23:43

[192]Hab. 2:4

[193]Rom. 5:8-10

[194]1 Tess. 5:9

[195]1 Tess. 1:9,10

[196]Ebr. 11:1

[197]Gen. 6:17-19

[198]Gen. 19:20

[199]Gen. 19:21,22

[200]Es. 12:23

[201]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 430

[202]Ibid., pag. 430

[203]La dottrina dei sette sacramenti risale al dodicesimo secolo quando Pietro Lombardo nelle sue sentenze enumerò i sette sacramenti. Per questo i teologi papisti non possono provare né con le Scritture e neppure con gli scritti dei loro padri (Agostino, Girolamo, ecc.) questa dottrina. Hanno però come al solito giustificato la mancanza di tali conferme con l’ennesimo sofisma. Il Bartmann per esempio afferma che ‘la ragione più profonda della deficienza nelle fonti cristiane primitive e patristiche circa il numero settenario dei sacramenti, ed anche circa una qualsiasi enumerazione di essi, consiste evidentemente nella mancanza di una elaborazione sistematica della dottrina sacramentale..’ (Bernardo Bartmann, Teologia dogmatica, vol. III, pag. 62). In altre parole gli apostoli (ed anche i cosiddetti padri della Chiesa) non avrebbero esposto la dottrina dei sette sacramenti perché non la elaborarono in maniera sistematica come fecero poi i sommi dottori papisti dal dodicesimo secolo in poi!

[204]Concilio di Trento, Sess. VII, can. 1. Facciamo notare che questo anatema colpisce persino alcuni cosiddetti padri della Chiesa come Ambrogio, Agostino e Crisostomo per i quali i sacramenti non erano sette ma meno.

[205]Concilio di Trento, Sess. VII, can. 6. A proposito del conferimento della grazia da parte dei sacramenti i teologi papisti usano l’espressione ex opere operato che viene spiegata dal Bartmann in questi termini: ‘I sacramenti operano non in virtù della santità di chi li amministra o dello sforzo morale e religioso di chi li riceve, ma ‘per intrinseca virtù, in quanto sono azioni di Cristo stesso, che comunica e diffonde la grazia del Capo divino nelle membra del Corpo mistico (Enc. Mediator Dei)’ (Bernardo Bartmann, op. cit., pag. 36). Ecco perché nella chiesa cattolica il battesimo viene ministrato ai neonati che non possono ancora capire o credere, e perché l’assoluzione e l’estrema unzione vengono date anche a coloro che sono ormai già privi di sensi; perché viene insegnato che quelle azioni conferiscono di per sé la grazia senza il bisogno dell’assenso di chi li riceve. E contro chi non accetterà questa dottrina c’è il seguente anatema tridentino: ‘Se qualcuno afferma che con i sacramenti della nuova legge la grazia non viene conferita ex opere operato, ma che è sufficiente la sola fede nella divina promessa per conseguire la grazia; sia anatema’ (Concilio di Trento, Sess. VII, can. 8).

[206]Il battesimo quindi non rigenera chi lo riceve perché egli è stato già rigenerato dalla Parola di Dio da lui ricevuta per fede prima di sottoporsi al battesimo e siccome ha bisogno di essere preceduto dalla fede del battezzando per essere valido non può essere ministrato a dei neonati. E la cena del Signore non accresce la grazia e non rimette nessun peccato perché con essa si ricorda la morte del Signore e si ha comunione con il suo corpo e il suo sangue. Anche in questo caso occorre la fede per poter partecipare alla cena del Signore e discernere il suo corpo per cui essa non si può dare a dei neonati che non hanno ancora la fede e non possono discernere il corpo del Signore. In tutti e due gli ordinamenti quindi si comprende come il concetto di ex opere operato (cioè che non è necessario l’assenso morale o religioso di chi li riceve) non sussiste perché essi non hanno quelle virtù che dicono i Cattolici e perché se manca l’assenso del ricevente l’ordinamento è nullo. Altra cosa invece è se il ricevente il battesimo o la cena del Signore ha la fede, e chi amministra il battesimo o la cena del Signore è un ministro che non si conduce in maniera degna del Vangelo (per esempio può essere un uomo che all’insaputa del credente commette fornicazione o adulterio o tiene fuori dal locale di culto una condotta riprovevole), perché in questo caso chi è stato battezzato o ha mangiato il pane ed il vino ha ricevuto gli ordinamenti in maniera valida essendo presente la fede in lui che li ha ricevuti. In altre parole la condotta indegna del ministro ministratore degli ordinamenti non invalida gli ordinamenti.

[207]1 Cor. 1:3; 2 Cor. 1:2; Gal. 1:3; Fil. 1:2; 2 Tess. 1:2

[208]Giov. 1:16,17

[209]Rom. 9:16

[210]Rom. 5:2

[211]Bernardo Bartmann, Teologia Dogmatica, vol. III, pag. 91, 96

[212]Atti 2:38

[213]Giov. 3:5

[214]Tito 3:5

[215]Catechismo della chiesa cattolica, Città del Vaticano 1992, pag. 327

[216]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 461

[217]Ibid., pag. 453

[218]I bambini cominciarono ad essere battezzati nel secondo secolo in Egitto. Da lì con il passare del tempo questo uso si diffuse un po’ da per tutto. Nel V secolo il pedobattesimo (ossia il battesimo dei bambini) si consolidò grazie all’idea che ormai molti avevano del battesimo, e cioè che fosse una sorta di atto magico che operasse anche sui neonati che non potevano comprendere, ed anche all’insegnamento di Agostino di Ippona che affermava che, dato che il battesimo cancellava i peccati e i bambini nascevano col peccato in loro stessi, i bambini che morivano senza battesimo andavano all’inferno.

[219]Ibid., pag. 460

[220]Ibid., pag. 461

[221]Cfr. Mar. 10:13

[222]Cfr. Atti 16:14,15,32-34

[223]Cfr. Gen. 17:12

[224]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 171. La dottrina del limbo come luogo dove sono destinati ad andare i bambini morti senza battesimo nacque nel medioevo e prese il posto di quella che diceva che essi andavano all’inferno. Il termine limbo deriva dal latino limbus che significa ‘orlo, estremità, lembo’.

[225]Johann Auer e Joseph Ratzinger, I sacramenti della chiesa, Assisi 1974, pag. 88-89.

[226]Mar. 10:39

[227]Johann Auer e Joseph Ratzinger, op. cit., pag. 89

[228]Concilio di Trento, Sess. VII, can. 3

[229]Concilio di Trento, Sess. V,5

[230]Concilio di Trento. Sess. V,4

[231]Concilio di Trento, Sess. VII, can. 13

[232]Atti 2:37,38,41

[233]Atti 8:12

[234]Atti 18:8

[235]Mar. 16:16

[236]Rom. 10:14

[237]Rom. 10:14

[238]Mar. 16:15,16

[239]Matt. 28:19

[240]Atti 2:41

[241]Atti 16:13

[242]Atti 16:15

[243]Atti 16:32

[244]Atti 16:33

[245]Cfr. Atti 18:8

[246]Matt. 3:5,6

[247]Giov. 3:23

[248]Matt. 3:16

[249]Mar. 1:9,10

[250]Atti 8:38,39

[251]Matt. 28:19

[252]Cfr. Giov. 6:37,44,65

[253]Cfr. Luca 10:22

[254]Cfr. Giov. 16:8

[255]Cfr. Giov. 3:5

[256]Cfr. Tito 3:5

[257]Cfr. Is. 55:10,11

[258]Cfr. 1 Piet. 1:23

[259]Ef. 5:25,26

[260]Giov. 15:3

[261]Giov. 14:24

[262]Matt. 19:13-15

[263]Mar. 10:13

[264]Mar. 10:16

[265]Atti 16:14,15

[266]Atti 16:32-34

[267]Gen. 17:12

[268]1 Piet. 3:21

[269]Cfr. Gal. 5:19-21

[270]Atti 13:39

[271]Atti 10:43

[272]Atti 15:9

[273]Atti 3:19

[274]Giov. 1:12

[275]Gal. 3:26

[276]Giov. 7:39

[277]Rom. 8:15,16

[278]Qualcuno forse dirà che in questo caso dato che per ricezione dello Spirito si deve intendere il battesimo con lo Spirito Santo, uno per essere definito un figlio di Dio prima di ricevere il battesimo con acqua deve essere battezzato con lo Spirito Santo. Ma ciò non corrisponde a verità perché uno che ha creduto, ancora prima di essere battezzato in acqua, ha una misura di Spirito Santo nel suo cuore che gli attesta con il suo spirito che egli è un figlio di Dio. Lo Spirito Santo infatti non importa in che misura è presente nel credente gli attesta la medesima cosa, e cioè che egli è diventato un figlio di Dio. Quando il credente viene battezzato con lo Spirito egli viene riempito di Spirito Santo ossia riceve una misura maggiore di Spirito Santo, ma la testimonianza dello Spirito in lui rimane la medesima. Ciò che cambia è che egli sarà in possesso di una potenza che prima non aveva perché non aveva ancora lo Spirito Santo nella sua pienezza.

[279]Atti 19:1,2 (Diod.)

[280]Matt. 28:19

[281]Mar. 16:16

[282]1 Piet. 3:21

[283]Rom. 6:3,4

[284]Rom. 6:10

[285]Rom. 4:11

[286]Rom. 4:9

[287]Mar. 8:38

[288]1 Piet. 3:21

[289]Luca 23:43

[290]1 Piet. 3:21 (Diod.)

[291]Mar. 16:16

[292]1 Piet. 1:3

[293]Col. 2:12

[294]1 Cor. 1:17

[295]Cfr. Ef. 4:8

[296]Rom. 5:1

[297]Rom. 1:17

[298]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 463

[299]Rino Fisichella, Il Cate­chismo della Chiesa cattolica, Casale Monferrato 1993, pag. 257. Siccome dunque alla cresima avverrebbe l’effusione dello Spirito Santo sui cresimandi, per capire che cosa è il battesimo con lo Spirito Santo per i carismatici cattolici, molti dei quali affermano di aver cominciato a parlare in lingue quando lo hanno ricevuto da adulti molto tempo dopo la cresima, si veda la parte dove parlo della loro dottrina sul battesimo con lo Spirito Santo.

[300]Il termine deriva dal greco chrisma che significa ‘unzione’, da cui è venuto il nome di cresima dato a questo loro rito. Nel Nuovo Testamento questo termine è presente in questo versetto: “Ma quant’è a voi, l’unzione (chrisma) che avete ricevuta da lui dimora in voi... ma siccome l’unzione (chrisma) sua v’insegna ogni cosa, ed è verace, e non è menzogna, dimorate in lui come essa vi ha insegnato” (1 Giov. 2:27).

[301]Atti 8:17

[302]Atti 19:6

[303]Concilio di Trento, Sess. VII, can. 1

[304]Atti 1:5

[305]Luca 24:49

[306]Atti 1:8

[307]Atti 2:4

[308]Giov. 20:22

[309]Atti 9:17

[310]Atti 2:4

[311]Atti 10:44-46

[312]Atti 19:6

[313]Atti 8:17

[314]Atti 19:6

[315]Rom. 8:15-17

[316]Cfr. Gal. 5:22

[317]Atti 1:8

[318]“Poi, avendo preso del pane, rese grazie (verbo greco: eucharisteo) e lo ruppe....” (Luca 22:19); “Poi, preso un calice e rese grazie (verbo greco: eucharisteo), lo diede loro...” (Matt. 26:27).

[319]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 471

[320]Ibid., pag. 474

[321]Ibid., pag. 483-484

[322]Concilio di Trento, Sess. XIII, can. 1

[323]Matt. 26:26

[324]Matt. 26:28

[325]Concilio di Trento, Sess. XXI, cap. 1

[326]Concilio di Trento, Sess. XXI, can. 1

[327]Concilio di Costanza, Sess. XIII

[328]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 507. Sacrificio istituito da Gesù Cristo stesso perché Perardi dice: ‘Gesù Cristo istituì l’Eucarestia, perché fosse nella Messa il sacrificio permanente del Nuovo Testamento’ (Ibid., pag. 476).

[329]Ibid., pag. 509. Il nome messa deriva dal latino Missa (p. pass. di Mittere ‘mandare’) che era parte della formula di congedo con cui i sacerdoti pagani alla fine delle loro funzioni licenziavano il popolo: Ite, Missa, est che significava ‘Andate, è stata mandata’.

[330]Ibid., pag. 507

[331]Concilio di Trento, Sess. XXII, cap. II

[332]Ebr. 5:1

[333]Mal. 1:11

[334]Concilio di Trento, Sess. XXII, can. 1

[335]Concilio di Trento, Sess. XXII, can. 4

[336]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 173

[337]Cfr. 2 Maccabei 12:38-45

[338]Concilio di Trento, Sess. XXII, cap. III

[339]Concilio di Trento, Sess. XXII, can. 5

[340]Concilio di Trento, Sess. XIII, cap. V

[341]Siccome che non tutti i luoghi di culto della chiesa cattolica si possono chiamare basiliche perché ‘le Basiliche sono Chiese celebri anche come importanza materiale, - che dal Papa furono onorate di tale titolo’ (Giuseppe Perardi, Manuale del Catechista, Padova 1962, pag. 643), e siccome che nessuno di essi si può chiamare neppure Chiesa perché la Scrittura insegna che la Chiesa è l’assemblea dei riscattati dal presente secolo malvagio e quindi un edificio non fatto di pietre, mattoni o cemento, ma un edificio spirituale che ha da servire di dimora a Dio (cfr. Ef. 2:22; Atti 12:5; Rom. 16:5) ho deciso di chiamarli semplicemente luoghi di culto e di tanto in tanto basiliche solo quando il titolo di basilica gli è riconosciuto dai Cattolici romani o mi riferisco ai luoghi di culto del periodo storico in cui venivano tutti denominati basiliche.

[342]Concilio di Trento, Sess. XIII, can. 6

[343]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 503

[344]Bernardo Bartmann, op. cit., pag. 192

[345]Citato da Bernardo Bartmann in op. cit., pag. 193

[346]Concilio di Trento, Sess. XXI, can. 4

[347]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 497

[348]Ibid., pag. 501

[349]Giov. 6:53-57,58

[350]Ibid., pag. 481

[351]Ibid., pag. 505

[352]1 Cor. 11:23-25

[353]Matt. 26:27

[354]1 Cor. 11:28

[355]1 Cor. 11:24

[356]1 Cor. 11:26

[357]Matt. 26:28

[358]Matt. 26:29

[359]Cfr. Es. 7:14-21

[360]Cfr. Giov. 2:1-10

[361]Luca 22:20

[362]Mar. 14:24

[363]1 Cor. 10:16

[364]1 Cor. 10:18

[365]Atti 3:21

[366]Matt. 26:11

[367]2 Cor. 5:6

[368]Fil. 1:23

[369]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 489

[370]Matt. 18:20

[371]Matt. 28:20

[372]Dan. 2:38

[373]Gen. 40:12,18

[374]1 Cor. 11:27

[375]1 Cor. 11:29

[376]Giov. 6:63

[377]Giov. 6:54

[378]Giov. 6:40

[379]Giov. 6:56

[380]1 Giov. 3:23-24

[381]Matt. 26:28

[382]Giov. 10:7,9

[383]Giov. 14:6

[384]Ap. 22:16

[385]Giov. 6:55

[386]Giov. 6:53

[387]Giov. 6:60

[388]Matt. 11:6

[389]Giov. 6:63

[390]1 Cor. 11:26

[391]1 Cor. 10:16

[392]Giov. 4:24

[393]Ebr. 1:6

[394]Mar. 14:22-24

[395]Luca 22:20

[396]1 Cor. 11:24

[397]1 Cor. 11:26

[398]Es. 12:14; 13:8

[399]Ebr. 10:10

[400]Ebr. 9:24-26

[401]Ebr. 9:22

[402]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 513

[403]Ebr. 7:23,24

[404]Ebr. 9:9,10

[405]Ebr. 10:1

[406]Ebr. 10:11

[407]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 510

[408]1 Piet. 2:9

[409]Ap. 5:9,10

[410]1 Piet. 2:5

[411]Sal. 141:2

[412]Ap. 5:8

[413]Ebr. 13:15,16

[414]Rom. 12:1

[415]1 Piet. 2:5

[416]Ebr. 13:15

[417]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 518

[418]Ibid., pag. 518

[419]Cfr. 2 Cor. 5:19

[420]Cfr. Mar. 1:5

[421]Cfr. Atti 19:18

[422]Cfr. Giac. 5:16

[423]Giov. 11:44

[424]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 518

[425]Ibid., pag. 518

[426]Concilio di Trento, Sess. XIV, can. 9

[427]Concilio Laterano IV, Cost. XXI

[428]Tenendo presente che in quel tempo Innocenzo III (1198-1216) perseguitava a morte gli Albigesi, i Valdesi e i Catari, ed aveva ordinato di denunciarli sotto pena di scomunica, non sorprende un gran che se egli abbia pensato di rendere la confessione al prete obbligatoria. Perché in questa maniera egli poteva venire a sapere chi erano e dove abitavano coloro che dissentivano dalla chiesa cattolica per poterli sterminare. E che questa sia la ragione che spinse a rendere obbligatoria una cosa che fino a quel tempo era stata facoltativa ce lo dice il seguente fatto. Il concilio di Tolosa nel 1229 estese il precetto di Innocenzo III, ordinando che la confessione fosse fatta tre volte all’anno, dicendo che emanava quel decreto per potere più efficacemente distruggere l’eresia e che dichiarava sospetti d’eresia coloro che non si sarebbero confessati tre volte all’anno.

Per quanto riguarda la storia della confessione auricolare da farsi al prete eccola per sommi capi. Durante i primi secoli, nella Chiesa si cominciò a prescrivere che colui che fosse caduto in qualcuno dei peccati per i quali la Chiesa aveva stabilita una penitenza in segno di ravvedimento, confessasse il suo peccato nella raunanza e venisse poi sottoposto alla penitenza canonica. In altre parole inizialmente la confessione per alcuni peccati avveniva pubblicamente e dopo di essa il vescovo assegnava al penitente la penitenza prescritta dai canoni sinodali che variava a secondo del peccato commesso; e dopo che il penitente era passato per tutti i gradi della sua punizione (che poteva durare anche molti anni) veniva riconciliato con la Chiesa e ammesso alla cena del Signore. La riconciliazione avveniva mediante l’imposizione delle mani del vescovo sul penitente e la preghiera del vescovo a pro di lui affinché Dio accettasse la sua penitenza e lo restituisse alla Chiesa. Questa cerimonia non consisteva in un’assoluzione del penitente perché si riteneva che questi potesse essere assolto solo da Dio, solo lui infatti aveva il potere di perdonare i peccati; in altre parole il vescovo non assolveva il penitente come oggi si sa il prete fa nella confessione ma solo intercedeva presso Dio per lui. Ma col passare del tempo sviluppandosi la dottrina del potere delle chiavi questa intercessione diventerà assoluzione per cui verrà attribuito al vescovo il potere di riconciliare il penitente con Dio oltre che con la Chiesa. Come abbiamo detto innanzi la confessione era pubblica. Come dunque avvenne che da pubblica essa divenne privata? In questa maniera. Quando nella seconda metà del terzo secolo sorse la questione dei lapsi, ossia di coloro che erano caduti nell’idolatria durante la persecuzione che c’era stata sotto l’imperatore Decio, i quali chiedevano di essere riammessi alla comunione e la Chiesa accettò di riammetterli dopo che avessero fatto anche loro confessione pubblica del loro peccato, allora il numero dei penitenti divenne così grande che il culto doveva dilungarsi per molto tempo. I vescovi allora fecero in quell’occasione un canone nel quale ordinarono che si scegliesse fra gli anziani un uomo savio che ascoltasse le confessioni dei penitenti ed imponesse loro la penitenza stabilita dai canoni a secondo il peccato. Questo anziano fu chiamato penitenziere. Ecco dunque quali furono le circostanze in cui si ebbe il principio della confessione auricolare privata ad un uomo. Alla fine del quarto secolo però questa confessione venne abolita. Il motivo ce lo dice lo storico Socrate: ‘Nello stesso tempo (anno 383) piacque abolire i preti delle chiese, che presiedevano alla penitenza, e ciò per la seguente ragione. Dopochè i Novaziani si erano separati dalla Chiesa per non volere comunicare con quelli che nella persecuzione di Decio, avevano apostatato, da quel tempo i vescovi aggiunsero all’albo ecclesiastico un prete penitenziere; affinché coloro che avevano peccato dopo il battesimo, confessassero i loro peccati innanzi al prete a ciò stabilito. La quale istituzione anche ora si mantiene presso le altre sétte. I soli Homousiani (così venivano chiamati coloro che avevano accettato la definizione del concilio di Nicea intorno alla divinità di Cristo Gesù) ed i Novaziani che convengono nella fede di quelli, han rigettato il prete penitenziere. Anzi i Novaziani neppure da principio vollero ammettere quest’aggiunta. Ma gli Homousiani, i quali ora tengono le chiese, avendo per alcun tempo conservata questa istituzione, finalmente, ai tempi di Nettario vescovo, l’abrogarono a cagione di un certo delitto commesso nella chiesa’. Il delitto in questione fu il seguente. Una nobile signora di Costantinopoli confessò di avere compiuto adulterio con un certo diacono di quella chiesa; il fatto da lei confessato però venne a conoscenza di tutti, per cui si decise di abolire la confessione per il male che ne derivava. Questa abolizione della confessione privata da farsi al prete sta ad indicare come essa non era reputata dai vescovi di allora di istituzione divina e necessaria alla salvezza come invece viene fatto credere oggi. Ma verso il 450, il vescovo di Roma Leone I incominciò a introdurre nella chiesa romana l’uso della confessione al penitenziere. E col passare del tempo essa si andò sempre più diffondendosi in Occidente. Nel nono secolo, secondo diverse testimonianze cattoliche, la confessione auricolare al prete era semplicemente un uso ma non era ancora assolutamente obbligatoria e il prete non dava l’assoluzione che noi conosciamo oggi perché non veniva insegnato che egli avesse l’autorità di rimettere i peccati e quindi la confessione non era indispensabile alla salvezza. In un canone del concilio di Chalons tenutosi nel 813 si legge: ‘Alcuni dicono che bisogna confessare i propri peccati a Dio, altri dicono che bisogna confessarli ancora ai preti’. Nel dodicesimo secolo i teologi papisti passarono a fare della confessione al prete una dottrina insegnata dalla Scrittura ma tra di loro c’erano molte divergenze a riguardo della sua istituzione (alcuni dicevano che era di diritto divino mentre altri che fosse un precetto ecclesiastico), e del potere del prete (alcuni dicevano che il prete rimetteva i peccati mentre altri dicevano che egli li dichiarava solo rimessi da Dio). In altre parole non c’era ancora una dottrina stabilita sulla confessione; si andò comunque via via facendo strada e fortificandosi sempre di più l’idea che fosse stata istituita da Cristo e che il prete avesse il potere divino di rimettere i peccati, per cui essa era obbligatoria. La confessione, come abbiamo visto, diventerà obbligatoria nel tredicesimo secolo sotto Innocenzo III. Diventerà poi ufficialmente sacramento al concilio di Firenze del 1439 che la incluse tra i sacramenti istituiti da Gesù Cristo.

[429]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 521

[430]Concilio di Trento, Sess. XIV, cap. V

[431]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 535

[432]Ibid., pag. 543

[433]Ibid., pag. 543

[434]Ibid., pag. 544

[435]Ibid., pag. 544

[436]Ibid., pag. 544

[437]Concilio di Trento, Sess. XIV, can. 14

[438]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 546

[439]Costituzione Apostolica Indulgentiarum Doctrina di Paolo VI, 8

[440]Concilio di Trento, Sess. XXV, cap. XXI. Per capire l’uso che nel passato i papi hanno fatto dell’indulgenza plenaria citiamo i seguenti fatti storici. Al concilio di Clermont nel 1095 Urbano II per invogliare i Cattolici romani a partecipare alla prima crociata contro i Mussulmani, che controllavano i luoghi sacri in Terra Santa, proclamò che il pellegrinaggio armato in Terra Santa (in altre parole, compiuto col fine di strappare i luoghi sacri dalle mani dei Mussulmani) sarebbe equivalso ad una penitenza per tutti i peccati che i pellegrini avessero confessati e di cui si fossero pentiti. Questo equivalse a dire che i pellegrini potevano abbandonarsi a violenze e soprusi di ogni genere tanto alla fine avrebbero ottenuto dal loro papa il condono della penitenza meritata per tutti i loro misfatti: e difatti questo è quello che avvenne in quella prima crociata, i pellegrini durante il viaggio in terra Santa sterminarono migliaia di Ebrei (che assieme ai Mussulmani erano fortemente odiati dai papi) e giunti in Israele compirono sanguinosi massacri per liberare Gerusalemme dalla mano dei Turchi. Quando poi la chiesa cattolica romana, per sterminare gli ‘eretici’, istituì l’Inquisizione il papa concedeva l’indulgenza plenaria a coloro che portavano la legna per erigere il rogo destinato agli ‘eretici’. Il che voleva dire dichiarare la partecipazione alla morte di un ‘eretico’ un opera pia degna del più grande rispetto.

[441]Sessolo Giovanni, L’aggiornamento delle indulgenze, Milano 1968, pag. 61

[442]Sessolo Giovanni, op. cit., pag. 61

[443]Ibid., pag. 18

[444]Costituzione Apostolica Indulgentiarum Doctrina, norma 17

[445]Le indulgenze risalgono all’undicesimo secolo. In breve, la loro storia è questa. Anticamente la Chiesa cominciò ad infliggere una penitenza (delle punizioni) a coloro che cadevano in determinati peccati (idolatria, omicidio, fornicazione, adulterio) prima di ‘assolverli’ e riammetterli alla comunione. La durata della penitenza era proporzionata alla qualità di ogni colpa, e tale durata era divisa in vari stadii. Il primo stadio si chiamava fletus o pianto; il penitente vestito di sacco e coperto di cenere si doveva fermare davanti alla porta del locale di culto, perché non vi poteva entrare, e chiedere a coloro che vi entravano di pregare per lui. Il secondo stadio si chiamava auditio od ascoltare; il penitente poteva entrare nel locale di culto ma doveva starsene vicino alla porta e al termine della predicazione, prima che cominciassero le preghiere, doveva uscire dal locale di culto. Il terzo grado si chiamava substratio o chinato; il penitente doveva starsene in ginocchio tutto il tempo che si facevano delle preghiere per lui, e durante questo periodo doveva fare certi lavori come per esempio scopare il locale di culto. Il quarto stadio era chiamato consistentia o rimanenza; il penitente poteva entrare nel locale di culto e partecipare al culto, ma non alla cena del Signore. Dopo avere superato questo stadio il penitente veniva ammesso alla cena del Signore, in seguito alla cerimonia della riconciliazione compiuta dal vescovo mediante l’imposizione delle mani. A poco a poco a quei peccati visti sopra ve ne furono aggiunti altri con le relative penitenze da espiare. Si vennero così a formare i Canoni Penitenziali che erano la regola che doveva seguire il vescovo nell’infliggere le penitenze nei diversi casi che si presentavano. Per esempio secondo uno di questi canoni chi lavorava di Domenica doveva stare 3 giorni a pane ed acqua, un altro canone diceva che chi malediceva i genitori doveva stare a pane ed acqua per 40 giorni, un altro ancora che chi li percuoteva doveva fare 7 anni di penitenza, per chi compiva un ‘piccolo’ furto c’era 1 anno di penitenza, per chi testimoniava il falso c’erano 8 anni di penitenza e per chi non pagava le decime la punizione era che doveva pagare il quadruplo e stare a pane ed acqua per 20 giorni. Il vescovo però poteva a suo piacimento diminuire gli anni di penitenza a secondo della condotta del penitente; questo alleviamento di pena era chiamato indulgenza. Ma siccome che molti, a motivo di svariati loro peccati commessi, avevano accumulato così tanti anni di penitenza che non gli sarebbero bastate più vite sulla terra per espiarla, allora i vescovi pensarono di commutare la pena con denaro e siccome che in quel tempo nacquero le crociate contro i Turchi per andargli a togliere dalle mani i luoghi sacri chi prendeva le armi per andare a combattere i Turchi riceveva la remissione di tutta la pena da espiare mentre chi non poteva o non voleva andare a combattere poteva riscattare tutta la pena pagando del denaro che sarebbe servito alla crociata. Ma col passare del tempo si era fortificata la dottrina del purgatorio, che venne ufficializzata al concilio di Firenze (1439), per cui l’indulgenza cominciò ad essere applicata anche alle anime che si diceva fossero là ad espiare i loro peccati. Ecco sorgere quindi le indulgenze papali per i morti a metà del XV secolo. Nel 1457 Callisto III (1455-1458) concesse al re Enrico IV di Castiglia una indulgenza plenaria per i vivi, e per quelli che pagassero 200 maravedi per la crociata contro i Mori, una indulgenza per i defunti. E Sisto IV (1471-1484) nel 1476 concesse per la cattedrale di Saintes (Francia) una bolla, valevole per 10 anni, con indulgenza plenaria per i vivi e anche per i defunti.

[446]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 175

[447]Bernardo Bartmann, op. cit., pag. 311

[448]Concilio di Trento, Sess. XIV, can. 1

[449]Giov. 20:23

[450]Atti 8:13

[451]Atti 8:18,19

[452]Per simonia i Cattolici intendono il traffico di cose sacre a scopo di lucro. Il simoniaco è colui che vende o compra ‘uffici sacri’, ecc.

[453]Atti 8:22

[454]Giov. 20:23

[455]1 Giov. 1:9

[456]Matt. 6:9,12

[457]1 Giov. 2:1,2

[458]Giac. 4:1,2,4

[459]Giac. 4:8-10

[460]Sal. 32:5

[461]Esd. 9:5-7

[462]Dan. 9:4-6

[463]Giov. 20:23

[464]Luca 24:46,47

[465]Atti 2:37

[466]Atti 2:38

[467]Atti 10:43

[468]Atti 10:42

[469]Luca 18:13

[470]Luca 18:14

[471]Atti 5:30,31

[472]Atti 11:18

[473]Cfr. Luca 24:47 per comprendere che gli apostoli avevano ricevuto l’ordine di predicare il ravvedimento e la remissione dei peccati.

[474]Bernardo Bartmann, op. cit., pag. 282

[475]Sal. 103:3

[476]Giov. 20:23

[477]Matt. 6:12

[478]D’altronde, se l’uomo ha contratto dei debiti con il Creatore, perché ha infranto la sua legge, è naturale e logico che egli debba andare direttamente da Lui a chiederne la remissione perché solo Lui glieli può rimettere. Come potrebbe una sua creatura, quantunque sia diventata in Cristo un suo figliuolo e magari anche un ministro del Vangelo, avere la potestà di rimettere ad un altra creatura quei suoi debiti che egli ha nei confronti del suo Creatore?

[479]Matt. 9:2

[480]Mar. 2:7

[481]Cfr. Mar. 2:9-12

[482]2 Cor. 5:19

[483]2 Cor. 5:20

[484]Mar. 1:5

[485]Atti 19:18

[486]Giac. 5:16

[487]Giov. 11:44

[488]Giov. 20:23

[489]Atti 10:43

[490]Giac. 5:16

[491]Luca 17:3,4

[492]Matt. 18:18

[493]Matt. 16:18

[494]Luca 18:13

[495]Luca 15:21

[496]Giov. 8:11

[497]Luca 7:48

[498]Luca 5:20

[499]Matt. 6:12

[500]2 Sam. 12:13

[501]Sal. 51:1-4

[502]2 Sam. 12:13

[503]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 541

[504]Giov. 19:30

[505]Luca 18:13

[506]Rom. 3:23-25

[507]Rom. 11:6

[508]Col. 2:13

[509]2 Cor. 5:18

[510]Ebr. 10:10

[511]Ebr. 10:14

[512]1 Giov. 1:9

[513]Gal. 1:9

[514]Durante quel primo giubileo indetto da Bonifacio VIII i cronisti dicono che il denaro veniva raccolto con i rastrelli tanto era abbondante.

[515]Dizionario storico del papato, Milano 1996, pag. 66

[516]Lev. 25:10,11

[517]Sessolo Giovanni, op. cit., pag. 49,50

[518]Ef. 5:3

[519]Matt. 11:28

[520]Bernardo Bartmann, op. cit., pag. 328

[521]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 551

[522]Ibid., pag. 553

[523]Mar. 6:12,13

[524]Giac. 5:14,15

[525]Concilio di Trento, Sess. XIV, can. 3

[526]Mar. 6:13

[527]Luca 4:40

[528]Bernardo Bartmann, op. cit. pag. 329

[529]Il suo comportamento è da capire: ha temuto il seguente anatema del concilio di Trento: ‘Se qualcuno dirà che i presbiteri della chiesa, che il beato Giacomo apostolo esorta ad addurre presso l’infermo per ungerlo, non sono i sacerdoti consacrati dal vescovo, ma gli anziani di ogni comunità e che perciò ministro proprio dell’estrema unzione non è solo il sacerdote, sia anatema’ (Sess. XIV, can. 4).

[530]Atti 10:43

[531]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 551

[532]Giac. 5:14

[533]Giob. 36:8-12,14

[534]Giuda 23

[535]Giac. 5:15

[536]1 Giov. 1:9

[537]2 Cor. 1:3,4

[538]2 Tess. 3:3

[539]Cfr. Ef. 6:16

[540]Giac. 5:13

[541]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 556

[542]Ibid., pag. 556

[543]Ibid., pag. 557

[544]Ibid., pag. 558

[545]Bernardo Bartmann, op. cit., pag. 347

[546]Concilio di Trento, Sess. XXIII, can. 1

[547]Concilio di Trento, Sess. XXIII, can. 3

[548]Concilio di Trento, Sess. XXIII, can. 4

[549]Lev. 22:3

[550]Lev. 22:6,7

[551]Concilio di Elvira, can. 18; citato da Fausto Salvoni in Dal cristianesimo al cattolicesimo I, Genova 1974, pag. 107-108

[552]Concilio di Elvira, can. 33; citato da Fausto Salvoni in op. cit., pag. 108

[553]Concilio Lateranense I, can. 21

[554]Concilio di Trento, Sess. XXIV, can. 9

[555]Codice di diritto canonico, Roma 1984, can. 1037

[556]Ibid., can. 277 - § 1

[557]Gerarchia è una parola greca che significa ‘sacro principato’. Coloro che ne fanno parte vengono detti chierici (da una parola greca che significa ‘sorte’), tutti gli altri invece vengono chiamati laici (da una parola greca che significa ‘popolo’).

[558]Ibid., can. 1031

[559]Catechi­smo della chiesa cattolica, 1992, pag. 400. Il candidato all’episcopato deve, tra le altre cose, avere almeno 35 anni di età ed essere da almeno 5 anni prete. Il vescovo è a capo di una diocesi che è composta di tante parrocchie affidate ai preti.

[560]Bernardo Bartmann, op. cit., pag. 349

[561]Ibid., pag. 360

[562]Concilio di Trento, Sess. XXIII, can. 6

[563]I cardinali sono degli elementi di primario valore nella curia papale. Ogni cardinale è ‘un principe ereditario’ perché è un potenziale futuro papa e dovunque si reca è oggetto di grandi onori. La curia papale è composta dalla Segreteria di Stato, dal Consiglio per gli affari pubblici della chiesa, dalle Congregazioni, dai Tribunali e da altri organismi. I primi due dicasteri sono quelli che collaborano di più con il papa sia per gli affari ecclesiastici sia per quelli diplomatici. Le Congregazioni (che sono delle commissioni stabili che assistono il papa, che fanno sostanzialmente capo alla Segreteria di Stato e in ognuna delle quali c’è un cardinale in veste di prefetto, assistito da un segretario e da un sottosegretario) sono: la Congregazione per la Dottrina della Fede (una volta chiamata, prima Santa Inquisizione e poi Sant’Ufficio) che si occupa della difesa della fede cattolica contro ogni dottrina o interpretazione che possa contaminarla; la Congregazione per le chiese orientali (sovrintende tutto quanto riguarda le diocesi di rito orientale); la Congregazione per i vescovi (nomina vescovi e prelati); la Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti (si occupa della disciplina dei sacramenti e della liturgia della chiesa di rito latino); la Congregazione per il clero (sovrintende al patrimonio artistico delle cosiddette chiese e provvede all’assistenza di preti vecchi e malati); la Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica (sovrintende alla disciplina, agli studi e in pratica alla vita quotidiana dei preti, dei frati e delle suore, promuovendo rinnovamenti anche nell’abito); la Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli o ‘De Propaganda Fide’ (si occupa della diffusione del cattolicesimo nel mondo, presiede al governo delle missioni, reclutando missionari, raccogliendo e gestendo i fondi relativi); la Congregazione per le cause dei santi (esamina le cause di beatificazione e canonizzazione, controllando prove, testimonianze, miracoli inviando poi la documentazione al papa per la decisione finale); la Congregazione per l’educazione cattolica (presiede a tutte le scuole per la formazione della gioventù laica soggetta all’autorità ecclesiastica).

A queste congregazioni vanno aggiunti il Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei Cristiani (che si occupa del dialogo ecumenico con i cosiddetti fratelli separati) che prima si chiamava Segretariato per l’Unione dei Cristiani; il Pontificio consiglio per il dialogo inter-religioso (che si occupa di favorire le relazioni amichevoli della chiesa cattolica verso i seguaci delle religioni non cristiane); ed altri Consigli Pontifici.

I Tribunali sono tre: il Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica (il tribunale supremo della chiesa; è una sorta di Corte di Cassazione della chiesa); il Tribunale della Rota Romana (il tribunale che tratta tutte le questioni riguardanti la nullità dei matrimoni); la Penitenzieria apostolica (che sovrintende a tutto ciò che spetta alle concessioni e all’uso delle indulgenze).

Ci sono poi anche le Commissioni, i Comitati, e poi gli Uffici amministrativi e le Istituzioni culturali (che tralascio di menzionare singolarmente).

[564]Anticamente il vescovo di Roma era eletto dai preti in unione con i fedeli. Poi col passare del tempo, dato che la Chiesa finì con l’allearsi con il potere civile per avere privilegi e protezione, avvenne che le autorità civili si intromisero nell’elezione del papa. In alcuni casi fu l’imperatore ad eleggere il papa direttamente o indirettamente, facendo più o meno gli interessi dei nobili di Roma; altre volte il controllo sull’elezione lo prese il Senato della città, o un sovrano; venne meno così la partecipazione del popolo. Nel 1059 Nicolò II con la bolla In nomine Domini decretò che sarebbero stati i cardinali vescovi a scegliere il papa; gli altri porporati (i cardinali non vescovi) avrebbero dato la loro adesione. Il basso clero e il popolo avrebbero poi dato il loro consenso. Alessandro III dal 1179 estese il privilegio di eleggere il papa a tutti i cardinali cioè anche a quelli che non erano vescovi. Oltre a ciò questo papa stabilì che per essere eletti papa occorreva ricevere due terzi dei voti del collegio cardinalizio; regola che tuttora è vigente. Ma non è che i sovrani smisero di interferire nelle elezioni dei papi. Basti considerare per esempio che durante il conclave del 1903 per eleggere il successore di Leone XIII avvenne che un giorno ‘appena aperta la riunione, il cardinale Puzyna si alzò dal suo tronetto e leggendo uno scritto precedentemente stilato, dichiarò che l’imperatore d’Austria e Ungheria, Francesco Giuseppe, usando un suo antico privilegio metteva il veto all’elezione del cardinale Rampolla’ (che era il cardinale che negli scrutini aveva ricevuti più voti degli altri e pareva avviato alla vittoria). Queste cose le scrisse in un diario il cardinale Domenico Svampa, arcivescovo di Bologna, che fu presente a quel conclave. Sempre questo cardinale scrisse che durante quel conclave ricevette da Mosca un telegramma in un italiano incerto, firmato da Arturo Tchrep Spiridovitch, presidente della Società slava, che diceva: ‘Avendo fedeli agenti in tutte le città slave, ho l’onore di avvertire, come ferventissimo cattolico, che l’elezione a Santo Pontefice fra i cardinali protettori di Germania produrrà la rivolta di trenta milioni slavi cattolici. Tanto è grande l’ira contro tedeschi nemici mortali degli slavi’. Dopo l’intervento dell’imperatore austriaco avvenne che i cardinali temendo di perdere l’appoggio della più forte monarchia cattolica elessero papa il cardinale Sarto che prese il nome di Pio X. Quando poi stava per scoppiare la prima guerra mondiale in cui l’Austria avrebbe combattuto contro la Serbia, Pio X non nascose il suo appoggio e le sue simpatie verso l’impero austriaco. Ci sono diverse testimonianze che lo attestano chiaramente. Cito solo una di queste: il rappresentante della Baviera in Vaticano, barone von Pitter, il 26 luglio del 1914 informò Monaco dicendo: ‘Il papa consente una decisa azione dell’Austria contro la Serbia... il cardinale segretario di Stato esprime la speranza che questa volta l’Austria non farà concessioni’.

Ancora oggi come nel passato, quando si tratta di eleggere un nuovo papa da parte dei cardinali avvengono in conclave manovre di ogni genere da parte delle differenti fazioni cardinalizie perché ogni fazione ha i suoi particolari interessi politici o finanziari nel volere l’elezione di un determinato papa e cerca di ottenerla in ogni maniera. Quando fu eletto Paolo VI per esempio, il cardinale Testa, appena uscito dal conclave affermò: ‘Sono accadute cose orripilanti’. Al popolo però viene fatto credere che l’elezione di ogni nuovo papa sia avvenuta per ispirazione dello Spirito Santo.

Per quanto riguarda le ‘fumate’ che escono dal fumaiolo sovrastante il tetto della cappella Sistina e che fanno capire alla folla riunita nella piazza S. Pietro l’esito delle votazioni, va detto che il fumo viene dalle schede usate nella votazione che vengono bruciate. Quando si ha una votazione nulla (cioè che nessun candidato ha raggiunto il quorum dei due terzi dei voti) il cardinale incaricato di bruciare le schede vi aggiunge della paglia umida ed in questo caso si ha la ‘fumata nera’; quando invece è stato eletto il nuovo papa allora brucia solo le schede ed in questo caso si ha la ‘fumata bianca’.

[565]Codice di diritto canonico, can. 349.

[566]Luca 6:13

[567]Cfr. Atti 14:14

[568]Cfr. 1 Tess. 2:6

[569]Cfr. Rom. 16:7

[570]Vedi la confutazione della penitenza.

[571]Atti 14:23

[572]Atti 6:3,5,6

[573]Atti 13:1-3

[574]Atti 13:4

[575]1 Tim. 4:14

[576]2 Tim. 1:6

[577]Cfr. Atti 19:6,7

[578]1 Piet. 2:9,5

[579]1 Piet. 3:1

[580]1 Piet. 5:1

[581]1 Piet. 5:5

[582]Matt. 23:8-10

[583]Citato da Bernardo Bartmann in op. cit., pag. 352

[584]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 561

[585]Ibid., pag. 561

[586]Ibid., pag. 562

[587]2 Tim. 3:13

[588]Queste sue parole le ho trascritte da una registrazione sonora su audiocassetta.

[589]Gal. 2:6

[590]1 Cor. 12:14

[591]1 Cor. 12:28

[592]Ef. 4:11,12

[593]Il termine greco apostolos significa ‘messaggero’.

[594]Evangelista deriva dal greco euaggelistes che significa ‘portatore di buone notizie’.

[595]Il termine anziano (in greco presbyteros) sta ad indicare l’età matura del credente, mentre il termine vescovo l’ufficio che egli ricopre perché la parola greca episkopos significa ‘sorvegliante’ o ‘guardiano’.

[596]Il termine deriva dal greco diakonos che significa ‘servitore’.

[597]Atti 20:28

[598]1 Tim. 3:2-7

[599]1 Tim. 4:1-3

[600]Matt. 19:11

[601]1 Cor. 7:7

[602]1 Cor. 7:2

[603]1 Cor. 7:9

[604]Si tenga presente che un prete che commetta fornicazione o che commetta regolarmente adulterio è malvisto nella chiesa romana ma può tranquillamente continuare a svolgere il suo ufficio, mentre se egli dovesse sposarsi allora non può più adempiere il suo ufficio di prete perché non c’è dispensa che gli possa permettere di avere moglie e fare nello stesso tempo il prete! Ecco come il loro papa Gregorio si è espresso: ‘Si dimanda, se i Presbiteri, avendo molte concubine, si devono considerare bigami? Risponde, che per avere più concubine non incorrono nell’irregolarità di bigamia, anzi il vescovo, come fa coi fornicatori, può concedere loro la dispensa, e così possono esercitare il loro ufficio. Nota, che colui che ha molte concubine, non incorre nell’irregolarità. Ed è cosa maravigliosa, che chi pecca in questo modo è dispensato, ma chi non pecca in quell’altro modo (cioè se prende moglie) non è dispensato’ (Decret. Gregor., lib. I, de Bigam., tit, 21, cap. 7, ‘Quia circa’). Non è questo un disprezzo verso il matrimonio? Certo che lo è perché si ritiene che la fornicazione e il matrimonio per un prete siano ambedue un male, anzi che la fornicazione sia un male minore del matrimonio perché non gli impedisce di continuare a fare il prete!!

[605]Rom. 12:6

[606]1 Giov. 5:14,15

[607]1 Tim. 3:10

[608]1 Cor. 9:5

[609]Matt. 8:14

[610]Gen. 6:9

[611]Ebr. 3:5

[612]Es. 6:23

[613]Is. 8:3

[614]Os. 1:2

[615]Ez. 24:18

[616]Luca 1:6

[617]Ger. 16:1,2

[618]Ger. 16:3,4

[619]Luca 23:28,29

[620]1 Cor. 7:32,33

[621]1 Cor. 7:28

[622]1 Cor. 7:33

[623]Ebr. 13:4

[624]1 Cor. 7:28

[625]Pelagio II (579-590), dopo che il concilio di Tours (567) aveva decretato che qualsiasi ecclesiastico che avrebbe avuto relazione carnale con sua moglie doveva essere scomunicato per un anno e ridotto allo stato laicale, si accontentava più o meno che gli ecclesiastici sposati non lasciassero i beni della chiesa alle mogli e ai figli. I sacerdoti dovevano quindi fare un inventario dei beni della chiesa quando assumevano l’ufficio e lasciare tutto intatto quando se ne andavano. Gregorio VII che in seguito costrinse molti sacerdoti sposati a cacciare via le loro mogli perché voleva che osservassero il celibato, espresse il motivo per cui voleva che i sacerdoti già sposati mandassero via le loro mogli quando disse: ‘La Chiesa non potrà sfuggire alla tirannia della laicità se prima i sacerdoti non sfuggiranno a quella delle proprie mogli’ (Non liberari potest Ecclesia a servitute laicorum nisi liberentur prius clerici ab uxoribus). In altre parole, il motivo era perché voleva che i vasti possedimenti della chiesa rimanessero intatti. Alla radice di questo suo diabolico insegnamento c’era quindi la cupidigia.

[626]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 569

[627]Ibid., pag. 569

[628]Matt. 19:6

[629]Ef. 5:25,26,31,32

[630]Concilio di Trento, Sess. XXIV, can. 1

[631]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 578

[632]Ibid., pag. 578

[633]Ibid., pag. 578. Pio IX nel Sillabo condannò la seguente proposizione: ‘In virtù del contratto meramente civile, può aver luogo tra i cristiani il vero matrimonio; ed è falso che o il contratto di matrimonio tra i cristiani è sempre sacramento, ovvero che il contratto è nullo se si esclude il sacramento’ (LXXIII).

[634]Jean-Marie Aubert. Compendio della morale cattolica, Cinisello Balsamo 1989, pag. 354,355. Insegnando questo la chiesa cattolica romana contraddice Agostino il quale ebbe a dire: ‘Ci si domanda anche per solito se si deve parlare di matrimonio, quando un uomo e una donna, entrambi liberi da altri legami coniugali, si uniscono non per procreare figliuoli, ma solo per soddisfare la reciproca intemperanza ponendo però tra di loro la condizione che nessuno dei due abbia rapporti con altra persona. In un caso del genere forse parlare di matrimonio non sarebbe fuor di proposito, purché essi osservino vicendevolmente questa condizione fino alla morte di uno dei due o purché, anche non essendo uniti a questo scopo, tuttavia non abbiano escluso la prole, come avviene invece quando la nascita di figli non è desiderata o addirittura è evitata con qualche pratica riprovevole. Ma se mancano i due elementi della fedeltà e della prole, o anche uno solo di essi, non vedo in qual maniera potremo chiamare matrimonio simili unioni’ (Agostino, La dignità del matrimonio, Roma 1982, pag. 97). Anche se Agostino in questo caso fa riferimento ad un unione libera priva del vincolo matrimoniale, egli fa capire che secondo lui la prole in un matrimonio ci deve essere. Oltre a queste sue parole comunque si potrebbero citare altre sue parole in favore alla procreazione a tutti i costi. Quindi, lo ripeto, la chiesa cattolica romana essendo a favore della regolazione delle nascite contraddice il suo padre Agostino.

[635]Codice di diritto canonico, can. 1056

[636]Ibid., can. 1141

[637]Insegnando questo, la chiesa cattolica romana annulla la sua tradizione perché Tertulliano, Lattanzio, e Cirillo d’Alessandria affermavano che l’adulterio era causa di divorzio e permettevano un altro matrimonio. E si è messa contro la chiesa orientale che, rifacendosi sempre ai padri, ammette il divorzio in caso di adulterio e permette alla parte innocente di passare a nuove nozze.

[638]Cappellini Ernesto, Corso di Diritto Canonico II, Brescia 1976, pag. 161-162

[639]I teologi papisti per fare apparire che la chiesa cattolica romana è contro il divorzio citano quasi sempre il seguente fatto storico. Nel 1527 Enrico VIII re d’Inghilterra chiese all’allora papa Clemente VII la dispensa per potere divorziare da Caterina d’Aragona (il motivo era perché questa non gli aveva dato un figlio maschio) e sposarsi Anna Bolena. Ma a questa richiesta il papa non acconsentì. Ma si tenga ben presente questo: egli non acconsentì non perché fosse contro il divorzio (perché i papi di re ne hanno fatto divorziare e risposare nel corso del tempo), ma perché in quel tempo egli era sotto il controllo del potente imperatore Carlo V, nipote di Caterina, che da poco aveva fatto saccheggiare Roma ed aveva le sue truppe nei pressi di Roma, per cui il suo assenso alla richiesta di Enrico avrebbe dispiaciuto a Carlo V che si sarebbe vendicato del papa. Fu insomma la paura di una rappresaglia di Carlo V e non l’avversione al divorzio che indusse Clemente a rispondere di no al re d’Inghilterra.

[640]Codice di diritto canonico, can. 1142

[641]Ibid., can. 1084 - § 1. La sterilità della donna invece non dirime il matrimonio: ‘La sterilità né proibisce né dirime il matrimonio...’ (can. 1084 - § 3).

[642]Ibid., can. 1087

[643]Ibid., can. 1088

[644]Ibid., can. 1143

[645]1 Cor. 7:12-15

[646]Cfr. can. 1146. In questa maniera, cioè permettendo alla parte cattolica di divorziare e di risposarsi, la chiesa cattolica romana si mette di nuovo apertamente contro il suo padre Agostino di Ippona, che lei reputa il più grande dei dottori, il quale non ammetteva che quando il coniuge credente veniva lasciato dal coniuge non credente, a motivo della sua fede, passasse a nuove nozze perché questo per lui significava commettere adulterio. Ed anche contro altri cosiddetti padri che erano a favore dell’indissolubilità del matrimonio assoluta, senza eccezioni, come Agostino.

[647]Cfr. Ernesto Cappellini, op. cit., pag. 175

[648]Ibid., pag. 176. Tradotto nella pratica significa che se un Protestante si sposa una Mussulmana e le cose arrivano a tal punto che lui decide di divorziare dalla moglie perché si vuole sposare una cattolica può recarsi dal papa che in virtù della sua autorità può sciogliere anche il suo matrimonio, e costui scioglierà il suo matrimonio per permettergli di sposare la cattolica. Insomma il papa crede di avere autorità su tutti i matrimoni di coloro che si dicono Cristiani e non solo su quelli dei Cattolici romani. Riconoscete dunque fratelli quanto arrogante sia quest’uomo.

[649]Alcuni esempi di questo tipo di scioglimento operato dal papa. Il 12 marzo del 1957 Pio XII sciolse il matrimonio di due Maomettani: la ragazza, avendo divorziato civilmente, ebbe in custodia il figlio; il marito si recò in Francia dove si risposò nell’Ufficio di Stato Civile, poiché la sposa era cattolica. Siccome desiderava convertirsi, il Sant’Uffizio sotto la guida del cardinale Ottaviani consigliò di applicare il ‘privilegio di San Pietro’ (chiamato così perché i teologi papisti dicono che Pietro ricevette la potestà di sciogliere i matrimoni) perché richiedeva meno tempo di quello ‘paolino’ e così il papa sciolse quel matrimonio. Paolo VI invece concesse il divorzio a due Ebrei di Chicago il 7 febbraio 1964. Il marito, dopo il divorzio dalla moglie, aveva sposato una cattolica; non aveva alcun desiderio di ‘convertirsi’ e l’aveva ammesso, voleva solo tranquillizzare la sua nuova moglie. Il papa ‘mosso a pietà’ concesse il divorzio affinché il loro matrimonio fosse regolarizzato.

[650]Codice di diritto canonico, can. 1089

[651]Ibid., can. 1090 - § 1. Oltre a questi enumerati ci sono altri impedimenti dirimenti che sono i seguenti: l’età: ‘L’uomo prima dei sedici anni compiuti, la donna prima dei quattordici pure compiuti, non possono celebrare un valido matrimonio’ (can. 1083 - § 1); il vincolo precedente: ‘Attenta invalidamente il matrimonio chi è legato dal vincolo di un matrimonio precedente, anche se non consumato’ (can. 1085 - § 1); la consanguineità: ‘Nella linea retta della consanguineità è nullo il matrimonio tra tutti gli ascendenti e i discendenti, sia legittimi che naturali’ (can. 1091 - § 1); l’affinità: ‘L’affinità nella linea retta rende nullo il matrimonio in qualunque grado’ (can. 1092); la pubblica onestà: ‘L’impedimento di pubblica onestà sorge dal matrimonio invalido in cui vi sia stata vita comune o da concubinato pubblico e notorio; e rende nulle le nozze nel primo grado della linea retta tra l’uomo e le consanguinee della donna, e viceversa’ (can. 1093); la parentela legale: ‘Non possono contrarre validamente il matrimonio tra loro nella linea retta o nel secondo grado della linea collaterale, quelli che sono uniti da parentela legale sorta dall’adozione’ (can. 1094); l’errore: ‘L’errore di persona rende invalido il matrimonio’ (can. 1097 - § 1); il dolo: ‘Chi celebra il matrimonio, raggirato con dolo ordito per ottenerne il consenso, circa una qualità dell’altra parte, che per sua natura può perturbare gravemente la comunità di vita coniugale, contrae invalidamente’ (can. 1098); la mancanza di consenso: ‘Ma se una o entrambe le parti escludono con un positivo atto di volontà il matrimonio stesso, oppure un suo elemento essenziale o una sua proprietà essenziale, contraggono invalidamente’ (can. 1101 - § 2), questo significa che se un Cattolico riesce a dimostrare, anche dopo molti anni di matrimonio, che sposandosi aveva posto come condizione di non avere figli o di divorziare nel caso il matrimonio si fosse rivelato un insuccesso allora otterrà lo scioglimento del matrimonio. Un esempio di matrimonio sciolto adducendo il difetto di consenso fu quello di Napoleone Bonaparte con Giuseppina. Nel 1810 infatti le autorità ecclesiastiche cattoliche della Francia (con il permesso di Pio VII) glielo annullarono (nel suo caso addussero anche il difetto di forma) e gli permisero di risposarsi con la nipote di Maria Antonietta, Maria Luisa di Austria. La mancanza del parroco e di due testimoni: ‘Sono validi soltanto i matrimoni che si contraggono alla presenza dell’Ordinario del luogo o del parroco o del sacerdote oppure diacono delegato da uno di essi che sono assistenti, nonché alla presenza di due testimoni...’ (can. 1108 - § 1); la violenza: ‘E’ invalido il matrimonio celebrato per violenza o timore grave incusso dall’esterno, anche non intenzionalmente, per liberarsi dal quale uno sia costretto a scegliere il matrimonio’ (can. 1103).

[652]Concilio di Trento, Sess. XXIV, can. 4.

[653]E non solo con i Protestanti che adesso lei non ritiene più (apparentemente) dei settari eretici, ma anche con i non Cristiani come i Mussulmani, gli Ebrei, ecc. Infatti quantunque essa dica che ‘è invalido il matrimonio tra due persone, di cui una sia battezzata nella Chiesa cattolica o in essa accolta e non separata dalla medesima con atto formale, e l’altra non battezzata’ (can. 1086 - § 1) perché per essa la disparità di culto è un impedimento dirimente pure lo permette dietro dispensa infatti afferma: ‘Non si dispensi da questo impedimento se non dopo che siano state adempiute le condizioni di cui ai cann. 1125 e 1126’ (can. 1086 - § 2). La chiesa cattolica romana quindi sui matrimoni misti (dato che permette il matrimonio fra i Cattolici - che lei naturalmente definisce Cristiani - e Mussulmani, Ebrei, ecc.) contraddice i cosiddetti padri i quali definivano ‘fornicazione’ o ‘adulterio’ il matrimonio di un cristiano con un non cristiano, e molti teologi papisti del passato, tra cui Pietro Lombardo il loro maestro di sentenze, i quali affermavano che i matrimoni misti sono nulli. Anche questo è un esempio di come la chiesa cattolica romana quando lo ritiene opportuno è pronta ad annullare anche la sua ‘venerabile’ tradizione.

[654]Il Regno-documenti 13/’97, pag. 430-431

[655]Citato da Nisbet Roberto in Ma il Vangelo non dice così, Torino 1969, pag. 135-136.

[656]Il Regno-documenti 13/’97, pag. 433

[657]Codice di diritto canonico, can. 1124

[658]Ibid., can. 1125

[659]Gen. 2:24

[660]Matt. 28:19

[661]Mar. 16:16

[662]1 Cor. 11:24,25

[663]Matt. 19:11

[664]Matt. 19:12

[665]1 Cor. 7:7

[666]Concilio di Trento, Sess. IV, secondo decreto

[667]Ef. 5:28-32

[668]Faccio notare però che adesso nelle Bibbie cattoliche il termine mysterion in Ef. 5:32 è tradotto rettamente con mistero, come per esempio nelle edizioni Paoline del 1972, 1977, 1983 e 1990. Rimane il fatto però che questo passo viene tuttora preso per sostenere che il matrimonio è un sacramento.

[669]Col. 3:18

[670]1 Piet. 3:7

[671]Ef. 6:4

[672]Giov. 15:5

[673]Rom. 13:1

[674]Gen. 1:28

[675]1 Tim. 2:14,15

[676]Cfr. Sal. 127:3-5

[677]Matt. 19:4-6

[678]Matt. 16:19

[679]Matt. 19:9

[680]Luca 16:18

[681]1 Cor. 7:11

[682]1 Cor. 7:39

[683]Rom. 7:3

[684]Rom. 7:3

[685]1 Cor. 7:15

[686]Deut. 21:10-13

[687]Cfr. Giud. cap. 20

[688]Cfr. Giud. 21:1

[689]Cfr. Giud. 21:6,7

[690]Cfr. Giud. 21:8-14

[691]Cfr. Giud. 21:14

[692]Giud. 21:20,21,23

[693]Cfr. 2 Sam. 11:27

[694]2 Sam. 11:26,27

[695]Il Messaggero, 6 Aprile 1997, pag. 10

[696]2 Cor. 6:14-16

[697]1 Cor. 3:16

[698]Deut. 7:3,4

[699]1 Re 11:3,4

[700]Cfr. 1 Re 11:9-13

[701]1 Tim. 5:22

[702]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 181

[703]Ibid., pag. 181

[704]Ibid., pag. 181

[705]Ibid., pag. 181

[706]Ibid., pag. 181

[707]Ibid., pag. 181

[708]Ibid., pag. 182

[709]Ibid., pag. 182

[710]Ibid., pag. 188

[711]Ibid., pag. 189-190

[712]Ibid., pag. 192

[713]Ibid., pag. 195

[714]Ibid., pag. 196

[715]Ibid., pag. 199

[716]Ibid., pag. 188

[717]Ibid., pag. 450

[718]Ibid., pag. 181

[719]Ibid., pag. 181

[720]Ibid., pag. 182

[721]Ibid., pag. 221,222. Se dunque voi siete degli eretici e degli apostati perché avete abbandonato la chiesa cattolica romana, come mai siete chiamati anche voi fratelli separati? Come potete essere eretici ed apostati e nello stesso tempo fratelli? Come potete essere da loro insigniti a ragione del nome di Cristiani?

[722]Bolla Unam Sanctam del 18 Novembre 1302

[723]Concilio di Firenze, Sess. XI

[724]Concilio Vaticano II (1962-1965), Lumen gentium, 14: citato nel Catechismo della Chiesa cattolica a cura di Rino Fisichella, pag. 173

[725]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 224

[726]Concilio Vaticano II, Sess. V, cap. I

[727]Ci tengo a dire sin da adesso che noi non escludiamo che in mezzo alla chiesa cattolica romana ci possano essere dei veri nati di nuovo che quantunque sono stati salvati per la grazia di Dio, perché Dio si è fatto da loro trovare, si trovano temporaneamente ancora per svariate circostanze tra i Cattolici romani pur non condividendone molte dottrine e pratiche. E ci tengo pure a dire che siamo sicuri, che tra tutti coloro che nel mondo si dicono Pentecostali, Valdesi, Battisti, Anglicani, Riformati, Metodisti, o altro, ci sono molti che non essendo ancora nati di nuovo sono sulla via della perdizione quantunque frequentino magari da anni il locale di culto e sentono la predicazione della Parola di Dio o che magari dopo avere un giorno conosciuto la grazia di Dio sono diventati tiepidi e il Signore quindi li vomiterà dalla sua bocca. Costoro se muoiono in questo stato vanno all’inferno per cui anche se risultano membri di una particolare Chiesa evangelica questa loro appartenenza non gioverà loro nulla.

[728]Se consideriamo un altro rito di iniziazione prescritto da Dio vale a dire la circoncisione giudaica noteremo una certa somiglianza con il battesimo istituito da Cristo. Dio prescrisse che ogni figlio maschio nato da genitori Giudei dovesse essere circonciso nella carne l’ottavo giorno. Questo sarebbe stato il segno del patto fra Dio e il suo popolo sotto l’Antico Patto. Con quel segno esteriore prescritto da Dio dunque i suoi genitori mettevano in grado il neonato di entrare ufficialmente a fare parte del popolo eletto. Era nato un altro maschio ebreo che si aggiungeva al loro popolo; e si noti che chi riceveva la circoncisione era già nato. Così anche tramite il battesimo in acqua chi è appena nato dall’acqua e dallo Spirito, cioè è nato la seconda volta per virtù della Parola di Dio e dello Spirito Santo (è agli occhi degli altri credenti un neonato dal punto di vista spirituale) viene messo in grado di entrare a fare parte dell’assemblea dei riscattati, viene insomma aggiunto al numero dei credenti già esistenti. Infatti il giorno della Pentecoste si dice che coloro che accettarono la Parola furono battezzati e poi si dice che “furono aggiunte a loro circa tremila persone” (Atti 2:41). La differenza sta che mentre la circoncisione era dolorosa per il neonato, il battesimo non è un atto doloroso in se stesso perché chi lo riceve viene semplicemente immerso nell’acqua: e poi mentre la circoncisione il neonato la riceveva senza essere consapevole di quello che gli facevano e senza saper il significato di quel segno e senza avere espresso il desiderio di farsi circoncidere, il battesimo viene ricevuto solo da persone che hanno creduto col cuore nel Signore, quindi che sono consapevoli di quello che gli viene fatto e intendono il significato del segno che ricevono. Se dunque si prende la circoncisione dell’Antico Patto per parlare del battesimo sotto il Nuovo Patto, si deve del continuo tenere presente che sono solo dei segni testimonianti l’entrata nel popolo di Dio, ma anche che come la circoncisione dell’Antico Patto veniva ricevuta da un neonato fisico così il battesimo viene e deve essere ricevuto da un neonato spirituale e quindi da chi è già nato di nuovo il che implica che sia in grado di discernere perché si è ravveduto dai suoi peccati ed ha creduto in Cristo. Nel caso invece si considera la circoncisione di Abramo da lui ricevuta a novantanove anni, occorre tenere presente che essa fu da lui ricevuta consapevolmente cioè con il desiderio di riceverla in obbedienza al comando di Dio. Ma anche che non fu la circoncisione a giustificarlo ma la sua fede riposta nella promessa di Dio quando ancora era incirconciso (cfr. Rom. 4:9-12).

[729]Giov. 15:1-5

[730]Il termine italiano chiesa deriva dalla parola greca ekklesia che significa ‘assemblea’.

[731]Col. 4:5

[732]1 Cor. 5:12

[733]Ef. 2:1,19-22

[734]1 Piet. 1:23; 2:2

[735]1 Piet. 2:5

[736]1 Cor. 12:27

[737]1 Cor. 12:13

[738]1 Cor. 12:26

[739]1 Piet. 2:9

[740]1 Piet. 2:9

[741]1 Cor. 10:20

[742]1 Piet. 2:9

[743]1 Tim. 3:15

[744]Giov. 17:17

[745]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 430

[746]Ibid., pag. 430

[747]Matt. 18:20

[748]Ef. 1:22,23

[749]Ef. 4:15

[750]Ef. 5:23

[751]2 Cor. 11:2

[752]Col. 1:17,18

[753]Rino Fisichella, Il Catechismo della Chiesa Cattolica, pag. 169

[754]1 Tess. 5:23

[755]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 192

[756]Giovanni Bosco (1815-1888) aprì oratori, ospizi e collegi sia in Italia che all’estero. Giuseppe Cafasso (1811-1860) si distinse tra le altre cose nell’assistenza ai morenti; in particolar modo i carcerati e i condannati al patibolo. Giuseppe Cottolengo (1786-1842) si prodigò con i derelitti, i raminghi, i senza tetto ed in particolare gli ammalati privi di assistenza.

[757]Come vedremo in appresso, i santi della chiesa cattolica romana sono dichiarati tali dagli uomini, dopo la loro morte dopo una lunga e costosa prassi, e dopo che si sono accertati almeno quattro miracoli compiuti dal morto.

[758]Ef. 5:25,26

[759]Ebr. 10:10

[760]Cfr. Ap. 5:9

[761]Cfr. Rom. 10:8-13

[762]Ef. 2:20

[763]Concilio Vaticano I, De Eccl. Christi, can. 13; citato da Luigi Desanctis in Compendio di controversie tra la parola di Dio e la teologia romana, ott. ediz. Firenze 1925, pag. 31

[764]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 209

[765]Ebr. 2:11

[766]Atti 4:12

[767]Ap. 18:4

[768]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 224

[769]Concilio Vaticano II, Sess. V, cap. 1

[770]Credo che taluni farebbero bene ad andare a leggersi tutti gli anatemi che il concilio di Trento (cito solo questo) ha lanciato contro i Protestanti.

[771]Concilio di Firenze, Sess. XI

[772]Matt. 7:13,14

[773]Luca 12:32

[774]Matt. 22:14

[775]Luca 13:23

[776]Luca 13:24

[777]1 Piet. 3:20

[778]Es. 17:15 (Diod.)

[779]Cfr. Mal. 3:16-18

[780]Ger. 15:10

[781]Matt. 11:18,19

[782]Matt. 12:24

[783]Giov. 7:12

[784]Luca 23:2

[785]Atti 17:6,7

[786]Atti 19:26

[787]Atti 16:20

[788]Matt. 10:25

[789]Matt. 5:11,12

[790]Giovanni Perrone, Catechismo intorno al Protestantesimo ad uso del popolo, Roma 1854, pag. 10. Questo libro del Perrone a suo tempo fu sparso a piene mani dai preti per tutti i paesi d’Italia.

[791]Giovanni Perrone, op. cit., pag. 22,23

[792]Ibid., pag. 44,45

[793]Ibid., pag. 70, 73, 75

[794]Ibid., pag. 102,103

[795]Ibid., pag. 109

[796]Ibid., pag. 112,113

[797]Ibid., pag. 115

[798]L’Osservatore Romano, 25 Aprile 1934, pag. 2

[799]L’Osservatore Romano, 7 Aprile 1934, pag. 2

[800]D’altronde non si capisce perché le cose dovrebbero essere differenti quando la chiesa cattolica romana è la stessa di secoli fa e noi continuiamo a riprovare tutte le sue eresie ed imposture come facevano esattamente i nostri fratelli che ci hanno preceduto. Sappiate dunque che c’è da preoccuparsi quando si sente dire che taluni Evangelici sono ben visti e stimati da zelanti preti cattolici o da altri zeloti della gerarchia cattolica perché questo significa che essi hanno smesso di riprovare e confutare pubblicamente le eresie papiste per accattivarsi la loro amicizia e rispetto, e per non aver noie.

[801]Amatulli Flaviano, La Chiesa Cattolica e le sette protestanti, Putignano 1991, pag. 19. Il libro ha l’Imprimatur.

[802]Amatulli Flaviano, op. cit., pag. 20

[803]Ibid., pag. 21

[804]Ibid., pag. 31

[805]Ibid., pag. 43

[806]Ibid., pag. 152

[807]1 Piet. 4:14

[808]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 347

[809]Catechismo della Chiesa Cattolica, Città del Vaticano 1992, pag. 506

[810]Ibid., pag. 506

[811]Matt. 6:12

[812]Ibid., pag. 506

[813]Ibid., pag. 506

[814]Ibid., pag. 506

[815]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 355

[816]Matt. 6:16-18

[817]Luca 4:2

[818]Atti 9:9

[819]Es. 34:28

[820]1 Cor. 11:24,25

[821]1 Cor. 11:26

[822]Rom. 14:17

[823]1 Giov. 2:2

[824]Is. 28:13

[825]1 Tim. 6:10

[826]Tito 1:11

[827]Codice di diritto canonico, can. 1271

[828]Cfr. Fausto Salvoni, Da Pietro al Papato, Genova 1970, pag. 365

[829]Francesco Di Silvestri-Falconieri (membro di una Chiesa evangelica del suo tempo) racconta a proposito della canonizzazione della sua lontana parente Giuliana Falconieri (1270-1341), donna che durante la sua vita portava catene ai lombi (che erano così strette che finirono col penetrargli nella carne e non le si poterono più levare), funicelle alle gambe e alle braccia, dormiva sulla terra nuda e al più sopra una stoia e recitava l’ave Maria mille volte al giorno, racconta dico che all’inizio del XVIII secolo Giuliana cominciò a fare miracoli e Benedetto XIII la beatificò nel 1729. La santificazione avvenne pochi anni dopo. Racconta il Di Silvestri: ‘La santificazione non si fece attendere molto: Alessandro Falconieri, cardinal diacono del titolo di santa Maria della Scala, personaggio influentissimo in Conclave, fece radunare i voti della maggior parte dei cardinali sul suo vecchio cugino Lorenzo Corsini, che divenne papa col nome di Clemente XII, a condizione ch’egli canonizzasse santa Giuliana; e difatti, il 16 giugno del 1737, si celebrò dal pontefice la solenne cerimonia in san Pietro, alla presenza d’Orazio II Falconieri , figlio di Mario e nuovo capo della famiglia e del cardinale Alessandro’ (Francesco Di Silvestri-Falconieri, I due santi di casa Falconieri, Roma 1914, pag. 15). Ecco un chiaro esempio dunque di quali intrighi ed interessi si nascondono dietro le canonizzazioni.

[830]Eccl. 10:19

[831]Prov. 18:16

[832]Il Codice di diritto canonico afferma che ‘è lecito ad ogni sacerdote che celebra la Messa, ricevere l’offerta data affinché applichi la Messa secondo una determinata intenzione’ (can. 945 §1.) e che ‘è vivamente raccomandato ai sacerdoti di celebrare la Messa per le intenzioni dei fedeli, soprattutto dei più poveri, anche senza ricevere alcuna offerta’ (can. 945 §2.). E’ evidente che i legislatori di questo nuovo codice hanno cercato con queste parole di fare apparire che la messa non è in vendita. Nella realtà però la messa è in vendita, e coloro che le fanno dire lo sanno molto bene perché senza soldi non c’è messa. C’è un vero e proprio mercato attorno alla messa.

[833]L’abate Muratori, nella sua 67 Dissertazione intitolata Delle maniere colle quali anticamente le chiese, i canonici, i monasteri ed altre università religiose acquistarono, o si procacciarono gran copia di ricchezze e comodi terreni, enumera tredici maniere. La decima dice: ‘Invase in alcune parti d’Italia, e forse anche in tutte, una opinione, che ognuno riconoscerà per un gran veicolo a sempre più arricchir le chiese e i monasteri. Cioè, fu predicata ed inculcata come efficacissima via di guadagnar la grazia di Dio in terra, ed il suo beatissimo regno nell’altra vita, la pia munificenza dei Fedeli verso i luoghi sacri. Perciò così sovente s’incontra nelle vecchie carte la seguente formola comunemente usata dai notai: Chiunque dei beni suoi donerà cosa ai santi e venerabili luoghi, giusta la parola del Salvatore, ne riceverà il centuplo in questo secolo; dippiù, e che maggior cosa è, possederà la vita eterna... Inbevuti adunque di tale opinione nei vecchi tempi i Fedeli, non è da stupire se facevano a gara per caricar di nuovi doni i sacri templi e i monasteri: e se all’udir tante lodi della limosina verso sanctis et venerabilibus locis, ogni dì più crescesse la loro liberalità verso di essi. Ma non si vuol già dissimulare che gli ecclesiastici d’allora facendo sonar questa opinione per tirare a sé la roba altrui, si abusavano non poco della Religione, essendo falsissimo, come dissi, che il divin nostro Maestro abbia applicato tanto di merito alle donazioni fatte ai luoghi sacri. Era questo merito solamente fondato nella ingordigia di chi esortava e consigliava di esser liberale verso le chiese, senza ricordarsi dei poverelli, dei quali soli parla il Salvatore’. A distanza di secoli dunque le cose non sono sostanzialmente cambiate in seno alla chiesa cattolica romana perché ai Cattolici vengono tuttora promessi ogni sorta di benefici materiali e spirituali se daranno denaro a questa o quell’altra istituzione cattolica, che poco importa se è un santuario, un istituto religioso, un monastero, o una basilica.

[834]Vedi il matrimonio.

[835]Codice di diritto canonico, can. 85

[836]Secondo la chiesa cattolica questi impedimenti sono quelli che non permettono di contrarre il matrimonio ossia che lo rendono illecito. Tra di essi ci sono quello del voto semplice di castità, della disparità di culto, e della consanguineità in terzo grado di linea collaterale. Questi sono impedimenti di diritto ecclesiastico, ma il papa in virtù del suo potere di legare e sciogliere può persino dispensare da quelli di diritto divino. Ecco cosa si legge in Corso di Diritto Canonico II: ‘Ciò risolve l’altro problema se il Romano Pontefice possa dispensare dagli impedimenti di Diritto divino positivo. Tutti gli autori sono assolutamente dell’avviso che il Papa lo possa fare in virtù della sua potestà vicaria. (...) Il principio su cui si basa tale facoltà è il potere di ‘legare e sciogliere’, cui bisogna riconoscere la massima ampiezza ed efficacia finché non si provi che è stato limitato’ (Op. cit., pag. 40), ed ancora: ‘La dispensa, invece, dall’impedimento di consanguineità in secondo grado mescolato col primo, ossia fra zii e nipoti, è riservata alla Santa Sede; perché sia concessa, sono richieste ragioni più gravi’ (Ibid., pag. 60). Faccio presente a riguardo del permettere un matrimonio tra zii e nipoti che questo significa andare contro la Parola di Dio che afferma: “Non scoprirai la nudità della sorella di tua madre o della sorella di tuo padre; chi lo fa scopre la sua stretta parente; ambedue porteranno la pena della loro iniquità” (Lev. 20:19). Quindi, questa cosiddetta santa sede permettendo simili unioni permette a taluni di trasgredire la legge di Dio facendogli credere che il papa può dispensarli pure dalla legge di Dio. Anche essa dunque porterà la pena della sua iniquità; siatene certi.

[837]Enciclopedia Cattolica, vol. 7, 1050

[838]Ludovico Von Pastor, Storia dei Papi, vol. IV, Roma 1908, pag. 216, 218, 219

[839]Ludovico Von Pastor, op. cit., pag. 225

[840]Ibid., pag. 221. E dato che siamo in tema vogliamo ricordare anche queste altre cose del passato per fare comprendere come la chiesa romana si è arricchita in maniera disonesta facendo leva su insegnamenti falsi. Ci fu un periodo della storia della chiesa romana nel quale dei preti adottarono Il canone penitenziale di Teodoro nel quale erano annoverati tutti i peccati che questo arcivescovo aveva potuto immaginare; essi vi erano messi a modo di indice e a ciascuno d’essi era applicata una penitenza piuttosto grave (ricordiamo che le opere penitenziali per i Cattolici consistono in digiuni ed in pene corporali). Così quando i ‘laici’ andavano a confessare i loro peccati dai preti (ancora la confessione obbligatoria non era stata istituita) per sapere quanta penitenza essi dovevano fare, il prete traeva il suo penitenziale, calcola­va il numero dei peccati e tirava la somma delle penitenze che per un peccatore comune ascendevano a molti anni. Il ‘laico’ si spaventava, ma il prete lo tranquillizzava perché gli faceva sapere che esisteva la maniera per riscattare le penitenze con denaro sia per i poveri che per i ricchi. Per esempio, un giorno di penitenza, un ricco lo riscattava con tre denari mentre un povero con uno. In quel periodo è stato riscontrato che un denaro equivaleva al mantenimento di un giorno di tre uomini. E così avvenne che sorse la concorrenza dei monasteri e delle chiese che cominciarono ad offrire la remissione della penitenza a minore prezzo per farsi più clienti (queste cose le ha raccontate l’aba­te Ludovico Muratori nella sessantottesima dissertazione delle Antichità Italiane, dal titolo: ‘Della redenzione dei peccati, per cui molti beni calarono una volta nei sacri luoghi’). Ancora più sfacciata fu la vendita del perdono dei peccati che inventò Giovanni XXII (1316 - 1334). Questo papa, che a dire degli storici cattolici era molto avido di denaro, pubblicò la Tassa della Cancelleria Apostolica, un libro in cui i peccati, che erano in numero di 610, venivano rimes­si dai confessori dietro il pagamento di una precisa somma di denaro stabilita per ogni peccato. Così l’incestuoso, l’adultero, il fornicatore, il ladro, l’omicida, il sodomita, il bugiardo potevano ottenere l’assoluzione dei loro misfatti soltanto pagan­do la relativa somma prescritta! E questa tassazione fu molto redditizia perché quando Giovanni XXII morì, le casse papali erano stracolme di denaro; il tesoro lasciato da questo papa ammontava infatti a 25 milioni di fiorini d’oro.

[841]Bellarmino, De Conc. et Eccl. lib. IV, cap. 14 de not. Eccl; citato da Luigi Desanctis in Compendio di controversie, pag. 24

[842]Ebr. 13:8

[843]1 Cor. 12:7

[844]Matt. 24:24

[845]Deut. 13:1-3

[846]Matt. 4:19

[847]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 198

[848]Cfr. Giov. 21:15-18

[849]Matt. 16:18

[850]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 207

[851]Anteriormente al concilio Vaticano I molti Cattolici negavano l’infallibilità papale. Per esempio, negli Stati Uniti prima del Vaticano I era stato pubblicato il libro Controversial Catechism che recava l’Imprimatur dell’arcivescovo di New York, Hughes, in cui c’era la seguente domanda con la relativa risposta: ‘Domanda: i cattolici non devono credere che il papa è infallibile? Risposta: è un invenzione dei protestanti, e non un dogma della fede cattolica; nessuna sua decisione può essere vincolante sotto pena di eresia, a meno che non sia accolta ed applicata dal corpo dottrinale, cioè dai vescovi della Chiesa’. Questa domanda fu soppressa dal Catechism nell’edizione successiva. La ragione è evidente, dopo il Vaticano I l’infallibilità papale non era più un invenzione dei Protestanti ma un dogma cattolico da accettare per forza, sotto pena di scomunica.

[852]Concilio Vaticano I, Sess. IV, cap. IV. A proposito della votazione di questo dogma va detto che alla vigilia della votazione centocinquantacinque vescovi dell’opposizione lasciarono Roma in segno di protesta, dopo avere sottoscritto una dichiarazione in cui affermavano che, in segno di rispetto per il papa, preferivano astenersi dalla votazione pubblica anziché pronunziare dinanzi al papa il non placet. Alla votazione poi tra i 535 cosiddetti padri presenti 533 votarono a favore dell’approvazione del dogma mentre 2 (il cardinale americano Kenrick e quello italiano Guidi) dissero non placet.

[853]Is. 40:11

[854]Ez. 34:23

[855]Mic. 5:3

[856]Zacc. 11:4

[857]Giov. 10:14

[858]Giov. 10:16

[859]Giov. 21:15,16,17

[860]1 Piet. 2:25

[861]1 Piet. 5:1,2

[862]1 Piet. 5:4

[863]Matt. 16:18

[864]Matt. 16:18,19

[865]Matt. 16:16

[866]Matt. 21:42,44

[867]Ef. 2:19-21

[868]1 Cor. 3:10,11

[869]Rom. 15:19,20

[870]1 Piet. 2:4-6

[871]Atti 4:11

[872]Mar. 9:33-35

[873]Matt. 16:18

[874]Gal. 2:6

[875]Gal. 2:6

[876]Gal. 2:9

[877]Atti 1:21,22

[878]Atti 15:7-11

[879]Atti 15:19

[880]Atti 8:14-17

[881]Cfr. Atti 1:15; 2:14; 3:12; 4:8; 5:3; 8:20

[882]Atti 14:12

[883]Cfr. Atti 13:16

[884]Concilio Vaticano I (1869-1870), Sess. IV, cap. II

[885]Is. 44:18

[886]Matt. 16:18

[887]Matt. 16:19

[888]Giov. 21:15,16,17

[889]Luca 22:31,32

[890]1 Cor. 1:8

[891]1 Tess. 3:2,3

[892]Atti 14:21,22

[893]Giov. 1:42

[894]Ap. 21:14

[895]Mar. 3:17

[896]Luca 5:3

[897]Matt. 10:2-4

[898]Matt. 20:27

[899]Gal. 2:9

[900]Mar. 16:7

[901]1 Cor. 15:4,5

[902]Mar. 16:9

[903]Atti 15:7

[904]Gal. 2:6,7

[905]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 182

[906]Giov. 16:12-14

[907]Concilio Vaticano II, Sess. V. cap. III.

Le dichiarazioni fatte da un papa ex-cattedra, su cui in ambito cattolico c’è unanimità, sono rare. La definizione dell’immacolata concezione, fatta da Pio IX nel 1854, fu per esempio una di queste, un’altra fu quella dell’assunzione di Maria in cielo fatta da Pio XII nel 1950 con il relativa anatema contro chi la negherà. Ancora però non è stato stilato un elenco di tutte le dichiarazioni ex-cattedra fatte dai papi sino ad ora. Come anche non è stata invocata l’infallibilità su dichiarazioni che concernono il sacerdozio delle donne, l’aborto, ecc. Cosicché neppure i Cattolici sanno con certezza quali sono le dichiarazioni dei loro papi in cui devono credere perché infallibili. Ma d’altronde questo comportamento del papato è comprensibile; non gli conviene infatti fare una cosa che gli impedirebbe nel futuro di smentire qualcuna delle sue attuali prese di posizione e di introdurre altri dogmi. Si sa infatti che nella tradizione cattolica col passare del tempo entrano a fare parte nuove leggi e nuovi dogmi papali che vanno a smentire quelle di papi precedenti. In altre parole, il fatto che molto raramente si sente dire che il papa ha parlato ex-cattedra o che questa o quell’altra dichiarazione è stata fatta ex-cattedra sta a dimostrare che i papi stessi si rendono conto del pericolo che corrono nel parlare ex-cattedra. Giovanni XXIII (1958-1963) ebbe ad affermare un giorno: ‘Non sono infallibile. Sarei infallibile soltanto se parlassi ex cattedra, cosa che non intendo fare’. Questa sua affermazione che sembra una battuta in realtà fa capire il perché i papi non ricorrono con frequenza a parlare ex cattedra.

[908]Egli ha il suo personale confessore, ma particolarità della sua confessione è che il confessore alla fine riceve la benedizione dal papa. ‘Si sa che ordinariamente al Venerdì verso sera il confessore del Papa si reca al Vaticano per ascoltarne la confessione come quella di ogni fedele. Unica differenza è che, dopo la confessione, il confessore riceve la benedizione del Papa’ (Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 209).

[909]Concilio Vaticano I, Sess. IV, cap. III

[910]Lev. 19:17

[911]Matt. 16:18

[912]Matt. 16:22,23

[913]Cfr. Luca 22:54-62

[914]Gal. 2:11-14

[915]Atti 10:14

[916]Atti 10:14

[917]Atti 10:15

[918]Mar. 7:18,19

[919]Giac. 3:2

[920]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 208

[921]Is. 9:15

[922]Atti 20:30

[923]2 Piet. 2:1

[924]1 Cor. 11:19

[925]1 Tim. 4:1

[926]Liberio era stato mandato in esilio dall’imperatore Costanzo perché si era opposto alla deposizione di Atanasio, egli sosteneva infatti assieme ad Atanasio la identica natura tra il Padre e il Figlio (Ario invece sosteneva che il Figliuolo era stato creato e perciò non era della stessa sostanza e natura del Padre). Ma mentre era in esilio scrisse delle lettere in cui aderiva alla dottrina di Ario e scomunicava Atanasio, al fine di cattivarsi l’amicizia dell’imperatore e poter tornare così in Roma. Girolamo scrisse: ‘Liberio vinto dal tedio dell’esilio, sottoscrivendo alla pravità eretica, entrò vittorioso a Roma’. Anche Ilario e Atanasio rimproverarono a Liberio la sottoscrizione dell’eresia ariana.

[927]Concilio di Trento, Sess. XXI, cap. IV

[928]Concilio di Trento, Sess. XXI, can. 4

[929]Il termine ortodosso deriva dalle parole greche orthos che significa ‘corretto’ o ‘diritto’, e doxa che significa ‘opinione’ o ‘onore’ e viene usato per definire chi insegna la retta dottrina. Quando però questo termine è usato in riferimento agli Ortodossi greci bisogna dire che è usato impropriamente perché la chiesa ortodossa greca-bizantina, di cui dicono fanno parte, non possiede una dottrina retta.

[930]Epistola ad Eutichio, Patriarca di Costantinopoli, dell’8 Dicembre 553

[931]Dictatus papae, punto 2

[932]Citato da Peter de Rosa in Vicari di Cristo, Milano 1989, pag. 226. Per questa ragione questo papa definì eretici i Francescani e i funzionari civili furono obbligati a mandarli al rogo sotto pena di essere trattati essi stessi quali eretici.

[933]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 209

[934]Affermazione quest’ultima che si scontra con questa presente nel decreto Graziano: ‘Nessuno può giudicare i peccati del papa, perché lui può giudicare gli uomini, ma non essere giudicato da alcuno, a meno che sia trovato colpevole d’eresia’ (Decretum Gratiani, Divis. 1 Dist. XI c. 6), e con quello che hanno detto altri teologi papisti del passato. Pietro D’Ailly (m. 1420) per esempio affermò esplicitamente che il papa può errare in materia di fede, come fece Pietro quando Paolo gli resistette in faccia; e Gersone (m. 1429) disse che il papa può errare, come Pietro.

[935]Citato da Peter de Rosa in op. cit., pag. 217

[936]Sillabo degli Errori, XXIII

[937]Vedi, per ulteriori conferme sull’inattendibilità della tradizione, la parte dove ho confutato la tradizione.

[938]Matt. 23:9

[939]Giov. 17:11

[940]Enciclopedia Cattolica, vol. 3, 569. La prima canonizzazione, di cui esiste ancora il documento pontificio, è quella di Udalrico, vescovo di Augusta, eseguita da Giovanni XV nel 993 durante il Sinodo celebrato al Laterano. Secondo l’Enciclopedia Cattolica il merito di avere indirizzata la procedura canonica della canonizzazione a quella austerità e sicurezza che vige ancora spetta a Urbano VIII (1623-1644) il quale fece pubblicare in un volumetto tutti i decreti e i successivi schiarimenti emanati durante il suo lungo governo in materia di canonizzazione, che porta il titolo Urbani VIII Pont. O. M. Decreta servanda in canonizatione et beatificatione sanctorum.

[941]Ebr. 2:11

[942]Ebr. 10:10

[943]1 Cor. 1:1,2

[944]1 Cor. 6:9-11

[945]Fil. 1:1

[946]Col. 1:1,2

[947]Rom. 8:27

[948]Rom. 15:25

[949]Vedi anche ‘Coloro che la chiesa cattolica romana fa santi non erano altro che dei peccatori che ora sono all’inferno’ e ‘I miracoli falsi operati dalle reliquie dei loro santi’.

[950]Matt. 16:19

[951]Matt. 23:13

[952]Luca 11:52

[953]Matt. 23:16

[954]Matt. 19:18,19

[955]Matt. 15:5,6

[956]Giov. 9:16

[957]Giov. 9:24

[958]Matt. 12:24

[959]Giov. 17:8

[960]Atti 2:37-39

[961]Cfr. Atti 2:36

[962]Matt. 18:15-18

[963]Atti 8:22,23

[964]Matt. 15:13,14

[965]Atti 3:6

[966]Codice di diritto canonico, can. 1273

[967]Atti 10:26

[968]Enciclopedia Cattolica, vol. 6, 1781. A proposito della cerimonia dell’incoronazione va detto che anticamente era circondata da uno sfarzo straordinario. Con Giovanni Paolo I (1978) però è scomparso una parte dello sfarzo che la caratterizzava. Sono stati infatti banditi alcuni sfarzi: niente triregno, niente sedia gestatoria, niente guardie nobili. Solo l’altare bianco dove viene celebrata una messa per la sua consacrazione; poi la ‘professione di ubbidienza’ dei cardinali che sfilano davanti a lui, col bacio dell’anello e l’abbraccio. Giovanni Paolo II si è adeguato alle innovazioni del suo predecessore.

[969]Bellarmino, De Rom. Pontifice, Lib. IV, cap. 23

[970]1 Cor. 11:1

[971]Fil. 4:9

[972]1 Piet. 2:15

[973]Giov. 18:23

[974]Bellarmino, De Rom. Pontif. lib. II, cap. 31

[975]Cfr. Rom. 16:3-15

[976]1 Piet. 5:13

[977]Cfr. Rom. 1:7; 2 Tim. 1:17

[978]Ecco alcuni esempi; dalla morte di Giovanni XXI (1276-1277) all’elezione di Nicolò III (1277-1280) la sede fu vacante per sei mesi; dalla morte di Nicolò IV (1288-1292) all’elezione di Celestino V (1294) la sede fu vacante per ventisette mesi; dalla morte di Clemente V (1305-1314) all’elezione di Giovanni XXII (1316-1334) la sede fu vacante per circa due anni.

[979]Badate che con questo non si vuole dire che il papato non sia sorto per volere di Dio perché essendo uno Stato come tanti altri è Dio che lo ha fatto sorgere: su questo non c’è il minimo dubbio. Ma vogliamo solo dire che il papato non è la Chiesa che Dio ha edificato sul fondamento degli apostoli e dei profeti essendo lui stesso la pietra angolare, e quindi non ha nessun diritto di dire che le sue origini risalgono a Cristo quando egli disse a Pietro: “Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa...”. Quindi noi non neghiamo che esso sia uno Stato, ma neghiamo nella maniera più categorica che esso sia il risultato naturale, spontaneo e giusto delle suddette parole del Signore a Simon Pietro. Il papato non ha nulla a che fare con il Vangelo, come la zizzania non ha nulla a che fare con il grano.

[980]A Vittore si oppose pure Ireneo, vescovo di Lione. Bisogna dire però che lo stesso Ireneo con alcune sue parole ha contribuito alla nascita del primato del vescovo di Roma su tutta la Chiesa, infatti egli disse: ‘Ma poiché sarebbe troppo a lungo in quest’opera enumerare le successioni di tutte le Chiese, prenderemo la Chiesa grandissima e antichissima e a tutti nota, la Chiesa fondata e stabilita a Roma dai due gloriosissimi apostoli Pietro e Paolo. Mostrando la tradizione ricevuta dagli Apostoli e la fede annunciata agli uomini che giunge fino a noi attraverso le successioni dei vescovi confondiamo tutti coloro che in qualunque modo, o per infatuazione o per vanagloria o per cecità e per errore di pensiero, si riuniscono oltre quello che è giusto. Infatti con questa Chiesa, in ragione della sua origine più eccellente, deve necessariamente essere d’accordo ogni Chiesa, cioè i fedeli che vengono da ogni parte - essa nella quale per tutti gli uomini sempre è stata conservata la tradizione che viene dagli Apostoli’ (Ireneo, Contro le eresie, Milano 1981, Libro III, pag. 218). Nonostante questa opposizione ricevuta da Vittore, i teologi cattolici persistono nell’affermare l’origine divina del primato del vescovo di Roma. Uno scrittore ha detto per esempio che la supremazia del vescovo di Roma in quel tempo era ‘sentita ma non definita’, un altro dice che ‘Roma fin dalla fine del II secolo si dimostra cosciente d’una missione ch’essa adempie con una dirittura ed una fermezza di procedimento davvero sorprendenti!’. Ciance, solo ciance.

[981]Tertulliano, De pudicitia 21

[982]Quella evocata da Stefano.

[983]Lettera 71, III. 1. Anche nel caso di Cipriano però, come in quello di Ireneo, va detto che benché in questa occasione si oppose al vescovo di Roma, con delle sue parole egli contribuì a far sorgere il primato del vescovo di Roma su tutta la Chiesa. Perché egli sosteneva che tra tutte le chiese quella di Roma avesse una qualche superiorità su tutte le altre. Per esempio a Cornelio, parlando degli scismatici cartaginesi, scrisse: ‘Dopo tutto questo, creatisi addirittura uno pseudovescovo, osano imbarcarsi e portare alla cattedra di Pietro e alla Chiesa principale, da cui è sorta l’unità sacerdotale, delle lettere da parte di scismatici e profani’ (Lettera 59, 14). In altri passi comunque Cipriano sembra escludere che per lui il vescovo di Roma avesse un primato di giurisdizione sulla Chiesa universale infatti dice: ‘Noi non facciamo violenza ad alcuno, né stabiliamo una legge, dal momento che nel governo della Chiesa ogni vescovo è padrone delle proprie decisioni, pronto a rendere conto delle proprie azioni al Signore (Lettera 72, 3) ed ancora ‘Ogni vescovo è libero di esercitare il suo potere come meglio crede, e non può essere giudicato da un altro, né giudicare egli stesso un altro..’.

Anche Firmiliano, vescovo di Cesarea di Cappadocia (dal 230 a dopo il 268), si oppose a Stefano perché non riteneva valido il battesimo degli eretici. In una sua lettera a Cipriano scrisse parole dure contro Stefano, come per esempio: ‘Come Giuda: il perfido tradimento consumato empiamente contro il Salvatore non può permettergli di presentarsi - neppure apparentemente - come promotore dei frutti copiosi maturati dalla passione del Signore, dalla quale ha origine la liberazione del mondo e dei popoli. Ma sorvoliamo, intanto, sul contegno di Stefano, per evitare il pericolo, che mentre indugiamo nel ricordo della sua temerarietà ed insolenza, troppo a lungo perduri in noi la mestizia causata dal suo sconveniente modo d’agire (...) E’ quanto, invece, ha ora osato consumare Stefano con l’iniziativa di rompere con voi la pace, che sempre, con amore e rispetto vicendevoli, i suoi predecessori hanno salvaguardato nei nostri riguardi. Peggio: ha denigrato i beati apostoli Pietro e Paolo, come se a trasmettergli quelle norme fossero stati essi, che al contrario nelle loro lettere aborriscono gli eretici e ci danno ammonizioni, perché ce ne teniamo lontani. Se ne può trarre l’evidente conclusione che è tradizione d’origine umana quella che favorisce gli eretici, sostenendo a forza che essi posseggono il battesimo, che non può appartenere invece - e in modo del tutto esclusivo - che alla Chiesa (...) A questo punto, doveroso sdegno mi coglie di fronte all’evidente e tangibile follia di Stefano, soprattutto perché - mentre va tronfio della preminenza della sua sede episcopale e rivendica il possesso della successione di Pietro, sul quale poggiano le fondamenta della Chiesa - non si perita d’intromettere una gran quantità di altre pietre e di gettare così, di fresco, il basamento di altre chiese, con il corredare del sostegno della sua autorità l’esistenza d’un battesimo presso gli eretici (..) Stefano che pure si vanta d’occupare per diritto di successione la cattedra di Pietro, non è affatto stimolato da zelo nella sua azione di fronte agli eretici...’ (Cipriano, Le lettere, Ventimiglia 1979, pag. 494, 498-499, 510).

[984]Gli Gnostici (da non confondere con gli agnostici che sono quelli che dicono che Dio non si può conoscere) che prendevano il nome dalla parola greca gnosis che significa ‘conoscenza’ erano suddivisi in diversi gruppi e raggiunsero la loro massima diffusione verso la metà del secondo secolo. Per loro la materia si identificava con il male e lo spirito con il bene, per cui Dio non poteva essere il creatore di questo mondo materiale. Il creatore del mondo materiale non era per essi l’Iddio buono di cui parla il Nuovo Testamento ma l’Iddio dell’Antico Testamento, che essi chiamavano demiurgo e detestavano, e che per loro era una emanazione dell’alto dio dello gnosticismo (in altre parole per loro l’Iddio del Nuovo Testamento era un Dio totalmente diverso da quello dell’Antico). Per quanto riguarda Cristo essi affermavano che dato che la materia era il male e lui era assoluto bene spirituale egli non poteva rivestire un corpo umano; egli non poteva unirsi alla materia. Per loro quindi il Cristo entrò nel corpo di Gesù solo per il periodo che intercorse tra il suo battesimo e l’inizio della sua sofferenza sulla croce, lasciando morire sulla croce l’uomo Gesù. In altre parole per loro Gesù non era il Cristo. Per loro poi questo cristo che dimorò in Gesù per un po' di tempo avrebbe insegnato una speciale gnosi o conoscenza che avrebbe aiutato l’uomo a salvarsi mediante un processo intellettuale. Tra gli Gnostici a Roma si diffusero molto i seguaci di un certo Marcione, natio del Ponto.

[985]Uno scrittore cattolico a proposito di questa lettera arriva a dire: ‘E’ il primo testo che in pratica affermi la superiorità del vescovo di Roma su tutte le Chiese sparse nel mondo’.

[986]Matt. 16:18-19. A questo passo poi furono aggiunti anche quello che dice: “Quando sarai convertito, conferma i tuoi fratelli” (Luca 22:32) e quello che dice: “Pasci le mie pecore” (Giov. 21:17).

[987]I Cristiani vennero perseguitati sotto Nerone (54-68) il quale accusò i Cristiani di Roma di avere causato l’incendio che poi distrusse parte della città e servendosi di questo motivo ne fece morire parecchi, tra cui alcuni bruciandoli vivi. La tradizione dice che fu sotto il suo regno che morirono martiri in Roma sia l’apostolo Paolo che l’apostolo Pietro. Ci furono persecuzioni contro i Cristiani anche sotto Domiziano (81-96): sotto il suo impero la tradizione dice che Giovanni fu esiliato sull’isola di Patmo (dove scrisse il libro dell’Apocalisse). Sotto Settimio Severo (193-211); sotto Massimino (235-238); sotto Decio (249-251) che ordinò ai Cristiani di sacrificare agli dèi e molti avendo rifiutato di ubbidire furono messi a morte; sotto Valeriano (253-260); sotto Diocleziano (284-305) che vietò ai Cristiani di riunirsi e ordinò la distruzione dei loro luoghi di culto e degli Scritti sacri, ordinò la deposizione e l’arresto dei vescovi che persistevano a testimoniare del Vangelo. I Cristiani vennero puniti con la perdita delle proprietà, con l’esilio, la prigione, con l’esecuzione per mezzo della spada o delle fiere, e con i lavori forzati.

[988]Fu lui - secondo quanto ci viene detto -, per esaudire i desideri del vescovo di Roma Silvestro I, a costruire (sopra la tomba dell’apostolo Pietro, dicono) l’antichissima basilica di San Pietro qui a Roma, basilica che poi nel corso del tempo sarebbe stata abbellita da re e papi e ricostruita a partire dal sedicesimo secolo per opera di Giulio II, ricostruzione che fu terminata nella sua interezza verso la fine del diciottesimo secolo. La Fabbrica nel suo complesso era costata fino ad allora la somma di circa 46.800.000 scudi. Altre basiliche fatte costruire dall’imperatore qui a Roma sono queste: la basilica di S. Paolo che sarebbe stata fatta costruire da Costantino dietro richiesta di Silvestro I; quella di S. Croce in Gerusalemme dietro quella di sua madre (in questa basilica sua madre avrebbe riposto un pezzo della vera croce di Cristo da lei stessa ritrovata in terra santa); e quella Lateranense a cui regalò statue d’oro e d’argento, candelabri e vasellame di ogni tipo.

[989]Viene detto da molti che Costantino diventò un cristiano. Le sue opere però non confermano questo. Sappiamo infatti che fece uccidere sua moglie, un suo figlio, e fece costruire magnifici templi pagani in Costantinopoli, mantenne il titolo di Pontifex Maximus (Pontefice Massimo) della religione romana e non smise di offrire il culto al dio sole.

[990]Costantino diede al vescovo di Roma anche il palazzo del Laterano, proprietà personale dell’imperatrice Fausta; questo palazzo sarà la dimora dei papi per tutto il Medio Evo.

[991]Anche sotto altri imperatori i Donatisti furono perseguitati. Successe allora che venne a formarsi una classe di gente che simpatizzava con i Donatisti i quali furono chiamati circumcellions perché vaganti attorno alle capanne dei contadini. Costoro si diedero a vendicarsi di tutti coloro che attaccavano i Donatisti e molti caddero loro vittime. I Donatisti più moderati rifiutarono di allearsi con loro e di approvare le loro inique opere; ma altri cercarono il loro aiuto.

[992]Ario sosteneva che Dio non fu sempre Padre perché il Figlio non sempre fu. In altre parole egli negava che Gesù fosse Dio nella stessa maniera in cui lo era il Padre suo. Il concilio di Nicea oltre che a condannare l’eresia ariana decise che d’ora innanzi la Pasqua doveva essere celebrata nella stessa data da tutta la Chiesa; gli Orientali dovettero accettare così la posizione dei Romani.

[993]L’ingerenza negli affari civili della città e nelle vicende politiche da parte del vescovo di Roma farà esclamare in seguito a Gregorio Magno: ‘Chi è quivi pastore spirituale, è talmente caricato di cure per cose esterne, che non si sa spesso, se egli copra l’ufficio d’un pastore spirituale ovvero quello d’un Grande della terra’.

[994]E’ chiaro che non si può dire che tutti i credenti di allora si mostrarono d’accordo con coloro che permisero all’imperatore di immischiarsi nelle cose spirituali, come anche non tutti furono d’accordo che la Chiesa si servisse dell’autorità civile per convertire gli increduli e gli eretici. E questo lo diciamo perché sappiamo che Dio ha avuto sempre un residuo di uomini e donne anche nei tempi più tenebrosi che si è mantenuto attaccato alla sua Parola. Un po’ come oggi insomma; molte chiese si sono alleate con lo Stato, ma non tutti i credenti sono d’accordo con coloro che hanno contratto questa alleanza.

[995]Atanasio subì durante la sua vita ben cinque esili a motivo della sua posizione antiariana e questo perché quando in quegli anni saliva al potere un imperatore che si mostrava a favore della dottrina di Ario costui faceva sì che quei vescovi che si opponevano ad Ario fossero esiliati. Dimostrazione questa che quando l’autorità temporale viene fatta entrare nella Chiesa e gli si permette di dettare legge in materia di dottrina (o in altre parole quando la Chiesa si allea con lo Stato), può costringere la maggioranza in una maniera o nell’altra (in cambio di favori) ad accettare anche delle eresie perché ha la forza materiale di farlo e punire coloro che non si vorranno sottomettere ad essa.

[996]Per antipapa i teologi papisti intendono chiunque abbia assunto il nome di pontefice e abbia esercitato o preteso di esercitare le funzioni senza fondamento canonico. L’antipapa può essere dunque sia un papa eletto in maniera non canonica, dopo la morte o la deposizione di un pontefice regolare, sia un concorrente designato in condizioni dubbie a fronte di un papa regolarmente eletto, o ancora un intruso che con la forza si sia imposto durante il pontificato. Ora, Felice, che era anche lui ariano, è considerato un antipapa ma ciò non può corrispondere a verità perché la sua elezione era stata regolare. E’ chiara la ragione; bisognava scegliere chi mettere tra i due nella lista dei legittimi papi perché tutti e due non ci potevano stare avendo ricoperto l’ufficio di vescovo di quella città nello stesso tempo, e si è finiti con lo scegliere il vecchio ed escludere il nuovo. C’è poi chi afferma, per giustificare gli avvenimenti, che Felice faceva il vicario di Liberio in sua assenza. Ma anche questo non è vero perché Felice fu dall’imperatore, dal clero e dal popolo eletto veramente vescovo di Roma.

[997]Setta che prese il nome da un certo Mani o Manicheo (216 ca. - 267) proveniente dalla Mesopotamia. Secondo costoro l’anima teneva l’uomo legato al regno della luce, ma il suo corpo lo teneva schiavo del regno delle tenebre. La salvezza avveniva con la liberazione della luce esistente nella sua anima dalla schiavitù nei confronti della materia del corpo. Questa liberazione poteva essere raggiunta per mezzo dell’esposizione alla luce, Cristo. Tra i Manichei c’era una casta sacerdotale chiamati i perfetti che vivevano una vita ascetica ed eseguivano alcuni riti essenziali per l’emanazione della luce. Gli uditori o ascoltatori divenivano partecipi della santità di questo gruppo eletto provvedendo ai loro bisogni materiali, partecipando così anche alla salvezza. Nella setta veniva esaltata la superiorità del celibato.

[998]Si tenga presente che due anni prima, vale a dire nel 449, c’era stato un altro concilio convocato ad Efeso dall’imperatore Teodosio II il quale simpatizzava per Eutiche; questo concilio, in cui ci furono scene di violenza, approvò l’eresia di Eutiche. Fu definito il ‘brigantaggio di Efeso’. A questo concilio parteciparono pure i legati del vescovo di Roma che furono minacciati; esso è un esempio che mostra in maniera palese per l’ennesima volta come le decisioni dei concili erano influenzate dagli imperatori.

[999]In un libro di storia della Chiesa scritto da parte cattolica a proposito di questa decisione presa a Calcedonia si legge: ‘Il concilio di Calcedonia non intendeva negare il primato del papa, ma riteneva che questo primato della sede apostolica fosse fondato sulla funzione politica di Roma capitale; in ciò stava l’errore. I papi fecero sempre poggiare il principio del loro primato sulla venuta di san Pietro a Roma e sulla loro dignità di successori di Pietro’. Questo fa capire che la curia romana per sostenere il primato spirituale del papa si basa principalmente sulla venuta di Pietro a Roma e sulla cosiddetta successione apostolica secondo cui Pietro avrebbe lasciato ad un successore la sua presunta autorità spirituale su tutta la Chiesa che avrebbe ricevuto da Cristo. Essa non accetta che si dica che il primato del vescovo di Roma inizialmente era inesistente perché fu il risultato naturale di certe condizioni e certi avvenimenti storici che si verificarono nei primi secoli dopo Cristo, perché questo significherebbe negare ‘l’installazione divina’ del primato del papa.

[1000]Noi sappiamo dalle Scritture che una delle maniere in cui Dio punisce i popoli è quella di chiamare gli eserciti stranieri contro di essi. Per cui siamo persuasi che fu Dio a chiamare i barbari contro l’impero Romano per abbatterlo; impero che non ci si deve mai dimenticare aveva durante i secoli devastato tante nazioni e città e massacrato tante persone, e che a differenti riprese aveva perseguitato i Cristiani a motivo della loro fede. “Come hai fatto, così ti sarà fatto” (Abdia 15) dice Dio.

[1001]E’ la raccolta delle biografie dei vescovi di Roma ‘da Pietro’ a Pio II.

[1002]I Montanisti erano i seguaci di un certo Montano e comparvero in Frigia dal 135 circa al 160. Montano si reputava il paracleto o avvocato attraverso cui lo Spirito Santo parlava alla Chiesa. Egli sosteneva anche che il regno celeste di Cristo sarebbe stato presto stabilito a Pepuza in Frigia e lui vi avrebbe occupato un posto preminente. Alla morte di uno dei coniugi era vietato all’altro di passare a nuove nozze, si dovevano osservare molti digiuni e mangiare cibi secchi. Tertulliano (160 ca. - 220 ca.), considerato uno dei più grandi padri della Chiesa, aderì al montanismo.

[1003]Il termine indicava gli scritti di Teodoro di Mopsuestia e Teodoreto di Ciro, e una lettera di Ibas di Edessa. Questo editto in realtà contrastava il concilio di Calcedonia che aveva riconosciuto ortodossi (di retta dottrina) sia Teodoreto che Ibas.

[1004]Questo spiega il perché il patriarca di Costantinopoli non poté divenire il capo di uno Stato come il vescovo di Roma, perché l’imperatore lo teneva sotto diretto controllo.

[1005]Epist. XIII, 31

[1006]La parola iconoclasta significa letteralmente ‘spezzatore di icone o di immagini sacre, dipinte o scolpite, raffiguranti Gesù Cristo, Maria e i santi’. Sono chiamati iconoclasti coloro che riprovano il culto delle cosiddette immagini e statue sacre definendolo idolatria e distruggono le statue e le immagini. Costoro sono anche chiamati iconomachi o nemici delle immagini.

[1007]A proposito di questo re va detto che poco tempo prima aveva ricevuto un ‘favore’ dal papa Zaccaria (741-752). Era successo infatti che il ‘maestro di palazzo’ Pipino stava in dubbio se potesse o no venire meno al giuramento di fedeltà fatto al suo re Childerico III, detronizzarlo e diventare lui stesso sovrano. Che fece allora? Nel 751 decise di affidare la questione ad un concilio e mandò a Roma un vescovo ed un abate per chiedere al papa, la cui autorità morale e religiosa era considerata incontestabile, se fosse possibile l’annullamento di un sacro giuramento fatto ad un re. Zaccaria, che in quei giorni aveva bisogno dell’aiuto dei Franchi contro i Longobardi che minacciavano Roma, rispose che Pipino fosse incoronato re; in altre parole dichiarò nullo un giuramento per assicurare al papato la protezione militare del re franco. E così Childerico III finì in un monastero e Pipino il Breve venne incoronato da un vescovo tra la fine del 751 e gli inizi del 752. Zaccaria aveva così concesso questo grande favore a Pipino. Ma Zaccaria non poté beneficiare del contraccambio del re franco perché morì subito dopo la sua incoronazione.

[1008]E’ evidente che se di restituzione alla sede di Roma si poteva parlare per un certo numero di territori conquistati da Astolfo, certamente per molti altri il termine restituzione non si poteva usare perché in realtà erano territori che non erano affatto proprietà della chiesa di Roma ma di altri. Per esempio l’Esarcato di Ravenna e la Pentapoli che Astolfo aveva conquistato appartenevano all’imperatore. Ma Stefano appoggiandosi sulla Donazione di Costantino si sentì autorizzato a chiedere anche questi non curandosi affatto che con quel suo gesto lui si impossessava di territori di altri.

[1009]Come contraccambio per il favore che il suo predecessore Zaccaria gli aveva fatto.

[1010]Facciamo notare che nel frattempo si erano presentati a Roma alcuni legati dell’imperatore Costantino V che inoltrarono a Pipino la richiesta da parte del loro sovrano di rientrare in possesso dei territori bizantini da lui riconquistati. Al che Pipino rispose loro che aveva compiuto due spedizioni in Italia alla riconquista di quei territori per amore di San Pietro, al quale appartenevano, e per la salvezza della propria anima. E precisò che non sarebbero bastati tutti i tesori del mondo per indurlo a tradire la parola data a S. Pietro e ribadì la sua intenzione di consegnare tutti i territori al papa. Per quanto riguarda i territori consegnati al papa, oltre all’Esarcato il Liber Pontificalis li elenca per città: Ravenna, Rimini, Pesaro, Cesena, Cattolica, Fano, Senigallia, Jesi, Forlimpopoli, Forlì, Castrocaro, Montefeltro, Arcena, Monte di Lucaro, Serra dei Conti, Castello di S. Marino, Sarsina, Urbino, Cagli, Canziano, Gubbio, Comacchio, Narni, Roma e il territorio circostante.

[1011]Gregorovius, storico tedesco, a proposito della nascita di questo Stato affermò: ‘Con la fondazione di tale stato, cessò il periodo della storia puramente vescovile e sacerdotale e si chiuse l’epoca più bella e gloriosa della Chiesa romana. Essa diventò cosa mondana e i pontefici che, contro la legge del Vangelo e delle dottrine di Cristo, associarono il sacerdozio al principato, non poterono dappoi serbarsi alla pura missione di vescovi apostolici. La loro duplice natura, contraddizione in se medesima, li trascinò ognor più al basso, in mezzo all’agitazione delle ambiziose arti politiche, laonde eglino, per necessità, furono tratti a lotte depravatrici, affine di mantenersi nel possesso dei loro titoli temporali; furono costretti a discendere a guerre civili interne contro la città di Roma e a lotte continue contro le potestà politiche’ (Gregorovius, La Storia della città di Roma nel Medioevo, Roma 1900, vol. I, pag. 546).

[1012]Questo Formoso quando era ancora vescovo di Porto era stato secondo alcuni il capo, secondo altri aveva avuto parte nella cospirazione conosciuta sotto il nome di congiura di Gregorio il Nomenclatore, congiura che aveva niente di meno lo scopo di consegnare Roma ai Saraceni. Scoperta la congiura papa Giovanni VIII (872-882) scomunicò Formoso e lo depose; ma il suo successore Marino I (882-884) lo aveva riabilitato restituendogli il vescovado. Da papa (891-896) si era reso colpevole di avere rinnegato la casa di Spoleto invocando a tradimento in Italia un re barbaro. Per questo atto si era attirato un forte odio da parte degli spoletini; Stefano era stato eletto papa appunto dal partito degli spoletini. Da qui il macabro atto di Stefano VI.

[1013]Il cardinale Baronio nei suoi Annali ecclesiastici entrando a parlare del papato del decimo secolo in una specie di prefazione afferma: ‘Sono cose che superano ogni immaginazione quelle che ha dovuto soffrire la Chiesa in questo secolo. Nessuno può immaginare quante indegnità, quante turpitudini, quante deformità, esecrazioni, ed abominazioni, sia stata costretta soffrire la S. Sede apostolica (...) In quella santa Sede furono intrusi dei mostri, dai quali sono venuti mali infiniti, e si sono compiute sanguinose tragedie; e così essa che era immacolata fu ricoperta di ogni lordura, e denigrata con infamia perpetua’. Ed è un Cattolico che ha detto queste cose.

[1014]L’arcivescovo Genebrardo (1537-1597), adulatore dei papi, nella sua cronaca, all’anno 904 dice: ‘Per lo spazio di circa 150 anni, vi furono 50 papi, incominciando da Giovanni VIII fino a Leone IX, che per primo fu da Dio chiamato come un nuovo Aronne, e richiamò dal cielo nella sede apostolica l’antica integrità; ma i papi fino a lui avevano interamente abbandonate le virtù dei maggiori, e debbono essere chiamati piuttosto apostati che apostoli’. Elfrico, arcivescovo di Canterbury, parlando della situazione della curia romana nel decimo secolo si lamenta che: ‘In quei giorni vi era una trascuratezza orribile nell’ordine dei preti e dei vescovi, che dovevano essere le colonne della Chiesa; ch’essi non si curavano né di leggere la Scrittura sacra, né d’istruire discepoli per farne i loro successori; che quei preti e vescovi erano attaccati agli onori mondani, alla concupiscenza e all’avarizia più dei laici, dando cattivi esempi al loro gregge, e non osando parlare della giustizia, perché essi non l’amavano e non la seguivano’ (Serm. ad Sacerd. m. s. m. bibl. collect. Bened. Cantab.).

[1015]Il cardinal Baronio all’anno 912 afferma: ‘Quale era allora la faccia della Chiesa romana! Oh quanto essa era orribile! Le cortigiane le più infami, ma potenti, dominavano in Roma, ed a loro piacere si distribuivano i vescovati, si traslocavano i vescovi; e, quello che è più orribile a dirsi, sulla sede di Pietro, erano da esse intrusi i loro amanti, falsi papi, i quali non debbono essere registrati che per la cronologia. Imperciocchè chi potrà credere che siano stati legittimi papi, coloro che senza alcuna legge sono stati intrusi da cotali empie femmine? Giammai nella elezione di quei falsi papi si parla del clero che elegge, o acconsente almeno alla elezione: tutti i canoni erano costretti a tacere; i decreti dei papi precedenti erano soffocati, le antiche tradizioni proscritte, le consuetudini, avvalorate coll’uso nella elezione dei papi, ed i sacri riti interamente tolti. La libidine aveva preso il luogo di tutto...’. Stando così le cose, vorremmo domandare a questo punto ai difensori del papato: ‘E la successione apostolica di cui tanto parlate che fine fece in quel tempo? Dov’era?’.

[1016]Dictatus Papae; citato da Fausto Salvoni in Da Pietro al Papato, pag. 305-306

[1017]E a motivo di questa legge molte donne, vistesi separate con la forza dai loro mariti, dal dolore si suicidarono. Un gruppo di vescovi che si riunì a Pavia nel 1076 scomunicò il papa per avere separato i mariti dalle mogli.

[1018]Il papa non lo farà entrare subito nel castello ma lo farà stare tre giorni e tre notti sotto la neve, al freddo.

[1019]Per quanto riguarda la tanto dibattuta questione delle investiture il papato arriverà ad un accordo con l’imperatore nel 1122 a Worms. Nell’accordo si stabiliva che l’investitura del potere spirituale del vescovo col pastorale e l’anello spettava esclusivamente al papa; all’imperatore spettava invece l’investitura feudale. In Germania quest’ultima precedeva la consacrazione episcopale, al contrario che in Italia, dove il vescovo doveva essere prima consacrato. Inoltre veniva consentito all’imperatore di essere presente all’elezione episcopale.

[1020]Citato da Fausto Salvoni in op. cit., pag. 310

[1021]Ger. 1:10

[1022]I comportamenti di Gregorio VII e di Innocenzo III sono una manifestazione dell’arroganza dei papi che pensavano di avere il diritto divino di deporre i re della terra quando gli pareva e di ‘sciogliere’ i loro sudditi dal giuramento di fedeltà nei loro confronti suscitando così tumulti nelle loro nazioni. Questo modo di considerare i loro comportamenti è stato però condannato da Pio IX che nel suo Sillabo del 1864 ha dichiarato che è errato affermare che ‘i Romani pontefici (...) si scostarono dai limiti della loro potestà, usurpando i diritti dei Principi...’ (XXIII). Anche lui fu arrogante come lo furono i suoi predecessori; basta considerare che fu lui a far proclamare il dogma dell’infallibilità papale.

[1023]Vedi la parte dove ho parlato dell’Inquisizione.

[1024]Ludovico Von Pastor, Storia dei papi, Roma 1910, vol. I, pag. 84-85, 87

[1025]Ludovico Von Pastor, op. cit., pag. 152

[1026]Ibid., pag. 177

[1027]Concilio di Costanza, Sess. XII

[1028]Ludovico Von Pastor, op. cit., pag. 209-210

[1029]Ludovico Von Pastor, op. cit., Roma 1911, vol. II, pag. 612, 621

[1030]Ludovico Von Pastor, op. cit., pag. 513

[1031]Ludovico Von Pastor, op. cit., Roma 1908, vol. IV, pag. 380, 381, 382, 385, 386.

[1032]A proposito delle meretrici presenti in Roma va detto che Leone si mostrò molto tollerante nei loro confronti, anzi compiacente, e questo sempre per amore di denaro. Ecco infatti cosa dichiarò questo papa: ‘Noi, di nostra piena conoscenza, impulso, e pienezza di potere, decretiamo che, per sostenere siffatti oneri, tutti e singoli beni, e spoglie dei Curiali e delle meretrici - guadagnati illecitamente, vivendo nella nostra Roma, fuori del vincolo matrimoniale, e che muoiono senza facoltà di poter fare testamento in qualsiasi abitazione, siano adibiti per medesimo monastero, e per la loro Congregazione, e per le Suore pro tempore ivi esistenti; e, in virtù della surriferita autorità, moto e scienza, applichiamo, ed incorporiamo detti beni, e decretiamo applicati ed incorporati, ora e in avvenire, escluso qualsiasi caso in contrario possa avvenire. Però, se essi Curiali e donne disoneste volessero lasciare, legare, o donare al suddetto monastero, convento, e monache, per sopperire ai loro oneri, la quarta, o la quinta parte dei loro beni, siano mobili, o immobili, od altro qualsiasi, noi allora concediamo loro facoltà di potere fare testamenti intorno agli altri loro beni di qualunque qualità, quantità e valore si siano, e disporre di essi liberamente e lecitamente sin da ora, e per l’avvenire, e ciò per la surriferita autorità, moto, scienza e pienezza di potere’ (Bolla Salvator noster).

[1033]Coloro che si rifacevano agli insegnamenti di Pietro Valdo, ricco mercante di Lione convertitosi verso il 1176. Vedi la parte dove ho parlato delle loro origini e delle persecuzioni da essi subite.

[1034]Coloro che si rifacevano agli insegnamenti di Giovanni Wycliffe.

[1035]Coloro che si rifacevano agli insegnamenti di Giovanni Huss.

[1036]Ecco cosa dirà Lutero: ‘Io fui un buon monaco ed osservai la disciplina del mio ordine così rigorosamente da poter dire che, se mai un monaco avesse potuto andare in cielo per la sua disciplina monastica, quello ero io. Tutti i frati del monastero lo possono confermare (...) Tuttavia la mia coscienza non mi dava la certezza, anzi, dubitavo continuamente e mi dicevo. ‘Questo non l’hai fatto bene. Non eri abbastanza contrito. Quest’altro non l’hai confessato’. Quanto più mi sforzavo di guarire con tradizioni umane questa mia coscienza dubbiosa, incerta e turbata, tanto più la ritrovavo, giorno per giorno, più dubbiosa, più debole e più turbata’. Ed ancora: ‘Sono stato monaco per vent’anni e mi sono talmente mortificato con preghiere, digiuni, veglie, col non attribuire alcuna importanza all’inverno, al freddo, che da solo avrebbe potuto farmi morire; mi sono talmente torturato che per nulla al mondo vorrei ricominciare, quand’anche lo potessi. Se fossi rimasto in convento, per me sarebbe giunta ben presto la fine. Durante i quindici anni che sono stato monaco, mi stancavo a dir la messa tutti i giorni, mi sfinivo con i digiuni, le veglie, le preghiere e con altre pratiche estremamente penose. Dal mondo tutte queste pratiche esteriori degli ebrei, dei turchi, dei papisti sono osservate con la più grande serietà, ed anch’io sotto il papismo mi sarei ben guardato dal riderne o dal farne beffe. Ebbene, chi lo crederebbe? Tutto ciò è fatica sprecata... Chi avrebbe creduto che tutto questo era una perdita di tempo e che un giorno sarei giunto a dirmi: I miei vent’anni di vita monastica sono perduti? Al convento non ci sono stato che per perdere la mia anima, la mia vita eterna, la salute fisica... Con l’astinenza noi pensavamo, noi volevamo diventare tanto meritevoli da uguagliare il prezzo del sangue di Cristo ed io pure nella mia follia questo credevo. Non sapevo, allora, che Dio voleva che io avessi cura del mio corpo e che non confidassi nella temperanza. Io mi sarei ucciso coi digiuni, con le veglie e la resistenza al freddo. Nel cuore dell’inverno non portavo che un abito leggero, gelavo quasi, tanto ero pazzo e stolto. Perché in convento mi sono sottoposto alle austerità più dure? Perché mi sono afflitto il corpo con i digiuni, le veglie, il freddo? Perché io cercavo di giungere alla certezza che queste opere mi ottenevano il perdono dei peccati’.

[1037]Vedi la parte dove ho parlato delle indulgenze per capire in che cosa esse consistono.

[1038]Vi ricordo che una parte del ricavato della vendita delle indulgenze andava nelle casse papali e servivano alla ricostruzione della basilica di San Pietro. Leone X aveva infatti promulgato nel 1515 una indulgenza allo scopo di ricostruire in Roma la basilica di San Pietro. All’arcivescovo di Magonza, Alberto di Brandeburgo, fu affidata la predicazione di tale indulgenza per una parte della Germania. E Alberto delegò al domenicano Tetzel il compito di predicare l’indulgenza.

[1039]Ecco alcune delle tesi che attestano questo: 26) Il papa fa benissimo, quando concede la remissione alle anime non per il potere delle chiavi (che non ha), ma a modo di suffragio. 27) Predicano l’uomo coloro che dicono: ‘Appena il soldino ha tintinnato nella cassa, un’anima se ne vola via’; 28) Quel che è certo, è che al tintinnio della moneta nella cassa può accrescersi il guadagno e l’avarizia; ma il suffragio della Chiesa dipende dal beneplacito di Dio solo; 47) Si deve insegnare ai cristiani che l’acquisto delle indulgenze è cosa libera, non di precetto; 49) Si deve insegnare ai cristiani, che i perdoni papali sono utili se non confidano in essi, ma estremamente nocivi se perdono per essi il timore di Dio; 50) Si deve insegnare ai cristiani, che se il papa conoscesse le estorsioni dei predicatori di indulgenze, preferirebbe che la basilica di San Pietro andasse in cenere, piuttosto che fosse edificata con la pelle, la carne e le ossa delle sue pecore; 54) Si fa offesa alla Parola di Dio, quando, in una stessa predica si dedica alle indulgenze un tempo eguale o maggiore che ad essa; 67) Le indulgenze, che i predicatori proclamano come le più grandi grazie, si capisce che sono veramente tali quanto al guadagno che promuovono; 81) Questa scandalosa predicazione delle indulgenze fa sì che non è facile neanche a dei dotti difendere la riverenza dovuta al papa dalle calunnie, o se si preferisce, dalle sottili obiezioni dei laici; 86) Perché il papa, le cui ricchezze sono oggi più crasse di quelle dei più ricchi Crassi non costruisce una sola basilica di San Pietro col suo danaro, invece che con quello dei poveri fedeli?

Comunque, bisogna riconoscere che le tesi di Lutero, prese e viste nella loro globalità, costituirono un attacco contro il papato e contro il suo potere di concedere indulgenze, e di questo si accorsero subito i teologi papisti del tempo e Leone X che cercarono subito di fermarlo perché vedevano nelle sue idee un qualcosa che poteva portare il popolo a disprezzare le indulgenze e mettersi contro il papato.

[1040]Per esempio Lutero affermava che il pane ed il vino usati nella santa cena fossero veramente il corpo ed il sangue di Gesù Cristo (dottrina che è denominata consustanziazione), mentre Calvino negava ciò: una altra differenza dottrinale tra i due riformatori è quella sulle immagini, Lutero le ammetteva tanto è vero che nel suo Piccolo Catechismo nel commento ai dieci comandamenti egli escluse dalla lista dei comandamenti il secondo comandamento (la differenza con la lista dei comandamenti dei Cattolici è che il terzo comandamento è ‘Ricordati di santificare il giorno del Signore’ ed il sesto ‘Non commettere adulterio’, il nono ‘Non concupire la casa del prossimo tuo’ e il decimo ‘non concupire la moglie del tuo prossimo, né il suo servo, né la sua serva, né il suo bestiame, né alcuna cosa gli appartenga’) mentre Calvino non accettava le immagini e le sculture e difatti nel suo Catechismo nel commento ai dieci comandamenti si trova il secondo comandamento così come lo diede Dio.

[1041]Per questa posizione quella degli Anabattisti è stata denominata ‘Riforma radicale’, per contrapporla a quella propugnata dai Luterani e Calvinisti denominata ‘Riforma classica’. In effetti, gli Anabattisti in diverse cose, a differenza dei Luterani e dei Calvinisti, si mostrarono più attaccati alla Parola di Dio. E’ un dato di fatto. E per questo loro attaccamento alla Parola di Dio su quei punti su cui invece gli altri riformatori preferirono il compromesso saranno perseguitati persino da Lutero e Zwingli (1484-1531), per i quali la Chiesa doveva servirsi della forza per portare avanti la Riforma e proteggerla.

[1042]Ecco l’origine di questo appellativo. Alla Dieta (riunione di Stato) di Spira (Germania) del 1526 i principi che avevano accettato la Riforma ottennero che fino a che fosse convocato un concilio il principe di ogni stato fosse libero di seguire quella che riteneva la giusta fede. Ma nella Dieta di Spira del 1529 questo diritto venne loro negato perché fu riconosciuta unica fede legalmente riconosciuta solo quella cattolica romana. Alcuni principi tedeschi allora protestarono e furono perciò chiamati protestanti. Appellativo che da quel momento sarà affibbiato a tutti coloro che si opporranno alla chiesa cattolica romana perché accetteranno la dottrina che l’uomo è giustificato soltanto per fede.

[1043]Ludovico Von Pastor, op. cit., Roma 1914, vol. V, pag. 235

[1044]Vedi la parte dove ho parlato più diffusamente di loro.

[1045]Vedi la parte dove ho parlato più diffusamente dell’Inquisizione.

[1046]Ludovico Von Pastor, op. cit., Roma 1922, vol. VI, pag. 46-47

[1047]Ludovico Von Pastor, op. cit., pag. 487,488

[1048]L’Indice verrà abolito nel 1965 da Paolo VI.

[1049]Vedi la parte dove ho trattato le persecuzioni.

[1050]Ludovico Von Pastor, op. cit., Roma 1933, vol. XVI, pag. 79, 80, 81

[1051]Ecco come Gioacchino Ventura, un prelato cattolico francese, si espresse in una lettera datata 12 Giugno 1849 a riguardo di quei tragici avvenimenti causati dal ricorso all’aiuto francese da parte di Pio IX: ‘Caro amico e fratello. Vi scrivo con le lacrime agli occhi, ed il cuore spezzato per il dolore. Mentre scrivo queste linee, i soldati francesi bombardano Roma, distruggono i suoi monumenti, uccidono con la mitraglia i suoi cittadini, ed il sangue scorre a torrenti. Ruine si accumulano sopra ruine, e Dio sa quale sarà la fine di questa terribile lotta. (...) Il popolo vede che i Francesi a nome del papa fanno scorrere il sangue romano e distruggono la loro bella città. Il popolo vede che è il papa il quale ha sguinzagliato quattro potenze armate di tutti i mezzi di distruzione contro il popolo romano, come si sguinzagliano i mastini contro una bestia feroce; e, vedendo tali cose, egli non sente più nulla e si leva contro il papa e contro la Chiesa in nome della quale il papa proclama essere suo dovere riacquistare colla forza il dominio temporale’ (...) Ah! mio caro amico, l’idea di un vescovo che fa mitragliare i suoi diocesani, di un pastore che fa scannare le sue pecore, di un padre che manda sicari ai suoi figli, di un papa che vuol regnare ed imporsi a tre milioni di Cristiani per mezzo della forza, che vuole ristabilire il suo trono sulle ruine, sui cadaveri e sul sangue; quest’idea, dico, è così strana, così assurda, così scandalosa, così orribile, così contraria allo spirito ed alla lettera dell’Evangelo, che non vi è coscienza che non ne sia stomacata, non vi è fede che possa resistere ad essa, non vi è cuore che non ne frema, non vi è lingua che non si senta spinta a maledire, a bestemmiare! era mille volte meglio perdere tutto il temporale e il mondo intero se fosse bisognato, piuttosto che dare un tale scandalo al popolo (...) E’ probabile che Roma soccomba sotto l’attacco delle armi francesi: come difatti resistere alla Francia? E’ possibile che il papa rientri in Roma portando in mano la spada anziché la croce, preceduto dai soldati e seguito dal carnefice, come se Roma fosse la Mecca ed il Vangelo il Corano. Ma egli non regnerà più sul cuore dei Romani; sotto questo aspetto il suo regno è finito, finito per sempre; egli non sarà più papa che sopra un piccolo numero di fedeli...’. Il Ventura, per questa sua lettera, di cui ho citato solo pochi passaggi, fu costretto a stare in esilio a Montpelier e poi a Parigi e a perdere il cappello cardinalizio che gli era stato promesso.

[1052]Vi faccio notare che questa umiliazione Dio la inflisse al papa proprio nell’anno in cui lui si fece dichiarare infallibile ex-cattedra: in verità “Dio resiste ai superbi” (1 Piet. 5:5).

[1053]Quello che era chiamato lo Stato pontificio era un’area di circa 41.600 chilometri quadrati con circa 3 milioni di abitanti. E’ chiaro che venendogli a mancare questo Stato vennero a mancare al papa anche tante risorse finanziarie. Il papa rifiutò ogni indennità propostagli decidendo di poggiarsi sull’Obolo di S. Pietro. La chiesa cattolica fece allora distribuire alle sue parrocchie nel mondo, delle cartoline postali raffiguranti il papa giacente in un letto di paglia in una prigione sotterranea. E questo per stimolare i Cattolici a dare offerte al papa prigioniero dei ‘malvagi italiani’. E molti ci credettero che il papa vivesse nella più profonda miseria e una gran quantità di pfennings, pennies, scellini, ducati, talleri, pesos e dollari si riversarono nelle casse del Vaticano permettendogli di sovvenire alle sue spese.

[1054]Il partito fascista di Benito Mussolini andò al potere con l’aiuto del Vaticano. Questo infatti aveva impedito in ogni maniera che il Partito Popolare fondato da Luigi Sturzo (un prete cattolico) nel 1919, partito che aveva in parlamento circa cento deputati e che era antifascista, si alleasse con i socialisti in maniera da formare un governo antifascista che impedisse la salita al potere del fascismo. Oltre a ciò il Vaticano in una circolare dell’ottobre del 1922 invitava i vescovi e i preti a rimanere neutrali nelle lotte politiche interne, il che andò a favore di Mussolini. A proposito di Luigi Sturzo va detto che fu costretto dal Vaticano a dare le dimissioni da segretario politico del Partito Popolare e poco dopo ad emigrare dall’Italia.

[1055]Nella residenza di Castel Gandolfo, Wojtyla, con i soldi dei polacchi d’America, vi ha fatto costruire una piscina.

[1056]Cinque di quelle festività furono soppresse nel 1977.

[1057]Durante le trattative, un alto prelato, che si occupava delle finanze vaticane, disse a un suo confratello: ‘Questa volta bisogna che l’Italia paghi care le indulgenze’. I mezzi finanziari che lo Stato italiano diede al Vaticano costituirono il fondamento su cui venne costruito quell’impero finanziario che il Vaticano costituisce oggi. Il giorno stesso in cui l’accordo con Benito Mussolini fu ratificato Pio XI creò una nuova agenzia finanziaria, la Amministrazione Speciale della Santa Sede e ne nominò suo direttore e manager Bernardino Nogara. Costui accettò la proposta del papa perché il papa soddisfece le sue richieste tra cui c’erano queste: che tutti gli investimenti che egli scegliesse di fare fossero totalmente e completamente liberi da qualsiasi considerazioni religiose o dottrinali; che egli fosse libero di investire i fondi del Vaticano dovunque nel mondo. E così Nogara si mise in moto. Martin Malachi, Gesuita ex-professore al Pontificio Istituto Biblico di Roma, nel suo libro Rich Church, Poor Church (Chiesa Ricca, Chiesa Povera) edito nel 1984, dice: ‘Fedele ai suoi piani iniziali, i primi maggiori acquisti di Nogara in Italia furono attuati nel ramo del gas, dei tessili, nella costruzione pubblica e privata, nell’acciaio, nell’arredamento, negli alberghi, in prodotti minerari e metallurgici, prodotti dell’agricoltura, energia elettrica, armi, prodotti farmaceutici, cemento, carta, legname da costruzione, ceramica, pasta, ingegneria, ferrovie, navi passeggeri, telefoni, telecomunicazioni e banche’ (pag. 40). Prima dello scoppio della seconda guerra mondiale il Vaticano acquisì il controllo di molte compagnie e banche sia in Italia che all’estero e in molte altre compagnie invece riuscì ad avere una partecipazione minore ma sostanziale. Verso gli anni ‘30 il Vaticano possedeva circa 3 milioni e 716.000 metri quadrati di beni immobili a Roma, e col tempo sarebbe diventato il maggior proprietario terriero in Italia dopo lo stesso governo italiano. Quando Mussolini ebbe bisogno di armamenti per l’invasione dell’Etiopia nel 1935 una sostanziosa parte di essi fu provveduta da una fabbrica di munizioni che Nogara aveva acquisito in nome del Vaticano. Il 27 giugno 1942 Pio XII, su proposta di Nogara, fondò una nuova società finanziaria nel Vaticano chiamata Istituto per le Opere Religiose (IOR). La proposta di Nogara era stata questa: ‘Stabilire una società ecclesiastica centrale per la Chiesa Universale, una società dotata dello status di una banca all’interno dello Stato sovrano della Città del Vaticano e che avesse il vantaggio di appartenere al papato e al Vaticano; una società che si specializzasse nell’investire e nel negoziare i fondi e le risorse degli enti ecclesiastici della Chiesa intera’ (Martin Malachi, op. cit., pag. 43). Tramite lo IOR i vari organismi ecclesiastici erano in grado di investire il loro denaro in tutta segretezza ed esenti da tasse. (Ricordiamo che lo IOR diversi anni fa, quando era diretto da Paul Marcinkus, risultò coinvolto in alcuni scandali finanziari a motivo di manovre finanziarie illegali da esso compiuto con l’aiuto del finanziere siciliano Michele Sindona - il mandato di cattura spiccato contro Sindona parlava ‘di prove documentali di operazioni irregolari effettuate da Sindona per conto del Vaticano’ -, e di Roberto Calvi, presidente del Banco Ambrosiano). Dopo la seconda guerra mondiale, sempre sotto Nogara, l’impero finanziario vaticano continuò a crescere. Quando Bernardino Nogara morì nel 1958 lasciò un Vaticano enormemente ricco. L’opera compiuta da questo finanziere a pro del Vaticano fece dire all’allora cardinale Spellman di New York: ‘Dopo Gesù Cristo la più grande cosa che sia successa alla Chiesa Cattolica è Bernardino Nogara’! Ma anche dopo la morte di Nogara le finanze continuarono a crescere. Verso la metà degli anni sessanta, le agenzie finanziarie del Vaticano controllavano la metà delle agenzie di credito in Italia. Molte industrie avevano dietro denaro del Vaticano. L’Istituto Farmacologico Serono di Roma per esempio era di proprietà Vaticana. Questo Istituto nel periodo in cui la chiesa cattolica romana condannava la contraccezione artificiale (Paolo VI la condannò esplicitamente con l’enciclica Humanae Vitae del 1968) lanciava sul mercato un contraccettivo molto popolare chiamato Luteolas, che fece intascare molto denaro al Vaticano (a dimostrazione questo che quando ci sono di mezzo i suoi interessi finanziari il Vaticano non ha per nulla timore di rinnegare nei fatti quello che insegna a parole). Nel 1968, secondo quanto dichiarò l’allora ministro delle Finanze Preti, la ‘S. Sede’ possedeva titoli azionari italiani per un valore di circa 100 miliardi, con un dividendo che oscillava dai tre ai quattro miliardi l’anno. Anche all’estero il Vaticano possedeva titoli azionari per molti miliardi. Esso aveva pacchetti azionari in diverse grandi compagnie internazionali tra cui la General Motors, la Shell, Gulf Oil, General Electric, Betlehem Steel, International Business Machines (IBM), e TWA. Il Vaticano possiede una forte riserva aurea negli Stati Uniti, a Forte Knox. Quanto al valore delle attuali ricchezze in mano al Vaticano non ci sono dei dati che permettono di dire con una certa esattezza quanto in realtà possiede in titoli, azioni, beni immobili; c’è un velo su tutto ciò. Di sicuro c’è che il Vaticano è molto ricco materialmente, e che se sulle sue finanze la curia romana mantiene un forte riserbo, ci sono svariate ragioni. Una delle quali è quella di poter fare credere ancora alla gente che la chiesa cattolica romana è ‘la chiesa dei poveri’ ed ha continuamente bisogno dei soldi dei suoi fedeli per portare avanti la sua missione nel mondo.

[1058]Il Vaticano si alleò anche con Hitler (che - si tenga presente - era salito al potere con l’aiuto del partito cattolico di centro) infatti nel 1933 fu stipulato un Concordato tra la ‘Santa Sede’ e il Reich tedesco. In questo concordato si trovano degli articoli simili a quelli che si trovano in quello stipulato con il governo di Mussolini. Per esempio il Vaticano nell’art. 32 si impegnava a vietare agli ecclesiastici e ai sacerdoti l’appartenenza ai partiti politici e ogni attività in loro favore; nell’art. 14 di comunicare al luogotenente del Reich il nome delle persone che intendeva scegliere come arcivescovi e vescovi; nell’art. 16 di fare prestare ai vescovi un giuramento di fedeltà al Reich; nell’art. 30 di fare recitare tutte le Domeniche e le feste di precetto una preghiera per la prosperità del Reich e del popolo germanico. Il Vaticano in cambio ottenne che l’insegnamento religioso diventasse obbligatorio nelle scuole elementari, professionali, medie e superiori ‘in conformità con i princìpi della Chiesa cattolica’. Il Vaticano fu aspramente criticato anche da giornali cattolici che videro in questo Concordato la ‘canonizzazione dell’hitlerismo’. Ma l’Osservatore Romano del 27 luglio rispose che ‘la Santa Sede trattava con gli Stati in quanto tali, per assicurare i diritti e la libertà della Chiesa, prescindendo da ogni considerazione e apprezzamento di altra natura’. Queste parole fanno chiaramente capire che la chiesa cattolica è disposta ad allearsi con il governo di qualsiasi nazione, non importa se democratico o dittatoriale, pur di salvaguardare i suoi propri interessi. E di interessi il Vaticano ne aveva da difendere parecchi anche in Germania ai giorni di Hitler. Ecco perché la cosiddetta santa Sede, quantunque Hitler in seguito infrangerà il Concordato perseguitando diversi prelati cattolici e organizzazioni cattoliche, non condannò mai l’hitlerismo perché un simile comportamento avrebbe significato arrivare alla rottura con il Führer cosa che al papa metteva paura perché avrebbe di conseguenza significato compromettere i suoi interessi in Germania. E sempre questa è la ragione per cui il papa (Pio XII) dinanzi allo sterminio degli Ebrei non espresse mai una parola di solidarietà verso gli Ebrei (come si è abituati a sentire che fa oggi quando in qualche guerra vengono perpetrati i cosiddetti crimini contro l’umanità) che venivano portati a decine di migliaia nei campi di concentramento nazisti e quivi sterminati nelle camere a gas, perché la sua preoccupazione era quella di salvaguardare gli interessi del Vaticano in Germania, e una sua parola di condanna contro quello sterminio ordinato da Hitler avrebbe compromesso quegli interessi. A riguardo di questo silenzio del papa durante le persecuzioni naziste contro gli Ebrei durante la seconda guerra mondiale in una nota del libro Il manganello e l’aspersorio di Ernesto Rossi si legge: ‘L’ambasciatore tedesco presso il Vaticano e il Nunzio a Berlino continuarono a mantenere ‘buone relazioni’ fra i due governi, e i rapporti sulle atrocità in Germania e in Polonia, che il Nunzio presso il governo tedesco inviava a Roma, rimasero negli archivi del Vaticano. Buone relazioni: infatti l’Ambasciatore tedesco presso la Santa Sede, barone Ernesto Weizsasaecker, restò nel Vaticano fino al 26 agosto 1946, mentre l’ultimo diplomatico giapponese l’aveva lasciato in gennaio’ ed ancora: ‘Dopo la razzia perpetrata dalle SS a Roma il 16 ottobre 1943, l’ambasciatore Weizsasaecker (condannato poi come criminale di guerra, dal tribunale di Norimberga, a quindici anni di carcere per delitti contro l’umanità) scrisse a Keppler e a Ritter un telegramma, datato 28 ottobre, in cui si legge: ‘Benché sollecitato da ogni parte, il Papa non si è lasciato convincere a esprimere ufficialmente qualsiasi riprovazione per le avvenute deportazioni degli ebrei di Roma. Pur sapendo che tale suo atteggiamento in questa circostanza verrà severamente giudicato dai nostri nemici, e sarà sfruttato dagli ambienti protestanti dei paesi anglosassoni nella loro propaganda contro il cattolicesimo, egli si è comportato, in questa delicata circostanza, in modo da non turbare minimamente le relazioni con il governo tedesco e con ambienti tedeschi di Roma’. Il nazismo verrà chiaramente condannato dal papa solo dopo la resa incondizionata della Germania; quando oramai il Vaticano non aveva nulla da temere dai nazisti. quella

[1059]Benito Mussolini, mediante questi patti Lateranensi, si guadagnò la stima e il favore della curia romana e dei Cattolici romani che non mancarono di manifestarglieli a poco più di un mese di distanza dalla firma dei Patti nelle ‘elezioni plebiscitarie’. Cardinali e vescovi scesero in campo apertamente incitando i Cattolici a dare il loro voto di approvazione a Mussolini. Il plebiscito del 24 Marzo diede 8.506.676 ‘sì’ su 8.650.470 votanti. Inoltre va detto che Mussolini ebbe il sostegno della curia romana quando volle conquistare l’Etiopia. Tra i messaggi dati da prelati papali ai Cattolici in favore di quella guerra riportiamo solo i seguenti. Il 28 ottobre 1935 il cardinale Schuster di Milano disse ai Cattolici raunati nella cattedrale di Milano: ‘Cooperiamo con Dio in questa missione nazionale e cattolica di bene, soprattutto in questo momento in cui, sui campi di Etiopia, il vessillo d’Italia reca il trionfo della Croce di Cristo, spezza le catene agli schiavi, spiana le strade ai missionari del Vangelo (...) Pace e protezione all’esercito valoroso che, in obbedienza intrepida al comando della Patria, a prezzo di sangue, apre le porte di Etiopia alla fede cattolica e alla civiltà romana’. Il 12 dicembre Giorgio Maria Del Rio, arcivescovo di Oristano, pubblicò sul bollettino della archidiocesi un appello ai Cattolici in cui si legge tra le altre cose: ‘Le popolazioni abissine sono ad un infimo livello religioso e morale, sono lontane dalla vera fede, dalla nostra religione cattolica, che è fonte di civiltà e di progresso. Tutto ciò che si fa quindi per dare alla Italia i mezzi necessari ad affermare in quelle terre la sua influenza e la sua autorità non è solo in vantaggio della Patria e della civiltà, ma anche della religione cattolica. La nostra povera ma generosa Italia, dietro i suoi soldati, porta in Abissinia non solo il pane, le strade, la liberazione dalla schiavitù, tutte le provvidenze della civiltà; ma vi porta ancora la Croce di Gesù Cristo, gli insegnamenti e gli aiuti della Religione cattolica, apostolica, romana, che nelle mani dei nostri missionari non ha mai servito a preparare conquiste politiche’. Ricordiamo che nella guerra d’Etiopia Mussolini autorizzò l’impiego di gas lacrimogeni e di iprite, per l’artiglieria e l’aviazione. Le vittime fra gli Etiopi furono migliaia. Il 5 maggio 1936 le truppe italiane con alla testa il Maresciallo Badoglio entrarono in Addis Abeba. Tornato in Italia un mese dopo, Badoglio fu ricevuto da Pio XI. ‘Il colloquio con Pio XI si protrasse per oltre un’ora e mezzo, superando di gran lunga i venti minuti protocollari delle visite pontificie. Nel pomeriggio, il Legato del Papa gli restituì la visita nel suo appartamento in via XX settembre’ (Vanna Vailati, Badoglio racconta, Torino 1955, pag. 323). Evidentemente il papa era rimasto molto contento della conquista dell’Etiopia da parte dell’esercito italiano.

[1060]La Conferenza Episcopale Italiana comunque a proposito di questa modifica, per tranquillizzare i Cattolici, ha detto: ‘Se poi il Protocollo addizionale avverte che ‘si considera non più in vigore il principio... della religione cattolica come sola religione dello Stato’, si possono comprendere le ragioni di un simile cambiamento che, anche alla luce della Dichiarazione del Concilio sulla libertà religiosa, si ispira al rispetto dovuto a chiunque abbia altra fede o diversa convinzione di coscienza. Questo cambiamento nulla toglie ai valori della religione cattolica. Essa appartiene da sempre al popolo italiano nel quale si è largamente radicata per la forza del Vangelo, fino ad essere fermento della sua storia, della sua civiltà, della sua cultura, dei suoi impegni per un’ordinata convivenza civile, per aperti rapporti di collaborazione in Europa e nel mondo, per il progresso di tutti i popoli e per la pace’.

[1061]A proposito di questa ‘libertà’ concessa ai non Cattolici di professare la loro fede va detto che la chiesa cattolica è stata costretta dalle circostanze (così diverse per molti versi da quelle di secoli fa) a concederla loro perché se le circostanze fossero state altre questa ‘libertà’ essa non l’avrebbe giammai concessa. In altre parole essa si è adattata ai tempi, come sempre ha fatto, ma senza rinunciare con questo alla tesi che solo lei ha il diritto di essere completamente libera di divulgare la sua dottrina perché solo lei è la depositaria della verità. A conferma che nella realtà la chiesa cattolica anche quando dà ad altri libertà religiosa lo fa con rammarico e ipocritamente ecco quanto si legge in un articolo di Civiltà cattolica: ‘Ora la Chiesa cattolica, convinta per le sue divine prerogative di essere l’unica vera Chiesa, deve reclamare per sé soltanto il diritto alla libertà, perché unicamente alla verità, non mai all’errore, questo può competere; quanto alle altre religioni essa non impugnerà la scimitarra, ma domanderà che con mezzi legittimi degni della persona umana, non sia loro consentito di diffondere false dottrine. Per conseguenza in uno stato cattolico, in cui la maggioranza è cattolica, la Chiesa chiederà che all’errore non sia data esistenza legale e che, se esistono minoranze di religione diversa, queste abbiano solo un’esistenza di fatto, senza la possibilità di divulgare le loro credenze... in alcuni paesi poi, i cattolici saranno costretti a chiedere la piena libertà religiosa per tutti, rassegnati di potere convivere, là dove essi solo avrebbero il diritto di vivere. In questo caso la Chiesa non rinuncia alla sua tesi, che suona come la più imperativa delle leggi, ma si adatta all’ipotesi, cioè alle condizioni di fatto, dalle quali la sua vita concreta non può prescindere... La Chiesa non può arrossire di questa sua intransigenza, così come l’afferma nel principio e così come l’applica nella pratica’ (F. Cavalli, S. J. ‘Le condizioni dei protestanti in Spagna’ in Civiltà Cattolica, 3 aprile 1948). Tradotto nella pratica questo significa che se in Italia salisse al potere un dittatore come Hitler o Mussolini la chiesa cattolica si alleerebbe con esso e chiederebbe subito che ai Protestanti venga tolta (o almeno ridotta) la libertà di professare la loro fede e di divulgare la Parola di Dio - cosa che riteniamo non gli verrebbe rifiutata dal dittatore perché il papa sa come persuadere qualsiasi dittatore a concedergli favori - e perciò ritornerebbero le persecuzioni di un tempo.

[1062]Per quanto riguarda le remunerazioni dei sacerdoti cattolici va detto che esse vengono loro conferite dagli Istituti diocesani per il sostentamento del clero che sono strettamente collegati all’Istituto centrale per il sostentamento del clero che ha il fine di integrare le risorse degli Istituti diocesani. La remunerazione è equiparata, ai soli fini fiscali, al reddito di lavoro dipendente. L’IDSC opera, su tale remunerazione, le ritenute fiscali e versa anche, per i sacerdoti che vi siano tenuti, i contributi previdenziali e assistenziali previsti dalle leggi vigenti. Lo Stato interviene con agevolazioni fiscali e con consistenti contributi pubblici per garantire, attraverso l’Istituto centrale per il sostentamento del clero, che agli IDSC non manchino i fondi necessari per corrispondere la remunerazione a tutti i sacerdoti delle rispettive diocesi. Si tenga presente che il denaro che la chiesa cattolica incamera (dal 1990) dall’otto per mille del gettito complessivo IRPEF può essere utilizzato anche per il sostentamento del clero.

[1063]Voglio fare presente che proprio in quello stesso anno Dio visitò l’Argentina perché ci fu un grande risveglio in quella nazione. In quell’occasione Dio si usò di Tommy Hicks un fratello americano. In The Christian Century del luglio 1954 si leggono a proposito delle riunioni tenute da questo fratello in Buenos Aires le seguenti cose: ‘Hicks prega per loro. Egli grida: ‘Satana, lasciali andare, esci da loro, lasciali andare’. Improvvisamente un isterismo di massa sembra colpire ognuno. I paralizzati si muovono e cominciano a camminare. Le madri gridano con gratitudine mentre i piccoli figli camminano. L’aria della notte è sconvolta da migliaia di gridi di ‘Ti ringrazio, Gesù’, ‘Gloria, gloria, gloria’, ‘Amen, amen’. ‘Alleluia’. Le lacrime scendono dalle guance di molti. I piccoli bambini, guariti, corrono verso Hicks per baciarlo. I bastoni e le grucce sono agitate nell’aria per significare che esse non servono più. Uno grida ‘Posso vedere’ ed un altro ‘Posso sentire’.... Ministri con esperienza e missionari da molte nazioni dicono che non hanno mai visto niente di simile’.

[1064]Karol Wojtyla è nato in Polonia a Wadovice presso Cracovia il 18 maggio 1920. E’ stato eletto papa il 16 ottobre 1978. E’ molto devoto a Maria e ne ha promosso altamente il culto. Ha viaggiato molto per tutto il mondo e dovunque è andato si sono raccolte centinaia di migliaia di persone per vederlo e sentirlo. Lui dice che i viaggi li compie ‘per annunziare il Vangelo... per confermare i fratelli nella fede... per consolare la Chiesa... per incontrare l’uomo’. Ha finanziato il movimento polacco di Solidarnosh facendogli pervenire parecchi soldi per portare avanti la protesta contro il regime comunista polacco di allora. Ama nuotare e sciare. Secondo gli attuali elenchi del Vaticano Giovanni Paolo II risulta essere il 264esimo papa. Ma occorre dire che su questo numero di papi tra gli studiosi e i teologi cattolici non c’è per nulla unanimità a motivo di fonti storiche contraddittorie e di alcune questioni controverse. Per esempio attualmente dall’elenco dei papi è omesso quello di uno Stefano eletto papa nel 752 tra Zaccaria (741-752) e Stefano II (752-757), perché costui morì tre giorni dopo la sua elezione senza essere stato consacrato. Il che costituisce una contraddizione palese perché nello stesso elenco ci sono dei papi che morirono senza esser stati incoronati. Inoltre ci sono delle incertezze sul numero degli antipapi (i papi illegittimi); per esempio tuttora ne sono riconosciuti 37 ma in realtà furono 39 perché non sono inclusi Clemente VIII (1423-1429) e Benedetto XIV (1425-1430); oltre a ciò ci sono taluni considerati antipapi che però ricevettero una elezione regolare. Poi permangono i seguenti forti dubbi, Leone VIII (963-965) viene messo tra i papi ma dovrebbe essere antipapa fino alla morte di Giovanni XII (955-964), come anche Benedetto V (964-966) che viene messo tra i papi legittimi dovrebbe essere considerato antipapa fino alla morte di Leone VIII. Come si può ben vedere risulta dal presente elenco che Leone VIII fu papa legittimo assieme a Giovanni XII per un certo tempo e che Benedetto V fu papa legittimo per un certo tempo contemporaneamente a Leone VIII. Oltre a tutto ciò c’è il dubbio della triplice elezione di Benedetto IX; nell’elenco dei papi costui viene fatto regnare per tre volte (1032-1044: 1045; 1047-1048) per cui si dovrebbero ritenere antipapi sia Silvestro III (1045) che Damaso II che pontificò nel 1048 (messi nell’elenco dei papi) se si considerassero illegali le sue deposizioni. Come potete vedere i Cattolici non sono sicuri neppure sul numero dei loro papi perché non sanno dire con esattezza chi furono tutti gli antipapi; ci sono antipapi che taluni reputano veri papi, e papi che altri reputano degli antipapi. Che confusione c’è persino sulla loro cosiddetta successione apostolica!

[1065]Il Vaticano è un piccolo Stato di circa 0,44 chilometri quadrati (ancora più piccolo del Liechtenstein, di Monaco e di San Marino); si compone di cinquanta edifici, sei basiliche oltre la basilica di San Pietro, alcuni cimiteri, i Musei e la Biblioteca, ed ospita circa diecimila stanze, atri e gallerie. Possiede una stazione ferroviaria, un eliporto da cui spicca il volo l’elicottero che deve portare il papa all’aeroporto di Fiumicino o Ciampino o alla sua villa di Castel Gandolfo, alcuni uffici postali, un tribunale, alcune caserme, un posto di Vigili del fuoco, e un laboratorio dove si restaurano arazzi. C’è poi l’Annona, una specie di supermarket dove le merci, essendo esenti da imposte, costano meno che sul territorio italiano, e per questo è stato denominato ‘il paradiso dello shopping’: un parco macchine, un garage sotterraneo e un grande e proprio parcheggio; la tipografia Poliglotta che è in grado di stampare in quasi tutte le lingue conosciute e per questo è ritenuta la stamperia più ricca del mondo per caratteri tipografici; e gli uffici di alcune pubblicazioni vaticane tra cui quella dell’Osservatore Romano. Il Vaticano possiede anche un suo albergo, e una farmacia. Possiede anche un esercito tra cui il corpo più famoso è quello delle Guardie svizzere che come dice il nome sono tutte svizzere; il loro numero fu ridotto da Paolo VI a settantacinque.

[1066]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 376

[1067]Ibid., pag. 373

[1068]Amatulli Flaviano, op. cit., pag. 41,42

[1069]Ibid., pag. 77

[1070]Rom. 10:8-11

[1071]Giov. 13:13-14

[1072]Giov. 20:28

[1073]Atti 2:36

[1074]Atti 10:36

[1075]1 Cor. 2:8

[1076]Luca 24:34

[1077]Atti 3:15

[1078]Atti 2:23,24

[1079]1 Cor. 15:4

[1080]Luca 1:3,4

[1081]Giov. 5:39

[1082]Giov. 20:31

[1083]2 Tim. 3:14-17

[1084]Sal. 119:130

[1085]2 Piet. 1:19-21

[1086]1 Piet. 5:12

[1087]1 Giov. 1:4

[1088]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 373

[1089]Bernardo Bartmann, Manuale di Teologia Dogmatica, Alba 1950, vol. I, pag. 48

[1090]Roberto Bellarmino, De Verbo Dei, lib. IV, cap. 3

[1091]Ap. 1:19

[1092]Ap. 2:1

[1093]Ap. 2:8

[1094]Ap. 2:12

[1095]Ap. 2:18

[1096]Ap. 3:1

[1097]Ap. 3:7

[1098]Ap. 3:14

[1099]Ap. 14:13

[1100]Ap. 19:9

[1101]Ap. 21:5

[1102]2 Piet. 3:16

[1103]Is. 30:8

[1104]1 Tim. 5:18

[1105]Es. 34:27

[1106]Cfr. Giov. 16:13

[1107]1 Tess. 5:27

[1108]Col. 4:16

[1109]2 Tess. 2:15

[1110]Cfr. Ger. 36:5,6

[1111]Cfr. Ger. 36:2,3

[1112]De Verbo Dei, lib. IV, cap. 4

[1113]Bernardo Bartmann, Manuale di Teologia Dogmatica, vol. I, pag. 48

[1114]Num. 33:2

[1115]Deut. 31:16,19

[1116]Ger. 36:2

[1117]Hab. 2:2

[1118]2 Tim. 3:16

[1119]2 Piet. 1:20,21

[1120]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 376

[1121]Ibid., pag. 373, 374

[1122]Giov. 10:27

[1123]Cfr. Ef. 5:8, 1 Tess. 5:5

[1124]Is. 5:20

[1125]Is. 8:20

[1126]Is. 8:20,21

[1127]Cfr. 2 Piet. 1:19

[1128]Vedi la parte dove ho parlato dei libri apocrifi dimostrando che non sono ispirati.

[1129]Concilio Vaticano II, Sess. VIII, cap. II

[1130]Concilio Vaticano II, Sess. V, cap. III

[1131]Luca 18:31-34

[1132]Giov. 12:16

[1133]Luca 9:45

[1134]Mar. 9:32

[1135]Luca 24:44-45

[1136]Giov. 12:16

[1137]Giov. 16:12,13

[1138]Giov. 14:26

[1139]Luca 10:21

[1140]2 Tim. 2:7

[1141]Fil. 3:15

[1142]1 Giov. 2:27

[1143]Giov. 14:26

[1144]Cfr. Ef. 4:11,12

[1145]Atti 2:41,42

[1146]Atti 18:11

[1147]1 Tim. 4:11

[1148]Tito 2:15

[1149]1 Tim. 4:16

[1150]2 Cor. 4:3,4

[1151]Enciclopedia Cattolica, vol. 10, 330

[1152]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 172, 175

[1153]Enciclopedia Cattolica, vol. 10, 337

[1154]1 Cor. 3:10-15

[1155]Agostino di Ippona, La città di Dio, Libro XXI, cap. XXVI. Anche se Agostino talvolta è ambiguo nel parlare e pare essere incerto sul purgatorio, pure occorre dire che a giusta ragione la chiesa papista lo reputa il vero padre del purgatorio perché con le sue parole ne ha gettato le fondamenta.

[1156]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 172, 173

[1157]Agostino di Ippona, Enchiridion, cap. CIX

[1158]Cfr. 2 Maccabei 12:38-40

[1159]2 Maccabei 12: 45

[1160]Enciclopedia Cattolica, vol. 1, 925

[1161]Lessico universale italiano, vol. 1, Roma 1968, pag. 464

[1162]Quantunque la distinzione tra peccati veniali e peccati mortali riguarda i battezzati della chiesa cattolica, chiamati da essa Cristiani, io nella mia confutazione quando ne parlo riferendomi a loro ne parlo come se essa concernesse i peccati di peccatori perché è risaputo che il loro battesimo non fa diventare cristiano proprio nessuno. Essi sono sotto il peccato e non sono stati ancora affrancati dal peccato mediante il sangue di Cristo.

[1163]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 175

[1164]1 Cor. 3:15

[1165]A Firenze si raggiunse l’unione sui punti essenziali dell’esistenza del purgatorio e del valore dei suffragi. Ma già nel secondo concilio di Lione (1274) si trova un articolo riguardante il purgatorio: ‘Se avviene che qualche fedele veramente pentito muoia in grazia di Dio, ma prima di avere terminata la penitenza (satisfactio) dovuta ai peccati, la sua anima viene perfezionata da pene purificatrici’.

[1166]Concilio di Trento, Sess. XXV, decreto sul purgatorio

[1167]Matt. 7:13,14

[1168]Cfr. Giov. 5:29; Dan. 12:2; Ap. 20:12-15

[1169]Giob. 27:8

[1170]Ebr. 9:27

[1171]Sal. 9:17; cfr. Luca 16:22-31; Is. 5:14

[1172]Cfr. Luca 13:1-5

[1173]1 Piet. 1:2

[1174]Ap. 1:5

[1175]1 Giov. 1:7

[1176]Ap. 6:9

[1177]Fil. 1:21,23

[1178]2 Cor. 5:8

[1179]Ap. 14:13

[1180]Giov. 5:24

[1181]Rom. 8:1

[1182]Concilio di Trento, Sess. VI, can. 30. Vorrei fare notare ai lettori che nel libro apocrifo detto la Sapienza, che il concilio di Trento stesso ha incluso nel canone dichiarandolo sacro, si legge una dichiarazione che smentisce un purgatorio dopo la morte. Eccola: ‘Le anime dei giusti, invece, sono nelle mani di Dio e nessun tormento le toccherà. Agli occhi degli stolti parve che morissero, una disgrazia fu considerata la loro dipartita, e il loro viaggio lontano da noi una rovina, ma essi sono nella pace’ (Sapienza 3: 1-3) Quindi persino uno dei libri apocrifi così cari ai Cattolici smentisce il purgatorio!

[1183]1 Cor. 3:10-15

[1184]Matt. 12:32

[1185]Mar. 3:29

[1186]Matt. 5:25,26

[1187]Bernardo Bartmann, Il Purgatorio, Milano 1934, pag. 110

[1188]Matt. 5:23,24

[1189]Zacc. 9:11

[1190]Zacc. 8:7,8

[1191]Giov. 3:36

[1192]Mar. 16:16

[1193]Cfr. Prov. 28:13

[1194]Luca 23:43

[1195]Gal 6:5

[1196]Sal. 49:7

[1197]E’ inevitabile che questo suffragio in favore delle anime che sono nel purgatorio favorisca i ricchi e sfavorisca i poveri. La ragione è perché i ricchi riescono, lasciando molti soldi ai preti o avendo dei parenti e degli amici ricchi, ad avere molte messe in loro favore e così avranno la possibilità di uscire dal purgatorio prima di quelli che sono poveri e non hanno lasciato nulla o che hanno i parenti così poveri da non potere fargli dire molte messe. Per cui chi è più agiato ha la speranza di passare in purgatorio meno tempo del disagiato, anche se magari meritava di rimanerci più a lungo!! Non è forse questa una cosa tra le tante che fa capire chiaramente come il purgatorio ed il suffragio della messa non possono essere veri perché altrimenti risulterebbe che Dio è ingiusto? Nessuno poi vi tragga in inganno dicendo che la messa il prete la dice anche per i poveri, perché in realtà i ricchi continuano ad essere favoriti dai preti per quel che concerne il cosiddetto suffragio.

[1198]Vedi le ragioni per cui non lo sono nella sezione dedicata ai libri apocrifi.

[1199]Pastor Chiniquy, Fifty years in the Church of Rome, (Cinquant’anni nella Chiesa di Roma) London 1908, pag. 39-42

[1200]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 166,170

[1201]Giov. 5:24

[1202]Giov. 3:18

[1203]Giov. 3:18

[1204]Giuseppe Perardi, op. cit. pag. 241

[1205]In questa maniera la chiesa cattolica si contraddice perché il concilio Laterano del 1215 ha imposto la confessione di tutti i peccati e non solo di una parte; e poi perché questi peccati di ‘seconda categoria’ che secondo loro non privano l’anima della grazia di Dio sono degni della punizione divina perché coloro che li commettono senza averli espiati sulla terra li devono espiare in purgatorio con atroci sofferenze. Quindi, la chiesa romana non reputa indispensabile la confessione dei peccati veniali al prete che fa le veci di Dio e poi afferma che per essi si dovrà penare nel purgatorio; il che vuole dire che essa dichiara non grave ciò che Dio punisce con la sua ira! Ma se Cristo avesse veramente istituito la confessione al prete e ci fosse veramente il purgatorio, non sarebbe un controsenso non obbligare le anime a confessare anche i peccati veniali? Non sarebbe tutto ciò un andare contro gli interessi delle anime che possono morire con dei peccati veniali non perdonati?

[1206]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 240

[1207]Ibid., pag. 238. Il fatto è però che il penitente anche dopo averne fatto la confessione al prete anche se non va all’inferno, se ne va sempre in un luogo di tormenti atroci quale è il purgatorio. Una domanda quindi si impone a questo punto: come è mai possibile che la chiesa romana che si vanta di avere le chiavi del regno dei cieli, perché possiede il successore di Pietro e i successori degli apostoli che la guidano, non può fare evitare il purgatorio, che è un luogo di tormenti, a coloro che si confessano e fanno ciò che essa gli dice? Come è possibile che queste cosiddette chiavi riuscirebbero a fare scampare dall’inferno ma non dal purgatorio? Non è forse questo una prova di quanto sia inefficace questo potere delle chiavi?

[1208]Concilio di Trento, Sess. XIV, can. 12

[1209]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 241. Anche tra i peccati mortali ci sono quelli più gravi e quelli meno gravi; ma su questa loro distinzione non mi soffermerò per non dilungarmi troppo. Mi limito a dire che essa è arbitraria e denota quanta ignoranza della Scrittura ci sia tra i teologi papisti.

[1210]Enciclopedia Ecclesiastica, vol. 1, pag. 533

[1211]Enciclopedia Cattolica, vol. 8, 703. Non c’é quindi da meravigliarsi un gran che se in questa nazione così cattolica la bugia è un costume e non è considerata un peccato: la bugia cosiddetta giocosa per esempio è molto diffusa perché a tutti piace mentire per farsi beffe del prossimo; anche la bugia cosid­detta ufficiosa è molto diffusa difatti tanti mentono per scusar­si e per nascondere certe cose, e tanti mentono ai bambini sin dalla loro tenera età per non fargli fare certe cose o per far­gliene fare altre; e tutto questo perché queste menzogne vengono considerate bugie leggere ovvero peccati veniali.

[1212]1 Giov. 3:4

[1213]Rom. 3:23

[1214]Rom. 5:19

[1215]Sal. 51:5

[1216]Ef. 2:3

[1217]Rom. 7:8,9

[1218]Ebr. 9:13,14

[1219]Atti 3:19

[1220]Se Gesù avesse creduto che il battesimo cancella automaticamente i peccati di chi lo riceve certamente lo avrebbe imposto anche lui ai neonati e non lo avrebbe prescritto solo a coloro che avrebbero creduto in lui. Il fatto dunque che Gesù lo abbia comandato solo per coloro che hanno creduto in lui esclude che lui gli attribuisse l’importanza e l’efficacia che gli attribuiscono i teologi papisti, e difatti per Gesù era la fede che salvava l’uomo dal peccato e non il rito del battesimo.

[1221]1 Giov. 1:9

[1222]Prov. 28:13

[1223]Rom. 3:4

[1224]Sal. 51:7

[1225]La chiesa cattolica attribuisce all’acqua benedetta da lei usata sui suoi battezzati il potere di cancellare ogni peccato e ogni pena dovuta per essi infatti afferma che il battesimo toglie ‘il peccato originale e gli attuali se vi sono, con ogni debito di pena per essi dovuta’ (Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 454); questo perché secondo lei quell’acqua ha ricevuto da Dio la potenza dello Spirito Santo di cancellare ogni macchia dall’uomo. E per questo essa afferma che se un adulto muore subito dopo il battesimo egli se ne va direttamente in paradiso. Ma allora noi diciamo: ‘Perché mai un credente dopo essere stato asperso con il sangue benedetto di Cristo Gesù al momento della sua conversione e dato che viene con esso lavato continuamente dai suoi peccati non dovrebbe avrebbe in ogni istante della sua vita la certezza di andare subito in paradiso?’ Forse perché il sangue di Gesù non ha lo stesso potere di cancellare appieno i peccati del cristiano ed ogni pena dovuta per essi come invece ce l’ha la sua cosiddetta acqua santa? Se è così, ciò significa che la sua acqua ‘santa’ è più potente del sangue di Gesù, perché essa è in grado di cancellare ogni debito di pena, mentre il sangue di Cristo no! Ma no, le cose non stanno affatto così, perché quell’acqua del prete non ha alcun potere di purificare il peccatore dai suoi peccati perché questo ce lo ha solo il sangue di Gesù. E’ nel suo sangue che c’è la remissione dei peccati e non nell’acqua battesimale della chiesa papista. Il sangue di Gesù sì dà la certezza di andare in paradiso subito, ma la sua acqua ‘santa’ no.

[1226]Giac. 2:10

[1227]Gal. 3:10

[1228]1 Giov. 5:17

[1229]Giac. 1:15

[1230]Matt. 6:12

[1231]1 Giov. 5:16

[1232]Ebr. 10:26,27

[1233]Ebr. 6:4-6

[1234]Mar. 3:29

[1235]Es. 20:15

[1236]Rom. 6:23

[1237]Ef. 4:25

[1238]Prov. 12:22

[1239]Prov. 26:18,19

[1240]E’ chiaro che anche nel caso tutti i peccati fossero stati considerati mortali dalla teologia romana per cui dovevano essere obbligatoriamente confessati al prete, le cose non sarebbero state migliori, perché quantunque quelli che sono definiti i veniali fossero stati reputati degni di castigo eterno pure avrebbero dovuto essere sempre confessati ad un uomo che non ha per nulla il potere di rimetterli.

[1241]Giov. 8:24

[1242]Luca 13:3

[1243]Cfr. 2 Maccabei 12:41,42

[1244]Agostino di Ippona, Le Confessioni, Lib. IX, cap. XIII

[1245]Cfr. Agostino, op. cit., Lib. IX, cap. XIII

[1246]Agostino di Ippona, La Città di Dio, Lib. XXI, cap. 24,2

[1247]1 Tim. 2:1,2

[1248]Rom. 10:1

[1249]Nella realtà Maria è più importante di Gesù per i Cattolici. Si consideri, tra le altre cose, che qui a Roma su 580 luoghi di culto della chiesa cattolica (quelli citati su Tuttocittà ‘97) ben 133 sono dedicati esclusivamente a Maria, mentre solo 33 sono dedicati esclusivamente a Gesù (incluso Corpus Domini e SS. Sacramento).

[1250]Bernardo Bartmann, Manuale di Teologia Dogmatica, vol. II, pag. 168

[1251]Bolla Ineffa­bilis Deus dell’8 dicembre 1854

[1252]Sal. 51:5

[1253]Rom. 3:23

[1254]E’ da notare che Tommaso d’Aquino, uno dei sommi dottori della chiesa romana (su cui è basata molta della sua teologia), era nettamente contrario all’immacolata concezione. Ecco quanto egli dichiarò: ‘Il corpo della Vergine fu concepito nel peccato originale e perciò contrasse quei difetti’ (Tommaso d’Aquino, La Somma Teologica, III, q.14).

[1255]Luca 1:46,47

[1256]Bernardo Bartmann, op. cit., pag. 169

[1257]Gal. 3:22

[1258]Cfr. Luca 2:22-24

[1259]Lev. 12:8

[1260]Rom. 3:23

[1261]Bernardo Bartmann, op. cit., pag. 174. La Scrittura dice invece che solo Gesù fu tentato senza però mai peccare (Cfr. Ebr. 4:15) e che “se diciamo di non aver peccato, lo facciamo bugiardo, e la sua parola non è in noi” (1 Giov. 1:10). I teologi papisti dicendo che Maria non peccò mai durante la sua vita mentono e fanno Dio bugiardo.

[1262]Rom. 5:12

[1263]1 Cor. 15:56

[1264]Bernardo Bartmann, op. cit., pag. 157

[1265]Giov. 1:3

[1266]Luca 1:43

[1267]1 Cor. 8:6

[1268]Fil. 2:9-11

[1269]Matt. 2:11

[1270]Luca 11:27,28

[1271]Luca 1:48,49

[1272]Bernardo Bartmann, op. cit., pag. 163

[1273]Matt. 1:24,25

[1274]Amatulli Flaviano nel suo libro innanzi citato per spiegare ai Cattolici che queste parole di Matteo non vogliono dire che dopo che Maria partorì Gesù, ella ebbe relazioni carnali con Giuseppe dice: ‘Rispetto a questa maniera di esprimersi, ecco un altro esempio, preso dalla Bibbia: E Mical, figlia di Saul, non ebbe figli fino al giorno della morte di Davide (2 Sam 6,23). Che vuol dire ciò? Che dopo la morte di Davide ebbe figli? Evidentemente no’ (pag. 192). Ma costui ha citato male le parole della Scrittura perché la Scrittura non dice fino alla morte di Davide ma fino alla morte di Mical infatti il testo dice: “E Mical, figlia di Saul, non ebbe figliuoli fino al giorno della sua morte”. Quindi Mical non ebbe figli fino alla sua morte. Alcuni esempi tratti dalla Bibbia che ci mostrano invece che il significato delle parole di Matteo è quello che gli diamo noi, sono i seguenti. Gesù prima di dipartirsi disse ai suoi: “quant’è a voi, rimanete in questa città, finché dall’alto siate rivestiti di potenza” (Luca 24:49). Questo significa che dopo che sarebbero stati rivestiti di potenza potevano dipartirsi da Gerusalemme, il che noi sappiamo poi avvenne. Negli Atti è scritto che più di quaranta Giudei si recarono dai capi sacerdoti e dagli anziani e dissero loro: “Noi abbiam fatto voto con imprecazione contro noi stessi, di non mangiare cosa alcuna, finché non abbiam ucciso Paolo” (Atti 23:14). Questo significa che dopo che l’avrebbero ucciso avrebbero ripreso a mangiare regolarmente.

[1275]Luca 2:7

[1276]Mar. 6:1-3

[1277]Mar. 3:31

[1278]Giov. 7:5

[1279]Atti 1:14

[1280]1 Cor. 9:5

[1281]Gal. 1:18,19

[1282]Sal. 69:8

[1283]Gen. 13:8

[1284]Gen. 14:16

[1285]Col. 4:10

[1286]1 Cor. 9:5

[1287]Corriere della Sera, 22.5.97, pag. 15

[1288]Marco 16:9,10

[1289]Giov. 20:16,17

[1290]Concilio Vaticano II, Sess. V, cap. VIII

[1291]Cfr. 1 Cor. 15:20-23

[1292]Concilio Vaticano II, Sess. V, cap. VIII

[1293]Matt. 11:28

[1294]Atti 7:59

[1295]1 Tim. 2:5

[1296]Is. 44:6

[1297]Giov. 14:6

[1298]Ebr. 7:25

[1299]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 139

[1300]P. Pasquale Lorenzin O.F.M, Teologia dogmatica, Verona 1968, vol. II, pag. 505

[1301]Pasquale Lorenzin, op. cit., pag. 506

[1302]Ecc. 9:5

[1303]Giov. 14:13,14

[1304]Giov. 16:23,24

[1305]Col. 3:17

[1306]1 Giov. 2:1

[1307]Luca 1:28

[1308]Matt. 6:7,8

[1309]Matt. 6:9-13

[1310]Cfr. Ef. 1:15-19; 3:14-19; Fil. 1:9-11; Col. 1:9-12; 2:1-3; 2 Tess. 1:11,12

[1311]Cfr. Rom. 8:26,27; Ef. 6:18; Giuda 20

[1312]Gen. 3:15

[1313]Rom. 16:20

[1314]Pasquale Lorenzin, op. cit., pag. 499-500

[1315]Luca 19:10

[1316]Giov. 10:9

[1317]Giov. 12:47

[1318]1 Tim. 1:15

[1319]Atti 4:12

[1320]Giov. 20:28

[1321]Agostino di Ippona, Della Santa Verginità, Parte prima, sezione prima, VI

[1322]Giov. 19:27

[1323]Gal. 4:26,27

[1324]1 Piet. 3:4

[1325]1 Piet. 3:5,6

[1326]Giov. 19:26

[1327]Giov. 19:27

[1328]Giov. 19:27

[1329]Alfonso Maria De Liguori, Le glorie di Maria, Roma 1944, pag. 15

[1330]Alfonso de Liguori, op. cit., pag. 28

[1331]Ibid., pag. 31

[1332]Ibid., pag. 206,207

[1333]Ibid., pag. 282

[1334]Alfonso dei Liguori dopo la sua morte, e precisamente nel 1839, è stato pure canonizzato santo da Gregorio XVI, il che conferma che per essere canonizzati santi dal papa è necessario essere stati degli idolatri sulla terra.

[1335]Matt. 4:10

[1336]Questo termine è presente in questo versetto: ‘L’ora viene che chiunque v’ucciderà, crederà di offrir servigio (latreia) a Dio” (Giov. 16:2).

[1337]Luca 1:28-38

[1338]Luca 1:41-56

[1339]Matt. 1:19-25

[1340]Cfr. Luca 2:1-7

[1341]Matt. 2:6; Mic. 5:1

[1342]Cfr. Luca 2:8-18

[1343]Luca 2:19

[1344]Cfr. Matt. 2:9

[1345]Matt. 2:11,12

[1346]Cfr. Matt. 2:13-23

[1347]Luca 2:43

[1348]Cfr. Luca 2:44-47

[1349]Luca 2:48,49

[1350]Giov. 2:3,4

[1351]Giov. 2:5

[1352]Mar. 3:32-35

[1353]Giov. 19:26,27

[1354]Atti 1:12-14

[1355]Concilio di Trento, Sess. XXV

[1356]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 282

[1357]Concilio di Trento, Sess. XXV

[1358]Ap. 8:3,4

[1359]2 Maccabei 15:12 (Bibbia, Torino 1971)

[1360]Agostino di Ippona, La città di Dio, lib. XXII, cap. VIII

[1361]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 284.

[1362]Dizionario Ecclesiastico, Torino 1958, pag. 114

[1363]Enciclopedia Cattolica, vol. 9, 988, 989

[1364]Dizio­nario Ecclesiastico, pag. 115

[1365]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 141

[1366]Ibid., pag. 141

[1367]Ibid., pag. 141-142

[1368]Lo ha dichiarato tale Pio IX. Ecco il decreto che ha sancito questa ennesima impostura papale: ‘Commosso per la turpissima e luttuosa condizione delle cose, il Santissimo nostro Signore, Pio papa IX, onde soddisfare ai voti dei Sacri Prelati, e affidare sé stesso ed i fedeli tutti al potentissimo patrocinio del Patriarca San Giuseppe, solennemente lo ha dichiarato Patrono della Cattolica Chiesa’ (Decret. ‘Quemadmodum Deus’ della Congr. dei SS. RR. 8 Dicembre 1870).

[1369]Ibid., pag. 285

[1370]2 Re 13:20,21

[1371]Atti 19:11,12

[1372]Agostino di Ippona, La Città di Dio, Libro XXII, cap. IX, X

[1373]Ger. 23:32

[1374]Fil. 4:6

[1375]Sal. 50:15

[1376]Ger. 29:12

[1377]1 Tim. 2:5

[1378]Giov. 14:13

[1379]Giov. 16:23,24

[1380]Giov. 15:16

[1381]Eccl. 9:5

[1382]Is. 63:16

[1383]Cfr. 1 Tim. 2:5

[1384]2 Tess. 3:3

[1385]Is. 51:22

[1386]Cfr. 1 Piet. 5:7

[1387]Ebr. 10:10

[1388]Sul fatto degli almeno quattro miracoli che il morto deve fare per essere dichiarato santo parlerò in appresso, qui mi limito a dire che si tratta dell’ennesima impostura papale.

[1389]Concilio di Costanza, Sess. VIII

[1390]A riguardo della beatificazione di qualcuno che precede la sua canonizzazione va detto che per essa viene inoltrata una richiesta alla Congregazione delle cause dei santi da parte dei Cattolici di una diocesi quando presso di loro esiste la convinzione che quella persona morta in fama di santità è oramai in cielo e là prega per loro. Si capisce da questo che il presunto santo non può essere subito dichiarato beato in cielo perché prima deve passare un periodo di tempo più o meno lungo nel purgatorio a soffrire. Non si capisce però in base a quale criterio dopo un certo tempo dalla sua morte certe persone cominciano a sentire che egli sia entrato finalmente in paradiso. E’ di questi giorni la notizia che Giovanni Paolo II ha fretta di beatificare Maria Teresa di Calcutta, morta pochissimi giorni fa; la vorrebbe beatificare infatti per il Giubileo. Ma affinché questo avvenga occorre saltare qualche procedura perché il tempo che rimane è troppo breve. E così se le cose andranno come essi sperano Maria Teresa di Calcutta sarà dichiarata beata ancora prima di altri, morti decenni prima di lei e che sono in attesa di essere beatificati! Noi credenti però sappiamo che affinché qualcuno morto in Cristo sia dichiarato beato non abbiamo bisogno di aspettare giorni, mesi, anni, o secoli, perché più di millenovecento anni fa lo Spirito Santo dichiarò beati tutti i credenti in Cristo Gesù che muoiono infatti Giovanni dice: “E udii una voce dal cielo che diceva: Scrivi: Beati i morti che da ora innanzi muoiono nel Signore. Sì, dice lo Spirito, essendo che si riposano dalle loro fatiche, poiché le loro opere li seguono” (Ap. 14:13) e questo perché essi entrano subito nel paradiso di Dio che è in cielo. Ma i Cattolici romani che muoiono nei loro peccati non sono per nulla beati perché se ne vanno nell’Ades nei tormenti. Ma la curia romana fa credere ai suoi seguaci che essi sono felici! Che inganno, che illusione, che impostura!

[1391]Sal. 34:7 (Diod.)

[1392]Sal. 91:11. Naturalmente sapere questo non autorizza nessuno a invocare gli angeli perché essi sono agli ordini di Dio e ubbidiscono alla sua parola. Ricordatevi che Davide credeva che gli angeli lo proteggevano ma egli nelle sue distrette si rivolgeva solo a Dio.

[1393]Sal. 91:9-11

[1394]Sal. 121:5-8

[1395]Sal. 103:3

[1396]Ger. 17:14

[1397]Sal. 50:15

[1398]Sal. 34:6

[1399]1 Cor. 1:2

[1400]1 Cor. 3:16

[1401]Mar. 6:20

[1402]Cfr. Luca 1:15

[1403]Mar. 6:29

[1404]Atti 8:2

[1405]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 285

[1406]Ibid., pag. 604. Facciamo notare che insegnando questa dottrina sull’invocazione degli angeli i teologi papisti si mettono contro il concilio di Laodicea della seconda metà del IV secolo il quale decretò: ‘Non bisogna che i cristiani abbandonino la Chiesa di Dio e invochino gli Angeli’ (Non oportet cristianos, ecclesia Dei relicta, abire at Angelos nominare).

[1407]Zacc. 1:12,13

[1408]Sal. 34:7 (Diod.)

[1409]Cfr. Sal. 91:11

[1410]Col. 2:18

[1411]Ap. 22:8,9

[1412]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 282

[1413]Concilio di Nicea II (787).

[1414]Enciclopedia Cattolica, vol. 4, 1062

[1415]Ibid., vol. 4, 959

[1416]Tommaso d’Aquino, La Somma Teologica, III, q. 25

[1417]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 288

[1418]Ibid., pag. 287-288

[1419]Concilio di Nicea II; in Decisioni dei Concili Ecumenici, Torino 1978, pag. 204

[1420]Tommaso d’Aquino, op. cit., III, q. 25

[1421]Es. 20:4-6

[1422]Matt. 4:10

[1423]Giov. 4:23,24

[1424]Es. 20:5

[1425]Cfr. 1 Giov. 5:21

[1426]Cfr. 1 Cor. 10:14

[1427]1 Cor. 10:6,7

[1428]Ireneo, Contro le Eresie, Lib. I, cap. 25,6

[1429]Es. 25:18

[1430]Num. 21:8

[1431]2 Re 18:4

[1432]1 Cor. 10:20

[1433]Prov. 21:30

[1434]Luca 24:51,52

[1435]Matt. 4:10

[1436]Ez. 8:7-11

[1437]Ap. 13:11-15

[1438]Es. 32:7,8

[1439]Deut. 4:15-18

[1440]Deut. 16:21

[1441]Deut. 27:14,15

[1442]Sal. 135:15-18

[1443]Is. 44:9-20

[1444]Ger. 10:8-10, 13-15

[1445]Il pellegrinaggio è un rito religioso presente anche nell’Islam, nel Buddismo e nell’Induismo. Maometto impone ai suoi seguaci di recarsi in pellegrinaggio a Medina, ma soprattut­to alla Mecca. E Buddha impone ai suoi seguaci di compiere quattro pellegrinaggi ai luoghi principali della sua carriera mortale che sono il suo villaggio natale, il luogo dove ricevette ‘la rivelazione’, quello dove iniziò a predicare ed infine il villaggio dove morì. Per gli Induisti ci sono alcuni fiumi sacri, tra questi quello più importante è il Gange; per loro tuffarsi in esso o semplicemente costeggiarlo significa assicurarsi la beatitudine eterna; per questo si spostano da luoghi lontani per recarsi a questo fiume.

[1446]Deut. 16:16

[1447]Luca 2:41

[1448]Luca 2:42

[1449]Atti 2:5

[1450]Giov. 4:21,23,24

[1451]Matt. 18:20

[1452]Ebr. 12:22

[1453]Is. 57:10

[1454]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 143-144

[1455]Mal. 4:2

[1456]Il termine italiano epifania deriva dal greco epiphaneia che significa ‘apparizione’ e che nel Nuovo Testamento è presente per esempio anche in questo passo: “..la grazia che ci è stata fatta in Cristo Gesù avanti i secoli, ma che è stata ora manifestata coll’apparizione (epiphaneia) del Salvator nostro Cristo Gesù” (2 Tim. 1:9,10).

Ecco in breve come ebbe origine la festa dell’epifania. Inizialmente i seguaci dello gnostico Basilide, vissuto nel II secolo, festeggiavano il battesimo di Cristo il 10 o il 6 gennaio. Essi però, facendo distinzione tra il Cristo e Gesù, sostenevano che il Cristo fosse apparso per la prima volta sulla terra al battesimo di Gesù. Per cui l’epifania (l’apparizione) di Cristo per loro coincideva con il battesimo di Gesù. Ma perché i Basilidiani scelsero di festeggiare questa festa proprio il 6 gennaio? Perché in Alessandria (Basilide era alessandrino) si festeggiava in quel giorno la nascita di Eone dalla vergine Kore e quel giorno era anche consacrato a Osiride. Così i seguaci di Basilide scelsero proprio quella data per proclamare davanti ai pagani che Cristo era il vero Essere divino apparso sulla terra. Col passare del tempo però andò a finire che la chiesa d’Oriente assunse dagli eretici, da lei combattuti, l’usanza di celebrare l’epifania, e così troviamo che essa nella prima metà del IV secolo celebrava l’epifania il 6 gennaio, collegando tra loro, in tale festa, il battesimo e la nascita di Cristo, e questo perché per la Chiesa - a differenza degli eretici denominati Gnostici - l’apparizione di Cristo sulla terra aveva avuto luogo alla nascita di Gesù; essendo Gesù il Cristo di Dio. Quindi anche l’origine dell’epifania affonda le radici nel paganesimo.

[1457]Cfr. Luca 2:1-5

[1458]Cfr. Matt. 2:1

[1459]Cfr. Luca 2:8-14

[1460]Cfr. Es. 12:1-14

[1461]Cfr. Deut. 16:9-12; Es. 19:16

[1462]Cfr. Deut. 16:13-15; Lev. 23:34

[1463]Cfr. Lev. 16:1-34

[1464]Cfr. 2 Re 25:8,9

[1465]Esd. 6:15

[1466]Cfr. Ez. 1:1-3

[1467]Prov. 16:4

[1468]Oltre a questi ci sono gli Agnus Dei, gli anelli (matrimoniali o religiosi), le ceneri quaresimali, i rami d’ulivo e le palme, le corone del rosario, e le cosiddette immagini sacre.

[1469]Enciclopedia Cattolica, vol. 1, 234

[1470]1 Giov. 1:7

[1471]Ebr. 10:22

[1472]Ebr. 13:12

[1473]Ef. 1:7

[1474]Ap. 12:11

[1475]Se questi papi hanno garantito ciò in favore degli scapolaristi come mai le autorità ecclesiastiche cattoliche non ordinano a chiunque di portare questo scapolare e così strappare in brevissimo tempo ‘alle pene del purgatorio’ tante anime? La risposta è perché esse hanno tutto l’interesse a ‘mantenere’ sempre pieno il purgatorio; per cui più anime vi stanno e per più tempo possibile, e meglio è. L’interesse naturalmente è di tipo economico, perché per le anime che sono nel purgatorio i Cattolici devono far dire le messe che sono a pagamento.

[1476]Enciclopedia Cattolica, vol. 3, 519

[1477]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 148

[1478]2 Cor. 4:13

[1479]Cfr. Gal. 6:14

[1480]Es. 20:4,5

[1481]Prov. 28:1

[1482]Sal. 91:9-11

[1483]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 84, 85, 86, 87

[1484]Giov. 6:11

[1485]Atti 27:33,35

[1486]1 Tim. 4:4,5

[1487]Sal. 50:15

[1488]Codice di diritto canonico, can. 1199

[1489]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 292

[1490]Cardinale Osio, Epist. 202, ad Enrico re di Polonia sugli eretici: citato da Luigi Desanctis in Compendio di controversie, pag. 59

[1491]Le parole esatte del salvacondotto dicevano: ‘Omni prorsus impedimento remoto, transire, stare, morari, et redire libere permittatis’.

[1492]Citato da Richard Frederick Littledale in Plain reasons against joining the church of Rome, (Chiare ragioni contro l’unirsi alla chiesa di Roma), London 1886, pag. 128

[1493]Va fatto notare che il concilio di Trento, dopo avere offerto il salvacondotto ai Protestanti, dicendo che essi potevano venire liberamente nella città di Trento, rimanere in essa fare proposte, parlare trattare e discutere con lo stesso sinodo qualsiasi argomento, con l’assicurazione che sarebbero state prese tutte le precauzioni per salvaguardare le loro vite, affermò quanto segue: ‘Esclusa, inoltre, qualsiasi frode ed inganno, con la più sincera buona fede promette che il sinodo non cercherà alcuna occasione, palesemente o di nascosto, e non farà uso, in nessun modo, della sua autorità, del suo potere, di qualche suo diritto o statuto o privilegio di leggi e canoni o di qualsiasi concilio, specie quelli di Costanza e di Siena, che possa riuscire di qualche pregiudizio a questa fede pubblica, a questa solenne assicurazione e alla pubblica e libera udienza; e non permetterà che alcuno se ne serva, derogando per questa volta a tutte quelle disposizioni’. (Sottolineature mie. Sess. XV del 25 Gennaio 1552). In questa maniera esso non condannò la infame decisione di Costanza di annullare il salvacondotto del re a Huss, ma disse solo che questa volta il concilio si sarebbe astenuto di appoggiarsi su leggi statuti o canoni di qualsiasi concilio, specialmente del concilio di Costanza, che permettevano al concilio di rompere fede agli eretici per il bene della chiesa. Giudicate da voi stessi le parole di quel concilio.

[1494]Enciclica ‘Non abbiamo bisogno’ in Tutte le encicliche dei sommi pontefici, vol. 1, Milano 1979, pag. 973

[1495]Ibid., pag. 973

[1496]Matt. 5:33-37

[1497]Lev. 19:12

[1498]Deut. 10:20

[1499]Matt. 5:34

[1500]Giac. 5:12

[1501]Matt. 23:22

[1502]Gal. 1:20

[1503]Rom. 1:9

[1504]2 Cor. 1:23

[1505]Matt. 5:34

[1506]Fil. 4:9

[1507]Ebr. 6:16

[1508]Ebr. 6:17,18

[1509]Ebr. 7:21

[1510]Ebr. 6:15

[1511]Matt. 5:34

[1512]Giac. 5:12

[1513]Num. 30:2

[1514]Sal. 15:1,2,4

[1515]Lev. 19:12

[1516]Mal. 3:5

[1517]Ger. 5:2,3

[1518]Jean-Louis Bruguès, Dizionario di morale cattolica, Bologna 1994, pag. 122

[1519]Matt. 5:38-41

[1520]Is. 53:7

[1521]Cfr. Giov. 18:22

[1522]Cfr. Matt. 27:27-31

[1523]Matt. 26:52

[1524]Decretal. Tit. XLIX De imm. Eccl. cap. 4. Non minus

[1525]Urbano VIII p., Bolla del 5 Giugno 1641

[1526]Felice Potestà, Exam. Eccl. tom. 1, part. 2, De primo praec. Decal. cap. 4

[1527]Ancora prima della stipulazione del Concordato la chiesa cattolica usufruiva di esenzioni fiscali. La disposizione contenuta nell’art. I n. I r.d. 13 febbraio 1927, n. 124. accordava l’esenzione dall’imposta sui celibi ai sacerdoti cattolici ed ai religiosi che avessero pronunciato i voti di castità.

[1528]Nel Nuovo Concordato del 1984 in materia di esenzioni fiscali le cose sono rimaste sostanzialmente invariate infatti l’art. 7 dice che ‘agli effetti tributari gli enti ecclesiastici aventi fine di religione o di culto, come pure le attività dirette a tali scopi, sono equiparati a quelli aventi fine di beneficenza o di istruzione’. Va segnalato però che lo stesso articolo dice subito dopo che ‘le attività diverse da quelle di religione o di culto, svolte dagli enti ecclesiastici, sono soggette, nel rispetto della struttura e della finalità di tali enti, alle leggi dello Stato concernenti tali attività e al regime tributario previsto per le medesime’. La chiesa cattolica gode tuttora di svariate esenzioni fiscali anche in questa nazione.

[1529]Matt. 17:26

[1530]Gen. 47:26. Dato che le esenzioni tributarie concesse ai beni e agli ecclesiastici della chiesa cattolica sono da quest’ultima ritenute di diritto divino non è ammesso dire che esse trovano la loro origine nella legge civile. Pio IX (il papa che volle farsi dichiarare infallibile) condannò l’opinione secondo cui le immunità ecclesiastiche trovano la loro origine nella legge civile e che dipendono in tutto da questa, in quanto esse possono essere concesse od abrogate a discrezione dell’autorità civile, trovando il loro fondamento nel diritto positivo degli Stati. Questa sua condanna fu enunciata il 10 giugno 1851 nell’allocuzione Multiplices inter. Quindi, quando la chiesa cattolica si accinge a stipulare un concordato con uno Stato, essa ritiene che le esenzioni fiscali le sono dovute dallo Stato per diritto divino, e non che le possono essere o non essere concesse dall’autorità civile. In altre parole lo Stato ha il dovere di concedere questi privilegi fiscali alla chiesa cattolica perché Dio ha stabilito così! 

[1531]Matt. 22:21

[1532]Rom. 13:7

[1533]Matt. 17:27

[1534]Jean-Marie Aubert, op. cit., pag. 405

[1535]Es. 20:15

[1536]Prov. 6:30

[1537]Prov. 6:31

[1538]Prov. 20:17

[1539]Ef. 4:28

[1540]2 Cor. 8:12

[1541]Matt. 22:39

[1542]Rom. 13:10

[1543]Cfr. Matt. 7:12

[1544]Matt. 5:14-16

[1545]Luca 5:16

[1546]Matt. 14:23

[1547]Amatulli Flaviano, op. cit., pag. 166.

[1548]Cant. 1:10

[1549]Luc. 15:22

[1550]1 Tim. 2:9,10

[1551]1 Piet. 3:3-5

[1552]Ez. 7:20

[1553]Amatulli Flaviano, op. cit., pag. 178. Come mai invece le ‘usanze’ che si trovano nella loro tradizione e non nella Bibbia, secondo il magistero romano, si devono osservare? La risposta non può essere che questa: ‘Perché la tradizione è più importante della Bibbia’.

[1554]Cfr. 1 Cor. 11:15,6,14. Ci sono delle donne con i capelli da uomo, che nel vedere degli uomini con la chioma, esclamano: ‘Vedi quell’uomo? Sembra una donna!’; ma si dimenticano che loro stesse agli occhi di coloro che temono Dio sembrano più degli uomini che delle donne.

[1555]Cfr. 1 Cor. 11:10

[1556]Cfr. 1 Cor. 11:5

[1557]Cfr. Deut. 22:5

[1558]Cfr. 1 Tim. 2:11,12

[1559]Cfr. Luca 8:2,3

[1560]Amatulli Flaviano, op. cit., pag. 182

[1561]Rino Fisichella, op. cit., pag. 423

[1562]1 Cor. 3:16,17

[1563]1 Cor. 6:19,20

[1564]Amatulli Flaviano, op. cit., pag. 155

[1565]Cfr. 2 Sam. 6:16-23

[1566]Es. 32:19

[1567]Jesus, Febbraio 1997, pag. 85

[1568]Concilio di Firenze, Sess. XI del 4 Febbraio 1442

[1569]Alleluja, Marzo-Aprile 1976, pag. 4-5

[1570]Nella Bibbia edizioni Paoline del 1990 nella nota di Atti 15:13-21 si legge infatti che per fornicazione si intende ‘i matrimoni tra consanguinei’. Il fatto quindi che essi ritengono decaduta anche l’ingiunzione di non sposarsi parenti stretti spiega il perché la chiesa cattolica ritiene che un nipote si può sposare sua zia, cosa questa condannata dalla legge di Dio (cfr. Lev. 18).

[1571]Cfr. Atti 11:19-21

[1572]Cfr. Atti 13:43,48

[1573]Cfr. Atti 14:1

[1574]Riteniamo comunque che anche lo sposarsi la propria sorella o la propria zia o nipote significa trasgredire la Parola di Dio.

[1575]Atti 15:28

[1576]Cfr. Atti 15:23

[1577]Atti 16:4

[1578]Cfr. Ap. 2:20

[1579]Cfr. Ap. 2:14

[1580]Cfr. Ap. 1:4,11

[1581]1 Cor. 8:7

[1582]1 Cor. 10:20

[1583]Cfr. 1 Cor. 10:23-30

[1584]1 Cor. 10:25,27

[1585]L’Osservatore Romano 27 Aprile 1985

[1586]L’Osservatore Romano, 24 Ottobre 1996

[1587]Gen. 2:7,15-17,19,20

[1588]Gen. 3:19

[1589]Gen. 1:26

[1590]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 36

[1591]Gen. 1:5,8,13,19,23,31

[1592]Es. 20:9-11

[1593]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 164

[1594]Vedi la parte nella tradizione dove parlo di questo loro rigetto del millennio (accettato però da diversi loro cosiddetti padri).

[1595]Pasquale Lorenzin, Teologia Dogmatica, vol. II, pag. 789, 790

[1596]Faccio presente che questa dottrina è la ‘sentenza più comune’, a suo tempo sostenuta anche da Tommaso d’Aquino.

[1597]Agostino di Ippona, La città di Dio, Lib. XX, cap. 20, 2

[1598]1 Tess. 4:15-17

[1599]1 Cor. 15:52

[1600]Ap. 20:4-6

[1601]Cfr. Ap. 20:7-15

[1602]Pasquale Lorenzin, op. cit., pag. 792

[1603]Agostino di Ippona, La Città di Dio, Lib. XX, cap. 14

[1604]2 Piet. 3:10-13

[1605]Matt. 24:35

[1606]Ap. 21:1

[1607]Tra cui ci sono questo cielo e questa terra.

[1608]2 Cor. 4:18

[1609]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 375. Il concilio di Trento ha affermato che le tradizioni non scritte ‘raccolte dagli apostoli dalla bocca dello stesso Cristo e dagli stessi apostoli, sotto l’ispirazione dello Spirito Santo, tramandate quasi di mano in mano, sono giunte fino a noi’ (Sess. IV, primo decreto).

[1610]Per concilio si intende un’assemblea dei prelati della chiesa cattolica, convocati per definire questioni di fede, morale e disciplina ecclesiastica. Anticamente era chiamato anche ‘sinodo’, e secondo il diritto canonico può essere di tre tipi: provinciale, se contempla il raduno dei vescovi ordinari di una sola provincia ecclesiastica; plenario, se accoglie vescovi di più provincie; ecumenico (il termine deriva da una parola greca che significa ‘terra abitata’) o universale, quando l’assemblea è costituita dai ‘vescovi di tutta la chiesa che, convocati dal papa e da lui presieduti (o da un suo legato) deliberano intorno ad affari che interessano l’intera comunità’. A proposito di questi ultimi va detto che i primi sette concili ‘ecumenici’ vale a dire quelli di Nicea I (325), Costantinopoli 1 (381), Efeso (431), Calcedonia (451), Costantinopoli II (553), Costantinopoli III (680-681) e Nicea II (787), furono convocati dall’imperatore e non dal vescovo di Roma e i vescovi di Roma in essi non ricoprivano nessuna posizione di preminenza nei confronti degli altri vescovi. Questi concili sono riconosciuti ‘ecumenici’ sia dalla chiesa cattolica romana che dalla chiesa ortodossa. Gli altri concili ‘ecumenici’ sono quelli di Costantinopoli IV (869-870), Lateranense I (1123), II (1139), III (1179), IV (1215), Lione I (1245) e II (1274), Vienna di Francia (1311-1312), Costanza (1414-1418), Basilea-Ferrara-Firenze (1431-1443), Lateranense V (1512-1517), Trento (1545-1563), Vaticano I (1869-1870), Vaticano II (1962-1965). Questi non sono però riconosciuti come ecumenici dalla chiesa ortodossa ma solo da quella latina. Ci sono però degli storici e teologi papisti che non condividono l’ecumenicità di alcuni di questi.

[1611]Ibid., pag. 377. Si tenga presente che la tradizione per la chiesa cattolica romana è necessaria alla salvezza perché come abbiamo visto per essa la Bibbia non contiene tutto ciò che è necessario alla salvezza. Ma si tenga altresì ben presente che gli scritti dei cosiddetti padri, gli atti dei concili, le bolle dei papi formano una serie di centinaia di grossi volumi, il che significa che uno per essere salvato dovrebbe andare a leggersi tutta questa serie di grossi volumi per conoscere la tradizione. Ma il fatto è che ammettendo pure che uno si vada a leggere tutti quei grossi volumi per accertarsi della tradizione alla fine si troverà davanti a ostacoli insormontabili perché troverà, come abbiamo già visto in parte quando abbiamo parlato dei papi e come vedremo fra poco, un mucchio di contraddizioni fra i papi, i cosiddetti padri e i concili, prove queste che la tradizione non si può mettere allo stesso livello della sacra Scrittura.

[1612]Ibid., pag. 375-376. Nei fatti però la tradizione è ritenuta superiore alla sacra Scrittura. Ecco per esempio cosa disse il cardinale Baronio: ‘Or la tradizione, essendo la base delle Scritture, se ciò si sconvolge, tutto l’edificio va in rovina. Chi non s’accorge di ciò? Rimanga adunque fermo, e valido, che la Chiesa di Dio, appena fondata, cominciò a riscaldarsi e a propagarsi, non tanto cogli scritti, quanto colle tradizioni apostoliche; e gli stessi fedeli sono obbligati tanto a queste, quanto lo sono a quelle, ma queste, le tradizioni, sopravanzano gli scritti, in modo che gli scritti non possono sussistere senza le tradizioni, mentre le tradizioni hanno fermezza, anche se non vi fossero gli scritti’ (Baronio, Ann. Eccl. Ann. Chr. 53, n° 11). Inoltre va detto che nella chiesa cattolica romana, secondo una bolla di Pio IV, coloro che debbono essere promossi a qualche dignità ecclesiastica devono fare una professione di fede in cui è contenuto questo articolo: ‘Ammetto ed abbraccio fermamente le tradizioni apostoliche ed ecclesiastiche, come pure tutte le osservazioni e costituzioni della santa madre Chiesa...’.

[1613]2 Tim. 3:16,17

[1614]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 376

[1615]Ibid., pag. 376

[1616]1 Cor. 11:2

[1617]2 Tess. 2:15

[1618]1 Tim. 4:11,13,16

[1619]2 Tim. 1:13,14

[1620]2 Tim. 2:1,2

[1621]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 376

[1622]John H. Newman, Lo sviluppo della dottrina cristiana, Bologna 1967, pag. 82, 83,103,104

[1623]Cfr. Matt. 15:4,5; Mar. 7:10-12

[1624]Matt. 15:7-9

[1625]Luca 12:1; cfr. Matt. 16:6-12

[1626]1 Cor. 5:6

[1627]1 Giov. 2:21

[1628]Luca 8:11

[1629]Sal. 42:7

[1630]1 Cor. 5:6

[1631]Matt. 13:39

[1632]Giov. 20:23

[1633]Giov. 14:30

[1634]Tito 3:8

[1635]Rom. 15:4

[1636]Rom. 15:4

[1637]Tito 3:8

[1638]Deut. 32:47

[1639]Deut. 17:18-20

[1640]Deut. 31:10,11

[1641]Gios. 1:8

[1642]Is. 34:16

[1643]Ger. 36:5,6

[1644]Col. 4:16

[1645]1 Tess. 5:27

[1646]Ap. 1:3

[1647]Alcuni esempi di note fuorvianti sono queste presenti nella Bibbia Ed. Paoline del 1990 (sesta ediz.). In una nota al passo: “Ma non si accostò a lei, fino alla nascita del figlio che egli chiamò Gesù” (Mat. 1:25) si legge: ‘L’espressione di Mt - intento a dimostrare il concepimento verginale di Gesù - non implica, nel linguaggio semitico, che la situazione ‘dopo’ sia cambiata’. In una nota (Gal. 1:19) che spiega chi è Giacomo, il fratello del Signore, si legge: ‘Giacomo, il fratello, cioè parente, cugino del Signore, si deve distinguere da Giacomo di Zebedeo...’. In una nota che spiega le parole di Gesù “Tu sei beato, o Simone figliol di Giona....” (Matt. 16:17-19) si legge: ‘Con linguaggio di forte sapore semitico - carne-sangue, Cefa-Pietro, porte degl’inferi, legare-sciogliere - che ne assicura la più alta antichità, Gesù promette a Pietro ch’egli sarà la roccia su cui poggerà la sua Chiesa, la quale sarà inespugnabile per le forze avverse. Pietro viene così costituito, come vicario di Gesù, fondamento e capo della Chiesa, con il potere legislativo e giudiziario. Il suo operato sarà convalidato da Dio. L’esegesi cattolica ritiene che queste promesse valgano anche per i successori di Pietro, basandosi sull’intenzione di Gesù di provvedere all’avvenire del Regno fondato da lui, che doveva sopravvivere a Pietro e divenire eterno ed universale’. In una nota che mira a spiegare le parole di Paolo ai Corinzi “sarà salvo però come attraverso il fuoco” (1 Cor. 3:15) si legge: ‘La salvezza come attraverso il fuoco denota un ottenimento stentato. Origene ha ravvisato per primo qui l’indicazione del purgatorio; a seguito di lui non pochi cattolici hanno portato questo passo a conferma di tale insegnamento della Chiesa’. A proposito del discorso di Pietro all’assemblea di Gerusalemme (Atti 15:7-11) si legge in nota: ‘Parla Pietro, come capo della Chiesa...’. In una nota sulla cena del Signore (Matt. 26:26-29) si legge: ‘L’Eucaristia è sacrificio e sacramento’. In una nota che commenta le parole di Maria all’angelo: “Come avverrà questo, perché non conosco uomo?” (Luca 1:34) si legge: ‘La domanda di Maria all’angelo non avrebbe senso se non avesse in cuore il proposito di perpetua verginità..’. Per spiegare le parole di Luca: “Diede alla luce il suo figlio primogenito” (Luca 2:7) la nota dice: ‘Lc dice Gesù primogenito e non unigenito, per preparare la scena della presentazione al tempio...’. Per spiegare la purificazione che compì Maria dopo avere partorito Gesù (cfr. Luca 2:22) in nota si legge: ‘Alla purificazione era obbligata solo la madre, Lv 12,2-8, e non vi era obbligata Maria, purissima: tuttavia l’evangelista vuole sottolineare la fedeltà all’osservanza della legge da parte dei genitori di Gesù e indicare la Città santa come punto di partenza della salvezza apportata da lui’. Sulle parole di Gesù ai suoi discepoli “a chi rimettete i peccati sono loro rimessi...” (Giov. 20:22) si legge in nota: ‘Il soffio di Gesù simboleggia il dono dello Spirito Santo e con esso la partecipazione alla potestà di Gesù di rimettere i peccati o di ritenerli, e cioè di perdonarli o no’. Per spiegare con le Scritture che Pietro pasturò la Chiesa di Roma si legge nella nota di 1 Piet. 5:13: ‘Babilonia indica certamente Roma...’. Per spiegare come fu nella Chiesa primitiva che cominciò il processo che portò all’adozione del celibato sacerdotale si legge nella nota di 1 Timoteo 3:2 che commenta il fatto che il vescovo doveva essere marito di una sola moglie: ‘Il passo può quindi documentare l’inizio di un processo che porterà rapidamente alla richiesta del celibato sacerdotale’. 

[1648]Atti 1:3

[1649]Cfr. Matt. 4:23; Luca 4:15; 5:3

[1650]Giov. 8:6

[1651]Giov. 20:30

[1652]Giov. 21:25

[1653]1 Cor. 5:9

[1654]Col. 4:16

[1655]1 Cor. 11:34

[1656]Cfr. Atti 19:9

[1657]Atti 20:7-11

[1658]Giov. 16:12,13

[1659]Cfr. Giov. 16:14,15

[1660]Atti 7:51

[1661]Ezec. 20:18

[1662]Amos 5:6 (Diod.)

[1663]Basilio, Lib. de Fid. -- regul. moral. reg. 80; citato da Luigi Desanctis in La tradizione, terza ed. Firenze 1868, pag. 19

[1664]Ambrogio, Lib. II de vocat. Gent. cap. 3 et lib. de parad. cap. 2; citato da Luigi Desanctis in op. cit., pag. 19

[1665]Girolamo, In Isaiam, VII; In Agg., I; citato da Roberto Nisbet in op. cit., pag. 28

[1666]Cipriano, Epist. 71; citato da Teofilo Gay in Arsenale antipapale, Firenze 1882, pag. 204-205

[1667]Giustino Martire, Dialogo con Trifone

[1668]Tertulliano, Contro Ermogene, cap. 22

[1669]Concilio Vaticano II, Sess. VIII, cap. II

[1670]Ap. 20:4-6

[1671]Enciclopedia Cattolica, vol. 8, 1008-1009

[1672]Ireneo, Contro le eresie, Lib. I, cap. 25,6

[1673]Atenagora, Supplica per i cristiani, Alba 1978, pag. 62

[1674]Tertulliano, De pudicitia 21

[1675]L’Enciclopedia Cattolica a tale riguardo afferma: ‘Tertulliano fu l’unico che, condotto dal suo esagerato realismo e da tesi preconcette, cedette riguardo alla verginità di Maria nel parto e dopo il parto’ (vol. 12, 1271).

[1676]Tertulliano, Contro Marcione IV, 40

[1677]Tertulliano, Apologetico, Bologna 1980, pag. 123

[1678]Tertulliano, Sull’idolatria, libro 3, IV

[1679]Tertulliano, Il battesimo, Roma 1979, pag. 162-163

[1680]Origene, Commento a Matteo 12: 10-11: citato da Fausto Salvoni in Da Pietro al papato, pag. 92

[1681]Cipriano, De catholica ecclesiae unitate c. 4-5; citato da Fausto Salvoni in op. cit., pag. 93. Va detto comunque che Cipriano nei suoi scritti parla della successione apostolica e attribuisce alla sede episcopale di Roma una certa preminenza nella Chiesa, da qui il fatto che egli contribuì notevolmente alla formulazione del primato del vescovo di Roma nella Chiesa universale.

[1682]Eusebio, Emiss. in Orat. II de Nativ.; citato da Teofilo Gay in op. cit., pag. 129

[1683]Petrus... primatum egit, primatum confessionis utique non honoris, primatum fidei non ordinis’. Ambrogio, De incarnationis dominicae sacramento IV; citato da Fausto Salvoni in op. cit., pag. 96

[1684]Ambrogio, In Psalm. 118; citato da Teofilo Gay in op. cit., pag. 129

[1685]Lactantius, The Divine Institutes (Istituzioni divine), Washington 1964, Lib. II, cap. 18, pag. 162

[1686]Jerome, Lettres, Paris 1951, pag. 171

[1687]Epiph. lib. III, Comment. II, tom. 2, Haeres 79: citato da Teofilo Gay in op. cit., pag. 136

[1688]Crisostomo, Hom. II, in Ep. Tit. cap. II; citato da Teofilo Gay in op. cit., pag. 52

[1689]Sal. 51:4

[1690]Crisostomo, Epistola a Cesario: citato da Roberto Nisbet in op. cit., pag. 79

[1691]Crisostomo, Or. 8,3 Adv. Jud.; citato da Fausto Salvoni in op. cit., pag. 95

[1692]Agostino, I due libri delle ritrattazioni, Firenze 1949, Libro primo, cap. XXI, pag. 117-118. Come si può bene vedere Agostino prima aveva asserito che la pietra era l’apostolo Pietro e poi aveva cambiato opinione dicendo che la pietra era la confessione fatta da Pietro, e lascia al lettore di scegliere tra le due interpretazioni da lui suggerite.

[1693]Agostino, Enarrationes in Psalmos 98, 9: citato da Roberto Nisbet in op. cit., pag. 79

[1694]Agostino, Il sermone del Monte, Firenze 1928, cap. XIV; pag. 48

[1695]Agostino, I Connubi adulterini, 2, 5

[1696]Agostino, I Connubi adulterini, 1, 31

[1697]Nell’Introduzione a I Connubi adulterini si legge che l’affermazione di Agostino secondo cui la separazione di cui parla Paolo (1 Cor. 7:15) non permette un nuovo matrimonio ‘pur essendo conforme alla tradizione anteriore, è contraria alla prassi posteriore della Chiesa occidentale che ha visto e vede concessa in 1 Cor. 7,15 la facoltà di passare a nuove nozze, il ‘privilegio paolino’ appunto’ (in Matrimonio e Verginità, Roma 1978, pag. 225) e in una nota all’interno del libro sull’affermazione sopra citata da Agostino (1,31) si legge: ‘Al contrario la Chiesa, applicando il privilegio paolino, considera il matrimonio sciolto a tutti gli effetti e consente una nuova unione, purché con un credente’ (in op. cit., pag. 273). Agostino quindi, in questo caso, per la chiesa cattolica non ha nessuna autorità.

[1698]Citato da Teofilo Gay in op. cit., pag. 39

[1699]Gelasio, Delle due nature

[1700]Gregorio di Nissa, Epist. II, De euntibus Hieros, Opera, III, 1010, ed. Migne

[1701]Girolamo, Le lettere, Roma 1962, vol. 2, Lettera a Paolino, pag. 94,95

[1702]Arnobio, I sette libri contro i pagani, Torino 1962, Lib. VII, 26, pag. 227

[1703]Citato da Teofilo Gay in op. cit., pag. 130

[1704]Greg. Ep. Lib. VI, 80: citato da Puaux in Anatomia del papismo, Firenze 1872, pag. 65

[1705]Gregorio, Epistolarum V, Ep. 18, PL 77, pag. 739-740; citato da Fausto Salvoni in op. cit., pag. 330

[1706]Teodoreto, Dialogus, Liber II; citato da Roberto Nisbet in op. cit., pag. 79

[1707]Vigilio, Contro Eutich. Lib. IV: citato da Luigi Desanctis in La tradizione, pag. 55

[1708]Ireneo, Contro le eresie, Lib. V, 31,2. La chiesa cattolica non accetta questa dottrina di Ireneo, perché per essa in cielo ci vanno subito (cioè senza passare dal purgatorio) coloro che sono puri di ogni colpa, che non hanno nessuna pena temporanea da scontare in purgatorio; e dopo un certo tempo quelle anime che sono andate a purificarsi in purgatorio, e perciò ambedue le categorie di anime, per essa, ci vanno prima della risurrezione corporale.

[1709]Cfr. John of Damascus, Writings - Orthodox Faith, Lib. IV, cap. 17, New York 1958, pag. 376

[1710]Origene, I Principi, Torino 1968, Libro II, 9, 7

[1711]Ser. Mat., 8; in op. cit., pag. 201

[1712]Termine greco che etimologicamente significa ‘rimettere una cosa al suo posto primitivo’, e che nella Scrittura è usato una sola volta, quando Pietro dice: “..il cielo deve tenere accolto (Gesù) fino ai tempi della restaurazione di tutte le cose... (apokatastasis)” (Atti 3:21). Superfluo dire che Pietro quando parlò dell’apocatastasi non intese dire che un giorno anche i peccatori, il diavolo, gli angeli ribelli e i demoni, saranno salvati.

[1713]Fil. 2:10

[1714]Gregorio di Nissa, L’anima e la risurrezione, Roma 1981, pag. 77

[1715]Gregorio di Nissa, op. cit., pag. 132

[1716]Ilario, La Trini­tà, Torino 1971, Lib. 10,23, pag. 539,540

[1717]Arnobio, op. cit., Libro II, 58; pag. 79

[1718]Ibid., Lib. II, 14-15; pag. 51

[1719]Dialogo con Trifone, LXXX. E’ vero che la chiesa papista dice che i giusti che muoiono non vanno subito in cielo, ma la dottrina è diversa da quella di Giustino perché secondo essa le anime dei giusti se ne vanno prima in purgatorio ad espiare le loro colpe per poi andare in cielo prima della risurrezione corporale.

[1720]Clemente Alessandrino, Il protrettico, Torino 1971, Cap VI, 72,5; pag. 142.

[1721]Clemente Alessandrino, Stromata, Torino 1985, Lib. VI, cap. 9; pag. 706

[1722]Clemente Alessandrino, op. cit., Lib. VI, 45,5: pag. 688-689

[1723]Tertulliano, L’anima, Venezia 1988, 27,1; 36,2; pag. 125,157

[1724]Enciclopedia Cattolica, vol. 12, 415

[1725]Tertulliano, op. cit., 55:3,5; pag. 207

[1726]Cfr. Tertullien, La Pudicité, Paris 1993, XIX 25,26; pag. 261

[1727]Tertulliano, Il battesimo, Roma 1979, pag. 163

[1728]Agostino, De pec. mer. et remiss. 1,24,34: citato da Bernardo Bartmann, Teologia Dogmatica, vol. III. pag. 193. Ricordo che questa dottrina è stata condannata dal concilio di Trento.

[1729]Agostino, Ep., 190, 15: citato nell’Enciclopedia Cattolica, vol. 12, 415

[1730]Enciclopedia Cattolica, vol. 12, 415

[1731]Agostino, Discorsi, Roma 1989, Discorso 354/A

[1732]Agostino, La Dignità del matrimonio, Roma 1982: pag. 100. Alla luce delle Scritture questa dottrina è falsa perché, quantunque marito e moglie non devono fare nulla per impedire il concepimento perché questo è un atto di ribellione a Dio, si fa passare la relazione carnale nell’ambito della coppia che non può avere o non può più avere figli o durante il periodo di infecondibilità come peccato quando la Scrittura non la definisce tale perché dice: “Il marito renda alla moglie quel che le è dovuto; e lo stesso faccia la moglie verso il marito” (1 Cor. 7:3).

[1733]Pio XII, Discorso alle ostetriche del 29 ott. 1951, in Civ. Catt. 1951, IV, p. 53; citato nell’Enciclopedia Cattolica alla voce ‘nascite controllo’ (vol. VIII, 1663). Cfr. Jean-Marie Aubert, Compendio della morale cattolica, Cinisello Balsamo (MI) 1989, pag. 354-355.

[1734]Atenagora, Le opere, Siena 1974, XXXIII, pag. 64. Facciamo notare a tale ri­guardo che agli occhi di Dio le seconde nozze mentre uno dei coniugi è ancora in vita sono adulterio, ma le seconde nozze dopo la morte del coniuge non costituiscono affatto adulterio come invece asseriva Atenagora.

[1735]Lactantius, The Divine Institutes, Washington 1964, Lib. 4, cap. 6: pag. 255

[1736]Lactantius, op. cit., Lib. 4, cap. 8: pag. 258-259

[1737]Ibid., Lib. 4, cap. 13: pag. 273

[1738]Ibid., Lib. 7, cap. 21: pag. 526

[1739]Girolamo, Le lettere, Roma 1962, vol. 2, pag. 37,50

[1740]Gal. 2:14

[1741]Le Opere di sant’Agostino. Le Lettere, 1969, 75, 3,4, pag. 601

[1742]Op. cit., 75, 3,10-11; pag. 613

[1743]Confutiamo le asserzioni di Girolamo. Innanzi tutto Paolo non mentì perché sempre ai Galati ha detto poco prima: “Ora, circa le cose che vi scrivo, ecco, nel cospetto di Dio vi dichiaro che non mentisco” (Gal. 1:20). E poi ricordiamo che tra il comportamento tenuto da Paolo con i Giudei in alcune circostanze della sua vita e quello tenuto da Pietro ad Antiochia c’è una grande differenza. Quello di Paolo non era da condannare perché lui si faceva Giudeo con i Giudei per guadagnarli a Cristo, e con i credenti che venivano dal Giudaismo si faceva Giudeo per fare capire loro che egli non disprezzava la legge di Mosè; mentre quello di Pietro ad Antiochia era da condannare perché lui per paura dei Giudei si ritirò dai Gentili, con i quali prima mangiava, e cominciò ad imporre ai Gentili l’osservanza della legge di Mosè affinché fossero giustificati. In sostanza mentre Paolo, quando si faceva osservatore della legge con i Giudei, lo faceva per non essergli d’intoppo, e non imponeva loro - come neppure ai Gentili - l’osser­vanza della legge per la loro giustificazione perché egli predi­cava che si viene giustificati soltanto mediante la fede e non per le opere della legge; Pietro ad Antiochia era da condannare perché lui costringeva i Gentili ad osservare la legge per essere giustificati per la legge. Le cose sono completamente differenti dunque. Quindi Pietro si mise a simulare e con lui altri; ma quando Paolo vide che non procedevano dirittamente rispetto al Vangelo, allora rimproverò Pietro. A giusta ragione, a testa alta, senza temere di essere svergognato da alcuno perché lui quantunque fosse Giudeo non costringeva i Gentili (e neppure i Giudei) ad osservare la legge per essere giustificati, come invece fece Pietro ad Antiochia.

[1744]Ireneo, Contro le eresie, Libro III, pag. 218

[1745]Tertulliano, La Corona, Roma 1980, 3-4; pag. 153,155. Il battesimo per triplice immersione, il mangiare latte e miele dopo il battesimo, il non farsi il bagno per i successivi sette giorni, il fare oblazioni per i morti nell’anniversario della loro morte, e il farsi il segno della croce sulla fronte ogni qualvol­ta si fa qualcosa durante il giorno, o il reputare il digiuno o l’adorazione in ginocchio di domenica una empietà, sono tutte cose che dato che non si possono confermare con le sacre Scritture vanno rigettate. Considerate invece se noi le ammettessimo solo perché le dice Tertulliano; saremmo costretti a doverle difendere, cioè a dire il perché è giusto fare quelle cose anche se non sono scritte. E in che maniera verremmo trascinati a farlo? Con vani ragionamenti, dai quali sgorgherebbero via via dottrine perverse. Questo è quello che avviene infatti ogni qual volta si cerca di giustificare mediante le Scritture delle tradizioni umane che si oppongono alla verità.

[1746]Agostino, Serm. 51, 18; citato in La vergine Maria, a cura di Michele Pellegrino, Alba 1954, pag. 21

[1747]Agostino, Tract. in Io. 28, 3; citato in op. cit., pag. 71

[1748]Agostino, Le Lettere, 98,9: pag. 927

[1749]Ibid., 54, 6,8: pag. 447

[1750]Ibid., 54,1,1: pag. 437. Agostino qui cade in una contraddizione perché in un suo libro afferma che lui si sottomette solo all’autorità dei libri cano­nici e che tutto ciò che è necessario alla fede alla condotta della vita si trova nelle dichiarazioni chiare della Scrittura, mentre qui dice che bisogna ritenere tutte quelle cose non scritte ricevute per tradizione e che vengono osservate per il mondo.

[1751]Agostino, La città di Dio, Lib. XX, cap. 6,2; 7,1,2

[1752]Agostino, op. cit., Lib. XX, cap. 20,2

[1753]Ibid., Lib. XX, cap. 14

[1754]Ibid., Lib. XX, cap. 16

[1755]Agostino, Le Lettere, 98, 10: pag. 927, 929

[1756]Agostino, Enchiridion, Firenze 1951, cap. LXIII, pag. 86

[1757]Agostino, La città di Dio, Lib. XIII, cap. 7

[1758]Agostino, op. cit., Lib. XXI, cap. 16. Si tenga presente però che adesso per la chiesa cattolica romana il neonato per andare in paradiso ha bisogno solo del battesimo: e che nel caso morisse senza averlo ricevuto non andrebbe all’inferno e neppure in purgatorio ma in un luogo detto limbo.

[1759]Ibid., Lib. XXI, cap. 26. Certamente Agostino ha contribuito con i suoi scritti alla formazione della dottrina del purgatorio anche se bisogna dire che in alcune occasioni si mostra incerto e dubbioso come in questa citazione in cui dice che forse quell’opinione è vera. In un altra occasione pare proprio che smentisca la dottrina del purgatorio che insegna la chiesa papista infatti dice: ‘Le anime dei giusti, separate dal loro corpo, sono nel riposo, mentre quelle degli empi scontano le loro pene, finché i corpi dei giusti risorgeranno alla vita eterna, quelli degli empi alla morte eterna, che si chiama seconda morte’ (La città di Dio, Lib. XIII, cap. 8).

[1760]Ibid.,, Lib. XXI, cap. 24,2

[1761]Agostino, Enchiridion, cap. CIX. Si noti che da queste ultime parole traspare il purgatorio.

[1762]Agostino di Ippona, La Città di Dio, Libro XXII, cap. IX, X

[1763]Cfr. Agostino, L’Istruzione cristiana, Verona 1994, Libro II, VIII 13; pag. 89, 91. Questo spiega anche perché lui sosteneva che si potesse pregare per i defunti e che i santi martiri potessero intercedere per i vivi; perché nei libri apocrifi, come abbiamo visto, ci sono dei passi che sostengono tali pratiche.

[1764]Agostino, Contra Epist. Man.

[1765]John of Damascus, op. cit., Lib. IV, cap. 16; pag. 372

[1766]Giovanni Damasceno, Esposizione della fede ortodossa, 4, 11: citato in La teologia dei padri, Roma 1974, vol. II; pag. 144

[1767]Giovanni Damasceno, Omelia sul transito di Maria: citata in La teologia dei padri, vol. II, pag. 171-172

[1768]Girolamo, Le lettere, vol. 3, pag. 328, 329, 330

[1769]Girolamo, Le lettere, vol. 1, pag. 97, 98

[1770]Opere di San Cipriano, Torino 1980, Lettera 70; pag. 687

[1771]Crisostomo, In ep. ad Philip 3,4

[1772]Opere di San Cipriano, Lettera 73, pag. 697

[1773]Opere di Sant’Agostino. Le lettere 23,2: pag. 121

[1774]Ibid., 93, 10;38: pag. 857

[1775]Ibid., 93, 11;48: pag. 871

[1776]Ibid., 40, 3,3; 4,7: pag. 305, 309

[1777]Ibid., 82, 2,22: pag. 701

[1778]Ibid., 82, 5, 35; pag. 717

[1779]Concilio di Trento, Sess. IV, Decreto 2

[1780]Cfr. Girolamo, Prologo a Graziano

[1781]Cfr. Agostino, L’istruzione cristiana, Libro II, VIII 13; pag. 89,91

[1782]Cfr. Ireneo, Contro le eresie, Libro V, 31,1-2

[1783]Cfr. Tertulliano, L’anima, pag. 207

[1784]Cfr. Agostino, La città di Dio. Lib. XXI, cap. 17 e cap. 23

[1785]Cfr. Bernardo Bartmann, Teologia dogmatica, vol. III, pag. 391

[1786]Anche Tertulliano, quando diventò montanista, condannò le seconde nozze di coloro che erano rimasti vedovi.

[1787]Lattanzio, Epitome divinarum institutionum, Lib. V, cap. 20, nel Corpus script. eccles. latin, (nuova serie) vol. IV, Milano 1890, pag. 620; citato da Italo Mereu in Storia dell’intolleranza in Europa, Milano 1979, pag. 67

[1788]Tertulliano, A Scapula, Roma 1980, II, 2; pag. 169

[1789]Agostino, Le lettere, (lettera a Vincenzo), 93, 5.17; pag. 829-831

[1790]Agostino, Il sermone del Monte, Firenze 1928, cap. XVII; pag. 63

[1791]Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di Matteo, Roma 1966, Discorso XVII, 6; pag. 285

[1792]Concilio Vaticano II, Sess. V. cap. III

[1793]Cfr. Concilio di Trento, Sess. XXV

[1794]Concilio di Costanza, Sess. IV. Ricordiamo che questo concilio depose tre papi, ossia Giovanni XXIII, Gregorio XII e Benedetto XIII

[1795]Concilio Lateranense V, Sess. XI

[1796]Faccio inoltre notare che alcuni scrittori cattolici hanno riconosciuto che non ci si può fidare degli atti dei concili. Bellarmino per esempio afferma che per essere stati custoditi con negligenza, gli atti dei concili abbondano di errori (cfr. Bellarmino, De Concil. lib. 3, cap. 2). Ed il teologo Richer nella sua Storia dei concilii è costretto a confessare, con suo grande dolore, egli dice, che non vi sono libri nei quali si trovino tante falsità, tanti scritti supposti quanti se ne trovano negli atti dei concili (cfr. Richer, Hist. Concilior. lib. 1, cap. 2). Persino degli atti di un concilio come quello di Nicea che è definito ecumenico non si può stare sicuri. Baronio (An. 325) basandosi su diversi scrittori antichi dice che molti canoni di questo concilio sono andati perduti: e Gregorio di Valenza è della stessa opinione (cfr. De fide quaest, I, p. 7, § 37). E poi gli Orientali ammettono 80 canoni di questo concilio, mentre gli Occidentali ne ammettono solo 20. Mettendo tutte le cose assieme dunque viene fuori un quadro dei concili che è assolutamente incerto e inaffidabile.

[1797]Gli Gnostici negavano, tra le altre cose, che Gesù era il Cristo

[1798]Per lui il battesimo non presuppone la fede, anzi la suscita. Egli disse che ‘un bambino diventa un credente se al battesimo Cristo gli parla per bocca di colui che lo battezza, poiché si tratta della Sua Parola, del Suo comandamento, e la Sua Parola non può rimanere senza frutto’. Come potete vedere da voi stessi Lutero in questo caso ha detto qualcosa che viene annullato dalla Scrittura. Infatti da nessuna parte viene detto che il battesimo suscita la fede in chi lo riceve. Anzi si deve dire che è la fede sorta nel cuore dell’uomo dopo avere udito ed intesa la Parola di Dio che suscita in lui il desiderio di farsi battezzare. Il che non può accadere in un neonato.

[1799]Per questa posizione a riguardo del pane e del vino egli si scontrò con Zwingli (riformatore svizzero) che invece sosteneva che quando Gesù disse: “Questo è il mio corpo” intese dire che quel pane significava o rappresentava il suo corpo.

[1800]Giovanni Calvino, Istituzioni della Religione Cri­stiana, Libro IV, cap. XIX

[1801]L’abate Muratori così si espresse a riguardo di questa lettera: ‘Certamente nulla è più capace di travolgere le nostre idee e di farci nascere in mente delle dolci e strane immaginazioni, che la sete e l’amore di beni temporali innata in noi tutti’ (Annali d’Italia, p. IV, Milano 1844, pag. 313).

[1802]Luca 2:41

[1803]Luca 4:8

[1804]Atti 13:2 (Diod.)

[1805]1 Cor. 3:15

[1806]1 Cor. 7:10

[1807]2 Cor. 6:14

[1808]1 Tim. 4:1

[1809]1 Tim. 4:3

[1810]Gal. 3:1

[1811]Ebr. 11:30

[1812]1 Giov. 5:17

[1813]Giuda 3

[1814]Filem. 22

[1815]Matt. 1:25

[1816]Mar. 1:14,15

[1817]Lo stesso verbo è presente anche in questi versetti: “Essi si ravvidero alla predicazione di Giona” (Luca 11:32); “Se non vi ravvedete, tutti similmente perirete” (Luca 13:3); “E se si pente, perdonagli” (Luca 17:3).

[1818]Luca 1:28

[1819]Luca 1:30

[1820]2 Tim. 1:18

[1821]Atti 15:6

[1822]Atti 15:22

[1823]Atti 15:23

[1824]Atti 16:4

[1825]Atti 8:2

[1826]Atti 13:2

[1827]2 Cor. 8:19

[1828]Ef. 5:32

[1829]Martini ha tradotto così perché la Vulgata di Girolamo dice: ‘Sacramentum hoc magnum est...’ ossia ‘questo sacramento è grande’.. Va fatto notare però che nella stessa epistola agli Efesini il Martini ha tradotto lo stesso termine latino sacramentum, usato da Girolamo nel tradurre mysterion, con mistero. Ecco i passi: ‘Ut notum faceret nobis sacramentum suae voluntatis’ (Ef. 1:9 della Vulgata) = ‘Per far noto a noi il mistero della sua volontà’ (Martini); ‘Quoniam secundum revelationem notum mihi factum est sacramentum’ (Ef. 3:3 della Vulgata) = ‘Conciossiaché per rivelazione fu a me notificato questo mistero’ (Martini). Come mai dunque Martini non ha tradotto anche in Ef. 5:32 sacramentum con mistero? Il motivo lo abbiamo già detto ma lo ripetiamo; per fare credere che il matrimonio era un sacramento.

[1830]Col. 1:27

[1831]Col. 2:18

[1832]1 Tim. 3:2

[1833]1 Tim. 3:12

[1834]1 Tim. 5:17

[1835]1 Tim. 5:19

[1836]Tito 1:6

[1837]Ebr. 13:16

[1838]Giac. 5:14

[1839]1 Piet. 5:1

[1840]1 Piet. 5:5

[1841]Luca 1:28

[1842]Matt. 3:2

[1843]Matt. 4:17

[1844]1 Piet. 5:5

[1845]Atti 15:6

[1846]1 Tim. 5:17

[1847]1 Tim. 5:19

[1848]Giac. 5:14

[1849]1 Tim. 3:2

[1850]1 Tim. 3:12

[1851]Ef. 5:32

[1852]Col. 2:18

[1853]Mar. 3:31-35 (Diod.)

[1854]Si sa che viene asserito da parte cattolica che quei fratelli di Gesù erano i suoi cugini cioè i figli di una sua zia ma il fatto è che la parola greca che significa cugino è anepsios e non adelfos. Per esempio Marco è chiamato il cugino o il figlio della sorella (anepsios) di Barnaba (cfr. Col. 4:10).

[1855]Anche le sorelle di Gesù non potevano essere sue cugine perché il greco per cugina è suggenes. Diodati lo ha tradotto così in questo caso: “Ed ecco, Elisabetta, tua cugina, ha eziandio conceputo un figliuolo nella sua vecchiezza” (Luca 1:36). Questo termine significa anche parente; ecco perché Luzzi nella Riveduta nello stesso versetto ha preferito mettere “tua parente” e Diodati lo ha tradotto con parenti dove è detto: “E i suoi vicini e parenti, avendo udito che il Signore...” (Luca 1:58). Nella King James Version (Versione di Re Giacomo) del 1611, nei due versetti citati il termine è stato tradotto con cugina e con cugini.

[1856]Lo stesso brano tradotto dal Nardoni in quella maniera, nell’ediz. Paoline del 1990 è tradotto così: ‘Giungono poi sua madre e i suoi fratelli, che, fermatisi di fuori, lo mandano a chiamare. La folla intanto gli stava seduta intorno. Gli dicono: Ecco, tua madre e i tuoi fratelli, fuori, ti cercano. Risponde loro: Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli? Poi, guardando in giro quelli che gli sedevano intorno, dice: Ecco mia madre e i miei fratelli! Chi fa la volontà di Dio, questi è mio fratello, mia sorella e mia madre’. Quindi, persino una versione cattolica smentisce la traduzione del Nardoni.

[1857]Matt. 1:25

[1858]Luca 1:28

[1859]Giov. 1:14

[1860]1 Tim. 3:2

[1861]Tito 3:4-6

[1862]Vedi la parte dove ho confutato il loro battesimo.

[1863]Luca 1:28

[1864]Matt. 1:25

[1865]Atti 2:38

[1866]Atti 14:23

[1867]Matt. 1:25

[1868]2 Piet. 1:20

[1869]2 Piet. 1:20

[1870]2 Piet. 1:20

[1871]Es. 20:2,3

[1872]Es. 20:4-6

[1873]Es. 20:7

[1874]Es. 20:8-11

[1875]Es. 20:12

[1876]Es. 20:13

[1877]Es. 20:14

[1878]Es. 20:15

[1879]Es. 20:16

[1880]Es. 20:17

[1881]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 272

[1882]Ibid., pag. 290

[1883]Ibid., pag. 297

[1884]Ibid., pag. 303

[1885]Ibid., pag. 309

[1886]Ibid., pag. 320

[1887]Ibid., pag. 326

[1888]Ibid., pag. 335

[1889]Ibid., pag. 343

[1890]Ibid., pag. 344

[1891]Deut. 4:2

[1892]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 299. Nel nuovo Codice di diritto canonico manca tra le feste di precetto la Circoncisione (cfr. can. 1246, § 1).

[1893]Col. 2:17

[1894]E dato che siamo in tema di feste diciamo qualcosa anche a proposito della festa del cosiddetto protettore del paese (che non è annoverata tra le feste di precetto), che annualmente ricorre in ogni paese e città d’Italia. In che cosa consiste questa festa? Nel ricordare una favola artifi­ciosamente composta su qualcuno che è morto e sepolto da molto tempo. Le storie sono le più svariate e tutte attribuiscono al cosiddetto santo capacità e caratteristiche particolari. La gente ci crede perché queste storielle le sentono sin dalla loro fan­ciullezza, e convinta che le cose stiano così quando arriva quel particolare giorno rievoca le sue gesta e lo celebra. In che maniera? Facendo dolci particolari, pranzi particolari in onore del defunto, pregandolo e portando la sua statua sulle spalle per le strade. Tutto questo è suggellato da feste da ballo organizza­te dalla parrocchia la quale invita delle bande musicali per intrattenere a suon di musica gli idolatri e dai puntuali fuochi d’artificio. Esaminando da vicino quello che avviene nel paese in quel parti­colare giorno si deve riconoscere che assomiglia molto a quello che avvenne alle pendici del monte Sinai quando gli Israeliti fattosi un vitello d’oro gli offrirono un sacrificio, mangiarono e bevvero, si misero a danzare e si rallegrarono delle opere delle loro mani. Astenetevi dal partecipare in qualsiasi maniera anche a queste feste per non provocare a gelosia il Signore.

[1895]Es. 20:7

[1896]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 290

[1897]Es. 20:12

[1898]Ef. 6:2

[1899]Concilio di Tolosa, cap. 14

[1900]Citato da Luigi Desanctis in Compendio di controversie, pag. 6

[1901]L’originale di questo documento con le firme autografe dei tre vescovi, ed il titolo Avvisi sopra i mezzi più opportuni per sostenere la Chiesa romana, è datato Bologna, 20 ottobre 1553. Si conserva nella Biblioteca nazionale di Parigi (foglio B. N. 1088, vol. 2, pag. 641-650). Citato da Roberto Nisbet in op. cit., pag. 15,16

[1902]Bolla del 28 Giugno 1816

[1903]Concilio Vaticano II, Sess. VIII, cap. VI

[1904]Concilio di Trento, Sess. IV, primo decreto.

[1905]Questo termine greco è presente in questo verso della Scrittura: “Poiché non v’è nulla di nascosto (apokryphos) che non abbia a diventar manifesto” (Luca 8:17).

[1906]Est. 5:1-3

[1907]Ed. Paoline. 1971, Ester 15: 9-10

[1908]Ibid., cfr. Tobia 5:4-13

[1909]Ed. Paoline 1990 (sesta ed.), Tobia 6:8

[1910]Ed. 1971, Giuditta 4:1-3

[1911]Ibid., 2 Maccabei 15:38

[1912]Cfr. 2 Maccabei 2: 1-8

[1913]Ger. 3:14-16

[1914]Ed. 1971, 1 Maccabei 6:8,9

[1915]Ibid., 2 Maccabei 1:16

[1916]Ibid., cfr. 2 Maccabei 9:1-28

[1917]Cfr. 2 Maccabei 12:38-46

[1918]Cfr. 2 Maccabei 15:11-16

[1919]Rom. 3:2

[1920]Girolamo, Prologo a Graziano. Oltre a Girolamo ci fanno sapere - con rammarico - gli studiosi cattolici che anche Ilario di Poitiers e Origene non riconoscevano questi libri come ispirati.

[1921]Prov. 30:5,6

[1922]Deut. 4:2

[1923]Ap. 22:18,19

[1924]De Unitate Ecclesiae, cap. III. Cfr. Thomas James, A Treatise of the Corruptions of Scripture, Councils, and Fathers, by the prelates, pastors, and pillars of the church of Rome for the maintenance of popery, (Un trattato delle corruzioni delle Scritture, dei Concili e dei Padri, fatte dai prelati, dai pastori e dalle colonne della chiesa di Roma per il mantenimento del papato) London 1843, pag. 76-77. Rivisto e corretto dalle edizioni del 1612 e 1688. Questo libro antico scritto da un credente contiene la dimostrazione di molte falsificazioni operate dai papi sulle Scritture, sui concili e sugli scritti dei cosiddetti padri, che molti farebbero bene a leggere per rendersi conto da vicino dell’astuzia papale. Si può consultare alla Biblioteca Valdese di Roma.

[1925]Cfr. Thomas James, op. cit., pag. 146

[1926]A proposito di questa opera di falsificazione ordinata dai papi è interessante la testimonianza che rese un certo Boxbornio, un professore di Lovanio, che era impiegato assieme ad altri a rivedere i libri designati dagli inquisitori. Egli ebbe a dichiarare: ‘Dopo avere ricevuto l’ordine di mettere ad esecuzione il decreto tirannico degli inquisitori, e dopo avere notato fino a 600 diversi passaggi per passarvi la spugna e per essere cancellati (il quale mio errore desidero potere cancellare col mio sangue e le mie lacrime!), il mio cuore finalmente fu commosso, e gli occhi miei furono aperti dalla misericordia del mio Dio, e scorsi chiaramente l’abominazione nel papato, l’idolo nel tempio, la tirannia nella repubblica, e l’infezione nella religione’ (Boxbornio III, de Eccl. Initio).

[1927]Il concilio Melivetano aveva per esempio decretato: ‘Chiunque vorrà appellare al di là del mare, non sia ricevuto da alcuno, in Africa, alla comunione’.

[1928]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 473

[1929]Alcuni ritengono però che la festa del Corpus Domini era stata istituita da Urbano IV prima del fatto di Bolsena perché la bolla con la quale la istituì era stata scritta prima del ‘miracolo’.

[1930]Giov. 11:41-45

[1931]Giov. 11:15

[1932]Giov. 2:11

[1933]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 104

[1934]Ibid., pag. 103

[1935]Ibid., pag. 119

[1936]1 Tim. 4:7

[1937]Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 284

[1938]Luca 1:38

[1939]Luca 1:47

[1940]Renè Laurentin, Messaggio e pedagogia di Maria a Medjugorje, Brescia 1988, pag. 143

[1941]Giov. 14:27

[1942]Renè Laurentin, op. cit., pag. 156

[1943]1 Piet. 5:10

[1944]Fil. 1:2

[1945]Renè Laurentin, op. cit., pag. 167

[1946]Sal. 68:20

[1947]Renè Laurentin, op. cit., pag. 169

[1948]Ibid., pag. 170

[1949]Rom. 10:13

[1950]Renè Laurentin, op. cit., pag. 179

[1951]Ibid., pag. 188

[1952]Giob. 33:14-18

[1953]Atti 10:2-6

[1954]1 Cor. 7:23

[1955]Pastor Chiniquy, Fifty years in the Church of Rome, London 1886, pag. 794-796

[1956]Ger. 23:16

[1957]Ef. 5:11,12

[1958]A proposito dei pellegrinaggi a Loreto ritengo opportuno riferirvi questi episodi avvenuti al tempo del fascismo in Italia. Nel luglio del 1937 era sottosegretario agli Scambi e alle Valute Felice Guarneri e a motivo della gravissima situazione valutaria il governo fascista fu costretto a prendere drastiche misure per ridurre al minimo i viaggi collettivi degli italiani all’estero. Il direttore generale per il turismo Oreste Bonomi, in un promemoria fece presente al Guarneri le ragioni religiose, valutarie e turistiche che consigliavano di fare un eccezione per il pellegrinaggio a Lourdes, sottolineando che un divieto assoluto da parte del governo avrebbe potuto comportare gravissime ritorsioni da parte della Francia contro l’Italia (dato che i turisti francesi in Italia erano in continuo aumento). Il Guarneri sottopose il promemoria a Mussolini, il quale - dice il Guarneri - ‘vi scrisse di suo pugno, in grosse lettere a lapis blu la seguente nota: ‘No - preferire il prodotto nazionale anche e soprattutto nei miracoli. M.’ (Felice Guarneri, Battaglie economiche fra le due guerre, Bologna 1988, pag. 771). Felice Guarneri racconta anche il colloquio che ebbe, su questo delicato problema, con il presidente dell’Opera Italiana dei Pellegrinaggi, principe di Napoli, Rampolla: ‘Parlando con lui da italiano a italiano, da cattolico a cattolico, gli feci presente che la nostra situazione non consentiva di far fronte al totale fabbisogno di valuta che l’organizzazione tradizionale dei pellegrinaggi italiani a Lourdes richiedeva. Occorreva, quindi, trovare un modus vivendi, che l’Opera Italiana dei Pellegrinaggi avrebbe potuto fortemente aiutare a realizzare, riducendo entro limiti sopportabili le sue iniziative per Lourdes, e rendendo nello stesso tempo più attive le iniziative verso i grandi santuari nostri, quali Loreto e Pompei, così cari al cuore degli italiani. Il mio interlocutore comprese, non mi fece promesse, ma io riportai dal colloquio la certezza che egli avrebbe orientato nel senso da me espresso la sua azione. E così avvenne in realtà’ (Ibid., pag. 771-772). E conclude il racconto dicendo: ‘Fu così che un santuario di grande tradizione religiosa, come Loreto, il quale andava quasi deserto, vide di lì innanzi folle di credenti prostrarsi davanti al miracolo della ‘santa casa’ (Ibid., pag. 772).

[1959]Per un approfondimento sulla storia e sulla moltiplicazione delle reliquie vantate dalla chiesa cattolica romana si veda il Dizionario delle Reliquie e dei Santi della Chiesa di Roma, Firenze 1888, presso la Biblioteca Valdese di Roma. Ed anche James Bentley, Ossa senza pace, 1985.

[1960]Adesso il suo nome è Chiesa Evangelica della Riconciliazione.

[1961]L’autore si riferisce al battesimo con lo Spirito Santo.

[1962]Francis A. Sullivan S. J, ‘Pentecostalismo’ in Alleluja N°1, Gennaio - Febbraio 1985, pag. 4. Il Sullivan è professore emerito della facoltà di teologia all’Università Gregoriana di Roma, e attualmente insegna ecclesiologia al Boston College.

[1963]Matteo Calisi, ‘Carismatici Cattolici: chi sono?’ in Tempi di Restaurazione, Giugno 1994, pag. 8

[1964]Questo cardinale è morto nel 1996 ed è stato quindi sostituito.

[1965]Alleluja, N° 6, Novembre-Dicembre 1986, pag. 3

[1966]Alleluja, N° 5, 1979, pag. 4

[1967]Ibid., pag. 4

[1968]Ibid., pag. 5

[1969]Alleluja, N° 6, 1979, pag. 12

[1970]Alleluja, N° 2, Marzo-Aprile 1985, pag. 10

[1971]Francis A. Sullivan S. J in op. cit., pag. 4,5,6

[1972]Il termine tecnico glossolalia deriva da glossais lalein, una frase greca usata nel Nuovo Testamento che significa letteralmente ‘parlare in lingue’ (1 Cor. 12:30). Il termine glossa significa ‘lingua’ e laleo è il verbo ‘parlare’.

[1973]F. A. Sullivan,L’esperienza pentecostale nel Rinnovamento carismatico cattolico’ in Alleluja N° 2, 1977, pag. 7

[1974]Questa parola deriva dal greco charisma che significa ‘dono’ che viene usato nel Nuovo Testamento per indicare i doni dello Spirito Santo. “Poiché desidero vivamente di vedervi per comunicarvi qualche dono spirituale (charisma)” (Rom. 1:11); “...in guisa che non difettate d’alcun dono (charisma)” (1 Cor. 1:7).

[1975]Francis A. Sullivan in Alleluja N° 2, Marzo-Aprile 1985, pag. 2,3

[1976]Ibid., pag. 3

[1977]Francis A. Sullivan, Charisms and charismatic renewal (I carismi e il rinnovamento carismatico), Michigan 1982. pag. 149

[1978]Francis A. Sullivan S. J in Alleluja N° 2, pag. 3

[1979]F. Sullivan, Alleluja, N° 2, pag. 3

[1980]F. Sullivan, Charisms and charismatic renewal, pag. 166-167

[1981]Atti 10:43

[1982]Rom. 10:10

[1983]Rom. 5:1

[1984]Giov. 20:31

[1985]Giov. 6:48

[1986]Giov. 1:12,13

[1987]1 Giov. 5:1

[1988]Rom. 8:15,16

[1989]Rom. 8:9

[1990]A conferma che per i carismatici cattolici (in virtù della loro dottrina sul battesimo e sulla cresima), il battesimo con lo Spirito Santo non ha lo stesso significato che gli diamo noi, voglio citare alcune parole di Serafino Falvo: ‘L’espressione ‘battesimo nello Spirito’ l’abbiamo mutuata dai Pentecostali fondamentalisti, i quali, non avendo una teologia sacramentaria, danno ad essa il significato di una vera e propria effusione dello Spirito Santo, successiva e distinta dalla rigenerazione. Per noi invece ha un significato differente, che, se non ben capito, potrebbe prestarsi ad essere equivocato. Comunque fino a quando non si troverà una frase teologicamente più precisa, anche noi cattolici continueremo a parlare di ‘battesimo nello Spirito’ (Serafino Falvo, L’ora dello Spirito Santo, Bari 1974, pag. 115). Attenzione dunque quando si sente parlare di battesimo con lo Spirito Santo ai carismatici, perché per loro questo battesimo lo hanno ricevuto col battesimo e con la cresima (nella cresima avverrebbe una nuova infusione di Spirito Santo più perfetta e più abbondante); quando invece essi si mettono ‘a parlare in lingue’ prendono semplicemente coscienza di qualcosa che essi avevano già ricevuto con quei loro sacramenti; in altre parole, prendono coscienza della potenza dello Spirito che già avevano ricevuto.

[1991]Atti 1:14

[1992]Atti 1:4

[1993]Atti 8:12

[1994]Atti 8:15-17

[1995]Atti 19:5,6

[1996]Atti 2:38

[1997]Atti 1:8

[1998]Giov. 20:22

[1999]Giov. 20:22

[2000]Atti 2:4

[2001]Atti 2:4

[2002]Atti 10:44-46

[2003]Atti 19:5-6

[2004]1 Cor. 12:30

[2005]Atti 2:6-11

[2006]1 Cor. 14:2

[2007]Rom. 8:26,27

[2008]1 Cor. 14:14-17

[2009]Ef. 6:18

[2010]Giuda 20,21

[2011]1 Cor. 14:5

[2012]1 Cor. 14:4

[2013]Is. 46:6-8

[2014]Ger. 2:26-28

[2015]Ger. 23:17

[2016]Ger. 23:22

[2017]Is. 26:4

[2018]Sal. 37:5

[2019]Cfr. Giac. 5:14-15

[2020]2 Cron. 16:12

[2021]La parola deriva dal greco oikoumene che significa ‘terra abitata’. Per ecumenismo si intende quel processo o quello sforzo intrapreso e portato avanti da diverse parti (sia da parte cattolica che protestante) che ha come scopo quello di unire assieme tutte le chiese.

[2022]Tutte le encicliche dei sommi pontefici, vol. 1, Milano 1979, pag. 803-811

[2023]Intervista a ‘30 giorni’, Marzo 1985, pag. 23. E per capire che le cose in realtà non siano per nulla cambiate, quantunque sembrerebbe il contrario, basta considerare che la chiesa cattolica romana dopo il concilio Vaticano II si è rifiutata di entrare a fare parte del Consiglio Ecumenico che ha la sua sede a Ginevra. Paolo VI nella sua storica visita al Consiglio ecumenico a Ginevra (1969) dichiarò subito: ‘Il mio nome è Pietro’.

[2024]Concilio Vaticano II, (1962-1965), Sess. V - 21 Novembre 1964

[2025]Ibid., Dal proemio

[2026]Ibid., cap. 1

[2027]Ibid., cap. 2

[2028]Ibid., cap. 3

[2029]Matt. 4:7

[2030]Luca 6:46

[2031]Cfr. Ez. 33:31-33

[2032]Matt. 15:3

[2033]Luca 8:21

[2034]Giov. 6:48

[2035]Giov. 17:20-23

[2036]Gal. 3:26-28

[2037]1 Cor. 1:10,11

[2038]1 Cor. 3:1

[2039]1 Cor. 4:14

[2040]1 Cor. 12:27

[2041]Giov. 10:16

[2042]Giov. 10:16

[2043]Giov. 10:27

[2044]1 Cor. 5:11

[2045]2 Cor. 6:14-16

[2046]2 Cor. 11:14

[2047]Citato da Leonard Emile G. in Storia del protestantesimo, Milano 1971, vol. 3, pag. 367

[2048]Il Regno, N° 752, Anno 1995, pag. 395

[2049]Atti 19:9

[2050]Atti 13:43

[2051]2 Cor. 6:17

[2052]Matt. 21:42

[2053]Concilio Vaticano II, Sess. V, cap. 7

[2054]Il Regno, N° 752, pag. 395

[2055]Giob. 5:12

[2056]1 Giov. 5:3

[2057]1 Giov. 2:4

[2058]Il Regno, N° 752, pag. 396-397

[2059]Ibid., pag. 397

[2060]1 Tess. 2:4

[2061]Il Regno, N° 752, pag. 398

[2062]2 Cor. 6:14-16

[2063]Forse qualcuno dirà che in comune con i Cattolici abbiamo il Vangelo, ma non è così perché essi non predicano lo stesso Vangelo che annunciò Cristo Gesù prima e poi gli apostoli, ma un altro Vangelo che non può salvare nessuno. E credo questo di averlo ampiamente dimostrato.

[2064]Il Regno, N° 752, pag. 398, 399

[2065]Il Regno, N° 718, anno 1994, pag. 24

[2066]Rom. 10:1

[2067]Il Regno, N° 752, pag. 410

[2068]Matt. 6:5

[2069]Alleluja, N° 6, anno 1979, pag. 12

[2070]Il Regno, N° 752, pag. 399,400

[2071]Col. 3:11

[2072]1 Tim. 1:3,4

[2073]Tito 1:9-11

[2074]Atti 13:10,11

[2075]Atti 7:51-53

[2076]Il Regno, N° 752, pag. 401

[2077]Ibid., pag. 403

[2078]Cecil M. Robeck, Jr., and Jerry L. Sandidge, ‘The ecclesiology of Koinonia and baptism: a pentecostal perspective’, (L’ecclesiologia della koinonia e del battesimo: una prospettiva pentecostale) in Journal of Ecumenical Studies (Giornale di studi ecumenici), 27:3. Summer 1990, pag. 531. Il Robeck e tutti coloro che la pensano come lui ingannano loro stessi e dimostrano di non conoscere (o di fare finta di non conoscere) la dottrina cattolica sul battesimo, ed anche di non tenere per nulla in considerazione l’insegnamento della Parola di Dio sul battesimo.

[2079]Il Regno, N° 752, pag. 398

[2080]Ibid., pag. 402

[2081]1 Cor. 5:6

[2082]Il Regno, N° 752, pag. 403.

[2083]Giov. 15:20

[2084]2 Tim. 3:12

[2085]Il Regno, N° 752, pag. 403

[2086]Matt. 1:24,25

[2087]Matt. 1:25

[2088]Matt. 12:46

[2089]Tito 3:4,5

[2090]2 Tess. 2:15

[2091]Matt. 26:26

[2092]Giov. 2:4,5

[2093]Giov. 2:4

[2094]Giov. 4:24

[2095]Giov. 4:24

[2096]COLLABORATORI. NUOVO TESTAMENTO.

Traduttori:

a - cattolici: Carlo Buzzetti, Carlo Ghidelli

b - evangelici: Bruno Corsani, Bruno Costabel

Revisori:

a - cattolici: Giovanni Canfora, Mario Galizzi, Carlo Maria Martini, Renzo Petraglio

b - evangelici: Otto Rauch, Alberto Soggin

Consulenti stabili:

a - cattolici: Sofia Cavalletti, Settimio Cipriani, Paolo De Benedetti, Franco Festorazzi, Enrico Galbiati, Massimo Giustetti, Michele Pellegrino, Maria Vingiani

b - evangelici: Piero Bensi, Luciano Deodato, Edoardo Labanchi, Fausto Salvoni, Luigi Santini, Francesco Toppi.

[2097]2 Piet. 1:21

[2098]2 Piet. 1:21

[2099]Luca 1:28

[2100]Luca 1:28

[2101]Luca 1:28 (Diod.)

[2102]Col. 2:8

[2103]Col. 2:8

[2104]Giac. 5:14

[2105]Giac. 5:14

[2106]Atti 19:2

[2107]Matt. 16:18

[2108]1 Cor. 4:6

[2109]1 Cor. 4:6

[2110]Il Regno, N° 752, pag. 410

[2111]Ibid., pag. 412, 413

[2112]Ibid., pag. 414

[2113]Ibid., pag. 415

[2114]David Du Plessis (morto nel 1987) nel 1962, a motivo della sua attività ecumenica, era stato rimosso dalle Assemblee di Dio americane che gli avevano ritirato le credenziali presso quella denominazione. Ma egli fu completamente riammesso nelle Assemblee di Dio americane nel 1979 quando gli furono restituite le credenziali. Nel 1981 David Du Plessis scrisse che si era messo a pregare per il papa alla notizia che il ‘Vicario’ di Cristo era stato sparato. Nel 1983 Du Plessis fu invitato a Roma per ricevere la medaglia Benemerenti da Giovanni Paolo II e dal cardinale Willebrands. Nel suo libro Simple and Profound (Semplice e Profondo) egli è arrivato a dire che dopo essere andato a Medjugorje ed avere parlato con i bambini che ricevevano apparizioni di Maria ‘non ebbi più alcun dubbio sulla autenticità e sulla validità dell’apparizione’ (David Du Plessis, Simple & Profound, Orleans Mass., 1986, pag. 202). Dispiace veramente constatare che un uomo come David Du Plessis che un giorno era nato di nuovo ed aveva pure ricevuto il battesimo con lo Spirito Santo e visto il Signore operare potentemente in Sud Africa sia rimasto sedotto dalle dolci parole ecumeniche del papato e per amore di ‘unità’ si sia gettato alle sue spalle parte del consiglio di Dio. Ma questo è avvenuto per servirci d’esempio, affinché comprendiamo quanto sia pericoloso e dannoso mettersi a dialogare (nella maniera in cui vuole la chiesa cattolica naturalmente) con i teologi papisti partendo dal presupposto che anche loro sono dei fratelli in Cristo.

[2115]Era stato il cardinale Bea, che era presidente del Segretariato per l’unione dei Cristiani, ad invitarlo come unico osservatore pentecostale al concilio Vaticano.

[2116]Jerry L. Sandidge, Roman Catholic/Pentecostal Dialogue (1977-1982). A Study in developing ecumenism, (Dialogo Cattolico/Pentecostale [1977-1982]. Uno Studio sull’ecumenismo che si sviluppa) vol. I, Frankfurt am Main 1987, pag. 234.

[2117]Assemblies of God = Assemblee di Dio

[2118]Church of God = Chiesa di Dio

[2119]Pentecostal Assemblies of Canada = Assemblee Pentecostali del Canada

[2120]Apostolic Faith Mission = Missione della Fede Apostolica

[2121]International Church of the Foursquare Gospel = Chiesa Internazionale del Vangelo Quadrangolare

[2122]Church of God of Prophecy = Chiesa di Dio della Profezia

[2123]Si noti che c’erano ben tre membri (di primo piano) delle Assemblee di Dio americane. Cecil Robeck è professore al Fuller Theological Seminary di Pasadena (California); Gary McGee è professore di Storia della Chiesa al Seminario teologico delle Assemblee di Dio in Springfield, Missouri; e Del Tarr è preside della scuola biblica e della Facoltà di teologia delle Assemblee di Dio americane. Considerando quindi che questa denominazione pentecostale americana condiziona in una maniera o nell’altra le Assemblee di Dio delle altre nazioni tra cui quella presente in Italia, c’è da aspettarsi che in futuro si vedano entrare in questo dialogo cattolico-pentecostale internazionale (o magari inizialmente in un dialogo ufficiale a livello nazionale) anche pastori delle Assemblee di Dio italiane. Per ora nelle Assemblee di Dio italiane ha prevalso la parte più prudente per cui esse rifiutano di aderire ad un dialogo ufficiale con i Cattolici romani, ma purtroppo esistono dei segni che lasciano ben sperare i Cattolici che anche loro in qualche maniera si apriranno al dialogo. Matteo Calisi, responsabile nazionale del RnS (Rinnovamento nello Spirito Santo) e Co-Presidente della Consultazione Carismatica Italiana, ha affermato infatti: ‘Noto che un atteggiamento più sensibile alle ragioni del mondo carismatico si va sviluppando nelle ADI soprattutto fra i giovani, e mi sembra che questo sia un segno positivo per il futuro. Alcuni membri delle ADI hanno partecipato a nostri incontri a titolo strettamente personale, senza rappresentare ufficialmente la loro denominazione. Alcuni musicisti delle ADI hanno collaborato con il Ministero nazionale della musica del Rinnovamento italiano, sia suonando in orchestra che effettuando delle registrazioni discografiche. Anche questi sono piccoli segni di speranza, e certamente auspico che un dialogo di questo genere possa proseguire su scala più vasta nel futuro’ (Massimo Introvigne, Aspettando la pentecoste, Padova 1996, pag. 58). Anche il fatto che il nome di Francesco Toppi, l’attuale presidente delle ADI, compare tra i consulenti stabili che hanno partecipato alla stesura della versione della Bibbia interconfessionale (1986), che come abbiamo visto è inaffidabile perché cattolicizzata, è un cattivo segno che purtroppo lascia ben sperare i Cattolici romani in una futura apertura al dialogo con le ADI.

[2124]Nel settembre del 1995 il Gruppo Associato di Lavoro fra il Consiglio Mondiale delle Chiese e la Chiesa Cattolica Romana ha presentato un documento dal titolo The Challenge of Proselytism and the Calling to Common Witness (La Sfida del Proselitismo e la Chiamata alla Testimonianza Comune) il cui scopo ‘è incoraggiare tutti i Cristiani a perseguire la loro chiamata per rendere una comune testimonianza dello scopo salvifico e riconciliatore di Dio nel mondo di oggi e di aiutarli ad evitare ogni competizione nella missione che contraddice la loro comune chiamata’ (The Ecumenical Review [La Rivista Ecumenica], 48,2, 1996, pag. 213). Faccio presente che del Consiglio Mondiale delle Chiese fanno parte pure alcune denominazioni pentecostali. La Iglesia Pentecostal de Chile e la Misiòn Iglesia Pentecostal (entratevi nel 1961), la Igreja Evangelica Pentecostal ‘O Brasil para Cristo’ (entratavi nel 1969), The International Evangelical Church (la Chiesa Evangelica Internazionale, entratavi nel 1972, di cui ci sono diverse comunità anche in Italia tra cui una delle più note è quella che si riunisce a Via Chiovenda a Roma), la Iglesia de Dios (denominazione argentina entratavi nel 1980), la Missao Evangelica Pentecostal de Angola (entratavi nel 1985) e la Iglesia de Misiones Pentecostales Libres de Chile (entratavi nel 1991).

[2125]Ez. 13:19,22

[2126]Tempi di Restaurazione, Giugno 1994, pag. 24-25

[2127]Traettino adesso è Co-Presidente della Consultazione Carismatica Italiana assieme a Matteo Calisi.

[2128]Ibid., pag. 3

[2129]Ibid., pag. 12,13,14

[2130]Cfr. Atti 10:38-43

[2131]Cfr. Atti 11:13,14

[2132]Il bacio dei piedi non l’ha ricevuto solo Traettino a quell’incontro ma lo hanno ricevuto anche altri pastori evangelici; questo è avvenuto alla fine della processione ecumenica in cui anche Traettino aveva portato la croce. Riportiamo a tal proposito quanto si legge sul periodico Rinnovamento nello Spirito Santo di Maggio-Giugno 1996: ‘Momento di intensa commozione è stato quello della processione ecumenica che ha visto porsi alla sequela della croce, portata alternativamente da tutti, i rappresentanti delle diverse confessioni cristiane (oltre dieci) presenti a questa Convocazione. Questo momento è culminato nel bacio dei piedi e nell’abbraccio che il Comitato Nazionale di Servizio del RnS ed i vescovi Bregantini, Chiaretti e Casale si sono scambiati con i fratelli ritrovati’ (pag. 7). Per quanto riguarda i nomi degli altri Evangelici che hanno partecipato a quell’incontro segnalo alcuni di questi, così come li leggo nella sopra citata rivista: rev. Emilio Ursomando, pastore pentecostale della Comunità Cristiana di Reggio Calabria; dott. Geoffrey Allen, anziano della Comunità Cristiana di Pavia; dott. Ernesto Bretscher jr., pastore evangelico della Comunità Cristiana di Torino e segretario del Consiglio delle Chiese di Torino; rev. Massimo Loda, pastore della Comunità Cristiana di Pavia, responsabile delle Chiese evangeliche del nord Italia (cfr. pag. 5).

[2133]2 Cor. 6:14-16

[2134]Tempi di Restaurazione, Giugno 1994, pag. 29

[2135]Oscar Culmann, L’unità attraverso la diversità, Brescia 1987, pag. 52. Oscar Culmann ha ricevuto il premio internazionale Paolo VI 1993 per l’ecumenismo.

[2136]Oscar Culmann, op. cit., pag. 54-55

[2137]Ibid., pag. 56-57

[2138]Ibid., pag. 58

[2139]Ibid., pag. 62

[2140]1 Cor. 5:11

[2141]Culmann, op. cit., pag. 64

[2142]Ibid., pag. 65

[2143]Ibid., pag. 77

[2144]Ibid., pag. 77

[2145]Col. 2:2

[2146]Giov. 10:1

[2147]Agostino, Le lettere, 93,2,5. Lettera a Vincenzo, vescovo di Cartenna.

[2148]Agostino, op. cit., 93, 2,8; 3,9-10

[2149]Zacc. 4:6

[2150]2 Tim. 2:24-26

[2151]Ma come si fa ad affermare che Gesù flagellò i Giudei? Gesù fece solo una sferza di cordicelle e scacciò tutti dal tempio, pecore e buoi (cfr. Giov. 2:15); questa non si può chiamare flagellazione. La flagellazione era tutt’altra cosa.

[2152]Rom. 3:8

[2153]Luca 14:23

[2154]Altri passi che attestano che è contrario alla dottrina di Cristo fare alcunché di male a coloro che non ubbidiscono al Vangelo di Cristo da noi predicato (e quindi che si oppongono a noi) o che si sono sviati dalla verità sono questi. Quando quei Samaritani non vollero ricevere Gesù nel loro villaggio perché egli era diretto verso Gerusalemme, e Giacomo e Giovanni chiesero a Gesù se voleva che facessero scendere del fuoco dal cielo e li consumasse, Gesù “rivoltosi, li sgridò, e disse: Voi non sapete di quale spirito voi siete. Poiché il Figliuol dell’uomo non è venuto per perder le anime degli uomini, anzi per salvarle” (Luca 9:55,56. Diod.). Paolo dice di non fare le nostre vendette ma di lasciare il posto all’ira di Dio perché la vendetta appartiene a Lui (cfr. Rom. 12:19); Giacomo dice che “l’ira dell’uomo non mette in opra la giustizia di Dio” (Giac. 1:20); Pietro dice di non rendere male per male od oltraggio per oltraggio (cfr. 1 Piet. 3:9).

I santi sono stati chiamati ad essere perseguitati e a soffrire per il Signore, e non a perseguitare e fare soffrire coloro che non vogliono credere o che si sono sviati dalla fede e dalla verità, per indurli ad accettare la verità. A ‘perseguitare’ costoro ci pensa il Signore; voglio dire, che ci pensa il Signore ad usare la forza e il terrore contro coloro che non gli ubbidiscono, al fine di correggerli, e fargli accettare la verità, ma la sua forza, il suo terrore. Egli sa come fare; vi ricordate Saulo da Tarso? Perseguitava a morte i santi, era ostinato in cuore suo, eppure Dio riuscì con la sua forza e il suo terrore, a fargli accettare la verità? Nessun uomo avrebbe mai potuto persuadere con la forza l’ebreo Saulo ad accettare il Vangelo, ma ci riuscì il Signore. Ora, se il Signore riuscì a convertire un simile uomo noi crediamo che riuscirà a convertire qualsiasi uomo che non lo conosce e lo odia, e qualsiasi credente che dopo avere conosciuto la verità si è sviato da essa. La nostra fiducia è nella sua forza e non in quella dell’uomo. Certamente non tutti i pagani e non tutti coloro che si sono sviati dalla verità accetteranno la verità, perché fino alla fine ci saranno increduli e sviati; ma questo non desta nessuna preoccupazione in noi perché sappiamo che Dio retribuirà gli impenitenti come meritano sia sulla terra che in quel giorno; cioè gli farà trovare il salario della loro condotta. Lui è l’Iddio delle retribuzioni; abbiamo fiducia nella sua giustizia.

[2155]Concilio del Laterano III, can. 27

[2156]A proposito del massacro degli abitanti di Bèziers, avvenuto nel 1209, successe che il legato del papa - abate Arnoldo dell’ordine dei Cistercensi - a chi gli domandava se si dovevano risparmiare i Cattolici, temendo che gli eretici potessero fuggire col farsi passare per Cattolici, diede questa risposta: ‘Uccideteli tutti. Dio saprà ben riconoscere i suoi’. Nel rapporto che poi questo abate fece al papa si legge: ‘La città presa d’assalto, gli abitanti tutti massacrati; non abbiamo risparmiato né ceto, né sesso, né età; circa 20.000 persone sono perite per la spada: la città intera spoglia ed arsa fervendo in modo meraviglioso contro di essa la vendetta di Dio’.

[2157]Sotto lo spietato Innocenzo III, il concilio Laterano IV (1215), che è chiamato sacrosanto perché viene asserito che esso si riunì nello Spirito Santo, a proposito del trattamento da riservare agli eretici confermò e rafforzò il decreto del concilio del 1179 infatti decretò quanto segue: ‘Condanniamo tutti gli eretici, sotto qualunque nome; essi hanno facce diverse, ma le loro code sono strettamente unite l’una all’altra, perché convergono tutti in un punto: sulla vanità. Gli eretici condannati siano abbandonati alle potestà secolari o ai loro balivi per essere puniti con pene adeguate (...) Siano poi ammonite e, se necessario, costrette con censura le autorità civili, di qualsiasi grado, perché, se desiderano essere stimati e creduti fedeli, prestino giuramento di difendere pubblicamente la fede; che essi, cioè, cercheranno coscienziosamente, nei limiti delle loro possibilità, di sterminare dalle loro terre tutti quegli eretici che siano stati dichiarati tali dalla chiesa (...) I cattolici che, presa la croce, si armeranno per sterminare gli eretici, godano delle indulgenze e dei santi privilegi, che sono concessi a quelli che vanno in aiuto della Terra Santa’. (Concilio Lateranense IV, cap. III). Ecco quale era il sentimento del papato verso coloro che dissentivano da esso sotto Innocenzo III. Come si può ben vedere, dalle suddette dichiarazioni è assente nella maniera più assoluta quel sentimento di amore e di compassione che la Chiesa di Dio deve, per comando del suo fondatore, nutrire verso coloro che si sviano dalla verità, nella speranza che, utilizzando le armi della nostra guerra che non sono carnali ma spirituali, Dio conceda loro di ravvedersi e riconoscere la verità.

[2158]Enea Balmas e Grazia Zardini Lana, La vera relazione di quanto è accaduto nelle persecuzioni e i massacri dell’anno 1655, Torino 1987, pag. 220-221

[2159]Enea Balmas, op. cit., pag. 223

[2160]Ibid., pag. 225, 226, 227

[2161]Quanto questo papa fosse crudele e spietato e ce l’avesse a morte con i Protestanti è attestato dal fatto che quando mandò in Francia il conte di Santafiore a capo di un piccolo esercito per aiutare i Cattolici francesi diede a costui l’ordine ‘di non prendere prigioniero nessun ugonotto, e di uccidere subito chiunque gli capitasse nelle mani’ (Leopold Von Ranke, Storia dei papi, Firenze 1959, pag. 269-270). In seguito egli ‘si dolse del conte che non havesse il comandamento di lui osservato d’ammazzar subito qualunque heretico gli fosse venuto alle mani’ (Leopold Von Ranke, op. cit., pag. 285). Quanto egli si compiacesse dello sterminio dei Protestanti è attestato anche dal fatto che egli mandò in premio il cappello e la spada benedetti al crudele duca d’Alba, per le sue stragi fatte compiere nei Paesi Bassi al tempo di Filippo II (cfr. Leopold Von Ranke, op. cit., pag. 270, 428-430). Si ritiene che durante i sei anni di governo del duca d’Alba (1567-1573) sarebbero state eseguite da sei a ottomila condanne capitali.

[2162]Queste lettere e queste notizie sono state citate da Luigi Desanctis in Roma papale, Firenze 1882, Terza ediz., pag. 293, 294, 295. Questo stesso papa sanguinario mentre si rallegrava per la morte di migliaia di Ugonotti dall’altro trattava con longanimità il prete Guercino, soprannominato ‘il re della campagna’, che si era reso colpevole di ben 44 omicidi ma non per ‘zelo religioso’ ma solo per derubare e per la voglia di uccidere. Guercino fu dal papa assolto sia spiritualmente che corporalmente!

[2163]Giov. 16:2,3

[2164]La storia dice che tra di loro ci furono anche degli scellerati che insegnavano cose perverse, si abbandonarono alla violenza e all’immoralità, ma questo non deve indurre a pensare che tutti gli Anabattisti fossero come costoro.

[2165]Si deve dire purtroppo che gli Anabattisti furono perseguitati anche dai riformatori Lutero, Melantone, Bucero e Zwingli. A proposito di quest’ultimo approvò un editto emanato dal consiglio di Zurigo nel 1526 che ordinava che quelli che si facevano battezzare o che battezzavano altri ‘dovevano essere annegati senza misericordia’. Questo loro comportamento fu diabolico al pari di quello della chiesa papista; né più e né meno.

[2166]W. Kemme Landels, Storia popolare dei Battisti, Torino 1918, pag. 83

[2167]W. Kemme Landels, op. cit., pag. 92

[2168]Ibid., pag. 94-95.

[2169]Citato da Giorgio Rochat in Regime Fascista e Chiese evangeliche, Torino 1990, pag. 37

[2170]Citato da Giorgio Rochat in op. cit., pag. 37

[2171]Il testo della circolare diceva: ‘Esistono in alcune province del regno semplici associazioni di fatto che, sotto la denominazione di pentecostali o pentecostieri o neumatici o tremolanti, attendono a pratiche di culto in riunioni generalmente presiedute da ‘anziani’. Il culto professato dalle anzidette associazioni, non riconosciute a norma dell’articolo 2 della legge 24 giugno 1929, n. 1159, non può ulteriormente essere ammesso nel regno, agli effetti dell’articolo 1 della citata legge, essendo risultato che esso estrinseca e concreta in pratiche religiose contrarie all’ordine sociale e nocive all’integrità fisica e psichica della razza. Pertanto le Loro Eccellenze provvederanno subito per lo scioglimento, dovunque esistano, delle associazioni in parola, e per la chiusura dei relativi oratori e sale di riunione, disponendo conseguentemente anche per una opportuna vigilanza, allo scopo di evitare che ulteriori riunioni e manifestazioni di attività religiosa da parte degli adepti possano avere luogo in qualsiasi altro modo o forma. Si gradirà sollecita assicurazione dell’adempimento’.

[2172]Luca 23:24

[2173]Mar. 15:15

[2174]Roberto Bracco, Persecuzione in Italia. Ricordi e bozzetti, Roma 1954, pag. 22, 46, 47, 48

[2175]E’ superfluo che io dica che tutti coloro che affermarono di non volersi sottomettere al papato ma solo alla Parola di Dio, e perciò rigettarono la salvezza per meriti umani, il purgatorio, la confessione, le indulgenze ed altre dottrine di demoni della chiesa romana non furono per nulla eretici. Gli eretici erano invece i Cattolici romani che perseguitavano coloro che per la grazia di Dio avevano compreso gli inganni papisti, erano loro che si dovevano convertire, erano loro che si dovevano ravvedere.

[2176]Già prima di Gregorio comunque alcuni concili (quello del Laterano del 1179, di Verona del 1184, e del Laterano del 1215), avevano decretato la persecuzione contro gli eretici e il loro sterminio, per cui si può dire che di fatto l’Inquisizione esisteva già prima che questo papa istituisse i tribunali inquisitori.

[2177]Tra i grandi Inquisitori spagnoli il più terribile fu il frate domenicano Torquemada che dal 1483 al 1498 inquisì più di centomila persone di cui circa 10.000 furono condannate al rogo e molte altre alla prigione a vita.

[2178]Faccio presente che l’Inquisizione nei secoli XIV e XV perseguì anche i bestemmiatori, gli stregoni, i sodomiti, gli adulteri, gli incestuosi, gli usurai, ed anche i violatori della domenica. Nel 1908 l’Inquisizione cambiò nome e prese quello di Sant’Uffizio; ma dal 1965 porta il nome di Congregazione per la Dottrina della Fede.

[2179]L’Arsenale della S. Inquisizione, Roma 1730, pag. 263. Per sostenere con le sacre Scritture la ‘salutare’ tortura a cui veniva sottoposto l’eretico i teologi papisti prendevano l’esempio di Paolo che diede quell’uomo che si teneva la moglie di suo padre in man di Satana a perdizione (o distruzione) della carne affinché lo spirito fosse salvo nel giorno di Cristo (cfr. 1 Cor. 5:1-5). Ma noi diciamo: ‘Ma bisogna essere veramente dal diavolo per sostenere con questo giudizio pronunciato dall’apostolo Paolo la pratica della tortura dell’Inquisizione contro gli eretici!’ L’apostolo Paolo con quel suo gesto non ha per nulla confermato la tortura papista contro gli eretici tanto è vero che a Tito a proposito dell’uomo settario gli dice: “L’uomo settario, dopo una prima e una seconda ammonizione, schivalo, sapendo che un tal uomo è pervertito e pecca, condannandosi da sé” (Tito 3:10,11); notate che non gli disse: ‘Dopo una prima e una seconda ammonizione torturalo o fallo torturare fisicamente affinché rientri in se stesso e riconosca la verità’, ma “schivalo”. Quindi Paolo ordinò a Tito di ammonire e non di torturare o far torturare i settari. La conclusione dunque a cui si giunge è questa: i papi e tutta la curia romana che sostennero l’Inquisizione dimostrarono di non tenere in nessun conto la Parola di Dio, di sprezzarla. Ad essi che erano uomini violenti e sanguinari, figli del diavolo loro padre di cui volevano fare i desideri, importava solo mantenere gli uomini sotto il loro dominio per riempirsi le tasche con il loro denaro; della salvezza delle loro anime non gli importava proprio nulla. Ma Dio è giusto e come non lasciò impunito il sangue di Abele, quello di Naboth, e il sangue dei profeti, ma lo vendicò, così vendicherà il sangue di tutti quei santi messi a morte dall’Inquisizione papista. Essi hanno sparso il sangue dei santi e Dio darà loro a bere del sangue; ne sono degni. E affinché nessuno pensi che siamo pronti a condannare solo i misfatti della chiesa cattolica romana ma non quelli dei Protestanti, ribadisco con forza che noi come figliuoli di Dio condanniamo qualsiasi atto di violenza, qualsiasi sopruso, qualsiasi tortura, qualsiasi incitamento allo sterminio dei Cattolici romani e di eretici (veri o solo di nome e non di fatto), compiuti dai Protestanti non importa se Luterani, Calvinisti, Anglicani, Ugonotti o altro, perché di gente omicida figlia del diavolo che ha usata la violenza contro i suoi nemici ce n’è parecchia pure tra coloro che erano stati definiti Protestanti.

[2180]De tertio modo procedendi in causa fidei per tormenta, pag. 480,481

[2181]A conferma che fosse così ci sono le seguenti affermazioni papali. Urbano II (1088-1099) affermò: ‘Noi non riteniamo omicidi coloro che, mossi da zelo per la loro Madre Cattolica contro le persone scomunicate, hanno ucciso alcune di esse’. Leone X con la sua bolla Exurges condannò come eretica la seguente affermazione di Lutero: ‘E’ contrario alla volontà dello Spirito Santo che gli eretici siano bruciati’. E poi c’è la seguente affermazione del loro dottore ‘angelico’ Tommaso d’Aquino: ‘... Gli eretici meritano non solamente d’essere scacciati dalla Chiesa mediante la scomunica; essi meritano altresì d’essere tolti dalla vita mediante la morte’ (Somma Teologica II, II quest. XI, art. 3). Ed infine questa del cardinale Baronio: ‘Santo Padre, doppio è l’ufficio di Pietro: Pascere ed uccidere, giusta il detto: ‘Pasci le mie pecore’ e giusta quell’altro: ‘Ammazza e mangia’. Quando intanto il Papa ha da fare cogli ostinati, e cogli avversari, allora è comandato a Pietro di accopparli e scannarli, e poscia mangiarseli’ (Epist. al Papa contro i Veneziani). Stando così le cose la chiesa papista si mise contro Crisostomo uno dei suoi padri che aveva detto: ‘Mettere a morte un eretico sarebbe introdurre in sulla terra un crimine inespiabile...’ (Homelia XLVI in Mattheum cap. I). Altro esempio questo di come la chiesa papista contraddice anche i suoi padri quando gli fa comodo. Ma come facevano i papi e i loro teologi a sostenere con le Scritture che gli eretici dovevano essere fatti morire? Prendendo quelle parole della legge di Mosè dove viene detto di non avere pietà neppure di un proprio familiare nel caso questi avesse predicato l’apostasia ma di ucciderlo (cfr. Deut. 13:6-11) per togliere il male di mezzo ad Israele, e le parole di Luca che dice che Anania e Saffira morirono per avere mentito allo Spirito Santo. Per quanto riguarda la legge di Mosè diciamo che Gesù è venuta a completarla con l’ordine di amare i nostri nemici e perciò sotto la grazia non è permesso a noi credenti di uccidere uno che ha abbandonato la fede perché ha dato retta a dottrine di demoni. L’amore non fa male alcuno al prossimo, dice Paolo. Questo non vuole dire che gli apostati vanno tollerati, perché essi devono essere allontanati dalla fratellanza e considerati come il pagano ed il pubblicano. Per ciò che riguarda Anania e Saffira diciamo solamente che non furono gli apostoli a farli morire o a decretare la loro morte, ma Dio che è giusto e santo. Fu un suo giudizio per cui gli apostoli non si resero affatto responsabili della loro morte. Accettiamo i giudizi di Dio quindi anche quando sono dei giudizi di morte perché sono giusti e sono esercitati dal Giudice dei vivi e dei morti. Ma non accettiamo come giusta una condanna a morte contro un credente che apostata, o diventa un sodomita o uno stregone, di un tribunale di una chiesa non importa se formato da cardinali o vescovi o preti, o da pastori ed anziani, perché Gesù disse: “Non condannate” (Luca 6:37). E non accettiamo neppure che un simile tribunale dia il condannato a morte nelle mani delle autorità civili per farlo mettere a morte da esse pensando così di non potere essere poi incolpato per la morte di esso perché di fatto un simile tribunale si rende partecipe dell’uccisione del condannato come si resero partecipi i membri del Sinedrio dell’uccisione di Gesù compiuta dalle mani dei Romani.

[2182]Si tenga presente che gli inquisitori condannavano pure i morti infatti esumavano pure i cadaveri dei presunti rei di eresia, e condannavano le spoglie ad essere interrate in un luogo non sacro, oppure bruciate, confiscando i beni agli eredi della prima o della seconda generazione.

[2183]I capi d’accusa mossi contro Paleario furono ristretti ai seguenti quattro articoli: 1° Ch’egli negava il purgatorio; 2° disapprovava la sepoltura nelle basiliche; 3° metteva in ridicolo la vita monastica; 4° diceva che bastava la sola fede in Gesù Cristo per salvarsi, senza bisogno dei riti e del culto cattolico romano.

[2184]Prima di essere portato al supplizio gli fu concesso di scrivere delle lettere a sua moglie e ai suoi figli. Ecco la lettera indirizzata a sua moglie Marietta Paleari: ‘Consorte mia carissima, Non vorrei che tu pigliassi dispiacere del mio piacere, ed a male il mio bene. E’ venuta l’ora che io passi da questa vita al mio Signore e padrone e Dio. Io vi vo tanto allegramente alle nozze del Figliuolo del gran Re, il che ho sempre pregato il mio Signore per la sua bontà e liberalità infinita mi concedesse. Sicché, mia consorte dilettissima, confortatevi della volontà di Dio, e del mio contento, ed attendete alla famigliola sbigottita che resterà, di allevarla e custodirla col timore di Dio, ed esserle madre e padre. Io era già di settanta anni vecchio e disutile. Bisogna che i figli con la virtù e col sudore si forniscano a vivere onoratamente. Dio Padre e il Signor nostro Gesù Cristo e la comunione dello Spirito Santo sia con lo spirito vostro. Roma, il dì 3 luglio 1570. Tuo marito Aonio Paleario.

[2185]Per la chiesa cattolica romana morì anche lui eretico impenitente. Il cardinale Baronio lo conferma dicendo negli Annali della Chiesa: ‘Quando si vide chiaro che questo figlio di Belial era ostinato e refrattario, e che non si poteva in alcun modo farlo tornare dalle tenebre dell’errore alla luce della verità, fu meritatamente esposto alle fiamme, affinché dopo avere sofferto in questo mondo pene momentanee, andasse a soffrire le eterne’.

[2186]A proposito di alcuni inquisitori che hanno compiuto questi ‘abusi’ è vero che il papato fa presente che li punì e li scomunicò, ma a che serve dire questo quando il sistema inquisitoriale istituito dai papi, che si definivano i vicari di Cristo, era iniquo dall’inizio alla fine perché contrario alla parola di Cristo di cui loro dicevano di fare le veci? I teologi papisti farebbero meglio e prima a condannare in blocco l’Inquisizione ed affermare che coloro che la istituirono e la eseguirono erano dal diavolo e non da Dio anziché mettersi a difenderla con simili ragionamenti vani che non fanno altro che andare a loro disonore.

[2187]Enciclopedia Cattolica, vol. 7, 47

[2188]Jean-Louis Bruguès, op. cit., pag. 122

[2189]Ecco come si dovevano comportare i Gesuiti quando facevano una nuova fondazione in qualche luogo: ‘Si guardino i nostri religiosi di comperar fondi nel principio della fondazione, ma se ne comprassero qualcheduno a noi comodo, ciò si faccia con un nome imprestato di qualche amico fedele e segreto; ed acciocché meglio risplenda la nostra povertà, i beni che sono vicini ai luoghi nei quali abbiamo i collegi, si assegnino dal provinciale ai colleghi lontani; dal che succederà che mai il principe o il magistrato avranno certa notizia delle entrate della Compagnia’ (Secreta monita societatis Jesu - Le norme segrete della società di Gesù -, capo I, 5).

[2190]Si consideri che quando nel sedicesimo secolo i Gesuiti andarono in Cina a portarvi il cattolicesimo per conquistare i cinesi al cattolicesimo, sapendo che essi erano molto attaccati alla loro religione e che non avrebbero mai accettato il cattolicesimo se fossero stati loro proibiti i riti della loro religione, predicavano che i cinesi potevano diventare ‘cristiani’ continuando a celebrare i loro riti in onore di Confucio e dei loro antenati. E per questa ragione si scontrarono con i missionari Domenicani che erano in Cina che avevano condannato quei riti e dichiarati incompatibili con il ‘cristianesimo’. Clemente XI (1700-1721) condannò quei riti e ordinò che tutti i missionari della Cina dovevano giurare di detestare i riti cinesi e promettere di non tollerarli mai. Ma, ennesima contraddizione tra i papi, nel 1939 sotto Pio XII la Congregazione de Propaganda Fide dichiarò che i tempi erano cambiati e che coloro che si convertivano al ‘cristianesimo’ non dovevano rinunciare al culto degli antenati.

[2191]Sul furto, Casnedi, un loro teologo, affermava: ‘Dio non proibisce il furto se non che quando esso è riconosciuto come cattivo; ma quando è considerato come buono, non è vietato’ (Casnedi, Giudizi teologici, tomo I, pag. 278). Appoggiandosi su questo diabolico insegnamento i Gesuiti si sono appropriati nel corso dei secoli per il mondo intero dei beni altrui con l’astuzia, sempre naturalmente ad majorem Dei gloriam. Per esempio tante volte hanno carpito con l’inganno a danno dei legittimi eredi (tra i quali molti sono stati da loro calunniati e poi fatti cacciare in prigione) donazioni e testamenti. Avendo l’autorità di confessare quando si presentavano al letto dei ricchi che erano in procinto di morire e che confessavano di essersi arricchiti illecitamente gli dicevano che se volevano salvarsi dovevano dare il loro denaro ai santi in cielo. E per sostenere ciò prendevano le parole di Gesù: “Fatevi degli amici con le ricchezze ingiuste; affinché, quand’esse verranno meno, quelli vi ricevano ne’ tabernacoli eterni” (Luca 16:9); che loro interpretavano astutamente in questa maniera: se essi davano le loro ricchezze acquistate illecitamente ai preti o ai frati in onore dei santi (facendosi in questa maniera per amici i santi in cielo) si sarebbero guadagnati il paradiso. E così avveniva che il moribondo non veniva esortato a pentirsi e a riparare i danni fatti restituendo i beni a coloro che erano stati da lui frodati ma venivano esortati a lasciare i suoi beni ai Gesuiti (e i legittimi eredi naturalmente si ritrovavano senza nulla). Ma questa non è che una delle svariate maniere in cui i Gesuiti si sono arricchiti alle spalle delle persone facendo ricorso all’astuzia. Di loro si può ben dire quello che dice Geremia: “Son diventati potenti nel paese, ma non per agir con fedeltà; poiché procedono di malvagità in malvagità, e non conoscono me, dice l’Eterno” (Ger. 9:3).

[2192]Ecco come i Gesuiti dovevano comportarsi verso le vedove ricche e verso gli uomini ricchi: ‘...se queste vedove accettano simili offerte e cominciano a visitare le nostre chiese, si proveggano le medesime di un confessore dei nostri per dirigerle, particolarmente per farle perseverare nello stato vedovile, enumerando e lodando gli effetti e la felicità di questo stato, e si facciano i nostri padri mallevadori di quell’eterno merito che verranno esse ad acquistarsi nel conservarsi in un tale stato, e di essere anche un rimedio efficacissimo per evitare le pene del purgatorio’ (Secreta monita societatis Jesu - Le norme segrete della società di Gesù -, cap. VI, 1); ‘...Si descrivano ancora i vizi e i cattivi costumi di altri che aspirassero alle sue nozze, sempre che si avvegga il direttore che tali persone sieno di genio alla vedova, acciocché possa con tutti aborrire le seconde nozze’ (op. cit., capo VI, 9); ‘Si visitino spesso, e si ricreino, e si rallegrino con giocondi discorsi, ed istorie spirituali, ed ancor con facezie secondo l’umore ed inclinazione di ciascheduna’ (Ibid., capo VII, 4); ‘Finalmente, purché non vi sia pericolo che queste vedove lascino l’affezione alla società e ci voltino le spalle, anzi proseguiscano ad esserci sempre più fedeli e liberali, si conceda loro tutto ciò che ricerca il piacere, il lusso e la sensualità, ma moderatamente ed escluso lo scandalo’ (Ibid., capo VII, 7); ‘Per indurre la medesima vedova a testare di tutto ciò che possiede a favore della nostra Società si proponga la perfezione dello stato degli uomini santi, i quali, abbandonato il mondo ed i parenti, e rinunciati tutti i beni, servirono a Dio con gran rassegnazione e con ilarità di animo. Si espongano a questo effetto tutte quelle cose che si dicono e si enunciano nella costituzione e nell’esame della Società intorno a queste rinunzie e distacchi da tutti i beni che si posseggono. Si alleghino gli esempi di quelle vedove le quali in tal guisa in poco tempo diventarono sante, con speranza di canonizzazione, perché in tal maniera hanno perseverato sino alla fine della vita; e si dimostri alle medesime che non mancherà l’autorità dei nostri religiosi presso il papa per venire all’atto di questa canonizzazione’ (Ibid., capo VII, 10); ‘Tutte queste cose che si sono dette delle vedove dovranno eseguirsi ancora in ordine ai mercanti, ai ricchi cittadini, agli ammogliati privi di prole, dai quali la società non rade volte acquisterà tutta l’eredità, se prudentemente si eseguiranno queste regole’ (Ibid., capo IX, 4); ‘Se accaderà che le vedove o i ricchi a noi addetti abbiano figlie, procurino i nostri religiosi di incamminarle dolcemente allo stato di bizzocche o di monache con far loro lasciare una onesta dote, e gli altri beni poi a poco a poco si acquistino per la Società. Che se abbiano figli i quali siano atti per la Società, si procuri di tirarli alla medesima...’ (Ibid., capo IX, 8).

[2193]Ecco come i Gesuiti erano ammaestrati a comportarsi nei confronti dei principi delle nazioni ad majorem Dei gloriam: ‘Insegnando poi la sperienza, che i principi ed i magnati allora specialmente sono attaccati alle persone ecclesiastiche quando queste dissimulano le loro odiose pratiche, e piuttosto interpretano le medesime nel miglior senso, come sarebbe nei matrimoni da contraersi cogli affini e consanguinei o simili, dovendosi in tal caso animare ed incoraggiare quei signori che mostrano un tal desiderio, ed anche speranzarli che per mezzo dei nostri religiosi possano facilmente impetrarsi simili dispense dal papa, il quale le concederà, se si spieghino le ragioni, si adducano gli esempi, e si portino le favorevoli opinioni, col pretesto del bene comune e della maggior gloria di Dio, che è lo scopo della Società’ (Secreta monita societatis Jesu - Le norme segrete della società di Gesù -, capo II, 2); ‘Le persone più particolarmente favorite e domestiche dei principi, delle quali essi principi si servono familiarmente, dovranno vincersi ed obbligarsi per mezzo di piccioli doni, e particolarmente per mezzo di varii offizi di pietà, acciocché informino i nostri religiosi fedelmente degli umori e delle inclinazioni dei principi e dei magnati; e così facilmente la Società troverà la maniera di accomodarsi all’animo dei principi medesimi’ (op. cit., capo II, 5); ‘I nostri religiosi dirigano talmente le coscienze dei principi e della nobiltà, che mostrino, che tutto venga da essi religiosi suggerito, tenda unicamente alla maggiore gloria di Dio, ed a quella medesima autorità di coscienza, che gli stessi principi richieggono dai medesimi religiosi. Ma per quanto riguarda la direzione dei medesimi signori ad un esterno e politico governo, dovrà farsi dai nostri confessori e predicatori a poco a poco, ed insensibilmente non meno nella confessione, che nei familiari discorsi’ (Ibid., capo IV, 1); ‘Si ricordino principalmente i confessori e predicatori nostri di trattare soavemente e blandamente i principi, di non mai riprenderli nelle prediche e nei privati colloqui, di scacciare da essi tutti i timori e di esortarli particolarmente nella speranza, nella fede e nella giustizia politica’ (Ibid., capo IV, 4).

[2194]Franc. Suarez, Def. Fid. Cathol. lib. VI, cap. 4

[2195]G. Huber, I Gesuiti, Roma 1909, pag. 134.

[2196]Il cardinale Acciajuoli quando tornò dal Portogallo avrebbe dichiarato ‘that the Jesuits were undoubtedly the authors of the attempted assassination of H. M. Dom. Joseph’ (‘che i Gesuiti erano senza dubbio gli autori del tentato assassinio di H. M. Dom. Joseph’). Cfr. Leopold von Ranke, op. cit., pag. 1031.

[2197]Luigi Desanctis racconta in Roma papale che poco dopo la soppressione dei Gesuiti si trovò una mattina affisso sulle porte del Vaticano un cartello con queste lettere I. S. S. S. V. Nessuno capiva il significato ed il cartello fu portato al papa il quale lo comprese immediatamente perché prima di diventare papa era stato frate e conosceva i Gesuiti. Egli lo lesse così: ‘In settembre sarà sede vacante’. Il 22 settembre del 1774 il papa morì. Sia nella maniera in cui morì e sia sul suo cadavere furono riscontrati i segni di un avvelenamento.

[2198]La Pontificia Università Gregoriana, il Pontificio Istituto biblico, e il Pontificio Istituto di studi orientali, che si trovano qui a Roma sono tutti gestiti dai Gesuiti. Francis Sullivan e Carlo Maria Martini, ora arcivescovo cardinale di Milano, tramite cui, viene detto, il movimento carismatico cattolico si è diffuso qui a Roma sono Gesuiti. Civiltà cattolica è un periodico dei Gesuiti. Pierre Teilhard de Cardin, molto apprezzato nel New Age, era un Gesuita che al suo tempo fu condannato dalla chiesa cattolica per le sue idee panteiste ma oggi è riconosciuto da molti Cattolici come ‘un teologo all’avanguardia dei suoi tempi’ e come ‘ il più grande modello per il pensatore cattolico moderno’. Tra i canonizzati santi della chiesa cattolica Bellarmino, Francesco Saverio, Luigi Gonzaga, erano Gesuiti.

Molti Gesuiti di oggi insegnano apertamente cose che si oppongono alla dottrina cattolica (per esempio approvano l’omosessualità, l’aborto, il sacerdozio delle donne, il coinvolgimento diretto nella politica, mettono in dubbio la divinità di Cristo, l’infallibilità papale, ecc.) per cui non sono affatto ben visti dal papa. Si deve quindi dire che i Gesuiti nel loro insieme non sono più gli uomini del papa (quali erano per esempio al tempo di Loyola) di cui il papa si può fidare per mantenere ed estendere la sua autorità nel mondo. E’ guerra aperta ormai tra papa e Gesuiti. Giovanni Paolo I eletto papa il 26 Agosto 1978 aveva un atteggiamento sfavorevole alla compagnia di Gesù e si proponeva di pronunciare un duro discorso di monito alla Congregazione generale dei Gesuiti che si sarebbe tenuta a Roma il 30 settembre 1978. Il papa aveva in mente, se la Compagnia non ritornava ad assumere il ruolo che gli era stato assegnato, di liquidare definitivamente l’ordine. Ma quel discorso non poté tenerlo perché la mattina del 29 settembre fu trovato morto sul suo letto. Giovanni Paolo II nel 1981 depose l’allora Generale dell’ordine Pedro Arrupe perché aveva fama di liberale (costui infatti permetteva la pubblicazione di libri di autori Gesuiti che andavano contro gli insegnamenti tradizionali della chiesa cattolica) e nominò un altro al suo posto. Il cattolicesimo rimane comunque fortemente impregnato di gesuitismo perché molti istituti cattolici sono in mano ai Gesuiti e là gli studenti imparano la ‘morale’ dei Gesuiti.

[2199]Matt. 5:11,12

[2200]Eccl. 3:15

[2201]Per farvi capire come in questa nazione chi parla apertamente contro il papato si attira inequivocabilmente anche l’inimicizia del governo italiano e dei maggiori partiti politici, basterà considerare che nel momento in cui l’onorevole Umberto Bossi, ha detto della chiesa cattolica romana che lei si deve occupare di cose spirituali e non di cose temporali, ed ha ricordato alcuni fatti storici quali l’Inquisizione che perseguitò anche i ‘dissidenti’ politici che erano avversi al potere temporale del papato, si è scatenato contro di lui una tempesta perché ha cominciato ad essere ammonito sia da uomini politici che dal papato. Mi preme dire che ho citato questo esempio solo per farvi capire come nel momento che si dicono pubblicamente alla chiesa cattolica romana certe cose che sono vere, allora quella che è chiamata il ‘gigante buono’ si mostra quella che è sempre stata; la chiesa che non ammette che qualcuno le dica che non si deve occupare di politica o che il potere temporale che essa possiede non è in armonia con l’insegnamento del Vangelo, e tante altre cose. E’ vero che l’onorevole Bossi ha parlato da uomo politico che porta avanti certe idee politiche che noi non appoggiamo (come non appoggiamo le idee politiche di nessun altro politico perché non facciamo politica), che ha usato pure parole oltraggiose nei confronti della curia romana che noi non siamo chiamati ad usare contro i nostri nemici, ma rimane un dato di fatto; egli ha detto pure delle cose vere contro cui, chi conosce la storia del papato, non può dire che siano false, e che ricordano come il papato nel corso dei secoli ha fatto uso della violenza per estendere e mantenere il suo potere. Riflettete fratelli sulla reazione del papato ai discorsi di Bossi, perché essa dice molte cose.

[2202]Studiando la storia degli Ebrei si vedrà che molte volte essi sono scesi in Egitto in cerca di soccorso e ciò tornò a loro confusione. Per esempio come dopo la distruzione di Gerusalemme quando i superstiti pensarono che scendendo in Egitto non avrebbero più visto la guerra, e non avrebbero più sofferto la fame, e disubbidirono a Dio che gli aveva detto tramite Geremia di rimanere nel paese di Giuda perché sarebbe stato con loro e non avrebbero dovuto temere, ed invece Dio li mandò a punire là in Egitto dove essi si credevano al sicuro (cfr. Ger. 42:1-22; 43:1-13; 44:1-30).

[2203]La storia del popolo d’Israele ci insegna questo. Per esempio ai giorni di Giuseppe gli Ebrei in Egitto ebbero il favore di Faraone, ma morto Giuseppe sorse un Faraone che li perseguitò. Si tenga presente però che Giacobbe e i suoi non scesero a rifugiarsi in Egitto perché non confidavano in Dio, ma perché Dio aveva operato in tale maniera in loro favore che essi non fecero nulla per ricevere tutti quegli aiuti da Faraone in quel tempo di bisogno.