INDIA – Dopo l’assenso del governatore, entra in vigore nello stato del Chhattisgarh un’aspra legge anti-conversione

Raipur – Il governatore dello stato del Chhattisgarh (India centro-orientale), E.S.L. Narasimhan, ha dato il suo assenso e ha firmato la legge anti-conversioni approvata circa un anno fa dal Parlamento dello stato, dominato dal partito nazionalista e fondamentalista indù “Bharatiya Janata Party”. Con l’atto del governatore, entra in vigore una legislazione che risulta fra le più strette e lesive della libertà di coscienza in India, soprattutto per i fedeli delle minoranze religiose.
Opponendosi pubblicamente al provvedimento, la Chiesa cattolica ha contestato il documento definendolo “anti-costituzionale”. Accanto alla Chiesa si è schierato il Partito del Congresso, che funge da opposizione nel Parlamento dello stato, e numerose associazioni civili che operano per la difesa dei diritti umani.
La nuova legge, denominata “Chhattisgarh Freedom of Religion Act 2006” afferma: “Chiunque desideri cambiare la propria religione deve chiedere il permesso di un magistrato locale 30 giorni prima”. Il magistrato può concedere l’autorizzazione o respingere la domanda e negare il permesso, dice la legge.
Il documento stabilisce anche pene che vanno dalla multa di 20mila rupie fino a tre anni di carcere per i cittadini trovati colpevoli di “conversioni forzate”. Con alcune eccezioni: quanti si sono convertiti ma intendono ritornare alla loro religione originaria non saranno penalizzati e il passaggio non sarà ritenuto una “conversione forzata”. In tal modo il documento contrassegna come lecite le cerimonie organizzate dagli attivisti indù nell’ambito del programma denominato “Ghar Vapasi” (“Ritorno a casa”), che celebrano le “riconversioni” all’induismo dei gruppi di dalit cristiani, spesso vittime di intimidazioni e minacce.
In Chhattisgarh vivono circa 400mila cristiani (dei quali 320mila cattolici), su una popolazione complessiva di 270 milioni di persone. (PA)

Fonte: Agenzia Fides 14/9/2007

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