Contro il teatro ‘cristiano’

Prefazione

Roma, Agosto 2011

Fratelli, questo mio scritto ha lo scopo di mettervi severamente in guardia dal teatro ‘cristiano’ che si va via via sempre maggiormente diffondendo nelle Chiese, e che viene usato da molti sia come strumento di evangelizzazione che anche come forma di divertimento in alcune circostanze.

Ormai quasi tutte le Chiese anche qui in Italia usano scene teatrali e mimi per evangelizzare.

Persino le Assemblee di Dio in Italia – che per tanti anni hanno severamente biasimato le altre Chiese a motivo del loro uso di scene teatrali e mimi nell’evangelizzazione – hanno spalancato le porte al teatro. Ecco alcuni esempi. La Chiesa ADI di Catania per esempio (di cui è pastore Paolo Lombardo) nel Giugno del 2007, nel piazzale a fianco del locale di culto della Chiesa ADI sito in via Susanna, ha tenuto una manifestazione teatrale di evangelizzazione (intitolata ‘Il dono’), manifestazione in cui c’è stato di tutto: Rap, yoga, chi interpretava il diavolo (con tanto di corna e forcone!!!) con urla e sottofondi diabolici, chi interpretava Gesù che porta la croce, e altro. La Chiesa ADI che si riunisce in Piazza Europa n° 44, a Corsico – Milano, e di cui è pastore Carmelo Fiorello, ha creato una vera e propria compagnia teatrale. Il 24 Ottobre 2009 hanno interpretato ‘Il sogno di Martino’, presso il Teatro Verdi. Anche la Chiesa ADI che si riunisce in via delle Forze Armate a Milano, che è una delle Chiese ADI più grandi ed antiche si è data al teatro e ai mimi. A proposito delle ADI va detto che in questi ultimi anni si sono dati pure al cinema, perchè hanno prodotto alcuni cortometraggi presso il campeggio di Poggiale.

Le scene teatrali e i mimi come mezzo di evangelizzazione si sono diffusi in mezzo alle Chiese Evangeliche in Italia principalmente tramite la Tenda ‘Cristo è la Risposta’ (che ormai si può tranquillamente chiamare un teatro tenda, e dove il teatro viene usato anche per divertimento in determinate occasioni), e la Missione ‘Gioventù in Missione’.

Il teatro greco e latino

Il teatro è una antica forma di intrattenimento.

Nell’antica Grecia le opere teatrali si dividevano in tragedie, i cui temi ricorrenti derivavano dai miti e dai racconti eroici; e le commedie, che avevano un carattere più leggero e divertente, e prendevano spesso di mira la politica, i personaggi pubblici e gli usi del tempo. La tradizione attribuisce le prime forme di teatro, a Tespi (566 avanti Cristo -), un semileggendario poeta e drammaturgo greco antico, che è praticamente l’inventore della tragedia greca. Ad Atene le rappresentazioni teatrali venivano fatte durante le feste popolari che si tenevano in inverno, caratterizzate dalla rappresentazione di commedie e a volte di tragedie; e durante le feste Dionisie, che erano delle celebrazioni liturgiche dedicate al dio Dioniso, che si dividevano in Grandi Dionisie e Dionisie rurali (durante le prime venivano messe in scena sia tragedie che commedie, mentre nelle seconde venivano rappresentate solo commedie).

Oltre al teatro greco c’era anche il teatro romano, che prese molto da quello greco e che ha influenzato molto il teatro moderno.

I Ludi Romani erano delle festività del calendario dell’antica Roma, che furono istituite sotto Tarquinio Prisco, re di Roma (616-579 avanti Cristo), e che si tenevano nel mese di Settembre. Questi ludi erano dedicati a Giove. Nel 364 avanti Cristo, durante i ludi romani fu introdotta per la prima volta nel programma della festa una forma di teatro originale, costituita da una successione di scenette farsesche, contrasti, parodie, canti e danze, chiamati fescennina licentia. Durante i fescennini si svolgevano canti, travestimenti e danze buffonesche. Tito Livio, in Ab Urbe condita libri, [VII, 2.] racconta come in quell’anno i romani, non riuscendo a debellare una pestilenza, decisero di inserire, per placare l’ira divina, anche ludi scenici, per i quali fecero venire appositamente degli artisti e danzatori dall’Etruria.

I generi teatrali che si svilupparono furono quelli comici e tragici. Ad un certo punto però questi generi andarono in decadenza ed allora si impose all’attenzione del pubblico il mimo (che era giunto a Roma dalla Magna Grecia e raggiunse la sua massima popolarità negli ultimi anni della repubblica e soprattutto in età imperiale), che consisteva nell’imitazione teatrale della vita quotidiana e dei suoi aspetti più grotteschi accompagnata da musica, in altre parole il mimo era una rappresentazione satirica di aspetti della vita quotidiana. Gli spettacoli dei mimi erano predominanti durante i ludi Florales (verso la fine di Aprile), in onore della dea Flora. Le compagnie di mimo presentavano anche una vasta gamma di intrattenimenti come funamboli, trapezisti, mangiatori di fuoco, giocolieri, acrobati e animali ammaestrati.

Altra cosa importante da dire sui mimi, è che i Romani con il mimo presero di mira anche i Cristiani, infatti spesso i mimi ridicolizzavano la condotta santa dei Cristiani e gli ordinamenti della Chiesa, cioè il battesimo e la cena del Signore.

Un altro genere teatrale minore che riscosse molto successo fu il pantomimo. Esso raccontava una storia attraverso la danza. I temi erano tratti dalla mitologia o dalla storia. L’azione era eseguita da un solo ballerino che interpretava tutte le parti, inframmezzando monologhi lirici accompagnato da un coro e un’orchestra di flauti e cembali.

I primi Cristiani e il teatro

Dunque il teatro esisteva nell’impero Romano ai giorni degli apostoli, ed era anche molto diffuso. Ma nella Bibbia è assente ogni suo uso da parte della Chiesa primitiva, per trasmettere il Vangelo al mondo o per intrattenere i credenti in occasioni particolari. Ora, domandatevi: ‘Come mai i primi Cristiani non fecero alcun uso del teatro?’ La ragione è perchè essi lo aborrivano in quanto lo consideravano una mondana concupiscenza, un qualcosa di diabolico che praticavano i pagani idolatri che non conoscevano Dio, da cui essi dovevano quindi astenersi per piacere a Dio in tutta la loro condotta, secondo che è scritto: “E, come figliuoli d’ubbidienza, non vi conformate alle concupiscenze del tempo passato quand’eravate nell’ignoranza; ma come Colui che vi ha chiamati è santo, anche voi siate santi in tutta la vostra condotta; poiché sta scritto: Siate santi, perché io son santo” (1 Pietro 1:14-16). E che non poteva essere altrimenti, si evince chiaramente dal fatto che il teatro era collegato all’idolatria e costituiva una forma di dissolutezza oltre che un mezzo di cui si usavano i pagani per deridere e ridicolizzare la Parola di Dio. Quindi i primi Cristiani – naturalmente quelli che ubbidivano ai comandamenti degli apostoli – si astenevano non solo dal partecipare alle rappresentazioni teatrali pagane ma anche dall’usare il teatro come mezzo di evangelizzazione.

Oltretutto un eventuale uso del teatro nell’evangelizzazione avrebbe ridicolizzato il messaggio del Vangelo, e lo avrebbe svuotato della sua potenza, e quindi essi si guardarono bene dall’adottarlo nel campo dell’evangelizzazione. Ma se Paolo diceva ai santi di Corinto: “Cristo non mi ha mandato a battezzare ma ad evangelizzare; non con sapienza di parola, affinché la croce di Cristo non sia resa vana” (1 Corinzi 1:17), ed anche: “Quant’è a me, fratelli, quando venni a voi, non venni ad annunziarvi la testimonianza di Dio con eccellenza di parola o di sapienza; poiché mi proposi di non saper altro fra voi, fuorché Gesù Cristo e lui crocifisso. …. E la mia parola e la mia predicazione non hanno consistito in discorsi persuasivi di sapienza umana, ma in dimostrazione di Spirito e di potenza, affinché la vostra fede fosse fondata non sulla sapienza degli uomini, ma sulla potenza di Dio” (1 Corinzi 2:1-2,4-5), come si può pensare che egli potesse ammettere il teatro come mezzo di evangelizzazione? E’ il teatro una dimostrazione di Spirito e di potenza? Non mi pare proprio. Semmai è una dimostrazione di finzione e debolezza. Infatti il teatro è finzione o falsità, ed ha come scopo quello di far emergere determinati messaggi che si vogliono trasmettere al pubblico proprio tramite la finzione (secondo Boccaccio, Dante e Petrarca, la funzione del commediografo è quella di nascondere e oscurare la reale verità dietro un velo di finzione). Non poteva dunque essere considerato un mezzo lecito per portare il Vangelo al mondo. Se il Vangelo era trasmesso dagli apostoli con lo Spirito Santo, e i santi avevano un esempio da imitare proprio negli apostoli, e “lo Spirito è la verità” (1 Giovanni 5:6), esso non poteva essere portato appoggiandosi alla finzione o alla falsità. E questo essi lo compresero bene, cioè che non potevano mescolare la menzogna con la verità sia pure per un fine giusto.

E poi, domandiamoci, che bisogno potevano sentire i santi del teatro per evangelizzare quando sapevano che Dio aveva dotato la Chiesa delle potenze del mondo a venire, cioè dei doni dello Spirito Santo, al fine di confermare la sua Parola, e quindi trarre i pagani all’ubbidienza della fede? Non avevano forse visto i doni di guarigione e di potenza di operare miracoli confermare la parola dei santi apostoli, e lo Spirito compungere i cuori dandogli il ravvedimento? Ricorrere al teatro per evangelizzare e guadagnare il mondo a Cristo, sarebbe equivalso a sminuire e sprezzare l’opera e la potenza dello Spirito Santo. Oltre che non credere più che Dio si è compiaciuto di salvare i credenti mediante la pazzia della predicazione, ma mediante la sapienza di questo mondo, che è carnale, terrena e diabolica.

La Chiesa primitiva dunque mostrò giustamente avversione verso il teatro, e questa avversione proseguì nel tempo.

Tertulliano di Cartagine (155 circa – 230 circa) nel suo De Spectaculis riprovò energicamente il teatro dicendo: ‘Passiamo ora a considerare le rappresentazioni sceniche: l’origine di esse è comune agli altri giochi, uguali i caratteri: la denominazione generale era quella di ludi e abbiamo già visto come l’ordinamento si collegasse in certo modo anche alle manifestazioni equestri. Tutto quello che costituisca elemento esteriore si ritrova poi anche nella preparazione della scena. Ci si parte sempre da templi, altari e da quella vergognosa offerta di incenso e di sangue, fra suoni di tibie e di trombe, alla presenza di quei due che sovrintendono alle cerimonie sacre e ai funerali; l’aruspice dico e l’ordinatore dei funebri riti. Passammo prima dall’origine dei giochi, a considerare, in particolare, i Circensi; ora ci rivolgiamo ai ludi scenici e cominceremo ad esaminare il luogo nel quale vengono compiuti: il teatro è proprio la sede di Venere: andò così che questa specie di pubbliche costruzioni riuscì ad affermarsi: i censori facevano in principio distruggere i teatri che andavano via via sorgendo, cercando in tal modo di provvedere alla moralità dei pubblici costumi, allontanandoli da quelle sorgenti di corruzione, che costituivano un pericolo estremo: così che la loro stessa condotta costituisce per noi testimonianza di alto valore e viene ad accrescere e a corroborare quanto sempre per noi abbiamo pensato in proposito. Pertanto Pompeo il Grande, la cui grandezza non cedé che a quella del suo teatro, avendo costruito quello appunto che era la sede d’ogni vergogna e di ogni turpitudine, temendo che una bella volta il suo nome non venisse menomato perché i censori gli movessero giusta e aspra critica, con qualche trasformazione lo fece passare per un tempio dedicato a Venere, e chiamò alla cerimonia di consacrazione, con un editto, il popolo: e così non fu più un teatro, ma un tempio. Nella parte inferiore, ci abbiamo fatto, disse, delle gradinate per gli spettacoli; così un’opera sacrilega, meritevole di condanna, la camuffò sotto il nome di tempio e in tal modo, colla scusa di un principio di culto, riuscì a deludere ogni regola e sorveglianza. A Venere e a Libero fu dedicato molto opportunatamente: due potenze nemiche, strette fra loro da un intimo accordo: l’ubriachezza, e il capriccio e la dissoluzione: il teatro di Venere è quindi giustamente anche la sede di Libero. E infatti chiamavano propriamente Liberali anche altri giochi scenici, oltre che consacrati a Libero, istituiti dallo stesso Libero, e che presso i Greci dicevano Dionisiaci. Nelle manifestazioni sceniche si comprende come Libero e Venere debbano esercitare la loro azione e il loro potere: ciò che appartiene intimamente al teatro, i gesti, i vari movimenti richiesti al nostro corpo dalla danza, si riportano bene al carattere di mollezza di Venere e di Libero facilmente abbandonantisi ad ogni forma di scompostezza, di lascivia e di lussuosità. Quanto poi deriva dalla modulazione della voce, dal ritmo musicale e che, richiede l’uso di strumenti diversi, richiama Apollo, e Minerva e le Muse e Mercurio: sono essi gli inventori e i protettori di queste manifestazioni. Ebbene, o Cristiano, tu non potrai che odiare quelle cose i cui autori non possono che suscitare in te un tale sentimento. Noi vogliamo ormai trattare di quelle istituzioni, e della qualità di coloro che l’hanno fissate, il solo nome dei quali deve essere per noi abominevole. Noi sappiamo bene che i nomi dei morti sono vani, come vane le loro immagini, ma pure non ignoriamo che sotto tali denominazioni, e in quei loro vani aspetti si cacciano e agiscono colla più viva compiacenza di poter mentire la loro reale natura sotto l’aspetto del divino, spiriti avversi e potenze demoniache. E vediamo anche che le azioni teatrali sono dedicate a loro, e da loro ripetono l’essenza e il carattere e che quindi non possono essere libere da un principio d’idolatria, dal momento che sono considerati Dei, coloro che ne sono gli ispiratori. Ed anzi noi dobbiamo tener per fermo che i demoni, nella ricerca fin da principio di quello che avrebbe fatto al loro caso, fra le altre cose inerenti all’idolatria, abbiano appunto favorito l’invenzione degli spettacoli, coi quali potessero allontanare gli uomini dal pensiero del Signore, e aggiogarli invece al proprio carro. Né invero avrebbe potuto esser favorito da altri ciò che sarebbe ridondato poi in loro vantaggio. Nè avrebbero potuto le potenze del male raggiungere questo scopo per mezzo di altri uomini, all’infuori di quelli stessi, nei nomi, nelle immagini e nelle imprese dei quali, esse avevano ormai fissato di fare il loro gioco, facendosi falsamente riconoscere Divinità’ (capitolo X), ed anche: ‘Se noi proviamo un senso di dispregio per i dettami della letteratura profana, come di quella che non può esser giudicata da Dio se non come qualcosa di stolto e di sacrilego, mi sembra anche che siano implicitamente proibiti a noi tutti quei generi di rappresentazioni che trovano motivo e ripetono la loro natura dalla letteratura stessa e che pongono sulla scena o elementi di ridicolo o caratteri di forza e di violenza. Se infatti le tragedie o le commedie mettono dinanzi ai nostri occhi lo svolgersi di azioni atroci, o di violente passioni che trovano loro sfogo nel sangue o nelle più volgari bassezze, non senza empietà e dilagare di altre colpe; non può darsi che esse siano in certo modo più tollerabili delle azioni stesse. Ciò che viene respinto e stimato degno di condanna, nell’atto stesso di compierlo, non si può neppure accettarlo in parole. Se poi mi verrai a dire che eppure nelle sacre scritture si fa menzione dello stadio, oh, sì, questo è vero, ma a tutto quanto si svolge nello stadio, non potrai mica negare che sia indegno e indecoroso per te rivolgere lo sguardo! Sono colpi di pugno, e di piede, sono atti molteplici di violenza e di forza e si viene colpendo, alterando, guastando la più bella e nobile parte del corpo dell’uomo che è la faccia, pur creata a sembianza e ad immagine di Dio. Non potrai tu, o cristiano, approvare mai la folle magnificenza delle corse, il lancio del disco, e i salti, occupazioni più sciocche ancora. Non ti potranno mai piacere le manifestazioni di forza o vane o miranti all’altrui offesa; e non approverai neppure quella soprastruttura di ornamenti e di abbellimenti del corpo, come qualcosa che tende a snaturare l’eccelsa opera di Dio. E un sentimento d’odio proverai per coloro che s’ingrassano a bella posta, perché siano poi di spasso e di sollazzo alla Grecia! Fu il diavolo che soffocò ed uccise i primi uomini: ebbene; anche l’arte della palestra ha qualcosa di diabolico: nei primi movimenti hai qualcosa di molto simile a quelli del serpente, infatti: tenace nell’afferrare, tortuoso nell’avviticchiarsi, lubrico e sdrucciolevole per cercare di svincolarsi e di sfuggire. Se a te nulla servono le corone colle quali tali arti ginniche si premiano, a che vai cercando di procacciarti quelle tali soddisfazioni che ti arrecano, come premio, queste corone stesse?’ (capitolo XVIII). E poi Tertulliano afferma che i Cristiani sono chiamati a rinunciarci quando vengono battezzati: ‘Qualcuno potrebbe anche pensare che noi andiamo accattando argomenti sottili e sofistici: non lo voglio: io mi volgerò a quel che rappresenta il principio più saldo, all’autorità più inconcussa della nostra stessa credenza; allorché, entrati nell’acqua purificatrice, noi facciamo professione di fede in Cristo, secondo le parole del nostro rito, noi testimoniamo solennemente d’aver rinnegato colla nostra stessa aperta parola, ogni potenza avversa, ogni falsa e sacrilega manifestazione, ogni altra relazione impura e colpevole con potenze nemiche. E quale altra cosa può esservi, dove la potenza satanica possa campeggiare, come nel campo dell’idolatria, nella magnificenza di cerimonie diverse e molteplici, nella forza di altre influenze nemiche? È questo il campo principale: è dall’idolatria appunto che ogni potenza perversa e volgare può, per così dire, assurgere ad un superiore grado di onore. Se risulterà dunque, che è proprio dall’idolatria che gli spettacoli abbiano la completezza e il loro più pieno svolgimento e carattere, sarà ormai assicurato e riconosciuto che la dichiarazione che noi facciamo nell’atto del Battesimo, riguarda pure gli spettacoli, come quelli che, evidentemente, nell’intimo carattere idolatra che essi posseggono, sono sotto l’azione diretta della potenza diabolica e di quanto ad essa s’unisce per influenze molteplici e per tutte le altre esterne manifestazioni. Noi ricorderemo come gli spettacoli abbiano avuto origine, ad uno ad uno, e da quali principî sorti, siano andati col tempo rafforzandosi e prendendo sviluppo: dipoi vedremo quali denominazioni essi prendano, a chi si riferiscano; le pompe esteriori, magnifiche, di cui vanno ornandosi le false e bugiarde credenze; ne esamineremo i luoghi dove vengono fatti, coloro che vi presiedono, qualsiasi altro carattere essi abbiano e chi se ne possa quasi affermare inventore e sostenitore. Se fra questi elementi vari e molteplici, alcuno ve ne sarà che si possa considerare estraneo all’idolatria, non dovrà esso esser compreso neppure nel nostro atto di abiura’ (capitolo IV);

http://www.tertullian.org/articles/mazzoni_trattati/mazzoni_trattati_03spect.htm

Il teatro ‘cristiano’

Arriviamo ora al Medio Evo, perchè è in questo periodo che nasce il cosiddetto teatro cristiano. Nel 970 circa, il vescovo di Winchester (Inghilterra), desideroso di enfatizzare il momento in cui le donne arrivano al sepolcro e lo trovano vuoto, introdusse una usanza che lui diceva esisteva già in alcuni monasteri francesi.

Durante la messa mattutina di Pasqua tre monaci recitano l’arrivo al sepolcro delle donne, con un altro che interpreta l’angelo che siede a fianco dell’altare (che rappresenta il sepolcro). L’angelo, in latino, domanda alle donne ‘Chi cercate?’, e le donne rispondono ‘Gesù di Nazaret’. L’angelo allora risponde: ‘Gesù non è qui, egli è risorto, andate e ditelo al popolo’. Le donne allora si volgono verso la corale con un gioioso ‘Alleluia! resurrexit Dominus’ (‘Alleluia, il Signore è risorto’), e la corale parte con il Te Deum.

Da questi flebili inizi si sviluppò il teatro ‘cristiano’ medievale. Sempre più scene furono rappresentate durante le messe.

Verso il 1170, dei preti in Francia decisero di spostare una rappresentazione su un palco fuori dal luogo di culto, e portarla nella lingua del popolo. La loro opera teatrale si chiamava Mystère d’Adam (Mistero di Adamo), durante la quale i demoni arrivavano a legare Adamo ed Eva con delle catene, prima di trascinarli via e svanire con le loro vittime in un buco da cui eruttava del fumo.

Nel corso dei secoli si moltiplicarono le trame delle scene teatrali, che vennero a includere la creazione e il giorno del giudizio. Vennero anche rappresentate le vite dei ‘santi’, i cui tormenti sofferti durante il loro martirio davano a queste storie una particolare attrattiva. Gradualmente le scene diventarono più lunghe e le produzioni più elaborate.

I Riformatori si schierarono contro il teatro religioso, anche a motivo del suo collegamento con il Cattolicesimo. I Puritani affermavano che il teatro era senza autorità in base alle Sacre Scritture, e al solo pensiero di paragonare una rappresentazione teatrale ad un sermone, dicevano che si trattava di ‘blasfemia intollerabile’.

Nel ventesimo secolo, però, molte Chiese Evangeliche hanno riscoperto il teatro ‘cristiano’ come mezzo per raggiungere gli altri con il messaggio del Vangelo.

In che cosa consiste fare teatro

Vediamo di spiegare ora in breve cosa significa fare teatro, per poi vedere se sia compatibile con la Parola di Dio.

Il teatro è una attività che consiste nel prendere su sè stessi la natura e la persona di un altro. In altre parole, si tratta di un tentativo di diventare un’altra persona. L’attore quindi cerca di diventare un soggetto che compie le azioni di un altro uomo, e addirittura prova ad acquisire i tratti e la personalità di quell’altra persona. Questa attività può essere descritta con la parola impersonificazione. Spesso infatti nel mondo dicono che un buon attore è colui che si impersonifica bene nel personaggio che interpreta. C’è un espressione che viene usata nel cinema e nel teatro, a tale riguardo, che è ‘calarsi nel personaggio’.

Quando dunque ci si trova davanti alle rappresentazioni teatrali ‘cristiane’, c’è chi impersonifica Gesù, il diavolo, il peccatore, Adamo, Davide, e così via.

Perchè il teatro è dal diavolo e quindi va rigettato

A questo punto, dopo avere considerato che cosa fa chi fa teatro, bisogna vedere se Dio disapprova che un suo figliuolo si metta ad impersonificare qualcun altro, ed anche se questo comportamento costituisca la violazione di qualche comandamento divino. Perchè se così fosse, bisogna rigettare il teatro immediatamente. E difatti così è, per le seguenti ragioni.

Perchè induce all’ipocrisia e alla menzogna

Il teatro induce chi lo fa all’ipocrisia e alla menzogna. L’impersonificazione infatti consiste nel fingere di essere un’altra persona. Chi dunque impersonifica Gesù fingerà di essere Gesù: chi impersonifica il peccatore, fingerà di essere ancora schiavo del peccato; chi impersonifica il diavolo fingerà di essere il diavolo, e così via. Questo significa fare gli ipocriti ed amare e praticare la menzogna, e non essere sinceri ed amare e praticare la verità.

Possiamo noi figliuoli di Dio fare gli ipocriti e amare e praticare la menzogna, sia pur con il fine di portare il Vangelo al nostro prossimo? No, perchè la Scrittura ci comanda di gettare via le ipocrisie, secondo che è scritto: “Gettando dunque lungi da voi ogni malizia, e ogni frode, e le ipocrisie, e le invidie, ed ogni sorta di maldicenze, come bambini pur ora nati, appetite il puro latte spirituale, onde per esso cresciate per la salvezza, se pure avete gustato che il Signore è buono” (1 Pietro 2:1-2); e di bandire la menzogna dalla nostra vita e dire la verità gli uni agli altri (Efesini 4:25).

A proposito del termine ‘ipocrita’ vi ricordo che esso deriva dalla parola greca ‘hypokrités’ che significa ‘attore’ – e difatti nel teatro dell’antica Grecia gli attori erano conosciuti come gli ‘ipocriti’ – e quindi un attore è un ipocrita perchè fa finta di essere qualcuno o qualcosa che in realtà non è. Gli scribi e i Farisei furono definiti da Gesù ‘ipocriti’ perchè nella pratica recitavano la parte dei giusti, o meglio facevano credere alla gente indossando una maschera che essi erano giusti, quando invece erano pieni di iniquità ed ingiustizia.

Ora, vi domando: ‘Può un Cristiano, anche se occasionalmente, indossare una maschera, ossia far finta di essere un’altra persona, buona o cattiva che questa sia?’ Certo che no.

Può un Cristiano cominciare a dire parole e cose che non sono vere perchè non procedono dal suo cuore, perchè impersonifica un altra persona e quelle parole sono da ripetere a memoria perchè parte di un copione? La risposta è di nuovo ‘no’.

Come fanno dunque tanti pastori ad affermare che esiste un talento che Dio dona a taluni credenti di fare teatro? Evidentemente perchè sono ciechi, avendo perso il discernimento. E così dicendo, attribuiscono a Dio le menzogne e le finzioni che vengono perpetrate nelle scene teatrali.

E poi tenete a mente che questa scuola di ipocrisia e di menzogna comincia da piccoli, perchè in quasi tutte le comunità, ai bambini vengono fatte fare scene teatrali, o in occasione della cosiddetta festa di Natale, o per il capodanno, o in occasione della chiusura della Scuola Domenicale.

Ecco dunque a cosa vengono ammaestrati i bambini: ad essere degli ipocriti. Non c’è da meravigliarsi dunque se poi una volta adulti lo diventano per davvero ipocriti, e difatti le comunità abbondano di ipocriti. E’ tutta una conseguenza.

Basterebbe solo questo dunque per capire che il teatro è dal diavolo, perchè induce a trasgredire i comandamenti di Dio.

Ma voglio proseguire per mostrarvi quanti principi biblici il teatro va ad intaccare.

Perchè si oppone alla sovranità di Dio

Il teatro attacca in maniera spudorata la sovranità di Dio, perchè mentre Dio governa singolarmente le persone e la loro natura, in quanto è Lui che ha stabilito nella sua sovrana sapienza la natura dell’uomo, e le circostanze della sua vita, e noi per la Sua grazia siamo stati resi partecipi della Sua natura divina, e siamo stati resi figli dell’ubbidienza; il teatro va ad attaccare tutto ciò, perchè chi recita la parte del peccatore (cosa molto frequente nelle scene teatrali) non fa altro che fingere di avere un’altra natura e di essere un figlio della disubbidienza, e quindi diciamo che si ribella alla sovranità di Dio.

In altre parole, un Cristiano non può recitare la parte del peccatore perchè così facendo si immedesima in qualcuno che è ancora sotto il peccato.

Se fa così si ribella a Dio, perchè un Cristiano non ha il diritto di diventare o fingere di essere qualcun altro. Egli è in Cristo, e quindi una nuova creatura, le cose vecchie sono passate, e sono diventate tutte nuove (2 Corinzi 5:17), e quindi non può negare questa verità mettendosi ad impersonificare qualcuno in cui le cose vecchie ancora non sono passate perchè non è in Cristo.

Ma il teatro attacca la sovranità di Dio anche sotto un altro aspetto, e cioè perchè induce a confidare nell’uomo anzichè in Dio. Mi spiego meglio. Coloro che fanno il teatro ‘cristiano’ dicono che in questa maniera pensano di attirare le anime a Cristo, ma dicendo questo non si rendono conto di offendere Dio, e di contrastare quello che dice Gesù a tale riguardo. Perchè è Dio che attira le anime a Cristo, secondo che disse Gesù: “Niuno può venire a me se non che il Padre, il quale mi ha mandato, lo attiri; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno” (Giovanni 6:44) ed anche: ” Per questo v’ho detto che niuno può venire a me, se non gli è dato dal Padre” (Giovanni 6:65).

In un certo senso, quindi, chi fa teatro si sostituisce a Dio, perchè pensa di essere lui ad attirare le anime a Cristo con la sua recitazione, che è finzione. Giudicate voi.

Perchè induce a giocare con il peccato

Il peccato è la violazione della legge, dice l’apostolo Giovanni (1 Giovanni 3:4). Ed è una grave cosa peccare, non è una cosa da prendere alla leggera per niente, magari mettendosi a fingere di peccare, come avviene nelle scene teatrali. Per esempio quando in una rappresentazione teatrale un credente interpreta la parte di un ubriacone, di un ladro, di un omicida, di un mago, di un effeminato, di un vanitoso, di un orgoglioso, di uno schernitore, di un fornicatore, e così via, in quel momento non fa altro che impersonificare un peccatore, e quindi è trascinato in quel momento a pensare ed agire da peccatore.

Farà dunque dei movimenti con il suo corpo, dirà con la sua bocca delle cose, che un Cristiano che vuole condursi in maniera degna del Vangelo, non deve fare e dire, neppure per scherzo. E quindi egli pecca. Che bene dunque ci può essere nell’impersonificare un uomo schiavo del peccato? Nessuno. Anzi ne verrà fuori certamente del male, perchè chi impersonifica il peccatore può essere poi nella realtà indotto a commettere realmente quei peccati. Non è forse quello che avviene nel teatro e nel cinema? Non è forse vero infatti che attori mondani hanno ammesso che la loro personalità è irrimediabilmente cambiata per il peggio dopo avere interpretato dei personaggi dati a particolari peccati?

Quindi attenzione fratelli, a non lasciarvi trascinare dietro il teatro ‘cristiano’, perchè di sicuro la recitazione avrebbe delle conseguenze negative, molto negative, sulla vostra vita. Dio solo sa quanti peccati vengono commessi da ‘attori cristiani’, dopo che hanno interpretato la parte dei peccatori.

Questo ci insegna che con il peccato non si deve giocare, facendo finta di peccare, perchè il peccato sta in agguato per colpire. Nessuno si illuda. Ecco perchè Paolo ci comanda di astenerci da ogni specie di male o mala apparenza (1 Tessalonicesi 5:22), perchè il male va aborrito in ogni sua forma.

Perchè offende l’opera espiatoria di Cristo

L’opera che Cristo ha compiuto morendo e resuscitando dai morti, è stata un’opera divina e non umana, che l’uomo non avrebbe giammai potuto far accadere per la sua volontà. Perchè dunque ora la Chiesa vuole rappresentare di nuovo tali cose che sono cose meravigliose avvenute una volta per sempre? Non basta più predicare la sua morte e la sua resurrezione?

E’ evidente dunque che l’impersonificazione di Cristo, e quindi la rappresentazione fisica delle sue sofferenze e della sua morte, è una grave offesa verso Cristo da parte dell’attore, perchè orgogliosamente si mette al posto di Cristo.

Può la Chiesa tollerare una simile cosa? No.

Ricordo che tanti anni fa i pastori evangelici riprovavano la Via Crucis fatta dai Cattolici Romani durante la quale viene rappresentata la flagellazione di Cristo, ora ci sono tante Chiese Evangeliche che fanno cose simili nei locali di culto.

Perchè rende vana la croce di Cristo

Come ho detto innanzi, lo ripeto anche qui. Le rappresentazioni teatrali che hanno come fine quello di presentare il Vangelo al mondo, rendono vana la croce di Cristo, perchè portare il Vangelo in questa maniera equivale ad evangelizzare con sapienza di parola (1 Corinzi 1:17), ossia usando la sapienza di questo mondo e non la sapienza di Dio. E la sapienza di questo mondo è pazzia presso Dio.

Paolo, quantunque era a conoscenza del teatro greco drammatico, non ricorse mai ad esso per predicare il Vangelo. Non si mise ad impersonificare Gesù o qualche altro personaggio biblico per evangelizzare. Ma si limitò a predicare la croce, potenza, sapienza e pazzia di Dio. Perchè così Dio ha decretato di salvare i credenti, mediante “la pazzia della predicazione” (1 Corinzi 1:21) di Cristo e Lui crocifisso.

Perchè mondanizza la Chiesa

Il teatro è una mondana concupiscenza e quindi mondanizza la Chiesa. Le Chiese che fanno teatro sono dunque mondane. Esse mostrano di amare le cose che sono nel mondo. Hanno deciso di conformarsi al mondo, per non sentirsi così diverse da esso. Per loro però il teatro è una sorta di ponte che serve a mettere gli increduli in contatto con la Chiesa, quando in effetti è un ponte tramite cui la mondanità entra nella Chiesa e la corrompe. Ecco perchè è scritto: “Non amate il mondo né le cose che sono nel mondo. Se uno ama il mondo, l’amor del Padre non è in lui. Poiché tutto quello che è nel mondo: la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita non è dal Padre, ma è dal mondo” (1 Giovanni 2:15-16), ed anche: “E non vi conformate a questo secolo, ma siate trasformati mediante il rinnovamento della vostra mente, affinché conosciate per esperienza qual sia la volontà di Dio, la buona, accettevole e perfetta volontà” (Romani 12:2).

E poi si tenga presente che la Chiesa che comincia ad usare il teatro per evangelizzare, finisce con il fare teatro anche per semplice divertimento. Ci sono tanti credenti infatti che amano buffoneggiare impersonificando pastori. Praticamente fanno una sorta di cabaret. Naturalmente questi insensati giustificano pure questo teatro dicendo che Dio ci vuole allegri, dimenticando che le buffonerie sono cose sconvenienti che non si addicono ai santi, e che per esse viene l’ira di Dio sugli uomini ribelli (Efesini 5:3-4,6).

Perchè induce a disonorare il proprio corpo che è il tempio di Dio

Il teatro induce i santi a tenere dei comportamenti indegni. Vi farò degli esempi pratici. Chi interpreta la parte dell’indemoniato di Gerasa dovrà svestirsi e apparire almeno mezzo nudo: chi interpreta Gesù nella resurrezione dovrà farsi spogliare e apparire anche lui mezzo nudo; la donna che interpreta la donna adultera colta in flagrante adulterio o una meretrice, dovrà tenere degli atteggiamenti carnali e vestirsi da meretrice. E coloro che si mettono a fare i mimi, si dovranno pitturare la faccia con diversi colori ed in maniera strana, e si metteranno a fare delle smorfie con il loro viso. E tutto questo, dicono sempre i sostenitori di quest’arte, per diffondere l’Evangelo.

Ora, noi sappiamo che il nostro corpo è il tempio dello Spirito Santo (secondo che è scritto: “Non sapete voi che il vostro corpo è il tempio dello Spirito Santo che è in voi, il quale avete da Dio, e che non appartenete a voi stessi?” [1 Corinzi 6:19]), e perciò nessuno di noi ha il diritto di mettersi mezzo nudo davanti agli altri, o mettersi a pitturare il proprio corpo o a disegnarci sopra. Chi pensa di avere il diritto di fare del proprio corpo l’uso che vuole, profana il tempio di Dio che è santo perchè non lo onora come dovrebbe fare (ricordatevi che Paolo dice che Dio vuole che ciascuno di noi “sappia possedere il proprio corpo in santità ed onore” [1 Tessalonicesi 4:4]). Oltre a ciò noi sappiamo che il nostro portamento deve essere convenevole a santità (secondo che è scritto: “Come Colui che vi ha chiamati è santo, anche voi siate santi in tutta la vostra condotta” [1 Pietro 1:15]), quindi deve essere serio, santo e privo di buffonerie. Per quanto riguarda poi una donna che interpreta la parte dell’adultera o di una meretrice con relativo abito da meretrice, è evidente che ci si trova davanti ad una palese violazione della Parola che dice: “Similmente che le donne si adornino d’abito convenevole, con verecondia e modestia: non di trecce e d’oro o di perle o di vesti sontuose, ma d’opere buone, come s’addice a donne che fanno professione di pietà” (1 Timoteo 2:9-10).

Risposte ad alcune obbiezioni

Ora risponderò alle principali obiezioni che muovono i sostenitori del teatro ‘cristiano’, dimostrandovi mediante le Scritture come esse siano semplicemente degli abili sofismi.

Paolo si fece Giudeo coi Giudei

I sostenitori del teatro prendono alcune parole scritte dall’apostolo Paolo a supporto di quello che fanno, o meglio di questa cosiddetta moderna tecnica di evangelizzazione. Le parole sono queste: “Poiché, pur essendo libero da tutti, mi son fatto servo a tutti, per guadagnarne il maggior numero; e coi Giudei, mi son fatto Giudeo, per guadagnare i Giudei; con quelli che son sotto la legge, mi son fatto come uno sotto la legge (benché io stesso non sia sottoposto alla legge), per guadagnare quelli che son sotto la legge; con quelli che son senza legge, mi son fatto come se fossi senza legge (benché io non sia senza legge riguardo a Dio, ma sotto la legge di Cristo), per guadagnare quelli che son senza legge. Coi deboli mi son fatto debole, per guadagnare i deboli; mi faccio ogni cosa a tutti, per salvarne ad ogni modo alcuni. E tutto fo a motivo dell’Evangelo, affin d’esserne partecipe anch’io” (1 Corinzi 9:19-23).

Ora, vediamo quale era il metodo usato da Paolo per evangelizzare il mondo, cioè sia i Giudei che i Gentili, perché dato che le sue parole vengono usate per giustificare il teatro e i mimi come mezzi di evangelizzazione, dobbiamo verificare se Paolo usava dei particolari metodi di evangelizzazione a secondo che evangelizzava i Giudei o i Gentili.

Alcuni esempi di evangelizzazione diretta ai Giudei.

Ad Iconio: “Or avvenne che in Iconio pure, Paolo e Barnaba entrarono nella sinagoga dei Giudei e parlarono in maniera, che una gran moltitudine di Giudei e di Greci credette” (Atti 14:1) – la città precedente era stata Antiochia di Pisidia.

A Tessalonica: “Ed essendo passati per Amfipoli e per Apollonia, vennero a Tessalonica, dov’era una sinagoga de’ Giudei; e Paolo, secondo la sua usanza, entrò da loro, e per tre sabati tenne loro ragionamenti tratti dalle Scritture, spiegando e dimostrando ch’era stato necessario che il Cristo soffrisse e risuscitasse dai morti; e il Cristo, egli diceva, è quel Gesù che io v’annunzio” (Atti 17:1-3).

A Corinto: “E ogni sabato discorreva nella sinagoga, e persuadeva Giudei e Greci” (Atti 18:4)

A Efeso: “Poi entrò nella sinagoga, e quivi seguitò a parlare francamente per lo spazio di tre mesi, discorrendo con parole persuasive delle cose relative al regno di Dio” (Atti 19:8)

Un esempio di evangelizzazione diretta ai Gentili.

Ad Atene: “Egli dunque ragionava nella sinagoga coi Giudei e con le persone pie; e sulla piazza, ogni giorno, con quelli che vi si trovavano. E anche certi filosofi epicurei e stoici conferivan con lui. E alcuni dicevano: Che vuol dire questo cianciatore? E altri: Egli pare essere un predicatore di divinità straniere; perché annunziava Gesù e la risurrezione. E presolo con sé, lo condussero su nell’Areopàgo, dicendo: Potremmo noi sapere qual sia questa nuova dottrina che tu proponi? Poiché tu ci rechi agli orecchi delle cose strane. Noi vorremmo dunque sapere che cosa voglian dire queste cose. Or tutti gli Ateniesi e i forestieri che dimoravan quivi, non passavano il tempo in altro modo, che a dire o ad ascoltare quel che c’era di più nuovo. E Paolo, stando in piè in mezzo all’Areopàgo, disse: Ateniesi, io veggo che siete in ogni cosa quasi troppo religiosi. Poiché, passando, e considerando gli oggetti del vostro culto, ho trovato anche un altare sul quale era scritto: Al dio sconosciuto. Ciò dunque che voi adorate senza conoscerlo, io ve l’annunzio. L’Iddio che ha fatto il mondo e tutte le cose che sono in esso, essendo Signore del cielo e della terra, non abita in templi fatti d’opera di mano; e non è servito da mani d’uomini; come se avesse bisogno di alcuna cosa; Egli, che dà a tutti la vita, il fiato ed ogni cosa. Egli ha tratto da un solo tutte le nazioni degli uomini perché abitino su tutta la faccia della terra, avendo determinato le epoche loro assegnate, e i confini della loro abitazione, affinché cerchino Dio, se mai giungano a trovarlo, come a tastoni, benché Egli non sia lungi da ciascun di noi. Difatti, in lui viviamo, ci moviamo, e siamo, come anche alcuni de’ vostri poeti han detto: ‘Poiché siamo anche sua progenie’. Essendo dunque progenie di Dio, non dobbiam credere che la Divinità sia simile ad oro, ad argento, o a pietra scolpiti dall’arte e dall’immaginazione umana. Iddio dunque, passando sopra ai tempi dell’ignoranza, fa ora annunziare agli uomini che tutti, per ogni dove, abbiano a ravvedersi, perché ha fissato un giorno, nel quale giudicherà il mondo con giustizia, per mezzo dell’uomo ch’Egli ha stabilito; del che ha fatto fede a tutti, avendolo risuscitato dai morti. Quando udiron mentovar la risurrezione de’ morti, alcuni se ne facevano beffe; ed altri dicevano: Su questo noi ti sentiremo un’altra volta. Così Paolo uscì dal mezzo di loro. Ma alcuni si unirono a lui e credettero; fra i quali anche Dionisio l’Areopagita, una donna chiamata Damaris, e altri con loro” (Atti 17:17-34).

Ora, io non vedo nessuna differenza nel modo di evangelizzare usato da Paolo. Voi la vedete? Non credo.

Dunque, l’apostolo Paolo usava solo un metodo di evangelizzazione sia verso i Giudei che verso i Gentili, che era quello della predicazione della croce fatta con ogni franchezza, come si conviene, ed infatti era per questo che esortava i santi a pregare per lui “acciocché mi sia dato di parlare apertamente per far conoscere con franchezza il mistero dell’Evangelo, per il quale io sono ambasciatore in catena; affinché io l’annunzî francamente, come convien ch’io ne parli” (Efesini 6:19-20). E questo perché il Vangelo non va predicato con sapienza di parola, o mediante la sapienza di questo mondo, affinché la croce di Cristo non sia resa vana.

Paolo dunque non cambiava il suo metodo di evangelizzare a secondo che evangelizzava i Giudei o i Gentili. Ed oltre a ciò non usava altri mezzi, all’infuori della predicazione della croce. Eppure anche a quel tempo esisteva il teatro! Perché allora Paolo, come anche gli altri apostoli, non adottarono altri metodi di evangelizzazione? Perché essi credevano fermamente che l’Evangelo è potenza di Dio per ognuno che crede, e che coloro che Dio ha ordinato a vita eterna crederanno appunto tramite la predicazione del Vangelo! E quindi si limitavano ad annunciare agli uomini il Vangelo secondo l’esempio che aveva loro lasciato Gesù Cristo, pienamente persuasi e fiduciosi che Dio avrebbe concesso il ravvedimento e la fede a coloro che Egli aveva eletti fin dalla fondazione del mondo. Ricordatevi poi che la predicazione di Paolo era spesso accompagnata da segni e prodigi fatti nel nome di Gesù, che erano la testimonianza che Dio aggiungeva a quella degli apostoli per confermare la sua Parola. E questi segni e prodigi servivano anche per attirare le anime.

Purtroppo però oggi in molte Chiese manca proprio questa fiducia, come anche la franchezza e la potenza di Dio, e allora tanti ricorrono a moderne tecniche di evangelizzazione, che sono ormai dei veri e propri spettacoli mondani, che non hanno nulla di diverso da quelli organizzati dai pagani, tranne che cambia il tema. E quindi assistiamo alla profanazione del messaggio del Vangelo, perché si unisce il sacro al profano, invece di tenere le due cose ben separate. Il messaggio della croce viene presentato sotto forma di scene teatrali e mimi, con clowns e pupazzi, e quindi non con franchezza ma in maniera che la rappresentazione deve essere interpretata, e non solo, ma in questa maniera la si riduce ad una sorta di favola o storiella, perché il messaggio viene spogliato della sua gravità e della sua potenza. E tutto questo, loro dicono, serve ad attirare i giovani del mondo al Signore! Queste persone si devono convertire prima loro dalle loro vie tortuose al Signore prima di poter dire che vogliono convertire i giovani del mondo.

E’ evidente dunque che costoro che usano in questa maniera le parole di Paolo ‘coi Giudei mi sono fatto Giudeo’, le hanno interpretate male, perché esse non vogliono dire che con quelli del mondo ho adottato metodi di evangelizzazione diversi da quello della semplice predicazione della croce, come neppure che ho cominciato a comportarmi da persona mondana, a vestirmi da persona mondana, a muovermi da persona mondana, ad atteggiarmi da persona mondana, per avvicinarli ed annunciargli il Vangelo. Se infatti Paolo avesse agito così, non avrebbe potuto dire ai Corinzi: “Noi non diamo motivo di scandalo in cosa alcuna, onde il ministerio non sia vituperato; ma in ogni cosa ci raccomandiamo come ministri di Dio per una grande costanza, per afflizioni, necessità, angustie, battiture, prigionie, sommosse, fatiche, veglie, digiuni; per purità, conoscenza, longanimità, benignità, per lo Spirito Santo, per carità non finta; per la parola di verità, per la potenza di Dio; per le armi di giustizia a destra e a sinistra…” (2 Corinzi 6:3-7), ed ai Filippesi: “Siate miei imitatori, fratelli, e riguardate a coloro che camminano secondo l’esempio che avete in noi” (Filippesi 3:17).

Ma allora cosa ha inteso dire Paolo con le parole ‘coi Giudei mi sono fatto Giudeo’? Ha inteso dire che lui quando era con i Giudei si studiava di non essere loro d’intoppo andando contro la legge di Mosè. Vi faccio un esempio pratico trascritto nel libro degli Atti, dove leggiamo quanto segue: “E venne anche a Derba e a Listra; ed ecco, quivi era un certo discepolo, di nome Timoteo, figliuolo di una donna giudea credente, ma di padre greco. Di lui rendevano buona testimonianza i fratelli che erano in Listra ed in Iconio. Paolo volle ch’egli partisse con lui; e presolo, lo circoncise a cagione de’ Giudei che erano in quei luoghi; perché tutti sapevano che il padre di lui era greco” (Atti 16:1-3). Come potete vedere, quantunque Paolo non predicasse la circoncisione, in quella occasione volle circoncidere un giovane credente, e questo a motivo dei Giudei di quel posto, che sapevano che il padre di questo ragazzo era greco mentre la madre era Ebrea, e quindi per non essere d’intoppo ai Giudei, cioè per non creare nessun ostacolo all’evangelizzazione dei Giudei. Ma Paolo non commise peccato circoncidendo Timoteo, perché lo fece solo per non essere d’intoppo ai Giudei.

Si potrebbe pure dire che Paolo quando si trovava ad evangelizzare i Giudei si studiava di non violare il sabato, di non mangiare cibi impuri secondo la legge, e così via. E questo sempre per non essere d’intoppo ai Giudei. Ma agire in questa maniera non costituisce peccato agli occhi di Dio, perché non c’è nessuna violazione della legge in questo comportamento. Anch’io coi Giudei mi farei Giudeo, per guadagnarli a Cristo, e quindi in giorno di sabato mi studierei di non violare il sabato, di non mangiare cibi da loro considerati impuri, e così via. E tutto questo a motivo del Vangelo, ma così agendo non commetterei nessun peccato.

Commetterei peccato invece se per evangelizzare cominciassi a pitturarmi la faccia di bianco o di nero, se interpretassi la parte del diavolo o di Gesù in una scena teatrale, se mi vestissi in maniera sconveniente, se mi mettessi a usare musica diabolica, se mi mettessi a compiere delle buffonerie, perché questi comportamenti sono una violazione dei comandamenti di Dio.

Dunque, fratelli, stabilito che le parole di Paolo non hanno nulla a che fare con metodi di evangelizzazione, non vi lasciate sedurre da coloro che le usano per giustificare e promuovere svariate cose storte in mezzo alla Chiesa.

L’Evangelo va predicato con franchezza, con pienezza di convinzione e con lo Spirito Santo. Per cui non va rappresentato, perché in questo caso non solo la rappresentazione teatrale esige la finzione, che la Bibbia condanna, ma anche una interpretazione, che non ci deve essere appunto perché questo significherebbe che il messaggio non è franco, non è diretto, non è facilmente comprensibile.

L’Evangelo non va portato usando concupiscenze carnali, perché questo significa usare l’astuzia verso le persone, in quanto si usano metodi umani come esche, appunto per adescare le persone. E noi siamo chiamati a pescare gli uomini, non ad adescarli facendogli vedere qualche rappresentazione teatrale o altre forme di concupiscenze mondane.

Nell’Antico Testamento ci sono esempi di mimi

Quelli che sostengono che evangelizzare tramite il teatro è scritturale si appoggiano su alcune cose che dei profeti fecero per ordine di Dio, che secondo loro mostrano che anche i profeti fecero dei mimi!

Nel libro del profeta Geremia per esempio è scritto: “Così mi ha detto l’Eterno: ‘Và, comprati una cintura di lino, mettitela sui fianchi, ma non la porre nell’acqua’. Così io comprai la cintura, secondo la parola dell’Eterno, e me la misi sui fianchi. E la parola dell’Eterno mi fu indirizzata per la seconda volta, in questi termini: ‘Prendi la cintura che hai comprata e che hai sui fianchi; và verso l’Eufrate, e quivi nascondila nella fessura di una roccia’. E io andai, e la nascosi presso l’Eufrate, come l’Eterno mi aveva comandato. Dopo molti giorni l’Eterno mi disse: ‘Levati, và verso l’Eufrate, e togli di là la cintura, che io t’avevo comandato di nascondervi’. E io andai verso l’Eufrate, e scavai, e tolsi la cintura dal luogo dove l’avevo nascosta; ed ecco, la cintura era guasta, e non era più buona a nulla. Allora la parola dell’Eterno mi fu rivolta in questi termini: Così parla l’Eterno: ‘In questo modo io distruggerò l’orgoglio di Giuda e il grande orgoglio di Gerusalemme, di questo popolo malvagio …esso diventerà come questa cintura, che non è più buona a nulla. Poichè, come la cintura aderisce ai fianchi dell’uomo, così io avevo strettamente unita a me tutta la casa d’Israele e tutta la casa di Giuda, dice l’Eterno, perchè fossero mio popolo, mia fama, mia lode, mia gloria; ma essi non hanno voluto dare ascolto” (Geremia 13:1-11), ed anche: “Così m’ha detto l’Eterno: Fatti dei legami e dei gioghi, e mettiteli sul collo; poi mandali al re di Edom, al re di Moab, al re dei figliuoli di Ammon, al re di Tiro e al re di Sidone, mediante gli ambasciatori che sono venuti a Gerusalemme da Sedekia, re di Giuda; e ordina loro che dicano ai loro signori: Così parla l’Eterno degli eserciti, l’Iddio d’Israele: Direte questo ai vostri signori: Io ho fatto la terra, gli uomini e gli animali che sono sulla faccia della terra, con la mia gran potenza e col mio braccio steso; e do la terra a chi mi pare bene. E ora do tutti questi paesi in mano di Nebucadnetsar, re di Babilonia, mio servitore; e gli do pure gli animali della campagna perchè gli siano soggetti…” (Geremia 27:2-6).

Vi sono altre cose particolari che Dio ordinò di fare anche ad Ezechiele e ad Isaia, che vengono prese a sostegno delle recitazioni teatrali, che io non citerò qui partitamente perchè ritengo sufficienti i passi qui sopra citati dal libro del profeta Geremia.

Ora, fermo restando che Dio rivelò ai suoi profeti di fare determinate cose che avevano ciascuna di esse un significato ben preciso che Dio voleva che gli uomini che vedevano ed udivano i profeti conoscessero, io vi domando: ‘Ma se queste sono le prove che attestano che si può evangelizzare recitando, come mai nè Gesù e nè gli apostoli fecero uso di scene teatrali e di mimi?’ Eppure anche loro conoscevano bene questi passi delle Scritture! La ragione è perchè Gesù prima e gli apostoli dopo non ne avevano bisogno perchè avevano ricevuto potenza dall’alto, ed anche perchè tagliavano rettamente la parola di verità. Sì, perchè la parola di Dio va tagliata rettamente per non rimanere confusi. Le cose che Dio ordinò di fare ai profeti, gliele rivelò facendogli udire la sua voce, quindi essi non si misero a fare quelle cose di testa loro; ma poi erano limitate ad un tempo ed a delle persone specifiche, e quindi non ci si può metterle a fare da noi stessi semplicemente perchè stanno scritte e perchè fu Dio ad ordinargliele.

Vi faccio degli esempi esplicativi. Noi non possiamo farci dei gioghi leggeri per metterceli sulle spalle e poi andare dalla gente del mondo e dire loro: ‘Così dice il Signore Gesù: ‘Prendete su voi il mio giogo… perchè il mio giogo è dolce e il mio carico è leggero’, semplicemente perchè nella Scrittura vi è un riferimento a dei gioghi che Geremia fece e si mise sul suo collo per ordine di Dio.

Io, se voglio predicare sulle parole che Gesù rivolse all’angelo della chiesa di Laodicea: “Non sai che tu sei infelice fra tutti, e miserabile e povero e cieco e nudo” (Apocalisse 3:17), non mi tolgo i miei vestiti per apparire seminudo, per recitare la parte dell’angelo della chiesa di Laodicea, anche se sta scritto che Dio disse ad Isaia: “Và, sciogliti il sacco di sui fianchi, e togliti i calzari dai piedi. Questi fece così, e camminò seminudo e scalzo” (Isaia 20:2).

Oggi, una parte del popolo di Dio si è prostituita e genera figliuoli di prostituzione, ma per fare capire questo io non sono obbligato ad andare a prendermi per moglie una prostituta, come invece fu obbligato Osea dal Signore secondo che è scritto: “Quando l’Eterno cominciò a parlare a Osea, l’Eterno disse ad Osea: Và, prenditi per moglie una meretrice, e genera dei figliuoli di prostituzione; perchè il paese si prostituisce, abbandonando l’Eterno” (Osea 1:2).

Noi conosciamo le storie dei patriarchi, la storia d’Israele, quella dei profeti, e siamo tenuti a parlarne perchè sono storie che ci ammaestrano attorno a molte cose, ma non siamo tenuti a rappresentarle in teatro davanti ai credenti o agli infedeli. Gesù ha parlato diverse volte di eventi che si erano verificati nell’antichità ma non cercò mai di spiegarli o di illustrarli con recitazioni teatrali o mimi; anche gli apostoli parlarono di eventi e di situazioni verificatosi sotto l’antico patto, ma non portarono mai sulla scena quelle cose.

Gesù ha comandato di predicare l’Evangelo a voce e non di mettersi a recitare la sua parte o quella degli apostoli, di Maria Maddalena, e di quelli che da lui furono guariti e liberati.

Fratelli, se qualcuno vi ha detto che le scene teatrali sono un’efficace mezzo di evangelizzazione, sappiate che “una tale persuasione non viene da colui che vi chiama” (Galati 5:8).

Le scenette teatrali di evangelizzazione si possono paragonare alle parabole di Gesù

Ci sono molti credenti che quando gli si fa presente che presentare il Vangelo tramite scenette e mimi, non è biblico, tirano fuori le parabole di Gesù domandandoci: ‘Che differenza c’è?’ Ecco la risposta.

Innanzi tutto le parabole venivano raccontate da Gesù, e non interpretate da lui o fatte interpretare ai suoi discepoli tramite scenette. In altre parole, Gesù non si metteva a interpretare la parte di un seminatore, o la parte di un pastore che perdeva una pecora e andava a cercarla, come neppure diceva a uno dei suoi discepoli: ‘Vestiti da seminatore, e prendi del seme e comincialo a spargere in quel campo’, o: ‘Vestiti da pastore, e fa finta che hai perso una pecora e che la stai cercando, e poi quando la trovi, mettitela sulle spalle tutto contento’, e così via.

In secondo luogo, Gesù non raccontò le parabole alle turbe affinché si convertissero, ma affinché non intendessero e non si convertissero, secondo che Egli disse ai Suoi discepoli: “A voi è dato di conoscere il mistero del regno di Dio; ma a quelli che son di fuori, tutto è presentato per via di parabole, affinché: Vedendo, vedano sì, ma non discernano; udendo, odano sì, ma non intendano; che talora non si convertano, e i peccati non siano loro rimessi” (Marco 4:11-12). E difatti Gesù non spiegava le parabole alle turbe, ma ai suoi discepoli in privato secondo che è scritto: “E con molte cosiffatte parabole esponeva loro la Parola, secondo che potevano intendere; e non parlava loro senza parabola; ma in privato spiegava ogni cosa ai suoi discepoli” (Marco 4:33-34). Come possiamo dunque metterci a rappresentare delle parabole di Gesù con scenette teatrali, quando esse stesse non avevano lo scopo di convertire le anime, e noi invece ci proponiamo la conversione delle anime che ci ascoltano?

E poi noi non dobbiamo predicare al mondo le parabole di Gesù e neppure il Vangelo tramite parabole, ma il Vangelo così come lo troviamo scritto nella lettera di Paolo ai Corinzi, e cioè che “Cristo è morto per i nostri peccati, secondo le Scritture; che fu seppellito; che risuscitò il terzo giorno, secondo le Scritture; che apparve a Cefa, poi ai Dodici. Poi apparve a più di cinquecento fratelli in una volta, dei quali la maggior parte rimane ancora in vita e alcuni sono morti. Poi apparve a Giacomo; poi a tutti gli Apostoli; e, ultimo di tutti, apparve anche” a Paolo (1 Corinzi 15:3-8). E la predicazione di questo messaggio va compiuta con ogni franchezza; quella che manca nelle scene teatrali e nei mimi, perché hanno bisogno dell’interpretazione.

Dunque, giustificare le scenette teatrali o i mimi con le parabole raccontate da Gesù, è segno di grande ignoranza delle Scritture.

Conclusione

Alla luce della Sacra Scrittura, dunque, il teatro ‘cristiano’ deve essere rigettato, e riprovato con ogni franchezza, perchè costituisce una forma di ribellione contro Dio.

Nessuno si illuda, perchè Paolo dice che “l’ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà ed ingiustizia degli uomini che soffocano la verità con l’ingiustizia” (Romani 1:18), e difatti l’ira di Dio viene sugli uomini ribelli.

Chi ha orecchi da udire, oda

Giacinto Butindaro

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