Kenya, la testimonianza di un sopravvissuto alla strage di Eldoret

Parla George Karanja, uno dei 50 rifugiati nella chiesa evangelica: «Facevano a pezzi le persone e poi gli davano fuoco»

NAIROBI
L’attacco è avvenuto di prima mattina e non ha risparmiato i bambini. È stata una folla di circa 2.000 persone ad appiccare il fuoco alla chiesa evangelica delle Assemblee di Dio di Eldoret, circa 300 chilometri a nord-ovest di Nairobi, dove sono rimaste uccise almeno 50 persone. Tutti di etnia Kikuyo, la stessa del Presidente Mwai Kibaki. Gli aggressori erano invece delle etnie luo, kalenjin e luhya, che hanno sostenuto tutte il candidato dell’opposizione Raila Odinga.
«In mattinata, quando gli uomini ancora dormivano e solo pochi si stavano facendo la doccia, abbiamo sentito il primo grido – racconta con voce rotta dal pianto George Karanja, che aveva cercato rifugio nella chiesa con la sua famiglia – hanno cominciato a dare alle fiamme la chiesa e i materassi su cui dormivano le persone hanno preso fuoco. C’è stata una ressa e la gente ha cominciato a cadere». Karanja, 37 anni, ha aiutato a uscire dalla chiesa almeno 10 persone, «ma non sono riuscito a salvare il figlio di mia sorella. Urlava zio!, zio!, poi è morto».

Il ragazzo aveva 11 anni. L’uomo ha poi raccontato che i suoi due bambini sono usciti dalla chiesa con le mani in alto e sono stati picchiati con un bastone, ma non uccisi. Il padre di 90 anni è stato invece aggredito con un machete, ma è sopravvissuto. «La cosa peggiore è che facevano a pezzi le persone e poi gli davano fuoco», ha aggiunto. Gli aggressori non hanno risparmiato lo stesso Karanja, quando lo hanno visto aiutare gli altri in difficoltà. Hanno cominciato a colpirlo con le pietre, ma l’uomo è riuscito a scappare e a nascondersi in una buca usata come latrina, appena fuori l’area di proprietà della chiesa. È rimasto nascosto per circa 30 minuti, fino a quando non ha cominciato a sentire parlare in lingua kikuyu. «La cosa che fa più male è che io conosco alcuni di loro – ha concluso Karanjai – posso persino mostrarvi dove lavorano in città».

Un video girato nella regione da un elicottero noleggiato dalla Croce rossa mostra molte abitazioni in fiamme e la linea dell’orizzonte oscurata dal fumo. Dall’alto sono stati visti gruppi di persone in cerca di riparo in luoghi ritenuti sicuri, come scuole e aeroporto, mentre altri hanno scelto la foresta. Si vedono anche posti di blocco improvvisati lungo la strada. Ieri, il Segretario generale della Croce rossa keniana, Abbass Gulled, ha definito «inimmaginabile e indescrivibile» la situazione nella regione della Rift Valley, dove si trova Eldoret. Si tratta di una delle zone più colpite dagli scontri che hanno insaguinato il paese dopo le elezioni del 27 dicembre, causando oltre 300 morti, e che sono stati alimentati dalla tradizionale rivalità tra le etnie. Sono 42 in tutto il paese e spesso i leader politici ricorrono a giovani disoccupati per intimidire i loro avversari.

Fonte: LaStampa.it – 2/1/2008 (11:35)

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