Anp: Le decisioni di Israele possono causare una nuova Intifada

di Federica Ramacci*

La decisione di Israele di inserire nella lista del patrimonio nazionale ebraico la Tomba dei patriarchi di Hebron e la Tomba di Rachele a Betlemme potrebbe causare una nuova Intifada.

E’ quanto ha affermato ieri il presidente palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) a Bruxelles, dove si trova per una serie di visite ufficiali con i vertici del Belgio e dell’Unione Europea.

“E’ una provocazione molto grave e potrebbe portare ad una guerra religiosa”, ha dichiarato il presidente Abbas, che accusa il governo israeliano di aver preso questa decisione “in un momento già particolarmente critico” per il processo di pace tra palestinesi e israeliani che invece richiederebbe “una azione intensa e coordinata da parte della comunità internazionale ed uno stop alla costruzione degli insediamenti illegali in Cisgiordania”.

Abbas ha poi lanciato un appello all’Ue affinché partecipi “attivamente al fianco degli Stati Uniti” alla ripresa del processo di pace o il rischio è quello di “una nuova spirale di violenza nella Regione”.

L’annuncio del governo israeliano di inserire i due siti archeologici di Hebron e Betlemme nella lista del patrimonio nazionale dello Stato ebraico ha già scatenato la rabbia dei palestinesi, convinti che le due aree saranno poi interdette ai musulmani.

L’Autorità palestinese ha indetto uno sciopero generale di tre giorni a Betlemme, che prevede la chiusura di negozi, scuole e università, mentre da Hebron continuano ad arrivare notizie di scontri tra palestinesi e soldati israeliani.

Durissimo anche l’intervento di Ismail Haniyeh, primo ministro palestinese a Gaza, che ha definito la decisione di Israele “un gesto irrispettoso nei confronti del team di negoziatori palestinesi”. “La decisione è la prova dell’occupazione israeliana in Cisgiordania”, ha detto Haniyeh che ha esortato i palestinesi della Cisgiordania a ribellarsi contro il progetto israeliano di “annullare la nostra identità e rubare la nostra storia”.

Luoghi contesi

I due siti inseriti da Israele nella lista del patrimonio nazionale ebraico hanno un forte valore simbolico e religioso sia per i musulmani che per gli ebrei e sono stati in più di una occasione teatro di violenti scontri tra israeliani e palestinesi.

In particolare la Tomba dei Patriarchi di Hebron è il luogo dove il 25 febbraio 1994 il colono ebreo Baruch Goldstein uccise 29 fedeli islamici inginocchiati in preghiera prima di essere linciato e secondo la tradizione ebraica è il luogo dove sono custoditi i resti di Abramo e dei figli Isacco e Giacobbe, figure care sia alla religione ebraica che ai musulmani.

Il 28 settembre del 2001 fu proprio l’ormai storica passeggiata di Ariel Sharon in un altro luogo sacro per i musulmani, l’Haram al-Sharif (Spianata delle Moschee), a dare il via alla seconda Intifada.

Eppure, nonostante gli appelli delle autorità palestinesi e i timori per una nuova escalation di violenza, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato in una intervista al quotidiano Ha’aretz che i negoziati con i palestinesi potrebbero riprendere molto presto.

Lo stesso quotidiano israeliano, citando fonti giordane, ha assicurato oggi che i negoziati tra palestinesi e israeliani potrebbero riprendere già il prossimo 12 marzo e per tre mesi, con la mediazione degli Stati Uniti.

* per Osservatorio Iraq(Yedioth Ahronoth , Ha’aretz, Bbc News)[24 febbraio 2010]

Fonte: OsservatorioIraq.it

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Apertura del Museo del Buon Samaritano nella West Bank

Fonte: Jerusalem Post édition française – riprodotto con autorizzazione

Il Museo del Buon Samaritano, vicino a Maaleh Adumim, sulla strada che collega Gerusalemme a Gerico, è stato aperto ufficialmente giovedì dopo scavi archeologici durati nove anni. Vi si potranno ammirare dei mosaici provenienti dalla Giudea-Samaria e da Gaza.

“L’apertura del museo in questo luogo è un progetto fresco in questi giorni in cui gravi minacce pesano sugli insediamenti, e la legittimità della nostra presenza è rimessa in questione”, ha detto Reuven Rivlin, un membro del Likud alla Knesset.

“L’apertura di un sito di tale importanza è un segnale chiaro: non abbiamo abbandonato questa regione e non smetteremo di sottolineare che le nostre radici nazionali e storiche sono in questi luoghi”, ha aggiunto.

Il ministro del Turismo Stas Misezhnikov ha espresso il desiderio che il sito, che si potrà visitare gratuitamente tutti i giorni, tranne il sabato, sia molto frequentato dai turisti cristiani che si recano in Terra Santa. “Credo che questo luogo diventerà un luogo di pellegrinaggio per milioni di cristiani”, ha detto.

Il luogo, conosciuto come la Locanda del Buon Samaritano, è stato chiamato così nel periodo bizantino, quando si è scoperto che il luogo menzionato nella parabola del Buon Samaritano del Nuovo Testamento era qui.

Gli archeologi,  durante gli ultimi dieci anni, hanno scoperto nel sito dei resti risalenti al periodo del Secondo Tempio.

Durante il periodo bizantino, il sito è diventato un punto di passaggio per i pellegrini cristiani, e una locanda – comprendente una chiesa, una cisterna, degli alloggi residenziali ed una fortezza per proteggere i pellegrini dai briganti – è stata costruita.

La struttura che ospita il museo è stata costruita durante il periodo ottomano ed era allora un posto di guardia.

I mosaici che sono esposti sono stati trovati in sinagoghe e in chiese della Giudea-Samaria e di Gaza.

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Gruppo Israeliano “B’Tselem” per la sete dei Palestinesi

In alcune aree nel nord della Cisgiordania il consumo di acqua pro-capite è sceso a un terzo della quantità minima necessaria e questa estate la carenza d’acqua -“dovuta a un’iniqua distribuzione delle risorse idriche condivise dai palestinesi e Israele” – sarà ancora più grave: lo denuncia il gruppo israeliano per i diritti umani “B’Tselem”, sottolineando anche le relative politiche discriminatorie israeliane e le ripetute siccità degli ultimi anni. Centinaia di migliaia di palestinesi, prosegue la nota diffusa da “B’Tselem”, non sono collegati a una rete idrica e sono costretti ad acquistare l’acqua dalle autocisterne, a un costo da tre a sei volte superiore in base al luogo e alle restrizioni poste da Israele ai movimenti; anche chi è collegato a un sistema idrico non riceve però una fornitura costante di acqua, perché l’azienda idrica israeliana ‘Mekorot’ ridurrebbe l’approvvigionamento alle città e ai villaggi palestinesi per soddisfare le accresciute richieste da parte degli insediamenti dei coloni israeliani in Cisgiordania. Israele mantiene il controllo completo delle sorgenti d’acqua condivise con i palestinesi e impedisce qualsiasi perforazione di pozzi senza un permesso; “B’Tselem” ricorda che l’accesso all’acqua senza discriminazioni è un diritto umano fondamentale riconosciuto dalla normativa internazionale.
[CO]

Fonte: Misna – 2/7/2008 9.12

Foto: Atef Abu A-Rob, B’Tselem
Crisi idrica ad Anin, distretto di Jenin, estate 2006.

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Cisgiordania – Attentato contro una famiglia ebrea messianica: un adolescente gravemente ferito

Vigilia di Purim. Un adolescente di 15 anni della città di Ariel in Cisgiordania ha aperto un pacco che pensava essere uno di quei regali che si mandano tradizionalmente in occasione della festa. Era un pacco bomba. L’adolescente, gravemente ferito, è stato trasportato all’ospedale Beillison di Petah Tikva. L’operazione è durata tutta la notte, ma i medici hanno dovuto procedere all’amputazione di una delle gambe, e lottano per salvare gli occhi. E’ arrivato all’ospedale in uno stato molto grave, la sua stessa vita era in pericolo.

Secondo la polizia, è più che probabile che il pacco bomba sia stato inviato a questa famiglia ebrea perché è messianica. I loro vicini raccontano che spesso sono stati molestati perché noti come ebrei che credono in Gesù.

I genitori, David e Lea, lavorano in ambiente palestinese. Hanno ricevuto minacce di morte da parte di musulmani che li accusano di fare opera missionaria. Inoltre, la coppia guida una piccola comunità ad Ariel di una dozzina di membri. Foto della loro famiglia sono circolate nel vicinato, in cui venivano denunciati come «pericolosi perché credenti in Gesù”.

Alcuni membri di comunità ebree messianiche sono sempre di più disturbati da ebrei ortodossi e da certe organizzazioni ebraiche, con incendi contro i loro luoghi di riunione come a Arad o a Gerusalemme, telefonate nel cuore della notte, lettere di minaccia, violenze verbali…

Avi, un ebreo messianico della regione di Tel Aviv, confida a Un écho d’Israèl : «Sappiamo tutti che prima o poi arrivano attentati di questo tipo, e li aspettiamo con una certa angoscia.» Questo ebreo messianico è stato costretto, circa quattro anni fa, a lasciare il moshav dove lui abitava con la sua famiglia. L’organizzazione ebrea ortodossa «Yad LeAhim» li ha denunciati ai responsabili del moshav come cristiani, e i loro figli sono stati immediatamente mandati via dalla scuola. «Non facciamo assolutamente opera missionaria, ma ci devono aver visti in un’assemblea messianica», spiega Avi. «Sappiamo di essere sorvegliati, ma crediamo che Israele è uno stato democratico e che la libertà di fede e di opinione non è qualcosa di fittizio.» Avi spera che la polizia riuscirà a trovare i colpevoli di questo atto, ma non si fa troppe illusioni: «Nessuno è stato mai condannato per aver molestato un ebreo messianico.»

(Un Echo d’Israèl, 21 marzo 2008 – trad. www.ilvangelo.org)

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Un adolescente ebreo messianico gravemente ferito da un pacco bomba

Un adolescente di 15 anni di una famiglia di ebrei messianici è stato gravemente ferito da un pacco bomba, mercoledì 19 marzo. Il pacco era stato spedito al domicilio della famiglia, nella colonia di Ariel in Cisgiordania.
Secondo il quotidiano Maariv, degli ebrei ortodossi avevano proferito minacce a questa famiglia di ebrei che credono nella messianità di Gesù Cristo.

Fonte: Christianisme Aujourd’hui e agenzie – riprodotto con autorizzazione

Medioriente, attentato a ebrei filo-cristiani

Ferito un colono. A Gerusalemme misure di sicurezza rafforzate per la Via Crucis

TEL AVIV – Abituati da tempo ad essere oggetto di pressioni verbali, gli “ebrei messianici” di Israele che riconoscono la divinità di Gesù sono ora costretti ad accrescere le misure protettive dopo che due giorni fa in una colonia della Cisgiordania una loro famiglia è stata oggetto di un grave attentato.
Sfruttando crudelmente l’atmosfera del Purim (il carnevale ebraico) qualcuno ha lasciato sull’ingresso dell’abitazione della famiglia Ortiz quello che sembrava essere un normale pacco-dono contenente dolciumi. Quando però il quindicenne Amiel l’ha aperto, è stato investito da una fortissima esplosione. In un primo momento nella città-colonia di Ariel, dove abitano, si è pensato ad un attentato palestinese. Ipotesi poi rientrata quando si è appreso che la vittima era un membro di una famiglia già attaccata verbalmente in passato da altri coloni perché ritenuta impegnata in “attività missionarie” cristiane. Amiel è stato ricoverato in ospedale privo di conoscenza e sottoposto ad un intervento chirurgico che si è prolungato per tutta la notte. A stento i medici sono riusciti ad evitare l’amputazione di una gamba. Ancora non è chiaro se il ragazzo abbia perso la vista.
Intanto, decine di migliaia di pellegrini cattolici si sono stipati ieri nelle anguste vie della Città Vecchia di Gerusalemme per partecipare alla tradizionale processione del Venerdì Santo che ricorda la crocifissione di Gesù. La polizia israeliana ha dovuto ricorrere a tutto il proprio personale per assicurare protezione sia ai pellegrini che affollavano Gerusalemme, sia a quanti festeggiavano il Purim nelle principali città israeliane.

Fonte: Corriere Canadese

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