Cambogia: Handicappata per mancanza di cure

Satchya – 28 anni

All’epoca degli eventi del 1975, tutta la mia famiglia (eravamo otto figli) fu deportata in provincia. Durante il tragitto una mia sorella scomparve. Poco dopo mio padre ci lasciò. Nei campi di lavori forzati la nostra vita era terribile. Attanagliati dalla fame pensavamo solo ad una cosa: trovare da mangiare.


Mia madre si privava di cibo per darcelo: estremamente debole, morì di fame, presto seguita da cinque dei miei fratelli e sorelle… Ero troppo piccola per capire la gravità di ciò che ci accadeva…

Più crescevo e più si accumulavano i problemi quotidiani, lasciandomi senza speranza: la fame, la malattia, la sofferenza, il fatto di essere orfana…

In quei tempi di dolore mi sentivo così sola che desideravo disperatamente vedere il volto di mia madre, poter rannicchiarmi fra le sue braccia… Non sapevo che fare, vivendo un vero incubo: mia madre e cinque dei miei fratelli e sorelle erano morti e non avrei potuto riconoscere il volto di mio padre se l’avessi incontrato. Mi sentivo così sola! Avevo paura di tutto ciò che mi circondava…

Liberata per cadere sotto un nuovo giogo

Nel 1979, il paese fu liberato dal regime di Pol Pot. Potei finalmente ritornare nella mia città natale con una mia sorella che era sopravvissuta. Ma dove andare? Non avevamo più una famiglia.

Per caso ritrovammo vecchi vicini che accettarono di ospitarci a condizione che lavorassimo per loro… Ci trattarono come schiave per un anno e mezzo. Fu in quel periodo che presi un brutto morbillo che fu mal curato poiché nessuno si occupava di me, e soprattutto la mia famiglia d’accoglienza!

Poco dopo, mio zio e mia zia ci ritrovarono. La nostra famiglia d’accoglienza rifiutò che andassimo a vivere con loro perché gli eravamo ben troppo utili!

Eravamo deluse, ma ritrovare dei membri della nostra famiglia aveva fatto nascere in noi la speranza di un futuro migliore e la volontà di sfuggire a quei tormenti. Riuscimmo finalmente a fuggire da quel posto infernale per rifugiarci da nostra zia. Che gioia dopo quei lunghi anni di sofferenza!

La malattia, la differenza

Alcuni mesi dopo, ben trattata e meglio nutrita, ricominciai a crescere come qualsiasi altro bambino… o quasi! Le braccia s’allungavano, il corpo si sviluppava ma il torso rimaneva sempre uguale! Diventavo gobba! Mai sarei stata una ragazza come le altre!

Intorno a me i vicini facevano dei commenti

– “È veramente un peccato! Hai un bel viso.

– Se il tuo corpo si fosse sviluppato normalmente avresti avuto un futuro felice. Che cosa diventerai?” Che cosa replicargli???

Nel 1981, ritrovai finalmente mia sorella maggiore che era stata separata da noi all’epoca della deportazione del 1975. Era installata a Kompong Saom dalla liberazione.

Ci ritrovammo nelle risa e nelle lacrime, condividendo una dopo l’altra la nostra storia fatta di pene e di sofferenze. Io e l’altra mia sorella andammo a vivere con lei. Per la prima volta nella mia vita potei andare a scuola!

Incontro con dei missionari

Nel 1992, m’iscrissi a delle lezioni d’inglese date gratuitamente da dei missionari a Kompong Saom. Oltre all’inglese insegnavano la Bibbia. Fu vedendo la loro vita ed il loro esempio che cominciai ad avvicinarmi a Dio.

Nella chiesa dove mi recavo c’era tanta gente, tutti erano cambogiani come me. Cantavano e adoravano Dio. Progressivamente aprii il mio cuore a Dio, poi con una gran gioia accettai Gesù come mio Salvatore, gli chiesi perdono per i miei peccati.

In quel momento, con certezza, seppi che ero salvata per fede nel sacrificio di Gesù. Ero piena di gioia, d’amore e di pace. Gesù aveva curato la mia anima. Che esperienza straordinaria!

Ora, nonostante la mia differenza (misuro 1 metro e 40) vivo nella gioia e nella pace. Gesù ha preso il mio dolore, la mia sofferenza, i miei dubbi e le mie paure e mi ha dato una nuova vita.

Lavoro come traduttrice e sono attiva nella mia chiesa locale dove dirigo la lode.

Tratto da: Bruno Feuillerat e Sylvie Pouliquen, La pluie des mangues, En Mission Avec Eux, ottobre 2004, pag. 23-25

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