Contro l’uso del ‘noi’ quando si annunzia il Vangelo ai peccatori

Contro l’uso del ‘noi’ quando si annunzia il Vangelo ai peccatori

E’ piuttosto frequente sentire i pastori delle ADI quando rivolgono un messaggio di evangelizzazione rivolto ai peccatori che loro stessi si includono tra i peccatori. Li si sente spesso dire infatti ‘Dobbiamo accettare il Signore nei nostri cuori’, ‘il Signore vuole che noi apriamo il nostro cuore alla sua parola per essere salvati’ e così via. Un’altra cosa da dire a riguardo della predicazione che nelle ADI viene rivolta ai peccatori, è che non contiene quasi mai il comando di ravvedersi (e come ho già detto altrove, neppure l’avvertimento che se essi non si ravvedranno periranno all’inferno nel fuoco). Ecco per esempio come Francesco Toppi conclude la sua risposta alla domanda ‘Ci sono tante chiese e religioni, ma qual è quella vera?’ (domanda che si evince è stata fatta da uno che ancora non era un Cristiano) dopo avere spiegato che cosa è l’Evangelo, la nuova nascita, la salvezza e come essa si riceve soltanto per mezzo di Gesù Cristo, ‘Concludendo, possiamo ancora affermare che per raggiungere il Cielo, per avere la certezza di una eternità felice e di pace, non basta appartenere a qualche chiesa o seguire qualche religione, ma dobbiamo piuttosto domandarci: ‘Ho permesso a Gesù di entrare nella mia esistenza?; ‘E’ Egli divenuto il Signore della mia vita?’; ‘Godo la pace del cuore che Egli ha promesso a chi Lo segue?’. Se non possiamo dare delle risposte positive a questi interrogativi allora rivolgiamoci al Signore, proprio ora, invochiamoLo ed Egli ci risponderà e ci darà certezza di essere divenuto il nostro Salvatore!’ (A Domanda Risponde, Vol. III, pag. 202), ed ecco come si esprime in un messaggio di evangelizzazione dal titolo ‘La spola e il disegno’ trascritto nel suo libro Il Vangelo secondo Giobbe: ‘Accettando Cristo Gesù come nostro personale Salvatore comprenderemo la precarietà di questa esistenza e guarderemo serenamente in alto, in attesa della vita eterna con Lui’ (Francesco Toppi, Il Vangelo Secondo Giobbe, ADI-Media, 2006, pag. 32), ed in un altro dal titolo: ‘Una risposta esauriente’: ‘Se andiamo a Gesù con fede, ricchi e poveri, oppressori ed oppressi, e ci ravvediamo dei nostri errori e dei nostri peccati, otteniamo il perdono e la certezza della salvezza in Colui che è morto per i nostri peccati e risorto per la nostra giustificazione’ (Ibid., pag. 94).

Ora, questo modo di esprimersi è sbagliato, in quanto né Gesù prima e neppure gli apostoli dopo quando predicavano si includevano tra i peccatori, come anche non omettevano di annunziare il ravvedimento.

Prendiamo gli apostoli, perché qualcuno potrebbe dire che Gesù non poteva perché era nato senza peccato e viveva senza peccato. Dove mai si legge negli Atti che essi nel rivolgersi agli increduli si includevano tra coloro che dovevano convertirsi? Da nessuna parte, le loro parole non lasciavano dubbi in coloro che li ascoltavano: chi si doveva ravvedere dai suoi peccati, chi doveva credere nel Vangelo per essere salvato, era colui al quale veniva rivolta la predicazione. In altre parole i peccatori, quando ascoltavano gli apostoli, capivano subito che loro erano perduti, mentre gli apostoli non lo erano più. Ascoltate quello che Pietro disse il giorno della Pentecoste ai Giudei: “Ravvedetevi …. Salvatevi da questa perversa generazione” (Atti 2:38,40), e quello che sempre Pietro disse ai Giudei tempo dopo: “Ravvedetevi dunque e convertitevi, onde i vostri peccati siano cancellati ….” (Atti 3:19). Paolo e Barnaba agli idolatri che abitavano in Listra dissero: “Vi predichiamo che da queste cose vane vi convertiate all’Iddio vivente, che ha fatto il cielo, la terra, il mare e tutte le cose che sono in essi … “ (Atti 14:15).

Ma che succede se un predicatore del Vangelo comincia a dire agli increduli: ‘Ci dobbiamo ravvedere e credere nel Vangelo’? Che coloro che lo ascoltano dicono o pensano che anche il predicatore ancora deve fare queste cose e che quindi è anche lui nella loro stessa condizione spirituale. Il predicatore dunque perde di autorità dinnanzi agli increduli, nell’usare simili espressioni improprie. Agli increduli vanno dette parole come: ‘Dovete ravvedervi e credere nel Vangelo’, ‘Accettate la Parola di Dio altrimenti perirete’ e così via. Al fine di fare loro capire che loro sono perduti mentre noi non lo siamo più per la grazia di Dio. Purtroppo però anche nelle ADI il messaggio evangelistico non contiene l’ordine di ravvedersi, tranne che in rari casi. In altre parole l’ordine di ravvedersi ai peccatori è l’eccezione e non la regola.

Quali sono le ragioni di questo modo di predicare ai peccatori? Innanzi tutto la mancanza di autorità divina in chi predica. Chi predica con autorità infatti si presenta come un ambasciatore di Cristo tramite cui Dio ordina agli uomini che si devono ravvedere e credere in Gesù Cristo, altrimenti periranno; mentre chi predica senza autorità parla come se lui fosse ancora tra coloro che si devono riconciliare con Dio per essere salvati.

E in secondo luogo, l’idea che nel rivolgersi direttamente ai peccatori come facevano gli apostoli, la predicazione si trasforma in un giudizio su i peccatori che possono sentirsi accusati e giudicati, e dato che questi pastori dicono del continuo che non dobbiamo giudicare, essi hanno dovuto modificare anche la predicazione del Vangelo!

Qualcuno forse mi domanderà: ‘Ma non potrebbe anche essere perché questi predicatori non sono ancora salvati?’ Io non mi sento affatto di escludere che ci possano essere tra coloro che predicano in questa maniera persone che non sono ancora salvate, perché in effetti ci sono predicazioni che sono delle recitazioni anziché delle predicazioni; sono ripetute a memoria o lette su qualche foglietto, anziché predicate mossi da sincerità da parte di Dio in Cristo. Sono predicazioni morte, in cui chi predica non parla con pienezza di convinzione, non parla con potenza, e neppure con lo Spirito. Nello spirito si avverte che quelle predicate sono parole in cui non ci crede neppure chi le predica! Non c’è da meravigliarsi di trovare dietro ai pulpiti anche delle persone ancora perdute. Ci sono sempre state persone del genere nella Chiesa.

Esorto dunque i pastori nelle ADI a mettersi a predicare come facevano gli apostoli, e ad essere quindi diretti nei confronti dei peccatori. Imitate gli apostoli anche in questo, per amore del Vangelo.

Giacinto Butindaro

 

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