AFGHANISTAN – COREA DEL SUD: Qualche speranza per i 23 giovani cristiani rapiti

Sarebbe in corso una trattativa diretta tra i talebani e Seoul, che spera di ottenere la liberazione almeno delle 15 donne che fanno parte del gruppo. Il governo aveva sconsigliato l’iniziativa del gruppo protestante.

Seoul – Trapela speranza, oggi, sui giornali di Seoul per la sorte dei 23 giovani coreani cristiani sequestrati dai talebani in Afghanistan. La Yonhap (agenzia governativa) parla di trattative dirette tra i talebani e il governo coreano. Da giorni è in Afghanistan una delegazione del Ministero degli esteri di Seoul diretta dal vice-ministro Cho Jung-pyo, che ha ottenuto un ulteriore spostamento dell’ultimatum e che conta di liberare almeno le 15 donne che sono tra gli ostaggi. In proposito, il Korea Times esprime speranza, perché non solo la cultura musulmana, ma anche il codice tribale del luogo (gruppo etnico Pasthun) non tollera che si feriscano donne.

La vicenda va avanti dal pomeriggio del 19 luglio, quando sull’autostrada che collega la città di Kandahar, nel sud dell’Afghanistan, a Kabul, un gruppo di guerriglieri talebani ha bloccato un bus su cui viaggiavano 23 giovani coreani del sud diretti alla capitale. Sono tutti membri della Seoul Community, una giovane chiesa protestante, nata nel 1998 a Bundang, nella periferia di Seoul, per opera del pastore Park Eun-jo. Questi dal 2004 è anche presidente della Korea Foundation for World Aid, da lui creata per aiutare Paesi poveri. L’Afghanistan è uno degli Stati scelti nonostante l’azione di dissuasione condotta dal governo di Seoul.

I catturati sono studenti universitari. Il New York Times, citando una fonte talebana, ha scritto che “i militanti avrebbero ucciso subito sul posto i catturati se non ci fossero state delle donne”. L’osservazione è stata confermata da Qari Yousaf Ahmadi, portavoce ufficiale dei guerriglieri che ha aggiunto “i talebani sanno che i volontari cristiani della Corea sono venuti in Afghanistan per convertire i buoni mussulmani”.

Il 23 luglio il Consiglio coreano per la religione e la pace (KCRP), una coalizione di sette gruppi religiosi, che include protestanti, cattolici e buddisti, ha emesso una dichiarazione in cui si dice che “gli ostaggi sono persone innocenti che hanno fatto lavoro di volontariato in asili e ospedali senza alcuna ostilità politica”. Ma i precedenti convincono i talebani del contrario. Nell’agosto del 2006 un gruppo di missionari protestanti aveva organizzato una “marcia della pace” a Kabul con la partecipazione di 2300 cristiani: il governo afgano è riuscito a bloccarla all’ultima ora.

Il ricordo della brutale uccisione di un giovane cristiano coreano, Kim Sun-Il, nel 2004 in Iraq, ad opera di membri di Al-Qaeda, non è stato sufficiente a moderare lo zelo del pastore. Ai giovani era stato detto che l’allarmismo circa l’insicurezza nell’Afghanistan non era giustificato, anche se l’allarme era venuto dal National intelligence service (NIS) di Seoul che fin da febbraio aveva scoperto indizi di un piano di rapimenti ai danni di cittadini coreani.

La città di Kandahar è la roccaforte del fondamentalismo islamico. “I suoi talebani – scrive il Korea Times – sono obbligati a memorizzare il Corano dall’età di cinque anni e sono educati a odiare le altre religioni, e in particolare il cristianesimo. Da quando hanno perso il potere politico nel 2001 a causa dell’intervento dell’esercito degli Stati Uniti, sono diventati più zelanti e feroci negli attacchi terroristici contro gli stranieri”.

Dal giorno del rapimento si susseguono raduni di preghiere in molte chiese e in particolare in quella di Bundang. Qui impressiona l’atteggiamento dei parenti dei rapiti. “Vorrei che tutte queste notizie fossero bugie” ha detto Seong Jeong-bae (57 anni) che ha due figlie tra gli ostaggi. “Come posso continuare a vivere se alle mie bambine capita qualcosa di brutto” ha aggiunto tra le lacrime. Park Eun-jo, l’imprudente pastore ha riconosciuto l’errore. “Interrompiamo ogni servizio di volontariato in Afghanistan”, ha dichiarato e ha chiesto pubblicamente scusa: “sono dolente per aver causato un problema così grave. Chiedo sinceramente scusa ai parenti degli ostaggi”.

La Chiesa cattolica coreana non manda nessuno nelle zone mussulmane e anche il Consiglio nazionale delle Chiese in Corea, la principale organizzazione protestante, condivide questa scelta. Invece l’Institute of Asia culture (IACD), da priorità ai diritti religiosi rispetto alla sicurezza. Il suo segretari , Choi Han-woo, prima del rapimento aveva detto: “Da 2001 abbiamo organizzato ogni anno il festival della pace a Kabul: vi hanno partecipato centinaia di volontari e non ci sono stati incidenti” sottolineando che “la sicurezza in Afghanistan migliora di anno in anno”. Purtroppo i fatti gli hanno dato torto.

Il gruppo dirigente dei rapitori chiede al governo di Kabul l’immediato rilascio di 23 prigionieri talebani in cambio del rilascio degli ostaggi. Ma il presidente Hamid Karzai rifiuta. Nel marzo scorso aveva concesso la libertà a 5 talebani in cambio del rilascio di un giornalista italiano, sottolineando che era uno scambio che non si sarebbe più verificato in avvenire.
Ahmadi, il portavoce dei guerriglieri, ha detto: “Se il governo (di Kabul ) non accetterà le condizioni che abbiamo posto, sarà difficile per i talebani assicurare la sicurezza degli ostaggi, dare loro cibo e medicinali. Non avremo altra opzione se non l’uccisione dei prigionieri”.

La situazione è tragica. Gli analisti sono d’accordo nello stigmatizzare l’imprudente zelo di alcuni gruppi missionari. Il professor Sohn Ju-young, docente di lingua araba all’università Hankuk (Seoul), ha detto: “I cristiani non sanno quanto è pericolosa l’attività missionaria in paesi musulmani in particolare in Afghanistan. Qui predomina il fondamentalismo basato sul Wahabismo che giustifica il terrorismo con motivazioni religiose. Osama Bin Laden ne è membro”.
Con una mossa senza precedenti, Roo Moo-yun, il presidente della Corea del sud, si è personalmente presentato alla TV supplicando il rilascio dei rapiti e ha chiesto il massimo impegno al ministero degli esteri. Fortunatamente i talebani hanno accettato di trattare direttamente con il governo di Seoul.

Fonte: AsiaNews – riprodotto con autorizzazione

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