Messico: 70 evangelici minacciati di essere crocifissi

Lo scorso 12 settembre, 70 evangelici messicani sono stati espulsi dal loro villaggio. I loro avversari avevano minacciato di crocifiggerli se avessero rifiutato di andarsene via.

Se non lasciate immediatamente il villaggio bruceremo e distruggeremo le vostre case, e sarete crocifissi o linciati!

Questo è l’ultimatum che hanno ricevuto le famiglie evangeliche di San Rafael Tlanalapan, nello stato di Puebla, nel sud-est del Messico. Da allora hanno trovato rifugio nei villaggi circostanti, ma hanno perso tutto.

È da molto tempo che gli evangelici del villaggio sono discriminati. Dal 2006 non hanno più accesso alla rete idrica, e nonostante siano quasi un centinaio, non hanno il diritto di avere un luogo di culto.

Ma la situazione è veramente peggiorata due settimane fa quando il leader religioso locale ha incitato a cacciare via tutti gli evangelici del villaggio.

In questo villaggio, la religione locale è un misto di credenze cattoliche e riti tradizionali. Rifiutando di partecipare a questi riti, gli evangelici si attirano l’ira delle autorità e dei loro vicini.

Via | portesouvertes.fr

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‘La Luce del Mondo’: una setta molto pericolosa

La Luz del Mundo, ossia ‘La Luce del Mondo’, è una setta di matrice pentecostale che ha la sua sede centrale a Guadalajara, Jalisco, Messico, dove hanno eretto un luogo di culto gigantesco che è alto più di 80 metri ed ha una capienza di 12.000 posti (guarda il video). La zona attorno al loro ‘tempio’ è chiamata La Hermosa Provincia (La Bella Provincia) ed è abitata quasi esclusivamente dai membri della setta.

La setta si basa sui suoi due capi carismatici, che sono chiamati ‘apostoli’, che sono Eusebio Joaquin Gonzalez (1898-1964), conosciuto come ‘Aaronne’, ed a partire dal giugno 1964, suo figlio Samuel Joaquín Flores (1937-).

Eusebio Gonzalez, il fondatore della setta, affermava di avere avuto il 6 Aprile 1926 una rivelazione da parte di Dio, che gli parlò dandogli il nome ‘Aaronne’ e affidandogli la missione di restaurare la Chiesa Primitiva e stabilire un nuovo popolo eletto.

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Messico: In un anno 47 attacchi contro gruppi evangelici

I casi di intolleranza religiosa contro le comunità evangeliche ammontano a 47 attacchi l’anno scorso e, finora, nel 2011 ce ne sono stati sette.

Le persone colpite sono soprattutto quelle indigene, che sono state espropriate delle loro terre o hanno visto bruciare le loro case, e gli impediscono di ricevere l’acqua dalle comunità cattoliche.

Secondo le informazioni provenienti dalle chiese evangeliche negli Stati, il maggior numero di casi di intolleranza si registra in Chiapas, Oaxaca e Hidalgo.

I casi di intolleranza registrati contro le chiese evangeliche non vengono solo da cattolici, ma anche dalle autorità statali e locali che sostengono la religione guidata da Benedetto XVI.

In Chiapas, alcuni dei casi di intolleranza sono stati registrati a Los Llanitos, municipio di Teopisca. In quel luogo gli indigeni evangelici hanno riferito che due dei loro compagni sono stati trattenuti da un gruppo di cattolici per aver rifiutato di contribuire a coprire le spese delle feste cattoliche.

A San Cristobal de las Casas cattolici indigeni hanno distrutto 13 case di proprietà di cinque famiglie di evangelici che rifiutano di collaborare con le loro feste religiose.

A Muquem, municipio di Chamula, degli indigeni hanno riferito che degli assessori municipali gli hanno chiesto di firmare un documento di rinuncia alla loro fede evangelica.

via agenciaorbita.org

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Messico, Chiapas: cattolici tradizionalisti distruggono 13 case di evangelici

Indigeni cattolici della comunità Los Llanos di San Cristobal de Las Casas hanno distrutto 13 costruzioni di proprietà di cinque famiglie evangeliche che si rifiutano di cooperare per la celebrazione di feste religiose, ha denunciato il pastore Esdras Alonso González, che ha ricordato che la distruzione di un luogo di culto avvenuta nel maggio del 2009 rimane impunita.

Egli ha spiegato che le case, 12 di lamiera e legno, e una di cemento, sono state distrutte prima di mezzogiorno di questo mercoledì da circa 200 tradizionalisti armati di machete, bastoni, piedi di porco, martelli e altri attrezzi.

Via | cuarto-poder.com.mx

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Chiapas, Caso Acteal: altri 9 prigionieri rilasciati

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Il 4 novembre scorso la Corte Suprema Messicana ha rilasciato altri 9 prigionieri accusati del massacro di Acteal (vedi campagna Chiapas: i prigionieri di Acteal). La Corte ha deciso inoltre di riaprire il caso di altri 16 uomini, perciò una corte minore da oggi potrebbe rivalutare la situazione di queste persone. Queste due positive notizie giungono dopo la decisione del 12 agosto scorso, con la quale la stessa Corte aveva ordinato il rilascio immediato di 20 prigionieri e la rivalutazione del caso di altri 6. In tutto, dunque, dopo ben 12 anni di prigione, la Corte ha ordinato il rilascio di 29 persone accusate ingiustamente di omicidio e la rivalutazione dei casi di altre 22, tutte chiamate a pagare per l’orribile crimine di Acteal. Questi rilasci e rivalutazioni avvengono in virtù delle evidenti prove d’innocenza di molti di questi prigionieri, tra cui la confessione di 5 detenuti che hanno ammesso di essere i killer, assieme ad altri 4 tuttora latitanti.
Secondo la Corte queste persone erano state condannate tramite processi ingiusti, nei quali la parte accusante aveva fabbricato illegalmente testimonianze e prove a danno degli accusati. La comunità evangelico-cristiana ha visto un gruppo di loro membri accusati e intrappolati tra due fuochi, da una parte i superstiti del massacro alla ricerca di colpevoli su cui scaricare la rabbia e il dolore di quanto accaduto e dall’altra le forze di polizia, interessate a chiudere in fretta il terribile caso dei 45 civili uccisi ad Acteal il 22 dicembre 1997. Tra gli innocenti arrestati (e solo in parte ora, dopo 12 anni, rilasciati) vi sono, come si è detto, parecchi indios cristiani evangelici, da cui l’interesse di Porte Aperte per il caso: in questa particolare zona del Messico, il Chiapas, i cristiani subiscono pressioni e vessazioni di varia natura da parte di una fetta della società e l’accusa di omicidio – nonostante fossero palesemente innocenti – ne è solo un esempio.

I prigionieri rilasciati il 4 novembre 2009 sono Emilio Gomez Luna, Hilario Guzman Luna, Ignacio Gomez Gutierrez, Juan Gomez Perez, Juan Hernandez Perez, Manuel Luna Perez, Mariano Diaz Chicario, Pablo Perez Perez e Pedro Lopez Lopez. La Corte Suprema continua la sua attività di rivalutazione dei casi di coloro che permangono tuttora in prigione, ma sta subendo forti pressioni da gruppi politici differenti, come i “Fray Bartolomé de las Casas” che, pur essendo una minoranza, lanciano accuse e minacce contro gli innocenti rilasciati, definendoli comunque (anche se le prove dimostrano il contrario) i colpevoli degli omicidi. Tomás Méndez, uno dei prigionieri rilasciati in precedenza, che in carcere aveva svolto opera di evangelizzazione tra i detenuti, ha dichiarato: “Nel mio cuore vi è il desiderio profondo di perdonare coloro che mi hanno fatto del male. Non c’è rancore, perché in prigione ho imparato a cercare Dio e ad essere un Suo umile servo”.
Un altro gruppo, “Las Abejas”, cerca di far passare l’idea che i rilasciati ora vogliano vendicarsi dei 12 anni di carcere ingiusto e in tutti i modi sta provando ad ottenere una nuova carcerazione (anche con nuove false accuse e aperte minacce di morte), sebbene per la giustizia e le forze dell’ordine sia evidente che i cristiani rilasciati e buona parte di quelli ancora in carcere siano totalmente innocenti.

Il 2 settembre scorso i 20 cristiani tornati in libertà hanno partecipato a un culto domenicale, durante il quale hanno pubblicamente ringraziato Dio e tutti i fratelli e le sorelle del mondo intero che, attraverso Porte Aperte, hanno partecipato alla petizione in loro favore, convinti che le pressioni internazionali abbiano spinto la Corte Suprema a rimediare alle ingiustizie commesse in questi anni. Hanno ringraziato, inoltre, tutti voi per aver sostenuto Porte Aperte, dato che la missione si è presa cura anche dei familiari, provvedendo cibo, cure mediche e aiuti socio-economici di vario genere. Purtroppo, però, per quanto difficile sia da credere, non hanno ancora potuto tornare alle loro famiglie, a causa delle minacce di morte che subiscono da più parti.

Fonte: Porte Aperte Italia

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