Afghanistan: I risvolti e le reazioni dopo il rilascio dei missionari coreani

Dopo oltre una settimana dal rilascio degli operatori umanitari coreani, da parte dei Talebani, alcuni cristiani coreani hanno espresso il loro disappunto nei confronti del loro governo per il divieto di azioni missionarie in terra afgana.
Ritengono che il bando governativo limita la libertà religiosa ed incoraggia attacchi di estremisti contro i cristiani in tutto il globo.
Un portavoce dei Talebani, la settimana scorsa ha detto che il gruppo ha intenzione di continuare con la stessa strategia, perché è l’unica che porta i risultati desiderati. (Agenzia Francia-Press).
Come si ricorderà dei 23 operatori umanitari rapiti, due, i responsabili del gruppo, erano stati uccisi ed il resto rilasciato dietro la condizione, data al governo coreano, di non permettere più ai missionari cristiani coreani di calcare il suolo afgano.
Choi Han Eu, presidente dell’Istituto per la Cultura e lo Sviluppo Asiatico ha dichiarato che tali divieti vanno contro i fondamenti dei diritti umani.
Fonti cristiane hanno riferito che il bando governativo coreano ha bloccato anche quasi tutto lo sviluppo dei lavoratori coreani in Afghanistan.
“Se un cristiano porta soccorso in un paese musulmano, ciò viene chiamato lavoro missionario”, ha detto Choi, “i coreani non stavano evangelizzando in Afghanistan”.
Il portavoce del governo coreano non è stato in grado di dare una precisa definizione di “lavoro missionario”, quello proibito dal bando.
Come risultato del divieto, circa 300 lavoratori di organizzazioni non governative sono dovuti rientrare in patria. Tra questi anche interi staff medici. Tutto questo nonostante la già grave carenza di personale. Soltanto quei pochi che possiedono la doppia cittadinanza sono potuti rimanere.
“Così facendo, la gente afgana sarà danneggiata di più” ha commentato Choi.
Sull’altro fronte c’è chi , tra i cristiani, ha accettato positivamente il bando.
Inoltre, il 9 Settembre, un gruppo di persone ha messo in atto una manifestazione di protesta davanti la Chiesa Presbiteriana di Bundang (Corea del Sud), quella che ha inviato i 23 missionari. Nella protesta si chiedeva di pagare le spese che il governo aveva affrontato per la negoziazione ed il rilascio dei cristiani.
Più di 100 pastori presbiteriani si sono riuniti per pregare e chiedere perdono a Dio per come hanno portato avanti il lavoro missionario, puntando più sulla quantità che sulla qualità.
Il Past. Chae del Consiglio Cristiano Coreano ritiene che il divieto non dovrebbe durare in maniera indefinita: “Al momento ci siamo dovuti fermare, ma desideriamo continuare il lavoro, in futuro, anche in aree islamiche”.
Le Chiese Evangeliche in Corea sostengono più di 15.000 missionari nel mondo, il secondo numero più grande dopo le Chiese Americane.
Il gruppo di Choi ha ricevuto aspre critiche lo scorso Agosto per aver tentato di organizzare, a Kabul, una manifestazione della pace. I l governo Sud Coreano stesso si è opposto facendola fallire, impedendo a più di 1000 partecipanti coreani di entrare in Afghanistan per recarsi nella zona dell’evento.
I cristiani locali delle ONG erano anch’essi critici nei confronti della manifestazione che “avrebbe dovuto aver luogo in un suolo culturalmente inadatto e in un paese ipersensibile alla predicazione cristiana”.
Intanto l’8 Settembre si sono svolti i funerali di Bae Hyung Kyu. Dal racconto dei cristiani rilasciati si sa che i talebani hanno tentato di convertirli all’Islam con minacce. Il pastore Bae Hyung Kyu è stato ucciso per essersi rifiutato di abbracciare l’Islam. Così il funerale è stato svolto dandogli l’onore dovuto come ad un martire delle fede cristiana.

Fonte: IncontrareGesù.it/Porte Aperte Italia

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