Meravigliosa Grazia

La storia dell’autore di uno degli inni evangelici più conosciuti al mondo

Negli Stati Uniti febbraio è il “Black History Month”, il mese dedicato alla storia dei Neri d’America, nel quale si ricordano la lotta e la vittoria contro la schiavitù.

William Wilberforce (1759 – 1833), membro del parlamento inglese, è ricordato come uno dei credenti più impegnati nella campagna a favore dell’abolizione della schiavitù.

Faceva parte di una grande congregazione cristiana londinese, fondata nel 1780 da John Newton, l’autore delle parole di uno dei più conosciuti ed amati inni evangelici di tutti i tempi: “Amazing Grace” (Meravigliosa Grazia), che negli innari evangelici italiani corrisponde al cantico “Io vo’ narrar”.

John Newton, nato a Londra nel 1725, era figlio del comandante di una nave mercantile che solcava il Mediterraneo.

Arruolatosi giovanissimo in marina, decise ben presto di disertare a causa delle difficili condizioni della vita a bordo.

Subito ripreso e degradato, fu successivamente imbarcato su una nave che trasportava schiavi sulle coste africane della Sierra Leone.

Entrò quindi alle dipendenze di un brutale mercante di schiavi, finché un capitano di vascello, che aveva conosciuto suo padre, lo liberò.

In seguito, divenne lui stesso mercante di schiavi. Al tempo la “tratta degli schiavi” dall’Africa verso le colonie americane era in pieno svolgimento e fonte di enormi guadagni per uomini senza scrupoli.

Durante uno dei viaggi di ritorno a casa, il suo veliero incappò in una violentissima tempesta e mentre lottava per governare la nave, sperimentò quella che avrebbe definito “la sua grande liberazione”.

Nel giornale di bordo scrisse che quando tutto sembrava perduto e la nave prossima ad affondare, esclamò: “Signore abbi pietà di noi !” – ma poi pensò – “Quale pietà si può avere per uno come me?”.

Cessata la tempesta, si ritirò nella propria cabina per riflettere sulle parole che aveva pronunciato e comprese che attraverso quella burrasca Dio si era voluto rivelare proprio a lui. Avrebbe ricordato quella data, il 10 maggio 1748, come il giorno della sua conversione e della sua umiliazione, quello nel quale si rimise alla volontà di Dio.

Continuò ancora per qualche anno a navigare e a commerciare schiavi, ma premurandosi di trattare umanamente quelli che erano sotto la sua custodia. Questo finché, superata una seria malattia, dovette lasciare la vita di mare per un impiego a terra nel porto di Liverpool. Qui conobbe prima il noto evangelista Gorge Whitefield (1714 – 1770) e poi anche John Wesley (1703 – 1791), il fondatore del metodismo.

Newton sentiva la chiamata di Dio al ministerio e decise di studiare da autodidatta. Il suo primo incarico fu nella chiesa di Olney, un piccolo villaggio della contea inglese del Buckingamshire, abitato soprattutto da ricamatrici. Con il tempo, grazie alla sua predicazione solidamente biblica, la chiesa di Olney crebbe considerevolmente.

Nel 1767 si stabilì a Olney un poeta, William Cowper, che divenne amico di Newton. Cowper aiutava Newton nei culti e insieme composero molti inni: il loro desiderio era comporne uno nuovo per ogni riunione. Le diverse edizioni di quelli che sarebbero divenuti noti come gli “Inni di Olney” ebbero una crescente popolarità.

L’inno autobiografico “Amazing Grace” fu composto tra il 1760 e il 1770. Rimaneggiato nel corso degli anni da altri, che utilizzarono con ogni probabilità versi tratti da differenti inni di Newton, è stato trasformato nell’inno evangelico che oggi tutti conosciamo.

Nel 1780 Newton lasciò Olney per assumere l’incarico di rettore a Londra. Esercitò il suo ministerio in una congregazione della quale entrò a far parte, qualche anno dopo, anche il parlamentare inglese William Wilberforce, che si convertì nel bel mezzo della sua carriera politica. Quest’uomo avrebbe dedicato gran parte della sua vita alla lotta per l’abolizione della schiavitù, ma non solo, anche un notevole contributo a diverse attività e fondazioni cristiane, tra le quali spicca la Società Biblica Britannica e Forestiera (British and Foreign Bible Society).

Newton, divenuto cieco, continuò a predicare sino agli ultimi anni della sua vita. Morì a Londra il 21 dicembre del 1807, all’età di 82 anni, sicuro che la “Meravigliosa Grazia” di Dio l’avrebbe condotto alla casa del Padre. Chiese che sulla sua tomba fosse scritto questo epitaffio: “John Newton… un giorno infedele e libertino, mercante di schiavi in Africa, fu, dalla ricca misericordia del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo, protetto, ristabilito, perdonato e designato a predicare la fede che per lungo tempo aveva cercato di distruggere”.

Quello stesso anno il parlamento inglese promulgò una legge, seguita poi da un’altra nel 1808, che vietava a chiunque di trasportare schiavi dentro o fuori i territori Inglesi. Infine, nel 1833, anno della morte di Wilberforce, la schiavitù fu definitivamente abolita in tutto l’Impero Britannico.

Pochi sanno di una lettera scritta sei giorni prima di morire da John Wesley a William Wilberforce perché non mollasse la lotta contro la schiavitù. La lettera, datata 24 febbraio 1791, avvertiva l’uomo politico inglese dell’aspra battaglia che l’attendeva e l’incoraggiava dicendo: “A meno che non sia stato Dio stesso a chiamarti per questa causa, sarai consumato dall’opposizione di uomini e demoni. Ma se Dio è con te, chi sarà contro di te? Sono loro più forti di Dio? Oh, non scoraggiarti nel fare il bene! Vai avanti, nel nome di Dio e nella forza della Sua potenza, finché la schiavitù americana, la più vile che si sia mai vista sotto il sole, non scompaia”.

Tratto da: Cristiani Oggi, 16-31 gennaio 2007, pag. 1-2

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