Chiapas, Caso Acteal: altri 9 prigionieri rilasciati

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Il 4 novembre scorso la Corte Suprema Messicana ha rilasciato altri 9 prigionieri accusati del massacro di Acteal (vedi campagna Chiapas: i prigionieri di Acteal). La Corte ha deciso inoltre di riaprire il caso di altri 16 uomini, perciò una corte minore da oggi potrebbe rivalutare la situazione di queste persone. Queste due positive notizie giungono dopo la decisione del 12 agosto scorso, con la quale la stessa Corte aveva ordinato il rilascio immediato di 20 prigionieri e la rivalutazione del caso di altri 6. In tutto, dunque, dopo ben 12 anni di prigione, la Corte ha ordinato il rilascio di 29 persone accusate ingiustamente di omicidio e la rivalutazione dei casi di altre 22, tutte chiamate a pagare per l’orribile crimine di Acteal. Questi rilasci e rivalutazioni avvengono in virtù delle evidenti prove d’innocenza di molti di questi prigionieri, tra cui la confessione di 5 detenuti che hanno ammesso di essere i killer, assieme ad altri 4 tuttora latitanti.
Secondo la Corte queste persone erano state condannate tramite processi ingiusti, nei quali la parte accusante aveva fabbricato illegalmente testimonianze e prove a danno degli accusati. La comunità evangelico-cristiana ha visto un gruppo di loro membri accusati e intrappolati tra due fuochi, da una parte i superstiti del massacro alla ricerca di colpevoli su cui scaricare la rabbia e il dolore di quanto accaduto e dall’altra le forze di polizia, interessate a chiudere in fretta il terribile caso dei 45 civili uccisi ad Acteal il 22 dicembre 1997. Tra gli innocenti arrestati (e solo in parte ora, dopo 12 anni, rilasciati) vi sono, come si è detto, parecchi indios cristiani evangelici, da cui l’interesse di Porte Aperte per il caso: in questa particolare zona del Messico, il Chiapas, i cristiani subiscono pressioni e vessazioni di varia natura da parte di una fetta della società e l’accusa di omicidio – nonostante fossero palesemente innocenti – ne è solo un esempio.

I prigionieri rilasciati il 4 novembre 2009 sono Emilio Gomez Luna, Hilario Guzman Luna, Ignacio Gomez Gutierrez, Juan Gomez Perez, Juan Hernandez Perez, Manuel Luna Perez, Mariano Diaz Chicario, Pablo Perez Perez e Pedro Lopez Lopez. La Corte Suprema continua la sua attività di rivalutazione dei casi di coloro che permangono tuttora in prigione, ma sta subendo forti pressioni da gruppi politici differenti, come i “Fray Bartolomé de las Casas” che, pur essendo una minoranza, lanciano accuse e minacce contro gli innocenti rilasciati, definendoli comunque (anche se le prove dimostrano il contrario) i colpevoli degli omicidi. Tomás Méndez, uno dei prigionieri rilasciati in precedenza, che in carcere aveva svolto opera di evangelizzazione tra i detenuti, ha dichiarato: “Nel mio cuore vi è il desiderio profondo di perdonare coloro che mi hanno fatto del male. Non c’è rancore, perché in prigione ho imparato a cercare Dio e ad essere un Suo umile servo”.
Un altro gruppo, “Las Abejas”, cerca di far passare l’idea che i rilasciati ora vogliano vendicarsi dei 12 anni di carcere ingiusto e in tutti i modi sta provando ad ottenere una nuova carcerazione (anche con nuove false accuse e aperte minacce di morte), sebbene per la giustizia e le forze dell’ordine sia evidente che i cristiani rilasciati e buona parte di quelli ancora in carcere siano totalmente innocenti.

Il 2 settembre scorso i 20 cristiani tornati in libertà hanno partecipato a un culto domenicale, durante il quale hanno pubblicamente ringraziato Dio e tutti i fratelli e le sorelle del mondo intero che, attraverso Porte Aperte, hanno partecipato alla petizione in loro favore, convinti che le pressioni internazionali abbiano spinto la Corte Suprema a rimediare alle ingiustizie commesse in questi anni. Hanno ringraziato, inoltre, tutti voi per aver sostenuto Porte Aperte, dato che la missione si è presa cura anche dei familiari, provvedendo cibo, cure mediche e aiuti socio-economici di vario genere. Purtroppo, però, per quanto difficile sia da credere, non hanno ancora potuto tornare alle loro famiglie, a causa delle minacce di morte che subiscono da più parti.

Fonte: Porte Aperte Italia

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