Queste tre monitrici indonesiane di scuola domenicale sono state rilasciate all’inizio di giugno dopo più di due anni di detenzione.
Uno dei più bei momenti per le tre donne è stato quello in cui hanno potuto stringere i loro figli fra le braccia. Rebekka ed Eti ne hanno tre ciascuna. “Mia figlia di 8 anni è corsa verso di me, ridevamo e piangevamo allo stesso tempo, racconta Eti. Anche dei non credenti sono venuti a casa mia. C’erano anche dei genitori di bambini musulmani che avevamo preso nella nostra classe. Essi piangevano e si sentivano in colpa. Ho detto loro: perdoniamoci e guardiamo verso il futuro”.
Ratna ha dovuto aspettare più tempo per rivedere i suoi figli Joshua, 9 anni, e Nathan, 4 anni. Erano stati affidati alle cure di sua sorella a Sumatra. È stato all’aeroporto di Pekanbaru, una settimana dopo la sua liberazione, che ha potuto prenderli fra le braccia. Per adesso, a Ratna piacerebbe dedicarsi interamente alla sua famiglia. “Essere madre è anche una vocazione, no?”
Rebekka ed Eti sono rientrate nel loro villaggio, Haurgelis. Non hanno paura, benché il loro futuro professionale sia molto incerto. Dio ci proteggerà e ci guiderà, dicono esse. Ma non è tutto rosa. A causa del suo imprigionamento, l’ordine dei medici indonesiani ha ritirato a Rebekka la sua autorizzazione di esercitare. Non è sicura di poter ottenere l’autorizzazione fuori dal distretto di Indramayu. Il suo sogno sarebbe di essere medico missionario.
Fonte: PortesOuvertes.fr