Italia: Nessuno mi aveva mai chiamato “figlio”


La mia è stata un’infanzia molto travagliata: il giorno che sono nato sono stato abbandonato dai miei genitori in un orfanotrofio e fino all’età di 14 anni non ho saputo di avere un padre ed una madre.
La mia esistenza era diversa da quella di tanti altri bambini. Ricordo che ogni fine settimana le suore portavano me e gli altri bambini su un grande terrazzo, che si trovava all’interno della struttura, per farci giocare.
Proprio di fronte a noi c’era la villa comunale ed ogni volta rimanevo meravigliato nel vedere ciò che vi succedeva: genitori che accompagnavano i loro figli per farli divertire, che scherzavano e giocavano insieme a loro.
Osservavo tutto questo e il mio cuore si riempiva di tristezza, così mi mettevo in un angoletto e cominciavo a piangere a dirotto, chiedendomi perché mai fossi nato e per quale motivo dovevo vivere in quel modo triste e squallido.
Un giorno, all’estremo dell’esasperazione, ho chiesto ad una suora che mi assisteva il motivo della mia triste condizione e se anch’io avessi dei genitori. A questa domanda la religiosa è andata in crisi e, non sapendo cosa rispondere, mi ha incoraggiato ad andare a giocare con gli altri, in modo da non pensare a quelle cose.
Ricordo che i giorni passavano e il mio stato d’animo andava peggiorando sempre di più.
Un giorno questa suora, forse colpita nei sentimenti dalla mia solitudine e dalla mia disperazione, ha deciso di dirmi la verità e mi ha rivelato che i miei genitori erano vivi, che avevo dei fratelli e delle sorelle e che ero stato, come loro, abbandonato sin dalla mia infanzia.
Dopo aver appreso la notizia, sono caduto in un profondo stato depressivo e, mentre questo malessere prendeva sempre più possesso della mia vita, cominciava a nascere dentro di me un sentimento di ribellione e di odio verso tutti, in particolare verso i miei genitori, che mi avevano fatto soffrire così tanto.
Volevo uscire da quel posto per farla pagare a chi mi aveva ferito.
L’idea era quella di rubare dei soldi insieme ai miei compagni negli uffici della direzione dell’istituto, ma quando le suore si sono accorte del fatto, hanno deciso di mandarmi via, hanno chiamato i miei genitori e mi hanno accompagnato da loro.
Quel giorno, a 14 anni, ho visto per la prima volta mio padre, mia madre ed una sorella più grande, che stava per sposarsi.
Le prime cose che ho imparato stando fuori dal collegio sono state parolacce e bestemmie.
Stavo anche imparando che cosa volesse dire essere una persona violenta, visto che a casa mia ogni giorno c’erano delle discussioni e mio padre picchiava mia madre.
Tutto questo mi spingeva ad odiare sempre di più la persona che non vedevo come un padre, ma come colui che mi aveva fatto soffrire e faceva soffrire tutta la mia famiglia.
L’odio in me era al culmine, ero deciso a compiere gesti estremi.
Un giorno, di sabato, dopo aver visto l’ennesima scena di violenza familiare, sono uscito di casa con insani pensieri, ma mentre camminavo ho incrociato il calzolaio del paese che si è accorto del mio stato.
Nella disperazione, ho iniziato a raccontargli la mia storia e la decisione di farla finita con tutto.
L’incontro con quell’uomo, invece, avrebbe dato una svolta alla mia vita, perché era un credente, un figlio di Dio.
Per la prima volta ho sentito parlare di Gesù, me ne ha parlato con tanto amore e pazienza nonostante io mostrassi indifferenza.
Quell’uomo mi ha portato a casa sua e mi ha fatto conoscere tutta la sua famiglia, che continuava a parlarmi dell’amore di Dio.
La mattina seguente, essendo domenica, è venuto a prendermi e mi ha portato a una riunione di culto.
Per la prima volta sono entrato in una chiesa evangelica, dove ho visto cantare, pregare, lodare Dio, testimoniare delle Sue meraviglie, tuttavia mi facevo beffe di loro.
Ad un certo punto il pastore ha aperto la Bibbia, la Parola di Dio, e ha letto il brano in cui Gesù parla di Sé stesso come del buon pastore che lascia le novantanove pecore per andare a cercare quella smarrita.
Più il predicatore procedeva esponendo la Parola di Dio, più sembrava che conoscesse alla perfezione avvenimenti e circostanze della mia vita privata.
Mentre ascoltavo, iniziavo ad adirarmi, stavo per alzarmi quando all’improvviso qualcuno mi ha fermato.
Subito ho pensato che le persone accanto a me si fossero alzate per fermarmi, ma le vedevo comodamente sedute sulle loro sedie ad ascoltare la predicazione.
Mentre cercavo di capire cosa stesse succedendo, una voce mi ha invitato: “Figlio mio, io ti amo, dammi il tuo cuore”.
Nessuno mi aveva mai chiamato “figlio” e nessuno fino a quel momento mi aveva dimostrato amore.
Quella mattina la Parola di Dio ha sciolto il mio cuore di pietra e ho sentito la presenza del Signore Gesù invadere la mia vita.
Ringrazio Dio per l’opera potente di trasformazione che Egli ha compiuto nella mia vita, opera che continua ogni giorno.
Sono passati circa 27 anni da quando ho accettato Gesù come mio personale Salvatore ed il Suo amore, la Sua pace, la Sua gioia mi accompagnano ancora oggi.

Gennaro Scognamiglio

Tratto da: Cristiani Oggi, 16-30 giugno 2007, pag. 8

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